Dominik Rigoll, Staatsschutz in Westdeutschland. Von der Entnazifizierung zur Extremistenabwehr
Dominik Rigoll, Staatsschutz in Westdeutschland. Von der Entnazifizierung zur Extremistenabwehr, Göttingen, Wallstein Verlag, 2013, 524 pp.
Testo integrale
Credits: Dominik RIGOLL, Staatsschutz in Westdeutschland. Von der Entnazifizierung zur Extremistenabwehr, Göttingen, Wallstein Verlag, 2013, 524 pp.
1Spesso la Germania viene considerata una delle forme più avanzate di democrazia a livello mondiale: stabilità e crescita economica l’hanno resa per molti un esempio da seguire. Raramente però ci si interroga sul percorso che ha portato lo Stato tedesco a diventare ciò che è oggi a livello istituzionale. Dominik Rigoll, docente all’università Friedrich Schiller di Jena, nel libro frutto della sua ricerca di dottorato ripercorre con abilità e precisione la vita della Repubblica Federale Tedesca (RFT) dalla sua fondazione fino agli anni Settanta, concentrandosi sulle modalità di accesso ai posti pubblici e sui provvedimenti presi per “difendere” la Repubblica dalle ali estremiste dello schieramento politico, considerate una minaccia per la stabilità dello Stato.
- 1 RIGOLL, Dominik, Staatschutz in Westdeutschland. Von der Entnazifierung zur Extremistenabwehr, Gött (...)
- 2 Cfr. RAPINI, Andrea, Antifascismo e cittadinanza. Giovani, identità e memorie nell’Italia repubblic (...)
2Rigoll fa riferimento all’espressione “consenso antitotalitario” per definire la volontà, posta alla base della nuova struttura istituzionale, di escludere chi aveva legami con un totalitarismo di qualunque colore politico dal neo-fondato Stato. In ciò la Repubblica federale si differenziò da Stati come l’Italia che fondarono sull’antifascismo i nuovi patti fondativi1. Questa scelta fu giustificata da due motivi principali: se da una parte la debolezza della Resistenza tedesca durante il regime nazista e durante la Seconda guerra mondiale non consentivano la loro elevazione a mito nazionale, non meno determinante era il fatto che l’antifascismo fosse un elemento centrale nella propaganda portata avanti prima dai sovietici nella loro zona d’occupazione e poi dalla Repubblica Democratica Tedesca (DDR) a partire dal 19492.
- 3 RIGOLL, Dominik, op. cit., p. 11.
- 4 Questa espressione indica l’insieme dei principi fondativi della Repubblica Federale come indicato (...)
- 5 Ibidem, pp. 121-122.
- 6 Ibidem, p.13.
3Secondo Rigoll il consenso antitotalitario puntava quindi a marginalizzare o addirittura a escludere dalla vita pubblica i partiti o i gruppi neonazisti o comunisti. L’obiettivo era evitare che gli errori che si erano rivelati fatali per la Repubblica di Weimar, ritenuta incapace di fronteggiare le minacce rappresentate da questi schieramenti, fossero ripetuti. Se a parole un simile proposito sembrava chiaro, nella pratica la sua definizione era molto più complessa. All’indomani della sconfitta militare l’apparato amministrativo tedesco era ancora costituito essenzialmente da funzionari che erano stati impiegati nello stesso ruolo dal regime nazista. Per la Repubblica Federale era impensabile riuscire a formare e inserire in ruolo in tempi brevi un’intera nuova classe di amministratori e dirigenti3. Appariva inoltre particolarmente complicato il compito di definire chi fosse un “nazista”: bastava avere avuto la tessera del partito? Oppure era necessario essersi macchiato di un delitto particolarmente grave? Si scelse quindi di agire su due binari. Centrale fu la necessità di impedire che persone ritenute pericolose perché legate a partiti estremistici giungessero a posti chiave all’interno dell’amministrazione. Un provvedimento esemplare in questo senso fu il cosiddetto Adenauer-Erlass (1950) nel quale si stabiliva che se i funzionari statali avessero preso parte a iniziative mirate a colpire la freiheitlich-demokratische Grundordnung4 sarebbero venuti meno ai loro doveri. Il testo faceva esplicitamente il nome di tredici organizzazioni (dall’estrema sinistra all’estrema destra) che venivano considerate oppositrici dello Stato: gli impiegati pubblici non potevano appartenere a una di loro. Poco tempo dopo, il 14 luglio 1953, un nuovo provvedimento precisava ulteriormente i doveri dei funzionari: essi non solo erano tenuti a rispettare l’ordine democratico-liberale, ma dovevano anche attivarsi per promuoverlo e difenderlo5. Queste misure avevano il compito di fungere da garanzia per la protezione della Repubblica Federale e dei suoi principi. Dovevano inoltre arginare le polemiche che nascevano ciclicamente sull’opportunità di impiegare personale dello Stato nazista: secondo alcuni mantenere funzionari di questo tipo nella macchina amministrativa minava in modo irrimediabile le fondamenta stesse della Repubblica Federale, creando inoltre un evidente problema di legittimazione del nuovo Stato6. Questo dibattito si intrecciò con quello legato al riarmo della Germania Ovest che caratterizzò la fine degli anni Quaranta e la prima metà degli anni Cinquanta, culminando con l’entrata della RFT nella NATO e la nascita del nuovo esercito tedesco (1955).
