Forme di resistenza “obliqua” nei segnali ecosemiotici. Cinema naturale di Gianni Celati
Abstract
In questo contributo si intende utilizzare l’approccio ecosemiotico per comprendere il processo di relazione con il paesaggio che ha luogo in Cinema naturale (2001) di Gianni Celati. L’impegno di Celati si definisce come un nuovo atteggiamento di apertura verso la percezione del dato esterno e dell’alterità che si realizza attraverso la narrazione.
Indice
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L’opera di Gianni Celati nel contesto delle Environmental
Humanities: un approccio metodologico
- 1 Celati Gianni, Cinema naturale, Milano, Feltrinelli, 2001.
- 2 Id., Conversazione del vento volatore, Macerata, Quodlibet, 2011.
1Questo articolo indaga come le Environmental Humanities possono essere utilizzate per un’analisi delle opere di Gianni Celati, considerando la raccolta di racconti Cinema naturale1 alla luce di alcune riflessioni critiche contenute in Conversazione del vento volatore2. Gianni Celati, scrittore, traduttore e saggista è stato uno dei più importanti autori della letteratura italiana contemporanea. Se le sue prime opere narrative riflettevano lo sperimentalismo linguistico proprio della neoavanguardia della fine degli anni Sessanta, in seguito la sua scrittura si è avvicinata più al minimalismo formale mettendo in luce le contraddizioni della società italiana contemporanea nel contesto del postmodernismo.
2L’impegno di Celati è rivolto verso una nuova percezione del reale che si realizza tramite la narrazione, ma che si configura come una tensione continua nel diramarsi oltre la pagina scritta. In questo atteggiamento di apertura verso la percezione, il dato esterno e gli altri può essere colta una forma di resistenza che definiremo “obliqua”, dal momento che non assume la forma di una presa di posizione diretta in termini politici. In modo più “obliquo”, piuttosto, la resistenza di Celati contro la deturpazione del paesaggio italiano post-industriale emerge dalla sua capacità narrativa che, nelle sue opere, si manifesta nel dare voce al paesaggio stesso e al modo in cui proprio il paesaggio influenza i personaggi umani che lo abitano e agisce su di essi. In questo senso, si sosterrà in questo articolo, l’opera di Celati si presta in modo esplicito a un’analisi ecosemiotica. L’ecosemiotica, infatti, si propone di espandere l’uso e la funzione dei segni oltre l’umano, inglobando i segnali lanciati anche da altre specie e più complessivamente dal paesaggio stesso al fine di farli interagire tra di loro mappando nuove interazioni tra gli umani e la natura.
- 3 Iovino Serenella, Ecologia letteraria: Una strategia di sopravvivenza, Milano, Edizioni Ambiente, 2 (...)
- 4 Iovino Serenella, Introduction, in Ecocriticism and Italy: Ecology, Resistance and Liberation, cit. (...)
- 5 Ibid.
- 6 Ead., Ecologia letteraria: Una strategia di sopravvivenza, cit., p. 17.
3La cornice teorica delle Environmental Humanities, considerata come un modello epistemologico per questa analisi, si attiene al dibattito attorno alle più recenti teorie dell’ecocriticism3. In questa ottica, la letteratura, come altre discipline artistiche, consente di dare attenzione alle voci silenziose del mondo: dal cibo, alle molecole, ai corpi, ai luoghi. Queste teorie vedono nella scrittura letteraria e in questo caso narrativa, un tentativo di denunciare le contraddizioni della crisi ambientale, trasformando le voci inespresse in parole o suoni. Questa pratica, secondo Serenella Iovino, non è solo un modo di resistenza, ma piuttosto una pratica di liberazione. L’aspirazione dell’ecocriticism, infatti, è quella di intervenire nella realtà, al fine di poter essere parte di qualcosa che cambia insieme alla nostra consapevolezza con la quale percepiamo la realtà circostante4. Questo rappresenterebbe, quindi, anche una tensione continua tra “l’individuo e il tutto, tra resistenza e liberazione”5. L’interpretazione “ecologica” dei testi letterari, infatti, consente di adottare una prospettiva critica della relazione tra l’essere umano e il suo ambiente. Come ha affermato ancora Iovino, l’obiettivo dell’ecocriticism tende a “essere una forma di attivismo culturale: un movimento, una critica militante, in senso anti-ideologico, che cerca nella cultura uno strumento che affini la nostra consapevolezza della vita e dei cambiamenti nella società contemporanea”6. Questo articolo si avvarrà di una branca particolare delle Environmental Humanities, l’ecosemiotica.
- 7 Maran Timo, Ecosemiotics, Cambridge, Cambridge University Press, 2020, p. 1.
- 8 I riferimenti teorici di questo articolo per quanto riguarda l’ecosemiotica sono: Maran Timo, “Towa (...)
