- 1 “Modello di testualità” è qui da intendersi primariamente sul piano strutturale del testo, che si s (...)
- 2 La nozione di lettore empirico deriva da una distinzione operata da Iser (si veda tutto Iser 1974 e (...)
1A partire dalla rimediazione (Bolter, Grusin 2003) del codice nella forma ipertestuale si è assistito progressivamente alla sostituzione del modello di testualità predominante (lineare) con un modello tendente al rizoma1, ad alta partecipazione da parte del lettore, in cui tanto quest’ultimo quanto l’autore sono governati dal linguaggio. Scopo di tale contributo è indagare come avviene la lettura di un ipertesto da parte di un lettore empirico2.
- 3 Offrire una definizione completa e non vaga di fenomenologia in poche righe è difficile, tuttavia r (...)
- 4 Sul dualismo del soggetto nella fenomenologia cfr. Husserl 2015, § 57, ma anche Sartre 2014, parte (...)
2Prima di fare ciò sono tuttavia necessarie alcune note metodologiche di non scarsa importanza, giacché nelle varie teorie della lettura proposte nel corso della storia si nota sempre una scissione che merita di essere evidenziata: la questione della realtà de facto di contro a un principio de iure. Ovvero: vi è sempre una distinzione tra come un lettore effettivamente si approccia a un testo e come invece egli dovrebbe approcciarsi a esso (questo è l’interrogativo che dà il titolo al saggio del 1927 raccolto in Woolf 2008) secondo un punto di vista ritenuto più autorevole sulla questione. L’oscillare tra il descrittivo e il normativo rivela uno dei grandi problemi di ogni tipo di fenomenologia (ovvero di ogni tentativo di descrivere i fenomeni)3: il rapporto tra la soggettività trascendentale e la soggettività empirica. La domanda è quindi se si possa fare una teoria della conoscenza senza chiudersi in una teoria del soggetto, evitando a una fenomenologia il serio rischio di diventare un soggettivismo trascendentale, e infine solipsistico4.
- 5 L’idea di impostare lo studio della lettura come una “fenomenologia della lettura” ha vecchia data: (...)
3Il tipo di analisi che seguirà sarà necessariamente situata, inter-soggettiva, strutturata in momenti logico-concettuali (e non già cronologici) e con un valore esclusivamente descrittivo, poiché in seno alla fruizione di una qualsiasi opera d’arte letteraria vi è una radicale libertà – che ha il punto più alto nella possibilità sempre presente di interrompere la lettura5.
4Il punto di partenza sarà quindi il lettore dinanzi a un ipertesto non cominciato e ignoto.
- 6 Il termine deriva da Aarseth 1997 e sta a significare uno sforzo non banale da parte del lettore, c (...)
- 7 Sulla confusione tra questi due piani si veda la deriva iper-ermeneutica di Stanley Fish, come l’es (...)
5La rivalutazione del concetto di pregiudizio operata da Gadamer (2000) è imprescindibile, poiché questo rappresenta la condizione di possibilità stessa di ogni nostra conoscenza e di fatto non può mai esistere un’interpretazione neutra. Il nostro essere situati come soggetti e il situare l’oggetto da interpretare all’interno di un contesto formano la base di ogni tipo di approccio interpretativo: non esiste quindi un grado zero dell’interpretazione. Per quanto riguarda l’ipertesto, l’attesa è naturalmente quella di avere a che fare con qualcosa di radicalmente diverso rispetto ai testi lineari, che richiederà uno sforzo particolare da parte del lettore, uno sforzo “ergodico”6 che va oltre il semplice processo immaginativo della lettura. È importante però notare come i pregiudizi debbano rimanere mere condizioni di possibilità e non già divenire princìpi di autorità: la natura dell’interpretazione deve poter essere dialogica e non si può semplicemente delegare la fatica dell’affrontare un testo ad alcune conoscenze pregresse7.
- 8 Per un’introduzione alla teoria dei grafi, che ben esemplifica la struttura degli ipertesti, si ved (...)
6Ma cosa dovrebbe dunque fare un lettore ideale dinnanzi a un ipertesto? Il primo pregiudizio con cui si deve confrontare è l’idea stessa di lettura ipertestuale. Se da un lato, quindi, non può approcciarsi a un testo ramificato con la stessa familiarità con cui si approccerebbe a un testo lineare, dall’altro deve poter prescindere dalla modalità di presentazione della lettera senza cedere al panico da labirinto che essa può suscitare: stare al gioco, accettare le regole fino al punto da poterle violare consapevolmente, navigare i link8 senza avere una bussola (per esempio la volontà di arrivare a un determinato finale), ma al contempo non farsi rapire dal labirinto.
