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IV. La presenza italiana in Spagna
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Incontro tra fascisti e antifascisti italiani durante il conflitto spagnolo: la battaglia di Guadalajara

Valentina Catelan

Abstract

Nell’Italia degli anni Trenta l’adesione al fascismo raggiunse il culmine, ma i primi segni di disaffezione nei confronti del regime si possono ravvisare già negli ultimi anni del decennio, proprio durante il conflitto civile spagnolo. L’inaspettato confronto dei legionari con l’antifascismo italiano durante la guerra di Spagna, sembrerebbe aver avuto un peso rilevante nell’evoluzione dei rapporti tra gli italiani e il regime. La rielaborazione della battaglia di Guadalajara, vissuta come esperienza personale di shock, può aiutarci ad identificare il punto di partenza di un mutamento delle coscienze.

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Introduzione

1L’adesione degli italiani al fascismo durante il Ventennio non fu costante; combinando lo studio delle vicende storiche e della memorialistica si possono ricostruire in maniera sufficientemente chiara le fasi alterne di avvicinamento e allontanamento della popolazione dall’ideologia del regime. L’interesse alla base di questo lavoro è quello di osservare i primi sintomi di una crescente disillusione di molti italiani nei confronti del fascismo, nel periodo immediatamente successivo alla nascita dell’Impero, che segna invece il culmine dell’entusiasmo e del consenso.

  • 1 La piccola disfatta di Guadalajara, da sola, non può bastare per tacciare di debolezza l’esercito i (...)

2Ci concentreremo sull’analisi dello scontro tra fascisti ed antifascisti italiani durante una delle poche azioni in cui si fronteggiarono, la battaglia di Guadalajara, scontro che mostrò – specialmente ai legionari – la disorganizzazione dell’apparato militare italiano, fino ad allora definito dal Duce stesso “invincibile”1 e il dinamismo dell’antifascismo italiano. In questo lavoro approfondiremo la seconda di queste “scoperte”, che consideriamo più carica di conseguenze.

  • 2 Cit. in Corti, Paola, Pizarroso Quintero, Alejandro, Giornali contro: “Il Legionario” e “Il Garibal (...)

3L’esistenza di un dissenso organizzato nei confronti della dittatura fascista, era poco conosciuta in Italia e la distanza geografica (le attività antifasciste si svolgevano in prevalenza fuori dai confini italiani), unita alla censura fascista, fece sì che fossero in pochi a conoscere la portata dell’attivismo antifascista. Nel giornale «Il Garibaldino» si legge una descrizione esplicativa della figura dell’antifascista, secondo la quale molti combattenti della Brigata Garibaldi erano «accomunati dalle stesse vicende personali e familiari, dalle stesse persecuzioni, dalle medesime traiettorie di fuga da un paese all’altro»2. Possiamo inoltre presumere che fossero all’oscuro di tale attività soprattutto gli italiani che composero la quasi totalità delle truppe inviate dal regime in Spagna, ovvero gli uomini delle classi subalterne, che avevano più difficilmente accesso alla stampa e alla radio, unici mezzi che, clandestinamente, riuscirono a far arrivare in Italia un’eco dell’attività antifascista all’estero.

4Ricordiamo inoltre che, alla fine di quest’operazione, buona parte dei volontari fascisti che vi partecipò fu rimpatriata; per molti di loro le parole e le azioni dell’antifascismo italiano sarebbero state l’ultimo ricordo del conflitto. La guerra civile spagnola sembrerebbe quindi ricca di elementi che possono aver alimentato o suscitato dubbi nei confronti del regime, costringendo gli italiani presenti in Spagna a confrontare due diverse facce dell’Italia, quella più conosciuta, che da anni veniva proposta dalla propaganda fascista, e quella antifascista.

1. I protagonisti: il CTV e il battaglione Garibaldi

  • 3 Le motivazioni ideologiche non erano del tutto assenti, la difesa della cristianità, ad esempio, er (...)
  • 4 Solo il 6% dei legionari aveva meno di vent’anni, mentre il 15% superava i 40. Per i dati completi (...)
  • 5 Cit. in Alcofar Nassaes, José Luis, CTV. Los legionarios italianos en la guerra civil española: 193 (...)

5Comandato da Mario Roatta, il Corpo Truppe Volontarie (d’ora in avanti CTV) fu costituito in occasione della guerra civile spagnola. Oltre che alla necessità di reclutare soldati, la creazione di questo corpo sembra rispondere anche ad un’esigenza di tutela sociale. I compensi erano così elevati da poter risollevare le sorti di una famiglia in pochi mesi e per alcuni italiani si trattava di un’occasione irripetibile. Di conseguenza furono molti coloro che si arruolarono non tanto per “combattere i rossi”, ma piuttosto per far fronte alle proprie difficoltà economiche3. Dati come l’età media molto alta4 e la provenienza dei legionari – ben 2/3 giungevano dal meridione, l’area più povera del Paese – ci confermano come non si possa parlare di volontari in senso stretto. Anche la memorialistica ce ne dà una riprova. Un combattente descriveva così i propri commilitoni nel suo diario: «todos éramos voluntarios legalmente; pocos lo eran moralmente»5.

  • 6 Luca Pietromarchi fu un diplomatico fascista già dagli anni 20; Segretario della Società delle Nazi (...)
  • 7 Pietromarchi, Luca, Soddu, Paolo, «Pagine inedite del diario», Annali della fondazione Luigi Einaud (...)

6Luca Pietromarchi6 indicò come causa principale delle difficoltà militari in Spagna la scelta affrettata degli ufficiali, ma, soprattutto, dei legionari. Egli accusava i segretari federali di aver condotto l’arruolamento al fine di togliersi «d’attorno tutti i disoccupati, i proletari, tutti coloro che gravavano sull’assistenza pubblica».7

7Questi elementi ci inducono a pensare che l’adesione delle truppe all’ideologia fascista fosse, già in partenza, parziale, ed è importante tenere in considerazione questa labilità, che consentirà alla propaganda antifascista di trovare terreno fertile tra le fila nemiche. Mussolini stesso era ben consapevole di questa debolezza, ce lo testimoniano le reiterate raccomandazioni ai gerarchi in Spagna, finalizzate ad evitare i contatti tra fascisti e antifascisti italiani.

