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Movimenti, idee, ideologie

Premi letterari e nuovo impegno. Considerazioni sullo “Strega” degli ultimi vent’anni

Gianluigi Simonetti
p. 129-141

Abstract

Scopo di questo intervento è ricostruire la direzione ideologica e in senso lato politica presa in questi anni da una parte della narrativa italiana contemporanea più mainstream deducendola da un osservatorio, o archivio, privilegiato: il premio Strega degli ultimi vent’anni, con i suoi libri finalisti e i suoi vincitori.

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Note dell’autore

Alcune delle riflessioni contenute in questo intervento sono sviluppate nel mio libro di recente pubblicazione: Simonetti Gianluigi, Caccia allo Strega. Anatomia di un premio letterario, Milano, nottetempo, 2023.

Testo integrale

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  • 1 “[L’idea] era nata da me, da me a paragone con gli altri, dalla nuova coscienza sorta nei tempi tan (...)
  • 2 “Il quadro, lo dico a scanso di equivoci, è che la qualità delle prime annate, fino agli anni Sess (...)
  • 3 Gli Amici della Domenica, chiamati così dal giorno della settimana deputato alle riunioni delle pri (...)

1Ha senso parlare di impegno per il premio Strega? Ha senso cercare questa categoria nella storia e nelle opere valorizzate da un’istituzione letteraria che nella sua vicenda ha spesso mostrato di preferire una narrativa politicamente – e non solo politicamente – prudente? Nato nel 1947, in un salotto letterario, quello romano di Maria e Goffredo Bellonci, aperto in esplicito richiamo ai “tempi incisivi della Resistenza”1, nelle sue prime edizioni – che col senno di poi sono anche le più ricche di scoperte e romanzi memorabili2 – lo Strega registra un certo interesse per l’area del neorealismo in quel momento in voga, premiando esemplari comunque anomali e fortemente individuati, come Pavese, Alvaro, il Moravia asciutto dei racconti, il Flaiano bellico di Tempo di uccidere. Ma se lo osserviamo per intero, con sguardo panoramico e alla giusta distanza, l’albo d’oro dei finalisti dello Strega del Novecento esprime per larghi tratti una coerenza di fondo, che va oltre le tendenze letterarie di stagione, e che semmai è capace di dire qualcosa – per il tramite dei seicentosessanta attuali “Amici della domenica” che assegnano il premio3 – sui gusti e sulla cultura di un ideale e generale ceto medio di lettori italiani contemporanei; e sulla loro relativa diffidenza nei confronti di un impegno troppo rumorosamente rivendicato.

  • 4 Petrocchi Stefano, La polveriera, Milano, Mondadori, 2014, p.  41.
  • 5 Qualche esempio: Tommaso Landolfi con A caso, nel 1975; Primo Levi con La chiave a stella, nel 1979 (...)
  • 6 “Ciò che è assente nell’albo dei vincitori è il tratto sperimentale”: Manica Raffaele “La storia (l (...)
  • 7 “L’altro elemento mancante del catalogo dei vincenti è il comico”: Ibid., p.  27.

2Da un lato il progetto di “valorizzare scrittori nel pieno della loro fase creativa piuttosto che celebrare carriere già prestigiose”4, sforzo che in passato non ha impedito allo Strega di assegnare riconoscimenti tardivi a scrittori che probabilmente avevano già dato il meglio di sé, indulgendo a celebrazioni autoreferenziali (e in qualche caso a “premi alla carriera”)5; dall’altro lato, la propensione – soprattutto negli ultimi vent’anni – a investire su personalità attuali e in forma, capaci di tenere il campo (e il mercato), investendole di una doppia consacrazione: autoriale e commerciale. Viene da questo doppio movente, per il Premio, lo sforzo di individuare e mettere in risalto opere che risultino in ogni senso non troppo ardue e selettive: testi dalla solida e piana tenuta narrativa, leggibili e amichevoli verso il lettore medio, però eventualmente capaci di interessare anche il cosiddetto non-lettore, ossia il consumatore occasionale, che legge un libro all’anno o nessuno ed è sensibile alle indicazioni mediatiche. Ma al tempo stesso, testi artisticamente ambiziosi e a qualche titolo “di qualità”; a scapito di racconti brevi e prose d’arte, dalle cinquine finaliste al premio emerge complessivamente il profilo di un romanzo borghese, provvisto di “ganci” narrativi di vario tipo, attento ai valori della tradizione, ma anche – ed è quel che ci interessa di più – cauto sul piano politico. Un romanzo di intrattenimento alto, lontano, per questo, da tentazioni sperimentali, da fascinazioni vernacolari, da esperimenti sovversivi con la lingua6. Un romanzo “serio”, incline al novel molto più che al romance, all’impianto realistico più che al fantastico, al registro tragico molto più che al comico7. Un romanzo in nessun caso disposto a rinunciare, per esigenze di stile, a leggibilità agevole e chiarezza espressiva, ma al tempo stesso alieno da concessioni troppo generose a compilazioni corrive o dichiaratamente di genere.

2.

  • 8 La bibliografia al riguardo è già sterminata; per un bilancio sintetico, analitico e aggiornato cfr (...)

