Skip to navigation – Site map

HomeNuméros113Parte I. Approcci d’insiemeI fluidi corporei in Celso e Scri...

Parte I. Approcci d’insieme

I fluidi corporei in Celso e Scribonio Largo

Les fluides corporels chez Celse et Scribonius Largus
Bodily fluids in Celsus and Scribonius Largus
Sergio Sconocchia
p. 17-40

Abstracts

In De Medicina, as in the Compositions, where attestations are less frequent given the more limited extension of the work, there are numerous claims of bodily fluids. Along with footage of the great ancient Greek tradition (from Hippocrates to Asclepiade and Temisone) there are also references to contemporary physicians and surgeons. Bodily fluids, especially bilis (atra or rufa), pituita, sanguis, sudor, urina, found in Celsus and Scribonius, are generally a sign of good physical health. They can often be used for therapeutic purposes. On the other hand, sometimes, in their possible imbalance, they are symptomatic and cause (especially urina, sanguis, but also pituita) of pathological alteration from which the physicians can have diagnosis and prognosis. Especially bilis, pituita and sanguis are reported frequently in parallel with Hippocrates by Friedrich Marx for Celsus and by Sergio Sconocchia for Scribonius Largus.

Top of page

Full text

  • 1 Ringrazio K.-D. Fischer per utili indicazioni bibliografiche e consigli. Ringrazio per l’attenta ri (...)

1I fluidi corporei, già importanti nella medicina greca, da Ippocrate a Diocle Caristio, da Dioscoride a Galeno, hanno anche in Roma valenze significative. Il presente contributo è dedicato a Celso e Scribonio, in pratica tra i primi, nella medicina romana, a citare i fluidi corporei ripetutamente nei loro scritti.1

2Nel De medicina, come nelle Compositiones, opera di estensione più limitata, le menzioni dei fluidi corporali sono frequenti. Si hanno richiami della grande tradizione medica greca, antica e più recente, da Ippocrate ad Asclepiade e Temisone, e anche riferimenti a medici e chirurghi contemporanei.

3I fluidi corporali, in particolare bilis (atra o rufa); pituita; sanguis; sudor; urina e altri che ricorrono in Celso e Scribonio, sono spesso un segno di buona salute fisica. Possono essere utilizzati anche a fini terapeutici. Il loro eventuale squilibrio, d’altro canto, fa parte dei sintomi e delle cause concrete (in particolare urina, sanguis, ma anche pituita) dei mutamenti patologici attraverso i quali il medico può trarre diagnosi e prognosi.

4Soprattutto per bilis, pituita e sanguis, Friedrich Marx ha potuto individuare paralleli frequenti con Ippocrate per Celso, come Sergio Sconocchia per Scribonio Largo. Si cercherà di procedere, nella presente analisi, cercando di confrontare, volta per volta, i fluidi e le loro valenze, tra Celso e Scribonio, così da evidenziare meglio affinità e differenze.

1. Celso

  • 2 Vd. Prooem. 13-26 (p. 19-21 Marx): Igitur ii, qui Rationalem medicinam profitentur, haec necessaria (...)
  • 3 Vd. Prooem. 27-53 (p. 22-26 Marx): Contra ii, qui se Enpiricos ab experientia nominant, euidentes q (...)
  • 4 Vd. Prooem. 11 (p. 18-19 Marx). Dopo un importante cenno alla tripartizione della medicina, nel cel (...)
  • 5 Vd. Prooem. 11 cit. e poi 54-57 (p. 26 Marx): […] et quidam medici saeculi nostri sub auctore, ut i (...)
  • 6 In merito vedi Baldin, 2007.

5In Celso, accanto a riprese frequenti di Ippocrate, Erofilo ed Erasistrato, a elementi provenienti dalla scuola dogmatica2 e dalla secta empirica3, nonché a prospettive nuove legate ad Asclepiade4 (l’autore con Ippocrate più citato da Celso) e, tra i suoi successori, a Temisone (al quale e ai cui seguaci Celso non risparmia le sue critiche)5, si trovano anche richiami a medici e chirurgi contemporanei.6

  • 7 Secondo Mazzini, 1997, p. 254, la bilis rufa è in realtà gialla.
  • 8 Non essendo possibile, per ragioni evidenti, discutere, in questo contributo, della intera document (...)

6I fluidi corporei, soprattutto bilis (atra o rufa)7, pituita, saliua, sanguis (con cui sono correlati cruor, sanies e tabes), lacrima, semen, sudor, umor, urina, individuati dallo scrivente dopo attenta ricognizione e di cui ci si propone di studiare gli esempi più significativi, sono, anche in Celso, talora segno di buona salute fisica o elementi coadiuvanti da utilizzare per ristabilirla; talora, per contro, a causa di eventuali squilibri, vengono a trovarsi in contesti (soprattutto urina, sanguis, ma anche pituita) di alterazione patologica, da cui il medico può trarre talora anche diagnosi e prognosi. I passi relativi a questi fluidi sono in genere frequenti in tutti i libri del De medicina: riprova evidente che essi sono importanti per i vari settori della medicina celsiana, dalla semeiotica alla dietetica, dalla farmacologia alla chirurgia8.

  • 9 Ho anche cercato, volta per volta, di individuare eventuali paralleli con Galeno, che, come è noto, (...)

7Non a caso, soprattutto per bilis, pituita e sanguis si rinvengono frequenti paralleli con Ippocrate, già segnalati da Marx, 1915 nel suo Testimonialapparat9.

2. Scribonio

  • 10 Cf. Sconocchia, 1999, in questo caso p. 345. Per tutti i passi di Scribonio Largo uno strumento uti (...)

8Anche in Scribonio, come si è già accennato, i passi in cui è citato Ippocrate sono numerosi. Ne richiamerò soltanto uno, relativo all’idea che Scribonio ha della medicina, rinviando per numerosi altri al Commentario della mia nuova edizione in corso di stampa nel Corpus Medicorum Latinorum. In ep. 4, p. 2, 17-19 Sconocchia leggiamo: uerum aequaliter omnibus implorantibus auxilia sua succursuram se pollicetur nullique umquam nocituram profitetur («in verità, con equanimità promette di portare soccorso a tutti quelli che implorano il suo aiuto e si impegna anche a non nuocere mai ad alcuno»). Il passo è di rilevante nobiltà morale: cf. Gal., in Hipp. Epid. comm. 1, 11 (XVIIa, p. 149 K) (I 190, 3 Kühlewein = II, p. 634-636 L) ὠφελέειν μὴ βλάπτειν («essere di aiuto o non arrecare danno»): con nullique umquam nocituram profitetur siamo sulla linea dello Iusiurandum10.

9I cenni ai vari fluidi sono, in genere, in Scribonio, più rari rispetto a quelli di Celso, anche in considerazione dell’estensione assai più limitata delle Compositiones, opera farmacologica.

10Si procederà con confronti paralleli tra Celso e Scribonio Largo. Iniziamo questa analisi da bilis (atra o rufa), pituita, sanguis (e anche cruor e tabes), sudor, urina, i fluidi più importanti che ricorrono sia in Celso che in Scribonio: diversi di essi possono essere utilizzati a fini terapeutici; sono spesso un segno di buona salute fisica. Ad essi si farà seguire l’analisi, in ordine alfabetico, delle altre sostanze studiate, lacrima, saliua, semen, umor.

Bilis Celso

11Della bile, che è, secondo la medicina moderna, un fluido corporeo fondamentale per la digestione e dunque per la sopravvivenza stessa, si rinvengono, in Celso, attestazioni numerose. Daremo qui una serie di passi.

122, 1, 6 (p. 46 Marx):

Vere tamen maxime, quae cum umoris motu nouantur, in metu esse consuerunt. Ergo tum lippitudines, pustulae, profusio sanguinis, abscessus corporis, quae apostemata Graece nominant, bilis atra, quam μελαΝχολΙαν appellant, insania, morbus comitialis […].

«In verità tuttavia soprattutto le cose che si rinnovano per il movimento della bile, sono soliti essere oggetto di paura. Pertanto allora infiammazioni agli occhi, pustole, profusione di sangue, ascessi al corpo, che chiamano grecamente apostemata, bile nera, che chiamano MELANCOLIA, insania, epilessia […]».

13Il passo ricalca, soprattutto nella parte relativa a bilis atra, Hipp., aph. 3, 20 […] τὰ μελαγχολικὰ καὶ τὰ ἐπιληπτικά (gli elementi melanconici e gli episodi epilettici) […].

142, 6, 8 (p. 57 Marx):

[…] et cui protinus in METOPES recenti morbo bilis atra uel infra uel supra se ostendit [...].

«[…] e il paziente a cui subito, in una malattia recente si manifesti bile nera o sopra o sotto [...]».

15Il passo riprende Hipp., aph. 4, 24 […] χολὴ μέλαιναὑπέλθῃ («la bile nera avanzi»).

162, 8, 30 (p. 74 Marx):

Quin etiam tormina ab atra bile orsa mortifera sunt, aut si sub his extenuato iam corpore subito nigra aluus profluxit […].

«Che non anzi coliche derivate dalla bile nera sono mortali, oppure se estenuato già il corpo sotto di queste all’improvviso, per bile nera, l’alvo si è riempito […]».

17L’affermazione, che ricalca Hipp., aph. 4, 24 δυσεντερίη ἢν ἀπὸ χολὴς μελαίνης ἄρξηται θανάσιμον («la dissenteria, quando abbia origine dalla bile nera, è mortale»), si trova in un contesto nettamente patologico, in cui la presenza di atra bilis ha come conseguenza una prognosi infausta. Per i passi che seguono non si è rinvenuta alcuna fonte.

183, 21,16 (p. 134 Marx):

Ac ne illud quidem in controuersiam uenit, quin non omnes in hoc morbo sic curari possint, sed iuuenes robusti, qui uel ex toto carent febre, uel certe satis liberales intermissiones habent. Nam quorum stomachus corruptus est, quiue ex atra bile in hoc deciderunt, quiue malum corporis habitum habent, idonei huic curationi non sunt. Cibus autem, quo die primum umor emissus est, superuacuus est, nisi <si> uires desunt […].

«Ma neppure quello viene messo in discussione, che non tutti i pazienti in questo tipo di malattia possano essere curati così, ma i giovani robusti, che o del tutto non hanno febbre, o certo almeno hanno intervalli piuttosto ampi (degli attacchi) di febbre. Infatti quelli dei quali lo stomaco si è corrotto o quelli che sono caduti in questa malattia a causa di bile nera e quelli che si trovano in una situazione brutta nel corpo, non sono adatti a questi tipi di cura. Il cibo poi, nel giorno in cui l’umore si è manifestato per la prima volta, è superfluo, se non <nel caso in cui> le energie vengono a mancare».

197, 18, 6 (p. 336 Marx):

Nonnumquam stomachus quoque adfectus primum rufam bilem per os reddit, deinde uiridem, quibusdam etiam nigram. Integris uero membranis interdum eam partem umor distringit. Atque eius quoque species duae sunt: nam uel inter tunicas <is> increscit uel in membranis, quia ibi circa uenas et arteria<s> sunt, ubi eae grauatae occalluerunt. Ac ne ei quidem umori, qui inter tunicas est, una sed<es> est: nam modo inter summam et mediam, modo inter mediam et imam consistit. Graeci <communi> nomine, quicquid est, hydrocelen appellant: nostri, ut scilicet nullis discriminibus satis cognitis, haec quoque sub eodem nomine quo priora habent. Signa autem quaedam communia sunt, quaedam propria: communia, quibus umor deprehenditur; propria, quibus locus […].