  • 8 Anche le democrazie, pur sostenendo la politica del “non intervento” nel conflitto, mantennero in q (...)

8Di conseguenza le motivazioni della propaganda fascista non sempre bastarono a spingere gli uomini del CTV, non sufficientemente indottrinati, contro i nemici, sebbene il messaggio antibolscevico – che demonizzava i “rossi” – autorizzasse agli occhi di parte dell’Europa l’intervento del Duce in Spagna8 e permettesse al regime di tenere sotto controllo l’opinione pubblica italiana ed internazionale. In particolar modo durante la battaglia di Guadalajara, quando i legionari si trovarono a dover combattere contro altri italiani, le potenti armi della propaganda del regime vacillarono. La strategia della contropropaganda, principale arma fascista durante tutto il conflitto, riuscì a nascondere le difficoltà della guerra smentendo ogni singola notizia diffusa dalla propaganda avversaria, ma non fu in grado di persuadere con altrettanta efficacia i legionari, perché chi combatteva nel CTV aveva una conoscenza diretta dei fatti, poteva verificare le notizie, smascherare le distorsioni, toccare con mano la disorganizzazione dell’esercito fascista.

  • 9 Cfr. RANZATO, Gabriele, ZANDRA, Camillo, ZENDRI, Davide (a cura di), In Spagna per l’idea fascista: (...)
  • 10 Cfr. Corti, Paola, Pizarroso Quintero, Alejandro, op. cit., pp. 74-79 e Pacciardi, Randolfo, op. ci (...)

9Il battaglione Garibaldi, composto da volontari italiani, combatté all’interno della XII Brigata Internazionale, a partire dal novembre 1936 fino al 1 maggio 1937, quando divenne una Brigata a sé stante. L’effettivo iniziale era di soli 520 uomini, ma successivamente le fila s’ingrossarono accogliendo italiani residenti in diversi paesi del mondo, molti dei quali si erano esiliati per le loro idee politiche, fino ad arrivare ad un organico di oltre 3.000 uomini. Le tendenze politiche erano quanto mai variegate: oltre ai senza partito vi erano combattenti comunisti (che costituirono la maggioranza della formazione9), socialisti, anarchici e repubblicani10. Molti nomi di spicco dell’antifascismo combatterono in Spagna, ma ai fini di questo lavoro due personalità ci interessano in particolar modo: la guida militare del battaglione Garibaldi, Randolfo Pacciardi, e Carlo Rosselli, esterno alla formazione, ma che nei suoi articoli si occupò spesso dell’operato dei garibaldini.

  • 11 Uno schema che pone a confronto differenti fonti si trova nel saggio di Paselli, Luigi, “Sul numero (...)
  • 12 Valiani, Leo, Le Brigate Internazionali in Spagna in Italiani nella guerra di Spagna 1936/1938. Mos (...)
  • 13 Pacciardi, Randolfo, Il battaglione Garibaldi, Lugano, Nuove edizioni di Capolago, 1938, p. 4. (il (...)
  • 14 Ibidem, p. 96.

10Complessivamente la partecipazione italiana antifascista fu ampia e sebbene sia difficile stimare il numero dei volontari nella guerra, un confronto tra differenti fonti permette oggi di collocare il numero degli italiani antifascisti tra i 4.000 e i 5.50011. L’esperienza garibaldina ha però una sua importanza specifica trattandosi della formazione italiana antifascista che si adoperò con maggior fervore per far conoscere la propria esistenza, le proprie idee e le proprie azioni agli italiani di sponda opposta, impegnandosi non solo nella lotta militare, ma anche in quella di propaganda. Il battaglione era orientato verso obiettivi ad ampio raggio e «aveva sulle formazioni [...] anarchiche (una) decisa superiorità: ess(o) non si limitava ad esprimere la solidarietà [...] con le Rivoluzioni spagnole, ma voleva – coscientemente, col proprio contributo – estendere la lotta rivoluzionaria in altri paesi: in primo luogo l’Italia»12. Pacciardi considerava quest’obiettivo preminente: «si trattava, naturalmente, di portare un valido aiuto alla Spagna del popolo, ma anche e soprattutto, di dimostrare all’Italia del popolo, che si può, che si deve combattere e morire per la libertà»13. E ancora ribadiva: «per me la Spagna non è una terra: è un’idea»14. Perciò i leader di questo corpo di combattenti rimarcarono la propria nazionalità ad ogni occasione, per schivare il pericolo dell’anonimato e per evidenziare l’impegno antifascista di uomini originari di un Paese dove vigeva una dittatura. Non a caso uno dei motti più diffusi, coniato da Rosselli e usato quasi come parola d’ordine tra i garibaldini (ma non solo) fu il celebre “Oggi in Spagna, domani in Italia”. Durante la battaglia di Guadalajara, più che in tutto il resto del conflitto, fu possibile trovare sfogo a questa voglia di farsi conoscere e nei pochi giorni in cui si trovarono di fronte ai fascisti, i garibaldini utilizzarono ogni mezzo a loro disposizione per istaurare un contatto.

11Prima di ricostruire lo sforzo propagandistico portato avanti dal 14 al 17 marzo del ’37 e le sue relative conseguenze, è necessario ripercorrere, almeno a grandi linee, le tappe della battaglia che rese possibile l’incontro di cui parleremo.

2. La battaglia e lo scontro

12Le battaglie di Malaga e Guadalajara, combattute tra il febbraio ed il marzo 1937, furono gli unici scontri in cui gli italiani del CTV agirono autonomamente rispetto ai franchisti. Una vittoria autorevole ed immediata era il principale proposito dell’Italia fascista e Malaga fu scelta in quanto obiettivo di prestigio poiché era, nel sud, una delle città più importanti in mano ai repubblicani.

  • 15 Alcofar Nassaes, Jose Luis, op. cit., p. 69.
  • 16 Ibidem, p. 77.
  • 17 In questi mesi il Duce desiderava mantenere ancora attivi i contatti diplomatici con le democrazie (...)

