Considerazioni conclusive
Abstract
Quale rapporto si sta costruendo fra le scienze storiche e Wikipedia? Come bisogna porsi di fronte alle voci di Wikipedia che trattano di storia? Quale potrà essere il ruolo della futura “enciclopedia libera” per lo studio e l’insegnamento della storia? A partire dall’analisi di alcune voci di Wikipedia operata dal gruppo di lavoro “Nicoletta Bourbaki”, sei autori animano una tavola rotonda sul rapporto tra l’enciclopedia libera e il mondo della storia.
Termini di indicizzazione
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Credits: by Thomas Hawk on Flickr (CC BY-NC 2.0)
- 1 BRECHT, Bertolt, Poesie e canzoni, Antologia dell’opera poetica di Bertolt Brecht, Torino, Einaudi, (...)
Vi consiglio salutare serenamente e con rispetto
Chi come moneta infida pesa la vostra parola!
Bertold Brecht, L’ode al dubbio1
1Quanto ho scritto partiva dall’esperienza diretta di analisi dei meccanismi e dei contenuti di it.Wiki elaborata all’interno del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki. Cercherò qui di tirare le fila, in primo luogo chiarendo meglio il mio pensiero laddove temo di esser stato frainteso o di essermi espresso male e cercando di valorizzare il più possibile le prospettive di analisi e di lavoro emerse dal dibattito. Il testo di Pereira è quello che mi ha aiutato di più a comprendere le contraddizioni e i limiti di quanto avevo scritto. Io non ritengo che i contributori di Wikipedia possano limitarsi a scrivere le proprie opinioni senza alcuna attenzione alla «verità fattuale»; ho piuttosto elencato una serie di casi documentati di uso delle fonti capzioso, superficiale o intellettualmente disonesto. Nella maggior parte dei casi questo è potuto accadere grazie ai rapporti di potere e/o vicinanza/ostilità che si creano in una comunità ristretta e grazie ad un’interpretazione burocratica o strumentale delle regole che la comunità wikipediana si è data.
- 2 BOURBAKI, Nicoletta, «Wikipedia e la storia deturpata: il caso Presbite», in Giap, URL: < http://ww (...)
- 3 BOURBAKI, Nicoletta, «Se questo è un direttore di istituto storico della Resistenza. Roberto Spazza (...)
2Concordo assolutamente con Pereira nel ritenere che «l’Enciclopedia Libera» sia assolutamente utile per riflettere sui paradossi della storiografia professionale. Ad esempio come gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki, analizzando le narrazioni sulla storia del confine orientale, siamo stati egualmente critici sia con alcuni assidui contributori di it.Wiki2 che con due degli storici italiani più noti tra coloro che si sono occupati dell’argomento; per non parlare delle nostre critiche alla stessa narrazione istituzionale connessa al «Giorno del Ricordo»3. Sia ai wikipediani che agli storici abbiamo contestato in fondo la stessa cosa: la lettura della storia delle terre di confine attraverso un frame nazional-identitario che riteniamo non tenga conto della complessità di realtà in cui le appartenenze culturali, linguistiche, sociali ed ideologiche si mescolavano e sovrapponevano.
- 4 PEREIRA, Mateus H. F., «Dissoluzioni, parodie o mutamenti? Considerazioni sulla storia nelle pagine (...)
3Personalmente non credo affatto all’idea di una storiografia «buona» contrapposta ad una Wikipedia «cattiva». Inoltre, lavorando nella sezione didattica di un museo di una piccola provincia italiana non nutro molte illusioni sul potere o sul ruolo positivo della storiografia o della didattica della storia, direi che in generale si sopravvaluta quanto l’istruzione scolastica o l’attività delle istituzioni culturali possa fare per migliorare la società. Sono inoltre completamente d’accordo con l’idea, enunciata da Pereira, che «molti di coloro che attualmente sono nazionalisti, razzisti, xenofobi e fondamentalisti sono passati da un’educazione scolastica “orientata”, in gran parte, dalla storiografia accademica»4.
4Anche perché, aggiungo io, le istituzioni statali e una parte della storiografia accademica, anche nei paesi dell’Europa occidentale, si sono dati attivamente da fare affinché la pianta carnivora del nazionalismo non rimanesse priva di nutrimento.
5Se ho usato però il termine «parodia» per descrivere il dibattito storiografico su it.Wiki è stato proprio perché sull’«Enciclopedia Libera» vi sono i medesimi conflitti di ideali ed interessi che ritroviamo all’interno delle istituzioni culturali ma trasposti ad un livello assai più basso, anche grazie all’utilizzo strumentale delle regole che dovrebbero servire ad evitare edit wars senza esclusione di colpi, regole che Jacopo Bassi nel ha ottimamente illustrato suo testo. Personalmente mi auguro che sia l’uso «trinceristico» delle fonti in nota («ho messo la nota e non puoi cancellare quello che ho scritto o è vandalismo»), che l’idea di dare a libri scritti da giornalisti e conduttori di talk show per la TV generalista lo stesso peso dei saggi storici siano per l’appunto considerati parodistici in ambito storiografico.
