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IV. La presenza italiana in Spagna
20

La lunga marcia nella guerra civile europea

Aureliano Santini: prospetto biografico di un garibaldino toscano
Enrico Acciai

Abstract

Nell’ottobre del 1936 l’empolese Aureliano Santini, sotto lo pseudonimo di Silvio Morelli, arrivò in Spagna a bordo di una nave per arruolarsi nelle nascenti Brigate Internazionali. Il Santini, quadro comunista, aveva passato gli ultimi anni in Unione Sovietica ed in Spagna avrebbe anche collaborato alle trasmissioni radio degli antifascisti italiani. Crediamo che quella del Santini possa essere una vicenda rappresentativa di un fenomeno che arrivò a coinvolgere quasi cinquemila italiani, in virtù di questo si cercherà di investigare, sul lungo periodo, le motivazioni che portarono il giovane antifascista italiano a partire volontario per un conflitto lontano come quello spagnolo.

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Note dell'autore

Per la stesura di questo articolo dobbiamo assolutamente ringraziare tanto il figlio di Aureliano, Silvio, quanto la moglie di quest’ultimo, Hélène, per averci fatto avere una trascrizione, da loro amorevolmente curata, di due suoi diari redatti nel secondo dopoguerra. I due testi, scritti in terza persona ed entrambi sprovvisti di una data certa, si sono rivelati uno strumento fondamentale che, affiancato alle carte di archivio, ci ha consentito di scrivere le pagine che seguono. Per comodità d’ora in avanti, per citare i due diari, ci riferiremo a Quaderno Nero (che è sicuramente quello filologicamente più completo dei due) e a Quaderni (una raccolta invece più frammentata). Naturalmente ricordiamo che l’autore di entrambi questi documenti è da considerarsi Aureliano Santini e che sono conservati nella residenza aretina della famiglia Santini.

Testo integrale

Brigadistas voluntarios Batallón Lincoln prisionerosVisualizza l'immagine
Credits: by Jaume d’Urgell on Flickr (CC BY-NC 2.0)

1. Considerazioni preliminari: la biografia come strumento storiografico per l’analisi dell’antifascismo

  • 1 BANTI, Alberto Mario, La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle origini dell’Ita (...)

1In queste pagine ci occuperemo della biografia di un volontario comunista italiano nella guerra civile spagnola e cercheremo, in particolare, di ricostruire quel percorso personale che lo avrebbe portato, nel 1936, a partire per la penisola iberica. Prima, sarà però utile fare poche considerazioni introduttive: quello biografico è un approccio a lungo rimasto a margine rispetto alla produzione storiografica sull’antifascismo che, solo fino a pochi anni fa, pareva prediligere una rimozione dei soggetti quasi fossero soffocati dalle gesta di pochi eroi eponimi. «L’eroe», ha scritto Alberto Mario Banti in uno dei suoi importanti studi sul Risorgimento, «è un uomo che ha sempre delle qualità militari; è un condottiero o lo è stato in gioventù, ed ha un riconosciuto ruolo di leadership politica e morale all’interno della comunità. […] Le sue azioni, e in alcuni casi (ma non sempre) la sua morte hanno un valore di testimonianza offerta ai contemporanei e ai posteri»1. Crediamo che una corretta comprensione di un momento centrale per la storia dell’antifascismo, come fu il fenomeno del volontariato nella guerra civile spagnola, passi da una rinuncia agli eroi di questa fattura e che sia invece necessario cercare di entrare in contatto con l’umanità dei protagonisti di quell’esperienza. Forse, in questa direzione, la forma biografica può essere la strada giusta da percorrere. Chi scrive queste pagine condivide l’impostazione suggerita da Antonio Canovi in un suo recente intervento:

  • 2 CANOVI, Antonio, «Di antifascisti, emigranti, fuorusciti: a proposito di fascismo e mobilità politi (...)

Due sono i punti di attacco per fare storia sociale dell’antifascismo: per un verso, significa connettersi alla storia d’Europa e dei fascismi; d’altro canto, occorre avere la consapevolezza che, prima ancora di prendere in considerazione la dimensione massiva del fenomeno, abbiamo a che fare con dei soggetti in carne ed ossa, nonché testimoni di un’epoca. Stiamo insomma parlando di microstorie, le quali appartengono a una scala diversa della macrostoria e pure sono compresenti a una serie di cornici: locali, nazionali, internazionali. In tal modo ci diviene possibile rileggere l’antifascismo alla luce della pluriappartenenza, e così restituirlo nel tempo presente finalmente liberato da qualsivoglia steccato classificatorio2.