«Mai lo stomaco, anche colpito, per prima cosa espelle attraverso la bocca bile rossa, poi verde, in alcuni individui anche nera. Alle membrane integre, in verità, talora l’umore invade quella parte. E di quell’umore due sono le specie: infatti o cresce tra le tuniche o nelle membrane, dal momento che lì sono intorno a vene e arterie, in cui quelle appesantite sono diventate callose. E neppure quell’umore, che è tra le tuniche ha una sede sola: infatti ora trova posto tra quella somma e quella media, ora tra quella media e quella più bassa. I Greci con <denominazione> comune, di qualunque tipo sia, lo chiamano idrocele: gli autori nostri benché senza dubbio non conoscano abbastanza differenza alcuna, denominano anche queste cose sotto il medesimo nome delle precedenti. Ci sono poi alcuni segni caratteristici comuni, alcuni particolari: comuni quelli a cui l’umore viene rappreso, particolari, quelli a cui il luogo […]».

20Celso, in questo passo, distingue bilis rufa, uiridis e nigra. Segue anche una efficace descrizione dell’idrocele.

Bilis – Scribonio

21Per bilis non si riscontrano le valenze di prognosi che ha ad es. in Celso, 2, 8, 30 (p. 74 Marx) sopra citato. Abbiamo in Scribonio due occorrenze:

22104 (p. 55, 16 Sconocchia; nella trattazione sull’Antidotos hiera):

item ad bilem atram generantes, quos melancholicos Graeci uocant, bene facit.

«Ugualmente fa bene per quelli che producono bile nera, che chiamano ‘melancolici’.»

23136 (p. 71, 5 Sconocchia; nella sezione aluum mollientia):

Biles purgat et filicis radix lota et rasa atque in minimas particulas concisa quantum placet.

«Purifica la bile anche la radice di felce, lavata e raschiata e sminuzzata in particelle molto minute, cosparsa di aceto a piacimento».

24Si può pensare, come per Celso, ad ascendenze ippocratiche e dal Corpus hippocraticum.

Pituita Celso

25Marx, 1915, Res memorabiles, p. 470, col. ds., scrive: «pituita φλέγμα II 3, 4: sine pituita ἀφλέγμαντον 8, 6. 23 III 7, 2B; λῆμαι II 6,3; crassa pituita λήμη VI 6,1 A; tenuis pituitae cursus VI 6, 16A VII 7,15 A». Traduco il termine pituita anche con il corrispondente italiano «pituita».

26In 2, 3, 4 (p. 52 Marx) si legge:

Si quis autem incidit uomitus, mixtus esse et bile et pituita debet, et in urina subsidere album, leue, aequale, sic ut etiam, si quae quasi nubeculae innatarint, in imum deferantur.

«Se poi sopravviene un po’ di vomito, deve essere misto a bile e a pituita, e nell’urina consistere bianco, leggero, uguale, così che anche se alcune macchie vi ruotino sopra, siano trascinate verso il fondo».

27Pituita significa qui «catarro», con significato affine a φλέγμα, cioè appunto «catarro, umore».

  • 11 Le osservazioni su pituita proseguono in 6, 6, 1 EGHKM; 5B, 8BCDF; 14; 15, 16 A; 17; 29 e passim (2 (...)

28Nel passo indicato da Marx per crassa pituita, λήμη, 6, 6, 1A (p. 258-259 Marx) già citato per lacrima, le frequenti menzioni di pituita hanno evidente valore di «lacrimazione», «lacrima mucosa»11. Si vedrà, nella documentazione relativa a lacrima, lo stretto rapporto che collega lacrima e pituita. Qui è espressa, nel testo, anche una prognosi. Marx, 1915 richiama Hipp., prorrh. 2, 18 (IX, p. 44 L), in cui, appunto, per pituita c’è λήμη.

29In 6, 6,16 A (p. 267 Marx) si legge:

Hactenus oculorum morbi *** lenibus medicamentis nutriuntur. Genera deinde alia sunt, quae diuersa curationem desiderant, fereque ex inflammationibus nata, sed finitis quoque his manentia. Atque in primis in quibusdam perseuerat tenuis pituitae cursus; quibus aluus <ab> inferiore parte euocanda est, demendum aliquid ex cibo.

«Fin qui le malattie degli occhi *** sono curate con medicamenti leggeri. Vi sono poi diversi altri generi, che richiedono una cosa diversa, e per lo più nati da infiammazioni, ma che permangono anche una volta che queste siano cessate. E in primis in alcuni permane lo scolamento della lacrimazione leggera; per questi pazienti il canale intestinale deve essere richiamato dalla parte inferiore e bisogna inoltre diminuire qualche cosa del cibo».

30In questo caso tenuis pituita, riferito agli occhi, ha il valore di «lacrimazione».

31Richiamerò qui ancora un esempio con significato di pituita diverso: 1, 3, 11 (p. 34 Marx)

Is uero, qui nauigauit et nausea pressus est, si multam bilem euomuit, uel abstinere a cibo debet uel paulum aliquid adsumere. Si pituitam acidam effudit, utique sumere cibum, sed adsueto leuiorem: si sine uomitu nausea fuerit, uel abstinere uel post cibum uomere.

«Quello invero, che ha navigato ed è oppresso dalla nausea, se ha vomitato molta bile, deve astenersi dal cibo o prenderne in qualche modo poco. Se ha rimesso pituita acida, prendere in ogni caso cibo, ma più leggero di quello abituale: se la nausea è stata senza vomito, deve o astenersi dal cibo o, dopo averne assunto, vomitare».

32Pare che qui si tratti di succhi gastrici acidi non biliari e che, con pituita, si debba intendere anche un fluido chiaro-mucoso non di provenienza nasale. D’altro canto si parla di mal di mare.

33Come risulta dagli attuali strumenti di indagine lessicale, le occorrenze in Celso di pituita, con il valore di «catarro nasale», proveniente, secondo la medicina antica, dalla testa, sono innumerevoli; il termine è spesso accompagnato da altri termini, come umor.

Pituita – Scribonio

34Nei due esempi di pituita presenti in Scribonio, a differenza di Celso, in cui, come si è potuto constatare, a pituita sono collegate valenze di prognosi, non compaiono valori di prognosi.

35Si hanno le seguenti attestazioni:

369 (p. 18, 21-23 Sconocchia, bis: l’autore sta trattando di detrahere materiam per os):

aeque enim et haec detrahunt pituitam. bene facit et sinapi ex aceto tritum et non excastratum gargarizatum trium cyathorum mensura admixto mellis pondo quadrante: detrahit enim largiter pituitam.

«Ugualmente, infatti, anche queste sostanze sono atte a detrarre la pituita. Arreca giovamento anche senape triturata con aceto e non sgranata, assunta attraverso gargarismi nella misura di tre ciati, dopo aver aggiunto la dose di un quarto di libbra di miele: cava infatti facilmente la pituita».

37Qui pituita equivale, come spesso in Celso, a φλέγμα, «catarro», cioè «catarro, umore dalla testa, da detrarre dalle narici».

3823 (p. 23, 4 sqq. Sconocchia):

Cum uero pluribus quis diebus uexatus fuerit epiphora et perseuerantia umoris et pituita ipso calore oculorum glutinosior uisa fuerit […].

«Quando poi qualcuno sarà tormentato per più giorni da lacrimazione agli occhi e dal persistere della secrezione e il muco sembrerà essere più glutinoso a causa dello stesso calore degli occhi […]».

39In questa attestazione pituita avrà valore di «lacrimazione», «muco lacrimale».

SanguisCelso

40Sanguis rientra anche nella sfera dell’utilizzazione terapeutica. Per citare soltanto un esempio, anche se con interpretazione a sfondo superstizioso e magico, si pensi all’impiego di sanguis umano per curare il morbus comitialis in Cels., 3, 23, 7 (p. 139 Marx):

Quidam iugulati gladiatoris calido sanguine epoto tali morbo se liberarunt; apud quos miserum auxilium tolerabile miserius malum fecit. Quod ad medicum uero pertinet, ultimum est iuxta talum ex utroque crure paulum sanguinis mittere, occipitium incidere et cucurbitulas admouere, ferro candenti in occipitio quoque et infra, qua summa uertebra cum capite committitur, adurere duobus locis, ut per ea perniciosus umor euadat. Quibus si finitum malum non fuerit, prope est, ut perpetuum sit.

«Alcuni si liberarono da tale malattia dopo aver bevuto sangue ancora caldo di un gladiatore sgozzato: presso costoro un rimedio misero rese tollerabile un male ancora più misero. Per quanto pertiene ad un medico, l’ultima risorsa è fare uscire un po’ di sangue presso il tallone da entrambi gli stinchi, incidere la nuca e accostare le ventose, (poi) con il ferro arroventato, nella nuca e anche sotto, nel punto in cui la vertebra più alta si congiunge con il capo, bruciare in due punti, in modo che attraverso di essi fuoriesca l’umore dannoso. Se poi per questi pazienti il male non sarà cessato, è molto probabile che rimanga per sempre».

  • 12 Il testo delle occorrenze di Scribonio a cui si fa riferimento, qui e infra, è Sconocchia, 1983, ch (...)

41A questo passo corrisponde, come è noto, Scrib. Larg., 17 (p. 20, 26-30 Sconocchia),12 che, tuttavia, si affretta ad aggiungere quaeque eiusdem generis sunt, extra medicinae professionem cadunt, quamuis profuisse quibusdam uisa sint:

Nam sunt et qui sanguinem ex uena sua missum bibant aut de caluaria defuncti terna coclearia sumant per dies triginta; item ex iecinore gladiatoris iugulati particulam aliquam nouies datam consumant. quaeque eiusdem generis sunt, extra medicinae professionem cadunt, quamuis profuisse quibusdam uisa sint.

«Vi sono certo anche quelli che bevano il sangue fatto sgorgare da una propria vena o ne prendano per trenta giorni tre cucchiai per volta dal teschio di un defunto; parimenti (vi sono quelli) che assumano un frammento del fegato di un gladiatore sgozzato, dato per nove volte. Ma tutti i rimedi che sono di questo tipo esulano dalla professione della medicina, anche se è sembrato che abbiano portato giovamento a qualcuno».

  • 13 Per il testo di Plinio si utilizza Jan, Mayhoff, 1970.
  • 14 Per Celio Aureliano si utilizza l’edizione di Drabkin, 1950.
  • 15 Per Plin. Iun. si utilizza l’edizione di Schuster, Hanslik, 1958.
  • 16 Per Tertull., apol. si segue l’edizione di Waltzing, 1929.

42Si vedano anche Plin., nat. 28, 413, che condanna anche l’aspetto magico-superstizioso; Cael. Aur., chron. 4, 8, 11814; Plin., epist. 3, 20, 515 e Tertull., apol. 9, 1016.

43Un esempio in contesto con valenza patologica è invece in 2, 7, 16 (p. 62 Marx; Celso sta parlando di patologie legate ai calcoli):

  • 17 Qui si parla di sangue emesso insieme ad aria (schiuma di sangue) tipico delle lesioni e delle feri (...)

At qui spumantem sanguinem excreant, iis in pulmone uitium est.17

«Ma quelli che si liberano dal sangue spumeggiante, a questi il male risiede nel polmone».

44Per occorrenze in contesti con valenza terapeutica Marx, 1915, Res memorabiles, a p. 478, col. sin. rinvia a detractio. In questo lemma, p. 455, col. sin. scrive: «detractio sanguinis, φλεβοτομία II 7, 33: 9, 2. VI 6, 1 E». In quest’ultima occorrenza (p. 260 Marx) si legge:

Curari uero oculos sanguinis detractione, medicamento, balneo, uino uetustissimo auctor Hippocrates memoriae prodidit: sed eorum tempora et causas parum explicuit, in quibus medicinae summa est.

