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Rassegna bibliografica
Opere generali e comparatistica

Pratiques et enjeux de la réécriture, M. Rebai, M. Rebai (dir.)

Roberta Sapino
p. 416-417
Notizia bibliografica:

Pratiques et enjeux de la réécriture, sous la direction de Makki Rebai, Moez Rebai, Presses Universitaires du Midi, 2016, «Littératures» 74, 264 pp.

Testo integrale

1Nozione polisemica e complessa, sviluppatasi nell’ambito della linguistica per poi nutrire gli studi sulla poetica, la riscrittura è intimamente legata al concetto di intertestualità e secondo alcuni critici, ricordano Moez e Makki Rebai nell’Avant-propos (pp. 11-17), è un elemento imprescindibile della scrittura stessa: per quanto l’autore faccia prova di inventiva, è infatti impossibile che egli riesca ad astrarsi completamente dalla sua esperienza di lettore. Spaziando tra l’omaggio e l’imitazione, il plagio, la parodia, la citazione, il pastiche, e analizzando opere scritte dal Medioevo a oggi, il volume rende conto della vastità della nozione attraverso una ricca scelta di contributi organizzati in cinque sezioni tematiche.

2La prima, intitolata «Les genres littéraires à l’épreuve de la réécriture», si apre con due contributi dedicati a Flaubert: dapprima Sylvie Vignes ricostruisce i cambiamenti formali e tematici imposti al personaggio di Madame Bovary e alla sua vicenda nel passaggio dal romanzo celeberrimo a un racconto breve odierno (Une appropriation de “Madame Bovary” par la nouvelle québécoise contemporaine dans “Les Aurores montréales” de Monique Proulx, pp. 21-29); soffermandosi sulla descrizione del palazzo di Machero, sul personaggio di Iaokanann e su alcuni concetti religiosi rielaborati letterariamente nell’Hérodias, Régis Mikail-Abud-Filho mette poi in luce il distanziamento di Flaubert dall’ipotesto biblico (“Hérodias” et l’écriture subversive de Flaubert, pp. 31-42). In Écrire, récrire et réécrire chez Proust, Isabelle Serça (pp. 43-52) analizza il progressivo delinearsi dello stile proustiano nei vari passaggi di correzione delle bozze effettuati dall’autore, mentre in Tahar Ben Jelloun et la réinvention des “Contes” de Perrault (pp. 53-66) di Samia Kassab-Charfi la riscrittura si presenta come uno strumento di appropriazione e condivisione culturale dalle molteplici implicazioni etiche ed epistemologiche. La riscrittura non di un testo ma di un topos letterario è al centro dell’articolo di Frédéric Clamens-Nanni. Nei romanzi di Christian Oster, la scena dell’incontro – preludio all’innamoramento – è interpretata parodicamente e privata del pathos che tipicamente la caratterizza (Nos regards se croisaient: réécritures de la rencontre amoureuse chez Christian Oster, pp. 67-76). Infine, Makki Rebai conduce il lettore nei territori della poesia: il confronto tra il poema Recueillement du soir di Jules Laforgue e il suo modello baudelairiano, Le crépuscule du soir, dimostra l’importanza di considerare i componimenti giovanili di Laforgue come parte integrante del processo verso l’elaborazione di una voce autoriale propria (Le crépuscule palimpseste: quand Laforgue réécrit Baudelaire, pp. 77-87).

3La seconda sezione («Écrire ou réécrire l’Histoire?») raccoglie testi in cui il processo di riscrittura appare intimamente legato alla trasmissione della memoria del fatto storico. Zoubida Belaghoueg si interroga sulle strategie messe in atto da Alexis Jenni e Jerôme Ferrari per scrivere di una guerra d’Algeria che non hanno vissuto, ma che hanno conosciuto attraverso la testimonianza indiretta di diari e fotografie (Mémoire d’emprunt et pratiques mémorielles: Alexis Jenni et Jérôme Ferrari, l’Histoire par la médiation, pp. 91-102). Alain Obame Mezui osserva come in Failles di Yanick Lahens il terremoto che sconvolse Haïti nel 2010 rappresenti il punto di partenza per un ripensamento globale delle condizioni storico-sociali dell’isola (“Failles” de Yanick Lahens: du mot au livre, une médiation de l’actualité, pp. 103-112); Samya Dahech analizza invece due diverse forme di scrittura memoriale spagnola, un saggio di Carlos Fonseca e un romanzo di Ángelos López, che si fanno carico di sottrarre al silenzio e inscrivere nella memoria collettiva un terribile episodio avvenuto nel 1939 che portò alla fucilazione di tredici giovani donne per mano delle autorità franchiste (Les “treize roses” et la littérature mémorielle espagnole des années 2000: le rôle de la réécriture dans la représentation littéraire du fait historique, pp. 113-122).

