- 1 Riguardo alle caratteristiche socio-demografiche di queste trentotto persone, una grande maggioranz (...)
1Nell’ambito di un’inchiesta fatta dall’Agenzia Nazionale francese della ricerca sull’Aids (Anrs), mi sono interessata a delle persone colpite dall’Hiv/Aids e inserite in un cammino spirituale. Questo studio è stato realizzato tra il 2000 e il 2002 a Parigi e in periferia; tra le trentotto persone incontrate1, venti sono cristiane (dieci cattoliche, sei protestanti, una ortodossa, due appartengono al gruppo «Invitation à la Vie» – Ivi – e una è testimone di Geova), tre sono musulmane, quattro buddiste, dieci fanno parte del movimento New Age e una persona si definisce agnostica.
- 2 Non è stato possibile sapere quello che ne è stato delle altre due persone.
2Rispetto al contesto religioso, segnato dalla secolarizzazione e dalla laicizzazione, la pratica spirituale indica una ricerca personale marcata da un atteggiamento che influenza l’autonomia dell’individuo e che orienta il suo percorso spirituale. Nell’ambito del presente studio, l’insieme delle persone hanno ricevuto un’educazione religiosa, ma il percorso spirituale di ciascuno è fatto di continuità, di rottura e/o di conversione. La notizia della sieropositività all’Hiv/Aids ha a volte provocato un impegno spirituale (in diciotto persone), ma non sempre è stato così (in diciotto altre persone)2. Pertanto può essere interessante entrare nel ruolo giocato dalla spiritualità nella cura di questa patologia. Più precisamente, ci interesseremo alla dimensione terapeutica di questo cammino spirituale, a partire dalla descrizione di tre casi concreti.
3Per un certo numero di persone, il ricorso alla spiritualità non ha come obiettivo specifico una dimensione terapeutica o, meglio, questa dimensione si esprime in maniera minore. Ai loro occhi, l’elemento essenziale del coinvolgimento religioso è quello di dare un senso alla loro malattia. Come rivela Herzlich (1986, 201-202), il problema del senso della malattia è fondamentale: «La malattia comporta sempre la formulazione di domande concernenti le sue cause (…) e ancor più il suo significato: ‘perché a me’, ‘perché a lui, ‘perché qui, perché ora’». Con il contagio dell’Hiv/Aids, la domanda sul senso della malattia si rivela con tanta più intensità perché si è di fronte a una malattia cronica e letale.
- 3 Cfr. la condanna biblica: «Se un uomo ha relazioni con un altro uomo fa una cosa disgustosa e tutti (...)
4Gli individui appartenenti a questo primo gruppo sono per la maggior parte omosessuali e cattolici. Il senso che essi danno all’Hiv si basa essenzialmente sulla loro identità sessuale: alcuni tra loro ritengono che il loro contagio con Hiv si spieghi attraverso un’identità sessuale non accettata o mal accettata. Cresciuti infatti in famiglie cattoliche, questi uomini sono stati inseriti in un ambiente dove l’omosessualità è considerata come «contro natura»3. Generalmente hanno abbandonato ogni pratica religiosa durante l’adolescenza e questo per il loro disaccordo con la dottrina cattolica sull’omosessualità (la Chiesa cattolica non condanna gli omosessuali in quanto tali, ma le loro pratiche sessuali).
- 4 Il termine «conversione» fa riferimento a Hervieu-Léger (1999). Per l’autrice, esistono tre tipi di (...)
5Il ritorno nella Chiesa cattolica è stato a volte un cammino lungo e tortuoso. La sieropositività all’Hiv non sempre è il fattore decisivo per tale ritorno4 ma, a partire dal momento in cui si «convertono», essa inasprisce questa tensione tra identità sessuale e identità religiosa. La maggior parte sviluppa un sentimento di colpa nei confronti della propria sessualità e uno dei modi per rimediare è, ad un certo punto, il considerare di farsi prete o monaco: un modo per mettere fine alle proprie pratiche sessuali.
