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AccueilNuméros21L’eredità regale della Μεγάλη Μήτηρ

L’eredità regale della Μεγάλη Μήτηρ

Il ruolo della Grande Madre nell’Altare di Pergamo e la legittimazione divina del potere degli Attalidi
L’hérédité royale de la Μεγάλη Μήτηρ. Le rôle de la Magna Mater dans l’Autel de Pergame et la légitimité divine du pouvoir des Attalides
The Royal Heritage of the Μεγάλη Μήτηρ. The Role of the Great Mother in the Pergamon Altar and the Divine Legitimization of the Attalid Power
Ciro Parodo

Résumés

L’apothéose des reines de Pergame est une étape essentielle pour la structuration des dynamiques idéologiques qui régulent la succession royale dans le royaume attalide. La représentation de la Grande Mère, image centrale dans le programme iconographique du Grand Autel pergaménien, constitue un témoin remarquable de ce phénomène. La Déesse est assimilée à Augé, mère de Télèphe, et à Apollonis, femme d’Attalus I et mère des rois Eumène II et Attalus II, tous les deux à leur tour associés aux Grands Dieux en tant que symbole d’harmonie dynastique. L’objectif de cet article est d’analyser le rôle joué par les images de ces divinités dans le décor de l’Autel de Pergame et dans le contexte historique et culturel au sein duquel ce monument a été réalisé, dans le but d’explorer ses implications politiques et idéologiques.

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Texte intégral

1. Introduzione. Gli dei contro i giganti, gli Attalidi contro i Galati: un confronto nel mito e nella storia

  • 1 Gruen (2000, 17).
  • 2 Strabone, Geografia, XII, 3, 8; XIII, 4, 1; Pausania, Periegesi dell’Ellade, I, 8, 1; Ateneo, Deipn (...)
  • 3 Schalles (1985), Gruen (2000), Étienne (2003).

1Come osservato da Erich S. Gruen1, la consapevolezza da parte dei dinasti attalidi, il cui capostipite era stato l’eunuco Filetero (283 ca.-263 a.C.), figlio del greco Attalo e dell’etera paflagona Boa2, di rivestire un ruolo marginale in un panorama internazionale come quello ellenistico dominato da personalità prestigiose, ha costituito un elemento imprescindibile della volontà attalide di affermare la propria discendenza divina dall’eraclide Telefo e di propagandare un’immagine di sé quali difensori dell’Έλλενικόν contro la barbaritas3.

  • 4 Le ulteriori vittorie sui Galati furono successivamente celebrate mediante l’erezione del “Piccolo (...)
  • 5 Livio, Ab Urbe condita libri, XXXVIII, 18, 9-10; Polibio, Storie, XXI, 37, 4-7. Sul ruolo della Μεγ (...)
  • 6 Hansen (1971, 131-135), Virgilio (1981, 31-34, 106-118).
  • 7 Livio, Ab Urbe condita libri, XXIX, 10, 4-5; XXIX, 11, 5-6. Roller (1999, 263-286), Borgeaud (2004, (...)

2Un passo decisivo nella costruzione di tale percorso ideologico venne compiuto da Attalo I (241-197 a.C.), cugino e successore di Eumene I (263-241 a.C.), nipote di Filetero, grazie alla vittoria conseguita tra il 241 e il 238 a.C. sui Galati alle sorgenti del Caico, commemorata con il celebre “Grande donario” innalzato nel temenos del tempio di Atena a Pergamo4. Durante il governo di Eumene II (197-158 a.C.), succeduto sul trono al padre, il regno micro-asiatico raggiunse l’apice della sua potenza, grazie anche alla proficua alleanza stipulata con Roma, e la politica attalide di tutela della grecità venne ribadita a più riprese come in occasione del successo riportato contro i Galati ai piedi del monte Olimpo di Frigia (189 a.C.), divinamente sancito dalla protezione esercitata dalla Μεγάλη Μήτηρ. Le fonti testimoniano che durante la spedizione militare contro i barbari, Gneo Manlio Vulsone e il fratello di Eumene II, il futuro Attalo II, a cui, in nome del principio della concordia dinastica, era stato affidato il comando delle operazioni belliche, ricevettero l’assicurazione della propria vittoria sulle truppe galatiche da parte di Attis e Battaco, sacerdoti del santuario metroaco di Pessinunte5. Al di là del valore prettamente religioso attribuibile all’omen, questo evento costituisce la spia delle strette relazioni politiche tra Eumene II, Attalo II e il tempio-stato pessinuntino, confermate dal fitto rapporto epistolare intercorrente fra i due dinasti e la sua classe sacerdotale, che assicurarono benefici a entrambe le parti6. Emblematico, in tal senso, è il fatto che nel 205 a.C. Attalo II autorizzò il trasferimento del simulacro aniconico della Μήτηρ Θεῶν, verosimilmente un aerolito, dal tempio di Pessinunte a Roma in modo da lenire, su precisa indicazione dei Libri Sibyllini, la contrarietà divina palesatesi in seguito ai rovinosi insuccessi patiti dall’Urbs nel corso della seconda guerra punica7.

  • 8 Circa la datazione del monumento si vedano: Stewart (2000, 39-41), Queyrel (2005a), Massa-Pairault  (...)
  • 9 Si vedano in particolare: Stewart (2000, 32-39), Queyrel (2002), Queyrel (2005b, 112-122), Massa-Pa (...)
  • 10 Queyrel (2002, 583-585), Queyrel (2005b, 112-113), Massa-Pairault (2007a, 21), Coarelli (2016, 154- (...)

3La Kulturpolitik degli Attalidi, ideologicamente fondata sulla volontà di equiparare le proprie vittorie sui Galati al trionfo degli dei sui giganti, è simbolicamente sancita dalla realizzazione durante il regno di Eumene II del Grande Altare su una delle terrazze dell’acropoli di Pergamo8. Decriptare la reale funzione del monumento costituisce una problematica tuttora aperta9, acuita dalle difficoltà di interpretare la natura della struttura allungata absidata dotata di due nicchie semicircolari sul fondo inglobata nelle fondazioni dell’Ara (220-210 a.C.) in quanto è stata variamente identificata con un santuario di Zeus, un Dodecatheon/Pantheon, un Kabeirion, un Dodecatheon/Eumeneion, l’heroon di Telefo oppure il mausoleo di Apollonide, moglie di Attalo I10 (fig. 1).

Fig. 1. – Pianta dell’edificio collocato sotto le fondazioni del Grande Altare di Pergamo, da Massa-Pairault (2007, pl. XIII-a)

Fig. 1. – Pianta dell’edificio collocato sotto le fondazioni del Grande Altare di Pergamo, da Massa-Pairault (2007, pl. XIII-a)
  • 11 Massa-Pairault (1998, 138-139), Massa-Pairault (2007a, 20-23). Cfr. Daumas (1998, 213). Sullo Hiero (...)
  • 12 [ΒΑ]ΣΙ[Λ]ΙΣΣ[…] […]Σ ΑΓΑΘ[…] (IVP, n. 69).
  • 13 La Rocca (1996, 156-157), Stewart (2000, 34-37), Queyrel (2002, 572-573, 589-590), Queyrel (2005b, (...)

