Relire Claude Duchet. Cinquante ans de sociocritique
Relire Claude Duchet. Cinquante ans de sociocritique, numéro préparé par Patrick Maurus, Lucie Nizard, Isabelle Tournier, Bernabé Wesley, “Études Françaises” 58.3, Montréal, Presses de l’Université de Montréal, 2022, 184 pp.
Testo integrale
1In occasione del cinquantenario della pubblicazione del saggio Pour une socio-critique ou variations sur un incipit, le riviste “Études Françaises” e “Littérature” uniscono le forze per dare vita a due numeri distinti, ma entrambi curati da Patrick Maurus, Lucie Nizard, Isabelle Tournier e Bernabé Wesley e diffusi in contemporanea, interamente dedicati all’eredità intellettuale di Claude Duchet. Il primo volet di tale impresa congiunta, di cui si dà conto in questa sede, adotta una prospettiva ampia per interrogarsi sull’attualità delle pratiche di lettura introdotte da Duchet nell’ambito della teoria letteraria, ovvero «ces habitudes de lecture qui, devenues familières aux sociocriticiens, privilégient l’hétérogène, l’attention au détail, l’audace interprétative et la créativité de l’écriture» (Bernabé Wesley, Relire Claude Duchet. Cinquante ans de sociocritique, pp. 9-20).
2Nel saggio che inaugura la raccolta, Alain Vaillant dettaglia gli elementi che impediscono alla sociocritica di occupare uno spazio centrale nel panorama critico odierno, dall’egemonia delle teorie statunitensi allo scarto ideologico che separa la contemporaneità rispetto agli anni immediatamente successivi al 1968. Eppure, riassume l’autore, «son péché originel a peut-être été de se placer sous la bannière de la “critique” […] plutôt que de la poétique historique»: delineare i rapporti che essa intrattiene con l’ermeneutica testuale da un lato e con le scienze sociali dall’altro si pone allora come una priorità (La sociocritique à l’épreuve de l’histoire littéraire, pp. 21-33).
3Vanina Vanini di Stendhal costituisce il terreno di indagine a partire dal quale Xavier Bourdenet propone una definizione operativa della nozione di «historicité» in ambito sociocritico, alla quale partecipano sia il concetto di «valeur», inteso come presa di posizione in un momento preciso, sia le specificità del supporto materiale dell’opera e, più in generale, le sue condizioni di produzione. In questa prospettiva, l’«historicité» si definisce come «la manière dont l’œuvre prend place, sens et corps dans l’Histoire» (Sur l’historicité. À propos de “Vanina Vanini” de Stendhal, pp. 35-49).
4Prendendo spunto dai commenti di Duchet rispetto alla componente politica espressa nelle pièces di Alfred de Musset, Sylvain Ledda ed Esther Pinon si concentrano su Le Chandelier, dove il linguaggio costitutivamente ibrido del teatro permette di dare forma a una parola che si colloca nella tensione tra il sentimentale e il sociale. Nel condividere un’applicazione concreta degli approcci proposti da Duchet, gli autori dimostrano che «on peut transformer les œuvres, les textes ou les discours en document pour éclairer l’Histoire, sans oublier toutefois que les conflits idéologiques expliquent aussi l’évolution de la littérature» (Ce que la sociocritique fait au théâtre. Notes sur les comedies d’Alfred de Musset, pp. 51-64).
5In La sociocritique dans l’histoire du roman des années 1930. Un dialogue entre littérature et idéologie, Maxime Berges si concentra sulla difficile collocazione nella storia letteraria di un corpus di romanzi fascisti pubblicati tra le due Guerre mondiali, e in particolare sulle intersezioni tra una linea critica che ne mette in luce un certo classicismo formale e un’altra che ne interroga il portato ideologico. L’eccezionalità dei romanzi degli anni Trenta è, secondo l’autore, soltanto apparente: per coglierne appieno le implicazioni, però, è indispensabile liberarsi del «carcan générique dont a été trop longtemps prisonnière l’histoire de la littérature» per esplorare a fondo l’ibridità interna alle singole opere (pp. 65-79).
6A seguire, Mélanie Lamarre si sofferma su un saggio satirico di Philippe Muray intitolato La Colonie distractionnaire e dedicato all’apertura del parco tematico di Euro Disneyland a Parigi: applicando le modalità ermeneutiche proposte da Claude Duchet, la studiosa osserva come la rappresentazione del non-luogo data da Muray dialoghi con l’immaginario sociale e con l’inconscio collettivo per operare un atto di decostruzione mediato dall’humour e dall’autoderisione (Philippe Muray et les métamorphoses du loisir, pp. 81-96).
7Pierre Popovic propone poi una messa in atto della nozione di sociogramma forgiata da Duchet nel corso degli anni Ottanta: complementarmente al sociogramma de «la France en tant qu’État» elaborato da Duchet, lo studioso ne osserva un altro, animato da immagini belliche e dall’erotizzazione dei valori morali e costruito intorno all’idea dell’«état de la France». Prendendo in considerazione una pluralità di testi rappresentativi del periodo compreso tra la Rivoluzione e la contemporaneità, da Les Misérables di Hugo ad alcune affermazioni di Le Pen e Zemmour, passando per Colette Baudoche di Barrès e Le Silence de la mer di Vercors, è di quest’ultimo sociogramma che lo studioso propone una mappatura (D’un sociogramme l’autre. De la France comme État à l’état de la France, pp. 97-116).
8Intitolato Passeurs et passages sociocritiques. Pistes de lecture de “Terre des hommes” à «Speak White», lo studio di «titrologie sociocritique» firmato da Craig Moyes traccia il percorso tra diversi media e contesti sociali del titolo Terre des hommes: tra la Francia e il Québec, e dal testo celebre di Saint-Exupéry all’Esposizione universale di Montréal del 1967, fino alla scrittura di Michèle Lalonde. Attingendo al linguaggio della matematica, l’autore definisce questo titolo come un «attracteur étrange» intorno al quale si crea un movimento caotico e imprevedibile (pp. 117-140).
9Se la sociologia della traduzione ha conosciuto sviluppi importanti, dichiara Patrick Maurus all’inizio del suo contributo, la sua sociocritica rimane confinata a un ambito confidenziale. Rifacendosi alle posizioni di Henri Meschonnic, oltre che a quelle di Duchet, lo studioso mette in luce il «transfert de socialité» che sottende le scelte linguistiche del traduttore e chiude la raccolta tematica con un’affermazione densa di potenzialità per sviluppi ulteriori: «ce qu’on appelle un peu légèrement “littérature étrangère” n’existe pas» (Traduire. Le deuil de l’original, pp. 141-152).
10In coda al fascicolo, nella sezione «Exercice de lecture», Françoise Cévaër convoca le nozioni di metafinzione, alterità, biografia, oralità e storicizzazione dell’esperienza all’interno di uno studio intitolato Altérités poétiques d’un récit de vie. “Parabole du failli” de Lyonel Trouillot, dal quale ben emerge la stratificazione esistenziale che è espressa in un testo fondato sulla convergenza di più linguaggi (pp. 155-172).
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Roberta Sapino, «Relire Claude Duchet. Cinquante ans de sociocritique», Studi Francesi, 201 (LXVII | III) | 2023, 745-746.
Notizia bibliografica digitale
Roberta Sapino, «Relire Claude Duchet. Cinquante ans de sociocritique», Studi Francesi [Online], 201 (LXVII | III) | 2023, online dal 01 mars 2024, consultato il 09 février 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/56162; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.56162
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