13L’offensiva iniziò il 5 febbraio e si sviluppò rapidamente, «el avance fue incontenible»15 e in appena tre giorni il CTV non solo sgominò le truppe repubblicane e occupò la città, ma si dedicò anche ad inseguire i nemici in fuga, ampliando l’area conquistata fino a 240 km. Questo successo così immediato non fece altro, secondo i dirigenti fascisti, che confermare la potenza dell’apparato militare italiano. Il sentimento di superiorità che ne conseguì fu un’importante premessa alla sconfitta di Guadalajara perché a causa dell’eccessiva sicurezza nei propri mezzi gli ufficiali del CTV non ritennero necessario addestrare in maniera più adeguata i legionari, considerati combattenti efficienti e capaci. Come evidenzia chiaramente Alcofar Nassaes «ésta [fase del conflitto] fue el momento de mayor soberbia de los italianos durante toda la guerra»16. Con la vittoria di Malaga il primo passo – secondo i piani di Mussolini – era stato fatto, ma bisognava cogliere qualche altro successo per dimostrare che l’Italia, dopo essersi inserita in Africa come potenza coloniale, era diventata anche un attore importante nello scacchiere europeo. Il regime era convinto che si sarebbe trattato di una guerra breve, perciò voleva stringere i tempi per togliersi il prima possibile d’impaccio17 e in meno di un mese preparò di nuovo le truppe per inviarle a Guadalajara.

  • 18 Cfr. Cardona, Gabriel, «Las operaciones militares», in Tamames, Ramon, Aranguren, Jose Luis Lopez, (...)

14Per vincere questa seconda battaglia i fascisti si presentarono con 35 mila uomini, ovvero con l’organico più numeroso schierato dall’inizio del conflitto. I piani erano equivalenti a quelli che avevano portato al “trionfo” di Malaga, ovvero un attacco rapido basato sull’effetto sorpresa. L’8 marzo, data dell’inizio delle operazioni, vi fu, in effetti, un’avanzata fascista di alcuni chilometri, ma non si riuscì a procedere velocemente come era stato preventivato. Il piano si dimostrò molto presto inefficace per la scarsa conoscenza del territorio: i fascisti erano costretti ad avanzare lungo l’unica strada percorribile dai mezzi bellici, esponendosi perciò al fuoco nemico. Alla sommaria preparazione delle operazioni si aggiunsero le difficoltà meteorologiche; la stagione piovosa aveva trasformato la zona in una distesa di fango che non solo ostacolava notevolmente l’avanzata delle truppe e non permetteva ai mezzi veloci di dare un’impronta dinamica all’azione, ma soprattutto impediva all’aviazione fascista (reparto più all’avanguardia dell’esercito italiano) d’intervenire; al contrario i repubblicani sferrarono a Guadalajara diversi attacchi aerei in quanto disponevano delle piste dell’aeroporto della vicina Madrid. La storiografia successiva ridimensiona le colpe attribuibili a Roatta, giudicando il piano d’azione meno negativamente. Il vero limite sarebbe stato invece la cattiva esecuzione del piano dovuta alla scarsa efficienza di truppe impreparate18.

  • 19 Cfr. Ceva, Lucio, «Ripensare Guadalajara», in Italia contemporanea, n. 192/1993 pp. 481-483.
  • 20 Ibidem, p. 482.

15Le due interpretazioni possono essere combinate in un’unica tesi, come quella di Lucio Ceva19 che afferma che il piano deve essere considerato fallimentare non in sé, ma perché non teneva conto delle deficienze del CTV. L’azione celere su Guadalajara sarebbe forse stata possibile, ma era indispensabile avere a disposizione «una fanteria esperta e addestrata»20, che le forze fasciste non possedevano. Dunque l’errore fatale fu, oltre che la sottovalutazione dell’avversario, soprattutto la sopravvalutazione dei propri uomini.

16I 10 mila uomini della XII Brigata Internazionale che si opposero all’attacco fascista a Guadalajara, seppure in netta inferiorità numerica, riuscirono a sfruttare le difficoltà nemiche non solo interrompendo l’avanzata, ma anche organizzando il contrattacco. Fino al 14 marzo risposero efficacemente all’attacco e la linea che divideva le due parti restò sostanzialmente invariata; le perdite da parte fascista iniziarono a farsi pesanti e Roatta temette un crollo definitivo del morale delle sue truppe. I giorni dal 15 al 17 furono caratterizzati dalla stasi militare e le forze repubblicane sfruttarono questa sosta per dedicarsi alla riorganizzazione delle truppe per la controffensiva e alla preparazione di una ‘campagna propagandistica’. I fascisti non si preoccuparono di organizzare la difesa ad un eventuale contrattacco peccando, ancora una volta, di eccessiva fiducia nelle proprie abilità militari; si ritrovarono così impreparati di fronte alla potente controffensiva nemica che prese il via il 18 marzo: nell’arco di soli due giorni i legionari furono costretti alla ritirata in tutta l’area.

  • 21 Cfr. GRINER, Massimiliano, I ragazzi del ’36, Milano, Rizzoli, 2006, pp. 274-275. L’insofferenza di (...)

17Nel complesso non si può parlare di Guadalajara come di una vittoria repubblicana, poiché gli antifascisti non ebbero seri vantaggi da queste azioni offensive e di conseguenza neppure di una disfatta fascista, sebbene rese evidenti alcune lacune nella tecnica militare italiana. Invece dal punto di vista emotivo quest’esito ebbe una grande importanza e grazie alla propaganda garibaldina (e non solo) creò una leggenda che risollevò gli animi dei difensori di Madrid, mentre la propaganda fascista non poté fare nulla per arginare la mitizzazione di Guadalajara. Sul piano diplomatico, infatti, la vicenda ridimensionò le ambizioni fasciste in terra spagnola perché interruppe la serie di azioni militari vittoriose del regime, cozzando con le alte aspirazioni del Duce in Spagna. Franco, approfittando del fatto che le truppe italiane avevano perso il loro alone di invincibilità, sfruttò questo episodio per impedire qualsiasi altro intervento autonomo dei fascisti21.

  • 22 Coverdale, John F., op. cit., p. 229.