4Più recentemente F.-H. Massa-Pairault ha insistito sulle analogie di tipo planimetrico tra questa struttura e lo Hieron di Samotracia, sottolineando in particolare il ruolo essenziale, palesato dallo stesso programma iconografico del Grande Altare, esercitato da Rhea-Cibele e dai Cabiri nel quadro dell’esercizio del potere divinamente legittimato degli Attalidi11. L’indeterminatezza della funzione dell’Ara è alimentata anche dalle incertezze esegetiche suscitate dall’iscrizione dedicatoria dell’architrave conservatasi in due frammenti, pertinente probabilmente al lato orientale del monumento — «Il re Eumene figlio del re Attalo e della regina Apollonide per i felici avvenimenti dedica a Zeus ed Atena Nikephoroi»12 —, con cui il βασιλεύς, presumibilmente per ringraziarli dei prestigiosi successi militari ottenuti contro i Galati, onorava la dea poliade della città e il Cronide, da cui discese Telefo, ἀρχηγός degli Attalidi13.

  • 14 Hoepfner (1996, 80-83), Kästner (1996), Stewart (2000, 41-49), Queyrel (2005b, 22-26).
  • 15 Bauchhenss-Thüriedl (1971, 40-74), Strauss & Heres (1994, 857-862), Heres (1996, 85-95), Queyrel (2 (...)
  • 16 Pfanner (1979), Vian & Moore (1988, 202-207), Queyrel (2005b, 49-78), Massa-Pairault (2007a, 49-121 (...)

5Proprio la descrizione delle sue gesta, la Telefeia, costituisce il soggetto del fregio che orna le pareti del peristilio di colonne doppie del cortile interno entro cui sorgeva l’ara sacrificale realizzata, secondo la forma canonica di una trapeza, al centro del Grande Altare. Questo risulta a sua volta suddiviso in una crepidine di tre gradini sopra la quale si eleva lo zoccolo comprendente una base sagomata, la fascia decorata dalla Gigantomachia e un cornicione aggettante circondato da un colonnato ionico intervallato da statue femminili14 (fig. 2). Se il “Piccolo Fregio” costituisce una saga narrativamente omogenea articolata negli episodi più salienti della vita di Telefo conclusasi con la sua eroizzazione15, il “Grande Fregio” risulta strutturato in una serie simultanea di momenti cronologicamente differenti della battaglia combattuta tra gli dei e i giganti. Secondo la tesi generalmente accettata, i quattro settori in cui è suddiviso il fregio sarebbero riferibili ad altrettanti blocchi tematici semanticamente individuabili sulla base della presenza delle relative divinità protagoniste, cosicché sul lato orientale sarebbe raffigurata la lotta contro i giganti da parte degli dei olimpici, su quelli settentrionale e meridionale quella condotta rispettivamente dalle divinità ctonie e da quelle diurne e notturne, mentre gli dei marini e Dioniso sarebbero i protagonisti del combattimento che si svolge lungo le scalinate nord e sud del lato occidentale16.

Fig. 2. Pianta del Grande Altare di Pergamo da Kästner (1996, fig. 1)

Fig. 2. – Pianta del Grande Altare di Pergamo da Kästner (1996, fig. 1)

2. La Grande Madre a Pergamo. Alle radici della regalità e della concordia dinastica degli Attalidi

  • 17 Virgilio (1993, 45-46), Hoepfner (1996, 52-53), Agelidis (2011, 179-181).
  • 18 La Rocca (1996, 153), La Rocca (1998, 8), Schwarzer (1999, 295-298).
  • 19 Ohlemutz (1968, 181-182), Hansen (1971, 369-370), Agelidis (2011, 181-182).

6Come si evince dai dati mito-storici fin qui esposti, le figure femminili divine e storiche esercitarono un ruolo assolutamente rilevante nella costellazione regale attalide, dalla Grande Madre ad Auge e Hiera, fino a Boa ed Apollonide. La devozione materna, con il conseguente processo di divinizzazione della genitrice, costituisce uno dei tratti più peculiari della dinastia attalide, palesata fin dall’iscrizione fatta incidere in onore della madre Boa da Filetero e dal fratello Eumene sull’architrave del santuario di Demetra, un tempio ionico in antis ubicato a sud delle mura dell’acropoli pergamena17. Tuttavia, come conferma la sopraccitata dedica del Grande Altare, caso anomalo di testimonianza da parte di un dinasta, Eumene II, della propria filiazione materna18, è proprio Apollonide (seconda metà III sec. – prima metà II sec. a.C.) a costituire il caso più eclatante di tale fenomeno, tanto da essere sepolta con ogni probabilità presso il tempio ionico, prostilo ed esastilo dedicato ad Hera Βασίλεια collocato nella città bassa a nord del ginnasio superiore19.

  • 20 Massa-Pairault (1981/1982, 160-162) la quale, alternativamente, propone che i pinakes fossero collo (...)
  • 21 Anthologia Palatina, III, 1-19. Sulla base dell’utilizzo di specifici usi metrici e mescolanze dial (...)

7L’assimilazione alla dea della βασιλίσσα — madre di Eumene II, Attalo II, Ateneo e Filetero — è direttamente esplicitata da uno degli στυλοπινάκια che costituiscono il programma iconografico del tempio periptero di Cizico, città natale della sovrana, e decorato, probabilmente all’interno della cella, con una serie di diciannove pinakes affissi verosimilmente su colonnine20 e illustrati da un analogo numero di epigrammi riportati nel libro III dell’Antologia Palatina21 (fig. 3).

Fig. 3. – Ipotesi ricostruttiva della pianta e della disposizione degli στυλοπινάκια del tempio di Apollonide a Cizico, da Massa-Pairault (2007, pl. LXXXV-b)

Fig. 3. – Ipotesi ricostruttiva della pianta e della disposizione degli στυλοπινάκια del tempio di Apollonide a Cizico, da Massa-Pairault (2007, pl. LXXXV-b)
  • 22 Massa-Pairault (1981/1982), Massa-Pairault (2007a, 185-205), Massa-Pairault (2007b).
  • 23 Anthologia Palatina, III, 18.
  • 24 Erodoto, Storie, I, 31, 5.
  • 25 Massa-Pairault (1981/1982, 155), Virgilio (1993, 44), La Rocca (1996, 154).
  • 26 Polibio, Storie, XXII, 20, 4-8. Cfr. Strabone, Geografia, XIII, 4, 2; Plutarco, Sull’amore fraterno(...)

8Il tema fondamentale trattato dai quadretti cizicheni consiste nella φιλοστοργία, l’amore filiale simboleggiato da alcuni episodi mitici esemplari, tra i quali quelli riguardanti Telefo e coppie gemellari come quelle composte da Anfione e Zeto e Romolo e Remo22. Più specificamente il diciottesimo στυλοπινάκιον23, basato sull’illustrazione della versione erodotea del mito di Cleobi e Bitone, i figli di Cidippe, sacerdotessa di Hera ad Argo, a cui, come ricompensa per la pietas dimostrata nei confronti della madre, fu concessa una dolce morte dalla dea24, si ispirerebbe alla visita compiuta a Cizico da Apollonide e i figli nel 183 a.C. dopo la stipulazione del trattato di pace con Prusia di Bitinia25. Come ricorda Polibio26, infatti, l’amorevole devozione di Eumene ed Attalo nei confronti della madre suscitò negli spettatori che assistevano al corteo reale la suggestione che si trattassero dei due gloriosi fratelli argivi reincarnati.

