Un glossario per Ugo Nespolo
Abstract
What follows is a kind of short “glossary” that aims to address the main issues that the viewer can find standing in front of the complex and varied creative production of Ugo Nespolo. The sequence of these items, or reading notes, despite being fairly free and non-systematic (and only partly chronological) in all respects the internal logic of the Nespolo’s research. A search that has developed and articulated over time in many directions but that has always maintained its extremely consistent identity. In this sense, each item is linked to the others, forming a network of references aimed to a satisfactory overview.
Piano
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Testo originariamente pubblicato sul catalogo della mostra Nespolo Ritorno a casa. Un percorso antologico, Museo del Territorio Biellese, Biella, 8 marzo - 7 giugno 2009, Milano, Silvana, pp. 8-24.
Testo integrale
Puzzle
1Dato che anche questo glossario è per certi versi un puzzle, non si poteva che iniziare così.
2L’interpretazione dell’opera di Nespolo sembra essere, per molti versi, fatalmente legata a questo termine, usato innanzitutto dall’artista stesso che aveva intitolato una delle sue prime mostre Logica del puzzle (Galleria Il Punto di Torino, 1966), e poi praticamente fino a oggi da tutti i critici, che ne hanno sempre sottolineato soprattutto le valenze ludiche.
3Cominciamo da una definizione del gioco del puzzle da vocabolario: «Gioco composto di elementi irregolarmente ritagliati che bisogna assemblare e incastrare fra loro per ricostituire un’immagine (disegni, riproduzioni o foto di soggetti normalmente ben riconoscibili)». Più i pezzi da assemblare sono numerosi più il gioco si fa complicato e interessante per gli appassionati, che non sono stimolati da intenzioni estetiche (non è per loro di importanza prioritaria la bellezza dell’immagine) ma da una forte, e a volte ossessiva, pulsione d’ordine, e cioè dal desiderio di trasformare una massa caotica e incomprensibile di piccoli frammenti in un insieme perfettamente strutturato e chiaramente definito dal punto di vista della comprensibilità iconica. Si tratta, insomma, di un impegno paziente e determinato basato sull’osservazione e selezione che non crea niente ma rimette al loro posto previsto tutti i tasselli, ognuno dei quali ha già in partenza la propria precisa collocazione da individuare. Il giocatore di puzzle come l’enigmista delle parole crociate e dei rebus vuole trovare “la soluzione”, quella già predeterminata in partenza da chi lo ha fabbricato. Questa è la “logica del puzzle”, che non ammette soluzioni alternative, ambiguità polisemiche o suggestioni immaginifiche, nella misura in cui è un sistema chiuso e “perfetto”.
4Molto diversa è invece la “logica del puzzle” che emerge dalla pratica operativa e creativa di Nespolo, caratterizzata sicuramente da una vena ludica, ma in una direzione diversa con connotazioni ironiche e anche enigmatiche che destabilizzano le normali abitudini della visione e che invitano l’osservatore a una lettura libera e fantasiosa delle opere. Non a caso l’artista è un adepto della Patafisica, la scienza delle soluzioni immaginarie.
5E bene ricordare che in inglese il significato principale della parola puzzle è imbarazzo, perplessità, problema, intrigo. E così è anche per l’artista: mentre i puzzle normali una volta finiti non interessano più, i suoi sono dispositivi figurativi aperti e problematici perché esteticamente stimolanti.
6Apparentemente di facile e piacevole lettura, queste opere diventano, a una visione più attenta e meditata, qualcosa di più intrigante e complicato, che gioca su una raffinata dialettica fra destrutturazione e strutturazione del linguaggio della rappresentazione visiva.
7L’invenzione di Nespolo è stata quella di praticare la tecnica del puzzle come forma artistica spiazzante e sorprendente, che mette in questione anche le consuete procedure della pittura d’immagini.
8Il contesto culturale di partenza per questa operazione è quello delle ricerche pop dei primi anni Sessanta. E la caratteristica dell’arte pop non è soltanto quella della scelta di soggetti e temi legati all’iconografia delle cultura di massa, ma anche quella dell’utilizzazione di stili e di tecniche impersonali e stereotipate come quelle della grafica pubblicitaria, della pittura all’aerografo dei cartelloni, dei fumetti e della fotoserigrafia.
