Sotto il grigio. Il tema del giardino in Tre cavalli di Erri De Luca
Résumé
Giardini, alberi, fiori, frutti, profumi, sapori appaiono in modo ricorrente nell'opera di De Luca e si caricano di valenze simboliche. Dalla lettura di Tre cavalli e attraverso un'analisi intertestuale, emerge il riferimento di fondo alla sacre scritture (dal giardino dell'Eden al senso del nostro agire nel mondo), ma, insieme ad esso, un più originale e stimolante nesso tra il tema del giardino e il significato del leggere e dello scrivere.
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- 1 Sotto il grigio è il titolo di una delle brevi prose che compongono il volume Alzaia. La frase, di (...)
- 2 Da un’intervista rilasciata da Erri De Luca in occasione della sua partecipazione a un’iniziativa (...)
Il grigio non esisteva come colore,lui scavava sotto e scopriva il violetto o il blu, il rosso o il verde.1
Amo gli alberi. Sono come noi. Radici per terra e testa verso il cielo. Gli alberi ci devono sopravvivere, a differenza dei libri. Mi piacciono i pioppi chiacchieroni con le loro minuscole foglie e le mimose con quegli squilli di giallo che anticipano la primavera.2
1In queste parole di De Luca troviamo sintetizzate in modo per noi utilissimo le ragioni del suo amore per gli alberi, ragioni dette con parole simili in tante sue opere in cui gli alberi in se stessi e il giardino hanno un ruolo significativo : il valore che essi assumono di metafora della tensione dell’essere umano tra terra e cielo ; la somiglianza tra alberi e scrittura e, per estensione, tra lo stare in un giardino e il leggere un libro ; infine la capacità degli alberi, dei loro fiori e dei loro frutti, di parlare ai sensi e il piacere che ne deriva.
- 3 Tale centralità si risolve in uno stile che è stato ben definito espressionista e in scelte lessic (...)
- 4 La prima espressione è il rovesciamento del titolo del primo romanzo di De Luca : cfr. Erri De Luc (...)
2Queste diverse valenze trovano riscontro nelle caratteristiche salienti dell’opera del nostro autore, per un verso fortemente segnata dalla centralità del corpo, dei sensi, degli oggetti3, per l’altro pervasa da un’aspirazione alla trascendenza, dal tentativo di ristabilire un contatto tra l’umano e il divino, tra il “qui e ora” e il “tutt’altro”4.
- 5 Attilio Scuderi, op. cit., p. 60.
3Inoltre, come è stato già notato, le intersezioni tra le prose narrative e di altro genere, gli articoli pubblicati su giornali e riviste, le interviste e gli interventi su argomenti d’attualità sono tanto numerose che per De Luca si può parlare di una vera « poetica del ritorno dei temi come cifra della macrostruttura narrativa dell’autore »5.
- 6 Erri De Luca, Tre cavalli, Milano, Feltrinelli, 1999.
- 7 Attilio Scuderi, op. cit., p. 61. Lo studioso fa giustamente riferimento a quella sorta di « patto (...)
- 8 « Scopo di questa traduzione è immenso. Stabilire un tragitto diretto tra Gerusalemme e Roma, tra (...)
4Anche nel romanzo oggetto di questo studio, Tre cavalli6, il tema si inserisce coerentemente nei due filoni tematici che attraversano l’opera dell’autore e si collegano alla sua esperienza esistenziale, così strettamente da rendere vana la « distinzione tra narrazione pura e autobiografia » e indurre a definire l’insieme della sua opera una sorta di « autografia »7 : la riflessione su un periodo cruciale della sua storia privata e della storia dell’Italia contemporanea, quello dei cosiddetti anni di piombo e l’interesse per le sacre scritture che l’autore continua a ritradurre dall’ebraico e a pubblicare libro dopo libro, alla ricerca di un contatto diretto col testo originario, a suo parere snaturato dalle traduzioni in greco e in latino8.
La storia
5Il libro racconta una doppia vicenda. In primo piano una storia d’amore e di morte, per certi versi classica, che si svolge ai nostri giorni nello spazio limitato di una città di mare e dei suoi sobborghi. Il protagonista, che è anche l’io narrante, assomiglia per molti aspetti all’autore ; fa l’operaio, ha circa cinquant’anni, ha un doloroso passato di militanza politica. È appena tornato dall’Argentina, dove aveva seguito la donna amata con cui aveva condiviso gli anni più duri della dittatura. Dopo la perdita di lei, scomparsa come tanti altri nelle acque dell’oceano e dopo averne vendicato in qualche modo la morte, attraverso una fuga rocambolesca che lo ha portato fino all’estremo lembo del continente americano, è rientrato in Europa e infine in Italia.
6È un antico compagno di lotta, allora studente, ora regista, che gli ha offerto lavoro affidandogli il giardino di una sua villa ; ed è una nuova vita dunque, quella che il protagonista si sta costruendo, fatta di normalità, di lavoro e silenzio, di percorsi sempre uguali, di pasti consumati sempre nella stessa osteria, di pochi incontri.
7Tra questi Selim, un africano che taglia nel suo giardino i rami fioriti con cui comporre mazzetti da vendere ; e una donna, Laila, incontrata e subito desiderata.
8Ma il passato, che il giardiniere si sforza di tenere sepolto dentro di sé, riemerge di continuo, ridiventa presente (le sue stesse parole non conoscono i tempi verbali per dire il passato) e fa da contrappunto alla vicenda in primo piano, che, nata da premesse apparentemente del tutto diverse, finirà con esserne invece una sorta di duplicato.
- 9 Attilio Scuderi, op. cit., pp. 46-47.
- 10 Esodo/Nomi, cit., p. 8. Si veda come De Luca interpreti nella stessa chiave il Don Chisciotte, in c (...)
- 11 Per quanto riguarda l’investitura si veda l’incontro tra il protagonista e Dvora, in cui « la moss (...)
9A conferma che, come sostiene l’autore, ogni singola storia individuale era già contenuta nella Scrittura sacra9, in tutt’e due le vicende narrate è facile riconoscere gli elementi di quella struttura mitica del primo libro della Bibbia che De Luca ha tradotto e che egli stesso10 sintetizza nella sequenza « investitura, viaggio vagabondo, prodigi e terra promessa »11. Ed è il giardino del suo lavoro la terra promessa, cui il narratore approderà alla fine della prima vicenda e alla quale ritornerà a conclusione della seconda.
- 12 Oltre a Non ora, non qui, cit., si vedano anche : Tu, mio, Milano, Feltrinelli, 1998 e Montedidio, (...)
10D’altra parte, all’una e all’altra vicenda si mescola la materia autobiografica, fornita stavolta non dagli anni dell’infanzia e dell’adolescenza nella città d’origine e nell’isola d’Ischia, come in altri romanzi12, ma dagli anni giovanili, con la scelta del mestiere di operaio e della lotta armata e poi da quelli della maturità, e della riflessione sulla sconfitta di quella lotta.
Crescere alberi dà soddisfazione13, ovvero il giardino come luogo di piacere
- 13 Erri De Luca, Tre cavalli, cit., p. 22.
11« Sei come un giardino chiuso », dice l’amato all’amata nel Cantico dei Cantici, usando questa immagine, tra le altre, come metafora delle delizie e del piacere cui associa la donna.
- 14 Erri De Luca, I colpi dei sensi, Roma, Fahrenheit 451, 1993 ; ora ristampato all’interno di Erri D (...)
