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Les pionnières

Patriota e cosmopolita

L’impegno di Sita Camperio con la Croce Rossa
Ilaria M.P. Barzaghi
p. 147-168

Résumés

L’article examine la contribution de Sita Camperio, pionnière de la formation des infirmières de la Croix-Rouge en Italie et de la valorisation du rôle social des femmes. On reconstitue sa figure en mettant en lumière son milieu familial, patriotique et cosmopolite très particulier, en s’appuyant surtout sur ses écrits autobiographiques et en analysant des documents et des sources iconographiques conservés aux archives Camperio à Villasanta. Elle a fondé la première École d’infirmières volontaires en Italie ainsi que celle de l’Hôpital-école Principessa Jolanda pour la formation d’infirmières professionnelles. Pendant la Première Guerre mondiale, au front, elle assiste les blessés. En 1933, elle reçoit la médaille Florence Nightingale.

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Texte intégral

Una figlia molto amata

  • 1 Per la storia della famiglia Camperio e dettagli sui suoi componenti, si vedano: Mariachiara Fuga (...)

1Persona colta e curiosa, violinista diplomata al Conservatorio di Milano, studentessa della Normale di Pisa, filantropa: in Sita Camperio (Milano, 1877-1967) sono evidenti i risultati dell’educazione familiare e degli influssi dell’ambiente culturalmente vivace e internazionale in cui è cresciuta. È l’ultima dei quattro figli di Manfredo Camperio (1826-1899), patriota liberale, viaggiatore su scala globale per passione ed esploratore per progetto politico, fotografo e collezionista di fotografie, e di Marie Siegfried (1841-1930), alsaziana di Mulhouse, appartenente a una famiglia di imprenditori tessili, valdese dalla forte e moderna personalità1. Sita viene allevata in un contesto che non fa distinzioni tra figli maschi e femmine per quanto riguarda le opportunità di formazione, che non esclude le ragazze dalla piena fruizione di benefici culturali e artistici, sportivi, di viaggio e divertimento. Nella famiglia del patriarca Manfredo, la mentalità “nordica” della moglie ebbe modo di giocare un ruolo decisivo.

  • 2 Aurelia Josz (1869-1944), studiosa, filantropa ed educatrice, ideatrice di innovative metodologie (...)

2La madre di Sita aveva aderito ai valori della Croce Rossa, prestando personalmente assistenza ai feriti della guerra franco-prussiana; in seguito sostenne la Scuola agraria femminile di Aurelia Josz2 e fu tra coloro che rivendicarono la necessità di istituire la Croce Rossa Italiana. Il suo esempio di donna intraprendente, patriottica, caritatevole avrà un influsso potente sulla figlia.

  • 3 Storia delle prime ambulanze scuola per infermiere volontarie della Croce Rossa in Italia, dattil (...)

3Fin dalla prima giovinezza, la personalità di Sita risulta fortemente strutturata al contempo dalla religiosità cristiana di impronta valdese, dall’umanitarismo filantropico, dalla fede nel valore della Patria, dall’attaccamento alla famiglia d’origine, dal senso del dovere. Sita stessa, in una sua breve memoria dattiloscritta3, dichiara che ai quattro figli fin dalla culla fu « instillato ad essere pronti a tutti i sacrifici per la Patria. È con questa fiamma » che « fu guidata verso la grande opera umanitaria e patriottica della Croce Rossa ».

4A ventidue anni sposa Luigi Alberto Meyer (1859-1928), l’amatissimo Bertie, industriale nel ramo della seta, d’origine svizzera, già quarantenne. Il matrimonio con la sposa più giovane non viene però coronato dalla nascita di figli. Anche per questo Sita ha tempo ed energie da riversare nei più diversi ambiti: tra l’altro, anche grazie al suo talento di musicista, anima un salotto culturale e mondano milanese, trovandosi così al centro di una rete di conoscenze dovute non solo alla sua posizione sociale e ai rapporti di consuetudine con la corte sabauda, spesso presente a Monza nella Villa Reale, poco distante dalla residenza dei Camperio. Nel corso della sua lunga vita avrà l’opportunità di conoscere, tra gli altri, Toscanini, Puccini, Caruso, Henry Stanley, il presidente degli Stati Uniti Taft, il poeta Rabindranath Tagore (alla cui spiritualità si sentì molto affine) e, da molto vicino, Guglielmo Marconi, che era stato amico di giovinezza del fratello Giulio (1874-1896), prematuramente scomparso, come la primogenita Fanny (1872-1890), portata via dalla scarlattina a 18 anni.

  • 4 Si vedano in particolare Alberto Postigliola, Filippo Camperio, in Dizionario biografico degli it (...)

5Al passaggio del secolo, la famiglia si trova dimezzata: nel 1899 infatti muore anche il pater familias Manfredo. Sita, giovane sposa, è legatissima al fratello Filippo (1873-1945) detto Pippo; a cui era stato dato il nome di uno zio carbonaro che era emigrato in Svizzera, dove avrebbe assunto poi il nome di Philippe e fatto carriera politica4.

Fare la propria parte: il sodalizio con il fratello Pippo

6Pippo, giovane anticonformista e instancabile globe-trotter, bravo fotografo, ufficiale di marina distaccato in Cina ai primi del Novecento, sarà un testimone privilegiato della guerra russo-giapponese (1904-1905), in quanto attaché militare presso il campo russo. In seguito, sarà un sostenitore del fascismo, diventerà ammiraglio di Marina e imprenditore nel settore navale e sposerà una moderna americana antifascista, Eleonor Terry, discendente del costituzionalista George Mason, che collaborò con George Washington.

Anonimo, Sita Camperio, fototessera firmata del passaporto (lasciapassare per Francia e Inghilterra), 1919, FFC.

Anonimo, “In famiglia”: Filippo Camperio con i suoi cani da caccia sulla Regia nave Liguria a Shanghai, 1900, FFC.

7Proprio la testimonianza di quanto visto da Pippo sui campi di battaglia del conflitto russo-giapponese sarà uno stimolo importante all’impegno umanitario di Sita, insieme alla sua esperienza personale di paziente in una clinica tedesca nel 1904, dove, dopo un intervento chirurgico, è assistita in maniera eccellente da una crocerossina.

A.S. Gusev, Mukden (Manciuria), guerra russo-giapponese: medici esaminano cadaveri di soldati russi caduti dopo la battaglia, 1905, FFC.