7In questa fase preliminare di confronto con i pregiudizi rientra anche l’operazione di discernimento del genere letterario di appartenenza dell’ipertesto (o meglio, il genere a cui l’ipertesto co-partecipa). Nonostante gli ipertesti narrativi siano spesso considerati facenti parte di genere a sé stante, in realtà – esattamente come i testi lineari – si differenziano in una pluralità di generi che hanno un duplice valore: funzionale e nomologico. Funzionale poiché a seconda del genere cambia il tipo di lettura e il tipo di rapporto del lettore con le vicende narrate: per esempio, un ipertesto di avventura (Lone Wolf) richiederà al lettore di compiere certe scelte per portare avanti le gesta del personaggio, mentre in un ipertesto di tipo biografico il lettore è invitato a esplorare le vicende di un soggetto e le sue scelte hanno un valore esclusivamente conoscitivo. Nomologico perché, inserendosi in un genere preciso, l’autore dell’ipertesto è in qualche modo tenuto a rispettare una serie di convenzioni specifiche (o a violarle esplicitamente): poco importa che sia un testo lineare o un ipertesto, ma se la trama si inserisce dichiaratamente nel genere del romanzo gotico (per es. Patchwork Girl) vi saranno comunque tutti gli elementi necessari per giustificare un tale categorizzazione (ambienti cupi, descrizioni crude e realistiche con l’inserimento di una “creatura” immaginaria, ecc.). Naturalmente alcuni generi si prestano meglio all’ipertestualità di altri, poiché trovano motivi più validi per rinunciare alla consuetudinaria struttura lineare e poiché riescono a caricare semanticamente i link; tuttavia è pensabile un qualsiasi genere letterario in forma ipertestuale.
8Oltre al genere è necessario considerare lo stile, che in questo contesto può brevemente essere definito come la forma della presentazione linguistica (forma che consente di stabilire delle affinità tra autori diversi appartenenti anche a generi diversi). Nel caso ipertestuale, la caratteristica stilistica di un testo ha a che fare chiaramente anche con l’aspetto ergodico, oltre che con quello puramente letterario. Per quest’ultimo possono quindi valere le medesime considerazioni che si potrebbero fare per i testi lineari; per quanto riguarda lo stile ergodico, invece, intendo qui esattamente il modo in cui vengono utilizzati i link all’interno della narrazione, ovvero che funzione hanno: questo è spesso direttamente dipendente dalle caratteristiche del grafo ipertestuale (dalla sua estensione, densità, grado di clusterizzazione, ecc.), ma resta il fatto che vi possono essere vari modi di utilizzare i link – quello prevalente fornisce un’indicazione sul tipo di stile scelto. I principali sono due:
stile esplorativo: è il tipo di stile in cui i link hanno la funzione di espandere un cluster centrale che rappresenta il luogo principale della narrazione, il campo esplorato dal lettore. Ogni passaggio lungo un particolare link ha lo scopo di modificare l’ampiezza o la profondità della lettura; il grado di necessità del singolo link per la coerenza del testo diminuirà con l’aumentare del grado di periferizzazione del link stesso. Il corrispettivo letterario di questo tipo di stile ergodico è il monologo interiore, la cronaca, l’exfrasis e ogni forma di narrazione che fa dell’accumulo il suo strumento primario; in genere è il tipo di stile più utilizzato poiché bene simula l’incedere dei pensieri di un essere umano e il processo conoscitivo di un qualsiasi tipo di ricerca (di un ricordo in un memoir, di un colpevole in un giallo, ecc.).
stile orientato: è il tipo di stile in cui i link portano avanti la narrazione lungo alcune direttive precise, orientate. L’incedere della navigazione coincide con l’avanzare dei personaggi lungo una narrazione che torna ad avere una struttura cronologica. Tale stile è quello tipico degli ipertesti meno rizomatici, a albero o ramificati, e solitamente si confà al genere d’avventura o al fantastico, poiché bene simula l’incedere di una quest, di una ricerca, che prevede un numero limitato di finali “positivi” e un numero maggiore di vicoli ciechi.
- 9 È interessante notare come, proprio perché vi è una corrispondenza tra lo stile ergodico e l’aspett (...)
9È evidente che gli ipertesti più completi facciano spesso uso di entrambi questi due stili, rendendo il grafo corrispondente particolarmente complesso: spesso è quindi possibile individuare un cluster centrale di tipo orientato che rappresenta il cuore della vicenda dal quale si dipanano vari altri cluster periferici che fanno uso di uno stile esplorativo9. Questo è quanto il testo ha da offrire al lettore; tuttavia, sta poi a quest’ultimo scegliere il “livello di astrazione” – o il grado di analisi – con cui affrontare la lettura, indipendentemente dallo stile ergodico dell’ipertesto: nella compresenza dei due stili il lettore può comunque privilegiarne uno e di conseguenza esplorare zone diverse dell’ipertesto.