- 9 Pierce Charles Sanders, Collective papers. Voll. 1-6 edited by Charles Hartshorne and Paul Weiss; v (...)
- 10 Maran Timo, Ecosemiotics, cit., p. 3.
4Utilizzando questa lente, intendiamo focalizzarci sui fenomeni cognitivi e percettivi che si possono individuare nei racconti di Celati. L’ecosemiotica, infatti, secondo Timo Maran, uno dei suoi principali studiosi, può essere definita come lo studio di quei “sign processes responsible for ecological phenomena”7 senza i quali il processo di interazione e di convivenza tra esseri umani e ambiente non sarebbe realizzabile empiricamente. In questa ottica, l’approccio semiotico consente di analizzare e comprendere le capacità della letteratura di instaurare una relazione con i processi segnici offerti dall’ecosistema8. Il semiologo statunitense Charles S. Peirce9, a questo proposito, parla del segno come di qualcosa di tripartito e suddiviso tra rappresentazione, significato e interpretazione e l’interazione tra questi elementi. In questa ottica, pertanto, è proprio il segno che permette di instaurare una connessione, che altrimenti non emergerebbe, tra gli esseri umani e il loro ambiente10.
- 11 Farina Almo, Ecosemiotic Landscape, cit., p. 40.
- 12 Ibid., pp. 67-68.
5Come tale l’approccio ecosemiotico risulta particolarmente significativo se applicato alla narrativa di Celati. Questo modello emerge in modo esplicito nelle opere della “trilogia padana” – Narratori delle pianure (1986), Quattro novelle sulle apparenze (1987), Verso la foce (1989) – dove è evidente la denuncia rivolta alla trasformazione del territorio italiano post-industriale; tuttavia anche in Cinema naturale sono rintracciabili alcuni echi di questa tendenza che, proprio per il manifestarsi in maniera velata, costituiscono un interessante caso di studio, distanziandosi dalle descrizioni tipiche della “trilogia padana”. Si evince, ad esempio, nei casi in cui Celati tende a immergere, nei luoghi descritti nella prosa degli anni Ottanta, gli esseri umani protagonisti dei racconti, i quali sono anche il riflesso diretto di quell’ambiente. Da questo “incorporarsi” del paesaggio nei personaggi dei racconti di Cinema naturale emerge quindi la possibilità di una lettura ecosemiotica della prosa celatiana. Ci proponiamo qui di configurare in particolare, in ottica ecosemiotica, il paesaggio di Celati come un interpreted landscape (paesaggio interpretato, concetto su cui torneremo), dove il livello di percezione emerge dal significato che viene assegnato agli oggetti percepiti (di solito attraverso meccanismi genetici, cognitivi e culturali)11. È proprio tramite il gioco delle apparenze che possono essere colti i segnali emessi dal paesaggio interpretabili attraverso un modello ecosemiotico. Il paesaggio emana infatti segnali decodificabili tramite il naturale processo di encoding/decoding12 tipico della comunicazione umana, e acquisisce un ruolo distintivo che si inserisce attivamente nel processo di codifica-decodifica caratteristico dell’interazione tra gli esseri umani e il dato esterno. Il paesaggio diventa parte attiva del processo di comprensione e percezione, aprendosi alle indicazioni della natura e agli stimoli non solo limitati al linguaggio umano.
- 13 Chierici Anna Maria, La scrittura terapeutica. Saggio su Gianni Celati, Bologna, Archetipolibri, 20 (...)
6A partire dagli anni Ottanta, la scrittura odeporica di Celati si sofferma sull’estetica del quotidiano, su un’Italia periferica13, in cui lo sguardo è sempre più focalizzato sui paesi di campagna, sulle strade secondarie, sugli argini incolti insieme a impianti industriali, villette a schiera, cimiteri e distributori di benzina. Come primo approccio e metodo di indagine ecocritica, considero la nozione di paesaggio come testo esposta da Serenella Iovino:
- 14 Iovino Serenella, Paesaggio civile. Storie di ambiente, cultura e resistenza, Il Saggiatore, Milano (...)
un testo […] emerge dall’incontro di azioni, discorsi, immaginazione ed elementi fisici che si coagulano in forme materiali. I paesaggi sono testi […] perché attraverso di essi possiamo leggere le storie di relazioni sociali e rapporti di potere, equilibri e squilibri biologici, il concreto prendere forma di spazi, territori, vita umana e non umana14.
7In accordo con la posizione di Iovino, oltre al testo scritto come qualcosa che può ovviamente essere letto, si può considerare come testo la trama materiale dei significati, delle esperienze, delle sostanze che compongono la vita dei luoghi e degli esseri, qualcosa che è particolarmente visibile nel paesaggio italiano, dati i cambiamenti repentini imposti dal boom economico. Attraverso la descrizione e la narrazione della metamorfosi che ha coinvolto il paesaggio, viene data voce alle storie degli ecosistemi. Questo processo rivela anche come le influenze sulla percezione e sulle categorie cognitive si intreccino con le dinamiche esterne.
