Noir su nero: modalità della denuncia politica nei thriller1 di Massimo Carlotto
Testo integrale
- 1 Le opere di Massimo Carlotto che prenderemo in esame appartengono al “ciclo dell’alligatore”: La ve (...)
Uno scrittore dovrebbe sempre poter dire
che la politica di cui si occupa è etica.
La forma non è mai solo forma, è sostanza.
Per come va l’innocenza potremmo tutti cadere nell’ingranaggio.
Leonardo Sciascia
- 2 Morro, Olivier, “Entretien avec Massimo Carlotto”, in Cahiers d’études romanes, n. 15/1, 2006, p. 2 (...)
- 3 Ibid., p. 287
1In un colloquio con un nostro collega, Massimo Carlotto ha dichiarato che, morta ormai la stampa di investigazione (e ci sarebbe molto da dire sul come e sul perché), il romanzo poliziesco ha cercato di occupare il posto lasciato vuoto da tale scomparsa2. La scommessa, secondo lui, è quella di informare il lettore dandogli elementi di riflessione riguardo alle diverse derive verificatesi a partire dagli anni Ottanta: quella della società “per bene” verso l’illegalità diffusa, quella della criminalità organizzata verso legami sempre più ambigui con attività legali e con rappresentanti di uno Stato che fu di diritto e, infine, quella del potere verso il terrorismo di Stato. Per cui, sempre secondo Carlotto, il giallo diventa un vero e proprio progetto politico3.
- 4 Sciascia, Leonardo, Nero su nero, Torino, Einaudi, 1979, quarta di copertina.
2Diciamo giallo ma dovremmo dire piuttosto nero, ossia noir, dato che tutti gli ingredienti del thriller all’americana sono riuniti nei cinque romanzi che qui ci interessano cioè quelli della cosiddetta serie dell’alligatore, dal soprannome del protagonista-investigatore. Si tratta infatti, per Carlotto, di scrivere nero su nero, “la nera scrittura sulla nera pagina della realtà”, come fece Sciascia di cui abbiamo plagiato il titolo di una raccolta4; Sciascia che è stato il primo grande maestro del poliziesco politico, due parole che, come dimostra gran parte dell’opera del siciliano, hanno la stessa etimologia e si rifanno o si dovrebbero rifare a una certa concezione della cosa pubblica e a una certa filosofia del diritto.
- 5 Sciascia, Leonardo, Il giorno della civetta, Torino, Einaudi, 1961.
3Per Carlotto, il riferimento all’auctor siciliano non è solo pertinente riguardo all’impegno etico-civile manifestato attraverso gli argomenti politici trattati nei suoi libri, ma è anche valido riguardo all’uso sovvertito che egli, come Sciascia, fa dei presupposti filosofico-letterari del genere di cui strumentalizza i codici e la struttura a fini di denuncia; sovversione e strumentalizzazione che potrebbero essere qualificate di postmoderne se Sciascia appunto non le avesse inaugurate già nel 1961 con Il giorno della civetta5. Il che ci potrebbe portare a relativizzare i limiti temporali di certe concezioni letterarie e ci porterà senz’altro a trarre conclusioni assai pessimistiche sull’origine e sull’evoluzione delle situazioni rappresentate, nonché sulla natura e sugli autori dei delitti denunciati da Carlotto.
4A lungo considerato un genere poco nobile o perlomeno impuro, perché popolare ideologicamente e povero stilisticamente, il romanzo poliziesco presenta però, per via della stessa rigidità della sua codificazione, vantaggi insospettati all’epoca della sua nascita, nel contesto politico-sociale del secondo Ottocento. Allora, il delitto è un elemento di disordine nell’ordine prestabilito dalle leggi di una società retta da valori essenzialmente borghesi in cui lo Stato deve prima di tutto proteggere i beni e le persone.
5In tale contesto, lo scopo dell’inchiesta è quello di scoprire e di affidare alla giustizia chi ha messo in pericolo l’ordine sociale, e quindi di ripristinare l’ordine preesistente. Per raggiungere tale scopo, l’inchiesta deve essere condotta nel rispetto delle regole emanate dallo Stato di diritto, tra cui la verità e la giustizia. Per parte sua, l’investigatore, specie se si tratta di un poliziotto, è uno che combatte il delitto e difende lo Stato di Diritto, poiché ha ricevuto mandato da chi ha il compito di rappresentarlo in seno alle istituzioni. D’altronde, anche quando si assiste a un traviamento da parte dei rappresentanti delle istituzioni – come spesso accade nel thriller americano – l’investigatore conserva questo suo ruolo di difensore dello Stato di diritto e può anzi diventarne l’unico vero rappresentante. Egli appare così come una specie di eroe fondamentalmente positivo, capace di mettere a repentaglio la propria vita o almeno la propria salute, per far rispettare l’ordine di cui rimane il garante a dispetto di tutto e di tutti giacché si assiste, nel romanzo poliziesco, a una lotta spesso manichea tra il Bene e il Male in cui l’investigatore è, ovviamente, l’incarnazione del Bene.