8La sua prima iniziativa sono i corsi teorici di nozioni sanitarie di base e primo soccorso, da lei organizzati e ospitati nella residenza milanese dei Camperio, poi trasferiti all’Ufficio d’Igiene per la quantità di partecipanti (1905-1906). In parallelo, si dà da fare sfruttando la propria posizione sociale con un’intensa attività di fund-raising. Pippo collabora attivamente con Sita, mettendosi a disposizione in un vero e proprio tour di conferenze, durante le quali utilizza con competenza il mezzo fotografico, attingendo all’enorme repertorio iconografico di immagini da lui scattate o acquisite durante la guerra russo-giapponese, con un impatto emotivo fortissimo sull’uditorio. In particolare, proietta molte immagini da lui raccolte sotto il titolo Orrori della guerra, con cui documenta le migliaia di morti e feriti sui campi di battaglia e nelle trincee, le devastanti conseguenze della guerra moderna e l’azione della Croce Rossa russa.

Pippo Camperio, Crocerossine e medici del distaccamento della Croce Rossa del Terzo Corpo di Siberia, guerra russo-giapponese, 1904-1905, FFC.

Pippo Camperio, Due crocerossine russe durante la guerra russo-giapponese, 1904-1905, FFC.

Anonimo, Crocerossine davanti ad un treno-ospedale russo a San Pietroburgo, 1904-1905 (cartolina postale), FFC.

  • 5 Anno III, fascicolo 3o, marzo 1908.

9Il futuro ammiraglio di Marina, in quello che di fatto è un moderno fotoreportage di guerra, non nasconde nulla dei tragici effetti delle operazioni belliche. Colpiscono la pietas e lo sguardo antieroico di questo corredo iconografico. Tuttavia sarà chiaro nello sviluppo del suo discorso che non arriverà a ripudiare la guerra in sé: che viene considerata un evento talvolta e purtroppo ineluttabile, in particolare per la difesa della propria patria, quando tutti gli sforzi per evitarla sono falliti. Sita raccoglie una rassegna stampa nel suo album dei ritagli: il Corriere della Sera (« L’assistenza dei feriti in guerra. La conferenza d’un ufficiale di Marina », 5 gennaio 1907) e la Perseveranza (« L’assistenza dei feriti in guerra », 5 gennaio 1907) recensiscono la conferenza tenutasi alla Società del Giardino a Milano, seguita da un appuntamento al Politeama di Genova (« Politeama di Genova », La Gazzetta di Spezia – scrive Sita a mano – 19 gennaio 1907), poi all’Accademia Navale di Livorno (« La conferenza Camperio », articolo senza testata, 21 gennaio 1907), mentre l’anno successivo Pippo parlerà a Siena (5 marzo1908), presso la Regia Accademia dei Rozzi. Le recensioni raccontano l’uso delle proiezioni fotografiche nella prima parte degli incontri, seguite da una panoramica dei soccorsi e dell’assistenza sanitaria. Grazie a un numero dell’Illustrazione militare italiana5, conservato da Sita tra le sue carte, che pubblica il testo integrale della conferenza tenuta da Pippo a Bologna (« Per la Croce Rossa Italiana. Conferenza del tenente di vascello Filippo Camperio »), possiamo entrare nel vivo dello spirito di questa attività, tra proselitismo umanitario, patriottismo e fund-raising. Si tratta di una presentazione predisposta con grande accuratezza nei dettagli. Nel testo, corredato da istantanee dell’inaugurazione dei corsi per Dame crocerossine a Roma, alla presenza della Regina Elena, e da scatti della Croce Rossa alle grandi manovre del 1907, Pippo ricorda anche di aver già parlato a Roma.

10Benché Pippo non citi mai direttamente Sita, e solo una volta la evochi con una certa ironia per ricordare quanto siano stati derisi i suoi tentativi pionieristici (« una signorina di mia conoscenza si presentò qualche anno fa al municipio di Milano, desiderosa di imparare qualche cosa per poter curare i feriti […] fu considerata come una squilibrata! »), sta lavorando per lei: è un militare di carriera che offre la sua testimonianza diretta del campo di battaglia, per raccogliere i fondi necessari a sviluppare le iniziative della sorella nell’ambito del soccorso sanitario. Il riferimento affettuosamente ironico alla sorella dileggiata dai funzionari del Municipio di Milano, che di fatto ribalta il sarcasmo di cui è stata oggetto sulla miopia delle istituzioni e sulla loro arretratezza, di fronte a cui Sita splende, è peraltro una inequivocabile spia del rapporto di stima e complicità tra i due. Il taglio dato alla perorazione chiarisce bene quali sono i caratteri della femminilità e i valori a cui fa appello, ovvero quali sono le corde dell’uditorio che intende toccare andando sul sicuro, evitando di porre enfasi su qualità femminili poco tradizionali, che potrebbero risultare divisive e quindi controproducenti (come ad esempio intraprendenza, autonomia di pensiero e azione). Fondamentale il tema patriottico: le donne in veste di crocerossine daranno il loro « contributo personale per aiutare seriamente ed effettivamente il nostro caro paese! ». Ricorrente la mozione interclassista, pur sottolineando la maggiore responsabilità delle classi cosiddette colte, sulla base dell’esperienza fatta in Manciuria: « Donne che davanti alla disgrazia nazionale lasciano temporaneamente la loro classe sociale per formarne una sola, quella delle caritatevoli! ». E tuttavia anche le donne russe così generosamente impegnate in Manciuria sono state oggetto non solo di incomprensione, ma addirittura di diffamazioni: « furono vilmente calunniate da persone che non le hanno mai viste presso la linea del fuoco e talvolta davanti ad essa in cerca di feriti ». Pippo è troppo gentiluomo per specificare in dettaglio quali fossero le accuse rivolte alle signore. Sono molteplici gli aspetti che possono aver disturbato i benpensanti: la promiscuità con le truppe; il fatto che le signore, a differenza delle religiose, lasciassero a casa una famiglia (sottinteso: trascurando i loro doveri); la presunta inadeguatezza femminile, che sarebbe stata solo d’intralcio alle operazioni belliche; la dimostrazione concreta che le donne invece sono in grado di assumersi responsabilità e di agire rivestendo un ruolo pubblico, con coraggio e forza, esercitando la loro libertà, in una posizione che pur essendo in teoria subalterna a quella maschile, alla prova dei fatti si rivela alla pari. Viene ripetuto l’appello alle italiane a non essere da meno rispetto alle donne di altri paesi e anche rispetto alle italiane, pur meno preparate, delle generazioni precedenti.

