Deborah Paci, Corsica fatal. Malta baluardo di romanità. L’irredentismo fascista nel mare nostrum (1922-1942)
Deborah Paci, Corsica fatal. Malta baluardo di romanità. L’irredentismo fascista nel mare nostrum (1922-1942), Firenze-Milano, Le Monnier-Mondadori Education, 2015, 274 pp.
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Credits: Deborah PACI, Corsica fatal, Malta baluardo di romanità. L’irredentismo fascista nel mare nostrum (1922-1942), Firenze-Milano, Le Monnier-Mondadori Education, 2015, 274 pp.
- 1 L’autrice è attualmente assegnista di ricerca nell’ambito del progetto Spaces of Expectation. Menta (...)
1La prima monografia di Deborah Paci1 si pone un obiettivo ambizioso: ricostruire l’impianto teorico, l’argomentazione discorsiva e infine la messa in pratica della politica irredentista operata dal regime fascista in Corsica e a Malta durante il Ventennio.
- 2 A partire da GENTILE, Emilio, Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925), Roma-Bari, Laterza, 1 (...)
- 3 Una recente eccezione sembra essere RODOGNO, Davide, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di (...)
2Ognuno dei termini citati evoca concetti storiografici complessi, che pongono il libro, seppur in una posizione peculiare, nel solco della tradizione di studi sull’ideologia imperiale fascista avviati da Emilio Gentile2. La peculiarità della proposta di Deborah Paci emerge in due direzioni. La prima è relativa all’oggetto stesso della ricerca: la questione delle strategie irredentiste nel Mediterraneo europeo ha giocato un ruolo non trascurabile nella mitologia dell’impero fascista e nelle relative dinamiche geopolitiche, ma nella storiografia ha senza dubbio pagato dazio rispetto all’ingente produzione che, per motivi di ordine politico facilmente comprensibili, si è spesso concentrata sull’irredentismo nel versante adriatico e sull’azione coloniale in Africa3.
- 4 Deborah Paci fa inizialmente riferimento alle riflessioni di Zygmunt Bauman e Denis Cosgrove, ma da (...)
- 5 Cfr. almeno SALVATICI, Silvia (a cura di), Confini. Costruzioni, attraversamenti, rappresentazioni, (...)
- 6 PACI, Deborah, Corsica fatal, Malta baluardo di romanità. L’irredentismo fascista nel mare nostrum (...)
3La seconda peculiarità del libro, al di là dell’opzione per un comparativismo che è lungi dall’apparire una mera giustapposizione tematica, risiede nella strada che l’autrice ha scelto di percorrere. Ci si riferisce qui alla scelta – innovativa, particolarmente feconda e non meno ambiziosa dell’obiettivo finale della ricerca – di avviare un dialogo interdisciplinare che, nell’intenzione di tenere insieme il campo delle rappresentazioni culturali e quello delle pratiche politiche, chiama in causa tanto le riflessioni sociologiche relative alla definizione dell’alterità, quanto il campo di studi della geografia culturale4. Diretta derivazione del cultural turn e dell’imporsi degli studi transalpini sulle représentations, la combinazione di questi approcci ha reso possibile anche in storiografia un processo di generale ripensamento delle nozioni di luogo, di confine e di frontiere, percepite ormai non in quanto nozioni spaziali di carattere assoluto, quanto piuttosto come spazi innanzitutto culturali, e per questa via politici5. Dalla medesima combinazione scaturisce un altro punto metodologico centrale nel caso specifico di questo libro, vale a dire il costante riferimento al concetto di insularismo, definito, via Roger Brunet, come «la propensione degli isolani a coltivare in eccesso la loro specificità insulare al fine di affermare un’identità culturale propriamente insulare o di beneficiare di vantaggi più o meno specifici»6.