12Ma, se è vero che in tutta l’opera di De Luca i sensi hanno un posto speciale, fino al punto che lo scrittore ha dedicato a ciascuno di essi cinque brevi prose raccolte col titolo I colpi dei sensi14, il giardino non è tuttavia il luogo in cui l’esperienza sensoriale raggiunge il suo apice.
- 15 Il topos viene fissato, per la letteratura occidentale, in particolare nelle Talisie, idillio VII (...)
13Questa dimensione, per quanto non estranea del tutto al nostro romanzo, è in esso senz’altro minoritaria. Almeno se per luogo di piacere intendiamo quel locus amœnus in cui i pastori teocritei15 cercavano riposo e consolazione dalle fatiche e poi i cavalieri e le dame delle corti rinascimentali si ritrovavano, per intrecciare i loro giochi, nel quadro di una natura lussureggiante, ma non selvaggia, perché segnata dall’opera sapiente dell’uomo.
14Il giardino in Tre cavalli non è luogo di incontri amorosi né di canti improvvisati da allegre brigate in cerca di svago ; esso è invece soprattutto luogo di solitudine e di silenzio, come vedremo. E i piaceri che in esso si possono godere sono strettamente connessi al duro lavoro necessario a prendersene cura e a tenerlo in ordine ; perché è attraverso questo lavoro, a contatto stretto con la terra, e a condizione del silenzio, che il corpo ritrova quella capacità di “sentire” con tutti e cinque i sensi che gli esseri umani hanno in buona parte perduto vivendo nelle città.
15Perciò a fronte della notevole densità simbolica, sta una sobrietà descrittiva abbastanza anomala in relazione al tema : nulla o molto poco ci è detto dell’aspetto di questo giardino, della sua forma e delle sue dimensioni e perfino dei colori, dei profumi, dei giochi d’ombra e di luce che potrebbero costituirne il fascino.
- 16 A conferma della presenza ricchissima di temi autobiografici, si ricordi che in Croazia l’autore è (...)
16Gli alberi che lo popolano non servono a delineare un paesaggio, ma, spogliati di ogni funzione decorativa, sono piuttosto personaggi, dotati di propri sentimenti e aspirazioni. Tra di essi ci sono un giovane melo, un leccio, un noce, un albicocco, delle mimose, degli allori. C’è anche una vigna e numerose piante aromatiche, dal basilico, alla lavanda, al rosmarino, alla salvia : una varietà speciale e particolarmente profumata che viene da un’isola croata16 e che diventa il primo dono d’amore per Laila.
17Le note di colore legate alla vegetazione sono scarsissime : torna più volte solo il giallo delle mimose, che acquista senso in relazione ai personaggi che hanno accesso al giardino, Laila e soprattutto Selim, che « sta bene in compagnia dei colori » e cui « la mimosa dimostra affetto ».
18Anche i suoni, rari, suggeriscono la presenza di esseri viventi : il fruscio della falce al lavoro, per esempio, o i versi dei passeri che litigano, bisbigliano, pregano.
- 17 Tre cavalli, cit., p. 24.
- 18 Selim siede a terra ed è scalzo, ma anche il giardiniere sta sempre con le mani dentro di essa. Es (...)
Zappo sotto gli allori. Proteggono passeri sotto le foglie spesse, sempreverdi. A sera litigano per il posto più caldo, vicino al tronco. Litigano per vivere. Poi fanno un bisbiglio di assestamento, penso che pregano.17
E se il tatto è stimolato dal rapporto fisico con la terra stessa18 e poi con la scorza e il tronco degli alberi, che il giardiniere accarezza, l’olfatto e il gusto si alleano a far apprezzare cibi semplici, frutto del lavoro della terra : il pomodoro, la patata, l’aglio, il prezzemolo, il pane, il vino, l’olio e soprattutto le olive.
19Tra i profumi, il più forte è quello della potatura dell’alloro bruciata ; il fumo che ne emana procura un’esperienza sensoriale che, come un rito antico, facilita l’accesso all’esperienza spirituale :
- 19 Tre cavalli, cit., p. 24.
È solo in primavera che poto gli allori, quando non fanno da capanna ai passeri.
Mi piace bruciare il rimasuglio delle loro frasche. Danno un fumo che stordisce e fa tornare in mente gli scomparsi. In quel fumo mi siedo a mezzogiorno con le olive nere.19
20Ma in questo giardino il vero piacere viene dal lavoro : più volte questo è ribadito, mentre con cura minuziosa sono descritti i gesti sapienti del giardiniere, attraverso sequenze di verbi alla prima persona che indicano azioni semplici e antiche :
- 20 Ibidem, p. 74.
- 21 Ibidem, p. 98.
Di pomeriggio arriva il leccio. Assesto le radici nello scavo, lo puntello a tre pali, concimo e annaffio. È già un bel tronco, gli costa sforzo e pericolo impiantarsi da cresciuto. A volte si intristiscono e non vogliono più vivere. Gli canticchio intorno per benvenuto, lo lego per dargli forza. […] Spargo la cenere sopra il terreno smosso intorno al leccio piantato. Mi scappa di dirgli due parole, di accarezzargli il tronco ancora lieve. C’è già un pettirosso su un suo ramo.20Taglio il prato con la falce, l’affilo, taglio e affilo, il fruscio veloce della lama è un respiro corto.
Mi piace falciare a mano, mi viene preciso il colpo da destra a sinistra che pareggia l’erba.
[…] Il falciato profuma al sole, lo raduno col rastrello.21
21Si vedano infine le parole, sottilmente allusive a un segreto piacere, che descrivono l’ardore e l’amore (è il caso di dirlo) con cui il giardiniere “lavora” la terra spenta di un altro giardino in cui è chiamato per qualche giorno :
- 22 Ibidem, pp. 64-65. Si confronti questo passo con la citazione riportata in epigrafe.
Sotto la crosta del lastricato la terra è spenta, sfibrata dal buio. È di fine inverno che se l’abbraccia intera e la fermenta arsa di calce.
Le occorre ossigeno e luce. Il salino assorbito va corretto con terriccio acidoso.
[…] Dal fuori del corpo vedo un uomo di cinquant’anni che bussa al portone della terra per buttarlo giù, per spaccare breccia nel suo grembo serrato. […]
Alla fine sto sulla terra scoperchiata.
È grigia, la rovescio a scasso, la rimpasto con sterco di cavallo e zolla di castagno.
La stendo pettinata sotto il sole enta.22Il giardino come luogo separato
- 23 Ibidem, pp. 18.
Così mi trovo a stare la giornata in un giardino a badare ad alberi e fiori e a stare zitto in molti modi e dentro qualche pensiero di passaggio, una canzone, la pausa di una nuvola che toglie sole e peso dalla schiena.23
- 24 Ibidem, p. 24.
A stare zitti mentre il corpo lavora, vengono pensieri di nuoto e di volo. Da un aprile di molti anni fa torno a vedere il cielo di Gerico imbiancato di cicogne, migranti dall’Africa verso i tetti d’Europa.24
- 25 Per la problematica del silenzio nell’opera di De Luca si veda il saggio di Inge Lanslots, Il sile (...)
