Traduire l’“Aminta” en 1632. Les traductions de Rayssiguier et de Charles Vion d’Alibray, D. Dalla Valle (ed.)
Traduire l’“Aminta” en 1632. Les traductions de Rayssiguier et de Charles Vion d’Alibray. Édition, notes et présentation par Daniela Dalla Valle, Torino, Rosenberg & Sellier, 2016, «Biblioteca di Studi Francesi», 273 pp.
Testo integrale
1Daniela Dalla Valle ci offre un importante volume concernente uno dei suoi campi di studio privilegiati: la pastorale drammatica. Si tratta di un contributo particolarmente prezioso, poiché fornisce l’edizione e il commento di due testi rari che non avevano sino ad ora ricevuto la dovuta attenzione. Sono due traduzioni – ma vedremo come questo termine sia in realtà da intendersi in un senso ricco di sfumature – di un’opera che è stata fondamentale per lo sviluppo del genere pastorale in Italia e in Francia: l’Aminta tassiano, la cui storia costituisce «l’histoire même de la pastorale», come afferma nella sua ampia introduzione Dalla Valle, (p. xi) citando Jules Marsan, autore di un famoso volume sull’evoluzione francese di questo genere drammatico.
2La pubblicazione contemporanea, nel 1632, delle due versioni di Rayssiguier et di Vion d’Alibray avviene quasi mezzo secolo dopo la prima rappresentazione del testo del Tasso e, afferma l’autrice: «marque un moment particulier de l’évolution de l’italianisme, mais elle est aussi directement liée à la conception du théâtre qu’on était en train de discuter dans les années 1630: le conflit entre la tragédie et la tragi-comédie dans la «querelle» des Préfaces». (pp. xi - xii).
3L’autrice, pertanto, si sofferma molto opportunamente sulla straordinaria fortuna dell’Aminta in Italia, a partire dalle varie ristampe che si sono succedute dal 1580 e in particolare da quella che è ormai considerata come l’editio princeps pubblicata a Venezia da Aldo Manuzio nel 1590. In Francia, la pastorale tassiana fu ‘importata’ assai rapidamente e apparve per la prima volta in italiano per i tipi di Abel L’Angelier nel 1584, anno in cui venne data alle stampe anche la prima traduzione francese in versi alessandrini ad opera di Pierre de Brach. Dalla Valle sottolinea l’influenza preponderante che il testo del Tasso ha esercitato sul successo del nuovo genere pastorale in Francia all’inizio del xvii secolo: l’Aminta fornisce infatti una serie di temi, di personaggi e di situazioni che diverranno presto dei topoi di questa forma drammatica. Viene poi giustamente osservato che all’influsso della favola pastorale tassiana si aggiunse quella di altri testi italiani dello stesso genere, in particolare quella del Pastor fido di Battista Guarini, cui l’autrice, lo ricordiamo, ha dedicato un volume fondamentale alcuni anni or sono. Il testo del Guarini addirittura soppianta in Francia, col passare del tempo, l’opera tassiana come modello pastorale, proprio «parce qu’il se rapproche plus nettement des pièces françaises de l’âge baroque» (p. xvii).
4Sono inoltre assai stimolanti le osservazioni dell’autrice sul successo francese dei testi di genere pastorale, spesso denominati “tragi-comédie pastorale”, negli anni Trenta del Seicento proprio quando, come la studiosa sottolinea giustamente, si sviluppa un acceso «débat théorique qui concerne [la tragi-comédie] et qui domine le théâtre français au moins jusqu’au Cid […]; les deux traductions de l’Aminta que nous présentons ici se rattachent certainement aux questions discutées dans ce débat» (p. xviii). Tale dibattito sulla tragi-comédie ha come punto di partenza il rispetto delle regole classiche e particolarmente quella delle ventiquattro ore rifiutata dai ‘moderni’. Tra i teorici di questa tendenza, Dalla Valle cita in particolare Ogier che rifiuta l’uso dei récits al posto delle azioni. Queste ultime sarebbero invece, per lo stesso autore, più adatte ad un teatro contemporaneo, soprattutto nelle tragi-comédies, invenzione che è per lui stata introdotta proprio dagli italiani. Tale idea verrà difesa alcuni anni più tardi da André Mareschal che cita come modelli, oltre al già ricordato Pastor fido, un’altra importante pastorale creata da Guidubaldo Bonarelli, La Filli di Sciro. A questi due teorici si oppongono Jean Chapelain e Jean Mairet. Quest’ultimo, in particolare, sostiene l’importanza del rispetto delle unità (soprattutto l’unità di tempo) e, accanto al Pastor fido e alla Filli, ricorda anche l’Aminta di cui approva la presenza di molti récits.