18Osservando più da vicino la vicenda «dal punto di vista psicologico e morale»22 è possibile conferire alla battaglia una rilevanza ancora maggiore. I soldati del CTV mancavano di preparazione militare e di slancio ideologico, ma i giorni vissuti a contatto con gli antifascisti, sembrerebbero aver contribuito a ridimensionare ulteriormente il loro morale. I “volontari”, come abbiamo detto, non erano a conoscenza della partecipazione dell’antifascismo italiano alla guerra spagnola: già da solo l’obbligo di dover uccidere degli italiani appare nella memorialistica come uno shock; se a questo aggiungiamo la massiccia propaganda che i garibaldini fecero in trincea, insistendo anche sul tema della fratellanza tra italiani, possiamo comprendere come la sconfitta prenda le pose anche dalle coscienze smosse, e ancor meno desiderose di combattere, dei componenti del CTV.

3. La propaganda e l’incontro

  • 23 Cfr. TOMBACCINI, Simonetta, Storia dei fuoriusciti italiani in Francia, Milano, Mursia, 1988.

19Come abbiamo già ricordato gli antifascisti che guidarono il battaglione Garibaldi avevano tra i propri obiettivi quello di palesare la propria attività agli italiani fascisti e già prima dello scoppio della guerra erano stati protagonisti di un’energica attività giornalistica23.

  • 24 Cfr. ISOLA, Gianni, L’ha scritto la radio: storia e testi della radio durante il fascismo, Milano, (...)

20Durante il conflitto i garibaldini intensificarono l’uso della stampa, che fu però affiancata anche da nuovi mezzi come la radio (fino a quel momento poco utilizzata), attraverso la partecipazione attiva alle trasmissioni radiofoniche24 delle emittenti repubblicane. In questa sede ci concentreremo invece sulla propaganda di trincea, che nonostante si rivolgesse ad un pubblico meno ampio, permise di raggiungere grandi risultati nell’immediato. La possibilità di dirigere la propaganda verso i fascisti presenti in Spagna era stata presa in considerazione già all’inizio della guerra e nel marzo del ‘37 il battaglione Garibaldi si era già preparato all’eventualità di trovarsi faccia a faccia con il CTV. I testi di Pacciardi ci testimoniano che la propaganda a Guadalajara fu tutto altro che improvvisata:

  • 25 Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 178.

«Da qualche tempo noi attendevamo uno scontro diretto con i fascisti italiani. [...] Avevamo preparato manifestini di propaganda da distribuirsi nelle linee fasciste. Essi dovevano spiegare che l’aggressione del fascismo italiano alla Spagna del popolo era un delitto inescusabile; dovevano spiegare le ragioni della presenza del battaglione Garibaldi tra le truppe della repubblica spagnola; dovevano assicurare che i prigionieri avrebbero ricevuto un trattamento cavalleresco da parte nostra. Questa propaganda [...] fu fatta ampiamente per mezzo di altoparlanti e di manifesti lanciati dagli aeroplani»25.

  • 26 Sciascia, Leonardo, «L’antimonio», Gli zii di Sicilia, Milano, Adelphi, 1992, pp. 190-198.
  • 27 Ibidem, p. 190.
  • 28 Ibidem, p. 193.
  • 29 Lajolo, Davide, Il «voltagabbana», Milano, Bur, 1981, pp. 54-57.
  • 30 Ibidem, p. 56.
  • 31 Ibidem, p.56.
  • 32 PESCE, Giovanni, Un garibaldino in Spagna, Roma, Editori Riuniti, 1955, p. 107.
  • 33 Molti manifesti venivano raccolti e distrutti dagli ufficiali fascisti.
  • 34 Cfr. PESCE, Giovanni, op. cit., pp. 116-118 e CONFORTI, Olao, op. cit., p. 185.

21Le armi propagandistiche erano quindi molto semplici, nondimeno ebbero un grande effetto, testimoniato nei documenti della memorialistica. A colpire i combattenti del CTV fu soprattutto l’intenso uso dei megafoni nei giorni di stallo della battaglia, che proponevano parole e canti anche per molte ore consecutive. L’esperienza è riportata ad esempio nel racconto di Sciascia26 L’Antimonio, dove il protagonista testimonia la martellante propaganda fatta tramite gli altoparlanti: «Le voci parevano uscire dal bosco dai rami sulle nostre teste»27 e ancora «quando tacevano le voci che ci invitavano alla diserzione, veniva il canto dell’inno dei lavoratori»28. Anche sul romanzo autobiografico Il «voltagabbana»29 di Lajolo sono riportati ricordi relativi alla propaganda antifascista: «a notte alta si alzò una voce profonda dal fondo del bosco. Veniva da un altoparlante»30. L’ascolto di voci italiane in terra straniera è descritto come un’esperienza profonda che lasciava un senso di stupore e straniamento in chi ascoltava; lo stesso Lajolo ricorda che quando s’interruppero le parole degli antifascisti «seguì un silenzio che [c]i lasciò senza fiato»31. Anche Giovanni Pesce, giovane combattente del battaglione, testimonia nelle pagine del suo diario l’impatto che ebbero le voci della propaganda sugli animi di alcuni fascisti: «i prigionieri ci racconteranno poi come sia stata enorme l’impressione prodotta dai discorsi pronunciati in italiano, come molti soldati abbiano allora cominciato a riflettere»32. Neppure i manifestini che riuscirono a giungere nelle trincee fasciste33 lasciarono indifferenti i legionari; alcuni di loro, dopo la cattura, mostrarono ai garibaldini dei volantini occultati nelle divise, e raccontarono di come, di nascosto dagli ufficiali, li avevano letti, sottolineati e commentati insieme34.

22Per quanto concerne gli argomenti della propaganda, molti erano, com’era ovvio, ripresi dai temi basilari dell’antifascismo: si cercava soprattutto di mostrare un’altra faccia delle dittature e di fare proseliti per combatterle. Al conflitto si aggiungeva anche il tema della “giusta guerra” contro l’oppressione, proponendo un nuovo punto di vista del conflitto spagnolo. I fascismi non erano intervenuti nella guerra con un atto di difesa, come avevano affermato, contro la furia rossa, ma avevano appoggiato l’oppressione del popolo spagnolo. L’Italia, cercavano di dimostrare gli antifascisti, era intervenuta a difendere gli interessi dei nobili e gli agrari spagnoli, contro quelli dei contadini. Questo tema richiamava facilmente l’attenzione dei legionari che provenivano in gran parte dalle campagne italiane.

