Philippe Marty, L’Original. Traduction, version et intraduisible
Philippe Marty, L’Original. Traduction, version et intraduisible, Paris, Classiques Garnier, 2021, 304 pp.
Testo integrale
1In L’Original. Traduction, version et intraduisible, Philippe Marty – Professore di letterature comparate all’Università Paul Valéry di Montpellier, agrégé in germanistica e specialista di poesia e traduzione – raccoglie dodici saggi che appaiono al tempo stesso indipendenti tra loro, ovvero leggibili anche separatamente, come singole monografie autonome, ma organicamente coesi a formare un tutt’uno: un’argomentazione complessa in cui alcuni autori e testi – Hölderlin su tutti, nonché, tra gli altri, passi della Bibbia e del Canzoniere di Petrarca – si stagliano come elementi ricorrenti, o come dei fili rossi che orientano il lettore all’interno della costellazione vasta, all’apparenza inesauribile, delle citazioni differenti per epoca, lingua e genere che l’autore pone tra loro in dialogo. La poesia, oggetto importante seppur non esclusivo dell’indagine, penetra fin nelle fibre della scrittura di Marty, nella quale il rigore scientifico è associato a una lingua evocativa oltre che esplicativa, ricca di immagini dalle connotazioni visive e di associazioni impreviste.
2Al cuore della riflessione di Marty – una riflessione nella quale gli interrogativi della traduttologia si legano a considerazioni di natura letteraria, filosofica, epistemologica – è la nozione di original: inteso non semplicemente come il testo fonte di una traduzione, ma come un elemento dai confini più sfuggevoli, rispetto al quale è necessario un approccio radicalmente diverso. Se la traduzione implica il passaggio da un testo di partenza a uno di arrivo e la sostanziale autonomia del secondo rispetto al primo, la “versione” è l’atto che meglio si accorda alle specificità dell’original poiché, nell’accezione che ne dà Marty, essa non prevede un testo d’arrivo ma un’interrogazione mai esaurita, e il risultato della versione non può esistere al di fuori del suo legame con l’originale. Ne deriva una diversa collocazione sull’asse temporale: mentre la traduzione si situa nella temporalità del chronos, teorizza l’autore, l’original apre al tempo della skholê, «qui a tout le temps et dans lequel rien ne s’acquiert par traversée, transition, transaction, traduction, puisque tout se donne dans la vacation offerte». L’original è, inoltre, «etcétérant», così come le sue versioni, che si delineano come le estensioni in luoghi e tempi diversi di un unico originale che è contemporaneamente altro e se stesso (Introduction. Époque (Bild), pp. 7-39).
3Il titolo del primo saggio, Confusion, annuncia l’elemento lessicale alla luce del quale l’autore pensa all’episodio biblico della torre di Babele; la “confusione della lingua” equivale al rovesciamento del suo scopo: prima concentrata sulle questioni materiali della costruzione della torre, poi esclusivamente rivolta a elevare lodi al Signore (pp. 41-56). Ancora in ambito biblico, in Le même Marty si concentra sulla definizione, nel Vangelo secondo Luca, del luogo in cui gli apostoli si rifugiarono, immobili e muti, dopo la morte di Cristo, e la pone in dialogo con la parola Ort presente in una poesia di Hölderlin (pp. 57-70). Il saggio intitolato Iam muove dal componimento poetico «babélien-pentecôtien» di Valéry Larbaud La neige: la nozione di reprise sorregge un’argomentazione dalla quale emerge che il deittico iam «désigne, en les confondant, l’instant passé, l’instant présent, l’instant à venir» (pp. 71-84). L’inno Friedensfeier di Hölderlin è al centro dell’analisi di Lui-même (partir), nella quale sono convocati, tra gli altri, Agamben, Benveniste e Rousseau (pp. 85-100). Croissance si apre con la citazione di quarantadue diverse versioni – alcune in francese, molte in tedesco – prodotte dall’Ottocento a oggi a partire dallo stesso verso shakespeariano, «From fairest creatures we desire increase»: «Chaque version n’a-t-elle pour fonction que d’engendrer la suivante […]?» si chiede lo studioso (pp. 101-116). Wordsworth, Hölderlin, Pessoa, Catullo e Rilke sono alcuni tra gli autori ai quali Marty fa riferimento in Thauma-Tautologie. Pourquoi toujours “déjà”?, in cui riflette sul topos poetico della sorpresa dinnanzi al risveglio della natura in primavera. In fondo, scrive lo studioso, ciò che déjà esprime è uno stupore legato primariamente al linguaggio: «Je m’émerveille d’avoir en ma possession un nom pour exprimer ce qui arrive: c’est déjà, c’est ça!» (pp. 117-136). In For (paradigme) sono le due diverse forme di festa che attraversano Mrs Dalloway di Virginia Woolf a costituire il fulcro di un’indagine che arriva a proporre una definizione totalizzante di original: «La vie est l’original» (pp. 137-158). In Paradigme (for) l’attenzione è invece rivolta primariamente al Canzoniere di Petrarca, e in particolare alla parola “dolce”: se da un lato non sembrerebbe esserci motivo di tradurla altrimenti che con doux, osserva lo studioso, è Petrarca stesso a proporne una moltitudine di versioni diverse, tutte legate a uno stesso original (pp. 159-173). «Qu’est-ce que penser à un nom propre?» è la domanda che innerva il saggio Penser à (Ausland), nel quale l’Andromaca alla quale si rivolge Baudelaire in Le Cygne, così come la Laura di Petrarca, si presenta come una delle manifestazioni possibili di un original irrimediabilmente sfuggente (pp. 175-192). A partire dalla scelta di Hölderlin di rendere il greco polis con Ort nella sua trasposizione in tedesco dell’Antigone, Marty definisce la versione come un’attività traduttiva situata non nel negotium, ovvero nella negoziazione tra due lingue per giungere a un compromesso, ma nell’otium, vale a dire nello smarrimento, nel vagare, nel non raggiungimento di una soluzione definitiva, poiché – spiega lo studioso rifacendosi a Lévinas – la versione «se fonde dans et face à Autrui, dans l’extériorité, la rupture et l’exil offerts par l’original-visage» (Otium (endroit, Ort), pp. 193-230). Si sofferma in gran parte su una canzone di Edith Piaf, Padam padam, il saggio intitolato Faire refrain: l’ipotesi qui dimostrata è che l’original sia «etcétérant», che si manifesti nella forma del ritornello, il quale rappresenta allo stesso tempo una rottura e una fusione (pp. 231-253). Nel saggio che chiude il volume, intitolato Pros, è innanzitutto la situazione in cui il linguaggio prende forma a essere al centro dell’attenzione: interrogarsi sul punto dal quale nasce la parola consente di guardare all’«original-monde, l’original-ronde, le printemps, où les versions dansent, toutes tournées les unes vers les autres comme vers l’original» (pp. 255-278).
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Roberta Sapino, «Philippe Marty, L’Original. Traduction, version et intraduisible», Studi Francesi, 200 (LXVII | II) | 2023, 503-504.
Notizia bibliografica digitale
Roberta Sapino, «Philippe Marty, L’Original. Traduction, version et intraduisible», Studi Francesi [Online], 200 (LXVII | II) | 2023, online dal 01 août 2023, consultato il 09 février 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/54733; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.54733
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