10Superata la fase preliminare di stratificazione dei pregiudizi e di pre-valutazione di genere e stile attesi, il lettore dà quindi principio all’atto della lettura vero e proprio. Il primo approccio del lettore nei confronti del testo è necessariamente di tipo positivo-affermativo, di presenza e di confronto con l’altra presenza, quella della lettera. L’incipit, come si è visto, garantisce un accesso mediato al mondo dell’ipertesto e gioca sulla retorica del cominciamento, fornendo una risposta alla domanda iniziale “da dove parto?” (“parti da qui”, “start here”). Ma cosa vi è dietro l’accettazione dello “start here”?
11Vi è innanzitutto il tacito consenso del lettore di conoscere le implicite regole del gioco letterario e ipertestuale: due set di regole che il lettore conosce e che sceglie di rispettare o meno. Vi è tuttavia un grado minimo di partecipazione a cui il lettore non può in ogni caso rinunciare se intende impegnarsi seriamente nella lettura: questo è l’atto fisico della lettura che, per quanto discontinuo, ha una certa durata finita. Tutti gli altri elementi – l’immedesimazione, il collegare i segmenti narrativi per creare un insieme coerente di eventi nella narrazione, l’esplorazione modale del mondo del testo – sono in realtà contingenti, essendo propri già di un livello di lettura più completo. Il minimum della lettura non è ancora un principio ordinante quanto un puro atto di presenza nei confronti del testo: lo scontro tra due mondi e lo scontro tra due coscienze attorno alle quali questi mondi si espandono.
- 10 Si vedano Barthes 1967 e Foucault 2004.
12Nell’ipertesto – ma anche nel testo in generale – tale atto di pura presenza si configura come un porsi della coscienza in modo non ancora tetico (non ancora quindi rivolta a un oggetto): paradossalmente, con il primo accesso all’ipertesto, nel primo confronto con tale oggetto, ciò che avviene non è immediatamente un porsi in relazione con esso come coscienza-di, ma un ritirarsi in sé e nell’auto-porsi. Sartre in L’essere e il nulla (Sartre 2014, parte 2, cap. 1) insiste sul fatto che questo tipo di coscienza non sia in realtà distinguibile dall’atto intenzionale della coscienza del porsi come coscienza-di, che sia infatti non riflessiva, immediata: nell’ipertesto la coscienza di un soggetto si pone innanzi a un altro oggetto “puramente intenzionale” e prima ancora di riconoscere la coscienza “vivente” nell’altro oggetto (come essere che diviene fenomeno, en-soi) riconosce il suo stesso essere come esistenza (pour-soi). Nel porsi in confronto con un l’ipertesto, il primo passo per il lettore è porre teticamente sé stesso come coscienza (e quindi già anche non-teticamente): l’autoriconoscer(si) come coscienza agente – che è un atto di natura appercettiva – diventa particolarmente rilevante nel momento in cui si deve rinunciare a tutta una serie di convenzioni e di abitudini. Il grande pregio dell’ipertesto è quello di costringere innanzitutto il lettore a rivalutare sé stesso come soggetto che agisce nella lettura e che non la subisce solamente. Il primissimo momento è la realizzazione del sogno calviniano che vuole fare della lettura il momento decisivo della vita letteraria (Calvino 1980, Cibernetica e fantasmi), la concretizzazione dell’auspicio di Foucault e Barthes della morte dell’autore10: l’autore sparisce, e con esso tutte le sue derivazioni, nonché il testo che entra fugacemente nel campo di esistenza del lettore che, disturbato, è costretto a ritirarsi in sé stesso.
- 11 Il termine texton deriva ancora da Aarseth 1997. Egli distingue tra “texton” (i blocchi testuali sc (...)
13Il secondo momento di questo atto di presenza, che segue l’istante fulmineo del riconoscersi, è quello del riconoscere il testo come altro, come alterità opaca che ci si sta apprestando a violare o a esplorare. Questo secondo momento è quindi quel principio ordinante a cui si faceva cenno in precedenza: la lettura principia da un texton predefinito11, l’impulso immediato è quello di leggere un ipertesto come se fosse un codice – linearmente – forzandone i link. Il principio guida è sempre quello che vede il lettore come presenza, come soggetto attivo che identifica la lettura come sfida: leggere e navigare un ipertesto in questa prima fase significa portare un ordine esterno all’apparente caos che ci si trova dinnanzi. Nonostante il senso di smarrimento a cui il lettore va incontro nella navigazione di un ipertesto – labirintico – in realtà un lettore dell’ipertesto non è mai smarrito in senso proprio, poiché a prevalere è sempre la sua presenza ordinante, che in ogni caso prova a dominare il testo, e il gioco costante di risoluzione della sfida.
- 12 Per lettore disinteressato intendo il lettore empirico medio, diverso dal lettore che legge per ott (...)
