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II. Recensioni
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Federico Mazzini, “Cose de laltro mondo”: una cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina, 1914-1918

Andrea Zaffonato
Notizia bibliografica:

Federico Mazzini, “Cose de laltro mondo”: una cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina, 1914-1918, Pisa, ETS, 2013, 309 pp.

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Federico MAZZINI, “Cose de laltro mondo”: una cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina, 1914-1918, Pisa, ETS, 2013, 309 pp.Visualizza l'immagine
Credits: Federico MAZZINI, “Cose de laltro mondo”: una cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina, 1914-1918, Pisa, ETS, 2013, 309 pp.
  • 1 AUDOIN-ROUZEAU, Stéphane, BECKER, Annette, La violenza, la crociata, il lutto. La Grande Guerra e l (...)

1Il libro di Federico Mazzini, assegnista di storia contemporanea presso l’Università di Padova, pone al centro della riflessione il tema della “cultura di guerra” nell’ambito dell’esperienza bellica dei contadini trentini arruolati tra le fila dell’esercito austro-ungarico durante il primo conflitto mondiale. L’autore intende mettere alla prova il paradigma storiografico elaborato dagli studiosi francesi Stéphane Audoin-Rouzeau e Annette Becker, secondo i quali il protrarsi delle ostilità per oltre quattro anni fu reso possibile non solo dall’efficacia dei metodi coercitivi impiegati dalle autorità per reprimere le manifestazioni di dissenso suscitate dall’irreggimentazione delle masse e dalle stragi al fronte, bensì dall’atteggiamento di condiscendenza, se non di vera e propria condivisione, che la maggioranza delle popolazioni europee mostrò per gli obiettivi del conflitto. In questa prospettiva, la sostanziale tenuta degli eserciti in campo si spiegherebbe con la diffusione capillare di un sentimento d’odio contro il nemico: i combattenti non sarebbero soltanto le vittime di una violenza subita, ma i perpetratori di una violenza esercitata in modo razionale e consapevole1.

  • 2 Sulla natura dei materiali conservati nell’archivio e per un inquadramento storiografico delle font (...)

2Le fonti che Mazzini adopera per vagliare l’aderenza del caso trentino a questa tesi sono costituite da un campione di oltre centocinquanta diari e memorie di guerra, tra testi editi e testimonianze conservate nell’Archivio della scrittura popolare del Museo storico di Trento2. Si tratta di materiali autobiografici rigettati dai due storici francesi, i quali considerano ingannevoli i documenti incentrati più sulla dimensione intima del “sé” che sulle sollecitazioni esterne di tipo politico.

  • 3 Tra i contributi più recenti sui combattenti italiani mi limito a segnalare WILCOX, Vanda, «Tra tes (...)
  • 4 MAZZINI, Federico, “Cose de laltro mondo”: una cultura di guerra attraverso la scrittura popolare t (...)

3Se le scritture di guerra ben si attagliano agli studi della nuova storia culturale, nei quali corpi, emozioni e percezioni dei soldati diventano gli oggetti di una ricerca calata nei sistemi di rappresentazione della realtà e dell’immaginario,3 risulta più difficile trattare il tema della violenza sulla base di documenti in cui spesso si riflette la volontà degli autori di obliare la memoria dell’efferatezza degli atti compiuti. I silenzi dovuti a questa eclissi dell’ “io” sono affrontati dall’autore attraverso una analisi critica delle strategie narrative e dei dispositivi retorici impiegati dai combattenti nelle loro scritture, per comprendere se la loro esperienza di guerra fu segnata da una violenza ispirata dall’ardore patriottico o, piuttosto, da una «educazione all’ubbidienza»4 di matrice apolitica impressa nei caratteri della cultura contadina.

4Per quanto la tentazione di interpretare casi individuali come manifestazioni di tendenze più generali possa portare alla formulazione di ipotesi prive di riscontro, l’approccio sistematico e comparativo di Mazzini permette un’ analisi a vasto raggio di testi che, pur rielaborando vicende personali uniche e irriducibili, sono comparabili per affinità, comunanza e ricorrenza di stili e contenuti. Opportunamente le fonti vengono inquadrate attraverso una definizione del contesto socioculturale di appartenenza degli autori, a cui si aggiunge un’ interpretazione dell’alto grado di complessità raggiunto da alcune testimonianze.

5Come evidenzia Mazzini, chi scrive intende lasciare una traccia di sé, redigere un bilancio complessivo e conferire un senso alla propria esistenza, o anche giustificarsi dinnanzi agli accadimenti. In particolare, le considerazioni retrospettive emergono con maggiore facilità nelle memorie redatte in un luogo e in un tempo “altri” rispetto ad un evento bellico ormai concluso, a cui lo scrivente può guardare nella sua qualità di sopravvissuto in grado di ragionare sulle scelte compiute; questi testi però possono risentire dello iato tra il momento dell’esperienza e quello della stesura materiale dello scritto. Non sempre i resoconti dei soldati appaiono perfettamente coerenti, ma proprio i toni contraddittori che talora si riscontrano all’interno di narrazioni che possono presentare scarti ed evoluzioni imprevedibili legati al succedersi degli avvenimenti, costituiscono la vera ricchezza di questi documenti, utili per l’individuazione di percorsi individuali inseriti in un evento storico di smisurata grandezza, il quale tuttavia perderebbe di consistenza senza i suoi protagonisti, per quanto anonimi e ininfluenti possano apparire.