9«Il vero artista pop — ha scritto il critico Robert Rosenblum — fa coincidere lo stile e il soggetto: rappresenta delle immagini e degli oggetti di serie utilizzando uno stile anch’esso fondato sul vocabolario plastico e sulle tecniche della produzione in serie».
10Affascinato all’inizio dalla ludica freschezza stereotipata dei libri di disegni per bambini (quelli con zone da colorare seguendo i contorni già delineati), Nespolo per primo usa i puzzle per realizzare immagini d’invenzione o rielaborate su modelli già esistenti. L’utilizzazione di questa tecnica (non per una produzione in serie ma per opere uniche) è piuttosto originale, perché ciò che interessa non è il gusto per le difficoltà del gioco ma il fascino visivo della combinazione a incastri dei singoli elementi realizzati con pezzi sagomati di legno vivacemente colorati. Nella prima fase emerge soprattutto una dimensione infantile messa in scena con divertita ironia, ma successivamente le cose si complicano nella misura in cui entrano in gioco nuovi temi, giochi di parole che si collegano a problematiche della poesia visiva, e sofisticate strategie citazioniste, in particolare quelle finalizzate alla rivisitazione della storia dell’arte moderna e contemporanea. Come per Lichtenstein, il banale stile fumettistico e anche il retino tipografico diventano elementi di un raffinato stile personale elaborato per realizzare lavori anche con complesse valenze metalinguistiche, così per Nespolo il puzzle assume un carattere di specifica e inconfondibile cifra stilistica, incidendo a livello strutturale allo stesso tempo sul piano dei significanti e dei significati, su quello della forma e dei contenuti.
Pop Art a Torino
11I quadri-puzzle di Nespolo, con le loro composizioni di sintetica e fantasiosa icasticità, sono senza dubbio tra i migliori contributi nell’ambito della Pop Art italiana, anche se, come si è detto, negli sviluppi successivi assumeranno caratteristiche diverse.
12Vale la pena ricordare qui che a Torino, verso la metà degli anni Sessanta, la svolta postinformale in direzione neodada e pop è stata tra le più tempestive e interessanti. Anche se non c’è stato un vero e proprio gruppo pop torinese (come quello romano di Schifano e amici) molti sono gli artisti stimolati da quel nuovo clima culturale tra cui Antonio Carena, Pietro Gallina, Beppe Devalle, Giorgio Bonelli, e specialmente, in termini molto originali che preludono a sviluppi in altre direzioni, Aldo Mondino con i suoi ironici giochi sulla pittura, Piero Gilardi con i suoi “tappeti natura”, Alighiero Boetti con lavori di geniale e ludica concettualità e per certi versi Michelangelo Pistoletto con i suoi specchi e “oggetti in meno”. Una particolare vena ludico-ironica accomuna Nespolo a Mondino e soprattutto a Boetti.
Oltre la Pop. Tangenze con l’Arte povera
13Nella fase appena successiva all’esplosione della Pop Art, Nespolo è tra i protagonisti della vitalissima scena dell’avanguardia torinese in stretto contatto con gli esponenti dell’emergente gruppo dell’Arte Povera.
14Il suo impegno creativo va al di là della pittura e si articola in due direzioni: da un lato quella della produzione di film sperimentali (uno degli aspetti più importanti della sua ricerca anche nei decenni successivi), e dall’altro quella della realizzazione di oggetti, costruzioni e installazioni con materiali piuttosto poveri, sempre su un registro ironico e paradossale ma anche con specifiche valenze concettuali.
15E il caso in particolare delle Macchine e oggetti condizionali, un ampio repertorio di ricerche oggettuali realizzato nel 1967 ed esposto in una personale alla Galleria Schwarz di Milano nel 1968, così commentata all’epoca da Tommaso Trini:
- 1 Supra: 19-20.