11L’esperienza di Pippo in Manciuria, dieci anni prima del conflitto mondiale, gli ha già fatto comprendere quanto sia cresciuto il potenziale distruttivo di una « grande guerra moderna » e lo dichiara senza mezzi termini al suo uditorio. Pertanto sono aumentate le necessità del soccorso sanitario: « signore di ogni classe sociale », in malaugurato caso di guerra, dovranno essere « pronte ad aiutare i medici, a confortare quelli che patiscono, a benedire quelli che muoiono ». La donna assiste, si prende cura, conforta, con la sua speciale dolcezza, nei casi estremi accompagna il morente, dopo aver spronato il soldato e riconoscendo il valore militare e morale del suo sacrificio. È l’angelo di pietà e misericordia, che lenisce in quanto titolare dei valori della Vita, è sorella e madre, che accoglie e consola. Ha una straordinaria capacità di sacrificarsi per restare accanto a chi soffre.

12Il quadro in cui è inserita questa rappresentazione è però realistico e molto concreto. Pippo testimonia con precisione, dati alla mano, quanto ampie possano essere le necessità di assistenza sanitaria durante un conflitto moderno: alla sola battaglia campale di Mukden i feriti russi furono 76 000, i morti 25 000, i dispersi e i prigionieri 41 000. In venti ore, furono sparati 104 000 colpi di « shrapnel » (250 pallottole di piombo ciascuno). In Manciuria la Croce Rossa Russa « nutrì più di 60 000 uomini, ricoverò più di 100 000 fra feriti e malati, trasportò nei suoi treni più di 200 000 uomini », facendone rimpatriare oltre 100 000. Pippo durante la conferenza non ricorda mai che la Russia uscì sconfitta dal conflitto, fornisce invece dettagli delle risorse messe in campo dalla Croce Rossa Russa in Manciuria, dove i medici erano più di 4 000 e le crocerossine oltre 8 000: più di 20 ambulanze; circa 10 stazioni di nutrimento gratuito per soldati e ufficiali; 96 treni sanitari con sale operatorie (per quasi mezzo milione di uomini, mentre l’Italia per un milione di soldati avrebbe 13 treni sanitari); lavanderie; ghiacciaie; apparati e sale per Raggi Roentgen; disinfettatori contro le malattie contagiose; laboratori batteriologici stazionari e mobili, di cui uno su treno speciale; mulini sistemati nei carrozzoni della ferrovia; chiese rotabili; laboratori dentistici; depositi di biancheria, indumenti e farmaci. La Croce Rossa trasportò e organizzò, a 11 000 km da Pietroburgo, 150 ospedali temporanei da campagna con 35 000 letti, posti di soccorso nelle stazioni, persino quattro ospedali per malati di mente, un ospedale e case rifugio riservati alle crocerossine.

13È evidente quindi come in Italia ci sia un gran bisogno di fondi e volontarie. All’inizio del 1908 Sita ha però già ottenuto risultati significativi, se il fratello, nel suo discorso della conferenza pubblicato a marzo, può dichiarare che, dopo i primi tentativi derisi dalle istituzioni milanesi, « ora i tempi sono un po’ cambiati. […] a Milano da due anni alcune Signore hanno seguito dei corsi per imparare ad assistere un medico o chirurgo ». Anche a La Spezia e a Genova ci sono gruppi attivi e sono ben 320 le allieve che studiano a Milano. Qui, il sottocomitato della Croce Rossa italiana, durante la sua seduta del 13 dicembre 1906 ha accordato la sua alta protezione all’iniziativa e « la costruzione di un ambulatorio-scuola è cosa compiuta ».

La Scuola-ambulanza e l’Ospedale-scuola Principessa Jolanda

  • 6 Come nacque l’idea per la Fondazione delle prime ambulanze-scuola per infermiere volontarie della (...)
  • 7 Si vedano Raimonda Ottaviani, Duccio Vanni, « Sita Camperio Meyer, fondatrice delle scuole per le (...)

14Infatti, il 4 dicembre 1908 si inaugura ufficialmente, in via Modena, la prima ambulanza-scuola per infermiere volontarie: il progetto di Sita, perseguito con tanta tenacia, prende vita. Dopo essere andata a vedere, come lei stessa racconta6, le scuole per infermiere volontarie in Francia, Germania e Inghilterra, la scelta, in base ai fondi a disposizione, cade sul tipo di quella di Plaisance a Parigi – ma fin da allora considerandola un primo passo in vista della realizzazione di un ospedale-scuola professionale. Nel 1909 Sita sarà la prima donna a diplomarsi Infermiera volontaria in Italia nella Scuola del Comitato di Milano, con il punteggio di 30/307. Il 28 dicembre 1908 un catastrofico sisma, passato alla storia come terremoto di Messina, si abbatte su Sicilia e Calabria, facendo circa 80 000 vittime: Sita, con altre volontarie da tutta Italia, parte per andare a prestare soccorso ai sopravvissuti, mettendosi alla prova in un contesto altamente drammatico.

Anonimo, Intervento chirurgico nella sala operatoria di un treno-ospedale durante la guerra russo-giapponese, 1904-1905 (cartolina postale), FFC.

Anonimo, Sita Camperio, foto per tessera ANC – Associazione Nazionale Combattenti, 1941 (foto precedente), FFC.

  • 8 La donna. Rivista quindicinale illustrata. Pubblicazione del giornale La Tribuna, anno V, 20 genn (...)

15Nel 1909 l’operato di Sita è sotto i riflettori della stampa, con un gratificante riconoscimento: il quindicinale La Donna in gennaio le dedica la copertina, al centro della quale campeggia una sua fotografia a figura intera. È ritratta in un giardino rigoglioso, vestita da crocerossina, con il grembiule un po’ stropicciato e le maniche rimboccate: è al lavoro. Si volta verso di noi, presentandosi pubblicamente nella sua versione più operativa e concreta8.

Anonimo, Sita Camperio, in copertina del periodico La donna. Rivista quindicinale illustrata. Pubblicazione del giornale La Tribuna, 20 gennaio 1909.

