Ugo Nespolo, un richiamo mnemonico
Abstract
Written on the occasion of Ugo Nespolo’s first exhibition, this paper is about his activity as a painter and, at the same time, as a young intellectual who was critical toward the contemporary age. Nespolos artistic works are characterised by a “projecting attitude”: to project a shape or a visual combination on canvas means for Nespolo to affirm his critical reasons. Therefore, through his artworks the viewer has the emerging of the possibility to engage a mind journey.
Note della redazione
Testo originariamente pubblicato sul catalogo della prima mostra di Ugo Nespolo presso Il Girasole Galleria d’arte contemporanea, Roma, 1966, pp. 3-5.
Testo integrale
1Nato nel 1941, Ugo Nespolo è davvero fra i giovanissimi che fanno pittura. L’ho avuto studente all’Albertina di Torino, e posso ben testimoniare — intanto — sulla non comune densità della sua coscienza (e preparazione) d’intellettuale giovane, affacciato con buona attrezzatura culturale e con intenso fervore ideologico (mascherato, forse, ma non certo attenuato dall’affiorare in primo piano di toni ironici) alle laceranti contraddizioni della nostra realtà contemporanea. E credo che, per questa sua prima mostra di opere recenti ma che concludono qualche anno di ricerca, si possa ben parlare di una prima maturità. Che è sì verificabile al livello del dominio formale; delle clausole stilistiche, della fantasia icono-emblamatica; ecc., ma che mi pare abbia il suo punto più valido di dimostrazione al livello dell’atteggiamento di partenza di cui questi quadri sono la spia e al tempo stesso il risultato aperto (implicante, cioè, un’attività completante— di cui poi riparlerò — da parte del riguardante): l’atteggiamento, voglio dire, che trovo ben definito in un breve testo di Albino Galvano per un fascicolo di disegni di Nespolo, da poco stampato a cura del Politecnico di Torino, laddove si invita a cercare nell’attuale lavoro del torinese «qualcosa di simile al progetto architettonico che propone una direzione di lavoro tanto definita nell’insieme e nei particolari quanto destinata ad acquistare il significato che solo la rende valida dal preciso lavoro tecnico che la tradurrà in oggetto abitabile. Anche se, trattandosi di quadri, in quelli di Nespolo e in altri abiteremmo non fisicamente ma nella dimensione intersoggettiva di una disponibilità mentale e morale mai completamente chiusa a revisioni e mutazioni e tuttavia sempre pertinente al senso iniziale della proposta che dal pittore ci è porta». Questo atteggiamento progettante, nel senso definito da A. Galvano è testimoniato da una serie di scelte formali, a cominciare da quelle più generalmente strutturali: la tela presentata al riguardante come una mappa, un frammento di carta topografica segnata da linee ora continue ora discontinue quasi secondo una traccia trigonometrica, o quasi fossero residui d’una triangolazione accennata, interrotta un momento prima che il rigore misurativo divori ogni margine a una più libera esplorazione fantastica. E proprio in questo sospendere a tal punto la misurazione perché l’accennata struttura topografica della tela o del foglio possa ricevere l’invasione d’un altro mondo di forme, c’è - mi sembra - l’elusione di quel pericolo (assai incombente per un artista della formazione critica e teorica che ha Nespolo) che consisterebbe nel lasciarsi prendere dal vecchio e sempre rinnovato gioco delle matematiche severe come astratto paradiso dal quale è espunto, prima ancora che abbia potuto germinare, il seme del tragico. Resterà semmai da vedere nel suo lavoro dei prossimi tempi in che modo questa componente dell’immagine si disporrà sulla superficie della tela, se con nuovo fervore mito-poietico, o con nuova riscossa d’industrialformalismo. Si vedrà. Per ora, il senso ideologico del progetto, in Nespolo, sta come incarnazione contemporanea e necessitata d’un tema della ragione critica, alle prese con le articolazioni frananti d’un mondo putrefatto e, perciò, come non retorico appello alla capacità razionale-costruttiva e razionale-giudicante del riguardante. Direi persino che si tratta, qui, d’una sorta di equivalente plastico di certi aspetti del metodo brechtiano: disilludere subito, insomma, il riguardante, prima ancora che questi possa adagiarsi nella contemplazione passiva di un universo fittizio, scenico; e per far questo con metodo dialettico, ossia presentandogli subito un campo strutturale che egli non possa in alcun modo accettare come luogo pseudo-reale dell’azione fantastica. Sicché il riguardante sia costretto a quell’azione completante della quale ho già fatto cenno, e che sia costretto a farlo in una proiezione verso la realtà, espulso com’è, e subito, dalla possibilità di fissarsi dentro un’iconolatria.