  • 3 GABRIELLI, Patrizia, Col freddo nel cuore. Uomini e donne nell’emigrazione antifascista, Roma, Donz (...)
  • 4 Cfr. MAZOWER, Mark, Dark Continent. Europe’s twentieth century, New York, Vintage Books, 1998, pp. (...)
  • 5 PREZIOSO, Stefanie, Itinerario di un “figlio del 1914”. Fernando Schiavetti dalla trincea all’antif (...)
  • 6 JACKSON, Michael, Fallen sparrows. The International Brigades in the Spanish Civil War, Philadelphi (...)
  • 7 Cfr. TRAVERSO, Enzo, A ferro e fuoco. La guerra civile europea 1914-1945, Bologna, Il Mulino, 2007.

2Nell’ambito della produzione memorialistica sull’antifascismo, il metodo biografico ha acquistato progressivamente «uno spazio significativo, come conferma la pubblicazione delle biografie dei principali leader e dei loro carteggi», al punto che ormai, secondo la storica Patrizia Gabrielli, «costituiscono parte integrante della bibliografia sull’emigrazione anche le memorie e le autobiografie che» pur rappresentando «l’esaltazione di un eroico noi collettivo piuttosto che un’esplorazione dei territori della soggettività» hanno aperto «spiragli, talvolta veri e propri squarci su quell’esperienza»3. In assoluto, lo strumento biografico si rivela efficace perché obbliga lo studioso a confrontarsi con la lunga durata dei processi storici. Nel caso particolare del presente articolo questa necessità si rivela una grande opportunità: siamo convinti che i decenni che vanno dal 1914 al 1945, e i molti traumi che vissero i protagonisti di questo segmento del XX secolo, possano essere veramente compresi solo a condizione di tenere ben presente proprio la lunga durata4. «Nell’esperienza di un uomo», ha scritto Stéfanie Prezioso, «non mancano incrinature, e queste brecce diventano storicamente significative quando collocano un’esperienza singolare nel tempo della storia», sicuramente, nei percorsi di chi visse il periodo tra i due conflitti mondiali, tali “incrinature” furono molte e profonde5. Come vedremo, le vicende di Aureliano Santini ci condurranno attraverso l’Europa nella quale questo giovane toscano dovette, suo malgrado, vivere. Si cercherà di dimostrare come coloro che partirono volontari per la Spagna non furono dei pazzi, come si era provocatoriamente chiesto lo studioso statunitense Michael Jackson, ma piuttosto si trattò di uomini, ed in minor misura di donne, pienamente inseriti nelle difficoltà, e nelle contraddizioni, della propria contemporaneità6. La penisola iberica era, negli anni Trenta, una periferia relativamente sconosciuta del continente europeo ma, nonostante questo, fu proprio qui che, dall’estate del 1936 e nel giro di pochi mesi, alcune decine di migliaia di antifascisti diedero vita al più imponente movimento di volontariato di tutto il XX secolo. Le loro traiettorie personali si erano sviluppate spesso tra grandi difficoltà nei decenni precedenti; quello del protagonista di queste pagine è un percorso che val la pena di essere raccontato per provare ad intuire cosa abbia significato dover vivere durante la guerra civile europea e come si sia potuti giungere alla scelta di partire volontariamente per la Spagna7.

2. I primi anni: l’antifascismo esistenziale e un esilio imposto

  • 8 Cfr. CONFORTI, Olao, Guadalajara. La prima sconfitta del fascismo, Milano, Mursia, 1967.
  • 9 Archivio Fondazione Gramsci (AFG), Fondo Partito Comunista d’Italia (FPCdI), fascicolo 513-1-1480, (...)
  • 10 Archivio di Stato di Firenze (ASF), Fondo Questura di Firenze (QF), Gabinetto Categoria A/8 (C. A/8 (...)