- 7 Ibidem, p. 48.
- 8 Ibidem, p. 137.
- 9 Ne è un esempio il cosiddetto Parteiprivileg sancito dall’articolo 21 della Legge Fondamentale tede (...)
- 10 Ibidem, p. 138.
- 11 Ibidem, p. 139. Il processo si concluse con la condanna dei sette attivisti imputati per aver fatto (...)
4Il processo di epurazione dei funzionari del regime nazista, all’inizio presentato da più parti come necessario, perse rapidamente mordente. Ai nuovi funzionari assunti durante l’occupazione (chiamati dall’autore 45er in relazione all’anno in cui erano entrati in servizio) si affiancarono negli anni seguenti sempre più funzionari del vecchio regime (seguendo lo stesso criterio essi vengono definiti 49er). Secondo l’autore gli ex funzionari del regime ebbero così la possibilità di iniziare una seconda carriera che riuscì in alcuni casi a portarli ai vertici dello Stato. In questo senso la legge dell’11 maggio 1951 che sanciva la possibilità per chi era in servizio nello Stato nazista e non si era macchiato di gravi delitti di essere nuovamente assunto nell’amministrazione segnò una svolta decisiva. La legge fu approvata quasi all’unanimità (fecero eccezione due astensioni) e fu votata anche dal partito comunista tedesco (Kommunistische Partei Deutschlands, KPD)7. Proprio il partito comunista fu qualche anno dopo suo malgrado il protagonista di un altro evento centrale nella lotta agli estremismi: nel 1956 infatti il Bundesverfassungsgericht di Karlsruhe dichiarò il partito illegale e gli vietò di portare avanti qualunque tipo di attività politica. Per i giudici l’accettazione formale della struttura della Repubblica Federale non era che una decisione di facciata atta a garantirsi lo spazio necessario per perseguire degli scopi incompatibili con la freiheitlich-demokratische Grundordnun8. La decisione non era però senza precedenti visto che solo quattro anni prima il partito di estrema destra Sozialistische Reichspartei Deutschlands (SRPD) aveva subito la stessa sorte. Un simile atto faceva parte di un insieme più ampio di misure che resero la democrazia tedesca streitbar. Questo termine giuridico risulta difficilmente traducibile in italiano, ma il suo senso risiede nella possibilità per la Repubblica Federale di non aspettare di essere aggredita dalle forze considerate antisistema, ma di muoversi lei preventivamente, eliminando così la possibile minaccia. Se da una parte il sistema parlamentare esigeva tolleranza e garanzie9, dall’altra era necessario tutelare alcuni valori fondamentali che non potevano essere messi in discussione10. A questa stessa logica risponde il processo contro il Friedenskomitee, un’organizzazione nata per opporsi al riarmo della Germania portato avanti dal governo Adenauer. Rigoll lo definisce il più grande processo politico in Germania dopo quello di Norimberga e allo stesso tempo fa puntualmente notare come l’opinione pubblica se ne sia occupata solo marginalmente11.
- 12 RIGOLL, Dominik, op.cit., p. 15.
5Di fatto questa impostazione e in particolare la pregiudiziale anticomunista continuò a caratterizzare l’impianto di base della Repubblica Federale anche negli anni a venire. Rigoll collega questo fatto alla persistenza dei 49er nell’amministrazione e avanza una tesi interessante: i 49er avrebbero avuto un interesse diretto nel colpire i comunisti e uno dei motivi era evitare delle rilevazioni scomode sul passato di alcuni di loro12.
- 13 Ibidem, p. 206.
- 14 Ibidem, p. 210.
