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La fantascienza italiana dalla prospettiva degli studi sulla traduzione e postcoloniali1

Simone Brioni
Traduzione di Daniele Comberiati
p. 19-29

Abstract

A partire dai più recenti studi sulla fantascienza e sulla circolazione dei testi in contesti letterari diversi, l’articolo presenta un’analisi della produzione di fantascienza italiana dalla prospettiva degli studi sulla traduzione e postcoloniali. A lungo considerate come semplici imitazioni dei modelli inglesi e statunitensi, tali produzioni spesso le adattano e ripensano creativamente. Investigare le complesse relazioni intertestuali da cui emerge la fantascienza può permettere di comprendere come l’altro e l’altrove sono stati immaginati e rappresentati in Italia.

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Testo integrale

  • 1 Questo articolo è una traduzione e una rielaborazione, a cura di Daniele Comberiati, del capitolo “ (...)
  • 2 Jones Gwyneth, “The Icons of Science Fiction”, in James Edward, Mendlesohn Farah (a cura di), The C (...)
  • 3 Miglieruolo Mario Antonio, “Postfazione”, in Come ladro di notte [1972], Milano, Mondadori, 2009, p (...)
  • 4 Cardone Lucia, Elio Petri, impolitico: La decima vittima (1965), Pisa, Edizioni ETS, 2005, p. 10.
  • 5 Iannuzzi Giulia, Fantascienza italiana: Riviste, autori, dibattiti, dagli anni Cinquanta agli anni (...)

1Leggere la fantascienza implica “un processo attivo di traduzione”, come ha sostenuto Gwyneth Jones, perché i lettori devono immaginare una realtà alternativa basata sulla conoscenza del mondo in cui vivono2. La fantascienza italiana spesso richiede una traduzione culturale aggiuntiva, poiché i modelli stranieri – soprattutto, a partire dalla Seconda guerra mondiale, quelli degli Stati Uniti – hanno avuto un enorme impatto su temi, stile e iconografia di quella nostrana. Per fare qualche esempio, Antonio Mario Miglieruolo ha affermato in un’intervista di aver iniziato a scrivere romanzi di fantascienza perché voleva essere “un Van Vogt ancora più Van Vogt di quanto egli stesso non fosse”3. La decima vittima di Elio Petri (1965), uno dei più celebri film di fantascienza italiani, inizia a New York e prende di mira “le nuove merci, i desideri ‘all’americana’, la nascente e vacua ansia di consumo”4. Il film è ispirato al racconto Seventh Victim di Robert Sheckley del 1953 e contiene diversi riferimenti alla pittura hard-edge e alla Pop Art. Giulia Iannuzzi ha anche sottolineato che la maggior parte degli scrittori ed editori di fantascienza italiani erano anche traduttori e “la traduzione della fantascienza è davvero da intendersi nel senso più ampio, traduzione dei singoli testi da una lingua all’altra, ma anche adattamento di formule editoriali, e importazione di un canone e di un repertorio”5.

  • 6 Cfr. a questo proposito Saiber Arielle, “Flying Saucers Would Never Land in Lucca: The Fiction of I (...)
  • 7 Grant Barry Keith, “Introduction”, in Id. (a cura di), Film Genre Reader III, Austin, Texas Univers (...)

2Per questo motivo, una delle critiche più comuni dei detrattori della fantascienza italiana riguarda la sua presunta natura “derivativa” e la mancanza di originalità6. Questa visione non sembra tenere conto del fatto che il pubblico della fantascienza trae piacere dal vedere le convenzioni del genere modificate. Secondo Barry Keith Grant, tutte le produzioni di genere “raccontano storie familiari con personaggi familiari in situazioni familiari [attraverso la ripetizione e la variazione]. Generano anche aspettative ed esperienze simili a quelle di film che abbiamo già visto”7.

  • 8 Kristeva Julia, “Word, Dialogue and Novel” [1966], in Moi Toril (a cura di), The Kristeva Reader, O (...)

3Uno dei compiti del volume scritto con Daniele Comberiati è stato quello di mostrare che le riscritture e riappropriazioni presenti nei film e nella letteratura di genere producono significati culturali e sociopolitici, e sono quindi un interessante campo di indagine. La fantascienza è dunque un luogo di lotta e negoziazione tra culture dominanti e subordinate per costruire e rivalutare continuamente ciò che è “altro”. Inoltre, l’accusa di essere un genere “derivato” non sembra essere supportata da prove certe perché, come sostiene in modo convincente Julia Kristeva, nessuna opera d’arte viene creata nel vuoto, ma intrattiene un dialogo ed è ispirata da altre narrazioni8.