3Nonostante questa premessa doverosa, la ricerca annunciata dal titolo vale la pena di essere almeno impostata. In primo luogo perché attraversiamo, da quindici anni almeno, una stagione letteraria di nuovo percorsa dalla tentazione di un’arte (e di una letteratura) a diverso titolo civile e impegnata, che ha creato non solo una moda generale, ma anche diversi sottogeneri e sottospecie di narrativa, poesia e saggistica engagées8. Poi perché per molti aspetti, come abbiamo anticipato, il premio Strega attuale, diciamo quello del nuovo millennio – che rimane pur sempre il più prestigioso, conosciuto e influente dei premi dedicati alla narrativa – è cosa in parte diversa rispetto all’istituzione letteraria cresciuta e stratificatasi nel secondo Novecento. Lo testimoniano innanzitutto le trasformazioni regolamentari intervenute negli ultimi anni: cominciamo l’analisi ideologica dell’istituzione letteraria da queste novità, che sono le più innegabili ed evidenti, le più facili da individuare e parametrare.

  • 9 Più incline allo specialismo resta invece la composizione del Comitato direttivo – perlopiù scritt (...)

4Com’è noto, gli Amici della domenica costituiscono in principio un numero relativamente esiguo di centosettanta-duecento giurati, tra cui una maggioranza di letterati prevalentemente “puri” (poeti, narratori e critici, più artisti e studiosi di varia estrazione). Nel corso del tempo il numero dei giurati si è complessivamente moltiplicato, aprendosi a personalità della cultura, della società, della scuola, degli istituti di cultura e dei gruppi di lettura, nel tentativo di avvicinare ulteriormente il Premio alla sensibilità di un pubblico colto ma tutto sommato generalista, sempre più lontano da quella ristretta o ristrettissima società letteraria (in gran parte capitolina) che è all’origine dello Strega9. In particolare è a partire dal 2007, in concomitanza con l’arrivo di Tullio De Mauro alla direzione della Fondazione Bellonci, che la platea dei votanti viene ampliata con più decisione, inaugurando ulteriore impulso riformatore poi assecondato dalla direzione di Stefano Petrocchi, dal 2016 a oggi.

  • 10 Se ne lamentava già Pasolini, addirittura nel 1968, ritirando il suo Teorema dalla competizione e i (...)

5Evidente, negli ultimi quindici anni, lo sforzo di sopperire a un limite storicamente attribuito al premio: la permeabilità all’influenza dei grandi marchi editoriali, esercitata attraverso il controllo di pacchetti di voti in quello che è detto gergalmente il “sottobosco” della giuria10. Il risultato, alla prova dei fatti, è che oggi lo Strega è mediaticamente percepito rispetto al passato – e soprattutto rispetto agli ultimi vent’anni del Novecento – come contendibile e scalabile, più appetibile e più appetito da editori e candidati, apparentemente meno rassegnati di un tempo al trionfo di un vincitore annunciato, certamente più attratti che mai dall’offerta di visibilità anche aleatoria (il tempo di una proposta agli Amici della domenica, o meglio ancora di un transito nella dozzina) che il premio garantisce. Così, dai primi anni Zero a oggi sono più che raddoppiati i marchi editoriali in lizza; i più grandi dei quali sempre più spesso a concorso e talvolta in finale con più di un titolo (segno di discontinuità rispetto alla stagione in cui due o tre grandi gruppi puntavano tutto su un candidato scelto in base a logiche interne e sostenuto da rigide regole di scuderia). D’altra parte diverse edizioni degli ultimi lustri hanno assegnato il premio finale con una manciata di voti di scarto (un voto nel 2009, quattro nel 2010, due nel 2012, cinque nel 2014...): a comunicare, ancora, una certa imprevedibilità.

  • 11 Sebbene a dirigere l’istituzione siano state di fatto, per tutto Novecento, due donne – Maria Bello (...)
  • 12 In parallelo, la nascita e la promozione dei premi di contorno, che, istituiti di recente, rafforza (...)

6A queste sensazioni di incertezza e dinamismo maggiori hanno concorso altre misure a cui è stato volutamente impresso, dalla Fondazione Bellonci organizzatrice del premio, una coloritura e un risalto politici, come l’allargamento della platea dei votanti a soggetti non elitari e scelti al di fuori del cerchio degli addetti ai lavori – il mondo della scuola e dell’università, i gruppi e i circoli di lettura, gli istituti italiani di cultura all’estero –; l’apertura all’editoria media e piccola, che attualmente per regolamento deve essere rappresentata in finale da almeno un titolo; la possibilità concessa a ogni giurato di segnalare un’opera senza associarsi a un secondo collega; la promozione di ricerche “inclusive” e campagne mediatiche contro quel divario di genere che ha segnato la storia dell’istituzione (e notiamo che dal 2018, con il contributo dei voti dall’estero, donne e uomini sono per la prima volta in numero quasi paritario in giuria; e che nel 2004, nel 2007 e nel 2019 ci sono state più donne candidate al premio che uomini – in precedenza era accaduto una sola volta, nel 1975)11. Tutte iniziative di liberalizzazione che non hanno soltanto reagito a un bisogno democratico di trasparenza e a un desiderio di maggiore indipendenza dai grandi gruppi editoriali, ma anche e direi soprattutto a un superiore disegno strategico, all’insegna del libero mercato: aumentare l’interesse della vetrina e della gara, sviluppare il potere di attrazione del marchio Strega presso scrittori ed editori, oltre che incrementarne l’appeal presso un pubblico non specialistico12. Un’opportunità comunicativa e commerciale che rende il Premio non meno ma più rappresentativo dei gusti e delle aspettative di un ceto medio di lettori italiani; rappresentativo anche dell’effetto che fa, sullo stile dei libri premiati, questa democraticizzazione dell’arte, che è insieme valore non negoziabile e richiesta mercantile.