6Senza dubbio vi è da parte della società la richiesta «di una conoscenza storica o di un qualche tipo di narrazione relativa a ciò che è avvenuto che pone l’accento sulla continuità» ma non credo sia questa a porre le basi della natura conservatrice, in senso storiografico, della narrazione storica su Wikipedia. Credo infatti che una narrazione storica possa essere al contempo basata sulla continuità, capace di appassionare grazie al ricorso all’aneddotica e alle storie individuali e nel contempo capace di trasmettere l’idea della complessità del reale intrecciando tra loro la storia di genere, quella locale, quella sociale, eccetera, come sta a dimostrare il fatto che esistono (e a volte possono vantare un certo successo) romanzi storici e trasmissioni televisive attenti alle elaborazioni storiografiche e impegnati ad offrire una ricostruzione del passato non semplificata o banale.
- 5 WHITE, Hayden, Ficción histórica, historia ficcional y realidad histórica, Buenos Aires, Prometeo L (...)
- 6 BLOCH, Marc, Apologia della storia o mestiere di storico, Torino, Einaudi, 2016.
7Riprendo la citazione di Hayden White: «nella misura in cui gli studi storici divengono più scientifici, meno utili si rivelano per qualsiasi finalità pratica come l’educazione dei cittadini per la vita politica»5. Personalmente mi rallegro moltissimo di questo perché sono ben felice che il progresso degli studi storici contribuisca a sabotare il loro utilizzo nell’indottrinamento dei bambini e dei giovani da parte dello stato-nazione. Quando sento parlare di «educazione del cittadino» il pensiero mi corre all’insegnamento di «cultura fascista», elencata assieme alle altre materie sulle pagelle dei miei nonni. Non credo infatti vada educato il cittadino ma piuttosto l’essere umano. Penso che la didattica della storia debba servire a trasmettere quello che Marc Bloch chiamava il «metodo critico»6 in grado di consentire a ciascuno di rapportarsi in modo razionale con le molte storie che sono alla base del suo vissuto. Senza dubbio gli esseri umani hanno bisogno di identità collettive ma non credo che debba essere compito di chi insegna o divulga storia trasmetterle o aiutare a costruirle, eccetto che una: quella basata sull’adesione al «metodo critico». Si tratta in fondo un’identità culturale e civile basata su quelle che Bloch chiamava «le forze della ragione», vale a dire i grandi principi cardine della cultura illuminista, e questa identità è oggi rivoluzionaria quanto lo era ai tempi del grande storico francese perché si contrappone ai fascismi e ai fondamentalismi. Quindi non credo vi sia una crisi del moderno concetto di storia ma un nuovo divampare con maggior forza del conflitto tra «le forze della ragione» e la loro negazione. Questo conflitto non è, non è mai stato, solo culturale, ma anche sociale, politico e militare, come mostra la tragica conclusione della vita di Bloch. E come in ogni conflitto si è in crisi solo se non si ha la forza o la volontà di difendersi.
- 7 Tony1, «German Wikipedia ArbCom implodes amid revelation of member’s far-right political role», in (...)
8Credo che le inchieste del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki da me citate mostrino chiaramente quale sia oggi uno dei campi di battaglia in questo conflitto; come la narrazione storica indirizzata in senso nazionalista imperante su it.Wiki sia frutto in primo luogo dell’azione di un numero ristretto di individui che agiscono e si coordinano con il fine di perseguire una precisa agenda ideologica. Di recente il problema della presenza di neofascisti che si sono ritagliati un ruolo in posizioni chiave è emerso anche su Wikipedia in lingua tedesca portando all’implosione del suo «comitato di arbitraggio»7.
- 8 CENCI, Cristian, «Wikipedia è poco affidabile? La colpa è anche degli esperti», in Diacronie. Studi (...)
9L’azione di queste minoranze organizzate è di per sé una dinamica che non credo possa stupire. Il problema vero è semmai costituito dal rifiuto di molti wikipediani di prendere atto di ciò in nome della «presunzione di buona fede» e del «tutti siamo Wikipedia». Se tutti siamo Wikipedia allora possiamo parafrasare Orwell affermando che alcuni sono più Wikipedia di altri. Francamente vantare i «500 milioni di lettori in 280 versioni linguistiche» e dire che questo risolve ogni problema di autorialità mi ricorda sinistramente la pratica dei vari regimi totalitari del Novecento che mostravano le masse inquadrate e plaudenti come prova del proprio legame con il popolo e del proprio successo nel soddisfare i suoi bisogni. Infatti non sono quei «500 milioni» gli autori dell’ «Enciclopedia Libera», nella stragrande maggioranza dei casi ne sono solo i fruitori passivi e spesso acritici. Ad esempio per quanto riguarda it.Wiki Cristian Cenci riporta come la comunità di Wikipedia in italiano possa contare in media su un migliaio di utenti attivi, cioè utenti registrati che hanno effettuato almeno qualche modifica nell’ultimo mese8.