  • 9 Saiber Arielle, Proietti, Salvatore, “A Selection of Italian SF Novels and Short Stories Translated (...)
  • 10 Chialant Maria Teresa, “H.G. Wells, Italian Futurism and Marinetti’s Gli indomabili (The Untamables(...)
  • 11 Levi Primo, Storie naturali [1966], Torino, Einaudi, 1979.

4Inoltre, diverse opere di fantascienza italiane sono state tradotte in inglese e alcune di esse hanno effettivamente influenzato gli autori di fantascienza all’estero9. Come ha dimostrato Maria Teresa Chialant10, i romanzi di H.G. Wells hanno avuto una grande ascendenza sul lavoro di Marinetti, ma la figura di Gazurmah e la sua relazione con Mafarka potrebbero aver ispirato altre narrazioni di fantascienza, come la rappresentazione del dottor Edward Morbius (Walter Pidgeon) in Forbidden Planet di Fred Wilcox (1956). Terrore nello spazio di Mario Bava (1965) ha sicuramente ispirato Alien di Ridley Scott, e una ripresa della macchina in grado di creare duplicazioni perfette di oggetti ed esseri umani descritta in “Alcune applicazioni del Mimete” di Primo Levi11 è presente anche nel romanzo di Christopher Priest The Prestige (1995). RanXerox infine anticipa alcuni dei temi del cyberpunk ed è stato persino presentato sulla copertina dell’album The Man from Utopia (1983) dell’icona rock Frank Zappa. Tale fumetto è parte di una riflessione transnazionale su come il rapporto con la tecnologia abbia modificato l’umanità e sulla violenza presente in una società neoliberista. Le origini e l’influenza di RanXerox non possono dunque essere limitate all’ambito linguistico e culturale italiano.

  • 12 Simon Sherry, “The Language of Cultural Difference: Figures of Alterity in Canadian Translation”, i (...)

5Sebbene non tutta la fantascienza italiana sia derivata da quella statunitense, alcune opere lo sono. Gli esempi menzionati includono sequel, prequel, riscritture, ispirazioni e adattamenti, quindi tipi molto diversi di dialogo intertestuale e interazioni con le opere straniere che li ispirano. Tuttavia, chiamare queste opere “derivate” potrebbe essere fuorviante poiché l’intertestualità che caratterizza alcuni testi di fantascienza italiani può essere vista come un aspetto del processo creativo implicato nell’atto stesso di spostare un testo culturalmente vincolato in un altro contesto. Le opere di fantascienza italiane esistono indipendentemente dall’originale e spesso funzionano come “originali” per il loro pubblico. In effetti, le produzioni di genere emergono da una complessa rete transnazionale di adattamenti culturali a nuovi linguaggi, nuovi media, nuovi pubblici e nuovi punti di vista. Inoltre, i dialoghi intertestuali e intermediali, gli adattamenti e le traduzioni interculturali possono essere considerati pratiche creative che aggiungono significato all’opera originale invece di mostrare una riproduzione passiva (di supposta qualità inferiore) di un modello. Attingendo alle idee di Sherry Simon sulla traduzione linguistica, queste pratiche possono essere viste come la materializzazione della nostra relazione con l’alterità, l’esperienza della differenza12.

6I film italiani “apocrifi” ispirati da Alien (1979) di Ridley Scott sono esempi di rivisitazioni italiane di un famoso film di Hollywood. L’idea di proliferazione e moltiplicazione è al centro della serie “Alien”, che include ufficialmente Alien, Aliens di James Cameron (1986), Alien3 di David Fincher (1992), Alien Resurrection di Jean Pierre Jeunet (1997), e i due prequel diretti da Scott: Prometheus (2012) e Alien: Covenant (2017). Secondo Gianni Canova, questa serie è molto diversa da quelle che presentavano un numero sequenziale e seguivano un paradigma “fordista” o “industriale”. In Alien

  • 13 Canova Gianni, L’alieno e il pipistrello: La crisi della forma nel cinema, Milano, Bompiani, 2000, (...)

la serialità cessa di essere una catena e diventa una rete. Non un testo ma un ipertesto. Plurimo, duttile, flessibile. Con più possibilità di “entrata” e di “uscita” per lo spettatore [...] Tra un episodio e l’altro non c’è più, necessariamente, né ripetizione, né sviluppo diegetico. Ci sono, casomai, salti, analogie, biforcazioni, escrescenze, ellissi, ritorni13.