16Il battesimo del fuoco, nel senso bellico del termine, avverrà nel 1912: poco dopo lo scoppio della guerra italo-turca, Sita parte con un gruppo di consorelle, tra cui la Duchessa Elena d’Aosta, per assistere malati e feriti sulla nave-ospedale Menfi, da cui le infermiere non scenderanno mai, nell’operazione di salvataggio. È il primo intervento sanitario di donne italiane in un teatro di guerra. Nello stesso anno, sotto l’Alto Patronato di Sua Maestà la regina Elena, Sita, grazie all’assidua raccolta di sovvenzioni, fonda a Milano il primo Ospedale-scuola per infermiere professioniste Principessa Jolanda, inaugurato il 16 giugno alla presenza della principessa e, tra gli altri, di Guglielmo Marconi e di sua moglie, che sono tra i sostenitori del progetto. L’Ospedalino, come affettuosamente lo chiama Sita, situato in via Sassi vicino alla chiesa di S. Maria delle Grazie, e che in seguito verrà donato alla CRI, è una struttura dotata di 50 posti letto affidata alla direzione sanitaria di Giovanni Perez dell’Università di Pavia, come segnala l’articolista del Secolo presente all’apertura (« L’inaugurazione della scuola infermiere “Principessa Iolanda” », 16/6/1912). Oltre a fornire numerosi dettagli, tra cui i costi di realizzazione, pari a quasi mezzo milione di lire, e le modalità di auto-finanziamento grazie alle rette dei degenti facoltosi (ma persone non abbienti vengono comunque accolte), il cronista sottolinea che tra le qualità delle infermiere che verranno qui formate sarà garantita anche la loro moralità: lo scopo della nuova istituzione è « divulgare le norme di una perfetta assistenza agli infermi, creando un corpo di infermiere professioniste di alta moralità e speciale competenza tecnica ».

La Grande guerra: « Il periodo più sacro della mia vita »

  • 9 Luci ed ombre di eroi. Dal diario d’infermiera in zona d’operazione, Torino, Bocca, 1932. Si veda (...)
  • 10 « Prefazione », in Luci ed ombre di eroi, op. cit., La Santa, settembre 1931.

17Lo scoppio della Grande guerra trova Sita ormai esperta e pienamente operativa: durante il conflitto si occuperà dell’assistenza ai malati infettivi (tifo, tubercolosi) e poi ai feriti, operando nel 1917, da maggio a ottobre, in un piccolo ospedale in territorio goriziano. In queste settimane a Sagrado tiene un « diario di guerra », che solo più tardi, nel 1932, pubblicherà con il titolo Luci ed ombre di eroi. Dal diario d’infermiera in zona d’operazione, fieramente dichiarandosi sul frontespizio « Ideatrice fondatrice della prima Ambulanza Scuola per Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana9 ». Sottolinea con orgoglio l’utilità pubblica del suo lavoro, « per la nostra Patria e per l’Umanità », dal terremoto di Messina, alla « più terribile delle guerre europee ». Per lei gli anni della Grande guerra sono stati « il periodo più sacro della mia vita », come testimoniato dal diario scritto affrettatamente la sera prima di addormentarsi, « stanca e commossa », e tenuto a lungo nel cassetto per pudore. Ma, a distanza di anni, « molti sacrifici furono, purtroppo, scordati », ecco allora che arriva la decisione di rendere pubbliche quelle pagine « mentre ancora potevano ridestare il palpito di molti cuori10 ».

18E certamente emerge dalla lettura del suo giornale intimo la figura di una donna di straordinaria energia, capace di unire efficienza, lucidità e dedizione a una profonda partecipazione emotiva e a slanci di generosità noncuranti del proprio benessere. Nel 1917 Sita ha quarant’anni, è una persona matura che ha già visto e fatto molto. A Milano lavorava al reparto di malattie infettive dell’Ospedale Monte Rosa, quando rifiuta la carica di ispettrice e chiede invece di essere inviata all’Ospedaletto da Campo no 75 di Sagrado, dove non ci sono mai state infermiere: dove ritiene ci sia più bisogno di lei e lontano dalle beghe interne per gli incarichi. Parte in treno da Milano la sera del 10 maggio, circondata da amici, parenti e mazzi di fiori. La mattina del 12, alle 6.30, prende servizio. Siamo subito in medias res. L’impatto con la realtà del fronte è sconvolgente. Immediatamente ha a che fare con ferite molto gravi e, per quanto non sia una novellina, è durissima: « Perché, Signore? » (14 maggio, p. 4). Ma bisogna ragionare, restare in piedi, agire. L’ospedale « è bello ma mal situato perché si trova tra il Comando, i baraccamenti dei soldati, il ponte, la stazione e la polveriera; punti di mira del nemico » (5 maggio, p. 5). I soldati che arrivano sono in gran parte gravissimi, molti incurabili: « La nostra missione qui non è soltanto di bendare le piaghe, ma di sorreggere e consolare; dobbiamo dare ai figli della Patria la dolcezza materna, la riconoscenza della Nazione » (16 maggio, p. 7). Ed è così che le crocerossine vengono viste dai pazienti: « dicono che apprezzano tanto le infermiere volontarie, che rappresentano per loro la mamma o la sorella » (26 maggio, p. 11).

19Le granate scoppiano a pochi metri dall’ospedale e anche Sita è costantemente in pericolo, i feriti orribilmente ustionati e i morti nel bosco a soli dieci minuti di distanza si contano a decine. Sita vacilla: « Non so se avrò la forza morale e fisica per rimanere a lungo in questa bolgia infernale » (18 maggio, p. 8) e a proposito della paura scriverà: « Chi dice di non averla avuta mente » (31 maggio, p. 18). D’altra parte, « qui non si può ascoltare se stessi e morto uno si deve subito soccorrere un altro » (24 maggio, p. 12). Sita spera nella pace che ponga fine a tutte queste atroci sofferenze, « ma una pace vittoriosa! » (10 giugno, p. 24). Più avanti scriverà che il « lavoro sulla Menfi in confronto era uno scherzo » (18 settembre, p. 66). Il contrasto con la normalità della vita civile lasciatasi alle spalle, a casa, stride orribilmente nell’animo (22 maggio, p. 11):

È dunque necessario il dolore e l’immolazione degli innocenti? Grande mistero! Ma cosa penseranno quelli che torneranno menomati alle loro case e vedranno che tutto cammina allegramente? Com’è possibile che nel paese ci si diverta quando qui si muore dilaniati a vent’anni?