- 9 GOTOR, Miguel, L’Isola di Wikipedia. Una fonte elettronica, in LUZZATTO, Sergio (a cura di), Prima (...)
- 10 BOURBAKI, Nicoletta, «La strategia del ratto. Manomissioni, fandonie e propaganda fascista su Wikip (...)
- 11 «Wikipedia: Bar/ Discussioni/Articolo su alterazione fonti in Wikipedia», in it.Wiki, URL: < https: (...)
- 12 TONELLI, Marco, «Modifiche e falsi storici ecco come l’estrema destra italiana inquina le pagine di (...)
10Il ristretto numero di contributori è senza dubbio un problema centrale, non solo perché fa sì che in un ambiente ristretto le dinamiche di affinità/ostilità interpersonali divengano decisive, ma anche perché queste vanno a combinarsi con un aspetto dell’ «Enciclopedia Libera» su cui ha attirato l’attenzione Miguel Gotor in un suo saggio definendo quella di Wikipedia «una struttura cumulativa compulsiva»9. Una struttura di questo tipo premia chi può operare il maggior numero di interventi e ha a disposizione la maggior disponibilità di tempo. In tal modo anche un solo utente può realizzare, modificare e «presidiare» una vasta serie di voci per perseguire i propri scopi, magari usando le fonti in modo parziale o palesemente disonesto, e venire considerato proprio per il suo assiduo impegno un wikipediano «esemplare» ed autorevole. La risposta al mio testo da parte di Iolanda Pensa illustra benissimo la mentalità di chi vede in Wikipedia non un mezzo ma un fine in sé, dando vita così ad un mondo chiuso in sé stesso e completamente prigioniero delle proprie dinamiche interne. Questa mentalità conduce all’atteggiamento di chi dice: «datti da fare su Wikipedia o sei un maestrino con la penna rossa che non merita di essere preso in considerazione», ergo la credibilità dell’interlocutore si misura contando il numero dei suoi interventi sull’«Enciclopedia Libera», senza minimamente prestare attenzione a ciò che è stato segnalato: ad esempio alle dinamiche di gruppo che portano utenti affini a spalleggiarsi a vicenda, di fatto trasformando le modifiche alle voci da loro presidiate in una vera guerra di trincea. Questi sono esattamente il meccanismo e la mentalità che hanno consentito ad esempio all’utente José Antonio di orientare in senso palesemente neofascista un discreto numero di voci, senza che nessuno avesse nulla da ridire10. Si noti che in seguito ad un’inchiesta di Nicoletta Bourbaki su questo wikipediano è iniziato un interessante dibattito sia su Giap che su it.Wiki11, sino ad arrivare ai quotidiani nazionali12, a riprova del fatto che scrivere di Wikipedia fuori da Wikipedia è il modo migliore per aiutarla a migliorarsi perché in tal modo si portano alla luce problematiche che molti wikipediani, in buona o cattiva fede, ignorano, sottovalutano o preferirebbero tacere, consentendo così di affrontarle. L’intenzione mia e degli altri componenti del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki è proprio quella di svolgere un lavoro di analisi utile sia ai semplici fruitori che ai contributori.
- 13 BALDO, Tommaso, «I ‘45 cavalieri’ di Wikipedia, da chi e cosa è libera l’enciclopedia libera?». Gia (...)
11Quella di Nicoletta Bourbaki è certamente una critica militante e conflittuale ma non certo «esterna» o svolta con l’animo di chi corregge gli errori del volgo (visto che non pretendiamo certo di essere «accademici»). Non a caso molte delle nostre analisi, compresa la mia13, partono proprio dal nostro contributo a determinate voci e dalle difficoltà affrontate. Mi spiace infatti che Iolanda Pansa non abbia capito che quanto segnalavo non erano «correzioni con la penna rossa» ma una serie di esempi concreti frutto del lavoro di analisi di alcune voci alla cui redazione si era contribuito, spesso con duri conflitti con altri utenti.
12Ma al di là delle dinamiche interne a Wikipedia credo che la cosa più preoccupante sia la mancanza di consapevolezza in merito allo strumento che stanno utilizzando da parte dei fruitori passivi dell’ «Enciclopedia Libera». Come ha scritto Miguel Gotor:
- 14 GOTOR, Miguel, op. cit., pp. 191-192.