7In altre parole, la natura stessa di questo mostro – una forma di vita che si riproduce in altri corpi e assume forme diverse – richiede una discontinuità e una differenza dall’originale, piuttosto che l’intento di conformare i sequel allo standard iconico del film pilota. Nella sua analisi, Canova non menziona i film italiani ispirati ad Alien, forse perché le tematiche di questi film erano proposte per un pubblico diverso da quello di Scott e le pellicole avevano un budget differente. Tuttavia Contamination di Luigi Cozzi (1980), Alien 2 sulla Terra di Ciro Ippolito (1980), e Alien Killer di Alberto de Martino non furono distribuiti esclusivamente in Italia e nel resto d’Europa ma anche negli Stati Uniti, entrando quindi in un mercato culturale che più frequentemente esportava i suoi prodotti in Italia. Possono dunque essere visti come film che resistono al progetto culturale ed economico imperialistico associato ai tratti estetici e stilistici di una produzione hollywoodiana ad alto budget. Sebbene sia molto difficile per alcune persone (incluso l’autore di questo articolo) guardare questi film a causa della loro estetica splatter, si deve ammettere che fanno molto di più che sfruttare semplicemente il tema commerciale dell’alieno cattivo: essi mostrano che le convenzioni di genere di un film horror come Alien possono essere utilizzate da chiunque voglia produrre un film, anche con un budget modesto. Questi film italiani hanno contribuito a mantenere lo status di opera di culto di Alien; tuttavia, possono anche essere visti come una cannibalizzazione di un mostro cannibale come quello presente nel film di Scott. La proliferazione di film italiani sugli alieni invasori negli anni ’80, chiaramente ispirati ad Alien, sembra voler rappresentare le inquietudini e le paure di un paese in cui gli immigrati iniziavano ad essere presenze visibili.

  • 14 Jenkins Henry, Textual Poachers: Television Fans and Participatory Culture, London, Routledge, 1992 (...)
  • 15 Ibid., p. 52.

8Potrebbe valere la pena di commentare le riscritture e gli spin-off italiani di opere straniere facendo riferimento all’analisi di Henry Jenkins sulle comunità di appassionati che condividono un interesse per un genere. Le riflessioni di Jenkins sono rilevanti in questo contesto perché scrittori e registi italiani che attingono a modelli stranieri per le loro narrazioni di fantascienza si rivolgono ai fan di una certa tendenza della fantascienza e cercano di comprenderne aspettative e desideri. Questi artisti possono quindi essere visti come una sorta di “bracconieri testuali”14, che si appropriano di una narrazione alterandone le priorità e facendo in modo che il testo diventi “il testo [diventi] qualcosa di più di quello che era prima, non qualcosa di meno”15.

  • 16 Bhabha Homi K., “Cultural Diversity and Cultural Differences”, in Ashcroft Bill, Griffiths Gareth, (...)
  • 17 Id. (a cura di), The Location of Culture, London, Routledge, 1994, p. 37.

9Film come Ciao marziano di Pier Francesco Pingitore (1979), e Cose dell’altro mondo di Francesco Patierno (2011) incorporano selettivamente temi e motivi della fantascienza americana e adattano i valori e i simboli del modello straniero alle aspettative del loro pubblico italiano. La ri-contestualizzazione, l’espansione temporale, la ri-focalizzazione, il riallineamento morale, la dislocazione dei caratteri, l’intensificazione emotiva, l’erotizzazione e la razzializzazione che caratterizzano le modifiche della fantascienza italiana rispetto al testo originario, sono processi attivi che possono essere visti in termini di resistenza e collaborazione con la cultura egemonica che li ha influenzati. Homi Bhabha chiama questo processo “ibridazione” e suggerisce che se le idee vengono ripetute, ricollocate e tradotte, si apre un nuovo spazio per l’articolazione creativa, la negoziazione e la resistenza rispetto a una tradizione nazionale16. In effetti, Bhabha ha affermato che non esistono culture “pure”, ma che tutte nascono da processi di mutua fertilizzazione e contaminazione. Le culture sono intrinsecamente porose, sono il risultato di un dialogo, e pertanto il concetto di cultura “nazionale” è una sorta di contraddizione di termini17.