22Nella breve presentazione che il giardiniere fa di se stesso a Laila, più che la connessione tra silenzio e lavoro, appare per noi interessante quella, esplicita, tra « stare in un giardino » e « stare zitto ». In maniera che sembra casuale, egli dichiara dunque la sua condizione di uomo che non solo lavora, ma vive di norma nel silenzio25. Un silenzio dagli spessori diversi : quello abitato a volte da un pensiero, altre volte da un ricordo che permette di superare i limiti di spazio e di tempo imposti agli esseri umani ; quello tutto “fisico”, che consente al corpo di godersi una pausa dalla fatica e dal caldo. Un silenzio che a volte è solo in apparenza interrotto da una canzone, espressione di un’emozione o addirittura tentativo di dialogo con gli alberi.
- 26 Tre cavalli, cit., p. 53 : « Lascia stare, senza di te la fioritura sarebbe ancora qui, dentro un g (...)
23Il giardino in cui l’operaio lavora infatti, non è un giardino situato al centro della città, o che si apre sulle strade e sulle piazze, attraversato da gente che lo utilizza come luogo di incontri e conversazioni. Esso è invece un “giardino chiuso”26, luogo di solitudine e di separatezza, in cui il giardiniere sperimenta, per buona parte della sua giornata, una forma di reclusione volontaria e di autoesclusione dal mondo e dal commercio umano :
[…] il daffare è niente, giusto un salario. Conta invece stare con la testa tra i piedi, faccia in giù a badare in basso. Conta piegare nuca sulla terra, tenere per lei premura più che per gli uomini.
Così è bello nel tempo rimasto avere a che fare con gli altri, capirsi sulla faccia, radersi per una donna, buttarsi contro e addosso a una prepotenza.
Ho più vita messa a guardare terra, acqua, nuvole, muri, arnesi, che facce. E mi piacciono.
- 27 In realtà si tratta essenzialmente di operai extracomunitari, ai quali offre la sua tavola e una b (...)
- 28 I libri sono « libri usati » perché hanno « pagine docili », buone per accompagnare i « bocconi le (...)
24Anche nell’ora di pausa, a mezzogiorno, mentre consuma i suoi pasti frugali in una trattoria, il giardiniere scambia di rado qualche parola con gli altri avventori27 e preferisce trincerarsi dietro la lettura di un libro28, « romanzi di mare, avventure di montagna, niente storie di città, che già le ho intorno ».
25Il giardino, quindi, è per prima cosa un luogo che si contrappone alla città, come alla città si contrappongono il mare, la montagna : luoghi e temi ricorrenti nella scrittura di Erri De Luca, luoghi-soglia, al confine tra terra e cielo, che facilitano all’essere umano l’esperienza contraddittoria del radicamento nella materia e della tensione a liberarsene.
26Il giardino rappresenta nella città un’isola ; e in un’isola vera il giardiniere immagina di rifugiarsi quando si prefigura un tempo « dopo Laila, quando sarà giusto lasciare la terraferma ». Egli pensa
27Del resto il paragone tra il giardino e l’isola e il significato profondo della “chiusura” sono espliciti già in una breve prosa autobiografica del 1994, in cui l’autore ricorda l’abitudine che aveva negli anni di scuola di marinare le lezioni per andarsi a chiudere nel giardino che ospita lo zoo :
- 30 Erri De Luca, Anticamera, in In alto a sinistra, Milano, Feltrinelli, 1994, pp. 8-9. L’espressione (...)
Non tiravo a sorte sulla direzione da prendere, andavo sempre allo zoo. […] Infine entravo, oltrepassavo il cancello che separava dalla città. […] Alla prima ringhiera ero agli elefanti, ero arrivato al vero lontano. Neanche nella cavità del Vesuvio avrei potuto stare più separato dal grasso della città.
[…] Non avevo più schifo di niente in quel perimetro. Ero finalmente libero. Chi ha della libertà un’idea di luogo sconfinato, sa una cosa diversa dalla mia. Libertà era stare in un giardino chiuso, o in un’isola d’estate : rasentare reclusioni.30
- 31 Erri De Luca, Anticamera, cit., p. 12.
Questa volontaria reclusione si risolve dunque nell’unica forma possibile di libertà. Infatti l’adolescente desideroso di separarsi « dal grasso della città » va nello zoo alla ricerca del suo deserto :
Prima di lui [il leone] vedevo il cactus gigantesco che cresceva in un angolo del suo cortile. Era il più bell’annuncio di deserto, di un luogo senza uomini.31
28In questo luogo l’ansia procurata dalla sensazione di essere osservati lo abbandonava, egli poteva addirittura perdere se non l’umanità, almeno l’identità individuale, in una sorta di scambio di ruoli con l’animale, e acquisire una sorta di invisibilità :
- 32 Ibidem, p. 15. In questo testo in realtà l’autore lega questo suo bisogno alla condizione adolescen (...)
Nel giardino i passanti erano la specie, mentre i reclusi gli esemplari, unici anche quando erano in gruppo. Le bestie erano il riassunto di una varietà. Noi la ripetizione di un tema. Nel giardino ero un caso comune di uomo e gli animali mi guardavano come io guardo una folla : senza vedere nessuno.32
- 33 Ibidem, p. 12.
29Tale ricerca del deserto può assumere la forma di una malattia : l’autore assimila questo suo bisogno d’adolescente a quello di alcuni malati catatonici : « capivo che si erano procurati il deserto senza andarci e che avevano perfezionato la mia tentazione »33.
30Ora, da altre opere, sappiamo che la ricerca del deserto, il separarsi dal resto della gente sono da De Luca collegati alla ricerca di una relazione con Dio :
- 34 Erri De Luca, Nocciolo d’oliva, Padova, Edizioni Messaggero, 2002, pp. 5-6.
La creatura si separa dal resto della gente e del creato, si esclude per stabilire la relazione. La preghiera avviene sempre in un’estremità del campo […] Dio porta gli ebrei nel deserto perché quello è il luogo dell’incontro. Non li chiama in un centro, in una piazza, ma nell’isolamento inospitale del vento e della polvere. Nel deserto : questo è il luogo fisico della preghiera. Il credente fa il vuoto intorno a sé e così fa avvenire l’incontro.34
- 35 « L’usanza quotidiana [di lettore assiduo di scrittura sacra] non ha fatto di me un credente. La m (...)
31Ma, come l’autore35, il giardiniere di Tre cavalli, nel presentarci Selim, lo vede pregare e confessa di non esserne capace :
- 36 Tre cavalli, cit., pp. 36-37
Un uomo alto, un africano, anziano, mi accenna dal cancello.[…] Ha denti buoni per sorridere.Qui fa il manovale, a casa alleva bestiame. […] In bocca succhia quqlcosa. Non è una caramella, è un nocciolo d'oliva. Ama le olive scure,la forza dell'olio di chiudersi in un legno duro da rodere, gli piace il gusto dell'osso e lo rigira in bocca fino a che è liscio e senza più sapore.
Le olive mi tengono compagnia, dice.
Una manciata gli dura un giorno.
Il caffè sale, scroscia profumato nella gola della macchinetta. Prima di berlo dice una preghiera di …ringraziamento. Tu no, chiede, io no.
Prego, dice, davanti a ogni cosa che porto alla bocca. Prego per legare il giorno al suo sostegno, come faccio con la cannuzza vicino al pomodoro…
Forse per uno d’Africa è più semplice legare terra e cielo con lo spago.36
- 37 Per l’archetipo di questo tema, diventato poi classico, si veda il monologo di Ippolito nella Fedr (...)