4Si vede bene come tutte le tematiche affrontate fin dalle prime pagine del testo – insularismo, irredentismo, autonomismo, nazionalismo – siano interpretabili come categorie culturali altamente porose, che si confondono, si intrecciano, si prestano a continue rielaborazioni rispondenti di volta in volta alla contingenza politica. Dal punto di vista cronologico nessuna linea di demarcazione netta è conseguentemente possibile. Tuttavia, se una qualità dello storico è quella di individuare possibili datazioni, si può senz’altro riconoscere all’autrice la coerenza e l’efficacia della sua proposta, riassumibile schematicamente in questo modo: tra il 1922 e il 1935, ossia dagli albori del regime fino alla vigilia della guerra d’Etiopia, la propaganda irredentista si costituisce in quelle che vengono determinate nel testo come «pratiche discorsive». Si trattò di un’azione di tipo primariamente culturale, incentrata sull’individuazione dei caratteri insieme storici, linguistici, geografici ed etnografici sulla base dei quali fosse possibile dimostrare l’«italianità» delle due isole. Gli evidenti risvolti politici di questa impostazione sono in questa fase smussati e la loro carica viene, per così dire, raffreddata in attesa di una situazione geopolitica più congeniale alla conquista militare. Il quadro muta in seguito alla già evocata conquista dell’Etiopia. È infatti tra il 1936 e il 1939 che il regime opta per una propaganda irredentista più smaccatamente politica, segnata da una progressiva escalation di aggressività tanto nelle formulazioni teoriche, quanto nella pratica diplomatica. Lo scoppio della seconda guerra mondiale aprirà l’ultima fase (1939-1942) e segnerà il definitivo punto di approdo della pluriennale propaganda in azioni militari di conquista, risoltesi tuttavia in una serie di insuccessi le cui ragioni sono, ancora una volta, di ordine tanto politico quanto culturale.
5Se questo è il panorama cronologico, va rilevato come le scelte di Deborah Paci relative all’organizzazione del testo abbiano il grande merito di facilitare l’operazione di “scomposizione” dell’opera propagandistica di marca irredentista, al tempo stesso preservandone la generale complessità fin qui soltanto introdotta. Il libro è infatti suddiviso in due parti, la prima delle quali, intitolata La propaganda irredentista in Corsica e a Malta. Narrazioni, uomini e istituzioni, costituisce un efficace esempio di procedimento per gradi o, mutuando l’espressione dalla politica imperiale fascista, per cerchi concentrici.
6Il principale oggetto di analisi di questa sezione è infatti l’insieme dei discorsi insularisti, vale a dire quelle narrazioni relative all’identità dell’isola prodotte, per così dire, dall’interno, ma costituitesi in relazione dialogica con l’esterno continentale. Scopriamo allora che nel XIX secolo le élites italofone di Malta e Corsica hanno costruito dei discorsi incentrati sul tema dell’ «italianità». Tali discorsi, che mettevano in luce il carattere “altro” delle popolazioni insulari rispetto ai centri amministrativi inglesi e francesi, erano evidentemente funzionali a reclamare un diverso e precipuo ruolo politico. Ridefinire le forme di mediazione tra centro e periferia, in quest’ottica, corrispondeva infatti al tentativo di costituire modalità di gestione del potere a livello locale che facessero perno sulle ambizioni autonomiste e donassero un ruolo guida a quei settori sociali progressivamente messi all’angolo dalle amministrazioni continentali.
7Pur guardando all’indietro dalla prospettiva del Ventennio, Deborah Paci riesce bene in questa ricostruzione, dimostrando come la propaganda fascista abbia avuto buon gioco nello sfruttare temi e discorsi risalenti alla fine del XIX secolo – vale a dire gli anni durante i quali va a costituirsi un rapporto tra continente e isola sempre più teso – declinandoli mano a mano in direzione irredentista. Comprendere le narrazioni insulariste è un passaggio obbligato per arrivare al tema oggetto del secondo e del terzo capitolo, cioè il costituirsi, fin dagli anni Venti, di un apparato di propaganda propriamente irredentista incentrato sul Mediterraneo, il mare nostrum.
- 7 Cfr. almeno TARQUINI, Alessandra, Storia della cultura fascista, Bologna, Il Mulino, 2011, ma anche (...)
- 8 PACI, Deborah, Corsica fatal, cit., p. 155.