- 6 Si vedano in proposito le riflessioni di Leonardo Siascia in Nero su nero, cit., pp. 68-69, e in Br (...)
6La prima conseguenza di queste constatazioni è che per natura, se si può dire, anche se dalla porta di servizio, i presupposti stessi del romanzo poliziesco lo fanno entrare nell’ambito di una riflessione sullo Stato, sul diritto e sulla giustizia, da un lato, e sulla verità e sul bene dall’altro. In altri termini, il romanzo poliziesco, nel suo piccolo, è basato su meccanismi e valori etico-politici6.
7Fino al secondo dopoguerra, tali valori e concetti sono stati l’appannaggio di scrittori e pensatori DOC, ma le necessità – almeno così sono presentate – della guerra fredda portano gli intellettuali a fare la scelta della contrapposizione ideologica e dell’organicità, abbandonando la riflessione disinteressata sui grandi principi, in nome della difesa degli interessi di parte e di partito nonché del realismo politico – qualcuno oserà parlare in proposito della “trahison des clercs”. Per via di conseguenza scompaiono quei nobili trattati di filosofia politica che per secoli erano stati il vanto della cultura italiana.
8Nello stesso periodo e per le stesse ragioni appare invece una nuova concezione dello Stato, non più basata quindi sull’interesse generale e il pubblico bene, retaggio comune delle democrazie occidentali figlie dei Lumi, bensì sul controllo del potere politico ed economico, retaggio dell’egemonia americana sulle stesse democrazie occidentali, figlie dell’anticomunismo e del capitalismo liberale.
9È proprio nel periodo in cui si verificano queste due realtà, la scomparsa dell’eredità dei Lumi e l’apparizione di una nuova concezione dello Stato che rapidamente si impernierà su malgoverno e sottogoverno democristiano, che l’auctor Sciascia imposta il suo primo romanzo a trama poliziesca Il giorno della civetta. Infatti, dopo appena dieci anni di esistenza, la Repubblica italiana, frutto dell’azione partigiana e della guerra di liberazione, ha rinunciato a combattere, almeno in Sicilia, quei mali antichi che sono clientelismo, corruzione e collusioni tra potere e criminalità organizzata, continuando invece a coltivare ignoranza, paura e arbitrio.
10Appunto perché combina, nei suoi presupposti morfologico-simbolici, ricerca della verità, ricerca del colpevole, difesa del pubblico bene e restaurazione dello Stato di diritto, ossia preoccupazioni etiche e preoccupazioni politiche, il romanzo poliziesco, scomparsa o traviata la riflessione filosofica seria sulla Polis, offre a Sciascia uno strumento di sostituzione costitutivamente atto all’analisi e alla denuncia delle derive sempre più gravi e numerose delle istituzioni, dei loro rappresentanti e, più generalmente del potere politico.
- 7 Sciascia, Leonardo, A ciascuno il suo, Torino, Einaudi, 1966; Id., Il contesto, Torino, Einaudi, 19 (...)
11Per rispondere a queste derive, seguono, nella produzione di Sciascia, altri tre “gialli”: A ciascuno il suo e soprattutto i famosissimi Il contesto e Todo modo7. Essi si presentano come la cartella clinica della società italiana, la cui evoluzione è caratterizzata dalla dilatazione geografica della situazione siciliana. Il che fa dire a Sciascia che la linea della palma si sta spostando al Nord.
12I mali di questa società in via di sicilianizzazione si traducono in una serie di fatti dalla natura innegabilmente criminale se considerati nella realtà del contesto politico e sociale. Convertiti in peripezie romanzesche, quei fatti sono la proiezione allegorica, nella finzione poliziesca, dei delitti commessi contro lo Stato di diritto.
13Il meccanismo dell’inchiesta, applicato nella finzione a crimini i cui autori, strumenti e moventi sono ricercati dall’investigatore, può dunque permettere, invertendo il processo di trasposizione metaforica, di denunciare autori, strumenti e moventi nella realtà fattuale. Inoltre, a monte, tale meccanismo consente di evidenziare, sempre metaforicamente, i pericoli che minacciano i valori che si rifanno ai concetti di Ragione, Giustizia e Libertà nella sfera dei principi e delle istituzioni.
14Molti scrittori – da Montalban a Dürrenmatt, da Izzo a Daeninckx – hanno usato il romanzo poliziesco per sorreggere una più ampia riflessione sulla giustizia e sul diritto. Tutti hanno rispettato, chi più chi meno, la struttura prestabilita, codificata fin dalla nascita, del genere poliziesco, che è la traduzione nella finzione romanzesca delle norme e dei principi della filosofia del diritto.