6Gli anni Sessanta videro svilupparsi tuttavia una crescente opposizione che si articolò nel settore della società che di lì a poco sarebbe stato definito Außerparlamentarische Opposition (APO, opposizione extra-parlamentare). Questa era composta da un insieme eterogeneo che trovava nel Sozialistischer Deutsche Studentenbund (SDS) il suo elemento trainante. L’SDS era nato subito dopo la seconda guerra mondiale come organizzazione giovanile della SPD, ma in un secondo momento si era progressivamente allontanato dal partito fino a diventarne indipendente all’inizio degli anni Sessanta. Determinante in questo senso fu la svolta che maturò nella SPD alla fine degli anni Cinquanta (culminata nel congresso di Bad Godesberg del 1959) e che portò il partito socialdemocratico a cambiare decisamente la sua strategia politica, accettando la collocazione della Germania nella NATO e buona parte delle politiche dei governi di Adenauer. L’SDS finì per guidare le proteste contro le leggi di emergenza (Notstandgesetze) che nel 1968 furono approvate in via definitiva dopo un lungo e travagliato iter. Questo provvedimento modificava diversi articoli della legge fondamentale (Grundgesetz) e si proponeva di fornire delle regole chiare per governare situazioni eccezionali dovute a catastrofi naturali o ad altro tipo di emergenze, prevedendo, ove ritenuto necessario, la restrizione di alcuni diritti fondamentali13. Le Notstandgesetze furono approvate dalla prima grande coalizione fra CDU e SPD della storia tedesca. Il cancelliere era Kurt Georg Kiesinger (CDU), membro fin dal 1933 del partito nazista. Per l’APO questa era la prova lampante del fallimento della denazificazione delle istituzioni e l’organizzazione fece notare le, a suo modo di vedere, evidenti continuità fra il regime nazista e la Repubblica Federale. In questo modo il tema fu riportato all’interno del dibattito pubblico14.
- 15 Ibidem, p. 232. Cfr. ROIK, Michael, Die DKP und die demokratischen Parteien 1968-1984, Schöningh, P (...)
7Nello stesso periodo, complice il mutato clima sociale e le mobilitazioni studentesche, venne meno la proibizione per il partito comunista che così nel 1968 poté tornare a costituirsi, sebbene con un nuovo nome (Deutsche Kommunistische Partei, DKP) e con una struttura che almeno formalmente non aveva nulla in comune con la vecchia KPD. A ciò non seguì però una piena accettazione della DKP nell’arco delle forze politiche costituzionali. Infatti, far parte di un’organizzazione vicina alla DKP significava ancora comportarsi in modo contrario alla freiheitlich-demokratische Grundordnung15.
- 16 Per esempio il Bund Freiheit der Wissenschaft. Su questa organizzazione si può consultare utilmente (...)
- 17 RIGOLL, Dominik, op. cit., pp. 368-371.
- 18 Ibidem, p. 372.
- 19 Il termine Berufsverbot fu usato quasi esclusivamente da chi si opponeva a questa pratica mentre al (...)
- 20 GLOTZ, Peter, «Radikalenbeschluß - unser größter Fehler», in Der Spiegel, 43, 1978.
8Il timore principale era ancora che gli appartenenti al partito comunista potessero raggiungere posti strategici all’interno delle università o delle istituzioni, trovandosi così nella condizione di fornire importanti informazioni alla DDR. Se da una parte alcune organizzazioni fecero di tutto per stimolare questa paura e strumentalizzarla16, dall’altra il governo, che dall’ottobre 1969 vedeva il socialdemocratico Willy Brandt alla guida di una coalizione fra la SPD e i liberali del FDP, decise di prendere molto sul serio la questione: nel 1972 fu emanato un provvedimento noto con il nome di Radikalenerlass che sanciva la possibilità di escludere un candidato dalla selezione per un posto di lavoro pubblico se fossero sussistiti dei dubbi sulla sua fedeltà ai principi e alle istituzioni della Repubblica. Il provvedimento, indirizzato principalmente ai membri della DKP suscitò però polemiche a livello internazionale e anche all’interno della stessa SPD17. Brandt riconobbe che la misura poteva essere migliorata, ma non ne mise mai in dubbio la sostanza18. Vennero organizzate numerose iniziative contro il cosiddetto Berufsverbot19, ossia la pratica di escludere da posti di lavoro pubblici delle persone per la loro appartenenza o vicinanza a un gruppo o a un partito considerato estremista (la DKP ma anche, seppur in misura minore, gruppi di estrema destra). In seguito anche figure interne alla SPD che nel 1972 avevano sostenuto il provvedimento rividero la propria posizione. Una di loro, Peter Glotz, giunse addirittura a definire il Radikalenerlass il più grande errore della SPD nei suoi anni di governo20.