8La sfida del regime, abile nell’intercettare e rinvigorire sentimenti presenti nell’élite italofona tanto di Malta quanto della Corsica, è quella di comprovare incontrovertibilmente l’italianità delle due isole, prima di tutto dal punto di vista storico-culturale – e da qui la forte attenzione alla questione linguistica – per tentare soltanto in un secondo momento un’impresa militare che, nell’ambizione mussoliniana, doveva costituirsi non come aggressione, ma come liberazione delle isole irredente. Sta qui un punto centrale dell’intero impianto della politica estera fascista, ossia la continua ricerca di equilibrio tra rivendicazione ideale e azione territoriale, onde evitare di alterare le dinamiche diplomatiche prima del tempo. Si tratta di un tema collocabile nel contesto del noto progetto mussoliniano di costituirsi come definitivo compimento del sogno risorgimentale, oggetto della storiografia tradizionale e recente, con la quale d’altro canto Deborah Paci dialoga brillantemente7. Il mito del Risorgimento e la funzione storica del fascismo come suo completamento si traduceva anche nello studio del pensiero di illustri pensatori ed esuli che avevano esplicitato il carattere “italianissimo” delle due isole. Gli scritti di Mazzini, Garibaldi e Gioberti, o l’esilio di Crispi a Malta e di Tommaseo e Guerrazzi in Corsica, ben si prestavano a questa rilettura. In un quadro generale caratterizzato dalla ricerca del consenso, il problema della territorialità, ovverosia della conquista, appare dunque subordinato all’effettiva penetrazione innanzitutto culturale e politica. Con bella formula, l’autrice definisce questo approccio come «possibilismo mussoliniano»8.
- 9 Ibidem, p. 107.
9Se l’obiettivo di politicizzare la lingua e la storia insulare sta alla base del processo di legittimazione dell’azione politica mussoliniana, si vedono bene le ragioni per le quali il regime si spendeva tanto nell’incentivare, talvolta anche finanziariamente, enti, riviste e istituzioni irredentiste, in entrambe le isole. Il dinamico racconto degli uomini e delle istituzioni al servizio della propaganda chiude la prima parte del libro, facendo luce sulle strategie politico-culturali attuate dal regime, sviluppatesi attraverso l’opera di influenti personaggi – quali ad esempio Ersilio Michel e Gioacchino Volpe per la Corsica, o Umberto Biscottini e Carlo Mallia per Malta – e culminate con le «Mostre dell’italianità» della Corsica e di Malta, allestite a Roma rispettivamente nel 1940 e nel 1941. L’«Archivio storico di Corsica», i «Gruppi d’Azione Irredentista Còrsa» di Petru Giovacchini, l’«Archivio Storico di Malta» e il «Giornale di Politica e Letteratura» erano solo alcuni degli strumenti atti a «preparare il terreno per un’eventuale azione militare volta ad annettere tutti quei territori di cui il regime rivendicava l’italianità»9.
10La questione della politicizzazione della storia e del passato, dalla quale derivava l’esigenza di individuare valori e simboli condivisi tra le due isole e la storia d’Italia, è a ben vedere un aspetto indispensabile per comprendere appieno il passaggio dalla prima alla seconda parte del libro, intitolata L’azione fascista in Corsica e a Malta: aspetti politici e culturali.