15Ora, Sciascia si spinge più lontano ancora: disarticolando la struttura del romanzo poliziesco, sovvertendola, riesce a rendere quasi tangibile l’esplosione del sistema di riferimenti su cui s’imperniava la dinamica del giallo tradizionale. Nella società retta e regolata da quel sistema di riferimenti, l’investigatore poteva operare con ogni legittimità in quanto garante delle istituzioni: questo sistema esiste solo allo stato di apparenza nella società italiana dopo gli anni Settanta. È quindi inevitabile che lo statuto dell’investigatore e la struttura del romanzo poliziesco rispecchino riproducendole le disfunzioni della società.
16Infatti, le vittime nei romanzi di Sciascia sono innocenti dal punto di vista della legge, anzi sono perseguitate perché hanno rispettato la legge ufficiale invece di sottostare alla legge parallela effettivamente vigente nella società in cui vivono; cioè nella non-società mafiosa o nell’anti-Stato.
17Nei romanzi polizieschi classici, queste situazioni si trovano quasi esclusivamente nei thriller all’americana. Il che significa che sono strettamente legate a un contesto sociale in cui un’organizzazione criminale è abbastanza potente per dettare le proprie regole e per farle rispettare non solo alla pari delle regole ufficiali bensì al loro posto.
18Ora, nei romanzi di Sciascia, questo modo di trasgressione è costante. Inoltre, al contrario di quanto avviene perfino nei thriller, la lotta tra i due sistemi di riferimento – quello riferibile al Bene e quello riferibile al Male, per la morale comune – non si conclude con il trionfo del Bene. Assistiamo anzi alla sua sconfitta attraverso i ripetuti scacchi del suo rappresentante e difensore, l’investigatore. Il ripristino del Bene sembra diventato impossibile essendo quella società il luogo di una totale inversione dei ruoli; inversione che continuerà e peggiorerà lungo ciascuno dei romanzi e da un romanzo all’altro fino all’apice rappresentato dal Contesto.
19L’origine di questo fenomeno è da ricercarsi a monte del crimine e dell’inchiesta, del criminale e dell’investigatore. Ora, a monte, ci sono solo i mandanti del criminale e quelli dell’investigatore. E, nel Contesto, quelle parti abitualmente e logicamente opposte sono recitate dalle stesse persone.
20Quando prende la misura di quanto sta succedendo, il protagonista, riassume così la situazione:
- 8 Sciascia, Leonardo, Il contesto, cit., pp. 82-83.
Dentro il problema di una serie di crimini che per ufficio, per professione, si sentiva tenuto a risolvere, ad assicurarne l’autore alla legge se non alla giustizia, un altro ne era insorto, sommamente criminale nella specie, come crimine contemplato nei principi fondamentali dello Stato, ma da risolvere al di fuori del suo ufficio, contro il suo ufficio. In pratica si trattava di difendere lo Stato contro coloro che lo rappresentavano, che lo detenevano. Lo Stato detenuto. E bisognava liberarlo8.
21Quindi, l’inversione poi la scomparsa della struttura codificata del giallo traduce e denuncia, non più allegoricamente bensì nella materialità stessa del romanzo, lo sgretolamento progressivo poi la morte dell’ordine sociale che aveva permesso l’emergenza del genere nell’Ottocento. Diventano insomma una metafora della sovversione dei valori sociali e morali di cui il romanzo poliziesco era fino allora l’espressione letteraria.
22Abbiamo voluto ricapitolare la situazione del giallo di denuncia com’è stato, ci pare, inventato da Sciascia, perché Carlotto ha incontestabilmente tratto le lezioni dall’esperienza insieme civile e letteraria del siciliano. Possediamo così una specie di schema di partenza che ci permetterà adesso di sottolineare evoluzioni e differenze.
23Se consideriamo che struttura e statuto dei personaggi in Carlotto come prima in Sciascia sono significanti, possiamo già fare qualche riflessione.
- 9 Per parafrasare lo Stefano Benni di Elianto (Milano, Feltrinelli, 1996).
24Il primo elemento che occorre esaminare è la posizione del protagonista che, come abbiamo visto, è fondamentale: l’investigatore di Carlotto non è un poliziotto, non può esserlo perché, come ampiamente dimostrato nei suoi noir, la polizia ha operato o continuato a operare uno slittamento verso comportamenti sempre più illegali. Non è nemmeno, come nell’ultimo giallo di Sciascia, un personaggio che vuole compiere un atto di libertà per conto proprio, in quanto semplice cittadino poiché di cittadini, nella Tristalia9 degli anni Ottanta e Novanta, rappresentata qui dal prosperoso Nordest, ne rimangono ben pochi; semmai, ci sono consumatori e teleutenti.
- 10 VA, p. 148.
- 11 VA, p. 28.
25L’investigatore carlottiano è un ex-galeotto, imprigionato durante gli Anni di piombo per aver ospitato un tale, accusato di attività terroristiche. Il suo primo compagno e co-investigatore “si occupava di controinformazione per un gruppo della sinistra extraparlamentare” e, ormai latitante, “usa quello che sa ai fini di una strategia tutta personale: vende o regala informazioni solo se l’uso che ne viene fatto coincide con i suoi disegni politici”10; in quanto al secondo compagno, nonché braccio secolare, è “uno degli ultimi rappresentanti della vecchia malavita milanese”11.