3.

7Esiste dunque una forma di impegno, nell’istituzione Strega, quantificabile e definibile in quello sforzo democratico di cui abbiamo appena parlato, che – per quanto tutt’altro che privo di sfumature di marketing – può definirsi strutturale, perché investe le regole stesse del gioco. Veniamo adesso alle opere che il premio ha coinvolto, e al modo in cui le forme letterarie hanno risposto a una doppia sollecitazione: da parte dell’istituzione, a corrispondere a questo rinnovamento inclusivo; da parte della cultura in generale, in questi ultimi vent’anni, ad armonizzarsi a un nuovo impegno che – perso l’orizzonte rivoluzionario, anche formalmente eversivo, che aveva nella sua accezione originaria, sartriana – è comunemente inteso soprattutto in senso contenutistico, e tiepidamente progressista: come attenzione alla realtà civile, critica al sistema economico e produttivo, difesa delle vittime della società e della storia, perfino auto-aiuto, terapia, cura in situazione di stress politico ed emotivo.

8Anteriormente a temi e motivi, un primo riscontro formale andrebbe definito a livello di genere (letterario). Se è noto che romanzo e non-fiction novel, con tutte le loro ibridazioni possibili –autofiction, biofiction, reportage, memoir, lyric o personal essay – risultano attualmente generi trainanti del mercato di narrativa, andrà sottolineato che secondo i dati divulgati dall’Associazione Italiana Editori, nel 2018 e nel 2019 la nonfiction, tanto specialistica che generale, comincia a svilupparsi commercialmente e produttivamente con lo stesso indice di crescita della narrativa finzionale.

  • 13 Lo suggerisce tra l’altro una delle più inattese sconfitte di un finalista favorito che lo Strega r (...)
  • 14 “Molti dei generi ibridi nati negli ultimi decenni sembrano essere non tanto il prodotto ma piuttos (...)

9Anche per questo, forse, un valore aggiunto sembra diventato, anche allo Strega, il “narrare ibrido”: tra fiction e non-fiction, invenzione e testimonianza civile, fascino del vero e storytelling diffuso, ipertrofia delle storie e deriva saggistico-ideologica. Soprattutto, a mio parere, tra gusto di raccontare prendendosi molte licenze e insieme fuga dalla responsabilità, architettonica e strutturale, di costruire un romanzo vero e proprio. A lungo, tra fine Novecento e nuovo millennio, lo Strega non è parso particolarmente sensibile a scritture ibride, alla frontiera tra saggio, romanzo e testimonianza personale: qualche presenza in cinquina – Sandra Petrignani, La scrittrice abita qui (2003); Francesco Piccolo, Allegro occidentale (2004); Rossana Rossanda, La ragazza del secolo scorso (2006) – ma difficoltà a sfondare e arrivare sul podio13. La situazione si rovescia dopo il successo globale di Gomorra (2006), analogo a quello di altri bestseller ibridi internazionali: negli ultimi dieci anni ben tre edizioni dello Strega sono state vinte da non-fiction novel (Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo, La scuola cattolica di Edoardo Albinati e Due vite di Emanuele Trevi); una quarta da Resistere non serve a niente, che è in parte un’autofiction (genere con cui Siti era spesso identificato fino a quel momento); una quinta, nel 2011, da Edoardo Nesi, con Storia della mia gente, ibrido fra autobiografia, romanzo e saggio. Se si considera che M il figlio del secolo di Scurati e La ragazza con la Leica di Janeczek – di cui parleremo più diffusamente in seguito – sono romanzi legati strettamente a biografie autentiche, e fortemente esposti per impiego di materiali d’archivio, possiamo concludere che ben due terzi dei premi Strega degli ultimi dodici anni – due su tre insomma – sono testi a diverso titolo “ibridi” (e manca per poco all’appello Qualcosa di scritto, altro importante non-fiction novel di Emanuele Trevi che perse lo Strega per soli due voti nel 2012). Tutte forme di consacrazione per un tipo di narrativa che soprattutto in Italia viene oggi riconosciuto non solo dai lettori ma anche da molti addetti ai lavori come privilegiato punto d’incontro tra un crescente interesse di mercato e nuovi stili di realismo (identificati magari come antagonisti alla società “e alle sue forme di espressione”)14. Come esistono i film “da festival”, così esistono i libri “da premio”: da quindici anni a questa parte la non-fiction è premiata volentieri, mentre i best-seller di puro consumo restano ancorati a una altrettanto pura fiction: generalista (Federico Moccia, Fabio Volo) o di genere (Antonio Manzini, Maurizio Di Giovanni, Donato Carrisi…).

