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La questione dei rapporti tra politica e mass media nel giallo italiano degli anni 2000

Claire Le Moigne
p. 107-118

Testo integrale

  • 1 Eco, Umberto, Lector in fabula [1979], Milano, Bompiani, 2002, pp. 132-135.

1Organizzato in base alle nozioni di delitto o d’indagine, il mondo possibile della finzione poliziesca sollecita da parte del lettore la mobilitazione di numerosi elementi che appartengono al suo mondo di referenza1: legislazione in vigore, organizzazione delle forze dell’ordine e della giustizia... e anche visione mediatica della criminalità.

  • 2 Barthes, Roland, “L’effet de réel” [1968], in Barthes, Roland, Bersani, Leo, Hamon, Philippe, Riffa (...)
  • 3 “La présence du fait divers dans le roman policier s’explique par la fonction informative qu’il rem (...)

2Sia la narrativa “gialla” che i mass media tentano di evidenziare i mutamenti sociali e politici, pur sottolineando una continuità tra conflitti individuali e tensioni collettive. L’intervento di tipo giornalistico non costituisce però un semplice vettore dell’informazione che rimane parallela alla visione offerta dalla letteratura di genere: esso fa parte integrante della detection. L’intrusione della stampa non rappresenta più solo l’opportunità di creare un effet de réel2, né la garanzia per l’investigatore di trovare una fonte di notizie affidabile3. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione appartiene al vasto panorama delle evoluzioni tecniche con le quali il protagonista deve fare i conti. Poco avvezzo alle strategie commerciali che regolano i programmi televisivi o all’uso di Internet, i suoi ragionamenti vengono ostacolati dalla diversificazione di supporti. Questo processo genera un flusso di scritti che il testo cerca di restituire attraverso la frammentazione del suo contenuto. I punti di vista si sovrappongono e fanno rinunciare a un approccio unitario.

3Il detective si muove quindi in un universo sempre più complesso. Scopre nuove implicazioni che conferiscono all’inchiesta una struttura ad arborescenza. Si trova spesso a confronto con la criminalità organizzata e i suoi metodi: traffici, ricatti, corruzione. La volontà di sradicare queste attività illecite genera rapporti problematici anche con certi membri della classe dirigente che fanno convergere interessi personali e strategie mafiose. Questi casi di collusione impediscono al protagonista di risolvere il caso che gli è stato affidato o almeno di rivelare la verità. Ma le sue ricerche vengono compromesse soprattutto perché ormai la pubblicazione di un dato, che provenga sia dalla polizia stessa che dalle istituzioni giudiziarie, richiede la collaborazione della stampa.

  • 4 “La commercializzazione ha, inoltre, importanti implicazioni sul processo di comunicazione politica (...)
  • 5 Ibid., p. 226.

4La finzione mette in scena una società caratterizzata da un’espansione mediatica nella quale il discorso politico non occupa più uno spazio strettamente delimitato. Questo discorso non si fonda più solo sulla rappresentatività dei suoi autori, si diffonde oltre il quadro formale del gioco dei partiti4. Le individualità si affermano e la ricerca di un consenso legata a una personalità politica tende a “mascherare le proprie identità ideologiche e le connessioni con particolari gruppi e interessi sociali”5. In questo contesto, la visibilità delle lotte di potere e l’espressione diretta dei punti di vista si attenua per fare prevalere un approccio generico la cui oggettività viene contestata dal detective.

5La realtà di cui viene a conoscenza è rielaborata, reinterpretata e tradisce talvolta le opinioni dei giornalisti. Nei romanzi di Andrea Camilleri per esempio, è ricorrente il tema della parzialità dei media. Il commissario Montalbano nota una differenza sostanziale nelle informazioni trasmesse dai due canali locali. I rapporti d’amicizia con Niccolò Zito, giornalista di Retelibera, contrastano con gli interventi di Pippo Ragonese, presentatore dei programmi di Televigàta, giornalista fondamentalmente antipatico al poliziotto siciliano a causa delle sue posizioni partigiane: ridicolo e ipocrita, egli offre una visione errata dei casi che Montalbano tenta di risolvere e veicola clichè che concorrono a illustrare i valori difesi dall’autorità:

  • 6 Camilleri, Andrea, La pazienza del ragno, Palermo, Sellerio, 2004, pp. 67-70.

Passarono dù ore sulla verandina a chiacchiariare. Doppo trasirono e il commissario addrumò la televisione sintonizzandola su “Televigàta”. Il sequestro di Susanna Mistretta era naturalmente la prima notizia. Il cronista parlò della picciotta e sullo schermo apparse l’immagine di lei [...]. Ora chi potiva ignorare che la famiglia del geologo Mistretta era praticamente ridotta a una dignitosa povirtà? Solo gli stranieri, gli extracomunitari evidentemente male informati [...]. Che aspittavano i responsabili locali del governo ad applicare severamente una legge che già c’era? Lui personalmente però traeva ragione di conforto da una notizia a margine del sequestro: l’indagine era stata affidata al valente commissario Filippo Minutolo della Questura di Montelusa e non al cosiddetto commissario Montalbano, noto più per le sue discutibili alzate d’ingegno e per le sue opinioni poco ortodosse, spesso decisamente eversive, che per la capacità di risolvere i casi che gli vinivano affidati. E con ciò, buonanotti a tutti6.