  • 35 Cfr. COLARIZI, Simona, L’opinione degli italiani sotto il regime 1929-1943, Bari, Laterza, 2009, pp (...)
  • 36 Cfr. «La riconciliazione del popolo italiano è la condizione per salvare il nostro paese dalla cata (...)
  • 37 Rosselli, Carlo, Oggi in Spagna domani in Italia, Torino, Einaudi, 1967, pp. 139-143.
  • 38 Cfr. PACCIARDI, Randolfo, op. cit., p. 180 e TEDESCHI, Paolo, Guadalajara 8-23 marzo 1937 con i pri (...)

23Un altro argomento molto convincente, e ancor più utilizzato, fu quello della fratellanza, o meglio dell’esistenza di un popolo italiano che, sebbene diviso dalla tirannia fascista, si sarebbe presto riunificato e avrebbe ricostruito il Paese35. Questo tema non era una novità, ma faceva già parte della propaganda antifascista da mesi; alcuni articoli de «Lo stato operaio» dell’estate del ’36 contenevano veri e propri appelli rivolti ai lavoratori fascisti e cattolici36. Il tema stava molto a cuore ai garibaldini, anche perché la stampa del tempo, almeno quella ufficiale, parlava di “italiani” solo per indicare i fascisti. Pochi giorni prima di Guadalajara, Carlo Rosselli scrisse per “Giustizia e Libertà” un articolo intitolato In attesa che l’opinione si svegli37 in cui richiamava l’attenzione sulla presenza di combattenti italiani anche tra le file repubblicane. Questo argomento aveva forte impatto soprattutto nella propaganda di trincea e mirava ad immobilizzare i combattenti fascisti, sconvolgendo le loro coscienze, soprattutto in considerazione del fatto che questi non si aspettavano di trovare tra i nemici del fascismo dei compatrioti. A volte, anche senza il bisogno di alcuna propaganda, il semplice incontro con gli antifascisti italiani faceva nascere in questi uomini un turbamento profondo38.

  • 39 PACCIARDI, Randolfo, op. cit., p. 180.
  • 40 Il “Palacio Ibarra” fu una fortezza fascista durante la battaglia di Guadalajara, riconquistato poi (...)
  • 41 Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 189.
  • 42 Ibidem, p. 189.
  • 43 L’episodio e l’intervista sono pubblicati anche in TESESCHI, Paolo, op. cit., pp. 27-31 e in CONFOR (...)
  • 44 PESCE, Giovanni, op. cit., pp. 90-91.
  • 45 Ibidem, p. 90.
  • 46 Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, Parigi, Edizioni di Coltura Sociale, 1937, (...)

24Le parole di Pacciardi testimoniano l’inquietudine e il rifiuto di alcuni legionari di combattere contro dei connazionali: «di tanto in tanto qualche fascista italiano che ha saputo di avere di fronte dei “compatrioti” viene a darsi prigioniero»39. In un altro passaggio del testo di Pacciardi è riportata l’intervista ad un prigioniero del CTV catturato nella battaglia per la presa del castello di Ibarra40. Il maggiore Antonio Luciano, dopo essersi arreso al battaglione Garibaldi risponde così alle domande di Paolo Tedeschi: «questa è la faccenda più dolorosa di tutta questa storia. Se io non mi sono difeso fino all’ultimo con le bombe a mano, ho agito così proprio perché avevo di fronte degli italiani»41 e più avanti: «salvarci non potevamo. La strage era inutile. Erano italiani»42. La cattura dell’ufficiale fascista è di un certo interesse poiché fu la conseguenza di un equivoco nato dalla nazionalità dei garibaldini: dopo uno scontro a fuoco notturno che costò la vita a buona parte della compagnia fascista una sentinella si rivolse al maggiore parlando in italiano e i legionari, certi di essere rientrati nelle proprie linee, si avvicinarono, ma furono immediatamente circondati dai garibaldini; la sorpresa fu grande, ma l’istinto dei fascisti fu quello di depositare le armi43. Un episodio simile è riportato nel diario di Giovanni Pesce44. All’ordine di “mani in alto” pronunciato dai garibaldini, alcuni combattenti fascisti «sono stupiti, si guardano attorno spaventati [...] L’ufficiale, che comanda il plotone grida con sicurezza “Non sparate, siamo italiani”. Non immaginano di essere caduti in trappola. Un garibaldino risponde: “Anche noi siamo italiani”.»45. Un giovane legionario dopo essere stato fatto prigioniero dagli «altri italiani che combattono nelle file del Battaglione Garibaldi» confessa ad una radio repubblicana: «sono rimasto confuso e commosso da questo incontro»46. L’inaspettato obbligo di dover uccidere dei compatrioti fu per molti un deterrente definitivo, ma ricordiamo ancora una volta che il CTV era composto solo in parte da fascisti convinti e alla base del rifiuto di combattere c’era in primo luogo la mancanza di odio ideologico verso il nemico.

  • 47 Cfr. Rosselli, Carlo, op. cit., pp. 139-140 e PACCIARDI, Randolfo, op. cit., pp. 149-157.
  • 48 Coverdale, John F., op. cit., p. 235.
  • 49 Nelle B. I. non vi erano, infatti, esclusivamente idealisti, ma anche disoccupati ed avventurieri. (...)
  • 50 Ceva, Lucio, op. cit., p. 478.
  • 51 Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, cit., pp. 17-18.

25Questo aspetto ci porta ad analizzare un altro tema della propaganda, il differente grado di coinvolgimento alla causa della guerra. I garibaldini sottolineavano che la forza degli oppositori del fascismo nasceva proprio dalla loro determinazione, dalla coscienza che il loro sacrificio avrebbe avuto conseguenze fondamentali47. La distanza tra l’impegno dei garibaldini e l’indifferenza dei fascisti è documentata non soltanto da fonti propagandistiche, ma anche da ricostruzioni storiografiche. Per ricollegarci ai testi già citati possiamo vedere come questo tema sia sviluppato negli studi di Coverdale e Ceva. Lo storico americano, analizzando le motivazioni della sconfitta fascista, afferma che «forse anche più importante delle deficienze fisiche e della mancanza di addestramento fu [...] l’assenza in questi uomini di qualsiasi motivazione»48. Anche Ceva si sofferma sull’argomento e ritiene che, sebbene il coinvolgimento non fosse uguale per tutti gli antifascisti49, questi dovevano avere in effetti una forte spinta ideologica alle spalle, dato che la distanza tra il loro impegno nel combattimento e la carente motivazione del CTV è «riconosciuta [...] anche da fonti fasciste del tempo»50 come una circolare inviata ai superiori dal generale Mancini il 16 marzo in cui si attribuiscono le difficoltà militari alla mancanza «di “mordente”, di aggressività» dei legionari, molti dei quali si erano dimostrati «apatici, passivi, ed ispirati al programma utilitario e pacifista»51.