L’equivoco di fondo non sta nella pretesa da parte di Wikipedia di considerarsi un’enciclopedia, ma nel fatto di essere ritenuta tale dai suoi utilizzatori, che si basano su un’erronea e fuorviante sovrapposizione dei concetti di informazione e conoscenza. Il primo è un dato, il secondo un processo che implica il concetto di validazione, di responsabilizzazione autoriale e di verificabilità del percorso compiuto. Al contrario, Wikipedia rivendica come punto di forza il fatto di non subire alcun processo editoriale, ufficiale ed esaustivo di verifica dei dati che riceve e che immette in circolazione, se si eccettuano le voci relative alle persone viventi. Mentre una delle funzioni principali dell’enciclopedismo è proprio quella di tracciare il perimetro della conoscenza, distinguendo cosa è importante e perciò merita di essere classificato e ricordato, da ciò che non lo è e quindi può essere dimenticato14.
13Il brano di Gotor dà molti spunti interessanti inerenti la natura di Wikipedia . Credo che questi temi siano stati sviluppati in modo molto interessante nei loro interventi sia da Strizzolo che da Bassi, quest’ultimo in particolare ha scritto:
- 15 BASSI, Jacopo, «Danzica e le guerre wikipediane. Qualche osservazione sulle edit wars», in Diacroni (...)
A dispetto della sua definizione di enciclopedia, Wikipedia non è – di fatto – un’enciclopedia per come la conosciamo: le sue caratteristiche, che rendono possibile una modifica costante e un’interazione tra gli utenti, la sua partecipazione condivisa (e non specialistica), ne fanno uno strumento più vicino a un social network che a un’enciclopedia “classica”. L’uso che se ne può fare e la qualità delle voci variano in funzione dello zelo e della perizia degli estensori delle voci15.
14Concordo con questo ragionamento perché le voci di Wikipedia non possono essere considerate il frutto di un lavoro di gruppo ma piuttosto la summa di quanto scritto dai diversi contributori nel corso del tempo. I contributori di una stessa voce possono aver lavorato insieme, ma anche in successione in momenti molto distanti gli uni dagli altri, oppure possono aver dato il loro contributo contemporaneamente ma ignorandosi o anche gli uni contro gli altri in una specie di edit war “fredda” giocata all’interno delle regole dell’ «Enciclopedia Libera»; in questo caso del loro scontro rimangono tracce nella cronologia, nello spazio di discussione (o talk) o addirittura nel testo stesso della voce. Pertanto la comunità dei wikipediani non credo possa essere considerata un autore collettivo, bensì un insieme eterogeneo di persone che si occupano di una vasta gamma di argomenti animando una stessa piazza virtuale. Di qui un problema di autorialità che non può essere ignorato, ma neppure usato in modo preconcetto. Dire che Wikipedia è più vicina ad un social network che ad un’enciclopedia tradizionale non significa bollarla in senso spregiativo e confinarla semplicemente tra le fonti inattendibili, così si finirebbe per ignorare i problemi e le opportunità che essa ci pone. Si tratta piuttosto di smettere di definire uno strumento nuovo attraverso categorie vecchie quale ad esempio «enciclopedia». Siamo di fronte ad un nuovo strumento che bisogna imparare ad usare per ciò che può dare di buono, ad esempio una prima infarinatura di informazioni su un insieme vastissimo di argomenti oppure un terreno su cui saggiare le proprie capacità critiche, anziché utilizzarlo secondo schemi mentali costruiti attorno ad altri strumenti.
15Forse il vero problema di Wikipedia è appunto l’uso che se ne fa. Spostiamo per un attimo il riflettore dall’«Enciclopedia Libera» e puntiamolo sui suoi fruitori e sulle loro motivazioni. Ho trovato molto interessanti le considerazioni di Nicola Strizzolo in merito al plagio e alla riduzione ad una folksonomy connessi a l’«Enciclopedia Libera»
- 16 STRIZZOLO, Nicola, «Verso il sapere unico», in Diacronie. Studi di Storia Contemporanea : “Crash te (...)
Oggi, il lavoro di tesi, se anche periferico al nucleo della ricerca, difficilmente può diventare uno sguardo da cui poi tematizzare in maniera approfondita e strutturata nuovi percorsi, rischia invece di essere soltanto un cortocircuito di pessimi copia e incolla, in quanto il plagio avviene da siti non soltanto dall’improbabile autorevolezza, ma che a loro volta sono il copia e incolla di altri siti. Si perde così definitivamente l’unicum che ogni persona può portare alla mole di sapere e che, in piccole dosi, comporta la sua evoluzione, la sua crescita e la sua diffusione nella comunità. In alcuni casi, Wikipedia fa da sorgente a questo flusso di copia e incolla16.