[...] Nespolo interviene sulla ragione delle cose più che sulle cose stesse. Ha inventato “pseudo-materiali” che aggiungono l’artificio all’artificiale; ha costruito una macchina per trasportare l’aria e un telefono per comunicare il ronzio del suo interno alimento, l’elettricità; ha coordinato lo spazio con barre metalliche a guisa di putrelle, e con le stesse crea environments che sono ostruzioni, barriere. [...] Un parallelepipedo di scatole in legno accatastate rimanda a una struttura primaria; ma ecco le morse da falegname, gli strumenti del fare allegati che ribaltano i dati formali in riferimenti costruttivi. Oppure vediamo un nastro serpeggiare segreto e inerte, tra due contenitori, entro i quali si arrotola e srotola se solo accettiamo di manipolare questa scultura-gioco. [...] Costruire, dunque, significa per Nespolo inserirsi entro un meccanismo di azione-reazione. Tra il prelievo di ceste di vimini, di rete da ping-pong, di cartoncini compressi o disposti a schedario e la funzione del nuovo oggetto, a lui interessa il momento della trasformazione, tra il possedere e l’usare, sottolinea il conoscere1.
16In un’altra mostra (Il Punto, 1968), viene addirittura messa in scena una spettacolare installazione, Molotov, con centinaia di bottiglie munite di miccia, inserite ordinatamente in oblique strutture di stoccaggio. Un provocatorio monumento effimero dedicato alle lotte politiche del Sessantotto, forse con un implicito riferimento allo Scolabottiglie di Duchamp.
17Molti di questi lavori sono su una lunghezza d’onda non lontana da quella dei lavori, più minimali, che nello stesso momento andava facendo l’amico Alighiero Boetti, come per esempio PingPong, Mimetico, Rotolo di cartone. Catasta, Lampada annuale, esposti nella sua prima personale alla Galleria Stein nel 1967.
18Ma si può trovare anche una certa affinità, al di là ovviamente delle diverse intenzioni artistiche, dal punto di vista dell’utilizzazione di tecniche artigianali, tra la produzione di arazzi di Boetti (tessuti dalle donne afgane e di Peshàwar), come per esempio le mappe del mondo o i giochi di lettere e parole, e quella dei puzzle e di altre opere realizzate con parole e immagini anche con differenti tecniche d’artigianato artistico.
19Lo stesso Boetti, in un lavoro concettuale del 1968 stampato come manifesto, propone un elenco di sedici amici che comprende tutti i poveristi, Ceroli, Schifano, Simonetti e Nespolo, ciascuno dei quali è accompagnato da un criptico giudizio indicato con simboli assolutamente indecifrabili. Con molti di questi artisti Nespolo partecipa nel 1967 a una delle fondamentali mostre di svolta, Con/temp/l’azione (nelle gallerie Christian Stein, Il Punto e Sperone).
20E lo stretto rapporto con i poveristi è rafforzato attraverso la realizzazione di tre film d’artista su lavori di altri artisti: Neonmerzare (1967), Boettinbianchenero ( 1968) e Buongiorno Michelangelo ( 1968-1969). Si tratta di straordinari esempi di una sperimentazione d’avanguardia aperta alle più vitali e stimolanti esperienze interdisciplinari (arti plastiche, teatro, cinema).
21Anche questi lavori testimoniano della predilezione dell’artista per operazioni metalinguistiche di interpretazione, rilettura, rivisitazione e citazione che hanno come tema altre opere d’arte strettamente contemporanee o moderne.
Dada Fluxus
22«L’art est inutile. Pas d’art. A bas l’art». Questa scritta si legge su un cartello che Nespolo teneva in mano durante una performance messa in scena insieme a Ben Vautier alla Galleria d’Arte Moderna di Torino nel 1967. Con Gianni-Emilio Simonetti e Giuseppe Chiari, Nespolo è uno dei pochi italiani che partecipa alle azioni di Fluxus, un movimento internazionale caratterizzato dalla massima libertà espressiva, dall’interdisciplinarietà e dalla multimedialità, dalla rottura di ogni aspetto di formalizzazione tradizionale e da uno stretto rapporto fra arte e vita.