32Inoltre il rovesciamento dell’antitesi tradizionale tra città come luogo di tentazione (e di inevitabile perdizione)37 e fuga nel deserto come ricerca di salvezza ci impedisce di assimilare la posizione di De Luca a quella di un asceta.
33Perché, se la tentazione è il deserto, ciò vuol dire che nel mondo bisogna starci, anche se esso assomiglia a un cunicolo stretto e buio di cui s’ignora lo sbocco. Dal giardino bisognerà infine uscire.
Gli alberi tra umanità e Scrittura
34All’interno del giardino, dunque, proprio perché esso è un luogo separato e isolato, il giardiniere, nel suo lavoro percepisce l’immensità e la coerenza del creato e riconosce di farne parte.
35Nel suo rapporto cogli alberi egli ne esalta le caratteristiche di esseri viventi, quasi li umanizza, e nello stesso tempo ne fa testimonianza di una continuità tra terra e cielo che gli uomini hanno disimparato :
- 38 Tre cavalli, cit., pp. 18-19.
Vado per il campo con un nuovo alberello di melo da piantare.
Lo metto giù, lo giro, guardo i suoi rami appena accennati tentare posto nello spazio intorno.
Un albero ha bisogno di due cose : sostanza sotto terra e bellezza fuori. Sono creature concrete ma spinte da una forza di eleganza. Bellezza necessaria a loro è vento, luce, uccelli, grilli, formiche e un traguardo di stelle verso cui puntare la formula dei rami.
La macchina che nei rami spinge linfa in alto è bellezza, perché solo la bellezza in natura contraddice la gravità.
Senza la bellezza l’albero non vuole. Perciò mi fermo in un punto del campo e chiedo : « Qui vuoi ? ».
Non mi aspetto una risposta, un segno nel punto in cui tengo il suo tronco, però mi piace dire una parola all’albero. Lui sente i bordi, gli orizzonti e cerca un punto esatto per sorgere.
Un albero ascolta comete, pianeti, ammassi e sciami. Sente le tempeste sul sole e le cicale addosso con la stessa premura di vegliare. Un albero è alleanza tra il vicino e il perfetto lontano.
Se viene da un vivaio e deve attecchire in suolo sconosciuto, è confuso come un ragazzo di campagna al primo giorno di fabbrica. Così lo porto a spasso prima di scavargli il posto.38
E, poco oltre :
- 39 Ibidem, p. 22. Lo stesso pensiero si ritrova nel racconto La città non rispose, in In alto a sinis (...)
Un albero somiglia a un popolo, più che a una persona. S’impianta con sforzo, attecchisce in segreto. Se resiste, iniziano le generazioni delle foglie.
Allora la terra intorno fa accoglienza e lo spinge verso l’alto.
La terra ha desiderio di altezza, di cielo. Spinge i continenti all’urto per innalzare creste.
Si struscia attorno alle radici per espandersi in aria con il legno.39
36A questo fanno riscontro le tante espressioni in cui il corpo umano è paragonato ad un albero : « Che bell’albero sei », dice il giardiniere abbracciando Laila, e chiama Selim « un albero d’uomo ».
37Lui stesso si sente un ramo : « Dondolo come un ramo d’autunno, perdo foglie ».
38« Vedi frasche dappertutto », commenta la donna ; persino per descrivere il suo primo incontro d’amore con lei è ancora all’universo degli alberi che il protagonista fa riferimento :
- 40 Tre cavalli, cit., p. 32.
Sta sopra di me, sbatte sul mio petto a colpi cupi. Si tagliano così gli alberi, un colpo a fendere e una torsione per liberare il ferro dall’impatto. Laila suona quei rintocchi sopra il mio petto, io resisto orgoglioso un tempo lungo, quanto quello di un albero che morde acido il ferro che lo stronca. Così crollo e anche lei.40
39Il giardiniere in realtà è fiero del suo ruolo che gli consente di sentirsi parte attiva nell’immensa opera della creazione, miracolo che sempre si rinnova. E ciò, nonostante sia consapevole della sua pochezza e dell’impossibilità per l’uomo di esercitare un qualsiasi controllo sulla natura :
- 41 Ibidem, p. 45.
È fine di febbraio e già sta andando in fiore l’albicocco. Il freddo gli seccherà la gettata e non darà frutto. […] mi dispiace la mia impotenza a trattenere l’albero. Faccio il giardiniere e non so aiutare per non farlo correre ai fiori mentre è inverno. E poi mi sento responsabile del giardino.41
40Laila lo prende affettuosamente in giro : « Manco tu fossi Adamo ».
41Col nome di Adamo si fanno esplicite le allusioni, i riferimenti sparsi ovunque nel romanzo al primo giardino, quello dell’Eden, luogo dell’alleanza fra Dio e le sue creature, o, in altri termini, « tra il vicino e il perfetto lontano » : è di quel giardino, di quella felicità perduta per sempre che De Luca dunque ci sta dicendo la nostalgia, l’amarezza di chi conserva in sé la memoria di un Paradiso perduto, di un tempo in cui l’integrazione tra l’uomo e l’universo rendeva leggibile la Scrittura per antonomasia e inutili i libri stampati.
- 42 Esodo, cit., p. 6.
42Il ricordo del libro della Genesi pervade tutta la sua opera, insieme a quello dell’Esodo. Proprio nella premessa alla traduzione dell’Esodo, del resto, De Luca afferma : « Adamo intendeva alla lettera il creato »42.
43Lo stesso concetto è ribadito in un articolo dell’agosto 2002, con parole che ricordano da vicino un passo del nostro romanzo :
- 43 Erri De Luca, Quel nome corre come una profezia, nel quotidiano « Il Mattino » del 14 agosto 2002. (...)
Adamo nel giardino dell’Eden dava i nomi alle creature che vedeva intorno a sé. Li leggeva sulla loro superficie, la natura era scritta. Fuori di quel giardino la specie umana non sa più leggere i caratteri di scrittura del creato.43
- 44 Tre cavalli, cit., p. 34. Si veda anche Materia scritta, uno degli elzeviri apparsi sul quotidiano (...)
Le facce sono scritte.
Anche le mani, dico, e le nuvole, il manto delle tigri, la buccia dei fagioli e il salto dei tonni a pelo d’acqua è scrittura.
Impariamo alfabeti e non sappiamo leggere gli alberi. Le querce sono romanzi, i pini sono grammatiche, le viti sono salmi, i rampicanti proverbi, gli abeti sono arringhe difensive, i cipressi accuse, il rosmarino è una canzone, l’alloro è una profezia.44
44In queste parole, all’identità uomo/albero nella tensione esistenziale tra terra e cielo, si affianca l’altra per cui l’albero è anche un libro ; e non solo nel senso che della sua materia i libri sono fatti, come nell’intervista con cui abbiamo aperto questo studio, ma in un senso più profondo, se è vero che tutto l’universo « è scrittura ».
45Purtroppo il giardiniere che passa l’ora di pausa leggendo libri, ha perduto come tutti noi, discendenti dei primi esseri umani scacciati dal Paradiso terrestre, la capacità di leggere quella scrittura e si affanna a ritrovare un linguaggio che ristabilisca la comunicazione. Tutti o quasi, perché forse chi vive fisicamente in contatto con quella terra dal cui seno è stato tratto il primo uomo, riesce ancora a interpretarne in qualche modo i segni.
- 45 La frase ricorda da vicino quella in cui Gesù dice : « La messe è abbondante, ma gli operai sono p (...)