3Madrid, 28 marzo 1937, la sera di pasqua, studio radio della UGT, ore 21:30. Da pochi giorni era finita la battaglia di Guadalajara. Per la prima volta si erano scontrati il battaglione Garibaldi delle Brigata Internazionali ed CTV fascista e quest’ultimo ne era uscito pesantemente sconfitto: l’antifascismo italiano assaporava in quei giorni una delle sue prime vittorie8. Quella sera d’inizio primavera a parlare «alla gioventù italiana» fu una voce con un inconfondibile accento toscano: «dalla Spagna martoriata, dalla capitale di questo grande popolo che non vuol essere schiavo, da questo mare di giovani eroi in lotta per il loro avvenire, io giovane italiano mi rivolgo a tutte le giovani energie della nostra grande Italia, affinché tutti i giovani italiani sappiano, come me, qual è la vera battaglia che si combatte in Spagna. […] Io giovane comunista italiano», continuava lo speaker prima di entrare nel vivo del suo appello, «operaio meccanico di Empoli, toscana, comandante della IV compagnia del Battaglione italiano»9. In quello stesso momento, a più di 1.500 chilometri di distanza e molto probabilmente nel buio di uno scantinato o di un sottoscala, una ragazza stava ascoltando emozionata quella voce lontana. Si tratta di Paola Corsinovi: la voce che aveva appena riconosciuto alla radio era quella del fidanzato, Aureliano Santini. I due giovani non si vedevano da più di quattro anni, dalla fine del 1932. Nei giorni successivi la ragazza avrebbe scritto al tenente Silvio Morelli, così era infatti conosciuto il Santini in Spagna, di averlo sentito via etere. «Si sono io che vi ho parlato», rispose Aureliano qualche settimana dopo, «ti ho anche salutata con il nome di Lucia, avete inteso tutto ciò? Mi ha fatto un immenso piacere nel sentire che i compagni ed amici ascoltano. Benissimo, bravi! Che lo raccontino a tutti, che diano coraggio a coloro che dormono ancora della grossa»10. Come dicevamo in apertura, in questo articolo si cercherà di abbozzare un ritratto biografico di questo giovane toscano con la convinzione che la sua storia possa essere d’aiuto per comprendere il processo che portò alcune migliaia di antifascisti italiani a partecipare volontariamente alla guerra civile spagnola.

  • 11 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Cenno biografico della Prefettura di Firenze, 17 luglio 1932.
  • 12 Quaderni, p. 2.
  • 13 Cfr. CONTINI, Giovanni, Aristocrazia contadina. Sulla complessità della società mezzadrile, fattori (...)
  • 14 Quaderni, p. 3.

4Aureliano Santini nacque a Empoli, nella frazione Fontanella, il 12 febbraio del 191111. La sua, come avrebbe ricordato lui stesso, era una famiglia contadina: «camporaioli e piccoli proprietari allo stesso tempo. Possiedono per eredità un ettaro e mezzo di terra che lavorano direttamente, conducono a mezzadria un mezzo ettaro, di proprietà del Conte Baldi Fattori di “Canneto”» e per molte settimane dell’anno il padre prestava «la propria opera di salariato presso le fattorie della zona»12. Il Santini passò quindi i primi anni in un contesto tipicamente toscano: quello della mezzadria e della piccola proprietà agraria. Un mondo popolato, secondo una recente e fortunata definizione di Giovanni Contini, da una “aristocrazia contadina”13. Non potendo vivere del solo frutto dei campi, il padre di Aureliano orbitava anche attorno al locale zuccherificio, «un piccolo mondo a sé»; la politica, quella si, entrò ben presto nella vita di Aureliano, mescolandosi spesso con l’universo affettivo: il padre era socialista e casa loro era «sovente il centro d’incontro, e di conciliazione, di tortuosi interessucci economico-sindacali»14. Tutto sommato, visto e considerato il milieu sociale di provenienza, la prima infanzia del futuro volontario in Spagna non dovette essere particolarmente traumatica.

  • 15 Quaderni, p. 3.
  • 16 Cfr. ALBANESE, Giulia, La marcia su Roma, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 19-57.