23Vale la pena citare qui il provocatorio “ritratto” che Ben Vautier dedica all’amico:
24Questa esperienza radicale, anche se di breve durata, ha contribuito all’evoluzione di un’attitudine di ironica libertà controcorrente, e a una visione dadaista dell’arte (“antiarte”) nemica di ogni pedante seriosità, che si è sviluppata nelle forme più destabilizzanti in particolare nell’attività di film-maker, ma che ha lasciato forti e vivaci tracce anche nella produzione di quadri e sculture.
25Ancora nel 1977, nello spazio “Dov’è la Tìgre?” di Milano realizza uno spettacolare evento ludico, una sorta di happening interattivo. Si tratta di un bizzarro Luna park con giochi di vario tipo che coinvolgono attivamente tutto il pubblico.
Patafisica
26Una specifica connotazione del dadaismo nespoliano è quella legata alla “scienza delle invenzioni immaginarie” inventata da Alfred Jarry. Il suo personaggio dottor Faustroll ne è grande maestro. Nel 1948 nasce a Parigi il Collegio di Patafisica che avrà numerose filiazioni tra cui il collegio milanese fondato nel 1964 da Enrico Baj, a cui si aggrega anche Nespolo, che a sua volta fonderà la sezione torinese. Nel 1972, con Baj inaugura a Milano il Premiato studio d’Arte Baj & Nespolo.
27Lo spirito patafisico è contraddistinto da un atteggiamento fantastico, anarcoide, ironico, sarcastico, libertario, aperto al paradosso e alla provocazione creativa, e animato da una spiccata propensione all’irrisione per ogni forma di conformismo e rispettabilità borghese.
28Come esempi della forma mentis patafisica di Nespolo possiamo citare un frammento di testo pubblicato in un catalogo del 1974 (Galleria Blu, Milano). Da “Biobibliografia” (divisa in tre parti “Nato”, “Crepato”, “Campato”): «Nato: Pappato Rognato Caccato Dormito | Il babbo veloce lo dice al cognato | Precorre Istintato Mostrato col dito | Artista sicuro Ben ricco impegnato [...]».
Parole e immagini: gioco e doppio gioco
29La dimensione del gioco messa in gioco da Nespolo in direzione spudoratamente infantile ma anche in quella di sofisticate elucubrazioni linguistiche e iconiche, e in quella di sarcastiche provocazioni critiche verso l’ideologia e il sistema dell’arte contemporanea, prende forma spesso attraverso una ben articolata interazione fra testi scritti e formalizzazione sul piano artistico realizzata con “puzzle” in legno, e con altre tecniche e materiali come l’intarsio in alabastro o il ricamo.
30Anche se in termini del tutto originali, questa parte del lavoro di Nespolo può essere collegata per certi versi con l’area di ricerca che va sotto il nome di Poesia visiva o concreta, ma con una connotazione molto particolare caratterizzata da un interesse prioritario alla qualità visiva, ben lontana dall’intellettualismo e dal sociologismo critico degli esponenti di quella tendenza.
31Nespolo è innanzitutto artista pittore, capace di trasformare le parole e le frasi utilizzate nelle sue composizioni in elementi di indubbio fascino visivo (come, sia pure in modo ben diverso, Magritte o Boetti), riuscendo comunque a mantenere viva la tensione significativa.
32In questo senso forse la migliore interpretazione della complessa dimensione ludica verbo-visiva di Nespolo è il seguente testo assai criptico di Edoardo Sanguineti, intitolato Rompilingua Scioglitesta (presentazione per il catalogo della mostra Ugo Nespolo nella più bella mostra dell’anno, L’Atelier, Torino, 1970) di cui riportiamo qualche riga: «Un Giuoco Oscuro Non É Scurato Per Oscurare L’Oscurità Un Giuoco Ondoso Non É Sondato Pen Ondosare L’Ondosità [...] Un Gioco Oblato Non É Sublato Per Oblatore L’Oblacità Un Giuoco Osceno Non É Scenato [...]».
