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IV. Recensioni
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Christian J. Koot, Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic

Giovanni Venegoni
Notizia bibliografica:

Christian J. Koot, Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic, 1621-1713, New-York-London, New York University Press, 2012, 293 pp.

Testo integrale

Christian J. KOOT, Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic, 1621-1713, New-York-London, New York University Press, 2012, 293 pp.Visualizza l'immagine
Credits: Christian J. KOOT, Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic, 1621-1713, New-York-London, New York University Press, 2012, 293 pp.

1Un fenomeno transnazionale (il contrabbando anglo-olandese) sarebbe stato alla base della trasformazione di un mercato interimperiale nell’elemento caratterizzante di un’entità nazionale (l’impero britannico): questa l’ipotesi espressa da Christian J. Koot in Empire at the Periphery, uscito per la casa editrice della New York University.

2Christian J. Koot, assistant professor presso la Towson University, Maryland (USA), è considerato uno dei più brillanti esperti di contrabbando nell’ambito della Atlantic history. Erede degli studi di Boxer, Goslinga, Israel e Postma, Koot è, insieme a Wim Klooster, tra gli storici maggiormente impegnati nello studio del Dutch Atlantic e dei sistemi commerciali (legali e illegali) che ruotavano interno alle colonie americane di Amsterdam. Attivo da poco meno di un decennio, Koot è ormai inserito meritevolmente tra i maggiori esponenti dell’Atlantic history nordamericana.

  • 1 KLOOSTER, Wim, Illicit Riches: Dutch Trade in the Caribbean, 1648-1795, Leiden, KITLV, 1998; KLOOST (...)
  • 2 KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Developm (...)
  • 3 Ibidem, p. 4.

3Da un punto di vista metodologico, Koot riprende l’impostazione di Klooster1, che interpreta il contrabbando olandese nei Caraibi e lungo le coste dell’America centrale e settentrionale come un fenomeno transnazionale connesso ad una «larger Atlantic community»2. La prospettiva atlantica, superando i limiti della lettura “emisferica”, permette a Koot di far dialogare documenti provenienti da archivi e biblioteche sparsi tra New York, Londra, Amsterdam e Rotterdam: registri notarili, lettere di mercanti, relazioni commerciali e corrispondenza amministrativa inglesi e olandesi, sono gli elementi su cui l’autore ha ricostruito lo scenario caraibico e nordamericano tra 1621 e 1713, «the key transformative period in England’s relationship with its colonies»3.

  • 4 RUPERT, Linda M., Creolization and Contraband: Curaçao in the Early Modern Atlantic World, Atlanta, (...)
  • 5 KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Developm (...)

4In Empire at the Periphery, Koot analizza il contrabbando olandese in relazione allo sviluppo del “British Atlantic”, inserendo nuovi spunti concettuali grazie all’utilizzo di un modello interpretativo recentemente utilizzato da Linda Rupert nella recente pubblicazione Creolization and Contraband4, in cui la storica americana propone una lettura del mercato informale non esclusivamente come elemento economico transnazionale e transimperiale, ma anche come elemento di forte impatto sulle società coloniali, in grado di determinarne la formazione e l’evoluzione. Ma se Linda Rupert sceglie di concentrarsi su Curaçao, utilizzato come case study intorno a cui e su cui si costruisce la riflessione storica, Koot si focalizza su un “wider, Anglo-Dutch space”, composto da ambiti geografici (le colonie di New York, Barbados e Piccole Antille) e dinamici (le relazioni tra mercanti olandesi e coloni inglesi5. Per evitare di disperdere l’attenzione del lettore e indebolire la struttura analitica e sintetica, Koot si focalizza su alcuni elementi del rapporto anglo-olandese: la connessione tra il piano del commercio regolato e l’informalità; le differenti scelte politiche perseguite dai coloni; il rapporto centro-periferia nell’impero inglese. La convergenza o la divergenza di tale elementi determina il trend delle relazioni tra coloni e mercanti della WIC (West Indische Compagnie) e, secondo l’ipotesi iniziale, il rafforzamento delle strutture commerciali e politiche dell’impero britannico. Inoltre, Koot sviluppa una partizione cronologica che permette di utilizzare una chiave d’indagine originale scindendo il lungo periodo analizzato (1621-1713) in tre parti (Beginnings: 1621-1659; Achieving Stability: 1659-1689; Maturity: 1689-1713).

  • 6 Ibidem, pp. 224‑226.
  • 7 Ibidem, p. 46.