26Insomma la squadra di investigazione carlottiana è composta esclusivamente di uomini che hanno avuto o hanno ancora a che fare con la polizia e l’amministrazione giudiziaria; rispetto allo schema sciasciano di partenza, abbiamo quindi fatto un altro passo poiché l’investigatore in carica non è più un poliziotto, non è nemmeno un onesto cittadino ma è, se non proprio un delinquente, uno che conosce e frequenta la mala e utilizza spesso i suoi metodi un po’ sbrigativi.
27Non c’è dubbio sul fatto che i nostri tre detective siano dalla parte sbagliata dal punto di vista della gente per bene, per cui, come dice il malavitoso Rossini all’ex-galeotto alligatore:
- 12 VA, p. 67.
Questa tua crociata alla ricerca del colpevole è un lusso che può costare molto caro, soprattutto se arriva a mettere in cattiva luce sbirri, magistrati e tutto il loro seguito. Mettiti in testa che non sei un “regolare”, uno che può permettersi di sostenere la parte del cittadino indignato. Tipi come me e come te li chiamano pregiudicati. Siamo i rifiuti della società. Ci possono fare a pezzi. Come e quando vogliono12.
- 13 “Qui non si tratta di giocare a guardie e ladri ma di ristabilire la verità” (VA, p. 66).
28La battuta di Rossini ci permette però di verificare che gli investigatori di Carlotto, anche se pregiudicati, sono investiti o si sono investiti, come quelli di Sciascia, di una missione sacra, una vera e propria crociata, a favore della giustizia e della verità13, il che d’altronde non vale o non vale più per poliziotti e magistrati che pure dovrebbero legittimamente e istituzionalmente adempiere questa missione.
- 14 La praxis poliziesca è in continua evoluzione come dimostra la seguente citazione: “In realtà l’obi (...)
29Infatti, possiamo constatare che i cosiddetti rappresentanti della legge e dello Stato hanno continuato sulla strada del capovolgimento denunciato dal siciliano come appare dalla personalità e dai delitti rimproverati ai nostri investigatori: l’alligatore è finito in galera per non aver voluto cedere al ricatto della polizia riconoscendo terroristi a lui sconosciuti. Il che dimostra che la polizia usa metodi ben lontani dal rispetto dello Stato di diritto protettore dei cittadini onesti e permette a Carlotto di mettere sotto accusa la pratica del pentitismo, pratica sommamente ingiusta perché conferisce l’impunità a eventuali colpevoli purché denuncino altre persone che eventualmente colpevoli non sono. Questa denuncia del pentitismo è costante14, come pure la denuncia speculare dell’accanimento dello Stato contro i terroristi, veri o sospettati, sia dentro, nelle prigioni dove non vigono più le garanzie costituzionali, sia fuori, contro i latitanti che, come Max la memoria e lo stesso Carlotto ai suoi tempi, sono braccati perfino all’estero, quarant’anni dopo i fatti a loro rimproverati.
- 15 MM, p. 70.
- 16 Qualche esempio nel testo: “Capeggiano una banda veneto-campana affiliata alla camorra. Sono anche (...)
30Se la polizia perseguitasse almeno i veri delinquenti, quelli comuni, tali comportamenti potrebbero sembrare eccessivi ma coerenti. Invece, anche per quanto riguarda la lotta al crimine organizzato, domina l’uso dei pentiti di ogni risma e degli informatori, gli infami come li chiama Rossini che invece ha conservato il “suo assurdo senso dell’onore da gangster vecchio stampo”15. Con la conseguenza di lasciare fuori criminali della razza peggiore che usano le soffiate per sopprimere i loro concorrenti e possono così riorganizzare tranquillamente le loro reti criminali con l’aiuto e la benedizione della stessa polizia16.
- 17 CC, p. 179.
31Una spiegazione all’evoluzione sbagliata della polizia e di una parte della magistratura può essere trovata nella concomitante evoluzione della criminalità organizzata. Come dice Rossini, che di malavita e malavitosi s’intende: “Con l’arrivo delle organizzazioni straniere è cambiata la malavita e sono cambiati anche sbirri e giudici. Nemmeno loro rispettano più le regole”17.
32Sarebbero quindi le condizioni esterne a spingere la polizia a cambiare sistema di riferimento. Rimane però che, allontanandosi dalle regole su cui poggiava quel sistema, la polizia si allontana anche dai principi che le ispiravano e perde la legittimità che da quei principi traeva.
33Purtroppo, le nuove forme della criminalità organizzata non sono l’unica spiegazione valida dell’evoluzione dei rappresentanti dell’ordine. È la natura stessa dell’ordine da difendere che è cambiata, perché sono cambiati i valori e la natura della società da cui quest’ordine è emanato.
