Navigazione – Mappa del sito

HomeNumeri172 (LVIII | I)Rassegna bibliograficaSeicentoDa un genere all’altro. Trasposiz...

Rassegna bibliografica
Seicento

Da un genere all’altro. Trasposizioni e riscritture nella letteratura francese, a cura di Daniela Dalla Valle, Laura Rescia, Monica Pavesio

Barbara Piqué
p. 136-138
Notizia bibliografica:

Da un genere all’altro. Trasposizioni e riscritture nella letteratura francese, a cura di Daniela Dalla Valle, Laura Rescia, Monica Pavesio, Roma, Aracne, 2012, «Lettere francesi», pp. 401.

Testo integrale

1Questo volume raccoglie gli atti del convegno svoltosi a Torino nel novembre 2010, dedicato, come precisa il sottotitolo, alle «trasposizioni e riscritture nella letteratura francese». Al centro del volume, un secolo, il Seicento, incorniciato dai primi quattro e dagli ultimi tre contributi, consacrati ad altri periodi della storia letteraria. Apre questi atti, significativamente, il bel saggio di Lionello Sozzi sulle reincarnazioni in generi diversi e con significati diversi del mito della fenice dall’antichità ai poeti moderni. Seguono le dense pagine di Pierre Tordjman sull’invenzione, in Platone, di un genere «innominabile», che ingloba tutti i tipi di discorso, e quelle in cui Giovanni Matteo Roccati mette a confronto l’apologo iniziale del De Casibus di Boccaccio e la sua translatio, in senso ampio, nella quattrocentesca Moralité de Fortune et Povreté. Paola Cifarelli, infine, offre una lettura in chiave di satira anticortese di un’opera del Cinquecento, il Petit Livre d’amour di Pierre Sala, raffinato oggetto che il dispositivo immagine-testo apparenta all’enigmatica. Gli ultimi contributi guardano invece oltre il diciassettesimo secolo: quello di Aurelio Principato prende attentamente in esame l’assottigliarsi dei confini tra teatro e romanzo nel 700; Mariolina Bertini e Chiara Bongiovanni illustrano gli intrecci tra romanzo e mélodrame, e Paola Carmagnani si interroga sulla problematica delle «scritture ibride» in un romanzo tahitiano.

2Tutti gli altri testi critici che compongono il volume si incentrano sul Seicento. È questo il secolo, in Francia, in cui spinte molteplici avviano la letteratura verso la modernità: la transizione da un sapere di tipo umanistico ad una cultura squisitamente mondana, il graduale distacco della res litteraria dalla retorica e il costituirsi di un «campo letterario», la politura di una lingua nazionale adeguata agli ideali che i dibattiti teorici vanno delineando, il principio estetico dell’imitazione, che si precisa nell’idea di una dispositio inventiva – il celebre «je l’ai dit comme mien» di La Bruyère – e nel trascolorare dell’auctoritas in semplice «modello», il principio etico del docere et delectare che sempre più accantona il docere a favore del delectare, le strategie di legittimazione di un genere non codificato come il romanzo, l’emergere di un pubblico femminile e di donne scrittrici (da Madeleine de Scudéry a Mme de Villedieu), e infine, come sottolinea Daniela Dalla Valle nella Presentazione, il confronto sempre vivo con altre letterature – italiana, spagnola – oltre alla rivisitazione della tradizione antica. Le ragioni sono numerose che favoriscono passaggi da un genere all’altro, nel rispetto della separazione dei generi e al contempo nella sperimentazione di forme nuove. Passaggi che si tingono di infinite sfumature: riscritture, adattamenti, trasposizioni, scambi, contaminazioni, «détournements», mutuazioni, imitazioni, interferenze, interpretazioni, intersezioni ed inserzioni…