Verso una lettura ecosemiotica della scrittura di Celati
- 15 Maran Timo, “Towards an integrated methodology of ecosemiotics”, cit., pp. 269-294.
- 16 Nöth Winfried, “Ecosemiotics and the semiotics of nature”, cit., p. 71.
- 17 Farina Almo, Pieretti Nadia, “From Umwelt to soundtope: An epistemological essay on cognitive ecolo (...)
- 18 Farina Almo, Ecosemiotic Landscape, cit.
- 19 Celati Gianni, “Il sentimento dello spazio: conversazione con Gianni Celati”, a cura di Manuela Tea (...)
- 20 Id., “Collezione di spazi”, il verri, n. 21, 2003, pp. 57-92 (pp. 57-58).
- 21 Sironi Marco, Geografie del narrare. Insistenze sui luoghi di Luigi Ghirri e Gianni Celati, Reggio (...)
- 22 Iacoli Giulio, Atlante delle derive. Geografie di un’Emilia postmoderna: Gianni Celati, Pier Vittor (...)
- 23 Farina Almo, Ecosemiotic Landscape, cit., p. 20.
- 24 Ibid., p. 19.
- 25 Ibid., p. 40.
8L’ecosemiotica inizia a configurarsi come disciplina nei primi anni Novanta e si è posta come una branca della semiotica il cui scopo è quello di esaminare gli aspetti ecologici mediati da segni di diverso tipo, compresi quelli che mettono in relazione la cultura umana e l’ecosistema15. In una prima definizione, proposta dal linguista Winfried Nöth, l’ecosemiotica attiene allo “study of sign processes which relate organisms to their natural environment”16. L’ecosemiotica, dunque, mira ad ampliare i fondamenti e le applicazioni tradizionali della semiotica, e in particolare della nozione di “segno”, per estenderla ad altre specie e, potenzialmente, a interi ecosistemi al di là della cultura umana. L’ecosemiotica è infatti legata alla semiotica così come è stata originariamente delineata da autori provenienti dalla semiologia e dal post-strutturalismo europei. L’analisi ecosemiotica è quindi in grado di mappare le relazioni tra testi e ambiente naturale, offrendo anche una nuova lente per interpretare il paesaggio. Secondo Almo Farina e Nadia Pieretti, il paesaggio “is not only a geographical entity but also a cognitive medium” e, inoltre, “may be considered a semiotic context”17. Questa visione del paesaggio, che Farina applica esplicitamente anche agli ambienti urbani dove l’impatto umano è più tangibile18, è adatta ad analizzare i paesaggi e i testi di Celati, il quale ha riflettuto sulla percezione e sui modi in cui la realtà visiva esterna è stata tradotta in opere letterarie e filosofiche. L’atto descrittivo rappresenta un’operazione volta a stabilire un rapporto puntiforme con i segnali esterni o con quello che Celati stesso definisce “il sentimento dello spazio”19: “si descrivono spazi per capire che cosa percepiamo là fuori, come pensiamo e come ci figuriamo questa cosa avvolgente in cui siamo piazzati, che non ha sostanza perché sembra un puro vuoto tra i corpi, e che però è sempre anche una modalità d’affezione”20. Guardare e ascoltare corrispondono per Celati a una forma di partecipazione e comprensione dei segnali esterni, e in questo senso il processo di scrittura diventa un “lasciarsi scrivere” da ciò che accade hic et nunc21. L’osservazione e la scrittura rappresentano due strumenti che conducono l’io narrativo verso l’esterno o verso l’altro attraverso l’atto visivo e uditivo. La cartografia letteraria di Celati è quindi una “cartografia del reale”22 in cui viene narrato uno scorcio di paesaggio. In questo senso, la prospettiva ecosemiotica crea la perfetta condizione per modellare una nuova unione tra mondo umano e mondo naturale23: ogni organismo vivente, infatti, interagisce modificando gli spazi comuni, trasformando il paesaggio in un proprio habitat vivente specifico, appellandosi agli atti percettivi, cognitivi, comunicativi e orientativi. L’approccio ecosemiotico, dunque, tende a isolare l’oggetto percepito cognitivamente e collocato nello spazio, permettendo una nuova interpretazione dello spazio geografico stesso. Secondo Farina, infatti, esplorare la complessità del paesaggio secondo una prospettiva semiotica significa indagare la composizione e la varietà dei segnali volontari o involontari che si scambiano tra le specie, creando una nuova narrazione in grado di rafforzare il ponte tra il “processo naturale” e la vita umana24. Dal momento che il paesaggio emette dei segni, Farina individua tre tipologie di paesaggi25 percettivi tramite cui le specie interagiscono con il proprio ambiente. Questi sono:
91. Latent landscape: paesaggio non percepibile per costituzione naturale delle specie (ad esempio non sentiamo i suoni dei pipistrelli)