4Tre contributi sono dedicati alla nascita, diffusione e reinterpretazione di alcune figure e vicende divenute dei veri e propri miti letterari («Les mythes: une permanente réécriture»). In L’Huissier di Marcel Aymé l’episodio biblico del giudizio universale, riscritto in chiave parodica, fornisce gli elementi per una critica spietata del sistema giudiziario sotto il governo di Vichy, spesso inefficace se non manifestamente repressivo, e largamente sottoposto all’ingerenza del potere politico (Kamel Feki, “L’Huissier” de Marcel Aymé: une satire de la magistrature sous Vichy, pp. 125-136). Attraverso lo studio delle origini e della fortuna delle figure di Don Giovanni e di Faust, antieroi assurti al ruolo di eroi, Daphné Vignon traccia un parallelismo tra le mutazioni subite dai due personaggi nel corso delle varie riscritture e i cambiamenti epistemologici che hanno portato allo sviluppo della concezione contemporanea di individuo (Don Juan et Faust. Du récit populaire à la construction du mythe de l’individu, pp. 137-147). Jéromine François chiude la sezione con un articolo dedicato a due riprese contemporanee della Tragicommedia di Calisto e Melibea di Fernando de Rojas (rispettivamente firmate da Luis García Jambrina e da Alfonso Sastre), che ben dimostra la malleabilità di alcuni testi paradigmatici e la loro capacità di ricoprire funzioni diverse in base al contesto storico-letterario in cui sono inseriti (La constitution d’un mythe littéraire: “La Célestine” à l’époque contemporaine, pp. 149-158).

5Una breve sezione dedicata ai punti di permeabilità tra scrittura e arti visive («L’écrivain au défi du peintre») include i contributi di Moez Rebai (Du “topos” de l’artiste en peintre, pp. 161-174) e di Mohamed Ridha Bouguerra (Écriture, réécriture et art pictural dans “Peintures” de Victor Segalen, pp. 175-185). Mentre nel primo si nota come la rappresentazione letteraria dell’artista, pur basandosi sullo stesso prototipo del pittore infelice, assolva a scopi diversi nelle opere di Balzac, Gogol e Camus, nel secondo si osservano i tratti che fanno di Peintures di Victor Segalen un tentativo di traduzione in parole dei poteri di fascinazione delle pitture caratteristiche della Cina imperiale.

6Intitolata «Traduire, faire de la critique: réécrire?», l’ultima sezione tematica tratta di forme di riscrittura che invitano a ripensare il concetto di autorialità. In questo contesto, l’intervento di Rim Adhoum esamina la traduzione di The Shoemaker’s Holiday di Thomas Dekker realizzata da Michel Vinaver e da lui inserita a pieno titolo tra le proprie opere originali in quanto adattamento creativo del testo di partenza (L’adaptation, de la traduction à la création originale: “La Fête du cordonnier” de Michel Vinaver, pp. 189-198), mentre Marie Duret-Pujol si sofferma sulla riscrittura della commedia Le rane di Aristofane realizzata dall’autore e attore teatrale Serge Valletti. Valletti, osserva Duret-Pujol, compone un testo solo apparentemente alleggerito della portata critica del modello greco, ma in realtà portatore di una sottile critica sociale contro le relazioni ambigue tra il mondo dell’arte, della comunicazione e della politica nell’Italia contemporanea (“Reviennent les lucioles” de Serge Valletti: «Traduction, translation, actualisation, imitation, contamination, réécriture, re-visitation, réinvention ou bien même trahison!», pp. 199-208). Conclude la parte tematica del volume il contributo in cui Marta Sábado Novau, basandosi sulle teorie barthesiane che fanno della lettura una forma di scrittura, identifica e illustra due pratiche creative di Jean-Pierre Richard, che l’autrice definisce come tipiche del «critico tessitore» e del «critico compositore» (L’écriture critique comme réécriture: Jean-Pierre Richard et les “Microlectures”, pp. 209-219).

7Gli articoli di Chunfeng Wu e di Dominique Bonnet, intitolati Les pierres entre mémoire et transformation dans l’œuvre de François Cheng (pp. 223-234) e Écritures de la souffrance du Sud: Giono et Green au miroir de Juan Ramón Jiménez et Federico García Lorca (pp. 235-246), costituiscono la sezione di «Varia» e sono accomunati da uno sguardo attento sui legami tra la parola scritta e l’esperienza dello spazio geografico. Soffermandosi in particolare sull’opera poetica di François Cheng, ma spaziando liberamente tra i versi di diversi poeti, Wu osserva come nel dopoguerra alcuni autori abbiano trovato nella pietra non solo una fonte di ispirazione, ma un vero e proprio fondamento per una parola poetica nuova. Bonnet si concentra invece su quattro diverse rappresentazioni della terra d’Andalusia, in cui il paesaggio brullo e l’aria asfissiante sono elevati a metafore della sofferenza umana.

8In calce al volume si trovano un «Compte Rendu» firmato da Aurélie Renaud e dedicato alla miscellanea Claude Simon. Rencontres diretta da Anne-Lise Blanc e Françoise Mignon (Presses Universitaires de Perpignan / Trabucaire, 2015) (pp. 249-250), gli abstract dei contributi (pp. 251-258) e le presentazioni degli autori (pp. 259-264).

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica

Roberta Sapino, «Pratiques et enjeux de la réécriture, M. Rebai, M. Rebai (dir.)»Studi Francesi, 182 (LXI | II) | 2017, 416-417.

Notizia bibliografica digitale

Roberta Sapino, «Pratiques et enjeux de la réécriture, M. Rebai, M. Rebai (dir.)»Studi Francesi [Online], 182 (LXI | II) | 2017, online dal 01 août 2017, consultato il 23 janvier 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/10092; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.10092

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