5L’evoluzione economica delle colonie atlantiche portò alla trasformazione di un fenomeno eminentemente transnazionale – il contrabbando anglo-olandese – in un’attività economica caratterizzante un impero nazionale – quello britannico. Come fu possibile? Con un lento e continuo processo di consolidamento delle colonie e di trasformazione economica e sociale delle condizioni di vita degli abitanti: inizialmente (1621-1659), infatti, i coloni, costretti in condizione drammatiche a causa degli scarsi approvvigionamenti e dei rari contatti con l’Europa, avrebbero finito per rifornirsi dai mercanti olandesi; in una fase successiva (1659-1689), la crescita economica e l’imposizione di norme anti-olandesi e anti-contrabbando (in particolare il Navigation Act) avrebbe raffreddato i rapporti, che si mantennero solo grazie alla capacità olandese di rispondere rapidamente ed efficacemente alle richieste della nuova economia isolana, ormai basata su piantagioni di tabacco, indaco e zucchero; in un’ultima fase (1689-1713), il cambiamento della produzione, l’affinamento del sistema di controllo della Royal Navy e delle amministrazioni coloniali, ma soprattutto un diverso atteggiamento delle élites coloniali avrebbe causato il definitivo declino delle relazioni commerciali informali anglo-olandesi. In particolare, Koot è stato molto abile nel ricostruire, attraverso una documentazione varia e dispersa, il ruolo dei coloni nella trasformazione del mercato americano, tracciando le diverse rotte seguite coloni di Barbados, Piccole Antille e New York e dai mercanti di Curaçao e Sint-Eustatius6. La capacità dell’autore nel dipingere la rete di relazioni in un quadro così ampio emerge anche da due sotto-tracce che occasionalmente emergono dalla narrazione principale. Sebbene solo limitatamente analizzate, alcune ipotesi appaiono degne di essere citate e la più interessante riguarda la suddivisione degli spazi americani secondo logiche differenti a seconda degli attori: dalla ricostruzione di Koot, infatti, risulterebbe che, al di là della geografia dettata dalle suddivisioni imposte dalla progressiva espansione degli imperi europei, ne esistesse un’altra, legata alle necessità dei coloni e alla formazione di un mercato “americano”7. Per sostenere tale interpretazione, Koot suddivide l’impero britannico in America, nel XVII secolo, in tre parti (insediamenti nordamericani; Piccole Antille; Giamaica). Il punto di contatto tra le colonie sarebbe stato un territorio extra-imperiale, e precisamente l’isola di Curaçao. La novità di tale approccio consiste nella ricostruzione delle reti di scambi intercoloniali e della loro sovrapposizione con le diverse peculiarità – economiche, produttive e sociali – delle colonie americane: tale impostazione permette di identificare sistemi commerciali autonomi e (talvolta) conflittuali, coesistenti nello spazio atlantico e all’interno del sistema imperiale britannico. Sebbene questa interpretazione non rappresenti una novità assoluta, in quanto già applicata ad altre aree imperiali americane, si tratta di un primo tentativo di applicazione ai fenomeni mercantili informali anglo-olandesi del XVII e XVIII secolo.

  • 8 COCLANIS Peter A. (dir.), The Atlantic Economy During The Seventeenth And Eighteenth Centuries: Org (...)
  • 9 KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Developm (...)
  • 10 Ibidem, p. 224.

6Da un punto di vista metodologico, nonostante il riferimento alla categoria di “periferia”, che parrebbe rimandare al modello teorico centro/periferia di Immanuel Wallerstein, l’approccio dello studio segue l’indirizzo della scuola atlanticista nordamericana, in particolare quella facente riferimento a Bernard Bailyn (e a storici come Peter Coclanis, Alison Games, Eliga H. Gould, David Hancock, Michael Kennedy, Elizabeth Mancke, Claudia Schnurmann e Carole Shammas)8. Nella ricostruzione offerta da Empire at the Periphery, il cuore dell’impero appare come un’entità lontana, posta sullo sfondo di vicende in cui gli eventi coloniali rivestono un ruolo centrale e predominante. L’attenzione data fin dalle prime pagine alla categoria “colonia” quale “basic unit of analysis” aiuta Koot a ricontestualizzare date cruciali del XVII secolo europeo (1659, Trattato dell’Aia; 1689, Gloriosa Rivoluzione e inizio della Guerra della Lega di Augusta) nello scacchiere americano9. In questo modo, la riflessione sugli effetti dell’evoluzione economica locale sul pensiero economico degli abitanti delle colonie nordamericane e caraibiche riesce a porre nelle colonie anglo-olandesi il centro propulsore e propositivo dello sviluppo dei rapporti – economici, politici e sociali – interimperiali: «The creation of the British Atlantic was a negotiated effort that relied both upon English colonists and Dutch merchants working across imperial boundaries and upon English authorities’ attempts to give shape to the constantly shifting process of colonial development»10.