  • 27 Polibio, Storie, XXII, 20, 2-4; cfr. Suda, s.v. Ἀπολλωνιάς.
  • 28 IVP, nn. 43-45.
  • 29 Van Looy (1976), Virgilio (1993, 21-22, 44-52).
  • 30 Virgilio (1993, 44-47, 51), La Rocca (1996, 155).

9L’elogio polibiano della βασιλίσσα27, confermato dal panegirico che ne fa anche il decreto di Hierapolis28, era fondato sul fatto che, oltre ad essere una donna devota agli dei e al marito, era stata anche capace di preservare la concordia fra i quattro figli, come ribadito dal gruppo scultoreo collocato presso il tempio di Apollo a Claros che li raffigurava uniti nella più totale armonia29. Un sentimento che, in particolare durante il regno di Eumene II, venne sfruttato così efficacemente per alimentare il leitmotiv dell’ὁμόνοια dinastica da assumere un vasto respiro internazionale tantoché lo stesso modello di virtus femminile rappresentato da Apollonide ebbe una risonanza tale da essere accolto favorevolmente anche a Roma30.

  • 31 L’assunzione di tale ruolo da parte di Hera diventa palese in seguito all’edificazione del tempio a (...)
  • 32 Omero, Iliade, XVI, 150; XX, 224; Apollodoro, Biblioteca, I, 6, 3. Sul ruolo di Hebe quale sposa di (...)
  • 33 Schmidt (1990, 150-162); cfr. La Rocca (1996, 154), Parodo (2012, 379).

10Non stupisce dunque che la figura di Hera, rappresentata sul lato orientale del Grande Altare, occupi un ruolo di assoluto rilievo nell’articolazione del programma iconografico della Gigantomachia quale simbolo delle dinamiche di legittimazione divina del potere regale attalide31. La dea, di cui rimangono solo una porzione della testa e il torso vestito di un chitone a maniche corte e di un mantello arrotolato sui seni, è raffigurata, accompagnata da Hebe, nell’atto di guidare il suo tethrippon trainato da quattro destrieri alati, personificazioni dei venti Euro, Borea, Noto e Zefiro32, mentre travolge un gigante elmato che lascia cadere a terra uno scudo (fig. 4). Secondo l’interpretazione di T. M. Schmidt33, la scena possiederebbe un sottinteso significato propagandistico in quanto la dea si riferirebbe ad Apollonide e i quattro destrieri rappresenterebbero gli altrettanti figli della sovrana, alludendo conseguentemente alla concordia dinastica che legherebbe fra loro i quattro fratelli.

Fig. 4. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato E della Gigantomachia: Hera alla guida della quadriga dei Venti, da Massa-Pairault (2007, pl. LV-b)

Fig. 4. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato E della Gigantomachia: Hera alla guida della quadriga dei Venti, da Massa-Pairault (2007, pl. LV-b)
  • 34 Queyrel (2004, 104), Queyrel (2005b, 94). Sulla rilevanza del culto pergameno di Atena si vedano: H (...)
  • 35 Strauss & Heres (1994, 861), Heres (1996, 97), Massa-Pairault (1998, 147-148).

11La figura di Hera Βασίλεια, in questo caso declinabile come proiezione sia di Apollonide che di Auge divinizzate, è rappresentata anche sul lato meridionale del “Piccolo Fregio”, più specificamente sulle lastre 49-50, destinate a illustrare l’edificazione di un monumento basso e dotato di un coronamento modanato, da identificarsi verosimilmente con lo stesso Grande Altare, ai piedi del quale sono adagiati a sinistra Selinous, che poggia la mano sul capo di un uccello acquatico, e a destra Ketios barbato, personificazioni dei due fiumi che scorrono nei pressi di Pergamo (fig. 5). La dea, velata e coronata, presiede ieraticamente alla scena in posizione eretta e stante in prossimità di un naiskos con colonna dorica, ipoteticamente identificabile con il tempio cittadino di Atena34, di fronte a cui un’aquila si invola in direzione di alcune figure che contribuiscono all’edificazione dell’Ara. Tra queste sarebbe ravvisabile lo stesso Telefo, ovvero il personaggio visto frontalmente con il braccio alzato che sembra indossare la leontè35.

Fig. 5. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Telefeia: Hera assiste alla realizzazione del Grande Altare di Pergamo, da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 36)

Fig. 5. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Telefeia: Hera assiste alla realizzazione del Grande Altare di Pergamo, da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 36)
  • 36 Servio, Commentarii in Vergilii Aeneidos libros, IX, 564.
  • 37 Massa-Pairault (1998, 145-149), Queyrel (2004, 104, 112-113), Queyrel (2005b, 94-95, 99). Bauchhens (...)

12La presenza autorevole di Zeus si manifesterebbe indirettamente mediante l’omen favorevole dell’aquila che assume la duplice funzione di decretare, secondo il mito36, l’assunzione della βασίλεια dopo la guerra contro i giganti — evento corrispondente, sul piano storico, alla conferma dell’autorità internazionale degli Attalidi vincitori sui Galati — e l’apoteosi di Eracle, ergo del figlio Telefo, evidente proiezione mitica di quell’Eumene II a cui, tradotta nella contemporaneità, si deve la realizzazione del Grande Altare37.

  • 38 Queyrel (2004, 104); Queyrel (2005b, 95). Se Bauchhenss-Thüriedl (1971, 64) non si esprime circa l’ (...)
  • 39 Strauss & Heres (1994, 861), Heres (1996, 88-89), Queyrel (2004, 103-104), Queyrel (2005b, 91). Sec (...)

13Come il padre, del resto, anche Telefo assurge allo status di eroe dopo la morte, così come suggerito dalla scena raffigurata sulla lastre 47-48 del lato sud-occidentale del “Piccolo Fregio” dove è possibile osservare quella che è stata interpretata da F. Queyrel come l’immagine dell’eroizzazione dell’Eraclide defunto, disteso sul letto funebre e attorniato dalla moglie e dalla madre, Hiera a sinistra, vestita di una lunga veste, che si approssima verso la kline, e Auge velata, a destra, che pare contemplare il figlio in maniera ieratica38. Questa, a sua volta, era stata già divinizzata, come mostra la lastra 51 del lato orientale della Telefeia su cui è raffigurata la scena di prothesis della donna omaggiata dal figlio e da un compagno posti dinnanzi al letto funebre39.

  • 40 Vian & Moore (1988, 204), Queyrel (2005b, 62), Massa-Pairault (2007a, 85-87).
  • 41 Sfameni Gasparro (1985, 26), Roller (1999, 170-174), Borgeaud (2004, 34).
  • 42 Sfameni Gasparro (1985, 1-2), Roller (1999, 130-131, 148-149), Borgeaud (2004, 7-9).
  • 43 Eratostene, Catasterismi, 30.
  • 44 Apollodoro, Biblioteca, I, 34-38; VI, 1-2.
  • 45 Vian & Moore (1988, 191), Queyrel (2005b, 53-55), Massa-Pairault (2007a, 108-111).