  • 15 “Tutti i libri che ho scritto hanno a che fare con l’autobiografia, o l’autofiction, o insomma ques (...)
  • 16 Marchese Lorenzo, L’io possibile. L’autofiction come paradosso del romanzo contemporaneo, Massa, Tr (...)
  • 17 Cordelli Franco, “Giuseppe Genna, Hitler, in Id., Il mondo scintillante, Roma, Theoria, 2019, p. 4 (...)

10Nell’avvicinamento in corso tra non-fiction novel e mercato, lo Strega è stato certo ricettore di impulsi prodotti e propagati dalla scena letteraria (non solo italiana) nel suo complesso. Ma questa ricezione non è stata passiva – in molti casi il premio ha proiettato al suo esterno modelli e ricette, contribuendo attivamente a creare pattern formali e genealogie. In una veloce e complessiva rassegna andrà ad esempio registrato che Via Gemito di Domenico Starnone, vincitore nel 2001, ha contribuito precocemente rispetto alle mode a incarnare e diffondere una scrittura in prima persona ad alto tasso di referenzialità, specializzata nel racconto famigliare e sentimentale e versata alla gestione di un’indagine; uno schema che tornerà in Vita di Melania Mazzucco, Storia della mia gente di Edoardo Nesi e forse in Altri fantasmi di Nadia Terranova; con gli opportuni aggiustamenti anche nella tetralogia di Elena Ferrante, e con sfumature metanarrative nei libri Antonio Pascale e Francesco Piccolo (incluso Il desiderio di essere come tutti)15. D’altra parte, tantissima autofiction italiana, al confine tra vero e sembrar vero, deve parecchio ai romanzi di Walter Siti, a Scuola di nudo e a Troppi paradisi in particolare16, ma anche a quelli – come Resistere non serve a niente, vincitore nel 2013in cui il narratore autofinzionale si prende delle libertà e lascia il posto ad altri protagonisti o altre voci. Le due varianti si alternano in molti libri di Emanuele Trevi e Edoardo Albinati, nei racconti di Giulio Mozzi, ma anche in certi romanzi di Massimiliano Parente e Giuseppe Genna (e soprattutto in Italia de profundis), in La più amata di Teresa Ciabatti, in Prima di sparire di Mauro Covacich, forse anche in diversi fumetti di Gipi, pronti a partecipare a loro volta allo Strega (magari in compagnia dei graphic novel di Zerocalcare). Dal canto suo M di Antonio Scurati, vincitore nel 2019, ha assorbito, nutrito e rilanciato una scrittura in cui biofiction e romanzo storico si appoggiano più del solito alle “storie vere”, con fonti ben in vista (e latente una sfiducia corposa nelle risorse dell’esperienza individuale): una scrittura che riesce a parlare al sistema dei media e a un pubblico vasto e interconnesso ben più di un romanzo storico tradizionale come Canale Mussolini di Antonio Pennacchi, che pure uno Strega l’ha vinto. Almeno da Una storia romantica in poi gli esperimenti di Scurati col passato nazionale partecipano di una galassia di scritture “miste di storie e d’invenzione” in cui la fa da padrone ora una testimonianza civile priva di eccessive preoccupazioni formali, tutta “soggetto e verbo”17 (come ad esempio in Hitler di Giuseppe Genna e La linea del colore di Igiaba Scego), ora la ricapitolazione (e a volte manipolazione) storica spettacolare, nella cornice di una saga dai modelli ritmici e respiratori più televisivi che letterari, per esempio i Leoni di Sicilia e L’inverno dei Leoni di Stefania Auci.

4.

11In una sintetica rassegna del neo-impegno allo Strega, passaggio storicamente importante è quello che chiude gli anni Dieci. Abbiamo già detto, del biennio 2018-2019, che segna l’espansione commerciale delle scritture ibride. Ma il 2018 è, in Occidente, anche l’anno del #metoo (nell’ottobre del 2017 l’hashtag comincia a diffondersi viralmente in seguito alle accuse pubbliche di molestie sessuali formulate contro Harvey Weinstein). L’edizione dello Strega di quell’anno va a La ragazza con la Leica, di Helena Janeczek, nel sollievo generale dei media: perché una scrittrice torna a vincere lo Strega dopo quindici anni, e perché il suo romanzo è pubblicato da Guanda, a spezzare insieme il monopolio maschile (l’ultima scrittrice a vincere il premio era stata Mazzucco, nel 2003) e quello dei grandi marchi. Sollievo senza stupore: nello scegliere la cinquina gli Amici della domenica avevano messo le mani avanti, identificando ben tre finaliste, tutte legate a editori medi o piccoli. Stavolta, e per una volta, i veri outsider erano paradossalmente i maschi Balzano e D’Amicis, editi entrambi dalle major (da notare che nelle edizioni del 2019 e del 2021 le donne in cinquina saranno più numerose degli uomini, e che nel 2020 e 2021 vinceranno il premio marchi “indipendenti” come La nave di Teseo e Neri Pozza).