  • 18 Pordzik Ralph, The Quest for Postcolonial Utopia: A Comparative Introduction to the Utopian Novel i (...)

10Come ha affermato Ralph Pordzik, i temi postcoloniali, inclusa l’ibridazione, sono tratti costitutivi di alcuni generi di fantascienza, come le narrazioni utopiche, anti-utopiche o distopiche18. La fantascienza è infatti spesso usata per enfatizzare temi che non erano presenti nelle narrazioni ufficiali ed egemoniche della storia come l’eredità del colonialismo.

11Il volume pubblicato con Daniele Comberiati ha dimostrato che il concetto di “ibridità” può essere interpretato in modi diversi a seconda delle specifiche condizioni sociali e storiche e ha identificato almeno tre diversi processi di traduzione culturale: appropriazione, scambio e resistenza. La definizione di questi tre processi dipende dalle relazioni di potere coinvolte e dalla posizione dalla quale queste relazioni vengono considerate. Per esempio, l’analisi delle illustrazioni del Giornale illustrato dei viaggi e delle avventure di terra e di mare ha mostrato l’appropriazione degli elementi visivi delle culture straniere da parte della stampa popolare e la “traduzione” dell’altro come essere inferiore per il pubblico della metropoli. Queste illustrazioni traducono l’alterità in mostruosità, creando un’immagine dell’Altro subumano che giustifica l’impresa coloniale. Sostiene Robert Young:

  • 19 Young Robert, Postcolonialism. A Very Short Introduction, Oxford, Oxford University Press, 2003, pp (...)

La traduzione diventa parte del processo di dominio, di acquisizione del controllo, di una violenza esercitata sulla lingua, la cultura e le persone che vengono tradotte. Gli stretti legami tra colonizzazione e traduzione iniziano non con atti di scambio, ma di violenza e appropriazione, di “deterritorializzazione”19.

12Young si riferisce qui alla traduzione linguistica effettiva che avviene tra lingue che operano all’interno di una gerarchia precisa, mentre le immagini del Giornale illustrato dei viaggi e delle avventure di terra e di mare precedono il contatto linguistico; traducono visivamente l’altrove e l’alterità, sostenendo che il testo “originale” è realtà invece che finzione speculativa. Tali testi visivi “addomesticano” o “rendono altre” le persone indigene, operando un processo di disumanizzazione.

  • 20 Comberiati Daniele, “Berlusconi”, in Brioni Simone, Comberiati Daniele, Ideologia e rappresentazion (...)
  • 21 Nacci Jacopo, Guida ai super robot: L’animazione robotica giapponese dal 1972 al 1980, Milano, Odoy (...)
  • 22 Crainz Guido, Storia del miracolo italiano, Roma, Donzelli, 1996, pp. 197-201.

13L’analisi di L’inattesa piega degli eventi di Brizzi, pubblicata nel capitolo 9 del nostro volume20, ha messo in luce uno scambio culturale tra Italia e Giappone. In effetti, dal 1986, i canali televisivi privati ​​italiani cominciano a trasmettere anime giapponesi, che hanno un’influenza importante non solo sul mercato culturale ma anche sull’immaginario collettivo italiano21. In quegli anni, la società italiana stava vivendo un aumento della prosperità economica22. L’influenza culturale degli Stati Uniti era meno pervasiva rispetto ai primi due decenni del dopoguerra, consentendo così ad altri prodotti culturali stranieri di entrare nel mercato. Negli stessi anni ’80, il Giappone stava vivendo un boom simile ed era in grado di esportare prodotti culturali all’estero.

  • 23 Langer Jessica, Postcolonialism and Science Fiction, New York, Palgrave Macmillan, 2011, p. 14.
  • 24 Cfr. Miyake Toshio, “Italy Made in Japan: Occidentalism, Self-Orientalism, and Italianism in Contem (...)