- 18 Dissentiamo in proposito dalle conclusioni di Milanesi, Claudio, in Evoluzione e sovversione nei ro (...)
34La posizione particolare degli investigatori carlottiani, a cavallo tra i “regolari” e i malavitosi, permette loro di accorgersi dello slittamento in atto nelle floride province del Nordest, a conferma dei peggiori timori di Sciascia a proposito della progressione verso il Nord della linea della palma. Infatti, l’alligatore e i suoi compagni assistono alla paradossale sicilianizzazione di una regione che vorrebbe invece farla fuori, la Sicilia, come chiedono tutte le leghe longobardizzanti in nome della giustizia fiscale e della morale imprenditoriale, che sostituiscono la giustizia e la morale “classiche” nella terza Italia degli anni Ottanta e Novanta. Il fatto che siano dei delinquenti a lottare, quasi da soli, per il rispetto dei valori assoluti di giustizia e verità, permette infatti di denunciare l’ipocrisia di questa società che conserva i parametri esclusivi della vecchia morale pure quando i suoi comportamenti la scherniscono e la negano; permette anche di misurare il divario tra i discorsi del mondo pseudo-legale e le attività sommamente illegali e immorali dei suoi esponenti. Difatti, tra il mondo malavitoso e il mondo “regolare” i confini sono stati cancellati e le posizioni si sono a tal punto rovesciate che sono dei pregiudicati a rifarsi alle regole non solo della malavita ma anche dello Stato di diritto18.
35Invece, la trasformazione di giustizia e morale in concetti resi relativi dalla rivoluzione neoliberale permette a cittadini al di sopra di ogni sospetto di sdoganarsi e auto-assolversi quando loro stessi entrano nella delinquenza, adottando pratiche e metodi mafiosi. Nei noirs di Carlotto assistiamo infatti a una totale schizofrenia della cosiddetta gente per bene che, con la complicità di quelli che sono diventati i “suoi” giudici e i “suoi” poliziotti – perché una società ha la polizia che si merita – è capace di vendere coca, di gestire reti di prostituzione, di sfruttare immigrati, di truccare appalti, pur continuando a stigmatizzare i sopraccitati “pregiudicati”, come dimostra il discorso di un notabile ai nostri investigatori:
- 19 VA, p. 227.
Avanzi di galera come lei […] e il suo socio non possono pensare di accusare stimati professionisti, nonché […] membri emeriti della comunità. Farlo significherebbe solo un inutile sacrificio. La giustizia è un meccanismo che stritola i perdenti […]. I nostri amici farebbero quadrato intorno a noi e userebbero la loro influenza per difenderci19.
36Bel quadrato questo, che fa pensare al quadrato di preghiera di Todo modo dove si tramavano tutte le malversazioni del sottogoverno democristiano degli anni Settanta. Nel Nordest carlottiano, nella “Padova intrallazzona”, si tratta di un’associazione chiamata “I Cavalieri di Santa Costanza”, una struttura che
- 20 VA, p. 155.
con la benedizione e la copertura […] inconsapevole di una parte del clero, […] raccoglie tutto il marcio di questa città – da vecchi arnesi fascisti implicati in Gladio e varie trame nere, a esponenti corrotti del mondo politico, finanziario, giudiziario, militare – ed è a sua volta trasversale ad altre strutture, lobby o logge massoniche, anche estere20.
- 21 MM, p. 131.
37I Cavalieri di Santa Costanza sono la versione settentrionale del “misto di massoneria, politici, costruttori, grossi commercianti”21 che gestiscono gli affari nel giro cagliaritano o palermitano. Sono soprattutto la dimostrazione che, come già nei romanzi di Sciascia, tutti i valori sono capovolti perché in cima alla piramide, nelle stanze del potere, sono gli stessi torbidi interessi economici a prevalere e sono appunto le persone che li dovrebbero combattere a volerli difendere perché sono anche i loro interessi di politici-imprenditori.
38La criminalizzazione dei costumi e la conseguente perversione dei valori dello Stato di diritto nelle regioni settentrionali non possono essere considerate una grande novità rispetto al contesto descritto da Sciascia; confermano la validità dello schema siciliano, della Sicilia come metafora della corruzione di tutto il sistema politico-giudiziario e dell’ordinamento sociale italiano; una corruzione non più solo profetizzata, ma ormai verificatasi anche nei fatti. Inoltre, l’allusione a “strutture, lobby o logge massoniche, anche estere” è significativa della progressione del processo di dilatazione geografica denunciato da Sciascia. Una dilatazione resa logica e inarrestabile dalla natura stessa dell’evoluzione politico-economica nell’ambito appunto della globalizzazione, o mondializzazione che dir si voglia.
39Infatti, se l’inizio della rivoluzione neoliberale è chiaramente il momento in cui si verifica lo sgretolamento morale delle laboriose e oneste province settentrionali, riflesso della deregolamentazione economica in atto ovunque, è anche l’inizio, ovunque ma con manifestazioni particolarmente cruenti in Italia, di una nuova concezione dello Stato.