7La tematica scelta inserisce il testo all’interno di un’ampia produzione storiografica, soprattutto anglosassone, dedicata al contrabbando e alle relazioni transnazionali e transimperiali nell’Atlantico del XVII e XVIII secolo. Empire at the Periphery è però un testo originale, per l’impostazione scelta e per il particolare approccio con cui l’autore ha problematizzato il rapporto tra contrabbando transnazionale e colonie nazionali. Koot integra, partendo da una prospettiva atlanticista, due diversi piani di indagine, quello economico e quello sociale, che sfrutta per esaminare, da una parte la colonizzazione anglo-britannica e il processo di creazione del “British Atlantic”, dall’altra le relazioni anglo-olandesi e la questione del contrabbando. La più interessante novità del lavoro di Koot è proprio la problematizzazione del rapporto tra contrabbando olandese e nascita di uno spazio “anglo-atlantico” in un cruciale momento del processo di “state” e “colony building”.

  • 11 ISRAEL, Jonathan I., Conflicts of Empires: Spain, Low Countries and the Struggle for World Supremac (...)
  • 12 KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Developm (...)

8L’approccio di Koot non è però esente da alcune problematicità, in particolare rispetto a due aspetti strettamente connessi, ossia la definizione dei termini a quo/ad quem dell’arco cronologico e una sorta di paradossale decontestualizzazione della vicenda. Infatti, se la data ad quem (1713) è condivisa dalla storiografia atlanticista, che vi ha visto un turning-point, determinante punto finale del lungo XVII secolo11, il dato a quo (1621) risulta meno convincente. Sebbene sia l’anno della creazione della WIC e della fine della Tregua dei Dodici anni (1609-1621), eventi che rivoluzionarono lo scenario geopolitico in cui le Province Unite operavano, Koot non riesce a dimostrarne il valore crocevia del primo XVII secolo, specialmente per quanto riguarda l’emisfero americano, dove Koot sceglie di riferirsi al 1624, anno di fondazione di Nieuw Amsterdam. La stessa tripartizione dell’arco cronologico 1621-1713 inizia in realtà con il periodo 1620-1659, a dimostrare la difficoltà di individuare uno starting point per l’analisi di fenomeni informali e, quindi, per loro stessa natura difficilmente riconducibili ad una cronologia istituzionalizzata12.

  • 13 Ibidem, p. 288. Si noti che nell’Index, il termine interimperial trade rimanda esclusivamente a Ang (...)

9La ricerca, concentrata esclusivamente sui rapporti anglo-olandesi, causa invece una sorta di de-contestualizzazione dell’analisi. Sebbene gli oggetti dello studio siano l’Atlantico centro-settentrionale e i Caraibi (quell’area che, sapientemente, Pierre Chaunu definì il “Mediterraneo americano”), tutti gli attori esterni alle relazioni anglo-olandesi sono posti ai margini del discorso: nonostante venga riconosciuto il ruolo di Francia, Spagna e delle relative colonie nello sviluppo del mercato informale americano, Koot considera il contrabbando caraibico come uno ambito gestito esclusivamente da mercanti e coloni di Curaçao, Sint-Eustatius e degli insediamenti britannici13. E, in alcune parti del testo, questo sembra conformarsi ad un approccio storiografico e ad una necessità narrativa piuttosto che al riconoscimento di un reale fenomeno storico.

10Per quanto riguarda l’edizione del testo, è forse segno dei tempi duri che colpiscono anche le case editrici prestigiose quali la New York University Press il fatto che non sia stata prevista una bibliografia – aspetto che rende di difficile consultazione il ricchissimo elenco di documenti e testi consultati – e che l’index finale sia molto limitato a fronte dell’enorme mole di soggetti e luoghi citati.

11I – pochi – punti deboli espressi non inficiano il valore dell’opera, che resta un prodotto di alto valore, capace di fornire nuove interpretazioni a fenomeni ampiamente analizzati e a proporre chiavi di lettura innovative e ancora da sviluppare. Tra i recenti lavori di Atlantic history, Empire at the Periphery rappresenta una delle pubblicazioni più interessanti e meritevoli di considerazione.