102. Sensed landscape: paesaggio percepito attraverso gli organi sensoriali
113. Interpreted landscape: paesaggio percepito in prima istanza attraverso gli organi sensoriali, ma il livello di percezione risulta dal significato che viene assegnato agli oggetti percepiti (che di solito riguardano meccanismi genetici, cognitivi e culturali)
12Il modello di interpreted landscape risulta adeguato per analizzare la narrativa di Celati, in cui si assiste a un’interazione attiva tra i luoghi descritti e i personaggi che li abitano. In linea con questo principio, i meccanismi di percezione e quello di cognizione garantiscono un contatto permanente tra gli organismi e i loro ambienti. Anche in Celati e in Cinema naturale, l’ambiente rilascia segnali che possono diventare segni per gli esseri umani. Questi segnali, quando sono convertiti in altri segni attraverso le procedure di codificazione, sono utilizzati per ridurre il livello di incertezza e aumentare la confidenza con il proprio ambiente. È proprio attraverso il processo di decodificazione, ovvero quando i segni si trasformano in informazione semantica, che può essere colta una lettura dell’ambiente circostante e della realtà: un fenomeno che può essere osservato anche nei testi narrativi di Celati. Nei racconti di Cinema naturale, in particolare, i protagonisti “incorporano” lo spazio vissuto, assumendo le sembianze di ciò che viene percepito (sensed landscape). Questa caratterizzazione è determinata dall’interazione di tutti gli elementi naturali e artificiali presenti, aspetto che verrà approfondito in seguito.
Il paesaggio di Gianni Celati: una ri-semantizzazione del territorio italiano
- 26 Celati Gianni, Conversazioni del vento volatore, cit., p. 64.
13Rievocando un breve saggio di Merleau-Ponty, L’œil et l’esprit, in cui si sostiene che l’abitabilità dello spazio non dipende unicamente da modelli scientifici, Celati afferma: “Noi non abitiamo dentro a dei modelli, ma dentro un fenomeno ambientale complessivo, cioè lo spazio ambiente che ci circonda – dove non possiamo mai disgiungere il vedere dall’essere visti”26.
- 27 Ibid., p. 65.
- 28 Ibid.
14Secondo Celati l’“abitare i luoghi” rappresenta una forma di partecipazione alla realtà circostante, un andare oltre la marginalità dell’io che osserva, una forma di collaborazione rispetto agli elementi presenti nell’ambiente. L’atto del guardare e del percepire la realtà esterna comporta il “collaborare alla presentazione dei luoghi e delle cose come vogliono essere visti”27, poiché in fondo questo atteggiamento è scaturito dal “lavoro delle abitudini”28. L’ossessione occidentale intrinseca alle continue necessità di rappresentazioni del mondo, secondo Celati, ha addomesticato l’occhio moderno a vedere i luoghi tramite il filtro di inquadrature preesistenti di tutto quello che la nostra cultura ci ha tramandato per immagini o pagine scritte.
- 29 Ibid., p. 66.
- 30 Celati Gianni, Conversazioni del vento volatore, cit., p. 67.
- 31 Id., Verso la foce, Milano, Feltrinelli, 1989, p. 9.
15Con l’esperienza del progetto fotografico collettivo Viaggio in Italia (1984), il cui intento consisteva nella descrizione del nuovo paesaggio italiano degli anni Ottanta, Celati accompagna le immagini dei fotografi Luigi Ghirri, Gabriele Basilico, Olivo Barberi, Vincenzo Castella e altri, tramite le note di commento alle vedute del quotidiano mostrate nelle fotografie. Nella nuova Italia ri-semantizzata viene colta la contingenza delle cose che risultano interessanti proprio per la caratteristica di essere “qualsiasi”, dove “tutto diventa interessante, ossia tutto acquista la dignità dell’essere, e invita lo sguardo a fermarsi anche sulle cose che nessuno guarda perché ‘ovvie’”29. Lo sguardo di Celati cerca di trasporre in linguaggio il profilo ambientale delle attività percettive e immaginative che si possono cogliere nei segnali re-interpretati del paesaggio (interpreted landscape), come annota egli stesso “riuscire a vedere gli alfabeti delle attività immaginative anche sotto il profilo ambientale”30. Il paesaggio di Celati, ad esempio, è descritto dal suo interno, tramite una forma di immersione in esso e l’esperienza del diario di viaggio Verso la foce disegna già una prima traccia nelle descrizioni delle campagne desolate della pianura padana dove si “respira un’aria di solitudine urbana”31, lungo strade provinciali deserte circondate da villette a schiera e palazzoni fatiscenti, tra non-luoghi indicati da astratte segnaletiche che invadono il paesaggio.