  • 5 ANTONELLI, Quinto, «Le scritture di guerra», in Archivio trentino della scrittura popolare, p. 1, U (...)

6Da questo punto di vista alcune scritture trentine sono esemplari, perché rispecchiano l’odissea personale dei loro autori. Non va dimenticato che per i soldati trentini inquadrati nell’esercito austriaco la partecipazione al conflitto si risolse in un drammatico trasferimento forzato sul fronte orientale, e successivamente in una dura esperienza di prigionia in Russia. Non solo: a ostilità concluse, essi si ritrovarono nella speciale condizione di «vinti redenti», ovvero di italiani che pur avendo combattuto per l’Austria si sentirono spinti a ridurre o tralasciare riferimenti a quell'antico senso di lealtà scalzato dagli eventi, se non a scusarsi per aver combattuto «dalla parte sbagliata»5. In questo senso, la fedeltà ad una causa nazionale o a quella avversaria poteva rivelarsi determinante per i destini personali di uomini chiamati a compiere scelte difficili e potenzialmente pericolose. La questione è cruciale, e per i soldati contadini Mazzini propone una soluzione diversa dallo schema delle appartenenze nazionali radicate nelle identità individuali.

7La vicenda che più di altre può fare luce sull’idea di “patria” che avevano i coscritti trentini è quella dei circa seimila prigionieri – tra cui moltissimi disertori – condotti nel campo siberiano di Kirsanov a seguito di un accordo tra autorità italiane e russe. La Missione Militare guidata dal colonnello Achille Bassignano fu incaricata nell’agosto 1916 di persuadere gli «irredenti» a chiedere la cittadinanza italiana in vista del trasferimento nella penisola, con la prospettiva di un successivo arruolamento nelle forze armate. Come risulta da un’attenta lettura delle testimonianze, questo invito suscitò all’interno della comunità trentina sentimenti contrastanti. I dubbi scaturivano dalla preoccupazione di perdere i diritti connessi allo status di prigionieri di guerra: per quanto la promessa di un ritorno in terre più vicine a casa fosse allettante, quasi nessuno valutò con favore l’ipotesi di riprendere le armi nell’esercito italiano, malgrado la propaganda tendesse ad esaltare il loro entusiasmo patriottico.

  • 6 MAZZINI, Federico, op. cit., p. 131.

8Nel corso di questa ed altre vicende travagliate, Austria e Italia furono percepite come due entità estranee, valutate a seconda dei maggiori o minori benefici che di volta in volta potevano derivare dal parteggiare per l’una piuttosto che per l’altra. Dai documenti emerge quello che Mazzini definisce un «patriottismo sub condicione»6, un concetto flessibile e volatile impiegato per fini eminentemente utilitaristici, ma privo di radicamento ideologico e viscerale.

9Constatata la mancanza di un consenso emotivo al conflitto condotto dagli austriaci, ma anche alla causa irredentista filo-italiana, l’autore verifica se nelle fonti vi sia traccia di una “cultura di guerra” definita in senso ampio come il sistema di rappresentazioni che la società europea dell’epoca attribuì all’evento bellico per conferire un senso e una giustificazione alle manifestazioni più brutali del conflitto.

  • 7 Ibidem, p. 194.

10Il merito di Mazzini consiste nel mostrare come i silenzi e i vuoti narrativi riscontrabili nella maggior parte delle scritture popolari, lungi dal costituire un ostacolo insormontabile all’indagine storica, rappresentino al contrario un’ opportunità per identificare i meccanismi mentali che presiedono al processo di rielaborazione della memoria. L’occultamento dei ricordi legati agli episodi più crudi, secondo Mazzini, non implica necessariamente una deliberata negazione o mistificazione della realtà, ma va interpretato come «dato culturale in sé»7, ammettendo da un lato l’irriducibilità degli scriventi alla radicalizzazione portata dal conflitto, e dall’altro la persistenza di valori tradizionali confacenti alla mentalità popolare.

11Nella parte finale del suo lavoro l’autore mette in luce le astuzie e gli stratagemmi impiegati dai soldati per sottrarsi al servizio militare, dalle diserzioni alle auto-mutilazioni passando per forme più sottili di resistenza all’autorità, come l’invio insistito e petulante, quasi molesto, di suppliche e reclami. La scelta di abbandonare la posizione non sembra implicare alcun problema di ordine morale o dilemma interiore, palesando così un rifiuto totale della guerra e delle sue pratiche.