46Infatti Selim, l’africano che non porta scarpe, è uno che guarda i giardini, perché « Ci sono molte notizie nei giardini. Però ci sono pochi giardinieri »45.
47Egli sembra capace di interpretare quella scrittura che non ha bisogno di alfabeti :
- 46 Tre cavalli, cit., p. 52.
Al giardino Selim viene per le mimose e per parlare un po’ del suo paese dove si va scalzi e per questo si parla volentieri.
Quando tu metti le scarpe non parli, questo pensa di noi. Senza la nuda pianta del piede sopra il suolo, noi siamo isolati, dice la sua lingua che deve avere dentro una lisca d’argento per essere così sonante.
È la verità, dico, è puro amen : tutta la nostra storia è una scarpa che ci stacca dal suolo del mondo. Scarpa è la casa, la macchina, il libro.46
- 47 Ibidem, p. 73.
Pezzo di santo d’Africa, penso, vieni a dare la tua sapienza a un selvaggio d’Europa che segue la luna sul calendario e le nuvole sul bollettino della radio e non sa leggere nessuna parola senza un alfabeto.47
- 48 Ibidem, pp. 73-74.
Del resto Selim è uno che prega e, come abbiamo visto, conosce il segreto che consente di tenere uniti terra e cielo :
« Ti intendi con la cenere e col cielo, quante ne sai, Selim ? »
Soffio solo un po’ di grazie in alto, dice.
Faccio salire fiato, che si combina con le nuvole e diventa pioggia. Un uomo prega e così ammucchia la sostanza in cielo. Le nuvole sono piene di fiato di preghiere.
[…] E lui ride con me e dice che è buono ridere e che la fede viene dopo di ridere, più che dopo di piangere.48
48Questa percezione del creato come di un immenso libro squadernato davanti agli esseri umani che, procedendo sulla strada della modernità, ne perdono il sentimento e il senso è spesso e in molti modi ribadita nel testo ; abbiamo già visto come il giardiniere esprima nei confronti della terra un atteggiamento di umiltà, quasi di adorazione che si manifesta nello « stare spesso in ginocchio », « badare in basso », « piegare nuca sulla terra », « starle sopra, con le mani dentro » ; e ancora nella riflessione sulla miseria e sulla ridicola presunzione dei suoi simili :
- 49 Ibidem, p. 23.
Io coi miei conti di giardiniere, potature, semine, previsioni di fioriture e frutti, sembro l’uovo che insegna alla gallina. Arriva uno sputo di grandine, un vetro di gelata e stattene servito, signore dei giardini.49
49È così che fare il giardiniere sembra diventare, assai più che un lavoro, « giusto un salario », una scelta di vita : una scelta che segue al naufragio di un passato in cui il coinvolgimento totale nel mondo degli uomini è arrivato fino al limite estremo : « gli ammazzamenti », nella doppia e speculare esperienza : ammazzare/essere ammazzati. Da quel passato il protagonista è riemerso come risorgendo dopo l’esperienza del deserto vero, della morte fisica sfiorata, dell’immersione nell’acqua di un oceano che rimette a nuovo : si vedano le pagine in cui il protagonista racconta della sua fuga attraverso l’Argentina, fino alla fine delle terre emerse, quasi una discesa agli Inferi. Punto dal quale, toccato il fondo, ha potuto cominciare a risalire, come nel viaggio dantesco.
50Ma questa aspirazione a starsene in disparte dal mondo, accontentandosi di scambiare qualche parola con l’oste che « ha buono il vino » viene vanificata dall’apparizione di un corpo femminile.
Fuori del giardino
51Lasciare il giardino può essere molto traumatico e doloroso, come sa l’adolescente di Anticamera, che, a proposito dell’uscita dallo zoo, si esprime così :
- 50 Ibidem, p. 16.
“Uscita” di lì voleva dire ingresso : rificcarmi nel buco di città, lubrificato come una supposta.50
52Ma, soprattutto, restare fuori del giardino, davanti a un cancello chiuso, non è senza colpa. Ce lo dice esplicitamente De Luca raccontando la vicenda dell’innamoramento, a sedici anni, per una compagna di scuola, nelle ultime pagine di Non ora, non qui. In quell’episodio il cancello non chiude un giardino, bensì una strada, che i due adolescenti percorrono ogni giorno insieme per recarsi a scuola. Ma lui a un certo punto commette un errore e la storia finisce :
Le dissi […] la mia speranza […] che restasse per me un cancello al quale fermarmi con lei. […] Non venne più al cancello. […] ad ogni sbaglio corrisponde una solitudine.
Non andai più al cancello chiuso.
53E l’autore commenta :
54Questa memoria comune a tutti gli esseri umani rinvia ancora al modello delle Scritture, alla Genesi che racconta l’uscita di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden, provocata dall’errore, dalla colpa primigenia. E subito dopo, fuori del giardino, si consuma il primo ammazzamento, l’archetipo di ogni gesto di violenza compiuto dall’uomo su un suo simile : il sangue di Abele viene versato dal fratello Caino, invidioso del favore che egli trova al cospetto del Signore.
55Per il nostro giardiniere è Laila la novella Eva, che lo tenta, portandolo fuori del giardino. Per lei si è aperto il cancello chiuso, come per Selim, per farle dono dei rami della mimosa.
56Ma a quel cancello lei torna a chiedere al giardiniere di accompagnarla fuori : ha deciso di mettere fine a qualunque costo alla sua vita di donna che « va cogli uomini per soldi » e può farlo solo eliminando colui da cui dipende.
- 52 « A fine di lavoro c’è ancora luce, Laila mi aspetta al cancello. Non vuole parlare al chiuso, and (...)
57Non è all’interno del giardino che vengono pronunciate le parole di morte52. Ma, tornando a casa insieme a Laila, il giardiniere vede, proprio davanti al cancello, l’uomo che la minaccia e decide all’istante di farsi carico del gesto estremo.
- 53 Ibidem, p. 97.
Di fronte al giardino del mio lavoro c’è una macchina ferma con un uomo dentro. Non devo chiedere se è quello.
Siamo a un angolo in cui possiamo vederlo senza essere visti. […]
Risalgo la via e prima di entrare nel giardino passo lentamente a fianco della macchina ferma dal lato dell’autista e ci guardiamo e io sento sale in bocca.
Uno di noi due è già morto e adesso a me non importa sapere chi.
Attraverso la strada e entro nel giardino.53
58Anche se il prezzo da pagare è a volte molto alto e coincide col rischio di rimanere per sempre fuori di quel giardino, la scelta che il giardiniere ha fatto non è il distacco definitivo dal mondo delle passioni umane, che anzi egli condivide e che non lo lasciano indifferente. Infatti, dopo il lavoro, gli piace « avere a che fare con gli altri, capirsi sulla faccia, radersi per una donna, buttarsi contro e addosso a una prepotenza ».
- 54 Ne sono esempio l’oste che tratta umanamente gli operai e il medico che soccorre il giardiniere al (...)
59Sono tre dunque le ragioni che inducono il protagonista di Tre Cavalli a rinunciare al suo Eden e ad uscire volontariamente dal giardino : la necessità di rispecchiarsi nei propri simili, quindi l’amicizia, e la solidarietà54, l’amore e infine la lotta contro l’ingiustizia.
- 55 « Fa schifo ammazzare, Laila. Non te lo togli più di dosso il grasso della morte. Non si leva. Sei (...)