La poetica della citazione
33Uno degli aspetti più caratteristici della ricerca dell’artista, e forse proprio quello fondamentale, è la dichiarata avversione al mito dell’originalità creativa dell’artista e della “opera d’arte”, e anche alla retorica avanguardistica dell’innovazione e dell’invenzione continua di nuovi linguaggi e stili. Questa di Nespolo è una posizione teorica e operativa molto particolare e interessante perché è coscientemente contraddittoria e provocatoria. Mi spiego meglio. Nespolo è un artista di indubbia inventività, e la sua formazione negli anni Sessanta è strettamente legata alle ricerche d’avanguardia (neoavanguardia) in un contesto culturale di punta come quello torinese in cui da subito si inserisce ad alto livello. E dunque, come quasi tutti i compagni di strada di quel periodo, avrebbe potuto sviluppare una ricerca in quella direzione. Ma invece ben presto, nei primi anni Settanta, ha pensato bene di sparigliare, di porsi in una posizione spiazzante rispetto alla programmatica rottura spiazzante delle nuove tendenze minimaliste, processuali, poveriste e concettuali.
34E questa sua scelta che (molto in anticipo) ha specifiche valenze postmoderne, ha caratteristiche controcorrente perché pur essendo basata su una reale convinzione di libertà operativa, rivendica allo stesso tempo una sorta di “ritorno al mestiere” di dechirichiana memoria, e cioè alla produzione di artefatti ben realizzati, con tecniche non avanguardistiche ma, sia pure in modo innovativo, legate anche a quelle dell’artigianato artistico.
Citare/Copiare
35Riportiamo qui una precisa dichiarazione (nel tipico stile provocatorio nespoliano) di elogio della copia, che si intitola A coloro che si sentono copiati (con la mania dell’invenzione): «inventare | inventare | inventare | ma che cazzo sognate di fare | La regola sia invece | copiare quando ti pare | (questo sì che è inventare) | ecco cosa si deve fare» (in catalogo della mostra alla Galleria Blu, Milano, 1974).
Arte benfatta. Tecniche dell’artigianato artistico. Postmoderno
36Se da un lato Nespolo prosegue nella sua produzione di film sperimentali (non molti ma scanditi negli anni), dall’altro lato a partire dai primi anni Settanta la sua produzione di arte figurativa si precisa e si intensifica nella direzione dei quadri puzzle ma anche in quella di lavori realizzati con altri materiali e tecniche con specifiche connotazioni artigianali, con intenzioni sempre ironiche provocatorie.
37L’avanguardia punto dopo punto (mostra del 1973 alla Galleria Blu di Milano), è un esempio di indisponente citazionismo che fa lo sberleffo all’avanguardia attraverso la trasposizione su ricamo in seta di una serie di opere di artisti innovatori come Noland, Morris, Warhol, Liechtenstein e Gilbert & George. É un’operazione che si potrebbe definire di “retrò-avantgarde”, ed è il preludio di un’ampia produzione di lavori-puzzle (anche composizioni di grande impatto) in cui sono messi in scena citazioni di opere dei maggiori artisti contemporanei e delle avanguardie storiche.
38L’anno successivo sempre nella stessa galleria viene presentata una personale che nel catalogo Paolo Fossati definisce ironicamente di “arte ricca”: è una mostra che già nel titolo, Ugo Nespolo. Alabastro, argento, avorio, ebano, lacca, seta, smalto, sottolinea provocatoriamente lo sfoggio di materiali preziosi utilizzati per opere realizzate con precisa cura artigianale. É una mostra che presenta tra l’altro una serie di tempietti classici riempiti di piccoli oggetti, di uno stile che potremmo definire pop-decò decisamente postmoderni ante litteram.
39Bisogna aggiungere qui un’altra considerazione che riguarda i quadri-puzzle. Questi lavori, al di là della loro indubbia connotazione pop, possono essere anche collegati alla tradizione, in particolare rinascimentale, dell’arte delle tarsie, in particolare quelle lignee realizzate da maestri intarsiatori spesso su cartoni di grandi artisti.
- 3 Vedi infra: 141-147.