6I rapporti che questi uomini hanno verso la Chiesa si collegano a una dialettica di emarginazione e normalizzazione: emarginazione nel senso che le loro pratiche sessuali non sono ammesse, e normalizzazione nella misura in cui tentano di conformarsi alle prescrizioni della Chiesa (cfr. l’astinenza sessuale). Questa posizione marginale fa in modo che la via della salvezza che essi privilegiano sia quella del fideismo (fede in Dio o in Gesù Cristo), e non quella del ritualismo (cfr. la purificazione morale prima della comunione).
7Nei confronti dell’istituzione medica essi mantengono un rapporto piuttosto «conformista», nella misura in cui accettano le prescrizioni dei loro medici e non ne mettono in discussione l’autorità. Quest’atteggiamento può essere accostato alle analisi dall’antropologa Fainzang (2001) la quale constata che l’atteggiamento che i cattolici hanno nei confronti dell’autorità medica riproduce in un certo modo l’atteggiamento che essi hanno verso l’autorità religiosa e le Sacre Scritture: un atteggiamento di sottomissione, a differenza dei protestanti che hanno la tendenza a sottomettere tanto l’autorità religiosa quanto quella medica alla discussione e alla critica. Come esempio si può citare il caso di un uomo incontrato nell’ambito del mio studio il quale, prima di convertirsi al cattolicesimo, ha sperimentato per una decina di anni svariate medicine parallele: dal giorno in cui la sua pratica del cattolicesimo è diventata esclusiva, ha però smesso qualsiasi forma di terapia eterodossa.
8Il «conformismo» terapeutico di questi cattolici non esclude che essi considerino che Dio o Gesù li aiuti a vivere con l’Hiv. Uno di loro spiega che se ha potuto vivere senza difese immunitarie per quattro anni, dal 1992 al 1996, prima dell’arrivo sul mercato delle multiterapie, questo è stato possibile grazie alla protezione di Dio. Un altro ritiene che il sostegno che gli è stato dato dai fratelli e dalle sorelle della comunità che frequenta (Fraternità Monastica di Gerusalemme), durante un suo ricovero per un citomegalovirus, sia stato altrettanto benefico che il trattamento medico.
9La cura spirituale dell’Hiv/Aids degli omosessuali cattolici non diffonde degli elementi di protesta contro l’istituzione medica; essa si inserisce piuttosto in un processo di normalizzazione delle proprie pratiche sessuali e dei propri rapporti con gli altri (istituzione medica, istituzione religiosa, famiglia...).
- 5 Delle undici persone originarie dell’Africa Subsahariana, quattro provengono dallo Zaire, tre dal C (...)
- 6 L’articolo 5 della legge numero 98-349 del 11 marzo 1998 relativa all’arrivo e al soggiorno di stra (...)
- 7 Bisogna sapere che le popolazioni straniere contagiate dall’Hiv sono più colpite dalla disoccupazio (...)
10Nell’ambito di questo studio ho incontrato un certo numero di migranti, originari dell’Africa Subsahariana5. Riunire queste persone in uno stesso gruppo si spiega con tre ragioni. In primo luogo, l’identità riconosciuta loro dalle autorità amministrative francesi è prima di tutto quella di sieropositivi. Gli aiuti o il diritto di soggiorno di cui beneficiano queste persone sono dovuti infatti a titolo della loro sieropositività all’Hiv: la legislazione francese concede dal 1998 un permesso di soggiorno temporaneo alle persone colpite da una malattia grave e che non possono beneficiare di un trattamento adeguato nel loro paese d’origine6. In secondo luogo, le persone che ho incontrato vivono in grande precarietà: la maggior parte beneficia degli aiuti sociali stabiliti per le persone sieropositive (Appartement de Coordination Thérapeutique – Act –, Allocation pour Adulte Handicapé – Ahh –,…) e sono colpite fortemente dal fenomeno della disoccupazione7. In questo senso si possono riprendere le parole di Herzlich e Adams (1997, 26): «Bisogna ammettere che l’Aids porta il segno delle disuguaglianze sociali, delle gerarchie e delle dominazioni le più tradizionali (…). Malgrado ciò che si è detto della sua ‘eccezionalità’, l’Aids non è mai al di fuori dei rapporti sociali abituali». Infine, ultimo punto, queste persone hanno mantenuto la religione che praticavano nel loro paese d’origine; in questo senso esse perpetuano un legame culturale (sistema di valori) tra il paese di adozione e il loro paese d’origine.