14Sulla base di tale contesto ideologico non stupisce, dunque, la straordinaria rilevanza esercitata dalla Μήτηρ Θεῶν nell’economia del programma iconografico della Gigantomachia, di cui occupa parte del lato meridionale, nelle sue sincretiche ipostasi di Rhea e Cibele40, due divinità tra loro perfettamente assimilabili in nome della medesima natura matriarcale41. La dea è raffigurata mentre cavalca un possente leone, felino che costituisce uno dei suoi più ricorrenti animali paredri42, e si appresta a scagliare una freccia contro i giganti, mentre alle sue spalle vola un’aquila che stringe tra gli artigli un fulmine (fig. 6). Il volatile, e in particolare la folgore con cui Zeus sconfisse i giganti43, rappresentano un palese rimando al Cronide, e dunque all’assunzione della regalità da parte del dio che, tramite Eracle, indispensabile protagonista della Gigantomachia per il conseguimento della vittoria finale44, e Telefo, figlio dell’eroe, allude indirettamente anche alla presa del potere da parte degli stessi dinasti pergameni45.

Fig. 6. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Gigantomachia: la Μήτηρ Θεῶν, cavalcando un leone, combatte contro un gigante, da Massa-Pairault (2007, pl. XLIX-a)

Fig. 6. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Gigantomachia: la Μήτηρ Θεῶν, cavalcando un leone, combatte contro un gigante, da Massa-Pairault (2007, pl. XLIX-a)
  • 46 Laroche (1970), Roller (1999, 27-71), Borgeaud (2004, 19-24).
  • 47 Sfameni Gasparro (1985, 9), Roller (1999, 171, 209-211), Borgeaud (2004, 5-6).
  • 48 Di carattere rupestre è invece il tempio dedicato alla Μεγάλη Μήτηρ consistente in una grotta sacra (...)
  • 49 Queyrel (2004, 95-98), Queyrel (2005b, 84-86), Parodo (2013, 109-110).

15Il legame profondo tra la Μεγάλη Μήτηρ e l’istituzione della sovranità, un fenomeno che affonda le sue radici già in età ittita allorché, fin dal II millennio a.C., era praticato il culto di Kubaba antecedente di Cibele46, costituisce il tratto saliente della devozione manifestata dagli Attalidi verso la dea, come sottolineato dalla posizione enfatica attribuitele nel contesto figurativo del “Grande Fregio” e dal fatto che già Filetero edificò presso i monti di Mamurt Kale vicino Pergamo, sulla base di una scelta topografica perfettamente consona alla sua natura di Μήτηρ ὀρείη47, un tempio dorico prostilo in suo onore48. L’epiclesi di “Dea della montagna” trova la sua puntuale traduzione iconografica nell’immagine raffigurata sulla lastra 8 del lato settentrionale del “Piccolo Fregio” in cui una maestosa figura femminile seduta su una roccia osserva, mentre una ninfa prepara il fuoco per il bagno, Telefo infante esposto sul monte Partenio ed allattato da una leonessa sotto lo sguardo di Eracle49 (fig. 7).

Fig. 7. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato N della Telefeia: la Μεγάλη Μήτηρ assiste Telefo bambino (presente sulla lastra adiacente), da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 11)

Fig. 7. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato N della Telefeia: la Μεγάλη Μήτηρ assiste Telefo bambino (presente sulla lastra adiacente), da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 11)
  • 50 Bauchhenss-Thüriedl (1971, 51) e Strauss & Heres (1994, 857); Heres (1996, 86) definisce la figura (...)
  • 51 Queyrel (2004, 97-98), Queyrel (2005b, 85), Massa-Pairault (2011, 35), Parodo (2013, 111-112).

16Sebbene la divinità in questione sia stata riconosciuta anche come la personificazione di Arcadia50, la sua identificazione con la Μήτηρ Θεῶν è confermata dalla testimonianza offerta dalla scena raffigurata sull’affresco che orna una delle absidi laterali della c.d. “Basilica” di Ercolano, dove è possibile osservare Telefo infante, in questo caso nutrito da una cerva, al cospetto di Eracle, in piedi tra un leone e un’aquila, simbolo di Zeus, e di una divinità femminile seduta in trono, interpretata appunto come la Μεγάλη Μήτηρ51 (fig. 8).

Fig. 8. – Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Telefo allattato da una cerva in presenza della Μεγάλη Μήτηρ, da Queyrel (2005b, fig. 79)

Fig. 8. – Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Telefo allattato da una cerva in presenza della Μεγάλη Μήτηρ, da Queyrel (2005b, fig. 79)
  • 52 Licofrone, Alexandra, 1408.
  • 53 Omero, Iliade, XXI, 342-383.
  • 54 Per uno status quaestionis circa l’identificazione delle due suddette divinità si veda: Massa-Paira (...)
  • 55 La figura in questione è stata identificata con Nyx, come ipotizzato da Queyrel (2005b, 63-64), opp (...)
  • 56 Blakely (2006, 38-54), Blakely (2007, 43-49), Castiglioni (2012).
  • 57 Acusilao di Argo, 2 F 20. Vian & Moore (1988, 204), Queyrel (2005b, 61).
  • 58 Scholia ad Apollonio Rodio, Argonautiche, I, 1129. Massa-Pairault (2015, 81-83).

17La rilevanza della dea nella composizione figurativa del Grande Altare pergameno è ulteriormente sottolineata dalla vicinanza fra la sua immagine e quella di due figure maschili intente ad abbattere Brychon, un gigante-tauro androprosopomorfo che personifica l’omonimo fiume macedone52, sostanzialmente identificati con Efesto, già avversario di un’altra divinità fluviale, lo Scamandro53, e con un Cabiro o un Dattilo, a ulteriore conferma della stretta connessione tra il culto metroaco e quello dei Μεγάλοι Θεοί54. A destra della Μήτηρ Θεῶν, coadiuvata da una figura femminile velificata55, si combatte una cruenta lotta che vede impegnati i due suddetti personaggi divini (fig. 9). Il primo, Efesto, raffigurato con il ginocchio puntato al suolo, stringe con entrambe le mani una lancia piantata nel petto dell’avversario urlante, mentre il secondo, agitando alle spalle di Brychon un maglio o una tenaglia, considerate le note relazioni fra i Grandi Dei e la metallurgia56, sta per sferrargli il colpo decisivo. La figura in questione è stata variamente identificata con Cadmillo, uno dei Cabiri figlio di Efesto e della dea Kabeiro57, oppure con Akmon, uno dei Dattili Idei58.

Fig. 9. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Gigantomachia: i Cabiri affrontano Brychon, da Massa-Pairault (2007, pl. XLVI-b)

Fig. 9. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Gigantomachia: i Cabiri affrontano Brychon, da Massa-Pairault (2007, pl. XLVI-b)
  • 59 Hemberg (1950, 26-239), Cole (1984, 1-4, 26-36), Bremmer (2014, 22-48), Cruccas (2014, 19-24, 51-59 (...)
  • 60 Strabone, Geografia, X, 3, 7. Hemberg (1950, 82-85, 288-290, 303-311, 330-354), Blakely (2006, 17-5 (...)