- 56 Alessandro Manzoni, Adelchi, atto V, vv. 352-354.
60Pur conoscendo, per averlo già sperimentato dolorosamente in Argentina, l’orrore dell’ammazzare e la spaventosa sensazione dell’essere vivi dopo aver provocato la morte di qualcuno55, ci sono occasioni in cui non si può restare a guardare : uccidere è un destino cui l’uomo non può sfuggire, dato che, come dice l’Adelchi manzoniano, in questo mondo « loco a gentile, ad innocente opra non v’è : non resta che far torto o patirlo »56. Laila infatti « parla di un uomo da ammazzare o da esserne ammazzata ».
61È a questo punto che le due vite del protagonista si saldano e il giardiniere vive « un piccolo ritorno di Argentina feroce ». Lui che non è riuscito a salvare la giovane moglie argentina, Dvora, non può fallire ancora e si prepara a uccidere per non permettere che sia uccisa Laila.
62Eppure stavolta, dalla tremenda alternativa, il giardiniere sarà salvato da un intervento, è il caso di dirlo, “provvidenziale”.
63Selim, che sa leggere le parole degli alberi, vede nella cenere rimasta dalle foglie dell’alloro bruciate la minaccia che pende sul capo dell’amico :
- 57 Ibidem, pp. 99-100.
Poi Selim beve il caffè seduto con me davanti a un fuoco di sterpi. Con un ramo rimasto ne smuove un angolo. « La cenere dice che devi partire ».
[…] « La cenere vede sangue, anche il tuo sparso accanto. La cenere non dice amore ».
[…] Selim fruga in un altro punto… e dice … : « Anche io ».
[…] « Tu curi gli alberi e loro ti amano. Queste sono loro parole per te, le loro ultime ».
L’africano, che si sente in debito col giardiniere, insiste per accompagnarlo, messo in allarme dal cambiamento dell’amico. Così i due uomini escono insieme dal giardino e camminano in silenzio verso quello che sarà « il posto dei sangui ». Quella passeggiata spalla a spalla, fatta in silenzio, li rende definitivamente pari e consentirà lo scambio :
Non dico niente del posto da cercare, lui niente chiede.
Si va come due operai che passeggiano all’ora di riposo. Lui mastica e rimastica il suo nocciolo di oliva […]
Torniamo indietro restando zitti. Selim calca sui passi […] già calpesta la sua terra e guida la sua mandria, penso. Succhia e mordicchia un nocciolo di oliva.
Al giardino mi rimetto a falciare.
Selim scorcia l’aiuola di lavanda, poi seduto per terra a gambe in croce prepara mazzetti con lo spago.
« Il tuo giardino mi dà commercio ».
Da una tasca tira fuori il coltello, una lama forte e più esperta della mia falce. Ammucchia mazzetti da seccare.
[…] Io devo riscattare il pegno. Bisogna essere amici tra uomini e si deve essere pari.
Sento che sputa il nocciolo di oliva.
Al margine del prato m’interrompe alla fine delle ore la sua voce. Mi saluta […] « Non è più tempo di vino, uomo. Porto via l’ultimo fascio del mio debito. Ti risarcisco tutto insieme ».57
64L’uomo che ricatta Laila viene ucciso, sgozzato, con un gesto preciso che sa di antichi riti sacrificali, un gesto che non lascia traccia di sangue sulla bianca camicia di Selim, che ne è l’esecutore materiale.
65E il giardiniere ignaro, arrivando sul posto qualche minuto dopo per compiere lui stesso quel gesto, verserà sangue in abbondanza dal naso e sarà soccorso dal medesimo medico che è stato chiamato a constatare la morte dell’ucciso.
66Saremmo in errore se considerassimo il personaggio di Selim un banale deus ex machina con il quale il narratore risolve l’intreccio e lo porta al lieto fine. La sacralità di cui è intrisa la scena e l’attitudine del giardiniere che si mette in ginocchio per recuperare il nocciolo d’oliva a lungo masticato dall’africano, fanno di quest’ultimo piuttosto una figura di Gesù Cristo, il figlio di Dio che prende su di sé i peccati degli uomini salvandoli dalla dannazione eterna :
- 58 Nocciolo d'oliva è diventato, qualche anno dopo la composizione di Tre cavalli, il titolo di un vo (...)
- 59 Ibidem, p. 101.
[…] E se ne va al cancello col fascio di lavanda sotto il braccio.
E allora chiudo gli occhi dietro il dorso di mano, contro i pezzi perduti in un giorno solo e faccio una cosa stupida. Mi metto in ginocchio sul prato e frugo, cerco, trovo il nocciolo liscio dell’oliva58 e lo metto in un vaso con terriccio scuro.59
- 60 Napoli è stata definita da De Luca « città dei sangui », a causa del miracoloso scioglimento del s (...)
67Dunque fuori del giardino c’è il posto dei sangui’60, così come fuori dello zoo la città dei sangui inghiottiva famelicamente il ragazzo che vi si era rifugiato.
68E il giardiniere, allontanandosene più leggero e contento che l’atto tremendo gli sia stato risparmiato, resterà tuttavia consapevole che Selim gli ha evitato solo il gesto e le sue conseguenze materiali (la perdita del giardino, terra promessa), ma non la colpa :
- 61 Tre cavalli, cit., pp. 106-108.
Volto le spalle al posto dei sangui. […]
Mi profumo le dita di prezzemolo e aglio, un po’ d’olio dal pane mi cola nel palmo e io sono contento di essere unto di quello e non di sangue. […]
Non sono innocente, non è questo il sollievo, ma solo quello fisico di un mestruo dal naso.
Un altro uomo sta al mio posto di assassino senza togliermi colpa, solo la mossa toglie. Ora nel suo braccio sta la replica del colpo sferrato a una gola.61
69Ancora una volta, come l’autore, il giardiniere non cerca, anzi rifiuta attenuanti o assoluzioni. Infatti, quando la donna di Mimmo, l’amico regista, curiosa della sua storia di militanza politica, aveva insistito per « saperne di più », il giardiniere si era sottratto a ogni tipo di spiegazione pacificante :
[…] su tanta perdita di vite suonano a giustifica i perché, accampano attenuanti. Non so attenuare.
- 62 De Luca è stato imputato minore in alcuni processi relativi ai fatti dei cosiddetti anni di piombo
70Questa rigida posizione etica richiama tutti i luoghi in cui De Luca, riflettendo sulla stagione della lotta armata in Italia, cui ha partecipato e di cui ha riconosciuto il fallimento, pur senza mai dissociarsene, si è rifiutato di distinguere tra quelli che hanno materialmente commesso violenze e omicidi, e i loro compagni solo indirettamente coinvolti62.
- 63 Cfr nota 35. Il passo ivi citato prosegue così: « L’altro inciampo è il perdono. Nella mia vita c’ (...)
71E insieme tornano in mente le parole con cui dichiara la sua impossibilità di sentirsi parte della comunità dei credenti, dalla quale lo separa l’incapacità di pregare e l’inaccettabilità del perdonare e dell’essere perdonati63.
72Dunque l’africano, compiuto il gesto di amicizia con cui risarcisce l’amico, se ne torna al suo paese, portando con sé l’unico suo bagaglio, il coltello, un semplice oggetto che può servire alla vita o alla morte, che può essere strumento di giustizia o d’ingiustizia :
- 64 Tre cavalli, cit., p. 108.