«Ippocrate ha tramandato alla memoria che gli occhi si curano con detrazione di sangue, medicamenti, bagni, vino molto invecchiato: ma poco ha chiarito i loro tempi adatti e le cause, nei quali elementi consta soprattutto la parte più importante della medicina».

  • 18 Mi fa osservare il Dr. Gianfranco Iacobone che nella medicina attuale non ci sono usi terapeutici d (...)

45Le citazioni di sanguis in contesti di carattere sia patologico che terapeutico sono molto numerose18. Correlati con sanguis («sangue che in genere circola nei vasi sanguigni») in Celso, come in Scribonio, sono cruor, sanies e, talora, anche tabes.

Sanguis – Scribonio

46Il sanguis è un fluido corporeo con numerose ricorrenze, relative sia a contesti terapeutici, sia a contesti attinenti alla patologia.

47Per contesti patologici si vedano

4827 (p. 25, 1-3 Sconocchia; si parla di collyrium psittacinum):

[…] sed praecipue facit, cum quasi sanguine suffusi sunt oculi et ob id nullum nisi lenissimum collyrium patiuntur.

«[…] ma soprattutto fa bene, quando gli occhi sono quasi cosparsi di sangue e per questo non sopportano alcun collirio se non leggerissimo».

49Molto interessante è 121 (p. 64, 2-13 Sconocchia; quater, nella Colice mirifica Bassi Tullii):

[…] item bene facit ad sanguinem et ex interiore parte […] sed cito supprimit sanguinem et uulnus cogit coire […] eodem modo dandum est et eis, qui sanguinem per urinam uel aluum reddunt, nec minus etiam mulieribus, quae fluore sanguinolento infestantur, quod rhun erithron Graeci dicunt […] quibus supprimendus est fluor aut ex aliqua parte corporis inflatio tollenda.

«[…] parimenti fa bene per il sangue e dalla parte interna […] ma immediatamente fa stagnare il sangue e costringe la ferita a rimarginarsi […] allo stesso modo è da somministrare anche a quelli, che perdono sangue attraverso l’urina o le feci, e anche alle donne che sono infestate da perdita di sangue, che i Greci chiamano ‘flusso rosso’ […] alle quali è da far cessare il flusso o il gonfiore è da togliere da qualche parte del corpo».

50Abbiamo diverse locuzioni che si ripetono: ad es. sanguinis eruptio.

51Cf. Ind. 46 (p. 7, 31 Sconocchia):

Ad sanguinis eruptionem de naribus remedia.

«Rimedi per emorragie dal naso».

52Cf. anche Tit. 46; si veda poi 46 (p. 30, 13-14 sqq. Sconocchia):

Erumpit se e naribus sanguis, qui cum abundanter fluxit, nisi celerius supprimatur, periculum adfert. proderit ergo aqua frigida uel posca subinde totam faciem per spongiam refrigerare, acetum acre infundere in aurem, cuius e regione sanguis fluit […]

«Fuoriesce con violenza dal naso il sangue, che, quando è uscito in abbondanza, se non viene alquanto prontamente soppresso, apporta pericolo grave. Sarà di giovamento dunque refrigerare con acqua fredda o con posca tutta la faccia per mezzo di una spugna, immettere aceto forte nell’orecchio dalla cui parte il sangue fluisce […]».

53Per sanguinis eruptiones, si hanno attestazioni anche in 47 (p. 31, 6-7 Sconocchia) e nel passo finale della compositio. Cf. anche 77 (p. 42, 22-23 Sconocchia); Tit. 83 e compositio 83 (p. 44, 13-15 Sconocchia). Il passo più interessante è 84 (p. 45, 6-13 Sconocchia):

[…] ignorantes quia incitatur sanguinis eruptio musculorum compressione […] eadem ergo ratione, cum sanguis eruptus est, qui constringunt ui magna artus, exprimentes sanguinem uenis subiectum, cogunt magis erumpi per uulnus […].

«[…] che ignorano che la fuoruscita di sangue è stimolata dalla compressione dei muscoli […] dunque per la medesima ragione, quando il sangue è fuoruscito, quelli che stringono con grande energia gli arti, premendo fuori il sangue sottostante nelle vene, lo costringono vieppiù a fuoruscire attraverso la ferita […]».

54Ancora, per occorrenze con la locuzione sanguinis eruptio, talora ripetuta: 85 (p. 46, 1 S Sconocchia); 86 (p. 46, 10 Sconocchia); 206 (p. 95, 13 Sconocchia); 240 (p. 107, 11-12 Sconocchia).

55Per sanguinem per urinam reddentes vd. ind. 149 (p. 11, 25 Sconocchia) e 149 (p. 74, 22 Sconocchia).

56Per sanguinem expuere vd. 193 (p. 89, 28-90, 1-6 Sconocchia). Per locuzioni con sanguinis reiectio (o espressioni e passi equivalenti) si vedano 92 (p. 48, 19-20 e p. 48, 25 - 49,2 Sconocchia).

57Per sanguinem ab urina reddentis cum dolore vedi 93 (p. 49, 3-6 Sconocchia); 189 (p. 88, 24-25 Sconocchia).

58Alcune occorrenze di sanguinis detractio (o espressioni equivalenti) si hanno in contesti terapeutici: 22 (p. 23, 1-3 Sconocchia; si parla di colliri); 67 (p. 38, 11 Sconocchia); 106 (p. 57, 13-16 Sconocchia; detracto prius sanguine); 135 (p. 70, 1-3 Sconocchia).

59In Celso e anche in Scribonio con sanguis sono da correlare cruor, sanies, tabes: analizziamoli.

CruorCelso

60Per cruor, non evidenziato tra le Res memorabiles da Marx, con il valore, in contrapposizione a sanguis, di «sangue versato, che cola, che proviene da una ferita, talora con muco», si riscontrano in Celso le seguenti occorrenze: in contesto patologico 4, 22, 1 (p. 175 Marx); 5, 26, 11 (p. 217 Marx); 8, 2, 2. 3 (p. 373 Marx); 4, 18 (p. 381 Marx); in contesto terapeutico 6, 7, 4 A (p. 278 Marx). Citerò qui i casi più interessanti.

61Per contesto patologico si vedano

624, 22, 1 (p. 175 Marx):

Proxima his inter intestinorum mala tormina esse consueuerunt; dysenteria Graece uocatur. Intus intestina exulcerantur; ex his cruor manat isque modo cum stercore aliquo semper liquido, modo cum quibusdam quasi muccosis excernitur, interdum simul quaedam carnosa descendunt; frequens deiciendi cupiditas dolorque in ano est.

«I disturbi più vicini a questi tra le patologie dell’intestino sono soliti essere gli attacchi di dissenteria; in greco questa patologia è chiamata ‘dissenteria’. Gli intestini si esulcerano all’interno; da questi emana un cruor e questo ora è accompagnato da sterco sempre liquido, ora si vede con alcune particelle quasi muccose, talora insieme scendono anche alcuni piccoli frammenti di carne; frequente è lo stimolo di andare di corpo e vi è dolore nell’ano».

635, 26, 11 (p. 217 Marx):

Renibus uero percussis dolor ad inguina testiculosque descendit; difficulter urina redditur, eaque aut haec cruenta aut cruor fertur.

«Colpiti invero i reni, il dolore discende agli inguini e ai testicoli; si urina con difficoltà; e l’urina o è cruenta o viene trasportato cruor».

64Per contesto terapeutico si veda 6, 7, 4 A (p. 278 Marx):

[…] Si cruor quoque ex ulceribus apparuit, Lycium cum lacte debet infundi, uel aqua, in qua rosa decocta sit, suco aut herbae sanguinalis aut acaciae adiecto […].

«[…] Se il sangue che cola appare dalle ulcerazioni, si deve infondere Licio con latte, o acqua in cui sia stata decotta anche una rosa, avendo aggiunto succo di erba sanguinaria o di acacia […]».

Cruor – Scribonio

65Di cruor si trovano due occorrenze, ambedue in contesto patologico:

66193 (p. 90, 1-2 Sconocchia; conseguenza dell’assunzione di ephemeron):

  • 19 Così leggo nella nuova edizione di Scribonio Largo di prossima pubblicazione nel CML; ab stomacho è (...)

[…] atque qui id biberunt primum ab ore sanguinem expuunt, deinde ab 19stomacho cruorem reiciunt, postea per sellas etiam abundantius eundem deiciunt.

«[…] e quelli che ne hanno bevuto, dapprima sputano sangue dalla bocca, poi vomitano dallo stomaco un umore sanguigno, poi, andando di corpo, ne evacuano in quantità ancora più abbondante».

67196 (p. 90,24 Sconocchia; conseguenza dell’assunzione di tauri sanguis; leggo qui con il testo della nuova edizione per il CML):

Tauri sanguinis potum quamuis <non> difficile quis celauerit, hunc tamen uestigia cruoris relicta inter dentium commissuras produnt.

«L’ingestione di sangue di toro per quanto <senza> difficoltà qualcuno cerchi di celarla, la smascherano tuttavia i residui di sangue rappreso lasciati tra le connessure dei denti».

SaniesCelso

68Per sanies, Marx, 1915, Res memorabiles, p. 478 col. sin., scrive: «sanies ἰχώρ V 26, 20A. VII 27, 1, uide exsanio». Sia in Celso che in Scribonio le valenze sono patologiche.

69Si veda 5, 26, 20A (p. 218 Marx), con una definizione molto precisa di Celso stesso:

His cognitis etiamnum quaedam alia noscenda ad omnia uulnera ulceraque, de quibus dicturi sumus, pertinentia. Ex his autem exit sanguis, sanies, pus. Sanguis omnibus notus est: sanies est tenuior hoc, uarie crassa et glutinosa et colorata. Pus crassissimum albidissimumque, glutinosius et sanguine et sanie. Exit autem sanguis ex uulnere recenti aut iam sanescente, sanies [est] inter utrumque tempus, <pus> ex ulcere iam ad sanitatem spectante.

«Conosciuti questi elementi, sono ancora da conoscerne alcuni altri pertinenti a tutte le ferite e le ulcerazioni, delle quali stiamo per parlare. Da queste poi esce sangue, umore corrotto, pus. Il sangue è noto a tutti: l’umore corrotto è più tenue di questo, in vario modo crasso e gelatinoso e colorato. Il pus è molto crasso e bianchissimo, più glutinoso e del sangue e dell’umore corrotto. Il sangue poi esce da una ferita recente o che sta guarendo, l’umore corrotto [è] tra l’uno e l’altro tempo, <il pus> da una ferita che ormai volge alla guarigione».

Sanies – Scribonio

70Nel testo della prima edizione di Scribonio il termine non è presente. È invece hapax in un frammento edito da Fischer, Sconocchia, 2008 p. 293, con discussione a p. 310. In questo frammento, da ritenere autenticamente di Scribonio (vedi discussione e Commentario della nuova edizione), si legge:

<primis diebus perusta est frons, postea ulcus paruit ex quo sanies nigrissima fiebat [corretto da Fischer in fluebat]. cum satis purgatum est cicatricen duxit>.

«<nei primi giorni la fronte bruciò, poi comparve un’ulcerazione dalla quale fluiva umore corrotto nerissimo, quando poi si spurgò abbastanza, formò la cicatrice>».

TabesCelso

71Per tabes Marx, 1915, Res memorabiles, p. 481 col. sin., scrive: «tabes φθίσις. II 1, 8. 7, 4. 8, 25. 15. 4. III 22».

72In 2, 1, 8 (p. 47 Marx):

Vix quicquam ex his in autumnum non incidit: sed oriuntur quoque eo tempore febres incertae, lienis dolor, aqua inter cutem, tabes, quam Graeci φθιϹιΝ nominant, urinae difficultas, quam ϹΤΡΑΝΓΟΥΡΙΑΝ appellant, tenuioris intestini morbus quem ileon nominant, leuitas intestinorum, qui lienteria uocatur, coxae dolores, morbi comitiales.

