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Rassegna bibliografica
Opere generali e comparatistica

Genre, sexes, sexualités. Que disent les manuscrits autobiographiques?, C. Viollet et D. Constantin (dir.)

Francesca Forcolin
p. 420-421
Notizia bibliografica:

Genre, sexes, sexualités. Que disent les manuscrits autobiographiques?, sous la direction de Catherine Viollet et Danielle Constantin, PURH, Rouen-Havre, 2016, 159 pp.

Testo integrale

1Questo volume è stato concepito e fortemente voluto da Catherine Viollet, direttrice per vent’anni dell’équipe «Genèse et autobiographie», ricercatrice di spicco nell’ambito degli studi di genere, dell’autobiografia e delle sue varianti contemporanee, della scrittura femminile e delle più generali problematiche identitarie. Poco dopo aver assemblato i tredici contributi che compongono la miscellanea, però, la studiosa viene a mancare, lasciando quindi alla fine del 2014 la direzione dei lavori a Danielle Constantin. Il campo di studio di Viollet è stato ampio ed eterogeneo, ma uno dei più fertili ha riguardato i manoscritti di Violette Leduc, autrice che, a suo parere, non ha ancora avuto l’attenzione che merita. Ed è sull’ultimo volume della trilogia autobiografica di Leduc, La chasse à l’amour, che si concentra l’ultima delle tre sezioni della miscellanea. Partiamo dunque dal fondo: in «Genèse et édition de “La chasse à l’amour” de Violette Leduc: étude des manuscrits», Catherine Viollet ci parla di un’amicizia (Beauvoir lectrice des cahiers de Violette Leduc, pp. 115-120), una forte amicizia, quella che lega Leduc a Simone de Beauvoir – quest’ultima musa ispiratrice e modello letterario, prima lettrice di Leduc, destinataria delle sue opere, nonché editor del postumo La chasse à l’amour del 1973, dove in vista della pubblicazione decise di eliminare qualche “breve” passaggio. Ma confrontando il manoscritto originario con la versione finale di Gallimard, ci si accorge che il testo è stato alleggerito di circa un terzo: il motivo di tali coupures lo ricercano Mireille Brioude, Anaïs Frantz e Alison Péron. Mireille Brioude, in Violette et René, une poétique du sexe. Étude du cahier 6 de “La chasse à l’amour” (pp. 121-128), si concentra sul sesto quaderno del manoscritto, quello che verte sull’incontro carnale tra l’io del testo e Réné, passaggi di evocazione febbrile sulla scoperta del piacere, omaggio alla virilità dell’amante: pagine eliminate per censura o per semplice élagage da parte di Simone de Beauvoir? Segue Anaïs Frantz con La mère dans les manuscrits de “La chasse à l’amour”: un motif révélateur (pp. 129-136), la quale approfondisce il motivo ricorrente della presenza della madre tra le pagine del manoscritto, notando in particolare l’ambivalenza di un rapporto che oscilla tra rifiuto e conturbante seduzione, senza che Leduc tralasci mai quel sentimento di bâtardise che caratterizza i testi e che dà il titolo alla sua opera autobiografica più celebre (La bâtarde, 1964). Chiude questa sezione Alison Péron con Poétique du genre et des genres littéraires dans les manuscrits de “La chasse à l’amour” (pp. 137-146), che ragiona in margine a una “poetica sulla libertà”, intesa come la maniera in cui Leduc rende pubbliche le proprie relazioni amorose celebrando senza freni il sesso e la sessualità, senza mai fissare il maschile e il femminile in canoni rigidi.

2Le prime due sezioni della miscellanea, invece, raccolgono contributi su autori vari, per lo più francofoni vissuti tra il xix e il xx secolo. La prima parte, «Identités sexuelles et sexualités», si apre con l’articolo di Marion Krauthaker, S’écrire pour mieux mourir. Les souvenirs de l’hermaphrodite Herculine Barbin (pp. 17-26): opera per antonomasia di riflessione sull’identità sessuale e sui labili confini tra maschile e femminile, quello di Herculin Barbin, alias Alexina, è per sua stessa essenza un testo ibrido. Mes souvenirs, infatti, è un’autobiografia che traccia il cammino e la scoperta di un corpo “altro”, un ermafroditismo giudicato anomalo anche dalla medicina, e che condusse l’autore/autrice (doppia valenza espressa da Krauthaker in tutti gli aggettivi legati a Barbin che costellano l’articolo) al suicidio, nel 1868, all’età di trent’anni. Un’esistenza altrettanto tragica è analizzata da Mateusz Chmurski (Du texte-corps au texte/corps. Le journal personnel de Géza Csath, pp. 27-38), che prende in esame la follia creativa dello scrittore e medico ungherese Csath, e le mille pagine che compongono i suoi diari, nei quali l’esistenza che fonde eccessi di euforia e di depressione si va a identificare con il testo stesso, per dare vita a un “texte-corps”. Questo amalgama condurrà ben presto a una frattura, una rottura caotica tra il vissuto e lo scritto, una «asymétrie croissante» che esploderà con il suicidio di Csath. Sylvie Lannegrand (L’écriture comme “acte sensuel” dans les textes publiés et le Journal d’Yves Navarre, pp. 39-48) studia invece la scrittura di Navarre, la cui opera in prima persona (da romanzi quali Lady Black al Journal) è alla costante ricerca di un’identità che non si svela mai: in particolare il diario, infatti, è la testimonianza di un universo politico e sociale degli anni Settanta del secolo scorso, ricco di incontri, esperienze amorose, sensualità, ma dove l’orientamento sessuale dell’autore non viene mai espresso: Navarre, infatti, si considerava écrivain et homosexuel, senza mai giungere alla fusione delle due identità. Julie LeBlanc si interessa a un’autrice molto studiata negli ultimi anni, Annie Ernaux (Érotisme et sensualité dans l’écriture autobiographique d’Annie Ernaux. Une étude de la subjectivité et des modalités de sa représentation, pp. 49-63), e in particolare alla passione per un diplomatico russo espressa attraverso modalità differenti e secondo un differente grado di soggettività nel diario Se Perdre (2001) e nel racconto Passion Simple, che lo precede per pubblicazione di dieci anni. Per effettuare l’analisi, LeBlanc prende in esame, riproponendoli tra le pagine dell’articolo, stralci del diario, con cancellazioni, dubbi e riscritture dell’autrice.