5Per quanto riguarda in particolare l’analisi delle due versioni proposte, la studiosa sottolinea la nuova «vague d’intérêt» negli anni Trenta del Seicento (p. xxii) per gli autori italiani e in particolare proprio per l’Aminta tassiano, il che giustifica che due scrittori francesi si siano dedicati praticamente in contemporanea a questa pastorale. Rayssiguier, in particolare, «se propose de travailler sur l’Aminta en tenant compte des nouvelles lois tragi-comiques. Il s’agissait pour lui de remanier un texte illustre, mais déjà perçu comme une pièce ancienne» (p. xxiii). Per modernizzare il testo tassiano, ormai considerato troppo ‘semplice’, Rayssiguier cerca di complicarne la trama aggiungendo un elemento assente nell’originale italiano: l’amore tra Elpino e Nerina. Sostituisce inoltre alcuni récits con scene d’azione, rischiando a volte di andare contro le bienséances: egli mostra ad esempio i due protagonisti, Aminta e Silvia, che si scambiano dolci effusioni al termine dell’opera. Dalla Valle precisa pertanto opportunamente come non si tratti di una traduzione, bensì di un «remaniement» (p. xxiv) adattato al teatro e al gusto del pubblico d’Oltralpe. Rayssiguier si schiera perciò apertamente coi ‘moderni’ decidendo di mutare il suo modello sul piano dell’azione drammatica: egli non si pone come teorico, ma giustifica la trasformazione dell’originale tassiano come una scelta di carattere personale. Dalla Valle analizza con precisione tutti i mutamenti più importanti introdotti da Rayssiguier e sottolinea in particolare la soppressione dei cori finali di ogni atto dell’Aminta. Tuttavia, il famoso coro dell’età dell’oro sull’amore e l’onore, che aveva riscosso un grandissimo successo in Francia, non viene del tutto eliminato, ma semplicemente spostato e inserito in una réplique di Elpino che dialoga con Ergasto. Ma è soprattutto a partire dal terzo atto che la pièce di Rayssiguier si discosta maggiormente dall’originale italiano proprio grazie alla sostituzione di scene mostrate al pubblico al posto dei récits tassiani. Il risultato è un’amplificazione del testo di partenza dal punto di vista della trama e della drammaturgia che avrà un successo notevole in Francia.
6La versione di Charles Vion d’Alibray è definita come una pièce “fidellement traduite de l’Italien” (p. xxxii) e si pone perciò in opposizione alla rielaborazione operata da Rayssiguier. Pubblicata dall’editore Rocolet, questa traduzione è accompagnata da una serie di immagini di pregevole fattura, vale a dire, afferma l’autrice, di «dix planches numérotées de Daniel Rabel qui illustrent l’intrigue de l’Aminta de la préface à la dernière scène. […] Cette insertion des «Figures» de l’Aminta, adoptées par un traducteur «fidèle», qui se propose de respecter son texte de départ, y compris les récits, est assez singulière, voire curieuse: Vion choisit d’illustrer son texte grâce à certaines images, qui «montrent aux yeux» les événements que le texte de départ et sa traduction fidèle se bornent à raconter» (pp. xxxii-xxxiii). Tuttavia Vion ammette l’importanza delle leggi dei modernisti, ma sottolinea che la sua venerazione per il testo tassiano l’ha condotto a operare scelte diverse e a rifiutare ogni intervento sulla sua fonte, mantenendo perciò i récits, anche per rispettare le bienséances.
7Un’altra osservazione molto interessante della studiosa sull’Advertissement dell’opera di Vion d’Alibray – il quale redige sempre con molta cura le prefazioni delle sue versioni, prefazioni che spesso possono essere considerate dei veri e propri testi teorici sulla traduzione e non solo – riguarda il confronto tra l’Aminta e Les Amours tragiques de Pyrame et Thisbé di Théophile de Viau. In particolare il discorso dello scrittore francese si focalizza, nell’Advertissement stesso, sull’elemento del velo di Silvia che viene comparato con quello di Thisbé. Pur apprezzando la qualità degli alessandrini di d’Alibray, Dalla Valle sottolinea che l’opera di quest’ultimo appare notevolmente amplificata rispetto al modello italiano.
8Concludendo la sua introduzione, la studiosa afferma, ricollegando molto opportunamente le due traduzioni al contesto letterario in cui videro la luce, che «à travers l’Aminte de Rayssiguier et celui de Vion d’Alibray, nous assistons […] à une sorte de conflit – presqu’une compétition – entre les auteurs révolutionnaires comme Mareschal (et Rayssiguier) et les dramaturges modernes mais philo-classiques comme Mairet (et Vion d’Alibray)» (p. xxxix).
9Un’ampia bibliografia precede le edizioni dei due testi che sono fornite di numerose e utilissime note, in cui, tra l’altro, assai spesso Dalla Valle cita i passaggi corrispondenti del testo tassiano mostrando con precisione se e come quest’ultimo venga rispettato o trasformato.
10Infine, un «Index des noms» conclude il volume che, oltre alle osservazioni originali e sempre puntuali presenti nell’introduzione, ci offre la possibilità di leggere due testi sino ad ora di difficile reperimento e accompagnati da un apparato critico impeccabile. Tutto ciò rende pertanto questo volume uno strumento indispensabile per coloro che vogliano studiare non solo i due autori delle traduzioni dell’Aminta, ma anche due generi teatrali che spesso si sovrappongono e s’intersecano, quello pastorale e quello tragicomico, che così tanto successo ebbero in Francia nei primi decenni del xvii secolo.
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Daniela Mauri, «Traduire l’“Aminta” en 1632. Les traductions de Rayssiguier et de Charles Vion d’Alibray, D. Dalla Valle (ed.)», Studi Francesi, 182 (LXI | II) | 2017, 352-353.
Notizia bibliografica digitale
Daniela Mauri, «Traduire l’“Aminta” en 1632. Les traductions de Rayssiguier et de Charles Vion d’Alibray, D. Dalla Valle (ed.)», Studi Francesi [Online], 182 (LXI | II) | 2017, online dal 01 août 2017, consultato il 15 janvier 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/9932; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.9932
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