P. Ricciulli, Per una rilettura del titolo delle “Fleurs du Mal”
Paola Ricciulli, Per una rilettura del titolo delle “Fleurs du Mal”, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2016, 220 pp.
Testo integrale
1Almeno una ragione sembra conferire legittimità alla ricerca a cui Paola Ricciulli si è dedicata con particolare impegno e, occorre riconoscerlo, con la necessaria prudenza. La si trova chiaramente esposta nella lettera che Baudelaire inviò a Auguste Poulet-Malassis il 16 o 17 marzo 1857 e alla quale la critica tradizionale, a quanto risulta, non ha voluto o non ha potuto dare alcun effettivo peso: «Il me semble d’abord qu’il vaudrait mieux baisser un peu toute la dédicace, de manière qu’elle se trouvât au milieu de la page, je laisse d’ailleurs cela à votre goût. – Ensuite, je crois qu’il serait bon de mettre Fleurs en italiques, – en capitales penchées, puisque c’est un titre-calembour». Per quanto riguarda la difficoltà dell’indagine, occorre sottolineare l’oggettivo scarso margine di ipotesi concesso a chi si voglia sforzare di riconoscere in che cosa possa mai davvero consistere il “titre-calembour”, un titolo proposto e non inventato dal poeta e che Paola Ricciulli suppone che sia possibile formulare – sia pure con una interpretazione, come riconosce, «hardie» – nei seguenti termini: Les Pleurs du Mâle. A sostegno del fondamento di questa congettura, la studiosa si avventura in una indagine attraverso l’intera opera baudelairiana osservandola anche nel suo diretto contesto, nella convinzione che, in un primo momento, il titolo scelto da Baudelaire gli «si manifesta come un suono» (p. 31) e che «non è il titolo che, ab origine, dà senso alla poesia, ma che, al contrario, è il senso della poesia che, a posteriori, confluisce nel titolo» (p. 18). Alla storia della ricezione del titolo, che appunto sembra essere stato adottato, su proposta di Hippolythe Babou, nella serata al Café Lembrin (febbraio 1855), e alle occorrenze dei calembours nelle Fleurs du Mal è dunque dedicata la prima parte della ricerca. Opportunamente l’A. tiene a far sapere di considerare il «possibile calembour» da lei ipotizzato «non come una chiave infallibile che [le] avrebbe aperto le porte verso la spiegazione di tutto, ma come una sorta di “toile de fond” o di principio ideale, a [suo] avviso, fortemente catalizzatore, che, al contempo, [la] liberasse dalla presunzione di abbracciare, e di spiegare, tutti i poèmes delle sezioni presenti nella seconda edizione, come, del resto, si può affermare di tutti gli altri titoli, compreso quello definitivo» (p. 101). Rimane comunque nell’A. la persuasione, sorretta da numerose citazioni, che «Fleurs/Pleurs è […] molto di più che una rima, nella poesia baudelairiana» (p. 176). Pur riconoscendo che «Baudelaire non piange mai» (p. 180) e non escludendo nel calembour una «pluralité de signifiés», l’A. arriva, a proposito dell’ipotesi Pleurs, alla seguente considerazione riassuntiva: «Les Pleurs baudelairiani, modulati, sul piano lessicale, su di un ricco clavier (sanglots, plaintes, larmes, cris), possono, a mio avviso, ben rappresentare, nella raccolta, una sorta di segreta toile de fond, forse il segno più evidente, nella sua trasfigurazione poetica, e perciò allegorica, della presenza di una “sensibilité refoulée”, e cioè legata anche agli istinti e alle pulsioni sessuali» (p. 184). Quanto all’ipotizzato secondo elemento del titolo-calembour, Mâle, vari esempi sembrano permettere all’A. di collegarlo alla Volupté: «La Volupté è la condanna per l’Uomo-Mâle, in quanto traccia indelebile del peccato originale, ma può essere un dono per l’Uomo-Poeta che ne scopre, nell’altro “infini”, anche la “purezza”» (p. 193).
2Nel momento in cui si conclude la lettura di questo libro, ci si rende conto della ragione per la quale nessun critico si è sentito di dare concretezza interpretativa al “titre-calembour” indicato da Baudelaire. Ma, nello stesso tempo, non ci si può esimere dall’apprezzare il coraggio e lo slancio che non hanno certo fatto difetto a Paola Ricciulli, fiduciosa nel carattere meditato e profondo delle affermazioni di Baudelaire, autore di un libro fatto «avec fureur et patience» – una fiducia che l’ha spinta a varie perlustrazioni nell’articolato e complesso mondo baudelairiano, spesso osservato anche tramite l’esito ottenuto nel suo continuatore Rimbaud.
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Mario Richter, «P. Ricciulli, Per una rilettura del titolo delle “Fleurs du Mal”», Studi Francesi, 182 (LXI | II) | 2017, 386.
Notizia bibliografica digitale
Mario Richter, «P. Ricciulli, Per una rilettura del titolo delle “Fleurs du Mal”», Studi Francesi [Online], 182 (LXI | II) | 2017, online dal 01 août 2017, consultato il 23 janvier 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/studifrancesi/10018; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/studifrancesi.10018
Torna suDiritti d'autore
Solamente il testo è utilizzabile con licenza CC BY-NC-ND 4.0. Salvo diversa indicazione, per tutti agli altri elementi (illustrazioni, allegati importati) la copia non è autorizzata ("Tutti i diritti riservati").
Torna su