  • 7 “‘Montalbano? Ho preso una decisione’. ‘Mi dica. [...]’ ‘Una conferenza stampa’. ‘Ma che necessità (...)
  • 8 Camilleri, Andrea, L’odore della notte [2001], Milano, Mondadori, I Meridiani, 2002, pp. 1218-1220.
  • 9 Piazzese, Santo, Il soffio della valanga [2002], Palermo, Sellerio, 2003.

6 I superiori del detective manifestano un grande interesse per i media. Hanno capito la necessità di esprimersi tramite la stampa e la televisione. Vogliono diventare padroni delle tecniche di comunicazione per imporre le loro decisioni ma anche per vanità7. Cercano di dimostrare una padronanza dell’argomento sul quale devono intervenire anche se non possiedono una spiegazione convincente da dare al pubblico. Così, cedono alla facilità invocando quasi sistematicamente la responsabilità della mafia o delle popolazioni immigrate8. Ma le loro competenze si rivelano scarse per il protagonista che segue la pista giusta e scopre una verità diversa da quella ufficialmente affermata, intuendo ad esempio il carattere privato di un atto illecito benché le apparenze orientino le ricerche verso una vendetta mafiosa, sul modello del commissario Spotorno nel Soffio della valanga9. L’eroe di Santo Piazzese indaga su un duplice omicidio che sembra opera della malavita locale. Scopre invece che si tratta di una messa in scena destinata a nascondere i veri motivi dell’assassino e la vera vittima della sua macchinazione.

  • 10 Con Sciascia, notoriamente, il romanzo poliziesco mette in scena l’impossibilità di rivelare la ver (...)

7 La difficoltà di rivelare una verità che contraddice una posizione ufficiale costituisce una tematica onnipresente nella produzione giallistica odierna. Certo esistono noti precedenti letterari10, ma ora non si tratta più solo di compromettere la funzione consolatoria del giallo, lasciando il lettore perplesso di fronte a una soluzione parziale o assente. L’interpretazione del detective coincide con quella del destinatario dell’opera. La verità non nasce prioritariamente dall’impossibilità di formulare una teoria, dallo scacco investigativo, ma dalle relazioni (di opposizione, di complementarietà...) che legano il racconto dell’eroe a una pluralità di testi concorrenti. Tra questi testi, la voce discordante del protagonista non riesce a farsi sentire. Questa sfasatura sottolinea i veri intenti che si nascondono dietro la volontà affermata di informare il pubblico.

  • 11 “Con un’ariata assolutamente indifferente, la giornalista del tg aveva detto che la Procura di Geno (...)

8 Gli incidenti avvenuti durante il G8 del 2001 rappresentano in diversi romanzi l’occasione per il detective di denunciare certe incoerenze. Nel Giro di boa, di Camilleri, alimentano la crisi esistenziale attraversata da Montalbano. Stanco, deluso delle proprie capacità fisiche, egli cerca di dare un senso alla sua carriera e riesce a fatica a proiettarsi nel futuro. Pensa di dare le dimissioni, quando alla paura di invecchiare si aggiunge un profondo sentimento di vergogna e di ingiustizia. L’implicazione dei colleghi genovesi e la sorte riservata ai manifestanti sono evocati in televisione in un modo neutro e distaccato che rafforza il suo disagio11.

  • 12 Carlotto, Massimo, Il Maestro di Nodi, Roma, e/o, 2004.
  • 13 Ibid., p. 142.

9 Nel romanzo di Massimo Carlotto Il Maestro di Nodi12, l’atteggiamento dei mass media nei confronti di questa attualità problematica va ben oltre la semplice indifferenza. L’Alligatore segue gli avvenimenti guardando il telegiornale mentre il suo amico Max la Memoria si trova a Genova con i contestatori del vertice. I giornalisti insistono sulla colpa dei no global negli atti di violenza commessi durante il raduno mentre Max racconterà poi ai suoi compagni le ferite inflitte ai manifestanti considerati “criminali comuni colti in flagranza di reato”13. Dopo avere ascoltato la sua testimonianza, gli altri personaggi realizzano un parallelo con la repressione poliziesca degli anni Settanta. Affermano che gli interventi delle forze dell’ordine, a quei tempi, erano soprattutto destinati a gestire i conflitti, mentre ora, negli anni 2000, mostrano maggior aggressività nel circoscrivere i movimenti contestatari; per quanto riguarda poi i mezzi utilizzati, dispongono di un ventaglio sempre più esteso:

  • 14 Ibid., p. 143.

