Image, autorité, auctorialité du Moyen Âge au xxe siècle, dir. Catherine Pascal, Marie-Ève Thérenty
Image, autorité, auctorialité du Moyen Âge au xxe siècle, dir. Catherine Pascal, Marie-Ève Thérenty, Trung Tran, Paris, Classiques Garnier, 2021, 399 pp.
Testo integrale
1Abbracciando un periodo ampio che va dal Medioevo al Novecento, e per questo tracciando un percorso segnato da molteplici innovazioni tecniche oltre che da importanti slittamenti di ordine culturale, il volume curato da C. Pascal, M-È. Thérenty e T. Tran si addentra nello spazio complesso delle relazioni tra la parola scritta e l’immagine. In particolare, l’interrogativo che attraversa e accomuna i contributi riguarda le modalità con cui l’elemento iconografico si delinea come un elemento capace di destabilizzare o, al contrario, instaurare un regime autoriale. Se la costante nel tempo è il fatto che l’immagine integrata nel testo dà origine a un “dispositif polyphonique, plurivoque et polysémiotique”, le declinazioni di tale rapporto mutano anche, seppur non esclusivamente, in funzione dell’evolversi delle tecnologie per la produzione del libro in quanto oggetto: è allora nella convergenza triangolare tra l’autore, l’artista e l’editore, a sua volta inscritta in un contesto storico-culturale dai contorni definiti, che i contributi raccolti nel volume ricercano il significato di ciascuna operazione iconotestuale (T. Tran, Introduction. De l’illustration de l’auteur à l’illustration du livre: instaurer, partager, usurper l’autorité, pp. 7-22).
2Apre il volume il contributo di A. Barre, intitolato Quand Renart prend la place de l’écrivain. Parcours dans le ms. 1581 de “Renart le nouvel”: nel più antico tra i manoscritti che riportano il componimento di Jacquemart Gielée, le miniature danno vita a un complesso effetto di mise en abîme che si sviluppa su più livelli e che, in controtendenza rispetto alla tradizione della letteratura medievale in cui l’oralità precede la scrittura su pergamena, presenta il passaggio “du livre écrit à la parole vive”. Mentre Renart si erge progressivamente al ruolo di istanza autoriale fino a incarnare il Male, la sua moralizzazione nel “‘grand renfermement’ disciplinaire de l’image” segna l’esaurirsi della produttività letteraria della sua figura (pp. 23-38).
3Con lo studio di P. Maupeu si passa al Quattrocento, periodo di stabilizzazione iconografica delle miniature con finalità di dedica nelle quali il poeta è raffigurato mentre tende il suo libro al Principe come atto di omaggio feudale. Il contesto storico e socio-culturale, le specificità della situazione di enunciazione dei testi e la “scenografia” sulla cui base si dispongono gli elementi della pagina sono le tre linee di forza di uno studio di tipo pragmatico (Images de présentation, scène de l’énonciation. Le manuscrit médiéval ou l’éloquence du corps, pp. 39-57).
4Nei cambiamenti che tra l’ultimo quarto del Trecento e l’inizio del Quattrocento hanno segnato la storia sia della traduzione sia dell’arte, si addentra D. Lechat. Osservare i frontespizi nella ricca tradizione manoscritta delle traduzioni francesi di Valerio Massimo, fa notare lo studioso, permette di accedere a una panoramica pressoché completa delle tipologie di scene di dedica in voga a cavallo tra i due secoli (Les enluminures du Valère Maxime français. Une glose en images de l’activité traductrice au service du pouvoir, pp. 59-84).
5Nella relazione che si instaura tra le parole e le immagini nell’Imagination poëtique di Aneau, complessa anche in virtù di un’architettura che rende difficile identificare il confine tra il peritesto e l’opera propriamente detta, prende forma un regime autoriale la cui legittimazione dipende tanto dai riferimenti allo spazio istituzionale quanto da quelli alla sfera privata, nonché dalla costruzione di una mitologia ben calibrata intorno all’identità dell’autore (T. Tran, L’autorité de l’emblématiste. Scénographies auctoriales dans l’“Imagination poëtique” de Barthélemy Aneau (1552), pp. 85-110).
6Non solo lo scrittore, ma anche l’artista che si è occupato delle immagini può essere ritratto in apertura di un volume: è ciò che mostra il saggio di M- C. Planche, il quale si sofferma sia su opere seicentesche in cui il volto dell’artista è reso graficamente, sia su testi dove il ritratto è realizzato a parole, in forma di nota biografica (Le portrait d’artiste dans le livre, pp. 111-138).
7La seconda parte del Settecento, spiega C. Martin, vede un coinvolgimento crescente degli scrittori nell’illustrazione delle loro opere: nel 1761, l’edizione della Nouvelle Héloïse di Rousseau rappresenta un precedente e un modello per altri autori, il cui agire testimonia non solo di una più acuta percezione del libro in quanto oggetto, ma anche di una diffusa volontà di difendere il ruolo dell’autore in un tempo in cui lo status dell’illustrazione tende a emanciparsi dal testo (Invention figurale et poétique auctoriale dans le roman illustré au xviiie siècle, pp. 139-160).