20Dopo un mese e mezzo, la frattura è più profonda: « Non ho più lacrime ormai e vivo qui come un automa… Come potrò tornare nel mio mondo, che balla e si diverte? » (23 giugno, p. 33). « Povera società » (26 giugno, p. 35-36). A fine giugno Sita ha già perso 12 chili (29 giugno, p. 37). E tuttavia periodicamente è il suo mondo a raggiungerla a Sagrado: c’è la visita del marito Bertie, che la porta a pranzo al Comando di Romans (9 giugno, p. 23) e anche qualche incontro più o meno mondano, come il capitano Felice Gessi Bey, figlio del noto esploratore Gessi Pascià, poco prima che passi da lei a salutarla il suo giardiniere ferito alla mano (10 giugno p. 24), o la visita della contessa de Gubernatis con lo scultore Ximenes, lo stesso giorno in cui Sita soccorre un operaio del Cappellificio Cambiaghi di Monza (9 ottobre, p. 73- 74).

  • 11 Datata giugno 1917, FC.

21Oltre al sense of humor, necessario per resistere, come aveva detto Florence Nightingale (10 giugno, p. 25), Sita ha però portato con sé a Sagrado un pezzo importante della sua vita, una risorsa fondamentale per il suo equilibrio, in grado di diffondere armonia e bellezza anche in un buco nero di sofferenza: il suo violino, con il quale, quando è possibile, suona Bach (17 giugno, p. 31). Ha preso con sé anche la sua Kodak, con cui scatta foto a persone e paesaggi (24 giugno, p. 33), alcune delle quali appaiono a corredo del diario. Possiamo così vedere con i suoi occhi il piccolo cimitero di Sagrado, che, accogliendo i caduti, andava man mano ampliandosi. Il suo coinvolgimento emotivo emerge chiaramente da un’immagine scattata sulla tomba di Abele Seghini, « mio eroico santo soldato da me assistito », come scrive sul verso dell’immagine11. Dietro la sepoltura, adornata da una semplice croce e pochi fiori freschi, piccole lapidi si estendono a perdita d’occhio, inframmezzate solo da rari alberi rinsecchiti. Uno scenario desolante.

Sita Camperio, Tomba di Abele Seghini mio eroico Santo soldato da me assistito, Cimitero di Sagrado, giugno 1917, FFC.

  • 12 Nel 1914 era stata Marie Curie a ideare un’auto radiologica, ovvero un’unità radiologica mobile ( (...)

22A metà luglio l’Ospedaletto ormai è riservato ai feriti molto gravi, « addominali, toracici, cranici, midollari ». Malgrado l’emergenza incessante, riesce anche a mobilitarsi per far arrivare aiuti, annunciati da diversi telegrammi: 20 000 lire dai coniugi Borletti, per un posto avanzato di soccorso; 2 500 lire da un amico americano di Pippo (18 luglio, p. 49); 6 000 lire da sua cugina Olga Valerio « per il radiologico », grazie a cui si potranno trovare le schegge nei corpi dei feriti (19 luglio, p. 4912). In ottobre, dopo il suo rientro dalla licenza a casa, arriveranno molti pezzi di vestiario (9 ottobre, p. 73-74) dal laboratorio milanese di famiglia.

23Pur nei disagi dovuti al clima ingrato, alle condizioni igieniche precarie, al pericolo sempre incombente, ai turni massacranti, Sita si ritaglia qualche spazio per riflessioni che fissa con la scrittura. Spirito profondamente religioso, cristiana formatasi in ambiente cosmopolita, scrive con un’apertura che suona di grande modernità (26 luglio, p. 54-55):

Quanta luce ci viene da Oriente! Cosa debbono pensare i buddisti davanti all’Europa a fuoco e sangue? Quando verrà la vera religione, che è l’amore fra gli uomini? Ma questa dovrà essere l’ultima guerra perché è troppo terribile! Se in questa vita d’Ospedale non si avessero sprazzi di luce divina, […] fra gli orrori dell’umanità scatenata, come si resisterebbe […]? Ma non solo la Fede ci aiuta…, ci sono le anime pure dei semplici che illuminano il nostro cammino e sappiamo che quanto avremo fatto a questi piccoli l’avremo fatto a Cristo.

  • 13 Autobiografia di Manfredo Camperio 1826-1899. Riveduta dalla figlia Sita Mejer Camperio, Milano, (...)

24I semplici, i « piccoli » tornano più volte, non senza qualche ambiguità di matrice classista: « I miei piantoni sono dei veri tesori e di grande aiuto. […] Li fotografo e ciò li rende felici. La gente del popolo ama molto essere fotografata » (25 luglio, p. 53); aveva prestato l’autobiografia di suo padre (da lei fatta pubblicare per beneficenza, a beneficio dei ciechi di guerra13) a un soldato, che scrive ringraziamenti a margine del volume: « Sono così fini i nostri soldati! Chi lo penserebbe, vedendoli zappare in tempo di pace? » (3 luglio, p. 61). Un ferito la implora di mettersi in salvo almeno lei: « Che altruismo e quanto mi persuado sempre più che abbiamo molto da imparare dai cosiddetti “ignoranti”! » (22 ottobre, p. 83).

25Dal 1 agosto al 15 settembre torna a casa in licenza, non senza sensi di colpa (31 luglio, p. 62; 1 agosto, p. 63); al suo ritorno le viene assegnato il reparto ufficiali (17 settembre, p. 65). Un mese dopo, in preda all’amarezza, scrive che i soldati sono molto più facili da assistere degli ufficiali, perché hanno « molto più tatto e finezza di sentire. Non vorrebbero mai disturbare e hanno molto più pudore. Gli Ufficiali spesso vengono dal basso e sono orgogliosi; non tutti, però » (17 ottobre, p. 79).

26Le settimane al fronte offrono molti spunti per ragionare sul compito e la formazione delle infermiere. Sita aveva già avuto modo di chiedersi perché le suore infermiere non studino (16 luglio, p. 47-48), ma è la visita del professor Perez l’occasione per riflettere a fondo sul valore dell’assistenza. Insieme auspicano che anche in Italia, come in Inghilterra, Giappone, America e Russia si diffonda la missione dell’infermiera preparata: « Perché da noi è inveterata l’idea che sia un mestiere basso? » Sita ricorda che, invece, in Inghilterra le nurses sono figlie di lords, medici, pastori, professori. E auspica che le infermiere volontarie continuino il loro lavoro anche in tempo di pace (22 settembre, p. 67-68):

Quale più bella funzione di sollevare le sofferenze altrui con cuore ed intelligenza? E dire che tante povere signorine della borghesia si annoiano ed attendono il marito come una liberazione! Ma chissà che la guerra non mostri nuovi orizzonti. Il lavoro è la sola vera gioia della vita; tutti dovremmo avere uno scopo anche in tempo di pace, e saremmo molto più felici.