“Perfino i vigili urbani adesso picchiano come dannati. Hanno fatto carte false per avere pistole e manganelli” dissi [...]. “Dovreste essere contenti” mi interruppe, scherzando, il vecchio gangster. “Finalmente abbiamo una polizia democratica che tratta tutti allo stesso modo”. “I tempi sono cambiati per sempre” continuai. “Useranno ogni mezzo per stroncarvi le gambe. E ne hanno un bel po’ a disposizione: mass media, manganelli, galere...”14

10

11 Oltre alla critica inerente agli eventi, si vuole anche dimostrare che la necessità di comunicare esercita un’influenza sul contenuto dell’informazione. Nel campo mediatico come in quello scientifico, l’osservazione incide sul fenomeno considerato:

  • 15 Ibid., pp. 129-130.

“Hai notizie di Max?” domandò scuro in volto. Scossi la testa. “È successo qualcosa a Genova?” “Un’ora fa i carabinieri hanno ammazzato un manifestante.” Mi precipitai ad accendere il televisore. Scene di scontri. Un corpo a terra vicino a un fuoristrada dei carabinieri. Canottiera bianca, jeans, passamontagna blu intriso di sangue. Un poliziotto si accorse di essere inquadrato dalla telecamera e iniziò a urlare all’indirizzo di un altro giovane mascherato che stava fuggendo. “Sei stato tu ad ammazzarlo con la tua pietra, pezzo di merda.” Guardai Rossini che spazzò l’aria con un gesto rabbioso. “Stronzate.” Abbassai il volume e digitai il numero del cellulare di Max. Mi rispose al terzo squillo. “Stiamo scappando” gridò affannato. “Ti richiamo appena sono al sicuro”15.

  • 16 Matrone, Maurizio, Erba alta, Milano, Frassinelli, 2003.
  • 17 Nella prefazione, lo scrittore ricorda la sua qualità di poliziotto presso la Questura di Bologna. (...)
  • 18 Nel romanzo di Matrone, i poliziotti corrotti decidono di organizzare la rapina di un distributore (...)

12 Il romanzo di Maurizio Matrone intitolato Erba alta16 tratta un’altra realtà criminale ampiamente mediatizzata nel corso degli ultimi anni. Infatti, è ispirato alla serie di delitti attribuiti alla cosiddetta “banda della Uno bianca”. Il confine tra mondo reale e mondo possibile non appare chiaramente anche se il patto di lettura viene stabilito in base alle precisazioni date nella prefazione autoriale17. I protagonisti sono poliziotti della Questura di Bologna che approfittano della loro situazione professionale per commettere atti di violenza. Anche se l’autore riconosce solo l’autenticità di due episodi (l’agguato ai carabinieri al Pilastro del 23 dicembre 1990 e l’assalto al campo nomadi di via Gobetti del 4 gennaio 1991), le similitudini tra finzione e cronaca sono svariate e vengono distillate lungo la narrazione. I misfatti dei protagonisti, Giovanni e Luca, corrispondono ai reati ufficialmente attribuiti ai fratelli Savi18, i principali responsabili della banda: con l’aiuto di alcuni colleghi, organizzano rapine (che si concludono spesso con la morte di agenti o di testimoni) e, spinti da motivi xenofobi aggrediscono barboni e extracomunitari.

13 Il finale del libro coincide con l’identificazione dei colpevoli. Questa rivelazione non produce però gli effetti attesi. I poliziotti partecipano a un programma televisivo; in quanto ospiti d’onore, sono intervistati sullo svolgimento esatto dei fatti e sulle loro motivazioni. Si trovano quindi al centro di un reality show che propone ricostituzioni e sollecita i telespettatori disposti a intervenire per spiegare le incoerenze dell’indagine ufficiale. La presentatrice realizza un’intervista dei personaggi particolarmente compiacente. Gli scambi sono gioviali, autocompiaciuti, lusinghieri. Questo esito sconvolge la classica scala di valori che condanna l’atto criminale, valorizzando l’atteggiamento provocatorio di Luca e Giovanni, ai quali vengono fatte pronunciare parole identiche a quelle scelte dai fratelli Savi durante il loro processo:

  • 19 Ibid., p. 234.

Camera 2
“Dunque, arrivati a questo punto, per soddisfare la curiosità dei nostri affezionati… mentre vediamo Giovanni e i nostri concorrenti già al lavoro, Luca, ci vuole raccontare come rispose quando le chiesero cosa ci fosse dietro tutto questo, dietro questa famigerata automobile?”
Camera 1 “Cosa vuole che abbia risposto: che dietro ci stavano il paraurti, la targa, i fari... eh eh!”19

14 Il testo mette in scena un approccio della criminalità e dell’informazione in genere che fa prevalere aspetti sensazionali e spettacolari. Offre la visione di un mondo mediatico retto da logiche commerciali:

  • 20 Hallin, Daniel C., e Mancini, Paolo, Modelli di giornalismo, cit., p. 226.