«È difficile che qualcuno di questi malanni non cada in autunno: ma spuntano anche in quel tempo febbri incerte, dolore di milza, acqua entro la pelle, deperimento che i Greci chiamano TISI, difficoltà di urinare, che chiamano STRANGURIA, la malattia dell’intestino più tenue che chiamano ileo, leggerezza degli intestini che è chiamata lienteria, dolori di cosce, attacchi di epilessia».

73Tabes è propriamente «consunzione, umore corrotto, marcio, pus». In Liv., 30, 34, 10 tabes sanguinis significa tuttavia «pozza di sangue».

Tabes – Scribonio

74In Scribonio tabes significa propriamente «consunzione, umore corrotto, marcio, pus»; tuttavia, ad es. anche in Livio 30, 34, 10 tabes sanguinis significa «pozza di sangue». Troviamo una sola occorrenza, in Scribonio, in linea con il significato base che Marx dà in Celso (vd. supra), in 186 (p. 87, 19-20 Sconocchia); danni provocati dall’ingestione di lepus marinum):

[…] oculi eorum exulcerantur, genae inflantur, coloris mali et uelut plumbei fiunt minutatimque per tabem quasi pthisici consumuntur.

«[…] I loro occhi sono irritati, le gote si gonfiano, assumono un colore decisamente brutto e come plumbeo e si consumano a poco a poco, per consunzione, come se fossero tisici».

SudorCelso

75Marx, 1915, tra gli Indices della sua edizione, Res memorabiles, p. 480, col. sin., riporta due occorrenze, precisamente: 2, 17, 1 (p. 86-87 Marx; vi si enumerano qualità terapeutiche del sudore) che qui riporto:

Sudor etiam duobus modis elicitur, aut sicco calore aut balneo. Siccus calor est et harenae calidae et Laconici et clibani et quarundam naturalium sudationum, ubi terra profusus calidus uapor aedificio includitur, sicut super Baias in murtetis habemus. Praeter haec sole quoque et exercitatione mouetur. Vtiliaque haec genera sunt, quotiens umor intus nocet, isque digerendus est. Ac neruorum quoque quaedam uitia sic optime curantur. Sed cetera infirmis possunt conuenire: sol et exercitatio tantum robustioribus, qui tamen sine febre uel inter initia morborum uel etiam grauibus morbis tenentur. Cauendum autem est, ne quid horum uel in febre uel in cruditate temptetur.

«Il sudore è provocato anche in due modi o da calore secco o dal bagno. Il calore secco è quello dell’arena calda o del sudatoio o del forno portatile e di alcune forme naturali di sudore, dove il vapore caldo profuso a terra è chiuso dentro una struttura, come abbiamo nei nostri mirteti sopra Baia. Oltre a questi fattori (il sudore) è provocato anche dal sole e dagli esercizi. E questi tipi di sudore sono utili, ogni volta che il sudore dentro nuoce; esso è da eliminare. E anche dei nervi alcune disfunzioni sono curate così con ottimi risultati. Ma tutte le altre soluzioni possono essere adatte ai pazienti: il sole e gli esercizi soltanto ai pazienti più robusti, che tuttavia si trovino senza febbre, o tra gli inizi della malattia o anche sono presi da gravi malattie. Occorre poi evitare che qualcuno di questi rimedi sia sperimentato o nel corso di febbre o durante la digestione».

76Inoltre 3, 21,6 (p. 131-132 Marx):

Euocandus est sudor non per exercitationem tantum, sed etiam in harena calida uel Laconico uel clibano similibusque aliis; maximeque utiles naturales et siccae sudationes sunt, quales super Baiias in murtetis habemus. Balineum atque omnis umor alienus est. Ieiuno recte catapotia dantur, facta ex apsinthi duabus, murrae tertia parte. Cibus esse debet ex media quidem materia, sed tamen generis durioris: potio non ultra danda est quam ut uitam sustineat, optimaque est, quae urinam mouet. Sed et ipsum tamen moliri cibo quam medicamento melius est.

«Il sudore è da procurare poi non soltanto attraverso esercizi, ma anche nell’arena calda del sudatorio o da un forno portatile e da altri fattori simili, e sono soprattutto utili le sudate naturali e secche, quali abbiamo nei mirteti sopra Baia. Il bagno e ogni forma di umore è dannoso. Al paziente digiuno sono dati giustamente ‘catapotia’ costituiti per due parti di assenzio, per la terza parte di mirra. Il cibo deve essere in verità di materia media, ma tuttavia di genere alquanto duro: bevande non sono da dare che per sostenere la vita e il tipo più indicato è quello che stimola l’urina. Ma anche questo è meglio tuttavia procurare con il cibo piuttosto che con il medicamento».

77Questo passo, che riprende alla lettera molte espressioni del precedente, è una riprova, pare, che Celso utilizzi appunti, che poi riprende in luoghi diversi.

SudorScribonio

78Per occorrenze di sudor frigidus in passi con valenza patologica, vedi ad es. 180, p. 85, 15-16 Sconocchia (Ad opium):

facit autem capitis grauitatem, gelationem et liuorem artuum sudoresque frigidos manare.

Provoca poi pesantezza di testa, irrigidimento e colore livido degli arti e fa uscire sudori freddi.

79Si vedano anche, per sudor frigidus, 182 (p. 86, 4-5 Sconocchia); 188 (p. 88, 9 Sconocchia); 198 (p. 91, 9-10 Sconocchia).

80Appartiene a sequenze in contesto terapeutico:

81160 (p. 78, 22-25 Sconocchia):

post epithemate uti oportet, quod ad parotidas scriptum est: tollit enim cito reliquias per sudores et in futurum confirmat neruos nec patitur facile uitiari.

«Dopo occorre servirsi dell’epitema che è stato descritto sopra per la parotide: infatti elimina immediatamente quanto resta del male attraverso sudori e rafforza per il futuro i muscoli né tollera che essi siano facilmente danneggiati».

82Così anche, per ducere sudores, a ind. 217 (p. 14, 14-17 Sconocchia); cf. poi anche 217 (p. 99, 26-100, 1 Sconocchia). Veniamo ad Vrina

Vrina – Celso

83Celso, Marx, 1915, p. 484 col. sin., scrive: «urina τὸ οὗρον II 6, 11; uide difficultas». Per difficultas urinae i.e. stranguria si rinvia anche a 2 1, 8; 12; 22; 8, 17.

842, 6, 11-13 (p. 58 Marx):

Vrina uero rubra et tenuis in magna cruditate esse consueuit, et saepe, antequam spatio maturescat, hominem rapit: itaque si talis diutius permanet, periculum mortis ostendit. Pessima tamen est praecipueque mortifera nigra, crassa, mali odoris; atque in uiris quidem et mulieribus talis deterrima est: in pueris uero quae tenuis et diluta est.

«L’urina poi rossa e tenue suole essere di grande ‘intollerabilità’ e spesso, prima che si adatti allo spazio debito, assale violentemente l’uomo: pertanto, se tale permane alquanto a lungo, è indizio di pericolo di morte. È tuttavia pessima e soprattutto mortifera quella scura, grassa, maleodorante; e invero negli uomini e nelle donne adulte è veramente dannosa: nei ragazzi invero quella che è tenue diluita».

85Altri casi interessanti sono i seguenti:

862, 7, 11-13 (p. 61 Marx):

Vrina autem crassa, ex qua quod desidet album est, significat circa articulos aut circa uiscera dolorem metumque morbi esse. Eadem uiridis aut uiscerum dolorem tumoremque cum aliquo periculo subesse, aut certe corpus integrum non esse testatur. At si sanguis aut pus in urina est, uel uesica uel renes exulcerati sunt. [12] Si haec crassa carunculas quasdam exiguas quasi capillos habet, aut si bullat et male olet, et interdum quasi harenam, interdum quasi sanguinem trahit, dolent autem coxae et quae inter has superque pubem sunt, et accedunt frequentes ructus, interdun uomitus biliosus, extremaeque partes frigescunt, urinae crebra cupiditas sed magna difficultas est, et quod inde excretum est, aquae simile uel rufum uel pallidum est, paulum tamen in eo leuamenti est, aluus uero cum multo spiritu redditur, utique in renibus uitium est. [13] At si paulatim destillat, uel si sanguis per hanc editur, et in eo quaedam cruenta concreta sunt, idque ipsum cum difficultate redditur, et circa pubem inferiores partes dolent, in eadem uesica uitium est. Calculosi uerum his indiciis cognoscuntur […].

«L’urina poi crassa, dalla quale quello che si posa è bianco, è indizio che intorno alle articolazioni o intorno alle viscere c’è dolore e traccia della malattia. Quella verde attesta che ci sono o dolore o gonfiore di viscere con qualche pericolo, o che certamente il corpo non è integro. Ma se nell’urina c’è sangue o pus, o la vescica o i reni sono feriti [12]. Se questa cresce tra alcuni pezzettini di carne sottili come capelli, o se si copre di bolle o male odora, e nello stesso tempo trasporta quasi arena, talora quasi sangue, e poi fanno male le cosce e le parti che sono tra queste e sopra il pube e si susseguono rutti frequenti, talora vomito con bile e le estremità cominciano a raffreddarsi e c’è uno stimolo frequente di vomitare, ma grande difficoltà e ciò che è espulso di là è simile all’acqua e rosso e pallido, ma c’è in esso tuttavia poco sollievo, e il ventre in verità si rilascia con molta aria, la malattia risiede certamente nei reni. [13] Ma se (l’urina) fuoriesce a poco a poco, o se attraverso di essa viene espulso sangue e in esso si sono rapprese particelle di sangue, e questo stesso viene reso con difficoltà e intorno al pube le parti inferiori fanno male, la malattia risiede nella stessa vescica. Gli ammalati di calcoli si riconoscono da questi indizi […]».

872, 7, 14 e 16 (p. 61-62 Marx; calcolosi):

  • 20 Ricorre ancora la frase già citata da Celso 2, 7, 16 (p. 62 Marx): At qui spumantem sanguinem excre (...)

Calculosi uero his indiciis cognoscuntur: difficulter urina redditur paulatimque; [14] interdum etiam sine uoluntate destillat; eadem harenosa est; nonnumquam sanguis aut cruentum aut purulentum aliquid cum ea excernitur; eamque quidam promptius recti, quidam resupinati, maximeque ii, qui grandes calculos habent, quidam etiam inclinati reddunt, colemque extendendo dolorem leuant […][16] At qui spumantem sanguinem excreant, iis in pulmone uitium est.20

«Gli ammalati di calcoli invero si riconoscono da questi indizi: l’urina è espulsa con difficoltà e poco per volta; nello stesso tempo esce poi anche involontariamente, la stessa è piena di rena; talvolta con essa si osserva sangue o cruento o in qualche modo purulento e quella la emettono più prontamente taluni stando eretti, taluni supini, soprattutto quelli che hanno grandi calcoli; alcuni urinano anche piegati e, estendendo il pube, si procurano dolore […] [16] ma quelli che emettono sangue spumeggiante, a quelli il male risiede nei polmoni».

884, 2, 9 (p. 153 Marx):

Dissimile est id genus, quod umorem in caput contrahit […] Illa cum hydropicis communia sunt: exerceatur, insudet, uehementer perfricetur, cibis potionibusque utatur urinam praecipue mouentibus.

«Diverso è quel genere che contrae l’umore nel capo […] Quei (rimedi) sono comuni con gli idropici: (il paziente) si eserciti, sudi, si stropicci con forza, faccia uso di quei cibi o di quelle bevande che stimolano molto la minzione».