14L’influenza delle produzioni culturali giapponesi sull’immaginario italiano degli anni ’80 può forse essere spiegata da alcuni elementi comuni nelle storie dei due paesi. L’Italia e il Giappone erano alleati durante la Seconda guerra mondiale. Secondo Jessica Langer, il Giappone nel dopoguerra era al contempo un “paese colonizzato e un potere imperiale”23. Allo stesso modo, mentre sperimentava l’influenza politica ed economica degli Stati Uniti, l’Italia ha avuto anche un ruolo coloniale attraverso l’Amministrazione Fiduciaria della Somalia dal 1950 al 1960, concessale dalle Nazioni Unite. Questi punti storici in comune potrebbero spiegare la popolarità dei prodotti culturali italiani in Giappone24 e, viceversa, il successo degli anime giapponesi in Italia negli anni Ottanta e Novanta.

  • 25 Nisbett Richard E., Masuda Takahito, “Culture and Point of View”, in Proceedings of National Academ (...)
  • 26 Mignolo Walter D., Local Histories/Global Designs: Coloniality, Subaltern Knowledges, and Border Th (...)

15Artisti di questi due paesi con storie recenti simili si sono impegnati nel dialogo, scavalcando i centri (e i linguaggi) di produzione culturale di area anglofona. Dato che entrambi i paesi avevano un potere simbolico simile, presumibilmente condividevano una pari “influenza culturale” reciproca25. Questo conferma le riflessioni di Walter Mignolo sui rapporti intellettuali tra le periferie, che talvolta aggirano il centro per creare nuove sinergie26.

  • 27 Ravault René Jean, “Resisting Media Imperialism by Coerseduction”, in InterMedia, vol. 13, n. 3, 19 (...)
  • 28 Cf. Del Pero Mario, “Containing Containment: Rethinking Italy’s Experience During the Cold War”, in (...)
  • 29 Bhabha Homi K. (a cura di), The Location of Culture, cit., p. 251.

16Gli atti di resistenza contro una cultura dominante, così come i modi in cui i testi di fantascienza italiani si sono appropriati creativamente delle influenze culturali statunitensi, sono un terzo tipo di interazione culturale. Le analisi contenute in Italian Science Fiction hanno dimostrato che la fantascienza italiana mostra un certo grado di autonomia, piuttosto che essere “impotente e dipendente” dalla sua relazione con i modelli statunitensi dominanti. Secondo la definizione di René Jean Ravault, questa influenza può essere definita come coerséduction, includendo sia la seduzione che la coercizione27: l’influenza degli Stati Uniti può essere vista sia come una presenza che pervade e cambia la cultura nazionale, sia come una forza che può sprovincializzare la produzione nazionale e sfidarne l’omogeneizzazione28. Emulando le narrazioni provenienti dagli Stati Uniti, alcune opere di fantascienza italiane hanno visto con entusiasmo gli USA come un modello non solo per la produzione di fantascienza ma anche per la modernizzazione dell’Italia, e tali testi hanno contribuito a creare il mito dell’America in Italia. Allo stesso tempo, alcune opere di fantascienza italiane sfidano, imitano e spesso deridono i valori e la solennità delle loro controparti statunitensi, o decidono, in misura variabile, quali aspetti della fantascienza assorbire. La fantascienza italiana, in altre parole, può essere vista come uno spazio in cui le culture si incontrano e si scontrano in un rapporto di potere spesso asimmetrico. Per usare le parole di Bhabha, queste opere di fantascienza creano prodotti artistici ibridi e sono coinvolte in un “processo di traduzione e transvalutazione delle differenze culturali” 29. La fantascienza italiana ha spesso utilizzato un presunto immaginario “straniero” per discutere e rappresentare temi e argomenti non comuni alla tradizione nazionale.

  • 30 Agnew John, “The Territorial Trap”, in Review of International Political Economy, n. 1, 1994, pp. 5 (...)

17La celebrazione del dialogo intertestuale e interculturale presente nella fantascienza italiana sfida quella che John Agnew chiama “la trappola territoriale”, ovvero l’abitudine di pensare la politica mondiale rigorosamente in termini di stati territoriali30. L’intertestualità produce infatti una sfocatura dei confini culturali, sia all’interno che all’esterno di essi. Mettendo in discussione la presunta uniformità nazionale attraverso interazioni immaginarie che vanno ben oltre il pianeta Terra, un genere poco considerato come la fantascienza può offrire punti di vista interessanti su fatti storici trascurati, come l’eredità del colonialismo nel caso italiano.