18Divinità riconducibili ad un sostrato culturale anellenico, i Cabiri si configurano come figure mitiche complesse, tutelari delle scienze della lavorazione dei metalli e in connessione con i rituali simposiaci ed efebici, e sono depositari di un culto misterico a carattere iniziatico che ebbe i suoi massimi centri a Lemno, Tebe e Samotracia, tutti siti dove le testimonianze cultuali risalgono fino al VII sec. a.C., anche se acquisiscono una particolare rilevanza solo in età ellenistica e romana59. L’eterogeneità e la molteplicità delle genealogie e dei sistemi teologici cabirici è ulteriormente testimoniata dal fatto che i Μεγάλοι Θεοί, talvolta associati alla Μεγάλη Μήτηρ, sono alternativamente identificati con quattro, tre o due personaggi, e dunque assimilati con altre “collettività mitiche” come quelle dei Cureti, Coribanti e Dattili60.

  • 61 Hemberg (1950, 172-182), Ohlemutz (1968, 192-202), Hansen (1971, 434-439).

19È soprattutto in rapporto con l’assunzione del potere regale e la regolamentazione dell’efebia che deve essere inquadrato il reale valore del culto cabirico a Pergamo61, e in tal senso la scena raffigurata sulle lastre 44-45-46 del lato meridionale del “Piccolo Fregio” si rivela particolarmente interessante. Questa si suddivide in due momenti distinti, ma complementari: la scena a sinistra vede coinvolti, davanti a un parapetasma, una giovane portatrice di torce affiancata da una figura maschile barbata con una benda regale stretta sulla fronte, alle spalle dei quali si intravede una colonna sormontata da un leone mentre a fianco vi sono due personaggi maschili seduti, dalla corporatura possente e immersi in un paesaggio roccioso, dei quali quello a sinistra impugna una lancia. Tra loro si staglia in piedi una figura femminile maestosa che tiene con la mano un lembo del mantello, mentre a destra agiscono un altro personaggio muliebre panneggiato, colto nell’atto di porgere con il braccio destro teso un non meglio specificato oggetto, e una giovane ancella che tiene in mano una pisside (fig. 10).

Fig. 10. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Telefeia: scena di culto con la Μεγάλη Μήτηρ e i Μεγάλοι Θεοί, da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 32)

Fig. 10. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Telefeia: scena di culto con la Μεγάλη Μήτηρ e i Μεγάλοι Θεοί, da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 32)
  • 62 Massa-Pairault (1998, 132-143), Massa-Pairault (2007a, 21), Massa-Pairault (2011, 36). Cfr. in tal (...)
  • 63 Hemberg (1950, 171-182, 225-239), Cole (1984, 63-84), Bremmer (2014, 28-29, 34-35).

20Si tratta evidentemente di due episodi concernenti una medesima scena cultuale. Secondo l’interpretazione di F.-H. Massa-Pairault62, infatti, la prima e la seconda scena costituirebbero un momento di iniziazione virile e muliebre rispettivamente al culto cabirico e a quello metroaco. Tale lettura troverebbe conferma in alcuni specifici rimandi iconografici quali il leone che sormonta la colonna, animale sacro a Rhea-Cibele; l’ambientazione rocciosa che rimanderebbe a quelle montagne teatro della devozione della Μήτηρ ὀρείη; la presenza dei due personaggi maschili che rappresenterebbero i Cabiri, seduti e con lancia in mano, secondo la tipica iconografia dei Dioscuri, a loro volta connessi ai Μεγάλοι Θεοί samotraci sul piano della dimensione soteriologica ed associati alla Grande Dea63.

  • 64 Mentre Massa-Pairault (1998, 142) interpreta questo personaggio come «l’introducteur de mystères re (...)
  • 65 Nonno di Panopoli, Dionisiache, XIV, 18 associa l’uso delle fiaccole nel culto cabirico al rito di (...)
  • 66 Massa-Pairault (1998, 136-137). Secondo Queyrel (2004, 103) e Queyrel (2005b, 90), invece, la figur (...)
  • 67 Daumas (1998, 213). Il motivo della cista dionisiaca da cui fuoriesce un serpente ricorre frequente (...)
  • 68 Hermary (1986, 592-593), Daumas (1999, 44, 206-214), Cruccas (2014, 212-214).

21Protagonista assoluta dell’intera scena risulterebbe così la figura femminile posta tra i due suddetti personaggi, da identificare con Auge che, iniziata al culto della Μεγάλη Μήτηρ, garantirebbe sacralmente l’acquisizione del potere regale da parte di Telefo. La madre dell’Eraclide sarebbe assistita in questa sua azione da un sacerdote della dea, ovvero il personaggio barbato64, dalla dadouchos, che alluderebbe a quella condizione di oscurità indispensabile per un corretto svolgimento dei misteri65, e dalle due figure femminili a suo fianco, una con la pyxis, connessa all’espletazione del rituale, e l’altra che le porge gli ἰερά66, tra i quali ipoteticamente quel fallo dionisiaco, grossolanamente ricavato da un blocco lapideo, ritrovato nei pressi dell’heroon pergameno a ridosso del tempio di Demetra67. Risalente al II-I sec. a.C. e interpretato come un edificio riservato alle iniziazioni efebiche, consiste in una sala quadrangolare dotata di una vasta nicchia aperta al centro del muro settentrionale che ha restituito vari rilievi attinenti l’orizzonte simbolico dei Dioscuri, come quello con immagine di un pilos, a sua volta attributo tipico di Efesto, divinità connessa all’universo cabirico, circondato da una corona di alloro e sormontato da una stella68 (fig. 11).

Fig. 11. – Rilievo con pilos sormontato da una stella proveniente dall’heroon di Pergamo, da Cruccas (2014, tav. XLIII, 1)

Fig. 11. – Rilievo con pilos sormontato da una stella proveniente dall’heroon di Pergamo, da Cruccas (2014, tav. XLIII, 1)
  • 69 Pausania, Perigesi dell’Ellade, I, 4, 6.
  • 70 IVP, nn. 17-19.
  • 71 Daumas (1998, 212-213), Massa-Pairault (1998, 138-139), Queyrel (2005b, 61, 147).
  • 72 Schultz (1996, 35, 40), Parodo (2012, 380), Marcellesi (2014, 123-125), Marcellesi (2017).
  • 73 Gundel (1992, 70).
  • 74 Nicola Damasceno, FGrHist 90 F 52; Clemente Alessandrino, Protrettico, XIX, 4 che, non casualmente, (...)
  • 75 Callimaco, fr. 115 Pf. Cfr. Massimilla (1993).
  • 76 Blakely (2006, 16-17), Castiglioni (2012, 213), Bremmer (2014, 42-43), che puntualizza come nella v (...)