89Il passo evidenzia la funzione diuretica di alcuni cibi e bevande.

Vrina – Scribonio

90Si hanno 21 passi. Si distingueranno occorrenze in contesti patologici e terapeutici.

91In contesto di valenza patologica si veda ad es. 90 (p. 47, 20 Sconocchia):

Pastillus ad tussim, destillationem pectoris et pulmonis, ad epiphoras oculorum, uesicae dolorem, qui cum dolore consistit, ubi saepius et non sine cruciatu urinam faciunt, item ad eos, qui sanguinem ore eiciunt aut per urinam reddunt […].

«Pillola per la tosse, per il catarro del petto e dei polmoni, per i flussi degli occhi, per il dolore della vescica accompagnato da sofferenze, quando spesso e non senza tormento fanno urina, parimenti per quelli, che perdono sangue dalla bocca e lo perdono attraverso l’urina […]».

92Si veda 93 (p. 49, 3-6 Sconocchia), già citato a proposito di sanguis, con attestazione di urina. Per altri contesti, con valenza patologica, si vedano: 121 (p. 64, 8-13 Sconocchia); 143 (p.73, 8-9 Sconocchia); Ind. 145 (p. 11, 20 Sconocchia) e 145 (p. 73, 24-25 Sconocchia); Ind. 147 (p. 11, 22-23 Sconocchia) e 147 (p. 74, 10-11 Sconocchia). Per Ind. 149 (p. 11, 25 Sconocchia) e 149 (p. 74, 22 Sconocchia) vd. supra, s. v. sanguis. Si vedano inoltre 182 (p. 86, 4-6 Sconocchia); 183 (p. 86,11-14 Sconocchia); 189 (p. 88, 22-25 Sconocchia).

93Per le occorrenze in contesti di valenza terapeutica si veda 110 (p. 59, 11-14 Sconocchia):

Medicamentum siccum ad stomachi inflationem et dolorem et inediam; mouet et urinam ideoque facit et ad hydropicos et iecur durum habentis, et ad auriginem, quam quidam regium, quidam arquatum morbum uocant; refertur in Musam Antonium.

«Medicamento secco che fa bene per il gonfiore di stomaco e dolore e inedia; stimola anche l’urina e perciò fa bene anche per gli idropici e per quelli che hanno il fegato indurito e per l’itterizia, che alcuni chiamano morbo regio, altri morbo arcuato; è attribuito ad Antonio Musa».

94Si vedano inoltre Ind. 126 (p. 10, 31-32 Sconocchia) e 126 (p. 67, 3-4 Sconocchia); 129 (p. 67, 25-68, 7 Sconocchia); 151 (p. 75, 8-10 Sconocchia); 153 (p. 75,19-20 Sconocchia); 170 (p. 81, 15-16 Sconocchia).

95Veniamo ora a termini forse un po’ meno significativi ma ugualmente interessanti per l’uso in Celso e in Scribonio.

LacrimaCelso

96In Celso le occorrenze di lacrima sono frequenti, ma, in genere, Celso si riferisce a lacrima come succo di piante, soprattutto papauer (cioè «oppio»). Marx, 1915, Res memorabiles, p. 462, col. sin., richiama lacrima con riferimento soltanto al valore di «succo», in pratica «oppio». Cita infatti lacrima ὀπός in 5, 18, 7B, in cui leggiamo: Id habet cerae P. X / I; uisci, sycamini, quam alias sycomorum uocant, lacrimae, singulorum P. X / I («Quello [il malagma] ha cera nel peso di denari I; vischio, sicamino, che diversamente chiamano sicomoro, succo [prob. di papavero] di denari I») e poi segnala, per oppio, lacrima papaueris, utilizzato dall’autore, in linea con le prospettive puristiche di Tiberio, per significare opium, attestato invece regolarmente in Scribonio.

97Con papaueris lacrima Celso rende, con un calco, il greco μήκωνος ὀπός. Vedi 4, 21, 2 (p. 175 Marx); 5, 23, 1B (p. 210 Marx); 23, 3A (p. 211 Marx) e passim.

98Sono tuttavia abbastanza frequenti anche le citazioni di lacrima come «fluido corporeo». Si veda, ad es. 1, 9, 5 (p. 41 Marx):

Calor autem adiuuat omnia, quae frigus infestat, item lippientis, si nec dolor nec lacrimae sunt, neruos quoque, qui contrahuntur, praecipueque ea ulcera, quae ex frigore sunt.

«Il calore poi giova a tutte le cose, che il freddo infesta, parimenti anche ai nervi di un cisposo, se non sussistono né dolore né lacrime, e soprattutto a quelle ulcerazioni che derivano da freddo».

99Una sequenza importante con citazioni di lacrima et pituita è in 6, 6, 1ABCDK (p. 258-61 Marx):

Sed haec quidem mediocria sunt. Ingentibus uero et uariis casibus OCULI nostri patent […] Nam si simul et lacrima et tumor et crassa pituita <coeperint, si ea pituita> lacrimae mixta est, si ea lacrima calida non est, pituita uero alba et mollis, tumor non durus, longae ualetudinis metus non est. B At si lacrima multa et calida, pituitae paulum, tumor modicus est, idque in uno oculo est, longum id, sed sine periculo futurum est. Idque lippitudinis genus minime cum dolore est, sed uix ante uicensimum diem tollitur, nonnumquam per duos menses durat. Quandoque finitur, pituita alba et mollis incipit esse, lacrimaeque miscetur. At si simul ea utrumque oculum inuaserunt, potest esse brevior, sed periculum ulcerum est. Pituita autem sicca et arida dolorem quidem mouet, sed maturius desinit, nisi quid exulcerauit […]. D Peius etiamnum est, ubi pituita pallida aut liuida est, lacrima calida et multa profluit, caput calet, a temporibus ad oculos dolor peruenit, nocturna uigilia urget, siquidem sub his oculus plerumque rumpitur, uotumque est, ut tantum exulceretur. […] K Et haec quidem interdiu […] nam et pituitam reprimit, et, si quid lacrimae processit, absorbet, et oculum glutinari non patitur […].

«Ma anche questi disturbi sono mediocri. A casi invero più ingenti e vari i nostri OCCHI sono abituati […] Infatti, se contemporaneamente sono sopravvenuti lacrima e gonfiore e pituita crassa, se quell’umore è misto a lacrima, se quella lacrima non è calda, la pituita invero bianca e molle, il gonfiore non duro, non vi è rischio di una lunga malattia. B Ma se la lacrimazione è abbondante e calda, scarso umore, gonfiore moderato, e questo è in un solo occhio, quella malattia si preannuncia lunga, ma è destinata ad essere senza vero pericolo. E questo genere di infiammazione agli occhi non è accompagnato minimamente da dolore, ma a stento viene eliminato prima del ventesimo giorno, talora dura per due mesi. E quando ha fine, pituita bianca e molle comincia a sussistere e si mischia alla lacrimazione. Ma se insieme quei disturbi hanno assalito tutti e due gli occhi, può essere più breve, ma vi è pericolo di ulcerazioni. La pituita poi secca e arida procura un dolore, ma cessa più in fretta, se qualcosa non ha prodotto ulcerazione […]. D È ancora peggio, quando la pituita è pallida o livida, la lacrimazione fluisce calda e abbondante, il capo si riscalda, il dolore perviene dalle tempie agli occhi, la veglia notturna incalza, dal momento che sotto di questi (fattori) l’occhio per lo più si rompe, ed è da sperare che si ulceri soltanto […]. K E queste situazioni in verità a lungo […] infatti e reprime la pituita e, se in qualche modo è andata avanti la lacrimazione, (la) assorbe e non permette che l’occhio si rimetta a posto».

100In questo passo è evidente il rapporto che lega in Celso lacrima a pituita, in contesti soprattutto di valenza patologica. Questa sequenza è difatti citata da Marx, 1915, proprio in relazione a crassa pituita (cf. s.v. pituita)

Lacrima – Scribonio

101Ind. 23 (p. 6, 26 Sconocchia):

Ad plurium dierum ἐπιφορὰν cum glutinosa lacrima fluit.

«Per la pituita di diversi giorni quando lo scolamento lacrimale fluisce».

102Ind. 24 (p. 6, 27-28 Sconocchia; per l’efficacia del collyrium spodiacum):

Aliud collyrium ad tenuem lacrimam et ad pustulas et ulcera pura.

«Un altro collirio per la lacrimazione fluida, le pustule e le ulcere pulite»

103Cf. 24 (p. 23, 24-24, 2 Sconocchia)

facit hoc per se etiam initio, cum tenuis abundansque fluit lacrima et pustulae molestae sunt, aut cum prima tunicula oculi exesa est aliaue exulcerata. cum purum ulcus est, diluitur fere oui albore, quod est tenuissimum.

«Fa bene questo da solo anche all’inizio, quando la lacrimazione fluisce tenue e abbondante e le pustule sono moleste, o quando la prima tunica dell’occhio è stata consumata e l’altra ulcerata. Quando la ferita è pura, si diluisce quasi con albume d’olio, che è molto tenue».

104Ind. 26 (p. 7, 1-3 Sconocchia):

Collyrium lene quod facit ad tenuem et acrem lacrimam, pustulas et ad ustiones et ulcera. item ad solutas cicatrices: quod quidam Ἀθήνιππον, alii διασμύρνης uocant.

«Collirio leggero che fa bene per la lacrimazione scura e penetrante, pustule e infiammazioni e ulcerazioni. Parimenti per cicatrici non solidificate: alcuni lo chiamano Atenippo, altri a base di mirra».

105Nell’Ind. della nuova edizione di Scribonio Largo di prossima pubblicazione nel CML leggo ora Ἀθηνππιον, come corregge J. Jouanna-Bouchet, nella ed. CUF 2016, p. 11.

10626 (p. 24, 7-13 Sconocchia):

Sed praecipue hoc collyrium, quod quidam Athenippum, quidam diasmyrnes, quidam euodes uocant, quia boni odoris est. [sed praecipue hoc] quod etiam ad pustulas papulasque et suppurationes oculorum facit et ad cicatrices non ueteres et ad palpebrarum recentem aut in corporibus tenerioribus aspritudinem. oportet autem eo ad sordida ulcera diluto cum oui albo, id est aquatissimo, uti, deinde, cum lacrimae fluere desierint, cinereo superinungere.

«Ma soprattutto questo collirio che alcuni chiamano Atenippo, alcuni ‘a base di mirra’, alcuni profumato, perché è di buon odore. [ma soprattutto questo] che è anche efficace per le pustule e per le suppurazioni degli occhi e per cicatrici che non siano vecchie e per ruvidezza di palpebre e recente, oppure presente in costituzioni fisiche più delicate. Ma di esso è necessario far uso per le ulcerazioni purulente diluite con bianco d’uovo, cioè molto annacquato, e poi, quando la lacrimazione cesserà di fluire, applicare sopra il collirio cinereo».

107In comp. 26, nell’edizione CML leggo ora Athenippium, come nel testo corregge G. Helmreich. Nella traduzione italiana scrivo ‘Athenippio’:

10827 (p. 24, 22-23 Sconocchia):

Collyrium psittacinum, a colore ita dictum, facit ad epiphoras, quae cum tenui et acri lacrima consistunt, item ad ustiones et solutas cicatrices et uastum tumorem, quem, quia a loco interdum uidetur propellere oculum, proptosin uocant […]

Collirio del colore del pappagallo, così denominato dal colore, fa bene per le lacrimazioni, quando sussistono con scolamento di lacrime sottile e pungente, parimenti per le ustioni, e le cicatrici che si rilassano e per la tumefazione ampia che chiamano, poiché qualche volta sembra cacciare il volto in avanti, ‘caduta dell’occhio in avanti’.