5Nel maggio del 1915, quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, Aureliano aveva poco più di quattro anni e ne avrebbe avuti otto quando, nel marzo di quattro anni dopo Benito Mussolini avrebbe fondato, a Milano, i Fasci di Combattimento. Questi due passaggi, che avrebbero avuto delle ripercussioni profonde sulla sua vita, lo colsero ancora bambino e inconsapevole; con il senno di poi, i traumi derivanti dal primo conflitto mondiale e lo sviluppo internazionale dei fascismi si sarebbero infatti rilevate due delle chiavi di lettura per comprendere il trentennio 1914-1945. Con la fine della guerra, l’universo dell’infanzia, un “piccolo mondo antico”, lasciò ben presto spazio ai drammi e alle divisioni dell’Italia dei primi anni Venti. «Silvio [il nome del suo alter-ego nei Quaderni, N.d.A.]», avrebbe poi scritto nelle proprie memorie, «cresce in quest’ambiente, si fa ragazzo, un adolescente riflessivo, taciturno e, troppo precocemente, assiste all’infuocato triennio 1919-1921 alle lotte del movimento popolare e socialista per l’emancipazione dei lavoratori, e più precisamente, come allora comunemente dicevano, alle lotte per la rivoluzione dei poveri contro i signori»15. La violenza, esercitata e subita, si rivelò la protagonista assoluta di quegli anni. In particolare furono i fascisti che riuscirono letteralmente a conquistare manu militari buona parte del paese, rivelandosi particolarmente brutali in quelle aree dove le tradizioni politico-associative di area repubblicana e socialista erano più radicate: la Toscana, e con essa l’empolese, fu uno di questi casi16. Si trattò, con le parole dello stesso Santini, di tempi “ardenti”.

  • 17 FRANZINELLI, Mimmo, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista (1919-1921), Milano (...)
  • 18 Quaderni, p. 4.
  • 19 Ibidem.
  • 20 Quaderno Nero, p. 3.
  • 21 GIANI, Sirio, Memorie e testimonianze di un comunista empolese (1925-1995), Empoli, Ibisikos, 1997, (...)

6In quel clima da guerra civile, proprio ad Empoli si produsse uno dei fatti più sanguinosi del periodo. Il primo marzo 1921 due camion partiti da Pisa e diretti a Firenze con dei marinai a bordo, scambiati per squadristi, furono assaliti da una folla inferocita; alla fine, prima che l’esercito occupasse la cittadina, si contarono sei marinai e tre carabinieri uccisi17. Il Santini, nonostante la giovane età, avrebbe conservato una memoria di quegli avvenimenti: «Silvio, appena decenne, assorbiva le notizie caotiche e contraddittorie sui fatti accaduti nel capoluogo comunale, con la nota disposizione dei fanciulli a fantasticare, sognare, ingigantire magari i fatti, le circostanze e gli “eroi” dei fatti stessi»18. A rimanere ben impresso nella memoria di quel ragazzino furono soprattutto le violenze fasciste che si produssero come reazione a quei fatti: «i cereali e le sezione socialiste», avrebbe drammaticamente ricordato, «furono dati alle fiamme»19. Una violenza che quindi colpì nel profondo, anche sul piano strettamente economico, l’universo affettivo di riferimento del giovane Aureliano. Dalla lettura di queste prime pagine del diario emerge con chiarezza come sull’uomo che quindici anni dopo avrebbe deciso di partire per la Spagna pesasse senz’ombra di dubbio la memoria di quegli eventi traumatici vissuti durante l’infanzia: «Quali idee, sogni, speranze di rivincita turbinassero per la giovane mente di Carlo [questo fu lo pseudonimo usato dal Santini nel Quaderno Nero, N.d.A], non sappiamo. Una cosa però dovrebbe essere certa: quell’episodio il piccolo Carlo lo avrà sempre presente negli anni futuri dell’adolescenza e della maturità, dando l’impronta al suo modo di pensare, ai suoi sentimenti futuri verso il regime fascista»20. La violenta ritorsione fascista del marzo 1921 è ben testimoniata anche dalle memorie di un altro antifascista empolese, Sirio Giani: «il tre marzo i fascisti di Empoli, coadiuvati da quelli di Firenze e dalla forza pubblica incendiarono la Casa del Popolo di Empoli con la vicina cooperativa di Consumo dove Alfredo Giani [il padre di Sirio, N.d.A.], insieme ad altri compagni, svolgeva il suo lavoro di dispensiere. Il brutale intervento dei fascisti gli causò non solo la perdita del lavoro ma lo costrinse anche alla fuga»21.