40Almeno due dei nostri investigatori, l’alligatore e Max la memoria, hanno combattuto la concezione precedente dello Stato; quella che poggiava, all’interno, sul trasformismo politico, sul compromesso, storico o meno, nonché sulla permanenza o il clonaggio della stessa classe dirigente; e all’esterno – con gli imperativi della guerra fredda e dell’amicizia con il grande e permaloso fratello americano –, sulla conservazione degli equilibri e delle posizioni esistenti.
- 22 MM, p. 26.
- 23 VA, p. 159.
41All’interno, questo Stato non ha esitato a sacrificare uno dei suoi principali esponenti, nella persona di Aldo Moro, e non è da stupirsi se la lotta che buona parte della generazione dell’alligatore e di Max ha condotto contro di esso è stata un disastro politico e personale, come ben dimostra la caratterizzazione dei personaggi di Carlotto: l’alligatore è presentato come un “ex musicista blues sciroccato e bevuto che fa l’investigatore perché è andato fuori di testa in galera”22, mentre il latitante Max è “una scommessa con la storia” ma “soffre la solitudine come un bambino”. Come dice di loro la compagna di Max: “potreste percorrere nuove strade, intraprendere una nuova vita, ma non riuscite a staccarvi dal passato. Avete i vostri conti da regolare, soprattutto con voi stessi e ogni giorno che passa è una nuova cicatrice”23.
- 24 MM, p. 172.
42All’esterno, la Repubblica italiana, alla stregua di tutti gli altri Stati della NATO, non ha esitato neanche a utilizzare le capacità di certe bande nate dall’“incontro di alcuni ex-agenti segreti di varie nazionalità con un incerto numero di malavitosi, i quali hanno deciso insieme di offrire i loro servigi al miglior offerente […] per tutte quelle operazioni che ufficialmente i governi non possono autorizzare”24, in una specie di guerra santa, in nome della difesa dei cosiddetti valori della civiltà occidentale. Una guerra chiamata anche guerra sporca, in cui è stato messo in atto un vero e proprio terrorismo di Stato, denunciato da Sciascia, specie nel Contesto e L’affaire Moro, quando hanno cominciato a manifestarsi le sue derive.
- 25 L’episodio delle nuove BR e la vicenda Battisti dimostrano ampiamente questa evoluzione: “‘Queste n (...)
43Ma dopo il 1989 e ancora di più dopo l’11 settembre, gli equilibri sono cambiati. Può ormai svilupparsi senza nessuna opposizione, né interna né esterna, quella nuova concezione dello Stato ultraliberale e antiterrorista25 la cui messa grande viene celebrata in occasione del G8 di Genova.
44La posizione degli investigatori ci ha permesso, nei quattro primi romanzi della serie, di assistere alla cancellazione delle differenze tra delinquenti classici e “onesti delinquenti” in colletti bianchi, poi tra delinquenti e difensori dell’ordine e della legge, nonché di constatare che non si combattevano più e tendevano anzi a collaborare poiché avevano sempre più spesso interessi, metodi e valori in comune. Nel Maestro di nodi, il quinto romanzo che si svolge sullo sfondo di un grande appuntamento internazionale, lo statuto degli investigatori e la loro storia personale vengono di nuovo strumentalizzati da Carlotto.
45Proprio perché hanno combattuto lo Stato degli Anni di piombo e ne sono stati sconfitti, l’alligatore e Max sono i primi a percepire e ad analizzare le nuove caratteristiche dello Stato del terzo millennio in cui si consuma l’ultima trasformazione: quella della criminalizzazione del cittadino ordinario.
46Durante il G8 di Genova infatti, migliaia di dimostranti pacifici sono presi a manganellate, con una violenza inaudita, da una polizia il cui strapotere viene giustificato dalla difesa del nuovo ordine e dei nuovi valori dello Stato degli imprenditori. La loro colpa sta tutta nell’essere No global, cioè contrari al nuovo credo ultraliberale, e difensori del diritto alla differenza, politica, economica, sociale, alimentare o sessuale che sia. Ipso facto si ritrovano fuori-norma e quindi, secondo una logica sulla cui irrefragabilità sarebbe urgente riflettere, fuori-legge.
47Partendo dalla sua esperienza di ex-detenuto politico, l’alligatore dice:
- 26 MDN, p. 157.
il comportamento degli sbirri [gli] era sembrato “normale” e questo era corretto se rapportato al mondo del carcere e dell’uso della violenza poliziesca su marginali e malavitosi. Non lo era affatto però nei confronti di persone pacifiche e incensurate […]. A Genova, le donne e gli uomini che protestavano contro il summit del G8 erano stati trattati come criminali comuni colti in flagranza di reato e ne avevano seguito il percorso26.