  • 52 Cfr. Aquarone, Alberto, «La guerra di Spagna e l’opinione pubblica italiana», In Il Cannocchiale, n (...)
  • 53 Cfr. testo dei manifestini lanciati dagli aeroplani repubblicani in Tedeschi, Paolo, op. cit., p. 5
  • 54 Blesio, «Le gloriose azioni del Battaglione Garibaldi in Italiani nella guerra di Spagna 1936/1938» (...)
  • 55 A Guadalajara i garibaldini trovarono sul campo anche dei compagni mutilati e sfigurati. Cfr. PESCE (...)
  • 56 Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 178.
  • 57 PESCE, Giovanni, op. cit., p. 91.
  • 58 Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 178.
  • 59 Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, cit., p. 43.

26Durante la guerra, già prima dell’intervento dell’Italia, la propaganda fascista aveva cercato di suscitare interesse per il conflitto e di fomentare l’odio verso i repubblicani, demonizzandoli52. Ciononostante i legionari sentivano che quella guerra non era la loro e non apparteneva neanche all’Italia; l’impressione, che si andò via via consolidando grazie al contatto con la propaganda antifascista, era quella che si stesse combattendo per i soli interessi degli spagnoli. La trincea non fu solo teatro di propaganda, ma permise anche un faccia a faccia ravvicinato tra gli uomini dei due schieramenti, tramite l’esperienza della prigionia. L’incontro diretto fornì elementi per una conoscenza più profonda perché oltre ad ascoltare le parole degli antifascisti, il CTV potè testarne gli atteggiamenti. I comandanti del battaglione Garibaldi seppero ben sfruttare quest’opportunità, dimostrando di volere mettere in pratica la principale arma della propaganda che faceva leva sul sentimento d’italianità; i garibaldini non solo avevano chiamato i fascisti “fratelli”53, ma li avevano anche trattati come tali. Pacciardi sostenne sempre tale atteggiamento e molto s’impegnò per imporre ai suoi il massimo riguardo nei confronti dei prigionieri. L’indulgenza del comandante è testimoniata da diverse fonti: nelle corrispondenze di guerra di un’antifascista garibaldino, Francesco Blesio, si legge di una conversazione tra Pacciardi e una donna di un villaggio appena conquistato. A lei, terrorizzata nel trovarsi di fronte ai “rossi”, il comandante disse: «asciughi le lacrime e si tranquillizzi. Per gli italiani del Battaglione Garibaldi la vita dei prigionieri è sacra [...] anche in questo vi è molta differenza tra noi e loro»54. A Guadalajara questa differenza di trattamento55 sarà lampante perchè i garibaldini fatti prigionieri furono «revolverati da un ufficiale»56 e in un’altra occasione «legati ad un albero e uccisi a pugnalate e a colpi di rivoltella da un ufficiale della Milizia»57, mentre Pacciardi riferisce che «un maggiore, tre ufficiali e trentaquattro fascisti italiani cadono nelle mani della terza compagnia. Sono trattati gentilmente»58. Gli antifascisti sia italiani che spagnoli presenti a Guadalajara, nei discorsi rivolti ai prigionieri fascisti sottolineano a più riprese tale differenza di trattamento; «altra cosa sarebbe successa se noi fossimo caduti in mano loro; perché sono loro che uccidono senza pietà i lavoratori [...] essi sono i traditori!»59.

  • 60 Rosselli, Carlo, op. cit., pp. 148-172.
  • 61 Ibidem, p. 151 (corsivo nel testo).
  • 62 Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, cit., p. 5.
  • 63 Rosselli, Carlo, op. cit., p. 149.
  • 64 I repubblicani invitavano infatti i prigionieri a scrivere a casa e parlare del trattamento che gli (...)
  • 65 COLARIZI, Simona, op. cit., p. 232.
  • 66 Ibidem, p. 232.

27Anche Carlo Rosselli toccò l’argomento in alcuni suoi scritti, ricostruendo i sentimenti dei prigionieri fascisti presi a Guadalajara tramite la loro corrispondenza epistolare60 ed evidenziando che «la frase che ritorna più spesso è: ci trattano come fratelli»61. Mario Montagnana sottolineò invece che dalle lettere dei prigionieri emergeva «la poca consistenza, la poca solidità [...] delle loro convinzioni fasciste»62. Senz’altro i testi furono scritti «con la doppia e contraddittoria preoccupazione della censura repubblicana e della censura fascista»63, dunque dovevano essere lette con occhio critico64, ma esse restano pur sempre una fonte importante che permette di capire quali furono i sentimenti dei fascisti durante il confronto con i garibaldini. Senz’altro in quei giorni l’idea che i legionari avevano dei “rossi” si andò modificando e molte delle asserzioni della propaganda fascista furono smentite dai fatti. In passato, nei pochi casi in cui in Italia si era parlato dei fuoriusciti, questi erano stati descritti con una serie di epiteti negativi (legati proprio al lessico di guerra), opposti a quelli attribuiti alla figura del legionario; i primi erano vili, i secondi coraggiosi, gli uni erano incapaci di combattere a viso aperto, gli altri si battevano con fierezza. Ma durante la guerra di Spagna «i fuoriusciti ritornano inevitabilmente alla ribalta della cronaca e per di più avvolti da un’aureola di eroismo guerriero»65. Tale immagine fu combattuta più agevolmente in Italia, grazie alla propaganda interna, ma prese abbastanza piede tra le fila del CTV, poiché «testimoni diretti delle battaglie dei fuoriusciti (furono) proprio i fascisti italiani che, al ritorno in patria, sono prodighi di racconti»66.