So che porta via con sé il coltello per continuare a tagliare pane, a fare mazzi di fiori, a spaccare un frutto.
Chi ama le cose e sa il valore di usarle, non le abbandona a un ultimo servizio maledetto.64
- 65 In alto a sinistra, cit., p. 125. Si veda tutta la seconda parte di questo racconto, che ricorda la (...)
73Il giardiniere, invece, grazie a lui, può restare e tornare al suo giardino e alle sue « giornate a bocca chiusa ». Riprende il libro « fermo alla piega » e « si rimette alla sua andatura », sapendo che « dopo molte pagine si finisce per imparare una variante, una mossa diversa da quella commessa e creduta inevitabile » ; perché i libri, conoscono le pene e i bisogni di ogni uomo e sono « la presenza seconda che insegna a correggere il passato, a dargli una presenza di spirito che allora non ebbe, a dargli un’altra possibilità »65.
- 66 Tre cavalli, cit., p. 109.
74Dunque, se nella letteratura c’è la possibilità di emendare la vita, al posto dell’arma si può mettere un libro : « Metto il libro nella tasca di dentro della giacca, me l’appunto sul petto dall’interno. Nel vecchio posto dell’arma ora c’è il tutt’altro »66.
Notes
1 Sotto il grigio è il titolo di una delle brevi prose che compongono il volume Alzaia. La frase, di Rilke, si riferisce a Cézanne. De Luca la riprende, commentando : « Si possa anche noi essere un poco artisti per raschiare il grigio ed estrarne il giacimento di colori ». Erri De Luca, Alzaia, Milano, Feltrinelli, 20042, p. 113.
2 Da un’intervista rilasciata da Erri De Luca in occasione della sua partecipazione a un’iniziativa di Greenpeace per il salvataggio delle foreste durante la Fiera della Piccola Editoria a Roma (« la Repubblica », 8 dicembre 2003).
3 Tale centralità si risolve in uno stile che è stato ben definito espressionista e in scelte lessicali che consentono di parlare di “matericità” della sua scrittura : cfr. Attilio Scuderi, Erri De Luca, Fiesole, Cadmo, 2002, p. 57. A questo saggio, dotato tra l’altro di un’ottima bibliografia, si rimanda per una visione complessiva dell’autore.
4 La prima espressione è il rovesciamento del titolo del primo romanzo di De Luca : cfr. Erri De Luca, Non ora, non qui, Milano, Feltrinelli, 1989 ; per l’altra le ricorrenze sono numerose : cfr. Scuderi, op. cit., pp. 47-48. Si veda soprattutto la conclusione del nostro romanzo.
5 Attilio Scuderi, op. cit., p. 60.
6 Erri De Luca, Tre cavalli, Milano, Feltrinelli, 1999.
7 Attilio Scuderi, op. cit., p. 61. Lo studioso fa giustamente riferimento a quella sorta di « patto fantasmatico di lettura » individuato da Lejeune come peculiarità di gran parte della letteratura del nostro secolo : cfr. Ph. Lejeune, Le pacte autobiobiographique, Paris, Seuil, 1975.
8 « Scopo di questa traduzione è immenso. Stabilire un tragitto diretto tra Gerusalemme e Roma, tra la lingua in cui fu creato il mondo e la nostra. Rimuovere la supplenza di Atene. » : cfr. Esodo/Nomi, trad. e cura di Erri De Luca, Milano, Feltrinelli,1994, p. 6.
9 Attilio Scuderi, op. cit., pp. 46-47.
10 Esodo/Nomi, cit., p. 8. Si veda come De Luca interpreti nella stessa chiave il Don Chisciotte, in cui Cervantes avrebbe « ricalcato in epica il sacro di Esodo/Nomi per nostalgia di quelle storie grandiose più che per intento », in quanto la repressione dell’Inquisizione avrebbe costretto la letteratura a tenersi « a prudente distanza dalle storie sacre ». Ma « quella tirannia religiosa non ha estinto la nostalgia per l’immenso giardino proibito ». Dove il “giardino” sono i libri sacri.
11 Per quanto riguarda l’investitura si veda l’incontro tra il protagonista e Dvora, in cui « la mossa della luce in testa » con cui lui accenna alla necessità di avere una pila per affrontare un difficile percorso di montagna, provoca la battuta della ragazza : « Come Mosè, dice, ride, fa olé. » (Tre cavalli,cit., p. 43). Assolutamente evidente il carattere epico-avventuroso del vagabondaggio attraverso il sud del continente americano dell’uomo in fuga dai militari che lo inseguono. Miracolosi i modi dei suoi ripetuti salvataggi, simili a quelli di tanti “predestinati” di miti e leggende non solo bibliche, dallo stesso Mosè salvato dalle acque, a Romolo e Remo allattati dalla lupa : si veda in particolare l’episodio in cui il protagonista, giunto allo stremo, viene sfamato dal prodigioso latte di una capra che « vuole essere munta » (ibidem, p. 87).
12 Oltre a Non ora, non qui, cit., si vedano anche : Tu, mio, Milano, Feltrinelli, 1998 e Montedidio, Milano, Feltrinelli, 2001.
13 Erri De Luca, Tre cavalli, cit., p. 22.
14 Erri De Luca, I colpi dei sensi, Roma, Fahrenheit 451, 1993 ; ora ristampato all’interno di Erri De Luca, Il contrario di uno, Milano, Feltrinelli, 2003.
15 Il topos viene fissato, per la letteratura occidentale, in particolare nelle Talisie, idillio VII : cfr. Teocrito, Idilli ed Epigrammi, Milano, Rizzoli, 1993, trad. italiana a cura di B. M. Palumbo Stracca.
16 A conferma della presenza ricchissima di temi autobiografici, si ricordi che in Croazia l’autore è stato più volte come volontario, autista dei convogli di aiuti umanitari, in occasione delle guerre civili scoppiate alla dissoluzione della Jugoslavia.
17 Tre cavalli, cit., p. 24.
18 Selim siede a terra ed è scalzo, ma anche il giardiniere sta sempre con le mani dentro di essa. Essere scalzi assume in questo senso un valore particolare. Si veda l’episodio di Tu, mio, cit., in cui il protagonista va scalzo a compiere il gesto con il quale intende riparare un’ingiustizia.
19 Tre cavalli, cit., p. 24.
20 Ibidem, p. 74.
21 Ibidem, p. 98.
22 Ibidem, pp. 64-65. Si confronti questo passo con la citazione riportata in epigrafe.
23 Ibidem, pp. 18.
24 Ibidem, p. 24.
25 Per la problematica del silenzio nell’opera di De Luca si veda il saggio di Inge Lanslots, Il silenzio in Erri De Luca : spazio e tempo differiti, in « Narrativa », Université Paris X Nanterre, 1996, n. 10, pp. 229-245.
26 Tre cavalli, cit., p. 53 : « Lascia stare, senza di te la fioritura sarebbe ancora qui, dentro un giardino chiuso. » : sono queste le parole con cui il giardiniere rifiuta di essere pagato da Selim per la mimosa tagliata.
27 In realtà si tratta essenzialmente di operai extracomunitari, ai quali offre la sua tavola e una bottiglia di vino.
28 I libri sono « libri usati » perché hanno « pagine docili », buone per accompagnare i « bocconi lenti » del giardiniere.
