La critique d’art des poètes, textes réunis par Corinne Bayle, Philippe Kaenel, Serge Linarès
La critique d’art des poètes, textes réunis par Corinne Bayle, Philippe Kaenel, Serge Linarès, Paris, Kimé, 2022, 358 pp.
Testo integrale
1La critique d’art des poètes raccoglie ed estende le riflessioni emerse durante due anni di incontri seminariali presso l’École normale supérieure de Lyon, oltre che in due giornate di studi tenutesi l’una a Lione, l’altra all’Université de Versailles-Saint-Quentin, tra il 2014 e il 2016, intorno al tema ampio delle relazioni che i poeti di lingua francese hanno intrattenuto e intrattengono, dall’Ottocento alla contemporaneità, con i pittori del loro tempo o di epoche precedenti (Corinne Bayle e Serge Linarès, Avant-propos, pp. 9-20). La finalità non è, come ha cura di dettagliare Dominique Vaugeois, attribuire giudizi di valore alla critica d’arte prodotta dai diversi autori, quanto piuttosto far emergere gli interrogativi che la natura riflessiva della scrittura critica suscita in ciascuno di essi – interrogativi di natura estetica certamente, nonché etica, poiché legati all’implicazione del soggetto all’interno del suo stesso discorso critico (Le sujet de la critique poétique: subjectivisme, responsabilité et justesse, pp. 21-35).
2Il volume è suddiviso in due sezioni, ciascuna delle quali dedicata a una diversa tipologia testuale. La prima, intitolata «La critique d’art», si concentra su alcuni esempi eclatanti di poeti che, in momenti storici e facendo ricorso a una grande varietà di strategie espressive, si sono misurati con la critica d’arte: spesso in prose poetiche nelle quali l’ekphrasis assume una rilevanza primaria, e che possono sfociare nella collaborazione attiva tra il poeta e l’artista.
3Nel saggio inaugurale della sezione, Corinne Bayle osserva il «double registre, commentaire de tableaux et méditation ambitieuse», che accomuna la prosa critica di Théophile Gautier e di Charles Baudelaire. La figura dell’arabesco, insieme all’uso enfatico del colore, è l’elemento nel quale entrambi gli autori trovano la rappresentazione visiva della tensione tra la ricerca di libertà e la necessità di ordine che si riflette nella loro estetica (Gautier et Baudelaire critiques d’art: la couleur, le rêve et l’arabesque, pp. 39-53). Se, come riconosce la stessa Delphine Gleize, «Hugo n’est pas critique dans l’âme», nella sua scrittura l’atto di osservare è una componente di grande rilievo e si delinea come un’esperienza metafisica destabilizzante («À toi, peintre, le monde! À toi, poète, l’âme!». Victor Hugo critique d’art?, pp. 55-70). Benché la musica rappresenti l’orizzonte principale della scrittura di Musset, passi dei suoi testi teatrali, così come dei contes, stabiliscono un’indistinzione sostanziale tra la figura dell’artista e quella del poeta (Sylvain Ledda, Le sérieux et le dilettante. Musset, poète et critique d’art, pp. 71-87). Barbara Bohac evidenzia poi come Baudelaire e Banville abbiano agito in favore della legittimazione della caricatura nel campo delle arti, mettendone in luce le novità stilistiche e tematiche ed elogiandone la componente di critica sociale (La caricature comme art. Baudelaire et Banville, sur un génie du crayon: Daumier, pp. 89-104). Il saggio di Florence Pettelat, dedicato all’impostazione “museografica” che Verlaine dà alla sua opera, mediante l’analisi di Fêtes galantes ben dimostra come la conoscenza della produzione di Watteau di cui il poeta fa prova sia mediata dalla letteratura (Le Louvre imaginaire, réminiscences et muséographie dans l’œuvre de Verlaine, pp. 104-120). È soprattutto nella stampa periodica e specializzata che Apollinaire, Reverdy e Cocteau delinearono le loro posture rispetto alle arti figurative: accomunati dal rifiuto della critica savante, nonostante le specificità di ciascuno i tre poeti danno voce a una critica d’arte che «se questionne d’abord comme forme» (Serge Linarès, Critique d’art et Esprit nouveau, pp. 121-139). In Max Jacob, le primitivisme breton face à l’art nègre, Antonio Rodriguez dimostra le convergenze tra la scrittura e le arti che si realizzano nel Cornet à dés e traccia il profilo di un poeta che ha saputo appropriarsi di modelli e influenze apparentemente in contrasto tra loro (pp. 142-154). A seguire, Yvanne Rialland legge i Belvédère di André Pieyre de Mandiargues per dimostrare come il discorso critico abbia come oggetti privilegiati le opere che fanno prova di una qualche eccezionalità provocatoria, e come fulcro l’esperienza – spesso associata al piacere erotico – dello spettatore (André-Pierre de Mandiargues, hors de son belvédère, pp. 155-170). Il saggio di Marie Frisson, intitolato La critique d’art de Francis Ponge: façon(s) d’écrire. Heur et bonheur d’expression dans Matière et mémoire, evidenzia come il gesto creativo – dell’artista così come del poeta – sia l’elemento primario sul quale converge l’attenzione di Ponge: la vicinanza con Dubuffet si rivela in questo ambito foriera di conoscenze e di impressioni (pp. 170-192). Chiude la sezione il ritratto di Yves Bonnefoy realizzato da Daniel Lançon: nonostante Bonnefoy abbia una formazione accademica in storia dell’arte, con i suoi scritti critici intende, per sua stessa dichiarazione, «essayer de revivre et d’interpréter une histoire» (Critique d’art et histoire de l’art chez le jeune Yves Bonnefoy, pp. 209-225).