40In una interessante conversazione con l’artista, il filosofo Gianni Vattimo si dichiara colpito dall’evidenza della sua «maestria compositiva, persino manuale» (e dalla sua particolare vena ironica pre-postmoderna) che si caratterizza per molti versi attraverso «il recupero delle forme, anche tradizionali» sia pure in maniera per niente tradizionale. E giustamente nota: «Tu potresti, con buona ragione, rivendicare una sensibilità postmoderna in tempi in cui ancora dominava un avanguardismo di tipo modernistico» (in Ugo Nespolo, catalogo della mostra, Palazzo Reale e Arengario, Milano, Electa, 19903).
Storie di museo
41«Amo usare il magazzino delle arti come fonte di ispirazione, diciamo così, e anche “il reale intorno” [...].»
42Storie di Museo è il titolo di un bel volume (Bologna, Marescalchi-Allemandi, 2001) che documenta una buona parte dell’ampia produzione di lavori-puzzle dedicate all’affascinante, alienante e feticistica teatralizzazione museale delle opere d’arte della modernità e contemporaneità, combinate insieme come tasselli di una grande puzzle culturale. Lavori che sono il trionfo di un’irridente e bulimico programma di strategia citazionistica, che ha come obiettivo polemico non le opere degli artisti (in molti casi amati e comunque sempre rispettati) ma il modo in cui vengono messi in scena a uso e consumo di una alienante ideologia della “fruizione estetica” pseudoelitaria funzionale al sistema dell’arte e a quello più generale della società dello spettacolo.
43Questa operazione di Nespolo non va interpretata riduttivamente solo come un intelligente e brillante tour de force ludico provocatorio (come troppo spesso ha fatto la critica non favorevole), ma anche come una testimonianza di sincero sentimento di amore-odio per una realtà che condiziona in modo determinate il destino della creatività artistica.
44E dunque, in tal senso, bisogna credere a Nespolo quando dice che questa sua attitudine operativa ironica e a volte sarcastica, con funzione liberatoria, ha anche una connotazione tragica.
45«Se ci pensi — dice l’artista a Vattimo nella conversazione citata — deve pur esserci anche una sorta di tragicità nel “gioco” che io ho sempre messo in atto di portare un elemento di dubbio ironico alla “modernità” così come risulta nelle esibizioni museali, elaborando immagini in cui risultano, ridotte a figurine, le sale (più o meno immaginarie) dei Musei con le loro opere».
46Nell’introduzione al libro scrive: «Questo libro raccoglie le molte tappe di un singolare viaggio dove il teatrino dell’arte si rappresenta con tutti i suoi protagonisti: la scatola vuota/museo, l’opera/protagonista muta, lo spettatore/ombra». Questa posizione provocatoria è supportata nel volume da numerose citazioni di scrittori e filosofi, soprattutto da una serie di spietate considerazioni sul sistema dell’arte newyorkese di Tom Wolfe, autore del celebre pamphlet Come ottenere il successo in arte (1975).
47Detto questo, non si può non apprezzare, anche con divertito piacere, la qualità figurativa dei suoi complessi, articolati e fantasiosi giochi compositivi di caleidoscopica cromaticità, dove le opere dei più celebrati artisti sono rivisitate e reinventate con trasgressiva precisione (a partire da una conoscenza diretta delle soluzioni linguistiche originali) e messe in relazione con gli spazi espositivi e le presenze dei visitatori, dando vita a delle raffinate narrazioni iconiche stilisticamente unitarie. Qui tutto viene, per così dire “nespolizzato”, come in un grande gioco di carte, dove al posto dei re, regine e fanti, troviamo le figurine Panini della storia dell’arte, amate, collezionate e irrise.
48Nespolo porta all’estremo il tentativo liberatorio di neutralizzazione delle contraddizioni di fondo attraverso una strategia di evasione ludica, intenzionalmente elaborata su un doppio e ambivalente registro: quello di una provocatoria regressione infantilizzante, e quello au duexième degré di una sofisticata operazione metalinguistica.
49Parlo di tentativo perché alla fine il rischio (peraltro esteticamente produttivo) è quello di entrare in un realtà labirintica senza vie di uscita. Ma questo è forse il destino inevitabile dell’arte.