48Come si vede, è proprio il concetto di norma che fa da spartiacque tra i comportamenti autorizzati e quelli vietati. Solo che in questo caso la norma risulta da un totale capovolgimento di tutti i criteri che fino allora permettevano, dal punto di vista etico se non dal punto di vista politico, di definire chi era dalla parte giusta e chi da quella sbagliata. Un capovolgimento accettato come normale, appunto, dall’opinione pubblica nazionale manipolata e anestetizzata, per via della concentrazione dei media nelle mani di poche persone, e da un’opinione internazionale che ha manifestato solo una indignazione pro forma di fronte a quello che accadeva in Italia. E possiamo vedere in questo fatto la prova che, con la globalizzazione economica e le cosiddette autostrade dell’informazione, la dilatazione geografica dell’anti-stato e della non-società preannunciata da Sciascia ha varcato i confini italiani e si sta anch’essa globalizzando.
- 27 Sciascia, Leonardo, Il contesto, cit., p. 91.
49Manca solo una tappa alla sovversione completa dello Stato di diritto quale la Cassandra siciliana l’ha in qualche modo prevista. Infatti, nel Contesto, Sciascia fa dire al presidente della Corte suprema che, per via dell’infallibilità della legge, “l’errore giudiziario non esiste”27 e quindi tutti siamo colpevoli. Per cui
- 28 Ibid., p. 90.
la sola forma di giustizia, di amministrazione della giustizia, potrebbe essere, e sarà quella che nella guerra militare si chiama decimazione. Il singolo risponde dell’umanità. E l’umanità risponde del singolo […]. Il disonore e il delitto debbono essere restituiti ai corpi della moltitudine28.
50L’affermazione era grave nel contesto degli Anni di piombo, che l’Italia cominciava a vivere al ritmo degli attentati, ma era messa in bocca a una specie di visionario che si limitava ad auspicare questa nuova concezione della giustizia. Nell’ultimo romanzo di Carlotto, a giudicare dalla realtà rappresentata e denunciata, sembra che questa concezione sia ormai alle porte… e che le porte siano aperte.
51Con il ciclo dell’alligatore, Carlotto ha eseguito la grande svolta lasciata incompiuta da Sciascia, morto proprio nel fatidico 1989, e se veramente, come diceva l’illuminista e illuminato siciliano, la struttura e lo statuto dei personaggi del giallo hanno un significato, i delinquenti-giustizieri, gli imprenditori-mafiosi, i poliziotti-blackbloc e gli innocenti criminalizzati di Carlotto ci raccontano una società in cui la forma del romanzo giallo – con i valori di riferimento che sottintende – e il principio dell’investigazione razionale, in cui trovava la sua espressione insieme più accessibile e più rappresentativa, non ha più nessun senso, perché l’unica legge veramente vigente è ormai quella del più forte e perché la giustizia nonché il modo di amministrarla si rifanno solo all’arbitrio.
- 29 Morro, Olivier, “Entretien…”, cit., p. 295.
- 30 Ibid., p. 297.
52Difatti, nell’intervista che abbiamo evocato cominciando, Carlotto dichiara che l’alligatore è uno strumento che gli permette di raccontare un certo tipo di storie ma che il prossimo romanzo della serie uscirà solo fra qualche anno, tempo per l’autore di modernizzare il suo personaggio rispetto ai tempi, agli argomenti e alla sua evoluzione personale29. Inoltre, interrogato sull’avvenire del giallo, o noir che si voglia, in Italia, egli afferma che si possono leggere ottimi romanzi polizieschi italiani… solo che non raccontano assolutamente niente30. Forse la spiegazione è data da Loriano Macchiavelli, un altro autore di noir:
- 31 Citato in Ibid.
La letteratura nera non fa più paura perché probabilmente non serve più a niente. La società che raccontiamo nei nostri romanzi si è vaccinata e fatalmente l’affermazione del romanzo poliziesco si presenta come una sconfitta del genere31.
53In altre parole, passato dalla denuncia all’intrattenimento, il romanzo poliziesco la cui funzione ultima consisteva nel ripristinare la distinzione tra il bene e il male, può considerarsi morto.
- 32 Dürrenmatt, Friedrich, Giustizia, citato in Sciascia, Leonardo, Una storia semplice, Milano, Adelph (...)
54Il che significa forse che tale ripristino spetta ormai, logicamente, all’individuo, perché, a meno di confidare in una ipotetica giustizia immanente, stanno tutte lì “le possibilità che forse ancora restano alla giustizia”32.
Note
1 Le opere di Massimo Carlotto che prenderemo in esame appartengono al “ciclo dell’alligatore”: La verità dell’alligatore, Roma, e/o, 1995; Il mistero di Mangiabarche, Roma, e/o, 1997; Nessuna cortesia all’uscita, Roma, e/o, 1999; Il corriere colombiano, Roma, e/o, 2000; Il maestro di nodi, Roma, e/o, 2002, rispettivamente qui di seguito abbreviate in VA, MM, NCU, CC, MN.