22Entro tale dimensione cultuale possono dunque essere contestualizzate sia la notizia, riportata da Pausania69 e confermata dall’oracolo di Claros70, secondo cui sull’acropoli pergamena i Cabiri avrebbero assistito Rhea durante la nascita di Zeus71, sia l’identificazione di Eumene II e Attalo II con Castore e Polluce, come ben testimoniato dalla serie di tetradrammi d’argento in cui il βασιλεύς, probabilmente durante la prima fase del suo regno, fa rappresentare se stesso e il fratello nelle vesti dei due Tindaridi nudi, armati di lancia e indossanti i caratteristici piloi72 (fig. 12). Il tema della concordia propagandato dai due dinasti mediante il mitema della gemellarità, come confermano le associazioni simboliche con i Dioscuri, spesso utilizzati quale immagine del segno zodiacale dei Gemini73, ma anche con Cleobi e Bitone, Anfione e Zeto, Romolo e Remo, i cui miti sono descritti sui στυλοπινάκια cizicheni, consente ipoteticamente di identificare con i Μεγάλοι Θεοί, e più specificamente con Tottes ed Onnes, le due figure maschili che abbattono Brychon sul lato meridionale del “Grande Fregio”. Secondo le fonti, infatti, si trattava di due giovani, associati a una divinità matriarcale di Assessos, provenienti dalla Frigia e portatori della suddetta cista mystica contenente il fallo di Dioniso74, connessi, stando a Callimaco75, a quegli Onnes figli di Efesto da cui impararono l’arte della metallurgia76.

Fig. 12. – Paris, Bibliothèque nationale de France. Tetradramma con immagine della coppia Eumene II-Attalo II/Dioscuri, da Schultz (1996, ill. A)

Fig. 12. – Paris, Bibliothèque nationale de France. Tetradramma con immagine della coppia Eumene II-Attalo II/Dioscuri, da Schultz (1996, ill. A)

3. Conclusioni. Il Grande Altare di Pergamo, ovvero come comunicare per immagini la sacralità del potere

  • 77 Zanker (1991, 194).
  • 78 Massa-Pairault (1992, 11).
  • 79 Heres (1996, 100-101), Hoepfner (1996, 68-69), Queyrel (2005b, 152-155).

23In conclusione, partendo dall’assioma che soltanto «ricostruendo il contesto funzionale originario e la concreta situazione storico-sociale in cui l’immagine veniva accolta dall’osservatore sarà possibile fare luce sull’economia complessiva delle immagini […]»77, possiamo fare nostra l’affermazione secondo cui il programma iconografico dell’Ara pergamena si delinea come un sistema dotato di «intenzionalità politica […] che agisce in un’epoca e in un ambiente sociale determinati»78. Emblema dell’arte ellenistica, capace di sintetizzarne, pur nella sua natura unitaria, le differenti fasi cronologiche, rievocando con la Gigantomachia la tendenza al pathos e con la Telefeia la ricerca di un maggior equilibrio di ispirazione classica, tipici rispettivamente delle correnti iniziali e più tarde dell’Ellenismo79, il Grande Altare costituisce, in tal senso, uno straordinario veicolo comunicativo per immagini di quei meccanismi di ratificazione culturale che hanno contraddistinto l’azione politica degli Attalidi.

  • 80 Hansen (1971, 409-418), Massa-Pairault (2010, 1-23, 39-59).

24Il ricchissimo patrimonio figurativo che emerge dai suoi fregi si configura, mediante un uso accorto della semiologia del mito, come il risultato di un articolato programma ideologico, elaborato in seno a una corte come quella di Eumene II intellettualmente feconda così come testimonia la produzione di Cratete di Mallo direttore della Biblioteca di Pergamo80, funzionale a propagandare le componenti fondamentali di quella Weltanschauung su cui si struttura la natura stessa della βασίλεια attalide. Come fin qui appurato, infatti, ideologicamente fondata, a livello mitistorico, su due concetti strategici quali la φιλοστοργία, rivolta in particolare verso Apollonide, e l’ὁμόνοια dei fratelli Eumene II e Attalo II, la casa reale pergamena identifica nei culti della Μεγάλη Μήτηρ e dei Μεγάλοι Θεοί i modelli teologici con i quali legittimare sacralmente l’esercizio del potere regale e la successione dinastica.

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Notes

1 Gruen (2000, 17).

2 Strabone, Geografia, XII, 3, 8; XIII, 4, 1; Pausania, Periegesi dell’Ellade, I, 8, 1; Ateneo, Deipnosofisti, XIII, 577b. Più complessivamente circa le vicende storiche attinenti il regno di Pergamo si vedano: Hansen (1971), Allen (1983), Virgilio (1993).

3 Schalles (1985), Gruen (2000), Étienne (2003).

4 Le ulteriori vittorie sui Galati furono successivamente celebrate mediante l’erezione del “Piccolo donario”, alternativamente attribuibile, considerata la genericità della fonte in merito (Pausania, Periegesi dell’Ellade, I, 25, 2), ad Attalo I o II. Per uno status quaestionis circa la datazione e la composizione dei due donari pergameni si vedano: Schalles (1985, 68-104), Stewart (2004, 181-219), Coarelli (2014), Coarelli (2016, 86-98, 130-142).

5 Livio, Ab Urbe condita libri, XXXVIII, 18, 9-10; Polibio, Storie, XXI, 37, 4-7. Sul ruolo della Μεγάλη Μήτηρ in tale specifico contesto storico si vedano: Moreno (1994, 252-253), Moreno (1996, 314).

6 Hansen (1971, 131-135), Virgilio (1981, 31-34, 106-118).

7 Livio, Ab Urbe condita libri, XXIX, 10, 4-5; XXIX, 11, 5-6. Roller (1999, 263-286), Borgeaud (2004, 57-71). Secondo Varrone, De lingua latina, VI, 15, il simulacro divino sarebbe provenuto direttamente dal Megalesion pergameno in merito al quale si vedano: Ohlemutz (1968, 183-185), Agelidis (2011, 177).

8 Circa la datazione del monumento si vedano: Stewart (2000, 39-41), Queyrel (2005a), Massa-Pairault (2007a, 24-28), Coarelli (2016, 143-154).

9 Si vedano in particolare: Stewart (2000, 32-39), Queyrel (2002), Queyrel (2005b, 112-122), Massa-Pairault (2007a, 1-23).

10 Queyrel (2002, 583-585), Queyrel (2005b, 112-113), Massa-Pairault (2007a, 21), Coarelli (2016, 154-156).

11 Massa-Pairault (1998, 138-139), Massa-Pairault (2007a, 20-23). Cfr. Daumas (1998, 213). Sullo Hieron di Samotracia si vedano: Cole (1984, 7-8, 13-16), Bremmer (2014, 25-26, 30).

12 [ΒΑ]ΣΙ[Λ]ΙΣΣ[…] […]Σ ΑΓΑΘ[…] (IVP, n. 69).