8In Fénelon illustrateur de Prévost et inversement, O. Leplatre si interroga sulla presenza di un’incisione realizzata da Jean-Jacques Pasquier in apertura delle due sezioni dell’edizione di Manon Lescaut datata 1753: in virtù del legame che intrattiene con le Aventures de Télémaque di Fénelon, l’immagine orienta la lettura del testo di Prévost non per illustrarne i contenuti, ma per problematizzarli (pp. 161-204).
9Osservando secondo un’ottica comparativa due libri prodotti nella prima metà dell’Ottocento, C. Nesci fa notare come la vignetta del titolo possa essere il luogo in cui si manifesta una “énonciation éditoriale” che cambia con l’evolvere degli equilibri tra gli autori e gli editori (“Un enseignement par les yeux”. Éditeurs et auteurs dans les frontispices de “L’Hermite de la Chaussée-d’Antin” (1813-1815) et du “Diable à Paris” (1844-1846), pp. 205-227).
10Sulla stampa periodica si sofferma invece M. Lo Feudo, per mettere in luce come la rivista La Silhouette intervenga in un contesto culturale segnato dalla rivoluzione di Luglio, nel quale la nozione di artista, così come anche i temi, i generi e le pratiche su cui si fonda la produzione letteraria, è oggetto di profondo dibattito (Images de l’artiste dans “La Silhouette” (1829-1831), pp. 229-246).
11Il processo di realizzazione delle Scènes de la vie privée et publique des animaux è il fulcro del saggio di M.-È. Thérenty: ricostruire le dinamiche e i conflitti “autour de la plume et du crayon” che sottendono la produzione dell’opera nel 1842, poi la sua riedizione durante il Secondo Impero, significa accedere a un compendio delle tensioni destinate a innervare la storia editoriale degli anni seguenti (La plume, le crayon et le canif. Auctorialité et autorité dans “Scènes de la vie privée et publique des animaux”, pp. 247-267).
12Illustrando Le Château des Carpathes di Jules Verne per l’edizione Hetzel del 1982, Léon Bennett dà forma a un “récit iconique” che non solo costituisce una mise en abîme delle questioni affrontate nel romanzo, ma ne propone una lettura alternativa: così, scrive M.-A. Charlier, l’iconotesto propone una visione alternativa dell’autorialità da cui emana (“Le Château des Carpathes” de Jules Verne “visionné” par Léon Benett. La fabrique d’une illusion, pp. 269-296).
13Nel febbraio 1896, il numero 163 di La Plume rende omaggio a Verlaine, defunto il mese prima, e dichiara Mallarmé il nuovo “Prince des poètes”. Nel dialogo tra i testi e le immagini considerate nel loro valore riflessivo, scrive Y. Vérilhac, si delinea l’intenzione di riflettere non tanto sull’uomo e sull’opera, quanto piuttosto sul legame tra Verlaine e la comunità di artisti che ne costituisce la posterità ideale (Images de Verlaine à “La Plume”. Mise en abyme d’un support médiatique et d’une âme collective, pp. 297-311).
14P. Kaenel ricostruisce la traiettoria di Théophile Alexandre Steinlen, artista di spirito pacifista e socialista distanziatosi dall’ambiente culturale di Montmartre e approdato nel mondo delle edizioni di lusso, per poi soffermarsi sulle quattro opere che realizzò collaborando con Anatole France (Théophile-Alexandre Steinlen en dialogue avec Anatole France et les écrivains contemporains, pp. 313-330).
15Figlio di un pittore, cresciuto tra gli artisti, Paul Morand ha saputo trarre profitto dalla moda del libro illustrato, culminata tra il 1920 e il 1935, rapportandosi con artisti e editori secondo le modalità che spiega M. Collomb (Paul Morand et ses illustrateurs, entre amitiés artistiques et stratégies éditoriales, pp. 331-339).
16Dal contributo di S. Linarès emerge invece la rilevanza che la collaborazione con diversi pittori assume per André du Bouchet: soprattutto a partire dal 1860, il contatto con le arti visive diventa un elemento determinante nell’evolvere della sua poetica (Recueils à deux mains. Du Bouchet et ses peintres, pp. 341-356).
17Chiude la raccolta la discussione di C. Soulier riguardo alle politiche editoriali, nonché alle poetiche che a esse si legano, della casa editrice Orange Export Ltd., attiva tra il 1969 e il 1986: ciò che ne emerge è innanzitutto il profilo di un’impresa collettiva che, considerando il libro come il “corps phisique du texte”, si sottrae all’orizzonte della bibliofilia (Une fabrique de “peintures de livre”?, pp. 357-373).
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Roberta Sapino, «Image, autorité, auctorialité du Moyen Âge au xxe siècle, dir. Catherine Pascal, Marie-Ève Thérenty», Studi Francesi, 199 (LXVII | I) | 2023, 206-207.
Notizia bibliografica digitale
Roberta Sapino, «Image, autorité, auctorialité du Moyen Âge au xxe siècle, dir. Catherine Pascal, Marie-Ève Thérenty», Studi Francesi [Online], 199 (LXVII | I) | 2023, online dal 01 juin 2023, consultato il 15 février 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/53260; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.53260
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