  • 67 Cfr. anche Giustizia e Libertà, 23 aprile 1937, in cui furono pubblicate delle foto scattate ai pri (...)
  • 68 In altri casi i prigionieri partecipavano anche alle trasmissioni radio; cfr. Verità su Guadalajara (...)

28I comandanti del battaglione Garibaldi volevano far conoscere ai nemici il trattamento che riservavano ai prigionieri67 perciò ai legionari che venivano a trovarsi tra i repubblicani fu chiesto di partecipare alla propaganda, comunicando tramite gli altoparlanti la propria esperienza68. Non sappiamo fino a che punto queste testimonianze fossero spontanee, né se fossero fatte in prima persona dai fascisti (il protagonista de L’antimonio sospetta che venissero usate le piastrine di riconoscimento dei soldati morti per avere i nomi dei legionari), fatto sta che certamente queste trasmissioni avevano un impatto ancora maggiore delle parole pronunciate dagli antifascisti. Sapere che i propri compagni non erano stati fucilati come si credeva, ma che anzi, in alcuni casi, avevano scelto di restare a combattere contro i fascismi, rese l’esperienza di questa battaglia molto significativa.

29Gli avvenimenti di Guadalajara furono tanto eclatanti da convincere gli ufficiali che non era più possibile aspettarsi che i legionari combattessero con convinzione. La motivazione del rimpatrio – che avvenne nell’aprile dello stesso anno – fu in buona parte anche questa, oltre alla presa di coscienza delle loro scarse capacità militari. Questo secondo punto però era senz’altro secondario poiché molto spesso i nuovi legionari che giunsero in Spagna non erano più preparati dei primi. Durante quei giorni di confronto intenso tra le due parti gli italiani del CTV ebbero la possibilità di rivalutare le loro posizioni nei confronti del regime perché apparvero in maniera lampante davanti ai loro occhi molti elementi che permettevano di smascherare alcune affermazioni della propaganda fascista.

30Durante la breve permanenza in Spagna questi uomini vennero a conoscenza delle deficienze militari dell’Italia e dell’esistenza di un antifascismo ben strutturato ed energico. Negli anni successivi alcune scelte politiche del regime come il consolidarsi dei rapporti con la Germania nazista, le leggi razziali, e una politica economica condizionata dalle ingenti spese militari, alimenteranno il malcontento nel Paese. Col passare del tempo molti italiani guarderanno al regime con crescente diffidenza, in particolar modo gli uomini che già con l’esperienza della guerra spagnola avevano scoperto un diverso volto del fascismo.

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Note

1 La piccola disfatta di Guadalajara, da sola, non può bastare per tacciare di debolezza l’esercito italiano. Anche dopo questa battaglia però, le forze italiane non riuscirono mai ad imporsi come arbitro della guerra né a combattere autonomamente, come il Duce avrebbe voluto.

2 Cit. in Corti, Paola, Pizarroso Quintero, Alejandro, Giornali contro: “Il Legionario” e “Il Garibaldino”: Propaganda degli italiani nella guerra di Spagna, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1993, p. 91.

3 Le motivazioni ideologiche non erano del tutto assenti, la difesa della cristianità, ad esempio, era un tema molto sentito nelle classi subalterne.

4 Solo il 6% dei legionari aveva meno di vent’anni, mentre il 15% superava i 40. Per i dati completi cfr. Coverdale, John F., I fascisti italiani alla guerra di Spagna, Bari, Laterza, 1977, p. 171.

5 Cit. in Alcofar Nassaes, José Luis, CTV. Los legionarios italianos en la guerra civil española: 1936-1939, Barcelona, Dopesa, 1972, p. 58.

6 Luca Pietromarchi fu un diplomatico fascista già dagli anni 20; Segretario della Società delle Nazioni fino al ’32 e dal ’36 capo dell’Ufficio Spagna del Ministero degli Esteri. I suoi diari, ricchi di osservazioni sul fascismo, divennero presto importanti fonti storiografiche. Data la sua lunga permanenza in Spagna, nelle pagine del diario ritroviamo molti commenti sull’operato del CTV.

7 Pietromarchi, Luca, Soddu, Paolo, «Pagine inedite del diario», Annali della fondazione Luigi Einaudi, n. 31/1997, pp. 475-495, p. 480.

8 Anche le democrazie, pur sostenendo la politica del “non intervento” nel conflitto, mantennero in questa fase contatti diplomatici con l’Italia.

9 Cfr. RANZATO, Gabriele, ZANDRA, Camillo, ZENDRI, Davide (a cura di), In Spagna per l’idea fascista: legionari trentini nella guerra civile spagnola 1936-1939, Rovereto, Museo Storico Italiano della Guerra, 2008, pp. 22-23.

10 Cfr. Corti, Paola, Pizarroso Quintero, Alejandro, op. cit., pp. 74-79 e Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 151.

11 Uno schema che pone a confronto differenti fonti si trova nel saggio di Paselli, Luigi, “Sul numero e la nazionalità dei volontari antifascisti stranieri nella guerra di Spagna 1936-1939”, Italiani nella guerra di Spagna 1936/1938. Mostra fotografica/documentaria dall’Archivio Trimestrale. Rassegna storica di studi sul movimento repubblicano, n. 1 (8)/1982, p. 122.

12 Valiani, Leo, Le Brigate Internazionali in Spagna in Italiani nella guerra di Spagna 1936/1938. Mostra fotografica/documentaria, cit., p. 56.

13 Pacciardi, Randolfo, Il battaglione Garibaldi, Lugano, Nuove edizioni di Capolago, 1938, p. 4. (il corsivo è dell’autore).

14 Ibidem, p. 96.

15 Alcofar Nassaes, Jose Luis, op. cit., p. 69.

16 Ibidem, p. 77.

17 In questi mesi il Duce desiderava mantenere ancora attivi i contatti diplomatici con le democrazie europee; partecipare alla guerra al fianco di Franco e col supporto della Germania nazista non agevolava questo piano.

18 Cfr. Cardona, Gabriel, «Las operaciones militares», in Tamames, Ramon, Aranguren, Jose Luis Lopez, La guerra española 50 años después: una reflexión moral, Barcelona, Planeta, 1986, pp. 200-274.

