Jean Petitot, Morphologie et Estbétique. La forme et le Sens chez Goethe, Lessing, Lévi-Strauss, Kant, Valéry, Husserl, Eco, Proust, Stendhal
Jean Petitot, Morphologie et Estbétique. La forme et le Sens cbez Goethe, Lessing, Lévi- Strauss, Kant, Valéry, Husserl, Eco, Proust, Stendhal, Paris, Maisonneuve et Larose, 2004, pp. 374.
Testo integrale
1Se negli ultimi anni sempre di più si è posta l’emergenza per l’estetica di stabilire interazioni con altri ambiti di ricerca scientifica, è pur vero che rari sono i casi di autori capaci di sviluppare la propria indagine su terreni eterogenei. Tra questi c’è Jean Petitot che con originalità conduce il proprio lavoro incrociando le due linee sulle quali si è formato: Thom e Greimas. Proseguendo nella direzione di Morfogenesi del Senso e Fisica del Senso, Morphologie et Estbétique, che rielabora ricerche condotte già da diversi anni da Petitot, è occasione preziosa per vedere all’opera, su questioni estetiche, un modello articolato di strutturalismo dinamico. Di tale modello è così possibile comprendere la configurazione dei suoi oggetti, il suo fondamento nella relazione tra il concetto di forma e quello di struttura, la sua relazione con filosofia e arti, e il percorso che dalla morfologia del sensibile conduce all’indagine sul senso.
2L’opera si compone di due parti. La prima è dedicata alle teorie scientifiche e filosofiche della forma in relazione all’estetica. La seconda è invece composta da quattro studi letterari. Nella prima parte Petitot prende le mosse dall’opera da lui considerata come il primo testo autenticamente strutturalista, lo studio di Goethe sul Laocoonte. Tale analisi permette di delineare i nuclei principali della questione della forma, in particolare i concetti di struttura organizzata e di non genericità. Col primo Petitot evidenzia il valore dinamico della struttura e il suo organicismo, mentre il secondo si configura come il principio fondamentale attraverso cui cogliere le significazioni semiotiche non concettuali: «criterio immanente puramente percettivo di pertinenza significativa» (p. 57). Del funzionamento di tale principio Petitot offre un esempio con uno studio sulla composizione pittorica di Piero della Francesca. Inoltre l’autore ricostruisce il dibattito sul Laocoonte in cui, soprattutto attraverso Lessing (visto come fondatore della semiotica moderna), Winckelmann ed Herder, riconosce un processo di autonomizzazione sia delle arti plastiche sia dell’oggetto sensibile. Tutta la prima parte ha per scopo l’individuare nel pensiero morfodinamico una costante che conduce da Goethe a Lévi-Strauss e a René Thom attraverso D’Arcy Thompson, al fine di mostrare una profonda attualità dello strutturalismo, visto più come un «naturalismo di ispirazione biologica» che come un «formalismo di ispirazione logi- cista». E riprendendo Lévi-Strauss, Petitot sottolinea come le strutture debbano essere concepite come forme dinamiche in sviluppo, come totalità morfodinamiche autorganizzate e autoregolate. In tal senso la celebre frase di Goethe «Gestaltungslehre ist Verwandlungslehre» e la morfologia come studio dei fenomeni manifesti della struttura degli organismi, rivelano tuttala loro attualità. Dopo lo studio su Goethe, Petitot analizza il ruolo che la teoria della forma ha nella terza Critica kantiana, rivolgendo al contempo grande attenzione all’Opus Postumum in cui Kant si domanda se una buona Critica del giudizio fisico non debba permettere una legalizzazione obiettiva delle forme, questione a cui le scienze contemporanee hanno risposto affermativamente. La manifestazione delle forme naturali viene letta da Petitot come principio unificatore della Critica della Facoltà di Giudizio, in quanto la forma è vista innanzitutto come presenza, come «interfaccia fenomenologico tra il soggetto e l’oggetto», come se al fondo della terza Critica ci fosse una fenomenologia della presenza. Dopo Kant, a conclusione della prima parte, Petitot passa in rassegna alcuni degli autori cruciali per il pensiero morfologico: Valéry, nella sua vicinanza a Kant, poi Peirce, Husserl, Merleau-Ponty, D’Arcy Thompson, Turing, Thom e Eco, dimostrando come «esista una significativa permanenza della questione morfologica nel pensiero moderno» (p. 115).
3I primi due saggi della seconda parte sono dedicati alla Recherche. In uno sono analizzate in dettaglio 14 funzioni della «petite phrase» di Vinteuil in Un Amour de Swann. Nel secondo Petitot si concentra sul funzionamento dei segni sensibili in Du coté du Guermantes, in particolare nell’episodio delle «clochers de Martin- ville». Gli altri due studi letterari sono dedicati a La Charteuse de Parme. Il primo alle modalità con cui Stendhal si ispira a tecniche di composizione pittorica e a come alcuni tratti figurativi dell’ambiente descritto siano in relazione con la psicologia di Fabrizio. E infine, nel tentativo di chiarire un fondo mitico e iniziatico del romanzo, l’ultimo studio è consacrato a mostrare come La Charteuse de Parme sia, in un certo senso, una “riscrittura” del mito di Eros e Psyché.
4L’intento di Petitot non è quello di fare della critica letteraria, ma piuttosto mostrare come Stendhal o Proust, così come Piero della Francesca o Valéry, debbano essere considerati come autentici scienziati e «grandi pensatori dei rapporti tra Forma e Senso», e che tale ideale di conoscenza non conosce steccati disciplinari.
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Giuseppe Di Liberti, «Jean Petitot, Morphologie et Estbétique. La forme et le Sens chez Goethe, Lessing, Lévi-Strauss, Kant, Valéry, Husserl, Eco, Proust, Stendhal», Rivista di estetica, 32 | 2006, 199-200.
Notizia bibliografica digitale
Giuseppe Di Liberti, «Jean Petitot, Morphologie et Estbétique. La forme et le Sens chez Goethe, Lessing, Lévi-Strauss, Kant, Valéry, Husserl, Eco, Proust, Stendhal», Rivista di estetica [Online], 32 | 2006, online dal 30 novembre 2015, consultato il 17 mai 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/estetica/6474; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/estetica.6474
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