14All’entusiasmo iniziale della presenza positiva del lettore nel mondo dell’ipertesto si sostituisce via via un altro sentimento proprio di chi – per un attimo – indossa i panni del demiurgo: la noia. Ne La noia Moravia la definisce come il sentimento «di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà» (Moravia 2017: 6). Il limite epistemologico posto alla conoscenza delle vicende, dei personaggi, dei fatti descritti nell’ipertesto – ovvero la considerazione che sia possibile conoscere solo quello che vi è scritto – coincide nel testo a una indeterminatezza ontologica, che può financo divenire contraddittorietà. Non si tratta quindi solo di un sentimento, ma di un’effettiva percezione di tale scarsità. La grande differenza tra il testo e l’ipertesto sta però nella reazione a questa scarsità: se nel testo interviene in maniera preponderante la componente immaginativa che va a completare la realtà descritta, nell’ipertesto l’elemento immaginativo è subordinato a quello ergodico, che deve, ancora prima ,unificare i frammenti di realtà che vengono presentati alla coscienza leggente. Il lettore disinteressato è intrinsecamente pigro: per costui la lettura è un’attività ricreativa e il suo momento principe non è già quello conoscitivo ma quello del godimento estetico12. Il gioco della composizione e dell’esplorazione dei link si risolve in una ripetizione meccanicistica con il risultato che, alla lunga, l’uno vale l’altro. L’univocità della sequenza di scripton, individuabile nel codice, viene sostituita nell’ipertesto con una pluralità virtuale: ciò porta a un appiattimento generale della narrazione giacché si suppone che tutti i percorsi possibili siano sullo stesso livello e in fondo si equivalgano dal punto di vista estetico. Sulla curiosità di scoprire una specifica sequenza narrativa prevale quindi la ripetizione e la noia, con il disappunto di scoprire poi le inevitabili dissonanze presenti nei nodi polivalenti – che giocoforza non possono essere egualmente calzanti per ogni sequenza di scripton che li coinvolge.
- 13 Questo dualismo di pulsioni è simile naturalmente a quella in Freud 1920, Al di là del principio di (...)
15In questo secondo momento, l’ipertesto viene visto dal lettore contemporaneamente come un testo e come un gioco che non riesce a “far bene” alcuna delle due cose: troppo macchinoso per poter essere fruito come pura narrazione, poco stimolante per poter essere giocato con risultati inaspettati. Il processo della scelta degli scripton si sviluppa naturalmente tanto in un calcolo del rapporto costi/benefici – se la scelta è razionale e studiata – quanto in un impulso a seguire la strada che più sembra stimolare l’immaginazione del lettore, se la scelta è invece più impulsiva. A lungo andare però, laddove il lettore si deve confrontare con l’assoluta irrilevanza delle sue decisioni nella costruzione del mondo poiché si tratta di un mero affacciarsi non determinante su quel mondo che rimane perlopiù inaccessibile e – dopotutto – poco interessante, la scelta dei sentieri si riduce a una coazione a ripetere: il lettore continua ripetutamente a porsi attivamente in situazioni senza avere memoria dell’azione prototipica, dell’originaria posizione positiva del primo momento. Alla ripetizione in senso positivo-trasformativo il lettore contrappone qui una riproduzione automatica della scelta come momento necessario per la prosecuzione della narrazione e non più come momento determinante per la costruzione di essa: e ancora una volta il contenuto (la trama, la fabula) viene sacrificato all’aspetto formale del porre un texton dietro l’altro13.
- 14 I due termini (reperibili, rispettivamente, in Iser 1978 e Jauss 1982) hanno a che fare con la natu (...)
- 15 Sugli effetti non cronologicamente immediati della lettura (e quindi della letteratura): la posizio (...)
16Si verifica quello che lo psicologo statunitense Barry Schwartz definisce il “paradosso della scelta” (Schwartz 2004): paradossalmente l’avere più opzioni porta chi deve operare una scelta a un sentimento di impotenza e frustrazione. La possibilità di cambiare facilmente la strada percorsa – nel caso dell’ipertesto la navigabilità infinita e la reversibilità dei link – priva di valore l’atto stesso della scelta; ma d’altro canto è vero che la sensazione di avere sacrificato un numero maggiore di letture possibili per una sola può facilmente portare a sentire la strada scelta come probabilmente imperfetta e le altre come occasioni mancate. È evidente che tale sentimento di inadeguatezza vale solo in senso modale all’interno del mondo possibile della narrazione e nel nostro rapporto con esso, ma è pur vero che, se da un lato il lettore ha sempre la possibilità di rescindere quel contratto originario che ha stipulato principiando la lettura – smettendo quindi di leggere –, egli continuerà in un certo senso a subire gli effetti della lettura anche oltre l’atto temporale. Tali effetti duraturi della lettura includono, ma non si limitano a: un contributo alla formazione di quel sostrato di pregiudizio (o repertorio, o orizzonte d’attesa)14 fondamentale poi per le successive letture; inoltre, un set di premesse per formulare delle inferenze sul reale; infine il fatto che la lettura causi emozioni la cui durata soggettiva non coincide necessariamente con la durata oggettiva della lettura15.