Nel campo della televisione, il “diluvio commerciale” degli anni Ottanta e Novanta ha sostituito i monopoli del servizio pubblico e quindi la televisione si è trasformata da istituzione politica e culturale, in cui le forze del mercato svolgevano un ruolo marginale, in un’industria in cui esse sono centrali, perfino per le televisioni pubbliche che devono lottare per mantenere sufficienti percentuali di ascolto. Gli stili di giornalismo televisivo si sono progressivamente spostati da modelli incentrati sul sistema partitico verso lo stile drammatizzato, personalizzato e popolare inaugurato dagli Stati Uniti20.

  • 21 Carlotto, Massimo, Arrivederci amore, ciao, Roma, e/o, 2001.

15 Abbandono di una specializzazione nel trattamento dei dati giornalistici e confusione dei generi concorrono a una banalizzazione del delitto. Di conseguenza, un punto fondamentale nella storia della “Uno bianca” viene trascurato: i mezzi messi a disposizione della banda e la protezione che permettono loro di agire in tutta impunità. L’itinerario dei protagonisti di Matrone è valorizzato e richiama i successi di Giorgio Pellegrini in Arrivederci amore, ciao21. Il percorso criminale dell’antieroe di Massimo Carlotto coincide con una vera e propria ascesa sociale. Infatti, l’uomo si dimostra abile nel manipolare donne e collaboratori e sa giocare sulle apparenze.

  • 22 Il programma di Lucarelli intitolato Blu notte è stato diffuso per la prima volta nel 1998 su Rai 3
  • 23 Lucarelli, Carlo, Mistero in blu, Torino, Einaudi, 1999; Id., Misteri d’Italia, Torino, Einaudi, 20 (...)

16 Nell’opera di Carlo Lucarelli, la dicotomia tra realtà e apparenze è strettamente legata all’idea di intervento mediatico. Lo scrittore ha dedicato un programma televisivo intitolato Blu notte22 a diversi fatti di cronaca. Tutti rimangono irrisolti ancora oggi e molti sono stati ridiffusi via stampa. Il successo di queste trasmissioni ha permesso la pubblicazione di vari volumi23 dedicati ai principali casi sviluppati sulla Rai. Lucarelli sceglie di rievocare questi misteri italiani secondo un’ottica narrativa ma anche investigativa. Infatti, sottolinea l’importanza del lavoro di ricerca e di documentazione all’origine delle opere. Enumera i fatti, ritrascrive le sentenze mettendo in rilievo i dubbi e le incoerenze delle indagini. I testi si presentano come un mosaico di filmati e fotografie. La visione di questi reportage con il senno di poi offre all’autore l’occasione di condividere le proprie ipotesi con il lettore.

  • 24 “Per noi che non viviamo qui, Catania assomiglia ad altre città barocche della Sicilia [...]. Quest (...)
  • 25 “Quando Alceste viene ucciso è il 1975. È un anno di grandi tensioni. Ci sono le Brigate rosse, e p (...)

17 Non elabora però autentiche teorie per spiegare l’assenza di soluzione soddisfacente, si accontenta di suggerire piste da seguire o semplicemente denuncia una mancanza di informazioni. L’inefficienza pratica delle investigazioni condotte da poliziotti e magistrati è associata a un contesto particolarmente ambiguo e confuso. L’ambivalenza sembra prevalere sugli altri aspetti: caratterizza i luoghi24 in cui si svolgono i delitti, la situazione politica e sociale25 e anche la personalità dei principali attori dei racconti. Essi appaiono come esseri contraddittori: la loro immagine pubblica si oppone a una realtà più buia che lo scrittore disegna in base allo studio degli archivi.

  • 26 Nel suo saggio intitolato Structure du fait divers, Roland Barthes paragona il fatto di cronaca e l (...)

18 Nel testo dedicato all’esistenza di Michele Sindona, soprannominato “il banchiere della mafia”, l’agio mostrato da Sindona di fronte ai media diventa sospetto. Lucarelli propone un’interpretazione dei documenti televisivi incentrata su alcuni dettagli, conformemente al “miracolo dell’indizio”26, strategia tipica del romanzo poliziesco:

  • 27 Lucarelli, Carlo, Michele Sindona, in Misteri d’Italia, cit., p. 14.

Adesso il repertorio è in bianco e nero, perché siamo negli anni Settanta. C’è un giovane Jas Gawronski, di spalle, e davanti a lui, seduto alla sua scrivania, in completo scuro e cravatta a quadrettini, Michele Sindona. Sembra abbastanza tranquillo nel rispondere al giornalista, e occhieggia anche alla telecamera, sorridente. Ma ogni tanto il suo volto magro e affilato è scosso da un tic, una specie di ghigno incontrollabile, che gli piega gli angoli delle labbra in un sorriso stirato27.