  • 18 Nel 2018 sono in cinquina La ragazza con la Leica di Helena Janeczek (Guanda), Resto qui di Marco B (...)
  • 19 Su questi temi cfr. Giglioli Daniele, Critica della vittima. Un esperimento con l’etica, Milano, no (...)

12Sbrigata la contabilità inclusiva, ciò che veramente colpisce, di questa edizione, non è tanto il risultato finale, quanto le strettissime solidarietà strutturali e tematiche che collegano le opere finaliste18; o almeno quattro su cinque, perché Il gioco di D’Amicis meriterebbe un discorso a parte. I romanzi di Janeczek, Levi, Balzano e Petrignani orbitano tutti intorno al cuore oscuro del Novecento, quello del totalitarismo fascista. La regressione temporale non ha scopo evasivo, al contrario si vuole impegnata, appunto, ed è in gran parte rivolta al presente: chi parla delle leggi razziali del 1938 allude ai migranti del nuovo millennio (nel 2018 Salvini è nominato ministro dell’Interno e Vicepresidente del Consiglio), chi racconta la guerra civile spagnola pensa alle difficoltà del nostro multiculturalismo, chi si interroga sulla “grande opera” della diga di Curon strizza l’occhio ai No Tav, eccetera. Si descrive il fascismo di ieri sottintendendo il fascismo di oggi; il vero tema comune è un’identità culturale democratica minacciata da una forza oppressiva. Se avanguardie e neoavanguardie novecentesche propugnavano l’autonomia dell’arte e aggredivano il decoro borghese dissestando le certezze innanzitutto sul piano dello stile, questa poetica muove da rivendicazioni morali, reclama una letteratura eteronoma, accetta e propugna un contenutismo esplicito. Sentendosi in minoranza nella sfera politica, la cultura progressista si rifugia nell’estetica: i protagonisti di questi libri sono tutti eroi o eroine di grande tempra intellettuale e civile. Le loro armi? La testimonianza, le parole, la scrittura, le foto, insomma l’arte e la cultura. Ne deriva, sul piano strutturale, uno schema morale ricorrente, per cui i buoni sono buoni (e colti), i cattivi cattivi (e ignoranti); e l’idea per cui l’odio nasce sempre dalla rozzezza, la cultura è sempre separata dalla violenza, le vittime hanno sempre ragione, e posseggono tutti i diritti, tranne quello di poter sbagliare anche loro19.

13Tale schema – emotivamente appagante, se si sta (come per tanti versi è giusto) dalla loro parte – pone problemi dal punto di vista romanzesco, almeno se si interpreta il romanzo come novel, meccanismo di smascheramento del quotidiano e analisi impietosa del sé. In effetti, pur abbracciando poetiche realistiche, nessuno di questi quattro libri si identifica in pieno col novel tradizionale, preferendo collocarsi dalla parte della “storia vera”: biografia romanzata su una scrittrice simbolo dell’antifascismo come Natalia Ginzburg (Petrignani), romanzo d’inchiesta su una fotografa di guerra coraggiosa e rivoluzionaria come Gerda Taro (Janeczeck), reinvenzione della vicenda – realmente accaduta – di una famiglia ebraica vessata dalle leggi razziali (Levi), trasfigurazione delle vicissitudini di una comunità e di una maestra che resiste alle angherie dei fascisti (Balzano). A questa trasversale passione del vero corrisponde innanzitutto un comune slancio documentario, che spinge ad allegare alle parole – quasi a rinvigorirle – una quantità variabile ma rilevante di testimonianze, attestati, mappe, disegni, foto d’epoca, bibliografie. Poi, e quasi per conseguenza, un primato innegabile della peripezia sullo stile: tutte le opere in questione puntano molto sull’energia e sul fascino della vicenda che hanno deciso di affabulare – sia un percorso biografico o un ambiente carismatico o un episodio della storia – senza preoccuparsi troppo di “come” lo raccontano. In questo, ancora una volta, lo Strega funziona come documento di un gusto storicamente determinato: sempre meno sensibile alle sottigliezze della forma, sempre più bisognoso di realtà (a compensare un eccesso di finzione), di moralità solida (a bilanciare la perdita di certezze politiche), di cultura come bene-rifugio – a confermare che “la bellezza vincerà sempre”, come ha annunciato Helena Janeczek a Villa Giulia, ritirando il premio.

  • 20 Sullo statuto di “romanzo ancipite” e sulla sua funzione centrale nelle cinquine dello Strega degli (...)