SaliuaCelso

109Marx, 1915, Res memorabiles, p. 478, col. A, cita soltanto una occorrenza, V 28, 18B (p. 251 dell’edizione), in cui Celso sta discutendo dei due generi delle papulae:

Sed leuis papula etiam, si ieiuna saliua cotidie defricatur, sanescit: maior commodissime murali herba tollitur, si sub ea detrita est.

«Ma anche una pustula più sottile, se la saliva a digiuno ogni giorno la inumidisce, si risana: una pustula più grande viene eliminata con molta facilità da erba parietaria, se la si è sfregata e logorata sotto di essa».

110Troviamo anche qui un collegamento con diagnosi e prognosi.

111Ci sono occorrenze celsiane in contesto patologico, come:

1121, 3, 20 (p. 35 Marx):

Item prodest ei, cui pectus aestuat et frequens saliua uel nausea est, aut sonant aures, aut madent oculi, aut os amarum est; similiterque ei, qui uel caelum uel locum mutat.

«Parimenti giova a quello a cui il petto arde e ha frequente saliva e nausea, o risuonano le orecchie, o sono madidi (di lacrime) gli occhi, o la bocca è amara; e in modo analogo al paziente che muta cielo o dimora».

1132, 2, 2-3 (p. 50-51 Marx; Celso sta parlando di notae fisiche):

Praeter haec protinus timeri debet, si grauiora membra sunt, si crebra ulcera oriuntur, si corpus supra consuetudinem incaluit […] Item si marcet animus, si loqui et moueri piget, si corpus torpet; si dolor praecordiorum est aut totius pectoris aut, qui in plurimis <e>uenit, capitis; si saliuae plenum os est, si oculi cum dolore uertuntur, si tempora adstricta sunt, si membra inhorrescunt, si spiritus grauior est; si circa frontem intentae uenae mouentur, si frequentes oscitationes […].

«Oltre a questo (da parte del paziente) subito si deve aver paura, se le membra sono appesantite, oppure se insorgono frequenti ulcerazioni, se il corpo si è riscaldato oltre il consueto […] Parimenti se l’animo è snervato, se (al paziente) rincresce di parlare o di muoversi, se il fisico è intorpidito, se vi è dolore dei precordi o di tutto il petto o, ciò che capita in moltissimi pazienti, del capo; se la bocca è piena di saliva, se gli occhi si muovono con dolore, se le tempie tendono a irrigidirsi, se le membra si irrigidiscono per il freddo, se il respiro si appesantisce alquanto, se le vene tese intorno alla fronte si muovono, si vi sono frequenti sbadigli […]».

114Vedi anche 2, 6, 7 (p. 56-57 Marx, ancora tra gli indicia di patologie):

Neque is seruari potest, qui sine ullo tumore febricitans subito strangulatur, aut deuorare saliuam suam non potest.

«Né può essere salvato quello, che febbricitante, senza alcun gonfiore improvvisamente é soffocato, o non può inghiottire la propria saliva».

115Per contesto terapeutico si vedano:

1164, 2, 8 (p. 153 Marx, in contesto terapeutico):

[…] Illa in omni uetusto capitis dolore communia sunt: sternumenta excitare, inferiores partes uehementer perfricare; gargarizare iis, quae saliuam mouent; cucurbitulas temporibus et occipitio admouere; sanguinem ex naribus extrahere; resina subinde tempora reuellere, et imposito sinapi exulcerare ea, quae male habent ante linteolo subiecto, ne uehementer adrodat.

«[…] Quelle terapie sono comuni in ogni dolore di testa cronico: provocare sternuti, sfregare con forza le parti inferiori; fare gargarismi con quelle sostanze che muovono la saliva; accostare ventose alle tempie e all’occipite; estrarre sangue dalle narici; poi sfregare profondamente le tempie con resina e, imposta della senape, ferire le parti sofferenti, avendo prima applicato un ampio tovagliolo, perché non corroda con violenza».

117Si vedano anche 4, 5, 2 (p. 154 Marx, per la grauedo):

Aliud autem quamuis non multum distans malum grauedo est. Haec nares claudit, uocem obtundit, tussim siccam mouet; sub eadem salsa est saliua, sonant aures, uenae mouentur in capite, turbida urina est.

«Un altro male poi anche se non molto diverso è la pesantezza di capo. Questa chiude le narici, ottunde la voce, muove la tosse secca; a causa della medesima la saliva è salata, le orecchie ronzano, le vene tendono a muoversi nel capo, l’urina è torbida».

118Si veda anche 5, 27, 3C (p. 232 Marx; Celso sta trattando di ferite da morsi, qui di serpenti):

Ideoque colubra ipsa tuto estur, ictus eius occidit; et si stupente ea, quod per quaedam medicamenta circulatores faciunt, in os digitum quis indidit neque percussus est, nulla in ea saliua noxa est.

«Perciò della femmina stessa del serpente ci si può cibare con sicurezza, ma il suo morso uccide; e se si blocca quella, ciò che riescono a fare attraverso alcuni medicamenti i ciarlatani, qualcuno le ha messo in bocca il dito e non è stato morso, e nessuna saliva in lei è nociva».

Saliua – Scribonio

119In Scribonio saliua ricorre in tre casi:

120In contesto patologico-terapeutico in 104 (p. 55, 12-15 Sconocchia; nella Antidotos hiera Paccii Antiochi)

Remediat enim eos, quibus frequenter inacescit cibus, et eos, qui adsidue inflationibus urgentur uel dolore eius uexantur aut adsidue nauseant aut saliua abundant uel inedia consumuntur stomachumque ita solutum habent, ut ex eo uarios liquores subinde exspuant.

«Risana infatti quelli che soffrono di acidità gastrica e quelli che sono disturbati continuamente da dilatazione di stomaco o sono vessati da dolore dello stesso o hanno nausea di continuo o abbondano nella salivazione o sono tormentati dall’inedia o hanno lo stomaco così debole, da rigettare in continuazione da quello liquidi di varia natura».

121In contesto terapeutico ricorre in due casi, precisamente in una ricetta relativa Ad capitis dolorem:

1229 (p. 18, 17-21 Sconocchia):

Sed si per os magis detrahere materiam uisum fuerit, quia non sine tormento per nares ea deduceretur, suadebimus pyrethri radiculam commanducare atque subinde hiantem pati fluere saliuam, uel uuam passam […] aeque enim haec deducunt pituitam.

«Ma se sembrerà meglio trarre fuori la materia attraverso la cavità orale, perché non senza sofferenza sarebbe tratta fuori attraverso le narici, consiglieremo di masticare meglio una radicetta di piretro e, immediatamente dopo, stando a bocca aperta, di lasciar defluire la saliva, oppure uva passita […] ugualmente, infatti, anche queste sostanze medicinali consentono di estrarre la pituita».

12355 (p. 33, 25-27 Sconocchia; bis, Ad dentium dolorem)

Item commanducare proderit herbam rhododaphnen et saliuam dolentibus traicere ac pusillo diutius continere et ita hiantem pati saliuam decurrere.

«Parimenti giova masticare bene (foglie della) pianta di oleandro e far passare la saliva attraverso i denti che fanno male e trattenerle un po’ più a lungo e così, stando a bocca aperta, lasciare che la saliva defluisca».

SemenCelso

124Mentre in Scribonio semen è attestato soltanto con valenza botanica (lini semen etc.), in Celso, in tre occorrenze, ha significato di «liquido seminale», quindi di «fluido corporeo».

125Ricorre in 4, 28,1-2 (p. 182 Marx); 5, 26,17 (p. 218 Marx) e in 8, 13 (p. 400-401 Marx).

1264, 28, 1-2 (p. 182 Marx):

Est etiam circa naturalia uitium, nimia profusio seminis; quod sine uenere, sine nocturnis imaginibus sic fertur ut interposito spatio tabe nomine consumat. – In hoc adfectu salutares sunt uehementes frictiones, perfusiones natationesque quam frigidissimae, neque cibi nec potio nisi frigida adsumpta. 2 Vitare autem oportet cruditates, omnia inflantia; nihil ex eis adsumere, quae contrahere semen uidentur, qualis sunt siligo, simila, oua, halica, amylum, omnis caro glutinosa, piper, eruca, bulbi, nuclei pinei. Neque alienum est fouere inferiores partes aqua decocta ex uerbenis comprimentibus, ex eadem aliqua cataplasmata imo uentri inguinibusque circumdare, praecipueque ex aceto rutam; uitare etiam, ne supinus obdormiat.

«C’è poi anche un disturbo relativo ai genitali. La perdita eccessiva di seme; cosa che, senza atti sessuali, senza sogni notturni, così si verifica, che, ripetendosi ad intervalli di tempo, consumi (il paziente) con il nome di consunzione. Per questa affezione sono salutari frequenti frizioni, bagni e nuotate in acqua molto fredda, né cibi né assunzione di bevande se non fredde. 2 Occorre poi evitare alimenti indigesti, tutti i cibi che gonfiano; non assumere nessuna di quelle cose che sembrano stimolare il seme, quali sono fior di farina, semola, uova, spelta, amido, ogni tipo di carne grassa, pepe, ruchetta, cipolle, gheriglio di pino. Né è inutile riscaldare le parti inferiori con acqua decotta con verbene che comprimono, con la medesima applicare cataplasmi alla parte inferiore del ventre e agli inguini e soprattutto ruta con aceto; evitare anche di dormire profondamente».

127Celso, che sta trattando di patologie legate agli organi, si sofferma sulla perdita involontaria e incontrollata notturna di liquido seminale.

1285, 26,17 (p. 218 Marx; patologie agli organi):

Medulla uero, quae in spina est, discussa nerui resoluuntur aut distenduntur; sensus intercidit; interposito tempore aliquo sine uoluntate inferiores partes uel semen uel urinam uel etiam stercus excernunt.

«Scossa poi la midolla che è nella spina dorsale, i nervi si sciolgono o si distendono; la sensibilità viene meno; trascorso qualche tempo, senza intenzionalità le parti inferiori secernono o seme o urina o anche sterco».

1298, 13 (p. 400-401 Marx; patologia al capo):

Caput duobus processibus in duos sinus summae uertebrae demissis super ceruicem contineri in prima parte (1,11.12) proposui. Hi processus interdum in posteriorem partem excidunt; quo fit, ut, <qui> nerui sunt sub occipitio, extendantur, mentum pectori adglutinetur, neque bibere is, neque loqui possit, interdum sine uoluntate semen emittat; quibus celerrime mors superuenit. Ponendum autem hoc esse credi<di,> non <quo> curatio eius rei ulla sit, sed ut res indiciis cognosc<er>etur et non putarent sibi medicum defuisse, <si qui> sic aliquem perdidisse<n>t.

«Ho dimostrato nella prima parte (1.11.12) che il capo è sostenuto in due sporgenze piegate in due piegature della vertebra più alta sopra la cervice. Queste due sporgenze frattanto ricadono nella parte posteriore; per questo avviene che <quei> nervi che sono sotto l’occipite, si estendano, il mento si accosti al petto, né quel tipo di paziente possa bere né parlare e, nel frattempo, senza alcuna intenzione emetta il seme; a questo tipo di paziente la morte sopravviene molto celermente. Ho creduto che sia da chiarire anche questo, non perché vi sia la cura di quel fatto, ma perché la cosa fosse conosciuta attraverso indizi e le persone non dovessero pensare, se qualcuno avesse perduta così una qualche persona, che a loro era venuto meno il medico».

130Per questa parte Marx, p. 400, apparato, segnala un’importante ripresa in Paul. Aegin., 6, 117 p. 470 sqq. Briau.