11Nel caso della Corsica, ciò si riflette nella molteplicità di studi e ricerche volti a dimostrare non soltanto l’italianità di Napoleone Bonaparte, ma anche quella di Pasquale Paoli. Si elaborava così il mito irredentista del cosiddetto Babbu di a Patria, che nel XVIII secolo aveva guidato le guerre indipendentiste e la breve stagione della Repubblica Còrsa. Se ne evidenziava il ruolo come precursore degli ideali del movimento risorgimentale e su quest’ottica si fondava il ripensamento del periodo della dominazione genovese. La Superba appariva una tirannide contro la quale certamente gli indipendentisti avevano le ragioni per ribellarsi, ma la sofferenza del popolo còrso e il ruolo storico della repubblica genovese venivano ora accomunati a quelli degli altri stati italiani di antico regime. Il destino «fatale» dell’isola doveva essere quello di approdare all’Italia nata dal Risorgimento, mentre l’affermazione dell’amministrazione francese aveva finito per accomunarne la dimensione politica a quella delle altre terre irredente: il Nizzardo, la Savoia, la Svizzera, la Venezia Giulia, e via discorrendo. Nel caso di Malta, poi, la costruzione dell’identità dell’isola come «baluardo di romanità» si traduceva nel fondamentale ruolo assegnato al famoso naufragio di San Paolo sull’isola e all’evangelizzazione che ne era scaturita. L’interpretazione di questo episodio si collocava in un più vasto panorama di riletture del passato isolano, alla cui formazione si prestarono illustri storici e archeologi, impegnati nel rintracciare un profondo sentimento latino-cristiano che corrispondesse alla discendenza dei maltesi dalla razza europea-mediterranea. Ne derivava evidentemente la legittima individuazione dell’isola come tassello del mare nostrum fascista.
12Si trattava insomma di un serbatoio di risorse simboliche, alle quali attingere nella contingenza politica e prontamente attivato nella seconda metà degli anni Trenta, quando sembrò possibile avviare un’operazione su larga scala avente come obiettivo finale l’agognata annessione dell’isola còrsa e dell’arcipelago maltese.
13La seconda parte del libro, facendo leva proprio sulla centralità di questo impianto culturale legato all’interpretazione del passato, sposta l’asse verso le strategie più propriamente politiche e diplomatiche messe in atto nel contesto delle due isole. In un certo senso, questa sezione si presenta come un misuratore del grado di pervasività della propaganda irredentista, o, se si vuole, del grado di performatività delle narrazioni discorsive. Deborah Paci, evitando di limitarsi alla ricostruzione delle dinamiche cultural-propagandistiche, non elude infatti domande apparentemente semplici, ma di cruciale importanza: quali effetti politici e diplomatici ha ottenuto la propaganda irredentistica? Quest’ultima è riuscita effettivamente a penetrare nella vita sociale degli isolani, o si è piuttosto trasformata in uno sterile movimento elitario?
14Anche in questo caso le scelte dell’autrice hanno il merito di semplificare la narrazione storiografica, preservando al tempo stesso le potenzialità della comparazione. La trattazione di questo tema si dipana infatti in due capitoli, l’uno dei quali dedicato alla Corsica, l’altro a Malta. Si nota come in entrambi i casi le élites italofone insulari prendano a considerare l’Italia alla stregua di quel centro continentale rappresentato fino ad allora, rispettivamente, dalla Gran Bretagna e dalla Francia. Sempre più tratteggiate come tiranniche dominatrici, da contrapporsi alla fratellanza offerta dalla penisola italiana, le due potenze si trovano così a fronteggiare un’escalation di scontri amministrativi, elettorali, spionistici e diplomatici. La guerra di Etiopia segna un punto di non ritorno nella politica imperialista relativa al Mediterraneo, ingenerando il definitivo travaso delle aspettative di stampo autonomista in un infuocato irredentismo. A Malta sarà dura la contrapposizione, giocata tutta sul rapporto con la penisola italiana, tra il Partito Nazionalista maltese di Enrico Mizzi (direttamente finanziato dal PNF) e il Partito Costituzionale guidato da Lord Strickland, con la Santa Sede nella difficile posizione mediana. Non diversamente i còrsi filo-francesi finiranno per scontrarsi con l’azione dei comitati irredentisti, tanto che la dinamica conflittuale, dopo il famoso discorso mussoliniano della Marcia all’oceano (1939), vedrà il costituirsi della Commissione Italiana d’Armistizio con la Francia (1940). Quest’ultima tuttavia non eviterà l’occupazione militare dell’isola da parte del governo fascista nel novembre 1942, in un momento nel quale si metteva a punto l’Operazione C3, destinata nelle intenzioni del regime a fare seguito ai bombardamenti su Malta già effettuati nel 1940 per conquistare l’arcipelago, ma poi dissoltasi in un nulla di fatto dopo il disastro di El Alamein.