L’ecosemiotica come modello di indagine al testo: uno sguardo su Cinema naturale
16In questa sezione si propone un’analisi ecosemiotica del racconto Nella nebbia e nel sonno contenuto in Cinema naturale considerando l’elemento naturale della nebbia e della polvere come eco-segnali provenienti dall’ambiente con cui interagiscono i personaggi delle vicende narrate.
17Protagonista del racconto Nella nebbia e nel sonno è la stessa nebbia che nell’opera di Celati segnala sempre uno stato di disorientamento e offuscamento (si pensi anche ai protagonisti di Bambini pendolari che si sono perduti contenuto in Narratori delle pianure, che si sono persi in aperta campagna nella fitta nebbia della Pianura Padana).
- 32 Id., Quattro novelle sulle apparenze [1987], Macerata, Quodlibet, 2016, p. 54.
18La nebbia diventa un segno proveniente dall’ambiente circostante (eco-segno) attraverso cui gli elementi della realtà si manifestano. Questo elemento naturale pone la questione fondamentale della propriocezione del soggetto nel mondo in relazione con “gli altri” creando una sorta di linea invisibile che connette la percezione dell’io rispetto alla realtà ontologica, alle “cose che ci sono”. La nebbia, dunque, è uno strumento del visibile che consente di osservare e immaginare soprattutto quello che resta al di fuori della portata del visibile: un atto che permette di riuscire a vedere ciò che non si vede anche quando sembra essere tutto completamente visibile. Tale questione viene posta già dal protagonista di Condizioni di luce sulla via Emilia, racconto presente in Quattro novelle sulle apparenze, il quale descrive il modo in cui egli osserva la luce nel territorio della Pianura Padana avvolta da una fitta nebbia mista a una coltre di smog che caratterizza la maggior parte delle ambientazioni celatiane. Spesso non si tratta propriamente di nebbia vera e propria ma di una specie di inquinamento atmosferico, “luce scoppiata in disfazione”32, che rende il paesaggio e coloro che lo abitano del tutto offuscati, aleatori e divisi tra apparenze e non apparenze, condizione di visibilità e invisibilità che rende opaca la realtà circostante.
- 33 Id., Cinema naturale, cit., p. 47 (corsivi miei).
- 34 Ibid., p. 46.
- 35 Ibid., p. 52.
19La nebbia, composta da microscopiche gocce che si formano per effetto di condensazione del vapore acqueo immerse nel pulviscolo atmosferico, è connotata da un aspetto grigio dovuto alla foschia che assumono le particelle. Ne risulta un insieme di caligine, polvere e smog che contribuisce a caricare la nebbia del suo aspetto sempre più offuscato e opalescente. La nebbia, dunque, può essere un fenomeno sia naturale che innaturale, nel caso risulti effetto di inquinamento o a seconda delle diverse conformazioni geografiche, geologiche e climatiche dei luoghi. In Celati questi aspetti meteorologici e climatici assumono un valore simbolico, ed emblematico della sua scrittura, e sono resi ancora più evidenti se si guarda ad alcune precise scelte semantiche intrinseche al grigio e alla polvere. Nello specifico, nel racconto Nella nebbia e nel sonno, la voce narrante racconta della sua abitudine ricorrente di ascoltare i nastri registrati da un amico morto, dove compare anche una voce femminile che narra. Si tratta di Alida, una donna che abitava al piano di sotto dell’appartamento dell’amico morto ed era la compagna di un picchiatore politico chiamato Romeo. Alida si reca spesso dall’amico del narratore: in questi incontri lei gli parla per intere ore della sua vita e iniziano a frequentarsi regolarmente. Dopo diversi anni Alida sposa Romeo, dal quale però si separerà presto a causa della scarsa attenzione da parte di lui. Dopo aver deciso di separarsi, frequenta un altro uomo chiamato Nucci, un ricercatore universitario dall’aspetto grigio che viveva sommerso tra le fotocopie che invadevano la casa: “Polvere grigia come quella che esce dai muri e scende dai soffitti, polvere che si spande sui mobili e dappertutto nella casa, poi polvere mista ai gas di scarico nelle nebbie dei giorni d’inverno, e polvere nei suoi sogni che sembrava farina o borotalco”33. La polvere offusca tutto l’appartamento in una “penombra grigia” insieme alla “luce grigia del televisore” e alle “loro facce grigie nella penombra”34. Alida immagina un’erosione sotto i marciapiedi dettata dallo sprofondamento “in una polvere bianca […] una polvere come quella dei soffioni boraciferi. Ma tale polvere bianca per qualche motivo le sembrava simile alla polvere delle fotocopie”35.
- 36 Ibid.
- 37 Ibid.
- 38 Ibid.