  • 22 Quaderno Nero, p. 3. Cfr DELZELL, Charles F., I nemici di Mussolini, Torino, Einaudi, 1966, pp. 13- (...)
  • 23 GIANI, Sirio, op. cit., p. 42.
  • 24 Quaderno Nero, pp. 3-4.

7Gli anni passarono e quel bambino si fece prima adolescente, a dodici anni lasciò gli studi per diventare apprendista meccanico, e poi giovane uomo. Nel 1924, all’età di tredici anni, si produsse un altro evento che avrebbe segnato il suo futuro: l’omicidio di Matteotti e la vasta eco che questo sollevò negli ambienti ostili al nascente regime22. Aureliano, molto probabilmente negli anni successivi, avrebbe maturato la memoria che quello rappresentò il punto di non ritorno. Col passare dei mesi e degli anni la vita, per quelle famiglie pubblicamente conosciute come “sovversive”, si fece sempre più complicata: «Il 1934», sempre dai ricordi di Sirio Giani su suo padre, «fu un anno molto triste, quei signori dei fascisti – prima o poi – lo avrebbero licenziato. Non passava giorno che non fosse messo sotto pressione e costretto a subire angherie a più non posso»23. Del tutto simile fu la condizione della famiglia Santini, per la quale le difficoltà si fecero quasi quotidiane e a peggiorare la situazione, nel 1926, concorse la prematura e tragica morte del fratello maggiore di Aureliano24.

  • 25 DE LUNA, Giovanni, Donne in oggetto. L’antifascismo nella società italiana, 1922-1939, Torino, Boll (...)

8Come si diceva, gli anni Venti ed in particolare la seconda metà del decennio rappresentarono un periodo di straordinaria importanza nella formazione umana e politica non solo del protagonista di queste pagine, ma di una buona parte della sua generazione. Andando oltre l’ambito strettamente politico, quello antifascista può essere percepito, attraverso le fonti oggi disponibili agli storici, come un sentimento o un atteggiamento “esistenziale” che, almeno in queste prime fasi del regime, andava inevitabilmente a coinvolgere l’intera sfera personale. Se, come si è visto, da un lato le violenze squadriste investirono tanto l’ambito politico quanto, e soprattutto, quello umano, affettivo e familiare è quindi forse scontato che anche la reazione a questi fenomeni fosse altrettanto omnicomprensiva. «L’antifascismo», ha scritto Giovanni De Luna, «non fu solo uno schieramento, un elemento di legittimazione per alleanze tra forze politiche. Questo è solo il più stretto dei tanti cerchi concentrici lungo i quali è indispensabile inseguire la sua definizione»25.

  • 26 Quaderno Nero, p. 5.
  • 27 SANTOMASSIMO, Gianpasquale, Antifascismo e dintorni, Roma, Manifestolibri, 2004, pp. 39-40.

9Per il caso di Aureliano Santini, e forse di molti suoi coetanei, la “benedizione politica” in senso stretto sarebbe arrivata solo in un secondo momento quando l’antifascismo sarebbe ormai stato un sentimento consolidato. Risale, ad esempio, a questi secondi anni Venti “pre-politici” l’abbandono, da parte del giovane Aureliano, della locale squadra amatoriale di calcio perché era arrivato l’ordine di esibire sulle maglie lo «scudetto littorio»26. Gianpasquale Santomassimo, attento studioso dell’opposizione al regime, ha rilevato come accanto all’antifascismo organizzato e consapevole esistesse un ribellismo «generico e primitivo non direttamente riconducibile a posizioni politiche ben definite» che si sarebbe nutrito di «insofferenza e di sdegno nei confronti del regime o di sue singole manifestazioni. I confini fra i due atteggiamenti e i due stati d’animo non sono sempre ben definibili, se non sul piano del legame organizzativo»27. Crediamo che poche e significative righe di Giorgio Amendola possano ben rappresentare l’universo sentimentale nel quale si dovette trovare anche il giovane Aureliano:

  • 28 AMENDOLA, Giorgio, Una scelta di vita, Milano, Rizzoli, 1976, p. 73.