29 Ibidem, p. 69. L’isola è il luogo mitico dell’adolescenza e dei riti che danno accesso all’età adulta in cui è ambientato il romanzo Tu, mio, cit. Recentemente, inoltre, lo scrittore ha accettato di interpretare il ruolo di un meccanico, detenuto in un’isola siciliana in seguito a un misterioso delitto, nel film L’isola di Costanza Quatriglio.
30 Erri De Luca, Anticamera, in In alto a sinistra, Milano, Feltrinelli, 1994, pp. 8-9. L’espressione con cui Erri De Luca sintetizza tutto ciò che gli fa ribrezzo e che resta attaccato addosso senza possibilità di lavarlo, riecheggia da vicino l’altra : il grasso della morte, Tre cavalli, cit. p. 80.
31 Erri De Luca, Anticamera, cit., p. 12.
32 Ibidem, p. 15. In questo testo in realtà l’autore lega questo suo bisogno alla condizione adolescenziale, ma, come abbiamo visto, il desiderio di isolamento non diminuisce con il crescere dell’età.
33 Ibidem, p. 12.
34 Erri De Luca, Nocciolo d’oliva, Padova, Edizioni Messaggero, 2002, pp. 5-6.
35 « L’usanza quotidiana [di lettore assiduo di scrittura sacra] non ha fatto di me un credente. La mia esperienza di lettore accampato fuori le mura dipende, per me, da due inciampi. Il primo è la preghiera, questa potenza e possibilità del credente di rivolgersi. [...] Non lo so fare, non so rivolgermi. [...] Pratico il surrogato “tu” della scrittura », ibidem.
36 Tre cavalli, cit., pp. 36-37
37 Per l’archetipo di questo tema, diventato poi classico, si veda il monologo di Ippolito nella Fedra di Seneca : cfr. L. Anneo Seneca, Fedra, Milano, Mondatori, 1993, trad. italiana a cura di G. Viansino.
38 Tre cavalli, cit., pp. 18-19.
39 Ibidem, p. 22. Lo stesso pensiero si ritrova nel racconto La città non rispose, in In alto a sinistra, cit., p. 36 : « Un albero è vivo come un popolo più che come un individuo, abbatterlo dovrebbe essere compito solo del fulmine ».
40 Tre cavalli, cit., p. 32.
41 Ibidem, p. 45.
42 Esodo, cit., p. 6.
43 Erri De Luca, Quel nome corre come una profezia, nel quotidiano « Il Mattino » del 14 agosto 2002. L’articolo, scritto in occasione dei disastri provocati dagli sconvolgimenti climatici di quella piovosissima estate, si conclude con queste parole : « La furia estremista dell’estate 2002 […] ribadisce il primato delle forze di natura sul nostro diritto di residenza. Invita a retrocedere per evitare di essere disfatti ».
44 Tre cavalli, cit., p. 34. Si veda anche Materia scritta, uno degli elzeviri apparsi sul quotidiano « Avvenire » tra l’aprile e il luglio 1996 e poi pubblicati in volume : Erri De Luca, Alzaia, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 64.
45 La frase ricorda da vicino quella in cui Gesù dice : « La messe è abbondante, ma gli operai sono pochi », riferendosi secondo le comuni interpretazioni alla scarsità di persone disponibili a diffondere la parola di Dio. Cfr. Mt, 9, 32-34.
46 Tre cavalli, cit., p. 52.
47 Ibidem, p. 73.
48 Ibidem, pp. 73-74.
49 Ibidem, p. 23.
50 Ibidem, p. 16.
51 « La conoscevo già da ragazzo. […] Passavamo per una strada privata chiusa da un cancello che veniva aperto di giorno. […] Alla svolta della curva guardavo il cancello. Mi piaceva vederlo chiuso, fermo sui suoi cardini. Ci sono anche cancelli che uniscono, non solo quelli che dividono. Il nostro era vecchio, scrostato ma ancora verde, aveva lance che crescevano in altezza verso il centro. » Non ora, non qui, cit., pp. 88-90.
52 « A fine di lavoro c’è ancora luce, Laila mi aspetta al cancello. Non vuole parlare al chiuso, andiamo al mare ». Tre cavalli, cit., p. 76.
53 Ibidem, p. 97.
54 Ne sono esempio l’oste che tratta umanamente gli operai e il medico che soccorre il giardiniere alla fine del romanzo.
55 « Fa schifo ammazzare, Laila. Non te lo togli più di dosso il grasso della morte. Non si leva. Sei giovane, pensi che passa […] mentre più sei lontana da quel sangue, quello torna perché tu sì, tu respiri, sei un vivo, un maledetto vivo. // E chiami fuori le più urgenti ragioni per quel sangue e ti ripeti che di notte dormi e che ogni sonno contiene assoluzione, e niente, è ancora lì, appiccicato a te l’ammazzato ». Tre cavalli,cit., p. 80.
56 Alessandro Manzoni, Adelchi, atto V, vv. 352-354.
57 Ibidem, pp. 99-100.
58 Nocciolo d'oliva è diventato, qualche anno dopo la composizione di Tre cavalli, il titolo di un volumetto che, in 26 brevi capitoli, contiene riflessioni su parole, fatti, personaggi dell'Antico e del Nuovo Testamento. A chiarire il valore simbolico di quest'immagine che caratterizza il personaggio di Selim ( se ne veda la presentazione) e che ne fa un doppio dell'autore, riportiamo le parole con cui quest'ultimo parla della sua abitudine di aprire la giornata con la lettura di un passo delle Scritture: «Leggere parole sacre è obbedire a una precedenza dell'ascolto. Inauguro i miei risvegli con un pugno di versi, così che il giro del giorno piglia un filo d'inizio; posso poi pure sbandare per il resto delle ore dietro alle minuzie del da farsi. Intanto ho trattenuto per me una caparra di parole dure, un nocciolo d'oliva da rigirare in bocca.». Cfr. Erri De Luca, Nocciolo d'oliva, cit. p. 41.
59 Ibidem, p. 101.
60 Napoli è stata definita da De Luca « città dei sangui », a causa del miracoloso scioglimento del sangue di alcuni martiri, primo fra tutti San Gennaro, che occupa un posto di rilievo nella tradizione e nella costruzione dell’identità di ogni napoletano.
61 Tre cavalli, cit., pp. 106-108.
62 De Luca è stato imputato minore in alcuni processi relativi ai fatti dei cosiddetti anni di piombo.
63 Cfr nota 35. Il passo ivi citato prosegue così: « L’altro inciampo è il perdono. Nella mia vita c’è una soglia dell’imperdonabile, del non più riparabile. Non so ammettere di essere perdonato, non so perdonare quello che è commesso. Ecco le mie pietre d’inciampo per le quali resto fuori dalla comunità dei credenti ». Nocciolo d’oliva, cit., pp. 5-6.
64 Tre cavalli, cit., p. 108.
65 In alto a sinistra, cit., p. 125. Si veda tutta la seconda parte di questo racconto, che ricorda la morte del padre e la passione per i libri da lui trasmessa al figlio.
66 Tre cavalli, cit., p. 109.
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Référence papier
Gabriella De Angelis, « Sotto il grigio. Il tema del giardino in Tre cavalli di Erri De Luca », Italies, 8 | 2004, 351-377.
Référence électronique
Gabriella De Angelis, « Sotto il grigio. Il tema del giardino in Tre cavalli di Erri De Luca », Italies [En ligne], 8 | 2004, mis en ligne le 14 mars 2009, consulté le 13 novembre 2024. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/italies/1096 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/italies.1096
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