  • 14 Sulla mobilitazione delle donne, il lavoro e la partecipazione alla vita pubblica durante la Prim (...)

27Qui Sita in poche righe tocca temi cruciali: acutamente cogliendo come l’apertura di spazi alle donne, dovuta alle necessità di forza maggiore della guerra, possa costituire l’avviamento di nuovi percorsi, facilitando l’accesso a nuovi ruoli, complementari e alternativi alle tradizionali responsabilità familiari; allo stesso tempo sottolinea la funzione emancipatrice del lavoro inteso come progetto individuale14.

28Dalla metà di ottobre, la situazione a Sagrado si fa sempre meno sostenibile: le granate scoppiano a breve distanza, il bombardamento è incessante. Il 24 arriva la notizia che il nemico ha sfondato a Caporetto. Sita è scioccata. Si cerca di far evacuare le infermiere, ma Sita resta fino all’ultimo, per seguire lo sgombero dei « suoi malati », poi ordini superiori la costringono a partire. È il 28 ottobre: alle 8 del mattino, su un camion lascia Sagrado con alcune colleghe. A mezzogiorno arriva a S. Giorgio di Nogaro, dove, senza ordini, prende una tradotta strapiena di militari sbandati e soprattutto sbigottiti. Alle sei arriva a Mestre, la stazione è affollata di truppe e profughi, tutti affamati. Resta sola in mezzo alla calca di sconosciuti e si dirige al posto di soccorso, dove, buttatasi su una branda, si addormenta. Al risveglio, viene riconosciuta da una compagna della Menfi, che le presta aiuto e la mette su un treno per Milano. Stremata, continua a pensare ai suoi feriti: « Cosa faccio qui? Fermati treno; voglio scendere, voglio tornare dove si muore » (28 ottobre, p. 87-90). Poi arrivano notizie migliori: « I nostri più giovani Fanti, coi loro petti d’acciaio, hanno arrestato gli invasori sul sacro Piave. […] Viva l’Italia, o Patria mia! » Queste le parole con cui chiude la sua testimonianza.

Alle generazioni future: l’eredità di una lunga vita

  • 15 Come lei stessa scrive nel suo Stato di servizio, in Storia delle prime ambulanze scuola per infe (...)

29L’opera prestata a Sagrado, preceduta dal suo lavoro all’ospedale territoriale Monte Rosa a Milano (infermiera semplice addetta ai contagiosi, 1916) e sul Treno ospedale II (capogruppo delle infermiere, 1916), rappresenta il culmine dell’attività di Sita e l’esperienza più significativa per lei, tuttavia al ritorno continua a darsi da fare per rendersi utile: fa subito opera di « propaganda per la resistenza dopo Caporetto15 », coadiuvata dalla Croce Rossa Americana, distribuendo alimenti alla popolazione. L’anno successivo, durante l’epidemia di Spagnola si mette a disposizione per curare i malati nelle cascine, organizzando anche opere di disinfezione, ma alla vigilia della Vittoria viene contagiata e rischia la vita. In seguito mette in piedi un programma di corsi di igiene, pronto soccorso, puericultura, rivolti a operaie e contadine, che impartisce personalmente. Negli anni successivi continuerà a dedicarsi a iniziative umanitarie. Nel 1928 perde l’amato marito Bertie.

  • 16 Ibidem.

30Per il suo lavoro a Sagrado, nel 1917 riceverà la Medaglia di bronzo al valor militare e la Croce di Guerra al merito. Numerosi gli attestati di stima e le decorazioni conferite, la più prestigiosa (e a lei la più cara) è la medaglia Florence Nightingale, alta onorificenza internazionale della Croce Rossa, avuta nel 193316. In una lettera di Ada Negri, a cui Sita aveva mandato il suo testo pubblicato, la scrittrice dichiara con trasporto

  • 17 Copia dattiloscritta, in Busta 46, fasc. 13, 492, in FC.

Questi sono documenti preziosi del coraggio e della dedizione femminile. Dio volesse che non ci fossero più guerre! Ma fino a quando ve ne saranno, è giusto che le donne si preparino a dare assistenza e vita, come nel Suo Diario (fatto non di letteratura, ma di carne e sangue) è dimostrato. […] Lei è benemerita della storia delle Infermiere in Italia: Lei è pioniera. […] Intanto le rendo grazie del Suo libro, nel nome di tutte le donne che lo leggeranno.17

31Ada Negri riconosce quindi anche la temerarietà dell’impegno di Sita e delle sue colleghe, tuttavia l’interpretazione del loro lavoro, della loro scelta, viene comunque ricondotta nell’alveo rassicurante delle qualità più tipicamente femminili, prima tra tutte la dedizione, strettamente correlata all’abnegazione: la missione della donna è dare « assistenza e vita ».

  • 18 Sita Camperio Meyer, La mia vita e le origini della nostra famiglia (a cura di Gaetana S. Rigo, G (...)
  • 19 Si veda Raimonda Ottaviani, Duccio Vanni, art. cit.
  • 20 Si veda Busta 46, fasc. 5/1-3, 492 in FC.

32Nel 1946, subito dopo la Seconda guerra mondiale, sentendo la rinnovata esigenza di raccontare e fare il punto su quanto vissuto, scrive un memoriale autobiografico18, con un taglio più privato e familiare, così instaurando un ponte non solo simbolico tra due momenti decisivi del Novecento. Ripercorrendo le tappe di un’esistenza senza dubbio intensa, è mossa soprattutto dal desiderio di lasciare la propria esperienza in eredità a chi verrà dopo, in primis ai discendenti dei Camperio. Si trasferisce poi a Rapallo, dove trascorre gli ultimi anni, conducendo una vita sobria e ritirata. A suggello della sua fedeltà all’idea monarchica e di una devozione alla Casa Savoia mai venute meno, nel 1964 a Sita viene conferita l’onorificenza di Dama dell’Ordine della Corona d’Italia19. Tra la sua corrispondenza del periodo sono conservati diversi biglietti a lei inviati negli anni Sessanta da Umberto di Savoia esule a Cascais. Muore il 5 luglio 1967, alla vigilia del novantesimo compleanno. Ultima traccia di questo legame, il cartoncino di condoglianze del 20 luglio, recante l’intestazione « Casa di Sua Maestà il Re » e firmato dal ministro Falcone Lucifero, in cui Sita viene definita « donna di elevati sentimenti, dedita alle opere di bene ed al culto della patria20 ».