14Se le cose stanno così – e stanno così anche al Campiello, dove nel 2018 come sappiamo finisce in cinquina insieme a Janeczek anche Rosella Postorino col suo libro sulla vera storia delle assaggiatrici di Hitler – è naturale che a vincere lo Strega sia stato La ragazza con la Leica, che più scaltramente dei suoi concorrenti incarna questo ideale di non-fiction novel integrato. Integrato politicamente, quando difende valori non negoziabili di cui l’attualità ci chiede di tornare a parlare (l’antifascismo, l’antirazzismo, il femminismo); integrato in senso figurale, quando si affida alle immagini glamour (le belle foto di Gerda Taro e Robert Capa, in gran parte allegri e perfino eleganti ritratti di coppia prima della tragedia); integrato anche culturalmente, quando sceglie una prospettiva globale, e sottilmente turistica, muovendo le sue pedine romantiche e cool fra Parigi e gli Usa, Barcellona e Roma, Madrid e Napoli. La ragazza con la Leica è a suo modo un romanzo ancipite20: da un lato valori e militanza perfettamente leggibili, dall’altro godibilità iconotestuale e un po’ shabby chic.

  • 21 Nel 2019 sono in cinquina Il rumore del mondo di Benedetta Cibrario (Mondadori), Fedeltà di Marco M (...)
  • 22 Missiroli Marco, Fedeltà, Torino, Einaudi, 2019, pp. 45 e 149.
  • 23 Ibid., pp. 151, 150 e 135. La frequenza delle forme di riserbo va forse messa in rapporto col tema (...)

15L’anno successivo, nel 2019, lo Strega vive a lungo del dualismo tra Antonio Scurati e Marco Missiroli, autori di due libri – M e Fedeltà – accuratamente studiati e sostenuti per andare in società, e quindi “comunicati”, come si dice, senza lasciare niente al caso21. Romanzi in apparenza diversissimi. M massimalista, epico, strutturalmente frammentario, stilisticamente sovraccarico e politicamente impegnato; Fedeltà, invece, minimalista, sentimentale, fluido, sostanzialmente cattolico; di tono prevalentemente colloquiale, ma con qualche traslato ogni tanto, per cui la lingua oscilla tra espressione informale (“la luce le dà un riflesso bellissimo, tipo argento”) e tour de force metaforici non sempre calibrati (“Il lascito del professore era un freno a mano tirato”)22. Romanzi opposti nella dominante formale; se in M prevale l’accumulazione e l’elenco, in Missiroli si segnala semmai l’aposiopesi, cioè quella reticenza allusiva che consiste nell’interruzione più o meno brusca di una frase: “‘Vorrei avere un briciolo della tua’, – e tacque”; “‘Volevo passare da tua madre in ospedale ma ci credi che’. Ansimò”; “lui con lei sul materasso spoglio, lui che finalmente”23.

16Eppure M e Fedeltà sono romanzi simili nel loro concentrarsi sull’efficacia del racconto, e nella sudditanza di fondo a modelli audiovisivi: romanzi che crescono ispirati dai film e dalle serie, per diventare a loro volta soggetti di altri film e di altre serie, al termine di un ciclo produttivo in cui il momento letterario finisce con l’essere un mezzo più che un fine. Romanzi che parlano, da sponde lontane (e da riconoscibili ma opposti brand), allo stesso pubblico: non solo il lettore forte che conosce il romanzo italiano, ma anche quello culturalmente informato e connesso che di letteratura vera e propria non sa e non vuol sapere, perché ha imparato a rimpiazzarla con le “storie”. Quali storie? Quelle della televisione intelligente e del cinema d’autore, del giornalismo-spettacolo e della divulgazione sociologica e politica, delle tendenze (e delle paranoie) glamour. Può andar bene una quotidianità democratica, che seduca attraverso identificazioni tempestive, evocatrici delle attuali insicurezze delle classi medie (la precarietà lavorativa, la crisi della coppia, del matrimonio, della famiglia), come in Missiroli. Ma bene anche un’eccezione totalitaria, che seduca attraverso un’emergenza sancita dalla Grande Storia (come in Scurati). Lo Strega permette di vedere al lavoro la macchina del romanzo contemporaneo, il cui scopo è quasi sempre comunicativo più che estetico, e rassicurante più che critico (anche quando mima la denuncia civile, o la polemica politica, o la crisi sentimentale e spirituale).

17Alla fine il premio va ad Antonio Scurati con M, il romanzo che meglio intercetta, saturandolo, un bisogno diffuso di certezze politiche e narratività forte, effetti di realtà e pedagogia morale. Il secondo posto di Benedetta Cibrario, con Il rumore del mondo, ambientato tra 1838 e 1848, conferma del resto che la nostra consolidata esigenza di Grande Romanzo con embricatura sentimentale e privata ama adesso proiettarsi nel passato, come già in Helena Janeczek, con La ragazza con la Leica, l’anno precedente. Tra romanzo neostorico, docufiction e non-fiction novel, il nuovo impegno ha fatto il suo ingresso trionfale nell’albo d’oro dei premi letterari.

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Note

1 “[L’idea] era nata da me, da me a paragone con gli altri, dalla nuova coscienza sorta nei tempi tanto incisivi della Resistenza durante i quali avevo imparato che gli uomini esistono gli uni per gli altri e che gli scrittori non fanno eccezione. Pensavo adesso che ciascuno avesse il dovere di vivere dentro un nucleo sociale e di offrire, potendo, alla comunità, un tributo di azioni quotidiane”: Bellonci Maria, Come un racconto. Gli anni del Premio Strega (1970), Milano, Club degli Editori, 1976, p.  11.