  • 28 “Di nuovo a colori, il repertorio. È Giorgio Ambrosoli che parla. Appoggiato alla scrivania del suo (...)
  • 29 Eliade, Mircea, Aspects du mythe, Paris, Gallimard, 1963, p. 234.

19 Gli individui che rimangono in margine a questo passato criminale non cercano invece di apparire nei media28. La coincidenza tra manipolazione e presenza assidua nel paesaggio mediatico va di pari passo con la dimensione intertestuale e mitica dell’opera. Le descrizioni si tingono di soprannaturale e i protagonisti possiedono la “duplice realtà dei personaggi letterari (che, insieme, riflettono la realtà storica e psicologica dei membri di una società moderna e dispongono della potenza magica di una creazione immaginaria)”29:

  • 30 Lucarelli, Carlo, Michele Sindona, cit., pp. 7-8.

Ci sono misteri, nella storia d’Italia, che sembrano destinati a non avere mai soluzione […]. A volte questi misteri hanno il nome di un uomo, il volto di una persona, una fisionomia concreta fatta di occhi, naso e bocca, che dovunque ti giri, qualunque pista segui o qualunque carta sollevi, la trovi nascosta dietro. Così presente e così nominata che l’ombra che getta su questi misteri sembra quella di un essere sovrannaturale, di uno spirito malvagio, del Diavolo. Questa sera parliamo di un diavolo […]. Il Diavolo, questa volta ha una faccia, e anche un nome e un cognome. Si chiama Michele Sindona30.

  • 31 “Le fait divers comme le mythe se définissent aussi par l’impact immédiat qu’ils possèdent sur le r (...)

20 La narrazione mira inoltre all’implicazione emozionale del lettore31 e moltiplica i riferimenti alla letteratura poliziesca. I numerosi casi sono paragonati a famosi romanzi a enigma e le descrizioni sono introdotte dalla formula rituale “se fosse un giallo”.

  • 32 “Qui, in queste pagine, nel procedere dei capitoli che allacciano in un fitto intreccio quarant’ann (...)

21Questi aspetti non vanno a relativizzare l’importanza degli avvenimenti raccontati. Anzi Lucarelli, soprattutto nel volume Nuovi misteri d’Italia, si focalizza su fatti che hanno avuto una risonanza importante nella storia recente. Quando parla di Enrico Mattei, di Pier Paolo Pasolini o del giudice Falcone, mette in luce una serie di conflitti o di tensioni che esistono al livello individuale come nell’insieme della società. Denuncia la collusione e i segreti che implica una certa visione del potere32. La struttura frammentaria degli scritti che si presentano come una sovrapposizione di discorsi illustra, per Lucarelli, l’impossibile neutralità degli interventi mediatici.

  • 33 “La peur est largement utilisée par les médias qui y trouvent un argument de sélection de l’informa (...)

22 Del resto, parallelamente all’interesse suscitato nei giallisti, il fatto di cronaca costituisce un argomento ricorrente nei lavori giornalistici. L’importanza crescente che assume nella stampa e nei telegiornali spinge certi scrittori a interrogarsi sui motivi di questa onnipresenza. Il successo del fatto di cronaca risulta in parte da certi effetti di lettura, come la paura, che la critica tradizionalmente riconosce33. Ma, secondo Luigi Bernardi, la paura sembra occultare per natura disfunzioni sociali ed economiche, e sminuire le relative responsabilità politiche.

  • 34 Bernardi, Luigi, Pallottole vaganti, Roma, Derive Approdi, 2002.
  • 35 Bernardi, Luigi, A sangue caldo. Criminalità, mass media e politica in Italia, Roma, Derive Approdi (...)
  • 36 “In questo libro nato dallo scatto emotivo, dallo sdegno susseguente all’azione dei media italiani (...)
  • 37 “I mostri, gli assassini non erano albanesi, non erano stranieri arrivati dal buio per violare la c (...)
  • 38 Ibid., p. 14.

23 Lo scrittore emiliano, che si ispira al fatto di cronaca per scrivere romanzi e real novel34, ha proseguito la sua riflessione in un saggio sui rapporti tra criminalità, mass media e politica in Italia35. In quest’ultimo, racconta quattro storie criminali che hanno suscitato nei media interpretazioni contrarie alle verità giudiziarie rivelate qualche mese o qualche anno dopo36. Egli cerca di evidenziare in questi casi la coincidenza tra verità mediatica e verità politica, che sfociano spesso sull’accusa di popolazioni immigrate37. Secondo lui, la contraddizione tra vera natura dei delitti e visione del panorama criminale veicolata dai media permette di percepire l’importanza della questione della delinquenza, della sicurezza nel dibattito democratico. Il delitto, attraverso le sue cause e il suo movente, rimanda a problematiche più vaste (per esempio lo sviluppo della criminalità organizzata e i suoi legami con il potere). Così per Bernardi “studiare oggi i delitti e la criminalità significa compiere un decisivo passo in avanti in un’analisi sociale che ha perduto buona parte dei vecchi parametri e si è aggiustata lungo direttrici diverse”38.