17Gli effetti, per così dire, a lungo termine di questo sentimento di infelicità dovuto al “paradosso della scelta” per gli ipertesti si vedono soprattutto nella formazione di un bagaglio completo di strumenti per “risolvere” l’ipertesto come genere: leggerne uno è come averli letti tutti poiché, con minime variazioni, impiegano tutti i medesimi dispositivi e le medesime strategie. L’abilità del lettore di ipertesti, infatti, non risiederà tanto nella capacità immaginifica di “costruttore di mondi”, di “abitante di altre vite” – come avrebbe detto Eco a proposito della lettura – ma nella scaltrezza tecnica nella navigazione, che include il saper sfruttare ad hoc ogni strumento messo a disposizione all’interno dell’iperteso stesso. In questo senso un singolo ipertesto è prototipico per l’intero genere ipertestuale: la differenza rispetto al codice è che qui il prototipo è esclusivamente formale-esperienziale, essendo quasi irrilevante l’aspetto contenutistico. Se leggendo un romanzo di Conan Doyle come prototipo per il genere giallo-investigativo posso inferire che la struttura formale di ogni altro romanzo sarà pressoché la medesima – un delitto apparentemente inspiegabile, un investigatore che grazie al suo acume e alla sua esperienza risolve il caso, la cattura del colpevole – e il piacere della lettura di questo genere risiede non tanto nella ripetizione di tale struttura ma nella ricerca di variazioni interne alla trama, nell’ipertesto, una volta appresa la struttura e familiarizzato con la navigazione, già si possiede la chiave per recepire immediatamente ogni altro ipertesto di fiction scritto, indipendentemente dalla trama. Che l’ipertesto sia psicologico-realistico come nel caso di afternoon o fantastico-gotico come Patchwork Girl le modalità di lettura e le attese rimangono le medesime, ma soprattutto il piacere della lettura risiede precisamente nella ripetizione di quegli schemi di navigazione – e nella moltiplicazione di essi – e non nella loro variazione interna – al netto della nota stilistica. La “trama” è un pretesto per l’esistenza stessa degli ipertesti.
18Ai primi due momenti – quello positivo-attivo della presenza e quello passivo della noia – fa seguito una fase di reale confronto-scontro tra le varie componenti in gioco nel testo: questo è il punto in cui deve entrare in campo con urgenza un principio di autorità che è quanto mai richiesto dalla lettura dell’ipertesto.
- 16 Sul processo di scrittura: l’orizzonte in cui qui ci si muove è precisamente quello che vede ogni i (...)
19I soggetti in gioco nell’ipertesto sono quattro: lettore, autore, programmatore e testo. Autore e programmatore sono spesso incarnati da una medesima persona e il testo, pur non essendo propriamente un soggetto, agisce come se fosse tale, poiché si colloca a metà strada tra le due coscienze agenti del lettore e dell’autore, pur non essendone il mero prodotto vettoriale. Dal punto di vista del lettore, che ha imposto la sua iniziale presenza e superato la fase di passività derivante dalla coazione/ripetizione, la situazione è quella di fornire una risposta alle domande che gli arrivano dal testo e dall’autore implicito. Dal momento che la sequenza di scripton gli è parsa indifferente, sceglierà ora di renderla rilevante e accetterà consapevolmente le vesti scomode dello scrittore: questo avviene perlopiù verso la conclusione – della lettura – quando la necessità di chiudere il percorso cominciato si fa sentire più impellente. L’atto di volizione del lettore è quindi quello di imporsi come autorità, pur riconoscendo di essere vittima delle scelte e delle macchinazioni dell’autore/programmatore, di giocare a essere l’autorità: questo è precisamente lo spirito del giocatore che prevale, quello spirito che è invece l’atto fondante del (video)gioco. Paradossalmente comportarsi quale autorità significa per il lettore mettere da parte l’aspetto ergodico della selezione dei link e della navigazione ipertestuale per attribuire nuovamente il ruolo preponderante alla componente narrativa. L’operazione che egli compie consiste nel far finita di ricostruire una narrativa frammentata, nel ricreare una trama, imporre uno sviluppo, tagliare, cucire, comporre, insomma scrivere16. In questa fase della lettura dell’ipertesto, quindi, quest’ultimo funge da terreno di sperimentazione in un ambiente controllato dell’operazione della scrittura: il lettore non vuole essere autore, eppure in questa fase, crede di poter vincere la noia o lo spaesamento da ipertesto fingendo di essere tale.