2A questo punto, intervengono, a ulteriormente confermare l’immagine, gli invasori: al tempo stesso emblemi e corpi reali d’una iconografia essenzialmente araldica, nel cui disporsi sia dimensionale (lungo la tendenza dell’ingigantimento dell’oggetto e del particolare) sia analogico (per esempio la ravvicinata compresenza, e a volte interpenetrazione, di elementi anatomici — una mano — od organici — piante, radici — a elementi industriali — una macchina o parte di macchine) credo riviva in qualche modo una delle più alte e segrete (come fortuna nei fatti successivi dell’arte contemporanea) lezioni di Fernand Léger. Al quale non so se, e in che misura, Nespolo abbia pensato o pensi. In ogni caso, la convergenza con quell’aspetto dell’azione plastica di Léger mi pare chiara, e mi paiono anche chiare le ragioni della convergenza stessa. Rispettatissimo s’intende, ma poco amato direi - questo grande Léger industrialista-macchinista su un asse ideologico di robusto socialismo: forse per questo poco amato, perché troppa terra toglie sotto i piedi ai costruttivismi (quelli recenti, dico) meno compromettenti, o gli industrialismi propedeutici dell’assunzione in Ditta. Che poi vi sia qui una responsabilità anche della critica non mi pare dubbio: il fatto è che l’opera di Léger non ha ancora trovato una mediazione critica che non fosse o evasiva (da una parte) o troppo sommaria e semplicistica (dall’altra).
3Per tornare a Nespolo, è evidente che, rispetto a Léger, c’è un dirottamento della epica del mondo meccanico (e della classe operaia) a una più contaminata e degradata commistione di frammenti mondani; e d’un mondo più eterogeneo e più centrifugato. Intervengono simboli di diversa estrazione; quasi proiezioni di diversi livelli psicologici e culturali co-agenti insieme: scritte, forme d’oggetti industriali, serti floreali, mani prelatizie, gioielli sfaccettati, alberi, vascelli ecc., come agglutinati insieme da una visione lievitante che pure non perde mai l’ancoraggio a una composta lucidità d’organizzazione visiva, sottolineata del resto dai timbri acuti del colore freddo, rosso, argento, bianco, nero. Voglio dire che la traccia surrealista se c’è (e non ne sono sicuro) non è da sopravvalutare qui — come del resto (per riaprire l’inciso su Léger) non è da sopravvalutare nei rapporti analogici stabiliti, a partire dagli anni Trenta dal grande normanno, tra oggetti di diversa funzione e di diverso richiamo mnemonico. Non visione onirica, dunque in Nespolo, ma percorso della mente e degli occhi sull’orografia mossa e frastagliata d’un paesaggio del quale egli cerca in ogni modo di mettere in luce le possibilità di ordine (cioè di ricomposizione nuova) e al tempo stesso di non passare sotto silenzio il travaglio, dentro la storia. E l’idea del progetto, si deve dire di nuovo, a recare al riguardante la traccia possibile del riordinamento, entro il fitto brulichio di quella iconografia araldico-emblematica di eterogenea mondanità.
4Ma mi pare che Nespolo ben sappia che l’illusione demiurgica del riordinamento-pacificazione del mondo per magica virtù d’arte (d’arte astrattamente riordinata) non è più proponibile; e di qui, la convocazione del riguardante a una responsabilità, la sua chiamata a completare nelle cose la chiara traccia del progetto; non commemorazione, dunque, di Gesta Dei per Francos, ma invito ad attuare Gesta Francorum, in luce di ragione.
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Antonio Del Guercio, «Ugo Nespolo, un richiamo mnemonico», Rivista di estetica, supplemento al n. 58 | 2015, 7-9.
Notizia bibliografica digitale
Antonio Del Guercio, «Ugo Nespolo, un richiamo mnemonico», Rivista di estetica [Online], supplemento al n. 58 | 2015, online dal 30 novembre 2015, consultato il 09 octobre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/estetica/2255; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/estetica.2255
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