  • 21 Sita Camperio vedova Meyer, dattiloscritto, s.d., FC: è un c.v. discorsivo da aggiungere al suo m (...)

33Figura complessa, in cui si incontrano le idealità di due secoli, Sita reca in sé le tracce di molteplici influssi: l’impronta valdese dell’educazione materna, il fiero patriottismo del padre, il senso del dovere inculcato da entrambi i genitori, la religiosità cristiana e l’apertura cosmopolita a valori universali di fratellanza umana, il savoir faire tipicamente high-society, il talento musicale e una solida cultura. Il romanticismo dell’Ottocento, con i suoi slanci e le incrollabili passioni, insieme alla modernità del Novecento, che si apre a nuovi sviluppi. La donna che a Sagrado dormiva tramortita dalla stanchezza nella stanzetta spoglia in cui trottavano i topi, dopo aver visto ragazzi morire tra atroci sofferenze, era la stessa che a 18 anni suonava il violino per la Regina Margherita alla Villa Gernetto di Lesmo21 e che nel 1930 pubblicava la sua ricetta dei tartufi allo champagne su La Cucina Italiana, i cui fondatori ed editori, i Notari, vivevano vicino a Villa Camperio.

34Le tradizionali chiavi di lettura dell’opera di carità e del “maternage”, per cui ogni iniziativa di cura proposta da un soggetto femminile – anche su scala sociale – sarebbe riconducibile all’espressione del suo istinto materno protettivo, in contrapposizione all’istinto bellicoso del maschio, non sono sufficienti a comprendere l’attività di Sita Camperio, strutturata in un progetto di vita che unisce ideali di promozione umana e sentimenti religiosi a una filantropia moderna e alla convinzione profonda che ciascuno abbia un ruolo all’interno della res publica (la Patria, il consorzio umano), tutti accomunati da valori superiori e da scopi collettivi, pur dall’interno della condizione sociale a cui ciascuno appartiene.

35In questo scenario, il contributo delle donne non è complementare o ancillare, e le attività tradizionalmente definite filantropiche sono una forma autentica di partecipazione alla vita pubblica, un contributo determinante alla vita sociale, che possono condurre a sbocchi in territori più ampi. Sita le intende già come un lavoro vero e proprio, anche quando non retribuito: e per essere più felici, tutti devono avere uno scopo nella vita, un progetto. Tutti, anche le donne dei ceti più facoltosi: che non devono sprecare anni preziosi nell’attesa di un marito che le salvi e liberi da una condizione di inutilità, quando potrebbero vantaggiosamente impiegare tempo ed energie, e così anche dopo il matrimonio. In tal modo, le attività filantropiche trascendono la matrice caritatevole e genericamente umanitaria, assumendo una connotazione politica progressista: nel caso di Sita, innestando istanze di partecipazione in un quadro di conservatorismo monarchico.

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Notes

1 Per la storia della famiglia Camperio e dettagli sui suoi componenti, si vedano: Mariachiara Fugazza, Ada Gigli Marchetti (a cura di), Manfredo Camperio. Tra politica, esplorazioni e commercio, Milano, Franco Angeli, 2002; Giuseppe M. Longoni (a cura di), Lo sguardo dei Camperio. Le testimonianze di viaggio di una dinastia borghese tra Ottocento e Novecento, Cinisello Balsamo, Silvana, 2009; Ilaria M.P. Barzaghi, « Di persona. Patriottismo, viaggi e vitalità dei Camperio nelle fotografie del Fondo Camperio di Villasanta », in Giuseppe M. Longoni (a cura di), op. cit., p. 63-142; Ilaria M.P. Barzaghi, Una famiglia in viaggio. Storie dei Camperio nelle fotografie del loro archivio, brochure della mostra omonima (2013, Villa Camperio, Villasanta). Su Sita e la madre si vedano in particolare Paola D’Annunzio, « Le donne della famiglia Camperio », in Mariachiara Fugazza, Ada Gigli Marchetti (a cura di), op. cit., p. 181-194 e il Dizionario biografico delle donne lombarde, Milano, Baldini & Castoldi, 1995.

2 Aurelia Josz (1869-1944), studiosa, filantropa ed educatrice, ideatrice di innovative metodologie didattiche, nel 1902 fondò la prima Scuola Pratica Agraria femminile, per le orfane delle Stelline a Milano, poi trasferita a Niguarda, con il sostegno della Società Umanitaria. Nel secondo dopoguerra divenne la Scuola Agraria del parco di Monza. Nell’impostazione data alla Scuola, una visione moderna dell’agricoltura si coniugava alla funzione emancipatrice delle ragazze. Nel 1909 Aurelia si diplomò infermeria volontaria a Milano. Di famiglia ebraica, fu arrestata nel 1944 e deportata ad Auschwitz, dove morì il 30 giugno, appena arrivata. Si veda Paola D’Annunzio, Simonetta Heger, Eleonora Heger Vita, Carla Schiaffelli, Aurelia Josz, Milano, Unicopli, 2016.

3 Storia delle prime ambulanze scuola per infermiere volontarie della Croce Rossa in Italia, dattiloscritto s.d., Fondo Camperio, Villasanta (d’ora in poi: FC).

4 Si vedano in particolare Alberto Postigliola, Filippo Camperio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 17, 1974, p. 489-491 e Henny Martinoni, Philippe Camperio: un esule italiano al servizio della politica ginevrina ed elvetica, in Mariachiara Fugazza, Ada Gigli Marchetti (a cura di), op. cit., p. 155-180.

5 Anno III, fascicolo 3o, marzo 1908.

6 Come nacque l’idea per la Fondazione delle prime ambulanze-scuola per infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana e del primo ospedale-scuola per Infermiere professionali, dattiloscritto, Rapallo, 3 luglio 1958, FC.

7 Si vedano Raimonda Ottaviani, Duccio Vanni, « Sita Camperio Meyer, fondatrice delle scuole per le Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana », in Gennaro Rocco, Costantino Cipolla, Alessandro Stievano, La storia del nursing in Italia e nel contesto internazionale, Milano, Franco Angeli, p. 163-197; Stato di servizio di Sita Meyer Camperio, di seguito a Storia delle prime ambulanze scuola per infermiere volontarie della Croce Rossa in Italia, dattiloscritto s.d., FC.