2 “Il quadro, lo dico a scanso di equivoci, è che la qualità delle prime annate, fino agli anni Sessanta, era maggiore e che poi è andata declinando”: Manica Raffaele, “La storia (letteraria) la scrivono i vincitori”, in Petrocchi Stefano (a cura di), Strega. Un premio che nessuno ha ancora immaginato, Milano, Rizzoli, 2017, p.  27.

3 Gli Amici della Domenica, chiamati così dal giorno della settimana deputato alle riunioni delle prime edizioni del Premio, sono come è noto i giurati che scelgono i cinque libri finalisti e successivamente il vincitore dello Strega.

4 Petrocchi Stefano, La polveriera, Milano, Mondadori, 2014, p.  41.

5 Qualche esempio: Tommaso Landolfi con A caso, nel 1975; Primo Levi con La chiave a stella, nel 1979; Mario Pomilio con Il natale del 1833 nel 1983. Soprattutto alla fine del Novecento, “la pressione per completare una collezione con qualche pezzo di prestigio rimasto sino a quel momento escluso riguarda tutte le giurie (nessuna esclusa), ma nella storia dello Strega ha forse pesato più che altrove, portando gli Amici della domenica a premiare con troppa indulgenza libri minori, o addirittura mediocri, di grandi scrittori affermati. […] Dopo il lungo Sessantotto della contestazione ai premi, negli anni Ottanta e Novanta incontriamo la massima concentrazione di vincitori scelti con lo sguardo rivolto all’indietro”: Pedullà Gabriele, “Perdenti di successo: Calvino, Gadda, Pasolini e gli altri”, in Petrocchi Stefano (a cura di), Strega. Un premio che nessuno ha ancora immaginato, cit., 2017, p p.  44-45.

6 “Ciò che è assente nell’albo dei vincitori è il tratto sperimentale”: Manica Raffaele “La storia (letteraria) la scrivono i vincitori”, cit., p.  26.

7 “L’altro elemento mancante del catalogo dei vincenti è il comico”: Ibid., p.  27.

8 La bibliografia al riguardo è già sterminata; per un bilancio sintetico, analitico e aggiornato cfr. almeno Giglioli Daniele, Senza trauma. Scrittura dell’estremo e narrativa del nuovo millennio, Macerata, Quodlibet, 2022; Donnarumma Raffaele, Ipermodernità. Dove va la narrativa contemporanea, Bologna, Il Mulino, 2014; Siti Walter, Contro l’impegno. Riflessioni sul bene in letteratura, Milano, Rizzoli, 2021.

9 Più incline allo specialismo resta invece la composizione del Comitato direttivo – perlopiù scrittori, critici, professori di materie umanistiche, selezionati all’interno di una ristrettissima società letteraria – incaricato di scegliere i dodici romanzi sottoposti ogni anno al voto preliminare degli Amici della domenica: un filtro decisivo, una scrematura che spesso colpisce, oltre a molte opere di insufficiente livello letterario, alcuni dei romanzi più sperimentali, e non di rado anche singoli testi più politicamente coraggiosi.

10 Se ne lamentava già Pasolini, addirittura nel 1968, ritirando il suo Teorema dalla competizione e indirizzando alla direzione del premio una polemica lettera aperta: “Già altre volte avevo partecipato al Premio: con Ragazzi di vita, nel ’55 o ’56, e con Una vita violenta nel ’59: e l’elettorato ha decretato una mia dimostrativa sconfitta: ma quelli erano altri tempi, erano gli anni Cinquanta, con l’Italia ancora paleocapitalistica, col suo Sud, i suoi sottogoverni ecc. ecc. Ora tutto è cambiato: mentre allora il Premio Strega era, come dire, una cosa in famiglia, pareva, partecipandovi, di andare a giocare a tombola coi vicini di casa – e quindi tutti i suoi piccoli pasticci, le sue micragnose alleanze, le sue contrattazioni galeotte facevano parte di un ‘malcostume’, contro cui non valeva nemmeno la pena di fare delle polemiche – oggi invece il Premio Strega è venuto a fare parte integrante di quella che si chiama ‘industria culturale’ e si inquadra in una Italia borghese di tipo nuovo [...]. Il ‘malcostume’ dunque non è più un fenomeno parziale, all’interno di un particolarismo sociale (la vita letteraria), ma è un fenomeno integrale, riguardante la società italiana nel suo insieme. [...] Il Premio Strega è completamente e irreparabilmente nelle mani dell’arbitrio neocapitalistico…”; Cfr. Pasolini Pier Paolo, “In nome della cultura mi ritiro dal Premio Strega” (1968), in Id., Saggi sulla politica e sulla società, a cura di Siti Walter e De Laude Silvia, Milano, Mondadori, 1999, pp.  152-153.