16Perché si copi da Wikipedia mi pare ovvio: è una fonte nota a tutti, facilissima da trovare, che si occupa dei più svariati argomenti, con molte più voci rispetto, ad esempio, alla Treccani. Credo che sia molto più interessante chiedersi piuttosto per quali ragioni un così gran numero di studenti si dedica al copia e incolla. Non credo che queste vadano ricercate su Wikipedia (che in teoria si basa invece sull’idea che ciascuno possa portare il proprio contributo al sapere universale) ma piuttosto nelle istituzioni scolastiche ed universitarie, visto che a queste istituzioni sono rivolti gli elaborati per realizzare i quali si ricorre al plagio. Si può anzi dire un po’ provocatoriamente che Wikipedia sia vittima di un uso improprio di quanto prodotto dai suoi contributori a causa delle pratiche vigenti in scuole e università. La causa prima del copia e incolla non è l’«Enciclopedia Libera» ma piuttosto il funzionamento e i fini delle istituzioni scolastiche ed universitarie. Infatti uno studente che ha rinunciato ad esprimere il suo unicum nell’elaborazione culturale non è forse uno studente che ha semplicemente imparato a «studiare per il voto» anziché per curiosità intellettuale? Lo studente che si limita a copiare e incollare da internet non è altro in fondo che un esempio di essere umano alienato che rinuncia all’elaborazione autonoma per soddisfare nel più breve tempo possibile le richieste di chi lo valuta e gli assegna crediti o abilitazioni. Le dimensioni massicce assunte dal fenomeno del plagio illustrate da Strizzolo mi fanno pensare che questo tipo di studente in fondo non sia altro che il naturale prodotto del nostro sistema d’istruzione e della nostra società. Infatti «ribelle al sistema» non è chi copia, ma chi studia per passione e curiosità intellettuale.
17Per questo parlare di educazione all’uso critico di Wikipedia e in generale di educazione all’approccio critico alle fonti richiede si una critica dell’«Enciclopedia Libera», ma anche una critica alla nostra società e una profonda revisione del nostro modello di istruzione. Occorrerebbe cioè spostare l’attenzione dalla trasmissione di conoscenze alla trasmissione di un metodo di approccio alla realtà, ridimensionando magari l’importanza attribuita alla valutazione a favore della verifica di effettive capacità e alla possibilità di sviluppare ed esprimere la curiosità intellettuale di ciascuno.
18Naturalmente ho molto apprezzato le idee sollevate dagli altri partecipanti al dibattito volte sia a stimolare negli utenti un uso consapevole di Wikipedia, sia ad incentivare il contributo degli studiosi alla realizzazione delle sue voci, ad esempio attraverso tutte le ottime iniziative messe in campo da Wikimedia Italia elencate da Cristian Cenci e trovo molto importante che egli indichi come obiettivo dei corsi organizzati nelle scuole da Wikimedia
- 17 CENCI, Cristian, op. cit., p. 4.
non tanto quello di creare nuove voci bensì quello di riuscire ad instillare la scintilla dell’analisi critica dei fatti e delle fonti: obiettivo, questo, che non è molto diverso da quello che dovrebbe animare il lavoro di ricerca di ogni buon storico17.
19Credo che le pratiche e l’obiettivo di cui parla Cenci dovrebbero essere assunti come prioritari anche dalla scuola e dalle istituzioni museali, se è possibile collaborando proprio con Wikimedia nell’ambito di progetti comuni. Ma devo far notare come questa modalità di lavoro con le classi mi sembra molto distante da quella indicata da Iolanda Pensa, che ha scritto:
- 18 PENSA, Iolanda, «Risposta a “Riflessioni sulla narrazione storica nelle voci di Wikipedia”», in Dia (...)
Non c’è poi come scrivere una voce di Wikipedia per capirne il funzionamento e per diventarne dei lettori molto più coscienti: per questo in moltissimi paesi del mondo gli insegnanti coinvolgono i loro studenti nella redazione di articoli (tra l’altro spesso letti da milioni di persone)18.
20Francamente credo che mettersi a scrivere voci senza un’analisi critica di Wikipedia attraverso l’illustrazione degli esempi di uso distorto o acritico delle fonti in essa presenti, senza insegnare a consultare la pagina di discussione o la cronologia di una voce per capire chi ha scritto cosa e quali fossero le sue posizioni, senza l’analisi critica dei meccanismi e delle dinamiche vigenti tra i wikipediani (tutte cose che Pensa mi pare non gradire affatto), non è didattica ma promozione pubblicitaria dell’«Enciclopedia Libera» che non può che incoraggiare quella confusione tra informazione e conoscenza di cui parlava Gotor. Ovviamente non vi è nulla di male se una classe contribuisce alle voci dell’ «Enciclopedia libera», ma questo va fatto all’interno di una più generale riflessione critica sulle fonti, come quella prospettata da Cenci.
- 19 ECO, Umberto, «Come copiare da Internet», in L’Espresso, 16 gennaio 2006, URL: < https://areeweb.po (...)
21Lo stesso Umberto Eco quando suggeriva di svolgere in classe attività didattiche per educare ad un uso consapevole della rete suggeriva di trovare trattazioni inattendibili e spiegare perché fossero inattendibili19. Riguardo all’uso didattico di Wikipedia considero un’ottima indicazione quella data da Roberto Bianchi e Gilda Zazzara in un recente articolo su «Passato e presente»
- 20 BIANCHI, Roberto, ZAZZARA, Gilda, «La storia formattata. Wikipedia tra creazione, uso e consumo», i (...)
gli studiosi e gli insegnanti di storia dovrebbero quantomeno conoscere le sue regole e la sua ideologia [di Wikipedia], in modo da formare i suoi lettori-consumatori a un uso consapevole dell’enciclopedia online, critico ma non prevenuto, magari capace anche di riconoscere le creative commons emergenti e il loro potenziale politico20.