2 Morro, Olivier, “Entretien avec Massimo Carlotto”, in Cahiers d’études romanes, n. 15/1, 2006, p. 286.
3 Ibid., p. 287
4 Sciascia, Leonardo, Nero su nero, Torino, Einaudi, 1979, quarta di copertina.
5 Sciascia, Leonardo, Il giorno della civetta, Torino, Einaudi, 1961.
6 Si vedano in proposito le riflessioni di Leonardo Siascia in Nero su nero, cit., pp. 68-69, e in Breve storia del romanzo poliziesco, in Cruciverba, Torino, Einaudi, 1983, pp. 216-231.
7 Sciascia, Leonardo, A ciascuno il suo, Torino, Einaudi, 1966; Id., Il contesto, Torino, Einaudi, 1971; Id., Todo modo, Torino, Einaudi, 1974.
8 Sciascia, Leonardo, Il contesto, cit., pp. 82-83.
9 Per parafrasare lo Stefano Benni di Elianto (Milano, Feltrinelli, 1996).
10 VA, p. 148.
11 VA, p. 28.
12 VA, p. 67.
13 “Qui non si tratta di giocare a guardie e ladri ma di ristabilire la verità” (VA, p. 66).
14 La praxis poliziesca è in continua evoluzione come dimostra la seguente citazione: “In realtà l’obiettivo del gruppo, una delle ultime trovate del dipartimento amministrazione penitenziaria, era quello di creare una nuova generazione di pentiti, soprattutto tra gli affiliati alle organizzazioni criminali straniere”. Con adeguata risposta della criminalità organizzata: “La mala albanese rigidamente articolata in nuclei familiari era una vera e propria organizzazione mafiosa, un’accolita criminale ancora impermeabile al fenomeno del pentitismo. Era un tale modello di virtù che la n’drangheta aveva deciso di ristrutturarsi sullo stesso modello organizzativo. In quel tipo di cultura era infatti difficile che ci si decidesse ad accusare padre o fratello” (NCU, p. 35).
15 MM, p. 70.
17 CC, p. 179.
18 Dissentiamo in proposito dalle conclusioni di Milanesi, Claudio, in Evoluzione e sovversione nei romanzi di Massimo Carlotto (Narrativa, n. 26, p. 229). A parer suo, “il trio di giustizieri assiste alla scomparsa del Bene e dell’innocenza diventando in tal modo parte di un male la cui presenza è ormai invasiva. Tanto che quella dimensione etica che è una delle costanti del romanzo di genere viene di fatto scartato dal suo orizzonte […] depotenziando uno dei meccanismi stessi del pathos narrativo, la tensione verso il ristabilirsi della giustizia e il suo scioglimento nel trionfo del polo positivo rappresentato dall’eroe”. Secondo noi è significativo proprio il fatto che il Bene non possa essere ristabilito né la giustizia trionfare. Resta che la verità viene detta e che l’eroe, anche se pregiudicato, è l’unico a riferirsi ancora a quei valori morali. Il fatto che tali valori siano condivisi anche dai malavitosi non li squalifica automaticamente. Si pensi alla famosa e vilipesa stretta di mano tra Bellodi e don Mariano nel Giorno della civetta, e si legga poi questa riflessione di Carlotto: “Un malavitoso e un avvocato della vecchia guardia, cresciuti nel rispetto delle regole, delle tradizioni e della parola data. Uomini a cui una stretta di mano era sufficiente a ricordare un impegno per tutta una vita” (MM, p. 48). In proposito, già a Sciascia si era fatto un processo alle intenzioni…
19 VA, p. 227.
20 VA, p. 155.
21 MM, p. 131.
22 MM, p. 26.
23 VA, p. 159.
24 MM, p. 172.
25 L’episodio delle nuove BR e la vicenda Battisti dimostrano ampiamente questa evoluzione: “‘Queste nuove BR puzzano di servizi. Le useranno contro di voi e per regolare i conti con il passato. Vedrai quanto ci mettono a sbattere dentro anche i rifugiati a Parigi’. Max sorrise. ‘Quelli non li toccheranno mai’. ‘Staremo a vedere. Con la scusa del terrorismo si giustifica tutto’” (MDN, p. 158).
26 MDN, p. 157.
27 Sciascia, Leonardo, Il contesto, cit., p. 91.
28 Ibid., p. 90.
29 Morro, Olivier, “Entretien…”, cit., p. 295.
30 Ibid., p. 297.
31 Citato in Ibid.
32 Dürrenmatt, Friedrich, Giustizia, citato in Sciascia, Leonardo, Una storia semplice, Milano, Adelphi, 1989, p. 7.
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Notizia bibliografica
Lise Bossi, «Noir su nero: modalità della denuncia politica nei thriller di Massimo Carlotto», Narrativa, 29 | 2007, 67-80.
Notizia bibliografica digitale
Lise Bossi, «Noir su nero: modalità della denuncia politica nei thriller di Massimo Carlotto», Narrativa [Online], 29 | 2007, online dal 01 octobre 2022, consultato il 08 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/narrativa/1853; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/narrativa.1853
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