13 La Rocca (1996, 156-157), Stewart (2000, 34-37), Queyrel (2002, 572-573, 589-590), Queyrel (2005b, 117-118).

14 Hoepfner (1996, 80-83), Kästner (1996), Stewart (2000, 41-49), Queyrel (2005b, 22-26).

15 Bauchhenss-Thüriedl (1971, 40-74), Strauss & Heres (1994, 857-862), Heres (1996, 85-95), Queyrel (2005b, 79-101).

16 Pfanner (1979), Vian & Moore (1988, 202-207), Queyrel (2005b, 49-78), Massa-Pairault (2007a, 49-121).

17 Virgilio (1993, 45-46), Hoepfner (1996, 52-53), Agelidis (2011, 179-181).

18 La Rocca (1996, 153), La Rocca (1998, 8), Schwarzer (1999, 295-298).

19 Ohlemutz (1968, 181-182), Hansen (1971, 369-370), Agelidis (2011, 181-182).

20 Massa-Pairault (1981/1982, 160-162) la quale, alternativamente, propone che i pinakes fossero collocati su pilastrini inquadrati da colonne; Van Looy & Demoen (1986) propendono per l’ipotesi che gli στυλοπινάκια contenessero solo gli epigrammi e non fossero decorati, come invece ribadito ancora da Stupperich (1990).

21 Anthologia Palatina, III, 1-19. Sulla base dell’utilizzo di specifici usi metrici e mescolanze dialettali, la composizione di tali epigrammi risalirebbe agli inizi del VI sec. d.C. Demoen (1988).

22 Massa-Pairault (1981/1982), Massa-Pairault (2007a, 185-205), Massa-Pairault (2007b).

23 Anthologia Palatina, III, 18.

24 Erodoto, Storie, I, 31, 5.

25 Massa-Pairault (1981/1982, 155), Virgilio (1993, 44), La Rocca (1996, 154).

26 Polibio, Storie, XXII, 20, 4-8. Cfr. Strabone, Geografia, XIII, 4, 2; Plutarco, Sull’amore fraterno, 480C.

27 Polibio, Storie, XXII, 20, 2-4; cfr. Suda, s.v. Ἀπολλωνιάς.

28 IVP, nn. 43-45.

29 Van Looy (1976), Virgilio (1993, 21-22, 44-52).

30 Virgilio (1993, 44-47, 51), La Rocca (1996, 155).

31 L’assunzione di tale ruolo da parte di Hera diventa palese in seguito all’edificazione del tempio ad essa dedicato (cfr. supra) e alla presenza, a fianco alla sua statua di culto, di altri due simulacri solo parzialmente conservatesi che probabilmente raffiguravano Attalo I e Apollonide. La Rocca (1996, 154-155), La Rocca (1998, 16-23).

32 Omero, Iliade, XVI, 150; XX, 224; Apollodoro, Biblioteca, I, 6, 3. Sul ruolo di Hebe quale sposa di Zefiro e conduttrice del carro di Hera: Esiodo, Teogonia, 265; Quinto Smirneo, Postomeriche, XII, 193-195. Vian & Moore (1988, 205), Queyrel (2005b, 55), Massa-Pairault (2007a, 104-107).

33 Schmidt (1990, 150-162); cfr. La Rocca (1996, 154), Parodo (2012, 379).

34 Queyrel (2004, 104), Queyrel (2005b, 94). Sulla rilevanza del culto pergameno di Atena si vedano: Hansen (1971, 280-282, 448-450), Agelidis (2011, 175-176). Più genericamente Strauss & Heres (1994, 861) ed Heres (1996, 98) ritengono che il naiskos sia dedicato a una non meglio identificata divinità femminile.

35 Strauss & Heres (1994, 861), Heres (1996, 97), Massa-Pairault (1998, 147-148).

36 Servio, Commentarii in Vergilii Aeneidos libros, IX, 564.

37 Massa-Pairault (1998, 145-149), Queyrel (2004, 104, 112-113), Queyrel (2005b, 94-95, 99). Bauchhenss-Thüriedl (1971, 60-63), Strauss & Heres (1994, 861) e Heres (1996, 87) ipotizzano che la dea in questione sia la Μήτηρ che invia un uccello quale presagio di buon auspicio per la costruzione del Grande Altare.

38 Queyrel (2004, 104); Queyrel (2005b, 95). Se Bauchhenss-Thüriedl (1971, 64) non si esprime circa l’identità delle due figure femminili, per Heres (1996, 88), Telefo, disteso sulla kline, indicherebbe Dioniso, divinità dinastica attalide, apparsogli in segno di riconciliazione dopo che lo aveva ostacolato durante il duello contro Achille (Pindaro, Istmica, V, 209-210; VIII, 221-223), mentre Massa-Pairault (1998, 148-154) ipotizza che la scena si riferisca al ricongiungimento fra Telefo e la madre in Arcadia (Igino, Fabulae, 100; Anthologia Palatina, III, 2).

39 Strauss & Heres (1994, 861), Heres (1996, 88-89), Queyrel (2004, 103-104), Queyrel (2005b, 91). Secondo Massa-Pairault (1998, 121-122) la defunta sarebbe Hiera.

40 Vian & Moore (1988, 204), Queyrel (2005b, 62), Massa-Pairault (2007a, 85-87).

41 Sfameni Gasparro (1985, 26), Roller (1999, 170-174), Borgeaud (2004, 34).

42 Sfameni Gasparro (1985, 1-2), Roller (1999, 130-131, 148-149), Borgeaud (2004, 7-9).

43 Eratostene, Catasterismi, 30.

44 Apollodoro, Biblioteca, I, 34-38; VI, 1-2.

45 Vian & Moore (1988, 191), Queyrel (2005b, 53-55), Massa-Pairault (2007a, 108-111).

46 Laroche (1970), Roller (1999, 27-71), Borgeaud (2004, 19-24).

47 Sfameni Gasparro (1985, 9), Roller (1999, 171, 209-211), Borgeaud (2004, 5-6).

48 Di carattere rupestre è invece il tempio dedicato alla Μεγάλη Μήτηρ consistente in una grotta sacra ubicata in località Kapikaya, a N-W di Pergamo, nella quale sono state ricavate nicchie contenenti rilievi votivi. Bauchhenss-Thüriedl (1971, 61-62), Schalles (1985, 26-31), Roller (1999, 209-211), Agelidis (2011, 177-179).

49 Queyrel (2004, 95-98), Queyrel (2005b, 84-86), Parodo (2013, 109-110).

50 Bauchhenss-Thüriedl (1971, 51) e Strauss & Heres (1994, 857); Heres (1996, 86) definisce la figura come «dea della montagna», mentre Massa-Pairault (1998, 105-110) la identifica con Ἐστία Τηλέφου τῆς Ἀρκαδίας.

51 Queyrel (2004, 97-98), Queyrel (2005b, 85), Massa-Pairault (2011, 35), Parodo (2013, 111-112).

52 Licofrone, Alexandra, 1408.

53 Omero, Iliade, XXI, 342-383.

54 Per uno status quaestionis circa l’identificazione delle due suddette divinità si veda: Massa-Pairault (2007a, 86-89).

55 La figura in questione è stata identificata con Nyx, come ipotizzato da Queyrel (2005b, 63-64), oppure con la ninfa del Monte Ida, una delle sedi di Cibele, Magna Mater Idaea (Strabone, Geografia, X, 3, 12), oltre che degli omonimi Dattili Idei, come sostenuto da Massa-Pairault (2007a, 87) e Massa-Pairault (2015, 83).