15Tutto ciò consente, nelle conclusioni, di tornare sulla questione della performatività dei discorsi irredentisti. Il conflitto mondiale, infatti, dimostrerà una volta per tutte che l’irredentismo insulare aveva entusiasmato delle élites italofone la cui azione non fu mai capace di penetrare profondamente nel contesto socio-culturale isolano. A conti fatti, la propaganda irredentista lascerà indifferente, se non ostile, larga parte delle popolazioni isolane, le quali nutriranno ulteriori sentimenti di disagio verso l’imperialismo fascista dopo i bombardamenti di Malta e l’occupazione della Corsica. Complice la contro-propaganda organizzata durante tutto il Ventennio dai francesi e dagli inglesi, si affermerà una nuova e alternativa costruzione discorsiva, quella di un’Italia fascista percepita come elemento esterno, cinicamente disposto a volgere a proprio profitto i pur riconoscibili disagi degli isolani, i quali, con la fine del conflitto, torneranno certamente a coltivare aspirazioni autonomiste o addirittura indipendentiste, ma saranno lontani dal nutrire le proprie ambizioni osservando le coste italiane.
16Molte sono le questioni che emergono dalla lettura di questo agile libro, costruito sul felice dialogo tra le fonti classicamente politico-diplomatiche e quell’ampio spettro di produzione intellettuale che spazia dalla pubblicistica politica, ai volantini, agli studi di carattere scientifico, storico e geografico dell’epoca. L’accettazione del connubio tra azione politica e azione culturale ha significato poi per Deborah Paci l’aver evitato di operare un’artificiosa separazione di due sfere strettamente intrecciate tra loro e del tutto incomprensibili se slegate l’una dall’altra. La scelta di immergersi nella confusione tra immaginario culturale e propaganda politica/azione militare – confusione tipica dei discorsi relativi alla costruzione di identità sociali, ma particolarmente significativa nel caso del progetto imperiale fascista – ha permesso di soddisfare pienamente gli innovativi presupposti metodologici che hanno mosso questa ricerca.
Note
1 L’autrice è attualmente assegnista di ricerca nell’ambito del progetto Spaces of Expectation. Mental Mapping and Historical Imagination in the Baltic Sea and Mediterranean Regions, promosso dall’Università Ca’ Foscari di Venezia e dalla Södertörns Högskola di Stoccolma. Con Elisa Grandi ha curato l’edizione di La politica degli esperti. Tecnici e tecnocrati in età contemporanea, Milano, Unicopli, 2014.
2 A partire da GENTILE, Emilio, Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925), Roma-Bari, Laterza, 1975, ma si veda anche, sul rapporto tra romanità e fascismo, ID., Fascismo di pietra, Roma-Bari, Laterza, 2007.
3 Una recente eccezione sembra essere RODOGNO, Davide, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione fascista in Europa (1940-1943), Torino, Bollati Boringhieri, 2003.
4 Deborah Paci fa inizialmente riferimento alle riflessioni di Zygmunt Bauman e Denis Cosgrove, ma da lì fornisce un’adeguata bibliografia su entrambi i versanti.
5 Cfr. almeno SALVATICI, Silvia (a cura di), Confini. Costruzioni, attraversamenti, rappresentazioni, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009.
6 PACI, Deborah, Corsica fatal, Malta baluardo di romanità. L’irredentismo fascista nel mare nostrum (1922-1942), Firenze-Milano, Le Monnier-Mondadori Education, 2015, p. 13.
7 Cfr. almeno TARQUINI, Alessandra, Storia della cultura fascista, Bologna, Il Mulino, 2011, ma anche in generale i lavori di Mario Isnenghi e Piergiorgio Zunino.
8 PACI, Deborah, Corsica fatal, cit., p. 155.
9 Ibidem, p. 107.
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Notizia bibliografica digitale
Giulio Tatasciore, «Deborah Paci, Corsica fatal. Malta baluardo di romanità. L’irredentismo fascista nel mare nostrum (1922-1942)», Diacronie [Online], N° 24, 4 | 2015, documento 24, online dal 29 décembre 2015, consultato il 08 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/3610; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.3610
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