19 Cfr. Ceva, Lucio, «Ripensare Guadalajara», in Italia contemporanea, n. 192/1993 pp. 481-483.

20 Ibidem, p. 482.

21 Cfr. GRINER, Massimiliano, I ragazzi del ’36, Milano, Rizzoli, 2006, pp. 274-275. L’insofferenza di Franco e i tentativi di tenere sotto controllo la partecipazione fascista al conflitto sono ben documentati in CONFORTI, Olao, Guadalajara: la prima sconfitta del fascismo, Milano, U. Mursia & C., 1967, pp. 24-50.

22 Coverdale, John F., op. cit., p. 229.

23 Cfr. TOMBACCINI, Simonetta, Storia dei fuoriusciti italiani in Francia, Milano, Mursia, 1988.

24 Cfr. ISOLA, Gianni, L’ha scritto la radio: storia e testi della radio durante il fascismo, Milano, Mondatori, 1998.

25 Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 178.

26 Sciascia, Leonardo, «L’antimonio», Gli zii di Sicilia, Milano, Adelphi, 1992, pp. 190-198.

27 Ibidem, p. 190.

28 Ibidem, p. 193.

29 Lajolo, Davide, Il «voltagabbana», Milano, Bur, 1981, pp. 54-57.

30 Ibidem, p. 56.

31 Ibidem, p.56.

32 PESCE, Giovanni, Un garibaldino in Spagna, Roma, Editori Riuniti, 1955, p. 107.

33 Molti manifesti venivano raccolti e distrutti dagli ufficiali fascisti.

34 Cfr. PESCE, Giovanni, op. cit., pp. 116-118 e CONFORTI, Olao, op. cit., p. 185.

35 Cfr. COLARIZI, Simona, L’opinione degli italiani sotto il regime 1929-1943, Bari, Laterza, 2009, pp. 208-211.

36 Cfr. «La riconciliazione del popolo italiano è la condizione per salvare il nostro paese dalla catastrofe», Lo stato operaio, 6/1936, pp. 377-386 e «Per la salvezza dell’Italia, riconciliazione del popolo italiano!», Lo stato operaio, 8/1936, pp. 513-537.

37 Rosselli, Carlo, Oggi in Spagna domani in Italia, Torino, Einaudi, 1967, pp. 139-143.

38 Cfr. PACCIARDI, Randolfo, op. cit., p. 180 e TEDESCHI, Paolo, Guadalajara 8-23 marzo 1937 con i prigionieri italiani, dopo la vittoria dell’esercito popolare spagnolo, Parigi, Edizioni di cultura sociale, 1937, p. 23.

39 PACCIARDI, Randolfo, op. cit., p. 180.

40 Il “Palacio Ibarra” fu una fortezza fascista durante la battaglia di Guadalajara, riconquistato poi dai repubblicani nel corso del contrattacco.

41 Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 189.

42 Ibidem, p. 189.

43 L’episodio e l’intervista sono pubblicati anche in TESESCHI, Paolo, op. cit., pp. 27-31 e in CONFORTI, Olao, op. cit., pp. 185-188.

44 PESCE, Giovanni, op. cit., pp. 90-91.

45 Ibidem, p. 90.

46 Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, Parigi, Edizioni di Coltura Sociale, 1937, p. 22.

47 Cfr. Rosselli, Carlo, op. cit., pp. 139-140 e PACCIARDI, Randolfo, op. cit., pp. 149-157.

48 Coverdale, John F., op. cit., p. 235.

49 Nelle B. I. non vi erano, infatti, esclusivamente idealisti, ma anche disoccupati ed avventurieri. Il battaglione Garibaldi era però essenzialmente composto da uomini ideologicamente formati.

50 Ceva, Lucio, op. cit., p. 478.

51 Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, cit., pp. 17-18.

52 Cfr. Aquarone, Alberto, «La guerra di Spagna e l’opinione pubblica italiana», In Il Cannocchiale, n. 4-6/1966, p. 4.

53 Cfr. testo dei manifestini lanciati dagli aeroplani repubblicani in Tedeschi, Paolo, op. cit., p. 5.

54 Blesio, «Le gloriose azioni del Battaglione Garibaldi in Italiani nella guerra di Spagna 1936/1938», Mostra fotografica/documentaria, cit., p. 32.

55 A Guadalajara i garibaldini trovarono sul campo anche dei compagni mutilati e sfigurati. Cfr. PESCE, Giovanni, op. cit., pp. 52-53.

56 Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 178.

57 PESCE, Giovanni, op. cit., p. 91.

58 Pacciardi, Randolfo, op. cit., p. 178.

59 Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, cit., p. 43.

60 Rosselli, Carlo, op. cit., pp. 148-172.

61 Ibidem, p. 151 (corsivo nel testo).

62 Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, cit., p. 5.

63 Rosselli, Carlo, op. cit., p. 149.

64 I repubblicani invitavano infatti i prigionieri a scrivere a casa e parlare del trattamento che gli era stato riservato durante la prigionia. Cfr. il discorso di Jesus Hernandez ai legionari prigionieri pubblicato in Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, cit., pp. 39-41.

65 COLARIZI, Simona, op. cit., p. 232.

66 Ibidem, p. 232.

67 Cfr. anche Giustizia e Libertà, 23 aprile 1937, in cui furono pubblicate delle foto scattate ai prigionieri fascisti accompagnate dal commento “I fascisti uccidono i prigionieri, la Repubblica spagnola li tratta fraternamente”.

68 In altri casi i prigionieri partecipavano anche alle trasmissioni radio; cfr. Verità su Guadalajara: documenti di legionari fascisti, cit., pp. 22-23.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Valentina Catelan, «Incontro tra fascisti e antifascisti italiani durante il conflitto spagnolo: la battaglia di Guadalajara»Diacronie [Online], N° 7, 3 | 2011, documento 21, online dal 29 juillet 2011, consultato il 09 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/3401; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.3401

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Autore

Valentina Catelan

Valentina Catelan è laureanda (Laurea Specialistica) in “Storia delle civiltà e delle culture dell’età moderna e contemporanea” presso l’Università La Sapienza di Roma.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Catelan >

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