131Da questi tre passi è evidente che la medicina che Celso rappresenta conosce l’arte di osservare e riconoscere attentamente sintomi e circostanze con attitudini affini a quelle della scienza medica moderna. Celso dà grande valore ad es. alla perdita involontaria e inconscia di liquido seminale, connettendolo a patologie di organi vari e ad indebolimenti fisiologici provocati da fattori diversi.

132È in definitiva una medicina con caratteri di osservazione naturale e oggettiva.

133In Scribonio semen con valenza organica di liquido seminale non è attestato.

Vmor – Celso

134In Res memorabiles, p. 483, col. ds., Marx, 1915, scrive: «umor (plerumque V sine adspiratione) ὑγρότης II, 1,18; umor perniciosus ut euadat in morbo comitiali III 23 7».

135Per umor in Celso mi limito qui a citare solo due o tre occorrenze, dove il termine è presente sia con la valenza di «liquido acquoso» (a) che con quella di «muco», affine alla pituita (φλέγμα) (b).

136(a) 3, 6, 10 (p.112 Marx):

Cibus autem febricitantibus umidus est aptissimus aut umori certe quam proximus, utique ex materia quam leuissima maximaque sorbitio.

«Del cibo poi umido o almeno il più vicino possibile all’umido è molto adatto ai febbricitanti, soprattutto bere, di cibo liquido, il più leggero possibile».

137(b) 4, 19, 2 (p. 173 Marx):

Commodissimum est inter initia calida* et cataplasmata toto uentri imponere […] si tempus anni patitur, etiam uiridibus ficis, sic tamen, ne quis aut cibus aut umor uniuersus detur sed paulatim.

«È molto utile all’inizio anche applicare cataplasmi caldi a tutto il ventre […] se la stagione dell’anno lo consente, anche con fichi verdi, ma tuttavia così che non sia somministrato alcun cibo o liquido tutto insieme, ma poco a poco».

138Per la valenza di «muco» richiamerei 2, 12, 2B (p. 82 Marx):

si in stomachum quaedam biliosa concurrunt, uel etiam pituita eo se umorue aliquis aquae similis confert.

«se nello stomaco si radunano alcuni elementi caratterizzati da bile, o anche se lì si raduna la pituita o un qualche umore simile all’acqua»

1395, 28, 3 (p. 237 Marx):

Est etiam ulcus quod ΘΗΡΙΩΜΑ Graeci uocant […] Color est uel liuidus uel niger, odor foedus, multus et muccis similis umor.

«C’è anche un’ulcerazione che i Greci chiamano ‘ulcera maligna’ […] Il colore è livido o nero, l’odore fetido, la consistenza del liquido intensa o simile al muco».

Vmor – Scribonio

140In Scribonio umor ricorre in quattro casi e ha sempre valore patologico: 23 (p. 23, 4 sqq. Sconocchia; vd. trattazione per pituita); 38 (p. 27, 26-27 Sconocchia); 105 (p. 56, 16-57, 1 Sconocchia); 229 (p. 104, 15-16 Sconocchia).

141In 105 (p. 56,16-57,1 Sconocchia), esempio importante, leggiamo:

Est stomachi uitium, quod cum siccitate et ardore eius et siti inrequiebili et, ut ita dicam, inestinguibile consistit:auonen Graeci uocant ab eo quod exsiccat omnem stomachi umorem.

«C’è un disturbo grave dello stomaco, che consiste in aridità e bruciori di stomaco e in una sete senza tregua e, per così dire, inestinguibile: i Greci chiamano questa affezione ‘auoné’ perché dissecca ogni umidità dello stomaco».

Conclusioni

142In conclusione, come è evidente anche dagli altri contributi che formano questo volume, i fluidi corporei sono molto importanti già nella medicina greca e poi in quella romana, da Ippocrate fino a Celso e Scribonio, come lo saranno poi fino al periodo tardo-antico.

  • 21 Per questo quadro linguistico-culturale, si veda, per Celso, Mudry, 1982, passim, e anche Sconocchi (...)

143Spesso Celso e Scribonio, come si è potuto constatare, riprendono, nei passi citati e nelle pagine in cui questi passi sono collocati, dottrine e acquisizioni scientifiche greche, introducendole nella nascente scienza medica romana (cosa peraltro, che avviene a partire da Catone): utilizzano spesso calchi (soprattutto Celso) e prestiti (soprattutto Scribonio). Entrambi gli autori, nell’introduzione, in questo caso neointroduzione, di termini greci, traslitterati in latino e non, sono portati all’utilizzazione di perifrasi introduttive, del tipo quod Graeci dicunt; quae Graeci uocant. Si sviluppa nell’insieme, proprio con Celso e Scribonio, su modelli greci, una lingua tecnica medica latina nella quale rientra a buon diritto anche la nomenclatura dei fluidi corporei21.

Top of page

Bibliography

Baldin, M., 2007, Figure di chirurgi di tradizione greca nella medicina del I sec. d. C. a Roma, in A. Ferraces Rodríguez (ed.), Tradición griega y textos médicos latinos en el periodo presalernitano. Actas del VIII Coloquio Internacional Textos Médicos Latinos Antiguos (La Coruña, 2-4 septiembre 2004), La Coruña, p. 39-54.

Capitani, U., 1975, A. C. Celso e la terminologia tecnica greca, ASNSP, Classe di Lettere e Filosofia, ser. 3, vol. 5.2, p. 449-518.

Debru, A. e Palmieri, N., 2001, Docente natura. Mélanges de médecine ancienne et médievale offerts à G. Sabbah, Publications de l’Université de Saint-Étienne, (Centre Jean Palerne: Mémoires, XXIV), Saint-Étienne.

Drabkin, I. E., 1950, Caelii Aureliani, On acute Disease and Chronic Diseases. Edited and translated, Chicago.

DSTGR, 2010 = P. Radici Colace, Silvio M. Medaglia, L. Rossetti e S. Sconocchia (ed.), Dizionario delle scienze e delle tecniche di Grecia e di Roma, diretto da P. Radici Colace, Pisa-Roma.

Ferraces Rodríguez, A., 2009, Al margen de un término discutido en Escribonio Largo: «zona-cingulum-balteum-circinum», Galenos, 3, p. 27-38.

Ferraces Rodríguez, A., 2012, Todavía sobre zona como tecnicismo médico: un doble neologismo semántico (herpes zoster y alopecia), Prometheus, n. s. 1, 38, p. 205-216.

Fischer, K.-D. e Sconocchia, S., 2008, Nuovi excerpta scriboniani tra tardo antico e Medioevo, RFIC, 136, p. 267-311.

Fischer, K.-D., 2010, Die Antidotos des Zopyros und andere Fundstücke zu Scribonius Largus, in D. Langslow e B. Maire (ed.), Body, Disease and Treatment in a Changing World. Latin texts and contexts in ancient and medieval medicine. Proceedings of the ninth International Conference “Ancient Latin medical texts”. Hulme Hall, University of Manchester, 5th-8th September 2007), Lausanne, p. 147-159.

Gourevitch, D., 1976, Les noms latins de l’estomac, RPh, 50, p. 85-110.

Jan, L. e Mayhoff, C., 1970, C. Plinii Secundi Naturalis Historiae libri XXXVII. Vol. VI, Stuttgart.

Jouanna-Bouchet, J., 2016, Scribonius Largus, Compositions médicales, Paris, Les Belles Lettres (édition, trad. et commentaires).

Kühn, C. G., 1821-1833, Claudii Galeni opera omnia, 20 vol., Leipzig (rist. Hildesheim, 1964-1965).

Kühlewein, H., 1894, Hippocratis opera quae feruntur omnia, ..., vol. 2, Leipzig, 1894.

Langslow, D. R., 2000, Medical Latin in the Roman Empire, Oxford.

Littré, É., 1839-1861, Hippocrates, Opera omnia, 10 vol., édition et traduction, Paris.

Marx, F., 1915, A. Cornelii Celsi quae supersunt, Leipzig-Berlin.

Mazzini, I., 1991, Il lessico medico latino antico: caratteri e strumenti della sua differenziazione, in G. Sabbah (ed.), Le latin médical. La constitution d’un langage scientifique, Actes du IIIe Colloque International “Textes médicaux latins antiques” (Saint-Étienne, 11-13 septembre 1989), Publications de l’Université de Saint-Étienne, Saint-Étienne, p. 175-185.

Mazzini, I. 1997, La medicina dei Greci e dei Romani, 2 vol., Roma.

Mudry, Ph., 1982, La Préface du De medicina de Celse. Texte, traduction et commentaire, Lausanne.

Önnerfors, A., 1993, Das medizinische Latein von Celsus bis Cassius Felix, in ANRW II 37, 1, p. 227-392.

Schuster, M. e Hanslik, R., 1958, C. Plinii Secundi epistularum libri nouem. Epistularum ad Traianum liber. Panegyricus, Leipzig.

Sconocchia, S., 1983, Scribonii Largi Compositiones, Leipzig.

Sconocchia, S., 1988, Concordantiae Scribonianae, Hildesheim-Zürich-New York.

Sconocchia, S., 1991, Su alcuni aspetti della lingua di Scribonio Largo, in G. Sabbah (ed.), Le latin médical. La constitution d’un langage scientifique, Actes du IIIe Colloque International “Textes médicaux latins antiques” (Saint-Étienne, 11-13 septembre 1989), Saint-Étienne, p. 317-336.

Sconocchia, S., 1993, L’opera di Scribonio Largo e la letteratura medica latina del 1 sec. d. C., in ANRW II 37, 1, p. 843-922.

Sconocchia, S., 1994, Osservazioni sul lessico e sulla sintassi del ‘De medicina’ di Celso, in G. Sabbah e Ph. Mudry (ed.), La médecine de Celse: aspects historiques, scientifiques et littéraires, Saint-Étienne, p. 319-341.

Sconocchia, S., 1999, La praefatio di Scribonio Largo, in P. Radici Colace et A. Zumbo (ed.), Atti del Seminario Internazionale di Studi “Letteratura Scientifica e Tecnica Greca e Latina” (Messina 29-31 ottobre 1997), Messina, p. 315-357.

Sconocchia, S., 2001, La lingua medica latina come lingua speciale, in V. Orioles (ed.), Dal paradigma alla parola: riflessioni sul metalinguaggio della linguistica. Atti del Convegno, Udine-Gorizia 10-11 febbraio 1999, Roma, p. 177-205.

Sconocchia, S., 2017, L’allattamento materno nella tradizione antica. L’esempio della Lupa Capitolina, Lettere della Facoltà. Bollettino della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche, 20.1, p. 45-46.

Urso, A. M., 1998, Sopravvivenze e metonomasie nel processo di denominazione greco di alcune patologie, in A. Debru et G. Sabbah (ed.), Nommer la maladie: Recherches sur le lexique gréco-latin de la pathologie, Saint-Étienne, p. 39-60.

Waltzing, J. B., 1929, Tertulliani Apologeticum, Parigi.

Top of page

Notes

1 Ringrazio K.-D. Fischer per utili indicazioni bibliografiche e consigli. Ringrazio per l’attenta rilettura di questo lavoro e per utili indicazioni Paola Colace, Maurizio Baldin, Alessandro Aiardi e Gianfranco Iacobone.