Sentii allora, attraverso quelle prime esperienze, che il fascismo non era solo un movimento politico, un nuovo governo, ma un fatto destinato a incidere direttamente nella nostra vita personale, anche nelle cose quotidiane, nell’abitare in un posto o nell’altro, nel mutare, insomma, il corso del nostro destino individuale. Avevo sedici anni, e questi due fatti, la malattia nervosa di mia madre e le violenze e prepotenze fasciste, contribuirono, assieme, a farmi comprendere come il dolore, le mortificazioni, le violenze fossero componenti ineliminabili della vita28.

  • 29 Quaderni, p. 5.
  • 30 Quaderno Nero, pp. 7-9.
  • 31 Ibidem, p. 7.
  • 32 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Comunicazione del commissario di PS di Empoli, 18 dicembre 1930

10Nel 1929 Aureliano/Silvio/Carlo si avvicinò finalmente ai comunisti empolesi e cominciò a frequentare le loro riunioni: «la vita aveva finalmente uno scopo!»29. Nel novembre dell’anno successivo ci fu il primo contatto con le forze di polizia; il giovane diciannovenne fu arrestato e chiuso per 45 giorni nel carcere fiorentino delle Murate con l’accusa di aver distribuito ad Empoli dei volantini sovversivi30. «Il comitato di zona», avrebbe poi ricordato nei suoi quaderni, aveva deciso «di fare un’ampia diffusione dei volantini inneggianti alla rivoluzione russa nel tredicesimo anniversario della sua trionfale esistenza»; un’azione che non passò inosservata alle forze di pubblica sicurezza31. Il 18 dicembre di quell’anno il commissario di PS di Empoli scrisse al questore di Firenze che il giovane Santini avrebbe tenuto una «buona condotta morale e politica» e che non sarebbe stato in contatto con i più noti “sovversivi” empolesi; con ogni probabilità fu questa comunicazione a salvarlo da ulteriori noie con le autorità32. In realtà, con il cambio del decennio Aureliano entrò in una categoria dalla quale sarebbe riuscito ad uscire solo quindici anni dopo con la fine della seconda guerra mondiale: quella di “sovversivo”.

  • 33 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Comunicazione del commissario di PS di Empoli, 11 aprile 1931.
  • 34 Cfr. FRANZINELLI, Mimmo, I tentacoli dell’Ovra. Agenti, collaboratori e vittime della polizia polit (...)
  • 35 Ibidem, pp. 30-31. La Divisione polizia politica: «svolgeva un’attività essenzialmente conoscitiva (...)

11Pochi mesi dopo fu lo stesso commissario a comunicare al prefetto di Firenze di aver disposto un controllo sistematico della corrispondenza («assicuro di aver provveduto ad avvertire il capo ufficio del locale ufficio postale di provvedere che la corrispondenza diretta a Santini Aureliano sia immediatamente inviata al direttore provinciale delle Poste») diretta al ragazzo che entrò così, con poche speranze di scapparvi, nelle fitte maglie del controllo poliziesco33. Aureliano condivise questa sorte con diverse generazioni di antifascisti, il farsi regime del fascismo passò anche attraverso un controllo sempre più sistematico e pervasivo del dissenso. Fu durante i secondi anni Venti che la schedatura ed il controllo dei cittadini politicamente sospetti si andò progressivamente generalizzando fino a diventare un vero e proprio metodo di controllo34. Si ricordi che nel 1926, sull’onda emotiva dell’attentato Zamboni, fu designato alla guida della polizia Arturo Bocchini, che avrebbe fatto della lotta ai “sovversivi” una vera e propria ossessione personale e sotto il quale sarebbe state potenziate la Divisione affari generali e riservati (di cui fecero parte il Casellario politico centrale e l’Ufficio confino politico) e, soprattutto, la Divisione polizia politica35.

  • 36 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Comunicazione del direttore del carcere al questore di Firenze, (...)
  • 37 Quaderni, p. 7.
  • 38 Quaderno Nero, p. 9.
  • 39 Ibidem.
  • 40 CANALI, Mauro, Le spie del regime, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 135.
  • 41 Ibidem, p. 157.