- 39 Ibid.
- 40 Ibid., p. 55.
- 41 Ibid., p. 56.
20Il grigiore della nebbia e della polvere bianca diventa così l’aspetto cromatico dominante lungo l’intera narrazione di cui, infatti, si possono cogliere numerose occorrenze nel testo riferite ad ambiti diversi. Tra questi, gli spazi abitativi: “mentre il noioso Nucci guardava la televisione nel salottino grigio”36 e “una patina grigiastra come il falso marmo delle scale”37. O connotazioni percettivo-sensoriali, quali “condominio pieno di suoni grigi da depressione”38 e “la penombra grigia che ti è venuta anche dentro”39. Inoltre, l’immagine della polvere prende spazio in numerosi luoghi testuali e influenza la relazione dei protagonisti con lo spazio abitato: “ha cominciato a vedere della polvere nell’aria, e ha visto che dappertutto sulle vecchie case c’era la polvere. C’era tanta polvere per terra, c’era tanta polvere nel giardinetto davanti alla chiesa, e c’era polvere anche sui suoi vestiti […] Tutto nella città stava marcendo e diventando polvere davanti ai suoi occhi”40; “E intanto s’era accorta che lui era coperto di polvere”41. In questa narrazione con andamento irregolare, Alida appare come avvolta in uno stato mentale nebbioso connotato da un forte senso di smarrimento:
- 42 Ibid., p. 48.
Lei non ricordava più perché ci fosse bisogno di difendersi dalla fiacca. Uscendo di casa al mattino vedeva i marciapiedi, i negozi, la gente, le automobili, il traffico nebbioso tra i gas di scarico, e aveva subito voglia di tornare indietro e rimettersi a letto. Capiva le cose solo sognando, cioè dormendo42.
- 43 Ibid., p. 57.
- 44 Ibid., p. 59.
- 45 Ibid.
21La condizione di Alida è quella di essere guardata senza essere vista43, come ha modo di constatare con le sue amiche, e come il lettore constata attraverso una narrazione che fatica a procedere e che di fatto registra la condizione opaca e statica della protagonista, la quale nel finale sogna “una metropoli tutta ricoperta di polvere bianca, che rendeva le case e gli individui poco distinguibili, […] tutti sempre un po’ addormentati sotto la coltre di polvere bianca”44, una condizione in cui le parole si disperdono nella pulviscolarità fuggitiva della nebbia: “le parole fuggono via nella nebbia e nel sonno, sfuggono ai giorni e agli anni, non si sa dove, ma è lì che poi ci si incontra”45.
22Le percezioni esposte da Alida in chiusura del racconto danno un’ulteriore prova di come un elemento ecosemiotico come la polvere, che occupa in maniera totalizzante l’ambiente in cui i personaggi si muovono, rappresenti l’elemento attraverso il quale l’essere umano percepisce i segni che provengono dall’esterno, tramite il processo di encoding/decoding.
Scrittura come dialogo con l’altro: una forma di resistenza obliqua
- 46 Id., “La telepatia mentale di Kundera”, il manifesto, 9 maggio 1985.
23Nel 1985 Celati rifletteva sul vuoto dell’esperienza comunicativa, riconsiderando il ruolo del narratore non più onnisciente che osserva la realtà da un punto di vista univoco e statico, ma come colui che si affaccia verso le tracce dell’altro46. Secondo Celati la narrazione contemporanea sembrerebbe aver abbandonato l’interiorità come luogo ultimo per l’umanità, per dare spazio alla “qualsiasità”, il fatto contingente: una scrittura che non implica un qualsiasi rimando significativo o che si colloca oltre la vicenda narrata. Quella di Celati potrebbe definirsi un’idea di scrittura che descrive il fatto contingente nel momento in cui si manifesta nella realtà esterna e su cui si concentrano le descrizioni di chi scrive come “fatto naturale”:
- 47 Id., Conversazioni del vento volatore, cit., p. 24.
Nelle narrative di questi anni mi sembra di trovare figure che non sono più tipi psicologici, non sono figure simboliche, sono dei “nessuno”. Però noi li seguiamo con attenzione perché sono anche degli everyman, la figura dell’umano generico, sul cammino della vita. Le nostre avventure di umani generici sono tutte microstorie che si svolgono in una dimensione che nessuno osserva perché non è sensazionale. È il banale della vita che ci viene incontro. Ed è questo che troviamo nei nuovi registi, nuovi narratori, nuovi artisti, che non seguono il carro trionfale dell’attualità47.