4Nella seconda sezione, l’attenzione è rivolta alle diverse forme de «Le poème d’art», inteso come un genere «hybride et vagabond» che discosta la produzione poetica dal paradigma musicale per avvicinarlo a quello pittorico e che è l’appannaggio privilegiato, seppur non esclusivo, delle personalità che si cimentano in entrambe le arti.
5Si inizia con il saggio Tanguy dans “La Caverne illuminée”. Apologue et poème d’art chez André Breton, di Marie-Paule Berranger. Lungi dal voler descrivere le opere di Tanguy, Breton aspira a scrivere “a partire da” esse: il risultato sono testi diversi per genere e forma, ma accomunati da una concezione mistica dell’arte e da una scrittura dello spaesamento incline ad assumere l’aspetto di un enigma (pp. 229-244). Rimane nella costellazione surrealista il saggio di Corinne Bayle, nel quale la studiosa osserva i due poèmes en prose che Éluard dedicò all’arte e alla persona di Masson: ciò che si realizza è un’«esthétique en acte» per la quale lo stile della forma poetica è lo specchio del «rapport au visible» dell’autore, e viceversa («Les chambres les plus secrètes de l’ombre». Paul Éluard et André Masson, pp. 145-258). In «Le rendez-vous des poètes». Aspects de la lyrique sur Picasso, Serge Linarès analizza alcuni tra i più rilevanti dei moltissimi testi che, nel corso dei decenni, sono stati scritti su Picasso: Apollinaire, Aragon, Char e Michaux spiccano tra le voci che contribuirono a consolidare il “mito” di Picasso e a perpetuarlo nel tempo (pp. 259-277). È invece la figura di Giacometti – scrittore a sua volta, oltre che pittore e scultore – a costituire il fulcro dell’indagine di Thomas Augais: osservando i testi che Leiris, Ponge e Du Bouchet dedicarono all’artista, lo studioso conclude che forse «il n’y a en définitive de “poème d’art” que dans la mesure où l’obstacle qu’une oeuvre oppose à la parole ne trouve pas ailleurs […] son lieu de franchissement» (pp. 279-295). Lo studio di Dominique Kunz-Westerhoff si concentra sulla varietà delle posture autoriali e delle forme espressive che emergono dalla visione d’insieme dell’attività critica di Jacques Dupin: se l’ekphrasis è un elemento cruciale della scrittura, quest’ultima è attraversata da un immaginario animista tale da suggerire la definizione di «poème d’art épidermique» (Imaginer le dehors: le poème d’art chez Jacques Dupin, pp. 297-316). In Bernard Noël, le regard et l’espace, Letizia Lupino dimostra come per Noël la visione preceda e determini l’atto di scrittura: in particolare, è nella nozione di spazio – allo stesso tempo mentale e pittorico-artistico – che la studiosa individua un aspetto fondante del poème d’art dell’autore (pp. 317-331). Infine, il contributo di Gaëlle Théval intitolato «Frapper les mêmes touches de l’être»: Bernard Heidsieck et Jean Degottex dimostra come il «compagnonnage» di Heidsieck con il campo delle arti visive – relazione che è osservata soprattutto nella prossimità dell’autore con l’opera di Jean Degottex, seppur non esclusivamente – sia un elemento di cui tenere conto nel ricostruire le origini della sua poesia sonora (pp. 317-351).
6In guisa di conclusione, la Coda firmata da Yannick Haenel propone un percorso che dal Laocoonte di Lessing si estende fino al tardo Novecento e il cui fil rouge è la domanda: Critique d’art et poésie sont-elles compatibles? (pp. 353-365).
7Un succinto ma efficace apparato iconografico a colori arricchisce il testo di una componente visuale molto utile, oltre che d’impatto.
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Roberta Sapino, «La critique d’art des poètes, textes réunis par Corinne Bayle, Philippe Kaenel, Serge Linarès», Studi Francesi, 200 (LXVII | II) | 2023, 504-505.
Notizia bibliografica digitale
Roberta Sapino, «La critique d’art des poètes, textes réunis par Corinne Bayle, Philippe Kaenel, Serge Linarès», Studi Francesi [Online], 200 (LXVII | II) | 2023, online dal 01 août 2023, consultato il 10 février 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/54743; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.54743
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