11 Sebbene a dirigere l’istituzione siano state di fatto, per tutto Novecento, due donne – Maria Bellonci (dalla fondazione al 1986) e Anna Maria Rimoaldi (dal 1987 al 2007), lo Strega non è mai stato particolarmente incline a valorizzare le scrittrici, a differenza di altri premi letterari (per esempio il francese Femina) la cui gestione è stata amministrata da un management femminile. Cfr. Tolfo Giorgia, Caminito Giulia, “Perché allo Strega sono quasi sempre tutti maschi”, in Domani, 12 dicembre 2020, https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/lo-strega-non-rosa-il-premio-letterario-dove-le-donne-non-vincono-quasi-mai-khlgsx92.

12 In parallelo, la nascita e la promozione dei premi di contorno, che, istituiti di recente, rafforzano il brand e “fanno sistema”: lo Strega Giovani, assegnato da studenti delle scuole superiori (che di solito non va al vincitore dello Strega vero e proprio, ma al libro in cinquina più ricco di potenzialità commerciali e fioriture ideologiche); lo Strega Europeo – chiaramente orientato verso gli editori indipendenti, solitamente ai margini dell’albo d’oro del premio principale; lo Strega Ragazzi e Ragazze, dedicato alla narrativa per l’infanzia e l’adolescenza; e da ultimo lo Strega Poesia, varato nel 2022.

13 Lo suggerisce tra l’altro una delle più inattese sconfitte di un finalista favorito che lo Strega ricordi, quella di una scrittura ibrida ante litteram come Le nozze di Cadmo e Armonia di Roberto Calasso, confinato al secondo posto nell’edizione del 1989.

14 “Molti dei generi ibridi nati negli ultimi decenni sembrano essere non tanto il prodotto ma piuttosto la risposta consapevole di molti scrittori alla commistione quotidiana tra fiction e non-fiction. […] Le nuove narrazioni ibride, dunque, non hanno solo quel potere ‘immunizzante’ della fiction descritto da Schaeffer, ma ci stimolano anche a esercitare una forma di sospetto e di critica alla società e alle sue forme di espressione”. Castellana Riccardo, “Cos’è la fiction?”, in Fiction e non fiction. Storia, teorie e forme, a cura di Castellana Riccardo, Roma, Carocci, 2021, p. 42 (corsivi dell’autore).

15 “Tutti i libri che ho scritto hanno a che fare con l’autobiografia, o l’autofiction, o insomma questo modo di raccontare. […] Quando scrivo i miei libri scrivo di me – in quel modo in cui si può scrivere di sé, vero o falso che sia, ma senz’altro vero nelle verità essenziali che si vogliono raccontare”. Piccolo Francesco, La bella confusione, Einaudi, Torino 2023, pp.  203-204.

16 Marchese Lorenzo, L’io possibile. L’autofiction come paradosso del romanzo contemporaneo, Massa, Transeuropa, 2014, in particolare pp.  236-264; Cucchi Silvia, Una teologia della frustrazione. L’opera letteraria di Walter Siti, Firenze, Franco Cesati Editore, 2021, in particolare pp.  154-167.

17 Cordelli Franco, “Giuseppe Genna, Hitler, in Id., Il mondo scintillante, Roma, Theoria, 2019, p. 451.

18 Nel 2018 sono in cinquina La ragazza con la Leica di Helena Janeczek (Guanda), Resto qui di Marco Balzano (Einaudi), La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg di Sandra Petrignani (Neri Pozza), Questa sera è già domani di Lia Levi (e/o), Il gioco di Carlo D’Amicis (Mondadori).

19 Su questi temi cfr. Giglioli Daniele, Critica della vittima. Un esperimento con l’etica, Milano, nottetempo, 2014.

20 Sullo statuto di “romanzo ancipite” e sulla sua funzione centrale nelle cinquine dello Strega degli ultimi vent’anni, cfr. Simonetti Gianluigi, Caccia allo Strega. Anatomia di un premio letterario, Milano, Nottetempo, 2023, pp.  123-140.

21 Nel 2019 sono in cinquina Il rumore del mondo di Benedetta Cibrario (Mondadori), Fedeltà di Marco Missiroli (Einaudi), La straniera di Claudia Durastanti (La nave di Teseo), Addio fantasmi di Nadia Terranova (Einaudi), M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati (Bompiani).

22 Missiroli Marco, Fedeltà, Torino, Einaudi, 2019, pp. 45 e 149.

23 Ibid., pp. 151, 150 e 135. La frequenza delle forme di riserbo va forse messa in rapporto col tema del romanzo, che parla appunto di segreti: fedeltà difficili, minate dai fantasmi di varie infedeltà, tra due giovani sposi e i rispettivi amanti – lui, lei, l’altro e l’altra (quattro facce di una sola paura, quella di essere condannati al fallimento sociale e personale).

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica

Gianluigi Simonetti, «Premi letterari e nuovo impegno. Considerazioni sullo “Strega” degli ultimi vent’anni»Narrativa, 45 | 2023, 129-141.

Notizia bibliografica digitale

Gianluigi Simonetti, «Premi letterari e nuovo impegno. Considerazioni sullo “Strega” degli ultimi vent’anni»Narrativa [Online], 45 | 2023, online dal 01 décembre 2024, consultato il 16 mai 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/narrativa/2693; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/narrativa.2693

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Autore

Gianluigi Simonetti

Université de Lausanne

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