24Lo sguardo del narratore Celati si pone come una finestra aperta verso il paesaggio, cogliendo l’immanenza degli elementi esterni che non vengono più percepiti secondo una rappresentazione categorica generalizzata. L’insieme di microelementi vanno a costituire l’immagine poliedrica della realtà che può essere percepita solo tramite questa frantumazione conoscitiva della rappresentazione. L’atto conoscitivo non è euristico, ma si configura come un atto strettamente affettivo in cui l’io, che osserva e annota, descrive la realtà perdendosi e confondendosi tra le apparenze del mondo esterno, senza adottare un tono di denuncia. Il modo di guardare la realtà mette continuamente in gioco se stesso e gli altri in una forma di circolarità, senza mai cadere nell’auto-costituirsi di un io “monumentale” che sa di non poter catturare il reale nella sua essenza, ma che riesce a cogliere sempre altro rispetto a quello che esiste. Il linguaggio, dunque, assume la forma di un contenitore, una forma atta a mostrare il funzionamento del linguaggio stesso che corrisponde a una forma per descrivere la realtà. A questo proposito Celati scrive:
- 48 Id., Verso la foce, p. 134.
Anche le parole sono richiami, non definiscono niente, chiamano qualcosa perché resti con noi. E quello che possiamo fare è chiamare le cose, invocarle perché vengano a noi con i loro racconti: chiamarle perché non diventino tanto estranee da partire ognuna per conto suo in una diversa direzione del cosmo, lasciandoci qui incapaci di riconoscere una traccia per orientarci48.
- 49 Ibid., p. 161.
- 50 Id., Conversazioni del vento volatore, pp. 60-61.
25In Celati l’atto del narrare risponde a un’esigenza legata all’essere, a qualcosa che si colloca tra un preciso intento esistenziale e allo stesso tempo etico, in cui la scrittura non può avere la velleità di intervenire direttamente sulla realtà, ma costituirsi come un “lasciarsi scrivere” una narrazione naturale che cerca di dare sollievo e infondere “l’affetto per il prossimo e per ciò che ci è vicino nella normalità quotidiana” che “diventa amore per la vita sconosciuta, per l’ignoto possibile”49. Lo spazio che si colloca tra noi e gli altri, secondo Celati, è qualcosa che trasforma, ampliandosi, “l’affetto per il prossimo” che nasce proprio dalla lontananza e forse scrivere libri è lo stabilire una corrispondenza con l’altro, un po’ come inviare lettere ad amici sconosciuti50.
- 51 Id., Verso la foce, cit., p. 115.
- 52 Ibid., p. 126.
26La scrittura segue sempre un flusso di “immagini viste o sognate, per raccontarle ad altri e respirare un po’ meglio”51, poiché “le cose sono là che navigano nella luce, escono dal vuoto per aver luogo ai nostri occhi. Noi siamo implicati nel loro apparire e scomparire, quasi che fossimo qui proprio per questo. Il mondo esterno ha bisogno che lo osserviamo e raccontiamo, per avere esistenza”52.
27Nel contesto dei racconti di Cinema naturale, il paesaggio assume una dimensione interattiva sia dal punto di vista percettivo che cognitivo. Esso diventa una realtà in cui si sviluppano relazioni dinamiche tra sé stesso e i personaggi che, a loro volta, assumono le caratteristiche e le peculiarità di quel paesaggio. Si crea così una simbiosi in cui il paesaggio influenza e plasma i protagonisti, mentre essi rispondono e si conformano alle sue qualità e alle sue atmosfere.
- 53 Ibid., p. 10.
28In accordo con il modello ecosemiotico qui adottato, l’atto di osservare la realtà rappresenta per Celati un atto di liberazione “dai codici familiari” di interpretazione del mondo, da ciò dunque che risulta familiare e già noto alla vista. Come scrive Celati, “ogni osservazione intensa del mondo esterno […] ci porta ad essere meno separati da noi stessi” 53. Un simile sguardo indirizzato verso il mondo esterno da un lato permette di evitare la condizione di alienazione per cui l’io si separa così tanto da se stesso da non riuscire più a percepire né se stesso né il mondo esterno, compromettendo così la propria relazione con l’ambiente circostante, dall’altro lato consente di superare il confine del proprio “io”, per aprirsi all’altro e all’ambiente. L’impegno di Celati si configura dunque nella messa in crisi del modello antropocentrico attraverso un nuovo sguardo “narrativo” sul mondo.
Note
1 Celati Gianni, Cinema naturale, Milano, Feltrinelli, 2001.
2 Id., Conversazione del vento volatore, Macerata, Quodlibet, 2011.
3 Iovino Serenella, Ecologia letteraria: Una strategia di sopravvivenza, Milano, Edizioni Ambiente, 2006; Ead., Ecocriticism and Italy: Ecology, Resistance and Liberation, London, Bloomsbury Academics, 2016; Scaffai Niccolò, Letteratura e ecologia. Forme e temi di una relazione narrativa, Roma, Carocci, 2017.