  • 31 Antonello Pierpaolo, Mussgnug Florian (a cura di), Postmodern Impegno: Ethics and Commitment in Con (...)
  • 32 Burns Jennifer, Fragments of Impegno: Interpretations of Commitment in Contemporary Italian Narrati (...)
  • 33 Ead., “Rethinking Impegno (Again): Reading, Ethic and Pleasure”, in Antonello Pierpaolo, Mussgnug F (...)

18Il disinteresse dell’accademia verso la fantascienza italiana è probabilmente dovuto a un malinteso pregiudiziale, secondo cui il piacere speculativo della fantascienza è incompatibile con una seria indagine e analisi di questioni etiche, estetiche e politiche. Il volume Italian Science Fiction ha fortemente sostenuto una visione opposta, dimostrando che alcune opere di fantascienza presentano quello che Pierpaolo Antonello e Florian Mussgnug hanno definito “impegno postmoderno”, ovvero un impegno politico non monolitico ma piuttosto diversificato o frammentario31. L’idea che la cultura italiana postmoderna sia caratterizzata da un modello di impegno non unitario o frammentario è stata introdotta per la prima volta da Jennifer Burns nel suo influente Fragments of Impegno. Burns sostiene che “l’impegno potrebbe essere meglio identificato e compreso nel contesto contemporaneo se lo si guardasse da una prospettiva orientata verso il lettore, piuttosto che dalla prospettiva incentrata sull’autore con cui è convenzionalmente associato”32. In una più recente riconsiderazione della sua teoria dell’impegno, Burns ci invita a non separare il piacere di leggere e guardare dall’etica, sostenendo che “un piccolo modo in cui la letteratura può ancora commentare [un contesto sociale e morale ambiguo], sensibilizzarlo, contribuire ad affrontarlo, è creando le condizioni testuali in cui ci si può chiedere di confrontare e mettere in discussione il nostro piacere”33.

  • 34 Hutcheon Linda, Narcissistic Narrative: The Metafictional Paradox [1980], New York, Methuen, 1984, (...)

19Attingendo a queste premesse critiche, l’intertestualità di alcune fantasie italiane può essere vista come una pratica autoriflessiva, che invita i lettori e il pubblico di fantascienza a riconoscere la complessità dei fenomeni sociali presentati attraverso le convenzioni del genere. Secondo Linda Hutcheon, i riferimenti intertestuali includono il pubblico nel processo creativo stesso. Facendo riferimento alle riflessioni di Hutcheon sull’intertestualità, si potrebbe dire che, creando un “universo riconosciuto di fantasia”34, alcune opere di fantascienza italiane impegnino il lettore in un dialogo particolare:

  • 35 Ibid., p. 139.

coinvolgono il lettore in un dialogo attivo con i modelli del suo tempo, un esercizio che di solito è solo quello dello scrittore. Ricordando al lettore che l’identità del libro è un artificio, il testo parodia le aspettative dei lettori e delle lettrici, il loro desiderio di verosimiglianza e li/le costringe alla consapevolezza del proprio ruolo nel creare l’universo della finzione35.

  • 36 Haraway Donna, “A Manifesto for Cyborgs: Science, Technology, and Socialist-feminism in the Late Tw (...)

20In altre parole, l’intertestualità è un artificio utilizzato nelle opere di fantascienza italiane per sollecitare una risposta attiva da parte del pubblico. Le narrazioni fantascientifiche ci invitano a partecipare a una sorta di esercizio, che consiste nell’indagare il nostro radicamento nella realtà storica e sociopolitica, e nel riempire uno spazio vuoto tra il mondo esistente e la sua controparte di fantascienza. La scoperta del novum – e la serie di possibili pensieri, emozioni, ansie e desideri che questa ricerca comporta – è costitutiva della critica delle strutture sociali che caratterizza questo genere. Molte delle narrazioni di fantascienza presentate in Italian Science Fiction e Ideologia e rappresentazione non solo rivelano un’ingiustizia che altrimenti sembrerebbe normalizzata, ma inducono i lettori a confrontarsi con il proprio piacere e con le paure che guidano le loro scelte politiche e il loro comportamento sociale. È difficile sapere se si possa realisticamente sostenere, come dice Donna Haraway, che il confine tra fantascienza e realtà sociale è un’illusione ottica36. Ma se è vero che la realtà sociale e le narrazioni di genere si modellano a vicenda, interrogare l’immaginario fantascientifico può forse permetterci di comprendere la costruzione di modelli di alterità e identità nel nostro mondo.