12In conclusione, “Cose de laltro mondo” si configura come un excursus stimolante attraverso scritture tutt’altro che semplici e banali, in cui si estrinsecano individualità che non intendono lasciarsi stritolare dagli ingranaggi del conflitto di massa. Nell’esperienza dei contadini trentini la guerra, portatrice di una modernità estrema ed estremizzante, fu percepita ad un tempo come rovesciamento della normalità e cataclisma destinato a purgare i mali del mondo, ma mai come frattura insanabile con il passato. Agli effetti disgregatori dell’ immane cesura storica quegli uomini reagirono richiamandosi alla tradizione e alle consuetudini del mondo rurale, nella vana speranza di una restaurazione dell’ordine delle cose.

13Anche se nella trattazione non emerge una netta indicazione in tal senso, è certamente chiaro all’autore che, data la casualità con cui i materiali sono stati depositati nell’Archivio trentino, a priori non è possibile escludere che altri diari e altre memorie per il momento conservati da privati cittadini – ma un domani a disposizione degli studiosi – possano contribuire all’arricchimento dell’analisi, e persino portare ad una sua ridefinizione in termini qualitativi. Alla luce dell’ampiezza del campione preso in considerazione, resta fermo l’alto valore dell’opera, la quale potrà servire come metro di paragone per future ricerche basate su fonti omogenee, quantomeno per origine geografica ed estrazione sociale degli scriventi.

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Note

1 AUDOIN-ROUZEAU, Stéphane, BECKER, Annette, La violenza, la crociata, il lutto. La Grande Guerra e la storia del Novecento, Torino, Einaudi, 2002 [Ed. originale: 14-18. Retrouver la guerre, Paris, Gallimard, 2000]. Sul dibattito innescato da questa tesi cfr. PROCACCI, Giovanna, Alcune recenti pubblicazioni sulla “cultura di guerra” e sulla percezione della morte nel primo conflitto mondiale, in LABANCA, Nicola, ROCHAT, Giorgio, Il soldato, la guerra, il rischio di morire, Milano, Unicopli, 2004, pp. 107-124; LABANCA, Nicola, Cultura di guerra, note su una categoria storica, in DEL NEGRO, Piero, FRANCIA, Enrico (a cura di), Guerra e culture di guerra nella storia d’Italia, Milano, Unicopli, 2011, pp. 13-23.

2 Sulla natura dei materiali conservati nell’archivio e per un inquadramento storiografico delle fonti cfr. ANTONELLI, Quinto, Scritture di confine: guida all’Archivio della scrittura popolare, Trento, Museo storico, 1999; ID., I dimenticati della Grande Guerra: la memoria dei combattenti trentini (1914-1920), Trento, Il Margine, 2008.

3 Tra i contributi più recenti sui combattenti italiani mi limito a segnalare WILCOX, Vanda, «Tra testo e corpo: l’esperienza fisica della Prima guerra mondiale negli scritti dei soldati», in Memoria e ricerca, 38/2011, pp. 25-40; ID., «‘Weeping tears of blood’: Exploring Italian soldiers’ emotions in the First World War», in Modern Italy, 2/2012, pp. 171-184; CAPUZZO, Ester, «Esperienza bellica e scrittura: la notte dei soldati italiani nella Grande Guerra», in Clio. Rivista trimestrale di studi storici, 2/2010, pp. 207-233 e soprattutto l’opera di sintesi CAFFARENA, Fabio, Lettere dalla Grande Guerra. Scritture del quotidiano, monumenti della memoria, fonti per la storia: il caso italiano, Milano, Unicopli, 2005.

4 MAZZINI, Federico, “Cose de laltro mondo”: una cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina, 1914-1918, Pisa, ETS, 2013, p. 192.

5 ANTONELLI, Quinto, «Le scritture di guerra», in Archivio trentino della scrittura popolare, p. 1, URL: <http://fondazione.museostorico.it/index.php/it/content/download/1655/29558/file/Scritture%20_di_guerra.pdf> [consultato il 17 agosto 2013].

6 MAZZINI, Federico, op. cit., p. 131.

7 Ibidem, p. 194.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Andrea Zaffonato, «Federico Mazzini, “Cose de laltro mondo”: una cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina, 1914-1918»Diacronie [Online], N° 16, 4 | 2013, documento 13, online dal 01 décembre 2013, consultato il 10 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/959; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.959

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Autore

Andrea Zaffonato

Dottorando (PhD student) presso la Scuola Superiore di Studi storici, geografici e antropologici delle Università di Padova, Venezia e Verona. La sua ricerca è incentrata sui rapporti tra alpinismo e nazionalismo nei secoli XIX e XX e sulla percezione delle Alpi nelle testimonianze dei combattenti del primo conflitto mondiale. Ha pubblicato il saggio «Natura e storia. Le Alpi nell’immaginario dei soldati italiani della Grande Guerra», in Clio. Rivista trimestrale di studi storici, 48, 2/2012, pp. 223-239.

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