56 Blakely (2006, 38-54), Blakely (2007, 43-49), Castiglioni (2012).

57 Acusilao di Argo, 2 F 20. Vian & Moore (1988, 204), Queyrel (2005b, 61).

58 Scholia ad Apollonio Rodio, Argonautiche, I, 1129. Massa-Pairault (2015, 81-83).

59 Hemberg (1950, 26-239), Cole (1984, 1-4, 26-36), Bremmer (2014, 22-48), Cruccas (2014, 19-24, 51-59).

60 Strabone, Geografia, X, 3, 7. Hemberg (1950, 82-85, 288-290, 303-311, 330-354), Blakely (2006, 17-52), Cruccas (2014, 36-51).

61 Hemberg (1950, 172-182), Ohlemutz (1968, 192-202), Hansen (1971, 434-439).

62 Massa-Pairault (1998, 132-143), Massa-Pairault (2007a, 21), Massa-Pairault (2011, 36). Cfr. in tal senso, seppur con alcune riserve, Queyrel (2004, 99-103) e Queyrel (2005b, 88-90). La scena è stata interpretata da Bauchhenss-Thüriedl (1971, 63-64), Strauss & Heres (1994, 861) e Heres (1996, 88) come la celebrazione del culto dionisiaco.

63 Hemberg (1950, 171-182, 225-239), Cole (1984, 63-84), Bremmer (2014, 28-29, 34-35).

64 Mentre Massa-Pairault (1998, 142) interpreta questo personaggio come «l’introducteur de mystères relatifs à une basileia», Queyrel (2004, 101) e Queyrel (2005b, 90) lo identificano con un gallus, sacerdote eunuco di Cibele.

65 Nonno di Panopoli, Dionisiache, XIV, 18 associa l’uso delle fiaccole nel culto cabirico al rito di passaggio nuziale di Cadmo e Armonia.

66 Massa-Pairault (1998, 136-137). Secondo Queyrel (2004, 103) e Queyrel (2005b, 90), invece, la figura femminile in questione sarebbe Hiera, moglie di Telefo.

67 Daumas (1998, 213). Il motivo della cista dionisiaca da cui fuoriesce un serpente ricorre frequentemente sul diritto dei kistophoroi pergameni emessi durante la seconda metà del II sec. a.C. Schultz (1996, 35-36), Marcellesi (2017, 152-154). Sulla rilevanza del culto di Dioniso Katheghemon in qualità di divinità dinastica attalide si vedano: Ohlemutz (1968, 90-122), Allen (1983, 148-152), Hoepfner (1996, 62-68).

68 Hermary (1986, 592-593), Daumas (1999, 44, 206-214), Cruccas (2014, 212-214).

69 Pausania, Perigesi dell’Ellade, I, 4, 6.

70 IVP, nn. 17-19.

71 Daumas (1998, 212-213), Massa-Pairault (1998, 138-139), Queyrel (2005b, 61, 147).

72 Schultz (1996, 35, 40), Parodo (2012, 380), Marcellesi (2014, 123-125), Marcellesi (2017).

73 Gundel (1992, 70).

74 Nicola Damasceno, FGrHist 90 F 52; Clemente Alessandrino, Protrettico, XIX, 4 che, non casualmente, associa il fallo di Dioniso a quello di Attis, il paredro evirato di Cibele.

75 Callimaco, fr. 115 Pf. Cfr. Massimilla (1993).

76 Blakely (2006, 16-17), Castiglioni (2012, 213), Bremmer (2014, 42-43), che puntualizza come nella variante milesia del loro culto sia individuabile una possibile funzione in ambito iniziatico puberale, non aliena, dunque, alla natura dei rituali efebici praticati nell’heroon pergameno.

77 Zanker (1991, 194).

78 Massa-Pairault (1992, 11).

79 Heres (1996, 100-101), Hoepfner (1996, 68-69), Queyrel (2005b, 152-155).

80 Hansen (1971, 409-418), Massa-Pairault (2010, 1-23, 39-59).

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Table des illustrations

Titre Fig. 1. – Pianta dell’edificio collocato sotto le fondazioni del Grande Altare di Pergamo, da Massa-Pairault (2007, pl. XIII-a)
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Titre Fig. 2. – Pianta del Grande Altare di Pergamo da Kästner (1996, fig. 1)
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Fichier image/png, 4,7M
Titre Fig. 3. – Ipotesi ricostruttiva della pianta e della disposizione degli στυλοπινάκια del tempio di Apollonide a Cizico, da Massa-Pairault (2007, pl. LXXXV-b)
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Titre Fig. 4. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato E della Gigantomachia: Hera alla guida della quadriga dei Venti, da Massa-Pairault (2007, pl. LV-b)
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Titre Fig. 5. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Telefeia: Hera assiste alla realizzazione del Grande Altare di Pergamo, da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 36)
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Titre Fig. 6. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Gigantomachia: la Μήτηρ Θεῶν, cavalcando un leone, combatte contro un gigante, da Massa-Pairault (2007, pl. XLIX-a)
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Fichier image/jpeg, 2,3M
Titre Fig. 7. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato N della Telefeia: la Μεγάλη Μήτηρ assiste Telefo bambino (presente sulla lastra adiacente), da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 11)
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Titre Fig. 8. – Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Telefo allattato da una cerva in presenza della Μεγάλη Μήτηρ, da Queyrel (2005b, fig. 79)
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Titre Fig. 9. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Gigantomachia: i Cabiri affrontano Brychon, da Massa-Pairault (2007, pl. XLVI-b)
URL http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/gaia/docannexe/image/291/img-9.jpg
Fichier image/jpeg, 1,9M
Titre Fig. 10. – Berlin, Pergamonmuseum. Grande Altare, lato S della Telefeia: scena di culto con la Μεγάλη Μήτηρ e i Μεγάλοι Θεοί, da Massa-Pairault (1981/1982, fig. 32)
URL http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/gaia/docannexe/image/291/img-10.jpg
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Titre Fig. 11. – Rilievo con pilos sormontato da una stella proveniente dall’heroon di Pergamo, da Cruccas (2014, tav. XLIII, 1)
URL http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/gaia/docannexe/image/291/img-11.jpg
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Titre Fig. 12. – Paris, Bibliothèque nationale de France. Tetradramma con immagine della coppia Eumene II-Attalo II/Dioscuri, da Schultz (1996, ill. A)
URL http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/gaia/docannexe/image/291/img-12.jpg
Fichier image/jpeg, 221k
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Pour citer cet article

Référence électronique

Ciro Parodo, « L’eredità regale della Μεγάλη Μήτηρ »Gaia [En ligne], 21 | 2018, mis en ligne le 01 novembre 2018, consulté le 24 mars 2025. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/gaia/291 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/gaia.291

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Auteur

Ciro Parodo

Università degli Studi di Cagliari.
Ciro Parodo a obtenu son master et son diplôme de spécialisation en archéologie et histoire de l’art grec et romain à l’université de Cagliari et son doctorat en archéologie classique à l’Eberhard Karls Universität de Tübingen. Il est membre d’EIKONIKOS – Laboratorio permanente di Iconografia e Iconologia del Mondo Classico (université de Cagliari).

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Droits d’auteur

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