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Note

1 Questo articolo è una traduzione e una rielaborazione, a cura di Daniele Comberiati, del capitolo “Afterwords”, scritto da Simone Brioni, in Brioni Simone, Comberiati Daniele, Italian Science Fiction: The Other in Literature and Film, New York, Palgrave Macmillan, 2019, pp. 233-244. Ringraziamo sentitamente l’editore per averne autorizzato la pubblicazione in questo volume.

2 Jones Gwyneth, “The Icons of Science Fiction”, in James Edward, Mendlesohn Farah (a cura di), The Cambridge Companion to Science Fiction, Cambridge, Cambridge University Press, 2003, pp. 163-273.

3 Miglieruolo Mario Antonio, “Postfazione”, in Come ladro di notte [1972], Milano, Mondadori, 2009, p. 281.

4 Cardone Lucia, Elio Petri, impolitico: La decima vittima (1965), Pisa, Edizioni ETS, 2005, p. 10.

5 Iannuzzi Giulia, Fantascienza italiana: Riviste, autori, dibattiti, dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, Milano, Mimesis, 2014, p. 328.

6 Cfr. a questo proposito Saiber Arielle, “Flying Saucers Would Never Land in Lucca: The Fiction of Italian Science Fiction”, in Italian Futures, California Italian Studies, vol. 2, 1, 2011 (https://escholarship.org/uc/item/67b8j74s).

7 Grant Barry Keith, “Introduction”, in Id. (a cura di), Film Genre Reader III, Austin, Texas University Press, 1995, p. XV. Tutte le citazioni dai testi in inglese presenti nell’articolo, salvo diversa indicazione, sono tradotte da Simone Brioni.

8 Kristeva Julia, “Word, Dialogue and Novel” [1966], in Moi Toril (a cura di), The Kristeva Reader, Oxford, Basil Blackwell, 1986, pp. 23-34.

9 Saiber Arielle, Proietti, Salvatore, “A Selection of Italian SF Novels and Short Stories Translated and Published in English”, in Science Fiction Studies, n. 126, vol. 42, 2, 2015, pp. 353-356.

10 Chialant Maria Teresa, “H.G. Wells, Italian Futurism and Marinetti’s Gli indomabili (The Untamables)”, in Parrinder Patrick, Partington John S. (a cura di), The Reception of H.G. Wells in Europe, London, Continuum, pp. 205-221.

11 Levi Primo, Storie naturali [1966], Torino, Einaudi, 1979.

12 Simon Sherry, “The Language of Cultural Difference: Figures of Alterity in Canadian Translation”, in Venuti Lawrence (a cura di), Rethinking Translation: Discourse, Subjectivity, Ideology, London and New York, Routledge, 1992, p. 161.

13 Canova Gianni, L’alieno e il pipistrello: La crisi della forma nel cinema, Milano, Bompiani, 2000, pp. 95-96.

14 Jenkins Henry, Textual Poachers: Television Fans and Participatory Culture, London, Routledge, 1992, p. 61.

15 Ibid., p. 52.

16 Bhabha Homi K., “Cultural Diversity and Cultural Differences”, in Ashcroft Bill, Griffiths Gareth, Tiffin Helen (a cura di), The Post-Colonial Studies Reader, London, Routledge, 1995, p. 207.

17 Id. (a cura di), The Location of Culture, London, Routledge, 1994, p. 37.

18 Pordzik Ralph, The Quest for Postcolonial Utopia: A Comparative Introduction to the Utopian Novel in the New English Literature, Berna, Peter Lang, 2001, p. 31.