- 8 «Una volta superata la soglia di angoscia sociale - scrive l’etnologo A. Zempléni - certe ‘malattie (...)
11Per capire come viene organizzata la cura spirituale dell’Hiv/Aids di queste persone, prenderemo in considerazione i registri eziologici e le pratiche terapeutiche. Riguardo all’eziologia dell’Hiv/Aids, si può far riferimento al caso di un uomo cattolico originario del Camerun: quarant’anni, laureato, è venuto in Francia nel 1999 per un intervento chirurgico. In seguito a quest’intervento si scopre il contagio dell’Hiv. Per lui la contaminazione al virus Hiv è comprensibile a partire da tre livelli di causalità: innanzi tutto c’è la spiegazione di tipo scientifico, che lui approva volentieri; in secondo luogo c’è la spiegazione religiosa del peccato, che potrebbe, secondo lui, spiegare la sua contaminazione all’Hiv (non aggiunge nulla di più); infine c’è la spiegazione tradizionale, quella di una possibile contaminazione dovuta ad un atto di stregoneria. Quest’ultima spiegazione segue generalmente una serie di sventure inspiegabili8: nel caso di quest’uomo, il divorzio da sua moglie, la scoperta della sua contaminazione all’Hiv, la disoccupazione, la detenzione di suo fratello che badava ai suoi figli restati in Camerun. Zempléni spiega che, nel momento in cui si oltrepassa una «soglia di angoscia sociale», alcune malattie sono spiegate nello stesso modo di altre sventure, in particolare con la stregoneria. L’adesione a questi tre registri eziologici non è incompatibile perché fornisce coerenza a una situazione inestricabile di fronte alla quale quest’uomo si sente impotente.
12A livello di pratiche religiose con fine terapeutico, si possono menzionare due casi. Il primo è quello di una giovane donna del Mali di circa trent’anni, cresciuta in una famiglia musulmana (suo padre era direttore in una scuola coranica); per lei la contaminazione all’Hiv fa parte dei «piani di Dio», del proprio destino. Per questo, durante la gravidanza si affida a suo fratello, marabutto, affinché le invii due bottiglie contenenti l’acqua delle Sacre Scritture del Corano (dopo che l’inchiostro con il quale sono state scritte si è dissolto in acqua): una di queste bottiglie le è servita per le abluzioni, l’altra per essere bevuta. Durante la gravidanza pregherà affinché suo figlio non sia sieropositivo; qualche mese più tardi, dopo la sua nascita, i test riveleranno che è sieronegativo. Le credenze e le pratiche religiose di questa giovane donna sono complementari al suo trattamento terapeutico, perché non mirano a mettere in discussione l’autorità medica.
13Il secondo caso riguarda un’altra donna di una quarantina d’anni, originaria della Costa d’Avorio e convertitasi al protestantesimo evangelico. Poco tempo dopo il suo arrivo in Francia è ricoverata per un fibroma allo stomaco e degli accertamenti rivelano la sua sieropositività all’Hiv. Una volta dimessa, essa si reca in una Chiesa pentecostale il cui profeta è originario del suo paese; quando partecipa a uno degli incontri organizzati dalla Chiesa, il pastore afferma che nell’assemblea si trovano delle persone affette da Aids e che Dio donerà loro la grazia guarendole. Parteciperà quindi ad una «seduta di liberazione», nella quale sua madre è presentata come colei che ha commesso un atto di stregoneria contro di lei. Questo maleficio sarebbe iniziato quando si è sposata a quattordici anni e spiega l’insieme delle sue disgrazie: il divorzio (sua madre era contraria al matrimonio), il licenziamento, il contagio con l’Hiv, il fallimento scolastico dei figli…
14Dopo questa «seduta di liberazione», questa donna farà degli esami biologici che mostrano che le sue difese immunitarie sono ritornate ad una soglia normale, e che la sua carica virale non è rilevabile. Questa pratica è relativamente frequente all’interno dei gruppi pentecostali. A proposito della Chiesa universale del regno di Dio, Corten (1997) indica che se questa Chiesa esorta i propri fedeli a ricorrere alla medicina è, in realtà, per meglio sottolinearne i limiti; infatti, anche l’incapacità della medicina a diagnosticare una malattia, convalida la tesi dell’esistenza di «malattie spirituali», mentre la diagnostica, stabilita innanzi tutto da un medico, conferma l’esistenza della guarigione spirituale. Questa donna ritiene quindi di essere «guarita» dall’Aids. Spiega questa «guarigione» con il fatto che il suo contagio all’Hiv non è mai stato reale: è infatti stata contagiata «misticamente» per il sortilegio inviatole da sua madre, e per questo continua il suo trattamento medico.