12Come dicevamo, essere diventato, a tutti gli effetti, un sovversivo significò per Aureliano correre il rischio di cadere, da un momento all’altro, nuovamente nelle mani della polizia. Un evento che non tardò a prodursi. Nell’aprile del 1931, nonostante dichiarasse strenuamente di «non essere comunista», il giovane si ritrovò nuovamente nel carcere fiorentino delle Murate perché scoperto in possesso di «un biglietto contenente un inno sovversivo»36. «La pasqua del 1931 la passammo tutti nei commissariati della questura di Firenze, in attesa di essere accantonati alle Murate, dopo gli interrogatori e le conseguenti “risciacquate” a calci, pugni e schiaffi»37. Questa seconda detenzione sarebbe servita al protagonista di queste anche per confrontarsi una prima volta con un problema centrale della storia di tutto l’antifascismo: la delazione. Nelle proprie memorie il Santini avrebbe, infatti, incolpato un proprio compagno di Partito, tale Otello L., che «per debolezza e vigliaccheria» aveva denunciato tutti i comunisti della zona38. Se la lotta ai sovversivi fu un’ossessione per Bocchini, sicuramente i confidenti e gli infiltrati, o più semplicemente quei militanti che non resistevano ai duri metodi di “persuasione” della polizia, si rivelarono un’arma straordinaria per questo scopo (lo stesso Aureliano, che ricordiamo non era ancora maggiorenne, avrebbe ricordato di essere stato violentemente malmenato dagli agenti che lo avevano preso in custodia)39. «Per quanto riguarda i fiduciari della polizia politica attivi all’interno del paese», ha scritto Mauro Canali riferendosi ai primi anni trenta, «si può notare un profondo mutamento dei criteri di reclutamento che rifletteva le trasformazioni in senso totalitario delle strutture del regime»; l’OVRA, sempre secondo Canali, proprio in questo periodo si occupò con tutte le proprie energie nell’opera di repressione della rete clandestina comunista40. In questo clima opprimente e asfissiante, chi, ad un certo punto, decideva di cominciare a collaborare con gli organi del regime lo faceva, a volte, anche per la frustrazione ideologica ed ideale, per la frustrazione causata da delle battaglie sempre perse o per la mancanza di prospettive della lotta antifascista41.

  • 42 SANTOMASSIMO, Gianpasquale, op. cit., p. 25.
  • 43 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Sentenza del Tribunale speciale per la Difesa dello stato, 30 a (...)

13«Dai documenti», ha scritto Santomassimo, «risulta la diffusione del fenomeno della delazione e della provocazione organizzata, dei cedimenti e dei “compromessi” (termine gergale dell’epoca che designava, appunto, mettersi d’accordo con la polizia), del passaggio di militanti al ruolo di “fiduciario” di polizia all’interno della propria organizzazione. Il cedimento è, nel più dei casi, imprevedibile e, in certa misura, obbligato; il militante che cede per una volta sola alle torture, alle pressioni, ai ricatti della polizia durante gli interrogatori si accorge di aver bruciato i ponti alle proprie spalle e di essere nelle mani della polizia»42. Nelle vicende che stiamo qui narrando il delatore fu Otello Lavoratorini, non un infiltrato ma un uomo che più semplicemente aveva paura di una dura pena detentiva: la sua “collaborazione” cominciò subito dopo il suo arresto e, secondo quanto si legge nella sentenza del Tribunale Speciale, avrebbe cercato di modificare la realtà «all’evidente scopo di attenuare le sue responsabilità»43. Naturalmente, chi invece sceglieva di mantenersi fedele ai propri ideali, come fu il caso del Santini, andava incontro ad un ulteriore, e maggiore, senso di isolamento, tanto ideale quanto umano: se il fascismo con la conquista del potere aveva, di fatto, emarginato dalla scena pubblica i propri oppositori, per questi sentirsi traditi anche dai pochi compagni di fede si rivelò generalmente un ulteriore passaggio traumatico. Quello con cui dovettero convivere molti antifascisti fu sicuramente uno stato d’animo di depressione, a volte di sconforto e spesso di confusione: i punti di riferimento, per la generazione di Aureliano, si rivelavano spesso tragicamente fragili.

  • 44 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Nota del questore di Firenze al ministero dell’interno, 14 lugl (...)
  • 45 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Sentenza del Tribunale speciale per la Difesa dello stato, 30 a (...)
  • 46 Quaderno Nero, p. 9.
  • 47 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Comunicazione al questore di Firenze, 20 maggio 1932.
  • 48 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Verbale rilascio di Aureliano Santini, 27 maggio 1932.