3Difficile rendere conto dei venticinque contributi che compongono questo ricchissimo volume e che interpretano queste sottili sfumature. Ma è forse possibile isolare alcuni nuclei. Innanzitutto il rapporto tra generi non teatrali (narrazione, poema epico, favole) e teatro. Eva Grosso analizza puntualmente le trasformazioni nella tragedia rinascimentale italiana, francese ed inglese, della scena di addio tra Enea e Didone, sia nelle riproposte della versione virgiliana, sia in quelle del mito originario, dove la regina di Cartagine appariva come una vedova casta, suicida per fedeltà al marito defunto. Prospettiva particolarmente interessante quella adottata da Michele Mastroianni, che inquadra nel dibattito post-tridentino sul matrimonio la trasposizione teatrale di Robert Garnier dell’episodio finale dell’ariostesca vicenda di Ruggiero e Bradamante. Chiara Mainardi studia la «drammatizzazione» che avviene nella riduzione a tragicommedia – il Thésée ou le Prince reconnu di Puget de La Serre – del romanzo Antiope di Guérin de Bouscal, in cui identifica la fonte prima della pièce. Nell’ottica delle grande svolte in atto nella letteratura secentesca tra la metà del secolo e gli anni Settanta, quando si acuiscono i conflitti tra i generi, Valeria Pompeiano rileva con acutezza gli impliciti significati che traspaiono dalla ripresa, non dichiarata, del Floridon di Segrais nel Bajazet di Racine: la «desublimazione» del personaggio tragico, il trarre l’ispirazione da un’attualità esotica nonché dalla narrativa, ancora faticosamente in cerca di una sua nobiltà, lasciano affiorare le intenzione anti-tragiche del drammaturgo, preludio al futuro riassetto della gerarchia dei generi. Ancora un passaggio verso il teatro viene messo a fuoco da Marco Lombardi in un pregevole saggio che evoca il principio dell’ut pictura theatrum: l’episodio di Antioco e Stratonica riportato da Valerio Massimo, più ampiamente narrato da Plutarco e Appiano, acquista una dimensione solo apparentemente paradossale, per l’amplificatio che subisce il breve brano dello storico romano negli storici greci e nei drammaturghi del Seicento, per la brevitas originaria di cui la narratio pittorica meglio rende l’enargheia, e che tenteranno di osservare Hoffman e Méhul, nell’opera in musica Antiochus et Stratonice del 1792, e Paul Valéry in un progetto di tragedia sull’argomento. Antonella Amatuzzi, infine, si concentra sulle «fables en comédie» di Edme Boursault e Eustache Le Noble – adattamenti teatrali delle favole esopiche.

4Della direzione inversa – dal teatro ad altri generi – si occupa un secondo gruppo di contributi. È una direzione meno scontata, se si tiene conto di quanto scriveva Genette in Palimpsestes, e cioè che è più semplice passare da un genere lungo ad uno breve, e tanto più interessante in quanto pone bene in luce le erranze e gli assestamenti del «campo letterario» in via di costituzione e la sottesa ricerca di autonomia rispetto alle letterature di altri paesi. Così, il saggio di Daniela Mauri prende in esame la presenza di elementi della pastorale drammatica nei romanzi di quel poliedrico scrittore del primo Seicento che fu Béroalde de Verville. Inoltrandosi più avanti nel secolo, Simona Munari individua in modelli teatrali spagnoli le fonti che hanno ispirato le Nouvelles héroïques et amoureuses di Boisrobert, mentre Monica Pavesio riconosce nel romanzo Ne pas croire ce qu’on voit. Histoire espagnole di Boursault, di cui espone con competenza la problematicità delle fonti e dell’attribuzione, la trasposizione di una commedia di Thomas Corneille, Les engagements du hasard, rielaborazione a sua volta di due commedie spagnole. È invece all’interno dell’opera di uno stesso autore che Giorgio Sale esplora le modulazioni che assume, in due generi diversi, la tematica del potere assoluto e delle sue conseguenze, su cui Mme de Villedieu scrisse una tragicommedia, Le Favory, del 1665, e, tra il 1672 e il 1678, il romanzo Les Exilez.