4 Iovino Serenella, Introduction, in Ecocriticism and Italy: Ecology, Resistance and Liberation, cit., p. 5.
5 Ibid.
6 Ead., Ecologia letteraria: Una strategia di sopravvivenza, cit., p. 17.
7 Maran Timo, Ecosemiotics, Cambridge, Cambridge University Press, 2020, p. 1.
8 I riferimenti teorici di questo articolo per quanto riguarda l’ecosemiotica sono: Maran Timo, “Towards an integrated methodology of ecosemiotics: The concept of nature-text”, in Sign Systems Studies, n. 35 (1/2), 2007, pp. 269-294; Nöth Winfried, “Ecosemiotics and the semiotics of nature”, in Sign System Studies, n. 29 (1), 2001, pp. 71-81; Farina Almo, Pieretti Nadia, “From Umwelt to soundtope: An epistemological essay on cognitive ecology”, in Biosemiotics, n. 7 (1), 2013, pp. 1-10; Farina Almo, Ecosemiotic Landscape: A Novel Perspective for the Toolbox of Environmental Humanities, Cambridge, Cambridge University Press, 2021.
9 Pierce Charles Sanders, Collective papers. Voll. 1-6 edited by Charles Hartshorne and Paul Weiss; voll. 7-8 edited by A. W. Burks, MA Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, 1958-1966.
10 Maran Timo, Ecosemiotics, cit., p. 3.
11 Farina Almo, Ecosemiotic Landscape, cit., p. 40.
12 Ibid., pp. 67-68.
13 Chierici Anna Maria, La scrittura terapeutica. Saggio su Gianni Celati, Bologna, Archetipolibri, 2011.
14 Iovino Serenella, Paesaggio civile. Storie di ambiente, cultura e resistenza, Il Saggiatore, Milano, 2022, p. 12.
15 Maran Timo, “Towards an integrated methodology of ecosemiotics”, cit., pp. 269-294.
16 Nöth Winfried, “Ecosemiotics and the semiotics of nature”, cit., p. 71.
17 Farina Almo, Pieretti Nadia, “From Umwelt to soundtope: An epistemological essay on cognitive ecology.” Biosemiotics 7 (1), 2013, pp. 1-10, p. 1.
18 Farina Almo, Ecosemiotic Landscape, cit.
19 Celati Gianni, “Il sentimento dello spazio: conversazione con Gianni Celati”, a cura di Manuela Teatini, in Cinema & cinema, n. 18 (62), 1991, pp. 25-28.
20 Id., “Collezione di spazi”, il verri, n. 21, 2003, pp. 57-92 (pp. 57-58).
21 Sironi Marco, Geografie del narrare. Insistenze sui luoghi di Luigi Ghirri e Gianni Celati, Reggio Emilia, Diabasis, 2004, p. 91.
22 Iacoli Giulio, Atlante delle derive. Geografie di un’Emilia postmoderna: Gianni Celati, Pier Vittorio Tondelli, Reggio Emilia, Diabasis, 2002.
23 Farina Almo, Ecosemiotic Landscape, cit., p. 20.
24 Ibid., p. 19.
25 Ibid., p. 40.
26 Celati Gianni, Conversazioni del vento volatore, cit., p. 64.
27 Ibid., p. 65.
28 Ibid.
29 Ibid., p. 66.
30 Celati Gianni, Conversazioni del vento volatore, cit., p. 67.
31 Id., Verso la foce, Milano, Feltrinelli, 1989, p. 9.
32 Id., Quattro novelle sulle apparenze [1987], Macerata, Quodlibet, 2016, p. 54.
33 Id., Cinema naturale, cit., p. 47 (corsivi miei).
34 Ibid., p. 46.
35 Ibid., p. 52.
36 Ibid.
37 Ibid.
38 Ibid.
39 Ibid.
40 Ibid., p. 55.
41 Ibid., p. 56.
42 Ibid., p. 48.
43 Ibid., p. 57.
44 Ibid., p. 59.
45 Ibid.
46 Id., “La telepatia mentale di Kundera”, il manifesto, 9 maggio 1985.
47 Id., Conversazioni del vento volatore, cit., p. 24.
48 Id., Verso la foce, p. 134.
49 Ibid., p. 161.
50 Id., Conversazioni del vento volatore, pp. 60-61.
51 Id., Verso la foce, cit., p. 115.
52 Ibid., p. 126.
53 Ibid., p. 10.
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Notizia bibliografica
Sara Massafra, «Forme di resistenza “obliqua” nei segnali ecosemiotici. Cinema naturale di Gianni Celati», Narrativa, 45 | 2023, 101-113.
Notizia bibliografica digitale
Sara Massafra, «Forme di resistenza “obliqua” nei segnali ecosemiotici. Cinema naturale di Gianni Celati», Narrativa [Online], 45 | 2023, online dal 01 décembre 2024, consultato il 15 mai 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/narrativa/2668; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/narrativa.2668
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