Nespolo’s
50L’atteggiamento polemico nei riguardi del sistema dell’arte diventa ancora più provocatorio quando viene messo in gioco direttamente anche il mercato dell’arte. Esemplare in questo senso è la fondazione (nel 1993) della Nespolo s Società in proprio, un’operazione messa in scena attraverso la realizzazione di una serie di lavori-puzzle che si presentano come immagini di pagine di un catalogo di un’asta che documentano, come lotti precisamente numerati, opere di vari autori da Dubuffet a Larry Rivers, da Appel a Baselitz, da Warhol a Twombly.
Fortunato Depero
51L’artista più amato da Nespolo è Fortunato Depero, straordinario protagonista del Futurismo fino a ora piuttosto sottovalutato perché colpevole, per gli storici e critici conformisti, da un lato di non aver tenuto conto della separazione canonica fra arte “pura” (pittura, scultura) e arti applicate, e per questo accusato di essere più un artista-artigiano e tuttalpiù protodesigner, e dall’altro lato, in ogni caso, di essere troppo superficiale per la sua fantasiosa ironia ludica. Depero in sostanza non è stato preso molto sul serio (neanche ai suoi tempi dominati da “veri” artisti come Sironi e Carrà) e relegato in posizione marginale.
52Ma Depero è stato un grande precursore di una concezione aperta e libera della creatività artistica diffusa e multidisciplinare; è stato, nella sua genialità allo stesso tempo raffinatissima e naif, un originalissimo pittore, scultore, scenografo, progettista di oggetti e grafico pubblicitario, che ha sempre lavorato inseguendo con un’energia creativa straordinaria il suo (e di Balla) utopico sogno di una “ricostruzione futurista dell’universo”.
53L’ammirazione di Nespolo per Depero (delle cui opere e scritti è anche appassionato collezionista) è una chiara presa di posizione tesa ad affermare una diversa e alternativa definizione, rispetto a quella dominante, della figura dell’artista contemporaneo “da museo”.
54Per molti versi Nespolo vede nell’artista di Rovereto un modello di riferimento, anche se è ben cosciente che i tempi sono cambiati e che all’utopia avanguardistica si deve sostituire un più concreto pragmatismo operativo e professionale, senza per questo abbandonare la libertà di trasgredire e perseguire nuove forme di esperienza creativa.
Collezionismo
55Nella sua elaborata e complessa pratica artistica di strategie citazionistiche emerge con chiarezza anche una singolare sindrome da collezionista ben controllata per finalità creative.
56E non a caso questa passione collezionistica si è concretizzata anche, per divertimento e interesse culturale, in vere e proprie collezioni di oggetti che animano in maniera inconfondibile il suo spettacolare studio. Si tratta di raccolte di quadri e sculture di artisti amati, di oggetti pop (da fare invidia a Renzo Arbore); di macchine da presa e di proiezione cinematografiche, di libri e pubblicazione rare sull’arte contemporanea. Tutto ciò ha un rapporto stretto con le sue proprie opere, formando un paesaggio d’interni che è anche per molti versi un paesaggio interiore dell’artista.
57In tal senso (cosa che vale in realtà per tutti gli artisti veri) lo studio è un’estensione concreta del paesaggio mentale dell’artista. Il libro fotografico di Gianni Berengo Gardin, Dentro lo studio (Milano, Skira, 2003) documenta in modo eccezionale quanto si è detto.
Note
1 Supra: 19-20.
2 Il testo di Vautier è stato pubblicato sul catalogo della mostra Macchine e oggetti condizionali. Galleria Schwarz, Milano 5-30 marzo 1968: .8 (N.d.C.).
3 Vedi infra: 141-147.
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Notizia bibliografica
Francesco Poli, «Un glossario per Ugo Nespolo», Rivista di estetica, supplemento al n. 58 | 2015, 61-71.
Notizia bibliografica digitale
Francesco Poli, «Un glossario per Ugo Nespolo», Rivista di estetica [Online], supplemento al n. 58 | 2015, online dal 30 novembre 2015, consultato il 18 mai 2025. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/estetica/2275; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/estetica.2275
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