Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz, Ars Magna
Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz, Ars Magna, traduzione e introduzione di L. Madella, postfazione di R. De Benedetti, Milano, Edizioni Medusa, 2021, «Argonauti» 45, 85 pp.
Testo integrale
1Questo volumetto è la traduzione italiana di un saggio in forma lirica del poeta, drammaturgo, romanziere, filosofo e diplomatico di origini lituane Oskar Wladyslaw Milosz (1877-1939), trasferitosi a Parigi nel 1899 e naturalizzato francese nel 1931. Composto da cinque scritti che l’A. stesso definisce «poemi», nasce da un’esperienza mistica, della quale testimonia il testo liminare Epistola a Storge (storge, in greco, significa amore, tenerezza nei confronti dei figli), vissuta la sera del 14 dicembre 1914, in cui egli «fu rapito in spirito e trasportato fuori da sé, dove vide cose che stravolsero il suo concetto di universo», come scrive Laura Madella nella sua «Introduzione» (pp. 5-10).
2Intriso di influenze mistiche e alchemiche, che vanno da Raimondo Lullo a Cardano e allo Swedenborg già maestro di Baudelaire e Borges, il testo assume un tono poetico nel linguaggio, tipico di parte della filosofia post-nicciana, certo però in questo caso lungi da tentazioni nichilistiche, semmai tutto teso a descrivere il sublime dell’amor coniugale e celeste, che trova nella dimensione religiosa e metafisica del movimento una felice fusione di intuizione e scienza, se nel pensiero di Milosz è possibile vedere una sorta di anticipazione della teoria einsteiniana che identifica lo spazio con la materia, il tempo come una quarta dimensione e l’Universo come un corpo illimite.
3I quattro poemi successivi sviluppano tesi che affrontano la questione dalla specola della mistica e della biologia, con riferimenti alla dottrina ermetica e alla filosofia pitagorica. In «Memoria» si parla, non a caso, di «poesia sacra della scienza» (p. 37), in «Numeri» s’afferma che «il sangue è il parametro dei valori metafisici» (p. 49), in «Turba magna» si legge che «il movimento materia-spazio, è già la cosa» (p. 59), fino ai frammenti numerati della sequenza «Lumen», sorta di prolegomeni assertivi nei quali il lirismo mentale, fuso all’intuizione mistica, produce brani come questo, che sviluppa ulteriormente nell’aforisma, servendosi del ricorso sistematico nel sillogismo all’anadiplosi, concetti già espressi precedentemente in forma di prosa continua: «Muovi lo sguardo intorno a noi, figliolo. Come tutto è buono e semplice. Tutto questo, tutta questa materia, eppure è il tuo proprio sangue, e questo sangue è movimento, dunque tempo e spazio.» (pp. 66-67).
4Colpisce, in particolare, di questa prosa trans-generica, l’attualità della riflessione sul «ritmo», qui definito come «l’espressione terrestre più alta di ciò che noi chiamiamo pensiero, vale a dire della constatazione e dell’amore del movimento» (p. 26). Si tratta, in quelli che Riccardo De Benedetti, nella sua partecipe «Posfazione» (pp. 73-85), chiama solo «apparenti “deliri”», di collocare l’opera di questo autore – peraltro omonimo dell’altro poeta Czeslaw Milosz (1911-2004), che fu Premio Nobel nel 1980 –, nel solco tracciato da Henri Bergson e Gaston Bachelard, così restituendola, come merita, all’attenzione critica contemporanea.
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Fabio Scotto, «Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz, Ars Magna», Studi Francesi, 200 (LXVII | II) | 2023, 483.
Notizia bibliografica digitale
Fabio Scotto, «Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz, Ars Magna», Studi Francesi [Online], 200 (LXVII | II) | 2023, online dal 01 août 2023, consultato il 14 février 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/54539; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.54539
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