24

25 L’esigenza di “studiare” i delitti raggiunge la caratteristica sopra accennata della finzione poliziesca degli anni 2000. La classica dicotomia tra realtà e apparenza si esplica ora nella molteplicità delle narrazioni. Il giallo presenta il reale come giustapposizione di racconti e relativizza così l’oggettività in genere associata al discorso mediatico. La carica critica del romanzo giallo non si fonda solo sull’immagine di un referente condiviso con il destinatario dell’opera che rende conto di problemi sociali o politici, ma anche sulle modalità di questa rappresentazione: i nuovi “giallisti” oppongono a una visione globale del reale una pluralità di situazioni e credono in una rivelazione della verità fondata sulle divergenze tra testi che pretendono di offrire un approccio unitario del mondo contemporaneo.

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Note

1 Eco, Umberto, Lector in fabula [1979], Milano, Bompiani, 2002, pp. 132-135.

2 Barthes, Roland, “L’effet de réel” [1968], in Barthes, Roland, Bersani, Leo, Hamon, Philippe, Riffaterre, Michael e Watt, Ian, Littérature et réalité, Paris, Seuil, 1982, pp. 81-90.

3 “La présence du fait divers dans le roman policier s’explique par la fonction informative qu’il remplit dans l’économie du texte. C’est en lisant les éditions du soir de La Gazette des tribunaux qu’Auguste Dupin et le narrateur engagent la conversation sur le double crime de la rue Morgue […]. En effet, pour l’enquêteur et le narrateur témoin n’ayant pas assisté au meurtre, il permet d’exposer de façon brève et efficace le crime et les premiers constats de l’enquête policière, de décrire les différents indices et témoignages recueillis” (Evrard, Franck, Fait divers et littérature, Paris, Nathan, 1997, p. 39).

4 “La commercializzazione ha, inoltre, importanti implicazioni sul processo di comunicazione politica. I media commerciali creano nuove e potenti tecniche di rappresentazione e di conquista dell’audience che i partiti e i politici devono adottare per prevalere nel contesto della nuova arena pubblica. Due delle due più importanti fra queste tecniche, strettamente legate l’una all’altra, sono la personalizzazione e la tendenza a privilegiare il punto di vista del ‘cittadino medio’” (Hallin, Daniel C., e Mancini, Paolo, Modelli di giornalismo. Massmedia e politica nelle democrazie occidentali, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. 250).

5 Ibid., p. 226.

6 Camilleri, Andrea, La pazienza del ragno, Palermo, Sellerio, 2004, pp. 67-70.

7 “‘Montalbano? Ho preso una decisione’. ‘Mi dica. [...]’ ‘Una conferenza stampa’. ‘Ma che necessità c’è?’ ‘C’è, Montalbano, c’è!’ La vera nicissità era quella che Tommaseo spasimava per farisi vidiri in televisione. ‘I giornalisti’ proseguì il pm ‘hanno subodorato qualcosa e cominciano a fare domande. Non vorrei correre il rischio che dessero un’immagine distorta del quadro d’insieme’. Ma quale quadro d’insieme? ‘Certo sarebbe un grosso rischio’” (Camilleri, Andrea, La vampa d’agosto, Palermo, Sellerio, 2006, p. 204).

8 Camilleri, Andrea, L’odore della notte [2001], Milano, Mondadori, I Meridiani, 2002, pp. 1218-1220.

9 Piazzese, Santo, Il soffio della valanga [2002], Palermo, Sellerio, 2003.

10 Con Sciascia, notoriamente, il romanzo poliziesco mette in scena l’impossibilità di rivelare la verità: “È facilmente reperibile una certa funzione della letteratura: dello iato tra una visione ideale dello Stato e la società contaminata dalla mafia nonché della impotenza e dello strapotere della delinquenza organizzata, può un romanzo tipo giallo dare una esatta rappresentazione. La verità viene detta dalla letteratura. Essa sola è in grado di articolare il discorso della verità anche come denuncia di una non raggiunta verità pratica”, Ambroise, Claude, “Verità e scrittura”, in Sciascia, Leonardo, Opere 1956-1971, Milano, Bompiani, 1987, p. XXIX.