15Da questi casi diversi si può desumere che le credenze e le pratiche religiose dei migranti facciano parte di una riappropriazione simbolica del proprio corpo: da un lato perché queste credenze e queste pratiche sono costitutive della loro identità, dei loro sistemi di valori; dall’altro, perché esse danno la possibilità di non affidarsi totalmente al corpo medico, e quindi di preservarsi da un’espropriazione totale di sé. Non bisogna dimenticare che queste persone sono per la maggior parte senza un impiego, che alcune hanno lasciato i propri figli nel loro paese e che a più riprese hanno dovuto giustificarsi della loro situazione di fronte agli assistenti sociali per poter beneficiare degli aiuti previsti dallo Stato.
- 9 Si tratta di 17 persone: tredici fanno parte della Nébuleuse Mystique ésoterique (i dieci annunciat (...)
- 10 L’uso del termine Nmr è problematico: l’appellativo traduce una mancanza di consenso, tra sociologi (...)
- 11 «Questa espressione (Nmè) comprende una varietà di gruppi e di associazioni che possono riallacciar (...)
16Il terzo gruppo9 riunisce delle persone che appartengono ai «Nuovi Movimenti Religiosi» (Nmr)10. Più precisamente, un gran numero di queste persone s’inserisce in quello che Champion definisce la «nébuleuse mystique ésotérique» (Nmé), vale a dire un vasto campo dove si praticano ogni sorta di tecniche e di discipline (yoga, meditazione, trance…) attingendo da numerose tradizioni religiose (religioni orientali, ma anche lo sciamanismo), dall’esoterismo (astrologia, numerologia) e dalle nuove terapie del corpo11.
- 12 Arti marziali d’origine cinese.
- 13 Un insieme di esercizi energetici basati su un’associazione di movimenti, di respirazione e di conc (...)
17Le persone da me intervistate che appartengono a questa «nébuleuse» hanno rotto con la loro religione di origine, cattolica per la maggior parte di loro, nel periodo dell’adolescenza, e si sono riavvicinate alla spiritualità con l’annuncio della loro sieropositività all’Hiv. La maggior parte di loro è ricorsa a pratiche terapeutiche alternative: medicina dolce (agopuntura, omeopatia,…), medicina tibetana, «tecniche di perfezionamento di sé» o di benessere (taï chi12, chi gong13, automassaggio, …). Il ricorso a queste pratiche traduce il desiderio di non affidarsi a un solo metodo terapeutico, in questo caso il modello allopatico, e di gestire gli effetti secondari indotti dalla multiterapia.
- 14 Agopuntura senza ago.
- 15 Medicina non ufficiale che si sforza di trovare le cause di uno stato patologico per apportarvi un (...)
- 16 Pratica terapeutica che manipola le ossa.