20Naturalmente l’operazione è destinata a fallire, o ad avere un valore estremamente limitato che crolla nel momento in cui ritorna la chiara consapevolezza che il testo-letto non sarà mai il testo-scritto e che l’illusione della composizione non è che l’inevitabile ricaduta in uno dei (pochi) percorsi previsti, pianificati, studiati dall’autore/programmatore. Tuttavia, è proprio in questo momento che la macchina ipertestuale funziona meglio: non laddove cerca di proporre una narrativa innovativa o rivoluzionaria, non quando si propone come un gioco con una forte componente narrativa, non nell’aspetto ergodico, ma esattamente nella simulazione completa della testualità in tutte le sue componenti – dall’autorialità alla lettura. Simulazione che però può avvenire solo se il lettore esperisce l’ipertesto come un codice. A questo punto la corrispondenza tra link e “salti” del pensiero (quelli continui e micro-irrazionali di cui si parla in Carroll 1895) sarà totale, poiché a partire da un texton, il completamento successivo – lo scripton successivo nella catena – sarà il completamento alla domanda implicita che chiude ogni texton: cosa dopo questo? Niente di più, niente di meno: l’operazione del lettore non è più quella esplorativa o risolutiva, ma meramente quella compositiva, un’operazione di completamento assolutamente arbitraria, senza nessun vincolo o principio interno ma guidata da una forza esterna – quella dell’autore/programmatore – sulla quale si può momentaneamente sospendere il giudizio e agire come se non vi fosse.
- 17 Si vedano Mitchell 1995 e Bredekamp 2015. È interessante notare poi come per Mitchell il pictorial (...)
21E per quanto riguarda il testo – inteso come pura lettera? Naturalmente, una descrizione a momenti come quella che si sta qui sviluppando, per essere completa, andrebbe ribaltata per ogni suo protagonista: ma se questo sembra facile da fare per due degli elementi in gioco – l’autore e il lettore – non si capisce come si possa invece descrivere il testo come soggetto agente invece che come oggetto. Un buon suggerimento sembra venire dal dibattito contemporaneo sulle teorie dell’immagine: il pictorial turn di Mitchell e la teoria dell’atto iconico di Bredekamp pongono la questione epistemologica delle immagini sullo stesso piano del linguaggio, ma soprattutto ribaltano la loro presunta passività: le immagini diventano soggetti capaci “di guardarci” e dotate di un potere cognitivo, sociale, politico17. La domanda non è più quindi cosa “significhi” un’immagine, ma cosa un’immagine ci “chieda”. Il ribaltamento è assolutamente inquadrabile in senso ermeneutico nella dinamica dialogica della domanda e risposta, ma ha il gran pregio di mettere in luce una vita “autonoma” delle immagini che non dipende né dai suoi creatori né dai suoi interpreti.
22Spostando la questione un passo indietro, dalle immagini al testo, è facile vedere come per il testo in senso proprio sia più difficile parlare di “vita autonoma”: al contrario di quanto scrive Bredekamp a proposito delle immagini, un testo non ha un potere performativo nel suo mero giacere, nel suo mero essere-lì – giacché per significare deve essere letto. Un testo è sempre modificabile: le forme di “iconoclastia testuale” sono pura e semplice censura. Nella Repubblica Platone espelle dalla città perfetta i poeti non per la loro testualità ma per il potere immaginifico e rappresentativo dei loro testi. L’immediatezza delle immagini farà sempre più paura della necessaria mediatezza del testo: per questo un testo sembra sempre necessariamente dipendente e quindi, in ultima istanza, modificabile.
23Cosa giustifica allora questa idea di una “vita autonoma” della lettera all’interno dell’ipertesto? Considerando quello che si è detto fino a ora, essa sembra risiedere esattamente nel suo essere una forma anomala di testualità. Naturalmente, come emerge in questo terzo momento, è sempre fittizia, surrogata: ma il fatto che la lettura non si limiti all’interpretazione semantica di proposizioni, ma vada oltre nell’invitare il lettore a farsi scrittore e a giocare componendo, fa sì che il testo sembri scivolare dalle mani del lettore-interprete, come se fosse vivo. Si giunge al paradosso per cui le parti di testo non lette (i texton non esplorati) sembrano più vive che mai e hanno un influsso molto maggiore rispetto a quelle invece già consumate.
24Il confronto fra i due autori principali che si sono occupati di ipertesti – George Landow e Espen Aarseth – emerge con chiarezza nell’ultimo capitolo del testo di Landow “The politics of hypertext” (Landow 2006: 321-376). Brevemente: Landow accusa Aarseth di negare l’empowerment del lettore di ipertesti a causa della sua scarsa conoscenza della letteratura ipertestuale e del suo considerare l’operazione di link building (che effettivamente avviene in certi ipertesti) come una ennesima forma di “servitù volontaria” del lettore rispetto all’autore. Landow identifica in tutti quei supporti alla navigazione – supporti che naturalmente sono indispensabili ma snaturano la vera natura ipertestuale – gli strumenti cardine per una “scelta informata” (e quindi libera) dei link da parte del lettore. Infine porta alcuni esempi di questo empowerment che però hanno tutti a che fare con l’efficienza del reperimento di dati.