8 La donna. Rivista quindicinale illustrata. Pubblicazione del giornale La Tribuna, anno V, 20 gennaio 1909, numero 98. La didascalia recita: « La signora Zita [sic] Mayer Camperio, ideatrice dell’Istituzione delle Dame Infermiere in Italia ».

9 Luci ed ombre di eroi. Dal diario d’infermiera in zona d’operazione, Torino, Bocca, 1932. Si vedano: Paola D’Annunzio, « Guerra e carità negli scritti autobiografici di Sita Meyer Camperio », in Maria Luisa Betri, Daniela Maldini Chiarito (a cura di), Scritture di desiderio e di ricordo: autobiografie, diari, memorie tra Settecento e Novecento, Milano, Franco Angeli, 2002, p- 275-286; Barbara Cappai, Rita Fresu, Donne e Grande guerra. Lingua e stile nei diari delle crocerossine. Il caso di Sita Camperio Meyer, Milano, Franco Angeli, 2018.

10 « Prefazione », in Luci ed ombre di eroi, op. cit., La Santa, settembre 1931.

11 Datata giugno 1917, FC.

12 Nel 1914 era stata Marie Curie a ideare un’auto radiologica, ovvero un’unità radiologica mobile (in seguito soprannominata “petite Marie Curie”), mettendosi in gioco in prima persona sul fronte: è il primo servizio radiologico per i combattenti.

13 Autobiografia di Manfredo Camperio 1826-1899. Riveduta dalla figlia Sita Mejer Camperio, Milano, Quintieri, 1917.

14 Sulla mobilitazione delle donne, il lavoro e la partecipazione alla vita pubblica durante la Prima guerra mondiale, si vedano: Federica G. Pedriali, Cristina Savettieri (a cura di), Mobilizing Cultural Identities in the First World War: History, Representations and Memory, London, Palgrave Macmillan, 2020; Costanza Arcuri, Alessandro Gradenigo, Ornella Zagami (a cura di), La mobilitazione femminile nella Grande Guerra. Le crocerossine e le dottoresse, Udine, Gaspari, 2019; Stefano Magni (a cura di), Gli italiani e la Grande Guerra. Dalla guerra delle idee alla guerra degli uomini, Aprilia, Aracne, 2018; Marta Boneschi, et al., Donne nella Grande Guerra, Bologna, Il Mulino, 2014; Giuliana Variola, Paolo Scandaletti (a cura di), Le crocerossine nella Grande Guerra. Una via all’emancipazione femminile. Aristocratiche e borghesi nei diari e negli ospedali militari, Udine, Gaspari, 2008; Barbara Curli, Italiane al lavoro, 1914-1920, Marsilio, Venezia, 1998; Stefania Bartoloni (a cura di), Donne al fronte. Le infermiere volontarie nella Grande Guerra, Roma, Jouvence, 1998; Stefania Bartoloni, Italiane alla guerra. L’assistenza ai feriti 1915-1918, Venezia, Marsilio, 2003; Stefania Bartoloni, Donne nella Croce Rossa Italiana tra guerre e impegno sociale, Venezia, Marsilio, 2005; Stefania Bartoloni (a cura di), La Grande Guerra delle italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni, Roma, Viella, 2016; Stefania Bartoloni, Donne di fronte alla guerra. Pace, diritti e democrazia, Roma/Bari, Laterza, 2017; Augusta Molinari, Donne e ruoli femminili nell’Italia della Grande Guerra, Milano, Selene, 2008; Augusta Molinari, Una patria per le donne. La mobilitazione femminile nella Grande Guerra, Bologna, Il Mulino, 2014.

15 Come lei stessa scrive nel suo Stato di servizio, in Storia delle prime ambulanze scuola per infermiere volontarie, op. cit., FC.

16 Ibidem.

17 Copia dattiloscritta, in Busta 46, fasc. 13, 492, in FC.

18 Sita Camperio Meyer, La mia vita e le origini della nostra famiglia (a cura di Gaetana S. Rigo, Giuseppe Armocida), Firenze, Tassinari, 2014.

19 Si veda Raimonda Ottaviani, Duccio Vanni, art. cit.

20 Si veda Busta 46, fasc. 5/1-3, 492 in FC.

21 Sita Camperio vedova Meyer, dattiloscritto, s.d., FC: è un c.v. discorsivo da aggiungere al suo memoriale autobiografico.

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Table des illustrations

Légende Anonimo, Sita Camperio, fototessera firmata del passaporto (lasciapassare per Francia e Inghilterra), 1919, FFC.
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Légende Anonimo, “In famiglia”: Filippo Camperio con i suoi cani da caccia sulla Regia nave Liguria a Shanghai, 1900, FFC.
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Légende A.S. Gusev, Mukden (Manciuria), guerra russo-giapponese: medici esaminano cadaveri di soldati russi caduti dopo la battaglia, 1905, FFC.
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Légende Pippo Camperio, Crocerossine e medici del distaccamento della Croce Rossa del Terzo Corpo di Siberia, guerra russo-giapponese, 1904-1905, FFC.
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Fichier image/jpeg, 790k
Légende Pippo Camperio, Due crocerossine russe durante la guerra russo-giapponese, 1904-1905, FFC.
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Légende Anonimo, Crocerossine davanti ad un treno-ospedale russo a San Pietroburgo, 1904-1905 (cartolina postale), FFC.
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Légende Anonimo, Intervento chirurgico nella sala operatoria di un treno-ospedale durante la guerra russo-giapponese, 1904-1905 (cartolina postale), FFC.
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Fichier image/jpeg, 403k
Légende Anonimo, Sita Camperio, foto per tessera ANC – Associazione Nazionale Combattenti, 1941 (foto precedente), FFC.
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Légende Anonimo, Sita Camperio, in copertina del periodico La donna. Rivista quindicinale illustrata. Pubblicazione del giornale La Tribuna, 20 gennaio 1909.
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Légende Sita Camperio, Tomba di Abele Seghini mio eroico Santo soldato da me assistito, Cimitero di Sagrado, giugno 1917, FFC.
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Pour citer cet article

Référence papier

Ilaria M.P. Barzaghi, « Patriota e cosmopolita »Italies, 27 | 2023, 147-168.

Référence électronique

Ilaria M.P. Barzaghi, « Patriota e cosmopolita »Italies [En ligne], 27 | 2023, mis en ligne le 12 juillet 2024, consulté le 01 novembre 2024. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/italies/11999 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/12a4f

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Auteur

Ilaria M.P. Barzaghi

Dottoressa di ricerca, ricercatrice indipendente

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