18Il rapporto che queste persone hanno con l’istituzione medica è ambivalente: affermano che sono ancora in vita grazie ai progressi fatti dalla medicina e allo stesso tempo rifiutano di affidarsi a un solo trattamento o ad una sola istituzione. Quest’ambivalenza si spiega in parte facendo riferimento ai loro percorsi biografici: la maggior parte di loro ha sfiorato da vicino la morte nella misura in cui è stata contagiata prima dell’arrivo delle multiterapie (1996), vale a dire in un periodo in cui la medicina era impotente nella lotta contro l’Aids, e in cui il contagio Hiv significava una morte certa. Per combattere la progressione dell’Hiv si sono affidate a delle pratiche terapeutiche alternative (i prodotti di Mirko Beljanski, la digitopuntura14, l’eziopatia15, l’osteopatia16…). In più loro rifiutano di seguire una logica di fiducia esclusiva a un qualsiasi sistema e privilegiano il pluralismo terapeutico. Pertanto si può stabilire un parallelo tra i rapporti che queste persone intrattengono con l’istituzione medica e quelli con le religioni istituite: il rifiuto di ogni assoggettamento a qualsivoglia autorità, sia medica o religiosa, e il ricorso al pluralismo, anche qui sia medico che religioso.
19In questa prospettiva, alcune di queste persone si pongono in maniera relativamente critica riguardo alle associazioni per la lotta contro l’Aids, perché secondo loro queste associazioni fanno parte di un processo di medicalizzazione ad oltranza (il quale vorrebbe scoprire l’ultimo ritrovato), e di una deresponsabilizzazione dell’individuo, assistendolo e confortandolo nel ruolo di vittima.
20All’interno del gruppo due individui fanno eccezione, nella misura in cui hanno deciso di non ricorrere più alle multiterapie e di affidarsi solamente a delle tecniche di benessere: meditazione, rebirth, macrobiotica. Si tratta di due uomini di circa trent’anni che hanno moltiplicato stage, seminari e incontri nell’ambito della New Age: essi ritengono che questa formazione, così come la loro «carriera» di malati, legittimi la loro professionalità in quanto terapeuti. Uno dei due ha anche deciso di interrompere gli esami biomedici (quelli che misurano la carica virale e le difese immunitarie), come se per lui la medicina «ufficiale» non fosse più sufficientemente legittima a imporre le sue norme in termini di «malattia» e di «guarigione». Questo caso particolare può essere considerato come una semplice eccezione alla regola o l’effetto di una tendenza più generale, quella in cui la medicina allopatica tenderebbe a non essere più un referente unico e ultimo.
21Le persone facenti parte di questo terzo gruppo sono quindi impegnate in un cammino spirituale relativamente individuale. Costruiscono il loro proprio sistema di percezione (pur restando segnati da una cultura socio-religiosa), ma anche il proprio sistema terapeutico. Rompendo con il loro patrimonio religioso, essi confermano il loro ricorso alle medicine alternative attraverso l’emozione, la sensazione e il sentimento di benessere.
- 17 In questo senso ci si differenzia dalla tesi di Fainzang (2001): non è tanto la confessione religio (...)
22La cura spirituale dell’Hiv/Aids è un percorso individuale, segnato però da una tradizione (sociale, economica…), la quale rivela, a seconda del tipo di organizzazione religiosa, un certo rapporto con l’autorità medica17.
23Questo percorso spirituale prende modalità differenti a seconda della persona intervistata: nel primo caso (omosessuali cattolici) ciò si traduce in una normalizzazione dei rapporti verso gli altri e verso sé; nel secondo caso, le credenze e le pratiche religiose, espressioni della cultura di origine, permettono una riappropriazione simbolica del corpo; infine, nel terzo caso, il ricorso a pratiche parallele è una forma di protesta contro un modello terapeutico legittimo (il modello allopatico), modello dominante e relativamente esclusivo.
24Riguardo al comportamento adottato dalle persone di quest’inchiesta ci si può chiedere se il campo medico non tenda ad essere attraversato dagli stessi processi che attraversano il campo religioso, in particolare il pragmatismo (ricerca dell’efficacia delle credenze e delle pratiche) e il pluralismo (credenze e pratiche molteplici). Quest’aspetto è inoltre rafforzato dal fatto che ci si trova di fronte a degli individui che devono gestire una malattia cronica e letale.