25Per discutere della libertà del lettore nell’ipertesto si deve fare riferimento alla tradizionale distinzione di libertà “da” (o libertà negativa, nel senso di libertà come assenza d’impedimento) e libertà “di” (o libertà positiva, nel senso di libero arbitrio). La libertà a cui fa riferimento Landow è evidentemente una forma di libertà negativa: riducendo lo spazio tra due nodi, l’ipertesto “rimuove” un impedimento altrimenti tipico del codice, quello dell’univocità della presentazione del testo. Questo, naturalmente, è vero soprattutto per gli usi strumentali dell’ipertesto, per quelli educativi e didattici; ma per la letteratura è un criterio di libertà inadatto giacché è irrilevante l’efficienza nella lettura.
- 18 Naturalmente questa possibilità vale per ogni forma di opera artistica, ma per le opere letterarie (...)
26In letteratura è quindi il caso di utilizzare il concetto positivo di libertà sarà necessario fare riferimento al libero arbitrio. Innanzitutto è bene ricordare che la forma più alta di libertà che un lettore ha nei confronti di un testo risiede nella possibilità di non leggerlo (più), interrompendo la lettura in qualsiasi momento: e questo vale sia per il codice sia per l’ipertesto18. Nel momento in cui si sceglie di leggere, però, la libertà (positiva) è limitata dall’altrui volere – quello dell’autore e quello del programmatore.
- 19 Il termine situation model viene usato da scienziati cognitivi e neuroscienziati per indicare i par (...)
27L’autore generalmente non “impone” alcunché – giacché il suo scopo primario è quello di piacere al lettore. Tuttavia, è evidente che ciò che scrive formi la base per lo sviluppo di quelle che in psicologia della lettura vengono chiamati situation models19, ovvero rappresentazioni mentali (con una forte componente percettiva) che vengono via via completate e modificate nel corso della lettura. Nel caso dell’ipertesto, queste rappresentazioni mentali saranno particolarmente forti e poco plastiche, poiché devono resistere ai cambiamenti dell’andamento ipertestuale della lettura, ai salti da un nodo all’altro, alla multifunzionalità di alcuni nodi, ecc. Per questo solitamente gli ipertesti o si impegnano a creare nel lettore un situation model solido e chiaro nei primi nodi – quelli successivi essendo solo una modifica minima – oppure procedono per accumulo di elementi che porta alla formazione di una rappresentazione mentale completa solo nel pieno della lettura o verso la sua conclusione. Si ha quindi o la rappresentazione mentale di un’unica situazione che viene successivamente arricchita, ripetuta e differenziata (per esempio l’incidente stradale in afternoon), oppure una costruzione progressiva e mai esaurita di tale rappresentazione mentale (il corpo femminile della Patchwork Girl). L’autorità dell’autore è quindi da intendersi in un senso esclusivamente immaginativo di image building, nella tipizzazione delle entità fittizie e nella presentazione di un mondo possibile all’interno del quale avvengono gli eventi narrati.
28Il programmatore è il vero despota di questo rapporto, essendo figura unica e specifica per l’ipertesto. Questi predispone formalmente la struttura dell’ipertesto e in un certo senso “anticipa” le possibili scelte libere del lettore e le programma in una serie di percorsi: se quindi per il lettore di codici è possibile una lettura random access – dove la multi linearità è non autorizzata ma effettivamente libera – per il lettore di ipertesti tale libertà è totalmente affidata alle mani del programmatore che predispone un insieme limitato di scelte possibili. L’avere tali scelte però ha le conseguenze di cui si è già discusso e soprattutto contribuisce a formare l’immagine dell’ipertesto come dispositivo democratico.
- 20 Questa idea va a minare la presunta democratizzazione del web e più che di democrazia sarebbe quind (...)
- 21 È importante notare come “probabilistico” possa essere pienamente compatibile con “deterministico”: (...)
29Nell’ipertesto si può quindi parlare di tecnocrazia del programmatore20 e di pseudo-libertà del lettore: quest’ultimo si illude di compiere scelte realmente libere quando in realtà tali scelte fanno parte di una gamma molto limitata di opzioni predisposte da un’altrui coscienza e soprattutto rientrano inevitabilmente in una catena causale. L’ipertesto – tentando di isolare ogni singola scelta compiuta dal lettore nella scelta di un link – propone quindi una forma molto subdola di determinismo (ad A consegue B) poiché di stampo probabilistico (ad A consegue B con una certa probabilità x, C con una certa probabilità y, ecc. a seconda del numero e del tipo dei nodi)21 che rende evidente la scollatura dello sguardo del lettore dal mondo possibile del testo e spezza l’unità di quest’ultimo in una miriade di frammenti discreti. Al contrario, nel codice, dove il lettore può scegliere liberamente di adottare una lettura random access – realmente ipertestuale e intertestuale – il mondo possibile può essere effettivamente vissuto come un’unità: e in quel momento la libertà (positiva) del lettore sembra coincidere con il confronto cosciente con l’ordine cosmologico del mondo in cui è gettato. La scelta libera del lettore del codice risiede quindi nell’atto originario di principiare o interrompere una lettura ma nel momento in cui egli si ritrova in essa, la sua volontà realmente libera lo porta, tramite una serie di scelte possibili, a dover rispondere a un ordine e a dover infine inevitabilmente giungere tramite successivi atti di volizione alla realizzazione del testo, e di sé come abitante del mondo del testo. Nell’ipertesto, invece, l’aspetto discreto condanna inevitabilmente il lettore a una libertà surrogata.