2 Vd. Prooem. 13-26 (p. 19-21 Marx): Igitur ii, qui Rationalem medicinam profitentur, haec necessaria esse proponunt: abditarum et morbos continentium causarum notitiam, deinde euidentium; post haec etiam naturalium actionum, nouissime partium interiorum […] [26] Aptiusque extrinsecus inponi remedia conpertis interiorum et sedibus et figuris cognitaque eorum magnitudine; similesque omnia, quae posita supra sunt, rationes habere. Neque esse crudele, sicut plerique proponunt, hominum nocentium et horum quoque paucorum suppliciis remedia populis innocentibus saeculorum omnium quaeri («Pertanto quelli che professano la medicina Razionale, propongono che sono necessari questi elementi: la conoscenza delle cose nascoste e che apportano le malattie, inoltre (la conoscenza) delle cause evidenti; dopo di ciò la conoscenza anche delle cose naturali ; da ultimo delle parti interne […] [26] Che è cosa più adatta che si propongano rimedi dall’esterno una volta conosciute e le sedi delle parti interne e le figure e conosciuta la loro grandezza; (sostengono che) tutte le argomentazioni che sopra sono state apportate abbiano la loro motivazione. E che non è affatto crudele, come i più sostengono, che siano ricercati rimedi per moltitudini di persone innocenti con il tormento di uomini colpevoli e con le sofferenze anche di queste poche»). Le traduzioni di tutti i passi in questo lavoro sono mie. Per questi ampi paragrafi di Celso, Marx, 1915, di cui nel presente contributo si segue il testo, segnala, nel Testimonialapparat, intessanti passi in cui Celso risente di Platone e soprattutto di Ippocrate, ma anche riprese importanti da Galeno. Nella sezione dedicata a Celso, si potranno vedere, per Ippocrate, importanti passi, soprattutto dagli Aforismi, in cui Celso riprende posizioni ippocratiche. Per l’opera di Ippocrate si consulta in genere anche il testo di Littré, 1839-1861. Per il testo di Galeno ci si avvale di Kühn, 1964-65.

3 Vd. Prooem. 27-53 (p. 22-26 Marx): Contra ii, qui se Enpiricos ab experientia nominant, euidentes quidem causas ut necessarias amplectuntur: obscurarum uero causarum et naturalium actionum quaestionem ideo superuacuam esse contendunt, quoniam non conprehensibilis natura sit […] [53] Neque ignorare hunc oportet, quae sit aegri natura, umidum magis an magis siccum corpus eius sit, ualidi nerui an infirmi, frequens aduersa ualetudo an rara, eaque, cum est, uehemens esse soleat an leuis, breuis an longa; quod in uitae genus sit secutus, laboriosum an quietum, cum luxu an cum frugalitate: ex his enim similibusque saepe curandi noua ratio ducenda est («Per contro quelli che si definiscono Empirici dall’esperienza, si occupano anche delle cause evidenti come necessarie: vanno sostenendo che perciò è superflua l’investigazione invero delle cause nascoste e delle cose naturali, perché la natura non sarebbe comprensibile […] [53] E non è opportuno ignorare questo, quale sia la natura del paziente, se il corpo sia piuttosto umido o piuttosto secco, se nervi e muscoli siano validi o non solidi, se l’infermità sia continua oppure occasionale, e se l’infermità stessa, quando sussiste, soglia essere veemente o leggera, breve o di lunga durata; quale principio sia seguito nel genere di vita, faticoso oppure quieto, con dispendio di energie o con frugalità: sulla base, infatti, di questi elementi e di elementi simili spesso va predisposto un nuovo sistema terapeutico»). In questa ampia sezione del Proemium dedicata agli Empirici Celso, rispetto alla sezione dedicata alla scuola razionale (più improntata alla scienza teorica: Celso insiste su sapientiae studiosi, su eloquentia etc.), sottolinea la differenziazione della medicina presso i diversi popoli e le diverse nazioni - su elementi concreti.

4 Vd. Prooem. 11 (p. 18-19 Marx). Dopo un importante cenno alla tripartizione della medicina, nel celebre passo di § 9, in Dietetica, Pharmaceutica e Chirurgia, e un breve cenno a Serapione, ad Apollonio e Glaucia e poi ad Eraclide di Taranto e ad altri medici empirici, Celso accenna alla bipartizione che la stessa dietetica subisce in indirizzo razionale ed empirico, per poi venire alla ‘rivoluzione’ che Asclepiade, in realtà sulla base degli indirizzi della medicina greca, apporta nella medicina romana, preparando la strada a Temisone: […] donec Asclepiades medendi rationem ex magna parte mutauit. Ex cuius successoribus Themison nuper ipse quoque quaedam in senectute deflexit. Et per hos quidem maximos uiros salutaris ista nobis professio increuit («Finché Asclepiade mutò in gran parte il sistema della terapia. Tra i successori di questo, Temisone stesso or ora modificò alcuni elementi in età avanzata. E invero per merito di questi grandissimi studiosi questa professione medica ebbe per noi incremento»).

5 Vd. Prooem. 11 cit. e poi 54-57 (p. 26 Marx): […] et quidam medici saeculi nostri sub auctore, ut ipsi uideri uolunt, Themisone contendunt nullius causae notitiam quicquam ad curationes pertinere; satisque esse quaedam communia morborum intueri. Siquidem horum tria genera esse, unum adstrictum, alterum fluens, tertium mixtum […] [57] Horum obseruationem medicinam esse; quam ita finiunt, ut quasi uiam quandam quam μέθοδον nominant, eorumque, quae in morbis communia sunt, contemplatricem esse contendant. Ac neque rationalibus se neque experimenta tantum spectantibus adnumerari uolunt, cum ab illis eo nomine dissentiant, quod in coniectura rerum latentium nolunt esse medicinam; ab his eo, quod parum artis esse in obseruatione experimentorum credunt («[…] e in verità alcuni medici della nostra generazione, sull’autorità, come essi stessi vogliono far credere, di Temisone, si sforzano di dimostrare che la conoscenza di nessuna causa naturale non pertiene affatto alle terapie; e che è sufficiente osservare alcuni caratteri comuni delle malattie. Dal momento che tre sono i generi di queste, uno per così dire ‘ristretto’, uno ‘largo’, il terzo ‘misto’ […] [57] (sostengono) che l’osservazione attenta di questi tre tipi costituisce la medicina; la quale medicina così definiscono quasi come una certa via, che definiscono METODO e di quegli elementi, che sono comuni nelle malattie, si sforzano di dimostrare che è contemplatrice. E non vogliono essere ascritti né ai cosiddetti dogmatici né a quelli che vogliono essere annoverati tra quanti si preoccupano di osservare soltanto l’esperienza, dissentendo da quelli perché non vogliono che la medicina consista nella conoscenza delle cause soltanto nascoste; da questi per il fatto che credono vi sia poca arte nell’osservazione (pura) dell’esperienza»).

6 In merito vedi Baldin, 2007.

7 Secondo Mazzini, 1997, p. 254, la bilis rufa è in realtà gialla.

8 Non essendo possibile, per ragioni evidenti, discutere, in questo contributo, della intera documentazione relativa ai fluidi corporei in Celso, si prenderanno in esame, in genere, per ogni termine, alcune occorrenze tra le più significative: ci si ripropone di riprendere in seguito il discorso e approfondirlo. Per utili consultazioni su aspetti e problemi relativi a scienze e a tecniche di Grecia e Roma si veda DSTGR, 2010. Per sussidi bibliografici relativi allo studio del lessico latino e delle sue caratteristiche più importanti, soprattutto in relazione agli autori studiati, si vedano: Capitani, 1975; Langslow, 2000; Debru, Palmieri, 2001; Ferraces Rodríguez, 2009; id., 2012; Fischer, Sconocchia, 2008; Fischer, 2010; Gourevitch, 1976; Mazzini, 1991; Mudry, 1982; id., in questo stesso volume; Önnerfors, 1993; Sconocchia, 1991; id., 1994; id., 2001; id., 2017; Urso, 1998.

9 Ho anche cercato, volta per volta, di individuare eventuali paralleli con Galeno, che, come è noto, ripropone spesso l’opera e i composti di autori e medici a lui precedenti.

10 Cf. Sconocchia, 1999, in questo caso p. 345. Per tutti i passi di Scribonio Largo uno strumento utile è Sconocchia, 1988. Cito il testo di Scribonio secondo la mia edizione Teubner 1983, con alcuni rinvii, se utili,alla mia nuova edizione, in corso di stampa per il CML.

11 Le osservazioni su pituita proseguono in 6, 6, 1 EGHKM; 5B, 8BCDF; 14; 15, 16 A; 17; 29 e passim (258 e sqq. passim Marx). Pare di poter dedurre che pituita sia un termine generico indicante una fluido-secrezione, che proviene sì dalla testa, ma in forme varie (crassa, calida, alba, mollis, pallida, liuida etc.) e origini diverse (naso, emissione dalla bocca, occhi etc.). Devo questa e altre utili segnalazioni tecniche all’amico medico Dr. Gianfranco Iacobone.

12 Il testo delle occorrenze di Scribonio a cui si fa riferimento, qui e infra, è Sconocchia, 1983, che, limitatamente agli esempi discussi, non presenta grandi differenze rispetto al testo in preparazione per il Corpus Medicorum Latinorum, come avviene invece in numerose altre circostanze. Soltanto in casi molto rari si avverte il lettore di variazioni nel testo della nuova edizione.

13 Per il testo di Plinio si utilizza Jan, Mayhoff, 1970.

14 Per Celio Aureliano si utilizza l’edizione di Drabkin, 1950.

15 Per Plin. Iun. si utilizza l’edizione di Schuster, Hanslik, 1958.

16 Per Tertull., apol. si segue l’edizione di Waltzing, 1929.

17 Qui si parla di sangue emesso insieme ad aria (schiuma di sangue) tipico delle lesioni e delle ferite del polmone. Si veda infra anche la trattazione relativa a urina in 2, 7, 14 e 16 (p. 61-62 Marx).

18 Mi fa osservare il Dr. Gianfranco Iacobone che nella medicina attuale non ci sono usi terapeutici del sangue, se non per il trattamento di anemie da perdita o da incapacità generativa, come in alcune leucemie. Né si riscontrano più indicazioni alla sottrazione terapeutica del sangue (salasso). Non esiste nemmeno alcun uso terapeutico del sangue animale.

19 Così leggo nella nuova edizione di Scribonio Largo di prossima pubblicazione nel CML; ab stomacho è lezione di Vb

20 Ricorre ancora la frase già citata da Celso 2, 7, 16 (p. 62 Marx): At qui spumantem sanguinem excreant, iis in pulmone uitium est. Potremmo ipotizzare che Celso voglia indicare un sospetto di lesione polmonare (non si può ipotizzare altro che da ferita penetrante o lesione infettiva che trapassa il diaframma) che porti ad emissione di urina contenente sangue emulsionato con aria. Certamente il concetto che sangue con aria, da qualunque sede provenga, è indicatore di lesione polmonare è molto avanzato.

21 Per questo quadro linguistico-culturale, si veda, per Celso, Mudry, 1982, passim, e anche Sconocchia, 1994; per Scribonio, Sconocchia, 1991 e soprattutto, per certe caratteristiche di quella che ho definito ‘lingua latino-greca’ di Scribonio, Sconocchia, 1993 (vedi nominativi e accusativi assoluti e altri fenomeni che fanno ritenere Scribonio perfettamente bilingue).

Top of page

References

Bibliographical reference

Sergio Sconocchia, I fluidi corporei in Celso e Scribonio LargoPallas, 113 | 2020, 17-40.

Electronic reference

Sergio Sconocchia, I fluidi corporei in Celso e Scribonio LargoPallas [Online], 113 | 2020, Online since 20 September 2022, connection on 14 December 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/pallas/23480; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/pallas.23480

Top of page

About the author

Sergio Sconocchia

Già Professore Ordinario di Lingua e Letteratura latina
Università di Trieste
sergio.sconocchia[at]gmail.com

Top of page

Copyright

CC-BY-NC-ND-4.0

The text only may be used under licence CC BY-NC-ND 4.0. All other elements (illustrations, imported files) are “All rights reserved”, unless otherwise stated.

Top of page
Search OpenEdition Search

You will be redirected to OpenEdition Search