- 21 CENCI, Cristian, op. cit., p. 2.
22Vi è poi il problema di cosa si può fare per migliorare la qualità delle voci dell’ «Enciclopedia Libera». Credo che Cenci inquadri la questione nella giusta ottica quando si domanda «Come rendere, quindi, il più competente possibile l’analisi storica degli articoli senza compromettere né lo spirito collaborativo dell’enciclopedia né il rigore scientifico degli studi storici?»21.
23Le iniziative messe in campo da Wikimedia per cercare di rispondere a questa domanda, elencate sia da Cenci che da Pensa, credo possano essere utili a produrre voci di migliore qualità senza trasformare Wikipedia in ciò che non è, né credo debba diventare. Vorrei però riflettere sul contributo degli «storici di professione» (categoria quantomai vaga) all’«Enciclopedia Libera».
- 22 Digital History, URL: < http://www.digitalhistory.uh.edu/ > [consultato il 14 marzo 2017].
24Innanzitutto credo sarebbe un gran bene se le istituzioni culturali italiane, in primis quelle museali o universitarie, mettessero a disposizione del pubblico molti più contenuti sul web. Non solo digitalizzazioni di vari tipi di documenti, ma anche e soprattutto materiali divulgativi rivolti al grande pubblico, ovvero siti contenenti sunti, raccolte di documenti, bibliografie e linee del tempo. Per spiegare cosa intendo l’esempio migliore è il sito «Digital History», dell’Università di Houston, un vero e proprio manuale di storia degli Stati Uniti on line22. Contenuti di questo genere potrebbero essere utili alla redazione delle voci di Wikipedia attraverso la creazione di stabili partnership tra i loro curatori e Wikimedia: in tal modo si potrebbe stabilire un rapporto virtuoso tra l’«Enciclopedia Libera» ed i siti delle istituzioni culturali. La prima citando siti validati da istituzuioni culturali vedrebbe alzarsi il proprio livello senza perdere le proprie caratteristiche, i secondi sarebbero facilitati nella loro funzione perché venendo citati su Wikipedia avrebbero una maggiore diffusione e sarebbero usati da chi vuole approfondire gli argomenti trattati. Ovviamente a patto di dedicarsi insieme anche alla formazione degli utenti, che rimane il punto centrale.
25Ciò detto vorrei mettere in guardia dall’idea che il contributo di storici professionisti o la collaborazione con istituzioni museali e universitarie possa rivelarsi una panacea universale capace di curare tutti i mali di Wikipedia e arrivare una narrazione del passato asetticamente «corretta» o universalmente condivisa. Questi contributi e queste collaborazioni potranno alzare il livello del dibattito in merito alla voci de l’«Enciclopedia Libera», potranno svecchiare le interpretazioni storiografiche in essa presente e magari correggere quelli che sono palesi falsi storici, ma non potranno mai risolvere i conflitti di fondo al suo interno, che troveranno anzi nuovi appigli nelle diverse interpretazioni storiografiche.
26Per questo ritengo sia molto interessante lo spunto dato da Bassi quando scrive
- 23 BASSI, Jacopo, op. cit., pp. 4-5.
La riduzione della pluralità ad un unico punto – per quanto neutro e mediano – non favorisce la ricerca storica, ma declina verso la costituzione di un pensiero unico. A dispetto di quanto prescritto dalle regole di wikipedia, il punto di vista neutrale sembra essersi trasformato nel punto di vista unico. Far risaltare questa pluralità di visioni sarebbe utile anche e soprattutto per l’utente non addetto ai lavori, che potrebbe così vedere con i propri occhi come la voce che sta ricercando non riconduca ad un’unica e incorruttibile verità, ma come esistano interpretazioni differenti dello stesso fatto23.
27Insomma credo che occorra domandarsi come rendere palese anche al lettore più distratto che aprendo una voce storica di Wikipedia non è arrivato nel luogo che gli propone una rassicurante versione 2.0 del manuale scolastico, bensì in una piazza virtuale in cui persone diverse danno il proprio contributo (sempre parziale, orientato e conflittuale) alla ricostruzione del passato attraverso la collaborazione, il confronto e lo scontro. Lo si potrebbe fare elencando in modo stringato i fatti acclarati in un breve riassunto e poi lasciare che vengano esposte le varie interpretazioni degli stessi, magari rendendo palese la firma del contributore che le ha inserite. Insomma si potrebbe attenuare la distinzione tra il testo delle voci e gli spazi di discussione ad esse connesse, ovvero rendere palesi le diversità di interpretazione e, quindi, i conflitti.