5Un terzo nucleo di studi si concentra su passaggi che coinvolgono altri generi. Marcella Leopizzi ripercorre le modulazioni con cui François de Rosset, all’inizio del secolo, inflette, traducendolo in prosa, l’Orlando Innamorato di Boiardo. Giorgetto Giorgi mostra che cosa il romanzo cosiddetto « eroico-galante » deve e non deve, nella struttura e nelle tematiche, all’epopea greco-latina e alla tradizione, dal medioevo all’età moderna, dei «sottogeneri narrativi» che essa ha prodotto. Gabriella Bosco convoca un discorso teorico, quello del «dibattito sul passaggio di genere nelle prefazioni epiche»: discorso di grande interesse, non solo perché interno allo stesso Seicento, ma perché evidenzia quanto i teorici dell’epoca fossero coscienti del problema essenzialmente etico della riscrittura – si pensi alla questione del merveilleux païen e del merveilleux chrétien, per esempio, o al concetto di «piacere del testo» – e quanto essi mettano in opera tattiche di dissimulazione nel formulare alcune idee prese a prestito (è il caso del pillage del Tasso da parte di molti di loro). Sull’oscillazione imitazione-libertà, rispetto dell’auctoritas-scarto creativo, si sofferma Vittorio Fortunati, che in questa chiave analizza il Moyse sauvé di Saint-Amant. Benedetta Papasogli offre un’altro tipo di indagine, rivolta alla spinosa questione del genere cui assegnare il Télémaque di Fénelon, che l’autore definí ambiguamente «une narration fabuleuse en forme de poème héroïque». Questione che ha intrigato i critici, e della quale viene qui suggerita un’interpretazione molto convincente: richiamandosi ad un’altra denominazione che l’arcivescovo diede di questa sua opera in una lettera in latino – un poema cui manca solo il «metrum», definizione non dissimile da quella di Saint-Évremond, che parlò del Télémaque come di un «poème en prose» – Benedetta Papasogli segnala che le ragioni di questa innovante contaminazione di poesia e prosa andrebbero ricercate nel metodo figurale dell’esegesi biblica e nella spiritualità stessa di Fénelon, in quel suo misticismo ove assenza e mancanza sono presenza e pienezza.

6Un gruppo di tre saggi, infine, è rivolto a modelli, prestiti, adattamenti e risonanze nell’opera di La Fontaine. Federico Corradi rileva come l’ipotesto virgiliano assuma nelle ultime Fables il significato etico di una nobilitazione del «naturel» e della leggerezza ironica, avvalorati dai principi morali dell’antica poesia didascalica. Dario Cecchetti esamina l’estetica che sottende la riscrittura in versi di Boccaccio nei Contes. Iole Morgante delinea la rete di riferimenti all’Astrée nell’opera del favolista francese, soffermandosi in particolare sul testo che più, sin dal titolo, si riallaccia al romanzo di d’Urfé, l’«opéra» Astrée, di cui la studiosa addita il celato messaggio politico.

7Per concludere, una considerazione forse marginale, ma che ci sembra rendere ben conto del lavoro di équipe sul Seicento di cui questo volume è testimonianza. Appare in copertina la foto dell’attrice Anne Guersande Ledoux, interprete di una scena delle Amours tragiques de Pyrame et Thisbé di Théophile de Viau, rappresentata durante il convegno. Si tratta della scena seconda dell’atto IV, che, come scrive Daniela Dalla Valle, è «modello notevolissimo di una straordinaria ‘aggiunta’, operata in un testo teatrale francese tratto da un testo poetico latino (Ovidio) e da altre possibili fonti intermedie». Ancora un esempio di passaggio «da un genere all’altro».

Torna su

Per citare questo articolo

Notizia bibliografica

Barbara Piqué, «Da un genere all’altro. Trasposizioni e riscritture nella letteratura francese, a cura di Daniela Dalla Valle, Laura Rescia, Monica Pavesio»Studi Francesi, 172 (LVIII | I) | 2014, 136-138.

Notizia bibliografica digitale

Barbara Piqué, «Da un genere all’altro. Trasposizioni e riscritture nella letteratura francese, a cura di Daniela Dalla Valle, Laura Rescia, Monica Pavesio»Studi Francesi [Online], 172 (LVIII | I) | 2014, online dal 01 avril 2014, consultato il 07 février 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/2125; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.2125

Torna su

Diritti d'autore

CC-BY-NC-ND-4.0

Solamente il testo è utilizzabile con licenza CC BY-NC-ND 4.0. Salvo diversa indicazione, per tutti agli altri elementi (illustrazioni, allegati importati) la copia non è autorizzata ("Tutti i diritti riservati").

Torna su
Cerca su OpenEdition Search

Sarai reindirizzato su OpenEdition Search