11 “Con un’ariata assolutamente indifferente, la giornalista del tg aveva detto che la Procura di Genova, in merito all’irruzione della polizia alla scuola Diaz nel corso del G8, si era fatta pirsuasa che le due bombe molotov, trovate nella scuola, erano state portate lì dagli stessi poliziotti per giustificare l’irruzione [...]. Bastava ragionare tanticchia supra quelle notizie che venivano date col contagocce e con governativa osservanza dalla stampa e dalla televisione per farsi preciso concetto: i suoi compagni e colleghi, a Genova, avevano compiuto un illegale atto di violenza alla scordatina, une specie di vendetta fatta a friddo e per di più fabbricando prove false” (Camilleri, Andrea, Il giro di boa, Palermo, Sellerio, 2003, pp. 9-10).

12 Carlotto, Massimo, Il Maestro di Nodi, Roma, e/o, 2004.

13 Ibid., p. 142.

14 Ibid., p. 143.

15 Ibid., pp. 129-130.

16 Matrone, Maurizio, Erba alta, Milano, Frassinelli, 2003.

17 Nella prefazione, lo scrittore ricorda la sua qualità di poliziotto presso la Questura di Bologna. Menziona le vittime della “banda della Uno bianca” e allude al ruolo determinante di questo episodio tragico nella composizione del suo libro. Spiega anche la scelta del titolo Erba alta: “In quegli anni sembrava che le azioni criminali e le relative indagini si svolgessero in un campo minato, dove l’erba cresceva così alta che diventava difficile vedere oltre”. Poi, insiste sulla natura romanzesca del racconto instaurando un patto di finzione: “Il mio non è nient’altro che un romanzo, dove la dolorosa vicenda della Uno Bianca si presta come sfondo per raccontare storie di poliziotti. Avventure di eroi del quotidiano tra amori, dolori, violenze e morte che si snodano, qui, nella finzione, tra due episodi veri: l’assalto al campo nomadi di via Gobetti e l’agguato ai carabinieri al Pilastro. Il resto è pura fantasia” (ibid.).

18 Nel romanzo di Matrone, i poliziotti corrotti decidono di organizzare la rapina di un distributore di benzina situato nella periferia di Bologna. Per non essere identificati, rubano una Fiat Uno bianca. Scelgono questo modello di macchina perché le serrature possono essere forzate con molta facilità. Ritroviamo precisamente questi elementi (luoghi, veicolo, motivi) nei documenti che narrano gli atti delittuosi della banda (ibid., p. 194).

19 Ibid., p. 234.

20 Hallin, Daniel C., e Mancini, Paolo, Modelli di giornalismo, cit., p. 226.

21 Carlotto, Massimo, Arrivederci amore, ciao, Roma, e/o, 2001.

22 Il programma di Lucarelli intitolato Blu notte è stato diffuso per la prima volta nel 1998 su Rai 3.

23 Lucarelli, Carlo, Mistero in blu, Torino, Einaudi, 1999; Id., Misteri d’Italia, Torino, Einaudi, 2002; Id., Nuovi misteri d’Italia, Torino, Einaudi, 2004; Id., La mattanza, Torino, Einaudi, 2004.

24 “Per noi che non viviamo qui, Catania assomiglia ad altre città barocche della Sicilia [...]. Questa è una città di luci e ombre, di bianchi e neri, di contrasti netti, che non sfumano tra loro, secondo quella logica per cui proprio dove il sole batte più forte, proprio dove la luce è più bianca, le ombre sono più nere. È nero il colore della lava con cui costruisce le mura dei suoi palazzi barocchi e delle sue chiese, nero lo zoccolo su cui si appoggia il suo castello, neri gli archi della marina e le sue porte. E invece bianca è la sua periferia, una periferia lunare e surreale di casermoni dormitorio, file di negozi vuoti e viali larghi che finiscono nel nulla, in mezzo a campi di spighe. Luci e ombre, contraddizioni di una città che non è mai quello che sembra” (Lucarelli, Carlo, Il “caso Falcidia”, in Mistero in blu, cit., pp. 47-48).

25 “Quando Alceste viene ucciso è il 1975. È un anno di grandi tensioni. Ci sono le Brigate rosse, e proprio in quel 1975 un commando di quattro persone libera Renato Curcio, uno dei capi storici delle Br, dal carcere di Casale Monferrato, mentre poco dopo la sua compagna, Mara Cagol, viene uccisa in un conflitto a fuoco con i carabinieri. Ci sono gli scontri in piazza, tra estremisti di destra e di sinistra e non solo […]. Ci sono tensioni anche a livello internazionale, con i Vietcong che stanno per prendere Saigon, il Portogallo che non è più una dittatura, e Francisco Franco, che è morto, in Spagna. E le elezioni amministrative sono un vero e proprio terremoto politico, con la Dc che perde voti e sostituisce Amintore Fanfani con Benigno Zaccagnini, e il Pci, il Psi e i partiti ‘laici’ che avanzano tutti. Se in un contesto simile un militante della Sinistra extraparlamentare come Alceste viene ucciso in quel modo, la cosa fa scalpore, fa notizia, e fa anche paura” (Lucarelli, Carlo, Nuovi misteri d’Italia, cit., p. 77).