28Ma al di là di questa proposta – che mi rendo conto essere forse difficile da realizzare – credo occorra riflettere sul fatto che un passaggio centrale della trasmissione di reali conoscenze, e non di semplici informazioni, sia l’educazione al conflitto. Ovvero la trasmissione di una metodologia di rapporto con la realtà che esclude l’imparzialità ma ricerca l’onestà intellettuale dando conto delle fonti, imposta i ragionamenti a partire dai dati di fatto e non nasconde i conflitti, ovvero dà conto delle diversità di ideali ed interessi. Perché solo ammettendo la propria parzialità, solo ammettendo come sia impossibile spogliarsi completamente dei propri preconcetti, interessi, fedi ed ideali si possa davvero essere intellettualmente onesti.
29Non può esistere, nemmeno sul web, un luogo incantato in cui gli esseri umani si spogliano dell’influenza del proprio vissuto, dei propri legami sociali e dei propri obiettivi muovendosi come creature isolate e puramente razionali mosse da null’altro che dalla volontà di contribuire ad un grande progetto culturale. Capisco che affermare l’impossibilità di ignorare o rimuovere i conflitti (siano essi religiosi, ideali, di classe, di genere o generazionali) possa essere irritante per molti, ma continuo a credere che occorra difendere la complessità del reale chi la vorrebbe brutalmente semplificare imponendo una visione del mondo basata sul razzismo e il nazionalismo. Queste persone hanno fin’ora trovato su Wikipedia larghi margine d’azione proprio grazie alle presunzioni di buona fede e all’illusione di poter creare sul web una realtà protetta dai conflitti del mondo reale. Quando Iolanda Pensa ricorda che la cultura umana si è evoluta ed è cambiata nel tempo, abbandonando pratiche come ad esempio la misurazione dei crani umani ai fini di classificazione «razziale» o psicologica, ha ragione. Dimentica però che le posizioni dei misuratori di crani e dei classificatori di esseri umani su basi pseudoscientifiche non sono state sconfitte attraverso una serena discussione che presupponesse la loro buona fede, ma attraverso una guerra mondiale e i successivi movimenti per i diritti civili o la lotta armata contro il colonialismo.
30Per questo ritengo corretto quanto ha scritto Salvatore Talia in una delle prime analisi prodotte nell’ambito del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki
- 24 TALIA Salvatore, «Fascinazione Wikipedia. Il mito della “cricca” ed il conflitto reale», in Giap, U (...)
Ritengo in ogni caso auspicabile che tutti noi antifascisti, wikipediani e non, esercitiamo una doverosa attività di vigilanza sulle pagine dell’enciclopedia libera. La quale è una piazza, ancorché virtuale: e, come tutte le piazze, perché le camicie nere non se ne impossessino ha bisogno della nostra presenza24.
Note
1 BRECHT, Bertolt, Poesie e canzoni, Antologia dell’opera poetica di Bertolt Brecht, Torino, Einaudi, 1961, p. 57.
2 BOURBAKI, Nicoletta, «Wikipedia e la storia deturpata: il caso Presbite», in Giap, URL: < http://www.wumingfoundation.com/giap/2014/11/wikipedia-e-la-storia-deturpata-il-caso-presbite/ > [consultato il 6 marzo 2017].
3 BOURBAKI, Nicoletta, «Se questo è un direttore di istituto storico della Resistenza. Roberto Spazzali e i guasti da “Giorno del Ricordo”», in Giap, URL: < http://www.wumingfoundation.com/giap/2016/02/se-questo-e-un-direttore-di-istituto-storico-della-resistenza-roberto-spazzali-e-i-guasti-dellideologia-da-giornodelricordo/ > [consultato il 6 marzo 2017].
4 PEREIRA, Mateus H. F., «Dissoluzioni, parodie o mutamenti? Considerazioni sulla storia nelle pagine di Wikipedia», in Diacronie. Studi di Storia Contemporanea: “Crash test”. Continuità, discontinuità, legami e rotture nelle dinamiche della storia contemporanea, 29, 1/2017, URL: < http://www.studistorici.com/2017/03/29/pereira_numero_29/ > [consultato il 29 marzo 2017].
5 WHITE, Hayden, Ficción histórica, historia ficcional y realidad histórica, Buenos Aires, Prometeo Libros, 2010, p. 125.
6 BLOCH, Marc, Apologia della storia o mestiere di storico, Torino, Einaudi, 2016.
7 Tony1, «German Wikipedia ArbCom implodes amid revelation of member’s far-right political role», in The Signpost, 22 dicembre 2016, URL: < https://en.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Wikipedia_Signpost/2016-12-22/Special_report > [consultato il 6 marzo 2017].
8 CENCI, Cristian, «Wikipedia è poco affidabile? La colpa è anche degli esperti», in Diacronie. Studi di Storia Contemporanea: “Crash test”. Continuità, discontinuità, legami e rotture nelle dinamiche della storia contemporanea, 29, 1/2017, URL: < http://www.studistorici.com/2017/03/29/cenci_numero_29/ > [consultato il 29 marzo 2017].