19 Young Robert, Postcolonialism. A Very Short Introduction, Oxford, Oxford University Press, 2003, pp. 140-141.

20 Comberiati Daniele, “Berlusconi”, in Brioni Simone, Comberiati Daniele, Ideologia e rappresentazione. Percorsi attraverso la fantascienza italiana, Milano, Mimesis, 2020, pp. 147-160. Sul rapporto complesso fra Italia e Giappone, cfr. anche Monserrati Michele, Searching for Japan: Twentieth-Century Italy’s Fascination With Japanese Culture, Liverpool, Liverpool University Press, 2020; Toshio Miyake, “Italian Transnational Spaces in Japan: Doing Racialised, Gendered and Sexualised Occidentalism”, in Marinelli Maurizio, Ricatti Francesco (a cura di), Emotional Geographies of the Uncanny: Reinterpreting Italian Transnational Spaces, Cultural Studies Review, n. 19, vol. 2, 2013, pp. 99-124; Cestari Matteo, Coci Gianluca, Moro Daniela, Specchio Anna (a cura di), Orizzonti giapponesi, Roma, Aracne, 2018.

21 Nacci Jacopo, Guida ai super robot: L’animazione robotica giapponese dal 1972 al 1980, Milano, Odoya, 2016; Raffaelli Luca, Le anime disegnate: Il pensiero dei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre, Roma, Minimum Fax, 2015.

22 Crainz Guido, Storia del miracolo italiano, Roma, Donzelli, 1996, pp. 197-201.

23 Langer Jessica, Postcolonialism and Science Fiction, New York, Palgrave Macmillan, 2011, p. 14.

24 Cfr. Miyake Toshio, “Italy Made in Japan: Occidentalism, Self-Orientalism, and Italianism in Contemporary Japan”, in Parati Graziella (a cura di), New Perspectives in Italian Cultural Studies, vol. 1 Definitions, Theory, and Accented Practices, Madison, NJ, Fairleigh Dickinson University Press, 2012, pp. 195-213; Monserrati Michele, Searching for Japan, cit.

25 Nisbett Richard E., Masuda Takahito, “Culture and Point of View”, in Proceedings of National Academy of Science, 100, 1, 2003, pp. 11163–11170.

26 Mignolo Walter D., Local Histories/Global Designs: Coloniality, Subaltern Knowledges, and Border Thinking, Princeton, Princeton University Press, 2000, pp. 35-41.

27 Ravault René Jean, “Resisting Media Imperialism by Coerseduction”, in InterMedia, vol. 13, n. 3, 1985, pp. 32-37.

28 Cf. Del Pero Mario, “Containing Containment: Rethinking Italy’s Experience During the Cold War”, in Journal of Modern Italian Studies, n. 4, 2003, pp. 532–555; Gundle Stephen, “L’americanizzazione del quotidiano: televisione e consumismo nell’Italia degli anni Cinquanta”, in Quaderni Storici, vol. 21, n. 62, 1986, pp. 561-594.

29 Bhabha Homi K. (a cura di), The Location of Culture, cit., p. 251.

30 Agnew John, “The Territorial Trap”, in Review of International Political Economy, n. 1, 1994, pp. 53-80.

31 Antonello Pierpaolo, Mussgnug Florian (a cura di), Postmodern Impegno: Ethics and Commitment in Contemporary Italian Culture, Oxford, Peter Lang, 2009.

32 Burns Jennifer, Fragments of Impegno: Interpretations of Commitment in Contemporary Italian Narrative, 1980-2000, Leeds, Northern University Press, 2001, p. 64.

33 Ead., “Rethinking Impegno (Again): Reading, Ethic and Pleasure”, in Antonello Pierpaolo, Mussgnug Florian (a cura di), Postmodern Impegno, cit., pp. 61-82.

34 Hutcheon Linda, Narcissistic Narrative: The Metafictional Paradox [1980], New York, Methuen, 1984, p. 140.

35 Ibid., p. 139.

36 Haraway Donna, “A Manifesto for Cyborgs: Science, Technology, and Socialist-feminism in the Late Twentieth Century” [1989], in Simians, Cyborgs, and Women: The Reinvention of Nature, London, Routledge, 1991, pp. 149-181.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica

Simone Brioni, «La fantascienza italiana dalla prospettiva degli studi sulla traduzione e postcoloniali»Narrativa, 43 | 2021, 19-29.

Notizia bibliografica digitale

Simone Brioni, «La fantascienza italiana dalla prospettiva degli studi sulla traduzione e postcoloniali»Narrativa [Online], 43 | 2021, online dal 01 décembre 2022, consultato il 08 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/narrativa/418; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/narrativa.418

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Autore

Simone Brioni

Stony Brook University

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