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Note

1 KLOOSTER, Wim, Illicit Riches: Dutch Trade in the Caribbean, 1648-1795, Leiden, KITLV, 1998; KLOOSTER, Wim, Inter-Imperial Smuggling, in BAILYN, Bernard, DENAULT, Patricia L. (dir.), Soundings in the Atlantic history: latent structures and intellectual currents, 1500-1830, Cambridge, Harvard University Press, 2009, pp. 140-173.

2 KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic, 1621-1713, New-York-London, New York University Press, 2012, p. 3.

3 Ibidem, p. 4.

4 RUPERT, Linda M., Creolization and Contraband: Curaçao in the Early Modern Atlantic World, Atlanta, University of Georgia Press, 2012.

5 KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic, 1621-1713, op. cit., pp. 3-4.

6 Ibidem, pp. 224‑226.

7 Ibidem, p. 46.

8 COCLANIS Peter A. (dir.), The Atlantic Economy During The Seventeenth And Eighteenth Centuries: Organization, Operation, Practice, And Personnel, Columbia, University of South Carolina Press, 2005; GAMES, Alison, «Atlantic History: Definitions, Challenges, and Opportunities», in The American Historical Review, 111, 3/2006, p. 741-757  GOULD, Eliga H., «Entangled Histories, Entangled Worlds: The English-Speaking Atlantic as a Spanish Periphery», in The American Historical Review, 112, 3/2007, p. 764-786; HANCOCK, David, Citizens of the World: London Merchants and the Integration of the British Atlantic Community, 1735-1785, Cambridge, Cambridge University Press, 1995; HANCOCK, David, The Triumph of Mercury. Connection and Control in the emerging Atlantic Economy, in BAILYN, Bernard, DENAULT, Patricia L. (dir.), Soundings in the Atlantic history: latent structures and intellectual currents, 1500-1830, Cambridge, Harvard University Press, 2009, pp. 113-140; DANIELS, Christine, KENNEDY, Michael (dir.), Negotiated Empires: centers and peripheries in the Americas, 1500-1820, London, Routledge, 2002; MANCKE, Elizabeth, SHAMMAS, Carole, The Creation of the British Atlantic World, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 2005; SCHNURMANN, Claudia, Atlantische Welten: Engländer und Niederländer im amerikanisch-atlantischen Raum 1648-1713, Böhlau, 1998; SCHNURMANN, Claudia, «Representative Atlantic Entrepreneur: Jacob Leisler, 1640-1691», in POSTMA, Johannes, ENTHOVEN, Victor (dir.), Riches from Atlantic Commerce: Dutch Trans-Atlantic Trade and Shipping, 1585-1817, Leiden, Brill, 2003, pp. 259-283; SCHNURMANN, Claudia, «Atlantic Trade and American Identities. The Correlations of Supernational Commerce, Political Opposition, and Colonial Regionalism», in COCLANIS, Peter A. (dir.), The Atlantic Economy during the Seventeenth and Eighteenth Centuries. Organization, Operation, Practice, and Personnel, Columbia, University of South Carolina Press, 2005, pp. 186-204.

9 KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic, 1621-1713, cit., p. 7.

10 Ibidem, p. 224.

11 ISRAEL, Jonathan I., Conflicts of Empires: Spain, Low Countries and the Struggle for World Supremacy, 1585-1713, London, Continuum International Publishing Group, 1997; SCHNURMANN, Claudia, Atlantische Welten, cit.; SOLANA CRESPO, Ana, El comercio maritimo entre Amsterdam y Cadiz (1713-1778), Madrid, Banco de Espana, Servicio de Estudios, 2000; BANKS, Kenneth J., Official duplicity. The illicit Slave Trade of Martinique, 1713-1763, in COCLANIS, Peter A. (dir.), The Atlantic Economy during the Seventeenth and Eighteenth Centuries. Organization, Operation, Practice, and Personnel, Columbia, University of South Carolina Press, 2005, p. 229‑251.

12 KOOT, Christian J., Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic, 1621-1713, cit., pp. 5‑6.

13 Ibidem, p. 288. Si noti che nell’Index, il termine interimperial trade rimanda esclusivamente a Anglo-Dutch trade.

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Notizia bibliografica digitale

Giovanni Venegoni, «Christian J. Koot, Empire at the Periphery. British Colonists, Anglo-Dutch Trade, and the Development of the British Atlantic»Diacronie [Online], N° 13, 1 | 2013, documento 13, online dal 01 avril 2013, consultato il 09 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/782; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.782

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Autore

Giovanni Venegoni

Dottorando (PhD) dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna. Per la sua tesi di dottorato sta analizzando le reti costituite dai gruppi informali di Saint-Domingue nel mar dei Caraibi e in America centrale e settentrionale.

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