- 21 Esempi di questa tendenza storiografica possono essere ritrovati in: SCHILDT, Axel, Ankunft in West (...)
9Nel complesso il libro di Rigoll appare molto ben strutturato ed è chiaramente frutto di una ricerca approfondita che non ha avuto paura di confrontarsi con il linguaggio e i concetti giuridici. Inoltre il taglio del lavoro permette di scoprire degli aspetti della storia tedesca che solitamente rimangono sottotraccia o che attraverso le interpretazioni di Rigoll possono essere visti diversamente. Una delle correnti interpretative più consolidate all’interno della storiografia tedesca tende a dipingere le vicende della Repubblica Federale come la storia di un successo (Erfolgsgeschichte), soprattutto in contrapposizione con la storia della DDR che si tende a considerare fallimentare21. La ricerca di Rigoll e le conclusioni a cui giunge non pretendono di mettere in crisi questo paradigma, ma riescono a gettare uno sguardo critico e innovativo sulle modalità che hanno permesso la fondazione e l’irrobustimento della struttura istituzionale della Germania Ovest che è poi diventata la base della Germania unita.
Note
1 RIGOLL, Dominik, Staatschutz in Westdeutschland. Von der Entnazifierung zur Extremistenabwehr, Göttingen, Wallstein Verlag, 2013.
2 Cfr. RAPINI, Andrea, Antifascismo e cittadinanza. Giovani, identità e memorie nell’Italia repubblicana, Bologna, Bononia University Press, 2005, pp.24-26.
3 RIGOLL, Dominik, op. cit., p. 11.
4 Questa espressione indica l’insieme dei principi fondativi della Repubblica Federale come indicato in alcuni articoli della Legge Fondamentale (per esempio l’articolo 10 che sancisce la segretezza della corrispondenza e i casi in cui questo diritto può essere limitato).
5 Ibidem, pp. 121-122.
6 Ibidem, p.13.
7 Ibidem, p. 48.
8 Ibidem, p. 137.
9 Ne è un esempio il cosiddetto Parteiprivileg sancito dall’articolo 21 della Legge Fondamentale tedesca. I partiti politici venivano considerati fondamentali per la democrazia parlamentare e quindi si decise di affidare al solo Bundesverfassungsgericht la possibilità di scioglierli in caso di atteggiamenti contrari ai principi dello Stato. Per le altre organizzazioni era sufficiente la firma del Ministro degli Interni.
10 Ibidem, p. 138.
11 Ibidem, p. 139. Il processo si concluse con la condanna dei sette attivisti imputati per aver fatto parte di un’organizzazione che perseguiva scopi contrari ai principi dello Stato. Cfr. HANNOVER, Heinrich, Die Republik vor Gericht 1954-1995. Erinnerungen eines unbequemen
Rechtsanwalts, Berlin, Aufbau Taschenbuch Verlag, 2005.
12 RIGOLL, Dominik, op.cit., p. 15.
13 Ibidem, p. 206.
14 Ibidem, p. 210.
15 Ibidem, p. 232. Cfr. ROIK, Michael, Die DKP und die demokratischen Parteien 1968-1984, Schöningh, Padeborn u. a. 2006.
16 Per esempio il Bund Freiheit der Wissenschaft. Su questa organizzazione si può consultare utilmente WEHRS, Nikolai, Protest der Professoren. Der «Bund Freiheit der Wissenschaft» in den 1970er Jahren, Göttingen, Wallstein Verlag, 2014.
17 RIGOLL, Dominik, op. cit., pp. 368-371.
18 Ibidem, p. 372.
19 Il termine Berufsverbot fu usato quasi esclusivamente da chi si opponeva a questa pratica mentre altri preferivano evitarlo.
20 GLOTZ, Peter, «Radikalenbeschluß - unser größter Fehler», in Der Spiegel, 43, 1978.
21 Esempi di questa tendenza storiografica possono essere ritrovati in: SCHILDT, Axel, Ankunft in Westen, Frankfurt am Main, Fischer Verlag, 1999; HERBERT, Ulrich, Geschichte Deutschlands im 20. Jahrhundert, München, C.H. Beck, 2014; WOLFRUM, Edgar, Die Geglückte Demokratie, Stuttgart, Klett-Cotta, 2006.
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Notizia bibliografica digitale
Alessandro Stoppoloni, «Dominik Rigoll, Staatsschutz in Westdeutschland. Von der Entnazifizierung zur Extremistenabwehr», Diacronie [Online], N° 26, 2 | 2016, documento 12, online dal 29 juin 2016, consultato il 07 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/4032; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.4032
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