30Come scrivevo all’inizio, questo discorso dovrebbe valere per un qualsiasi lettore empirico, a patto che questi sia sufficientemente impegnato e coinvolto nella lettura. Buona parte dei lettori empirici, però, non è affatto impegnata nella lettura e, di conseguenza, non attraverserà necessariamente i tre momenti elencati, ma molto probabilmente si troverà fissato in uno di essi. L’intenzionalità agente del lettore disimpegnato è sostanzialmente quella di leggere l’ipertesto esattamente come se leggesse un codice, semplicemente faticando un po’ di più; la lettura dell’ipertesto come codice, che come si è visto rientra anche nel processo di lettura impegnata, porta alla tipizzazione non tanto di due tipi di media diversi, ma di due letture diverse. Ha quindi senso distinguere, in generale, tra una lettura lineare e una lettura ipertestuale, e non solo tra una lettura di un testo lineare e una lettura di un ipertesto: se la prima – la lettura lineare – però è molto più versatile poiché può essere applicata a qualsiasi medium, la seconda rimane un’esclusiva dell’ipertesto. Nonostante sembri allettante individuare una “lettura ipertestuale” come uno strumento utile per affrontare la realtà e ogni forma di testualità, l’ipertesto ha davvero poco a che fare con l’immagine di testo deterritorializzato, ove un non meglio definito pensiero nomade potrebbe spaziare apolide e libero da ogni vincolo (tale per esempio l’idea di Landow, che nella sua trattazione fa esplicito riferimento a Deleuze e al rizoma): sono semplicemente due cose diverse, che possono in alcuni punti entrare in contatto, ma che non si identificano mai del tutto. In conclusione, un’autentica lettura ipertestuale – in senso proprio – è sempre una lettura di un ipertesto. Considerando che gran parte delle informazioni che ci vengono presentate nel Web sono presentate tramite ipertesti, l’identificazione di queste due polarità non è priva di conseguenze interessanti; tuttavia non sembra davvero corretto partire dagli ipertesti per sviluppare una teoretica della libertà e della democratizzazione del lettore, o individuare negli ipertesti uno strumento politicamente rivoluzionario. Sul rapporto tra non-linearità e linearità come forme di testualità si può affermare che, per quanto riguarda la lettura, la lettura ipertestuale è una forma particolare e tecnica, specifica per una testualità molto utilizzata nella contemporaneità, ma raramente per fini puramente letterari. In letteratura, al contrario, la tendenza sarà sempre quella della lettura di un testo come se fosse un codice – il che naturalmente include anche la possibilità del random access; laddove l’elemento ergodico sorpassa quello narrativo, si passa direttamente in un altro ambito dell’agire umano, quello del giocare.
- 22 Questa polarizzazione coincide con l’evolversi del Web. Dalla staticità del collegamento ipertestua (...)
31Discutere di ipertesti e di letture ipertestuali ha principalmente uno scopo pratico: la forma ipertestuale merita che i suoi lettori più attenti conoscano il funzionamento di questa macchina testuale e i tranelli della pseudo-libertà del labirinto, al fine di diventare infine lettori ideali di ipertesti. La lettura di codici è immediata e notoriamente può essere svolta dai bambini fin dai primi anni della loro vita: essa segue la sostanziale linearità di ogni forma di narrazione in cui l’uomo è immerso (il racconto orale, la serialità della televisione, la linearità di buona parte dei videogiochi, ecc.) ed è di conseguenza di immediata comprensione. Questo naturalmente ha uno scopo culturale, ma probabilmente affonda le proprie radici in una struttura antropologica ben più determinante: semplicemente il pensiero razionale si presenta sempre come successione cronologica lineare o concatenata, anche laddove si dipani in più direzioni contemporaneamente. La regola di inferenza principale della logica proposizionale – il modus ponens – è effettivamente lineare poiché utilizza il connettore logico del turnstile che indica la derivabilità da un sistema. Al contrario, l’ipertestualità – intesa propriamente come tecnologia dell’ipertesto e non come pensiero nomade – è estremante lontana da quelli che sono i nostri costrutti culturali dominanti e anzi è propria di un mondo (quello del Web) che, se da un lato è sempre più utilizzato a livello globale, dall’altro è sempre più semplificato e filtrato dai siti web, da algoritmi che fanno uso di algoritmi sempre più efficienti, di IA e di strumenti che sempre più “scelgono” al posto dell’utente, con il risultato che la polarizzazione tra una massa di utenti e una élite di power user è sempre più netta22.