3La sezione centrale, «Refoulement, censure, autocensure», riunisce gli articoli che vertono su opere autobiografiche in cui le identità sono celate, nascoste, espresse soltanto in maniera velata, rendendo evidente come l’autocensura sia una pratica sempre presente nei processi della scrittura di sé. Il primo contributo si sofferma sull’autore anglofono Coleridge (Des mots aux tracés. Le geste du désir dans les “Notebooks” de Samuel Taylor Coleridge, pp. 65-74): nei Notebooks di uno dei più rappresentativi esponenti del romanticismo inglese, Kimberley Page-Jones intravede una scrittura soffocata, ambivalente, trascinata da un lato verso Dio e la spiritualità, dall’altro corrosa dalle forze pulsionali di un’identità sempre opaca, dominata dal desiderio di esprimersi e dall’autocensura. Il diario è caratterizzato dalla contaminazione di parole e disegni, immagine di un soggetto che interroga se stesso attraverso differenti strumenti espressivi. Nicole Cadène, in Écrire une vie, décrypter “un” énigme. Marie-Edmée… une jeune fille française sous le Second Empire (pp. 75-84), propone una rilettura del diario di Marie-Edmée Pau, deceduta durante la guerra del 1870. Il diario, oltre a essere una testimonianza storica del Secondo Impero, esprime i pregiudizi sociali e cristiani della società dell’epoca, che soffoca l’identità di un soggetto in cui il maschile e il femminile si confondono anche nei tratti grafici: la “h” di homme si allunga fino a prendere le sembianze di una “f”, la “o” si confonde con una “e” dando vita a femme. In “Quand arriverai-je à valoir au moins un homme?” Anaïs Nin ou les fragments d’un discours incestueux (pp. 85-92), Simon Dubois Boucheraud analizza il diario di Anaïs Nin da lei tenuto per tutta la vita a partire dagli undici anni, durante la Grande Guerra: nel tentativo di affermarsi come donna e scrittrice sovvertendo l’ideologia dominante che vede la donna-artista come sinonimo di inferiorità, Nin presenta il diario come una lunga lettera al padre perduto, superando lo scontro con il lato maschile della propria identità soltanto nel momento dello svelamento del loro rapporto incestuoso. Emeline André, in Parcours génétique du “Journal de guerre” de Simone de Beauvoir. Genre, sexualité et représentation mémoriale (pp. 93-100), si concentra sull’autocensura esercitata da Simone de Beauvoir in Journal de guerre, iniziato nei primi anni della seconda Guerra Mondiale. Nonostante vengano evocate esperienze sessuali, non vi è mai un’analisi approfondita della propria intimità: ogni riferimento alla vita sentimentale – sia essa etero che omosessuale – viene censurato al momento della riscrittura in vista della pubblicazione. L’ultimo contributo è di Danielle Constantin, l’autrice della Présentation alla miscellanea (pp. 9-12): Du rouleau au texte. Censure dans la genèse de “On the road” de Jack Kerouac (pp. 101-112). Qui viene presa in esame la censura effettuata sul romanzo più celebre della beat generation: dal 1951 al ’57, dalla redazione cioè della prima versione completa dell’opera su un rullo dattilografato di trentasei metri di lunghezza fino alla sua pubblicazione, On the road ha subito l’eliminazione di tutte le allusioni all’omosessualità maschile fino all’edulcorazione di ogni atto sessuale. Come dire, un soffocamento che rispecchia totalmente gli anni del maccartismo. Chiude la miscellanea la Bibliographie de Catherine Viollet, ennesimo e ultimo omaggio alla studiosa (pp. 147-155).

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica

Francesca Forcolin, «Genre, sexes, sexualités. Que disent les manuscrits autobiographiques?, C. Viollet et D. Constantin (dir.)»Studi Francesi, 182 (LXI | II) | 2017, 420-421.

Notizia bibliografica digitale

Francesca Forcolin, «Genre, sexes, sexualités. Que disent les manuscrits autobiographiques?, C. Viollet et D. Constantin (dir.)»Studi Francesi [Online], 182 (LXI | II) | 2017, online dal 01 août 2017, consultato il 20 janvier 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/10099; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.10099

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