26 Nel suo saggio intitolato Structure du fait divers, Roland Barthes paragona il fatto di cronaca e le sue “deviazioni causali” (“petites causes, grands effets”) al funzionamento del romanzo poliziesco “très friand par nature de ce que l’on pourrait appeler le miracle de l’indice: c’est l’indice le plus discret qui finalement ouvre le mystère” (Barthes, Roland, Structure du fait divers, Essais critiques, Paris, Seuil, 1964, p. 193).

27 Lucarelli, Carlo, Michele Sindona, in Misteri d’Italia, cit., p. 14.

28 “Di nuovo a colori, il repertorio. È Giorgio Ambrosoli che parla. Appoggiato alla scrivania del suo ufficio, che è piccola, di legno chiaro. Sta un po’ di traverso e ogni tanto si schiarisce la voce, interrompendo la sua cadenza lombarda, come se la telecamera lo metta un po’ in imbarazzo” (ibid., p. 16).

29 Eliade, Mircea, Aspects du mythe, Paris, Gallimard, 1963, p. 234.

30 Lucarelli, Carlo, Michele Sindona, cit., pp. 7-8.

31 “Le fait divers comme le mythe se définissent aussi par l’impact immédiat qu’ils possèdent sur le récepteur. La dramatisation, la coloration affective de l’histoire, le pouvoir de retentissement sur l’imaginaire du lecteur expliquent la fascination qu’ils exercent” (Evrard, Franck, Fait divers et littérature, Paris, Nathan, 1997, p. 99).

32 “Qui, in queste pagine, nel procedere dei capitoli che allacciano in un fitto intreccio quarant’anni di storia italiana (il caso Mattei è dell’ottobre 1962), si susseguono molte domande e significative risposte attorno a storie che qualcuno preferirebbe fossero consegnate per sempre all’amnesia collettiva. O alla prudente e pavida elusione di una classe dirigente che nel suo eterno tramandarsi si attiene a una sola bussola: quella che – come ha spiegato Canetti – è ben consapevole di come il segreto sia il nocciolo interno di ogni potere. E infrangerlo significa mettere a nudo il battito del cuore nascosto e indicibile che risuona dentro il Palazzo. E pervade, ancora di più, le segrete stanze degli apparati della sicurezza, della politica, della finanza” (Boatti, Giorgio, “Misteri e dintorni”, in Lucarelli, Carlo, Misteri d’Italia, cit., p. 256-257).

33 “La peur est largement utilisée par les médias qui y trouvent un argument de sélection de l’information […]. Les événements dysphoriques, les informations qui témoignent d’une perturbation généralisée semblent dire que l’anxiété règne partout, que le danger n’épargne personne, que l’histoire se confond avec une chaîne de violences et de désordres. Elles entretiennent une représentation constante du danger afin de satisfaire chez le public le besoin de se faire peur. La description de la violence quotidienne entraîne à la fois l’indifférence et la terreur” (Evrard, Franck, Fait divers et littérature, cit., p. 23).

34 Bernardi, Luigi, Pallottole vaganti, Roma, Derive Approdi, 2002.

35 Bernardi, Luigi, A sangue caldo. Criminalità, mass media e politica in Italia, Roma, Derive Approdi, 2001.

36 “In questo libro nato dallo scatto emotivo, dallo sdegno susseguente all’azione dei media italiani a fronte dell’omicidio di Novi Ligure, traccio alcuni esempi di come si possano distorcere le notizie fino a creare realtà più consistenti e reali della stessa realtà” (ibid., p. 9).

37 “I mostri, gli assassini non erano albanesi, non erano stranieri arrivati dal buio per violare la casa di una tranquilla famiglia italiana, spiega subito la Repubblica, dimenticando di scusarsi per avere evocato lei stessa quello scenario, solo due giorni prima in prima pagina” (ibid., p. 42).

38 Ibid., p. 14.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica

Claire Le Moigne, «La questione dei rapporti tra politica e mass media nel giallo italiano degli anni 2000»Narrativa, 29 | 2007, 107-118.

Notizia bibliografica digitale

Claire Le Moigne, «La questione dei rapporti tra politica e mass media nel giallo italiano degli anni 2000»Narrativa [Online], 29 | 2007, online dal 01 octobre 2022, consultato il 08 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/narrativa/1869; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/narrativa.1869

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Autore

Claire Le Moigne

Université de Nantes e CRIX, Université Paris Nanterre

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Solamente il testo è utilizzabile con licenza CC BY 4.0. Salvo diversa indicazione, per tutti agli altri elementi (illustrazioni, allegati importati) la copia non è autorizzata ("Tutti i diritti riservati").

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