9 GOTOR, Miguel, L’Isola di Wikipedia. Una fonte elettronica, in LUZZATTO, Sergio (a cura di), Prima lezione di metodo storico, Roma-Bari, Laterza, 2010, pp. 183-200.
10 BOURBAKI, Nicoletta, «La strategia del ratto. Manomissioni, fandonie e propaganda fascista su Wikipedia: il caso “José Antonio”. Prima parte», in Giap, URL: < http://www.wumingfoundation.com/giap/2017/02/la-strategia-del-ratto-jose-antonio-su-wikipedia/ > [consultato il 14 marzo 2017]; BOURBAKI, Nicoletta, «La strategia del ratto. Manomissioni, fandonie e propaganda fascista su Wikipedia: il caso “José Antonio”. Seconda parte», in Giap, URL: < http://www.wumingfoundation.com/giap/2017/02/la-strategia-del-ratto-2a-parte/ > [consultato il 14 marzo 2017].
11 «Wikipedia: Bar/ Discussioni/Articolo su alterazione fonti in Wikipedia», in it.Wiki, URL: < https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Bar/Discussioni/Articolo_su_alterazione_fonti_in_Wikipedia > [consultato il 14 marzo 2017].
12 TONELLI, Marco, «Modifiche e falsi storici ecco come l’estrema destra italiana inquina le pagine di Wikipedia», in La Stampa, 14 marzo 2017, URL: < http://www.lastampa.it/2017/03/14/tecnologia/idee/modifiche-e-falsi-storici-ecco-come-lestrema-destra-italiana-inquina-le-pagine-di-wikipedia-5Be1SkJZfwMzHjpFFxpjqO/pagina.html > [consultato il 14 marzo 2017].
13 BALDO, Tommaso, «I ‘45 cavalieri’ di Wikipedia, da chi e cosa è libera l’enciclopedia libera?». Giap, URL: < http://www.wumingfoundation.com/giap/2015/10/i-45-cavalieri-di-wikipedia-da-chi-e-cosa-e-libera-lenciclopedia-libera/ > [consultato il 6 marzo 2017].
14 GOTOR, Miguel, op. cit., pp. 191-192.
15 BASSI, Jacopo, «Danzica e le guerre wikipediane. Qualche osservazione sulle edit wars», in Diacronie. Studi di Storia Contemporanea : “Crash test”. Continuità, discontinuità, legami e rotture nelle dinamiche della storia contemporanea, 29, 1/2017, p. 6, URL: < http://www.studistorici.com/2017/03/29/bassi_numero_29/ > [consultato il 29 marzo 2017].
16 STRIZZOLO, Nicola, «Verso il sapere unico», in Diacronie. Studi di Storia Contemporanea : “Crash test”. Continuità, discontinuità, legami e rotture nelle dinamiche della storia contemporanea, 29, 1/2017, p. 3, URL: < http://www.studistorici.com/2017/03/29/strizzolo_numero_29/ > [consultato il 29 marzo 2017].
17 CENCI, Cristian, op. cit., p. 4.
18 PENSA, Iolanda, «Risposta a “Riflessioni sulla narrazione storica nelle voci di Wikipedia”», in Diacronie. Studi di Storia Contemporanea : “Crash test”. Continuità, discontinuità, legami e rotture nelle dinamiche della storia contemporanea, 29, 1/2017, p. 3, URL: < http://www.studistorici.com/2017/03/29/pensa_numero_29/ > [consultato il 29 marzo 2017].
19 ECO, Umberto, «Come copiare da Internet», in L’Espresso, 16 gennaio 2006, URL: < https://areeweb.polito.it/didattica/polymath/ICT/Htmls/Interventi/Articoli/Italia/Eco%20Wikipedia.htm > [consultato il 14 marzo 2017].
20 BIANCHI, Roberto, ZAZZARA, Gilda, «La storia formattata. Wikipedia tra creazione, uso e consumo», in Passato e presente, 100, 1/2017, pp. 131-155.
21 CENCI, Cristian, op. cit., p. 2.
22 Digital History, URL: < http://www.digitalhistory.uh.edu/ > [consultato il 14 marzo 2017].
23 BASSI, Jacopo, op. cit., pp. 4-5.
24 TALIA Salvatore, «Fascinazione Wikipedia. Il mito della “cricca” ed il conflitto reale», in Giap, URL: < http://www.wumingfoundation.com/giap/2014/05/fasci-di-luce-obliqua-su-wikipedia-il-mito-della-cricca-e-il-conflitto-reale/ > [consultato il 14 marzo 2017].
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Notizia bibliografica digitale
Tommaso Baldo, «Considerazioni conclusive», Diacronie [Online], N° 29, 1 | 2017, documento 12, online dal 29 mars 2017, consultato il 09 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/5471; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.5471
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