14Il 21 maggio la questura di Firenze lo segnalò al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato44. Poco meno di un anno dopo, il 30 aprile del 1932, Aureliano e altri dodici coimputati ascoltarono le pene cui erano stati condannati dal suddetto tribunale: tutti furono riconosciuti colpevoli perché «responsabili del delitto di appartenenza ad un partito disciolto», il Santini, anche «in considerazione dell’età minore» si vide commutato un anno di carcere mentre ai suoi compagni furono riservate pene più severe45. Aureliano avrebbe poi scritto di aver seriamente temuto di poter finire al confino ma che lo avrebbe salvato «l’imminenza della chiamata alle armi»46. Effettivamente, il 20 maggio il comandante della stazione di PS di Empoli scrisse al questore di Firenze che il giovane sarebbe presto partito per adempiere i propri doveri di leva e che non riteneva di doverlo sorvegliare con particolare attenzione «siccome durante il servizio militare potrà essere continuamente sorvegliato»47. Una settimana dopo, era passato più di un anno dal suo secondo arresto, Aureliano fu finalmente rilasciato perché aveva ormai scontato la pena inflittagli48.

3. Genesi di un “antifascista di professione”

  • 49 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Nota del brigadiere Piedi alla questura di Firenze, 28 maggio 1 (...)
  • 50 Quaderno Nero, p. 9.

15Il 28 maggio del 1932 Aureliano si presentò, regolarmente, alla stazione dei Carabinieri di Bastia di Empoli per consegnare il foglio di via rilasciatogli dalla questura di Firenze49 Con il ritorno in città tutto sembrava tornare nella normalità, ma il ragazzo, che era appena uscito dal carcere, si rivelò profondamente diverso da quello che vi era entrato solamente l’anno precedente. «Il carcere», avrebbe poi scritto il Santini, «era una specie di università»: in entrambi i quaderni i pochi mesi trascorsi «dietro le sbarre» hanno un’importanza centrale per comprendere le vicende successive, «in un anno e poco più studiò ed imparò il francese, correttamente, migliorò la conoscenza della lingua italiana, studiò storia e geografia e soprattutto, a contatto con dei compagni più qualificati di lui, iniziò la conoscenza degli elementi fondamentali della dottrina scientifica del marxismo, sentì dalla viva voce di emissari del Partito la vita e le realizzazioni del mondo sovietico, incominciò a comprendere meglio i principi che reggevano la vita del Partito, fece come si suol dire un bagno di qualità politico-ideologica durante la detenzione, sviluppando in sé l’ardore per la lotta, il bisogno di evadere dall’Italia per completare, per meglio servire la causa del Partito e dell’umanità laboriosa, avvilita, oppressa dal fascismo»50. In quei mesi i punti di riferimento si consolidarono, il giovane Santini passò, forse inconsapevolmente, dall’antifascismo esistenziale di cui abbiamo parlato poco sopra ad uno più strutturato, definito, chiaro: il Partito, da quel momento in avanti, avrebbe avuto un ruolo centrale nella vita dell’operaio empolese.

  • 51 Ibidem, p. 10.

16Appena rientrato ad Empoli il giovane, appena ventunenne, cominciò ad dedicarsi, anima e corpo, al progetto di espatriare clandestinamente. I fascisti locali cominciarono a sorvegliarlo: «stai attento», gli disse il segretario del fascio poco dopo il suo rilascio, «non sono persuasi che tu ti porti bene, vogliono mandarti al confino, ti hanno visto confabulare con Egisto e l’altra sera con Igino»51. Aureliano non si fece dissuadere dai suoi progetti.

  • 52 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Fonogramma dal commissariato di PS di Empoli, 6 novembre 1932.
  • 53 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Nota del prefetto di Firenze, 8 novembre 1932.
  • 54 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Fonogramma del commissariato di PS di Empoli, 3 gennaio 1933.

17Pochi mesi dopo, la mattina del due novembre, dalla stazione ferroviaria della cittadina toscana partì un taxi diretto a Livorno, a bordo dell’auto c’erano cinque ragazzi che si fecero lasciare in un quartiere periferico della città portuale52. Gli investigatori avrebbero tardato alcuni giorni nello scoprire che di quel gruppo facevano parte, tra gli altri, Amedeo Gracci, Parisio Gonnelli e Aureliano Santini; era però ormai troppo tardi, i cinque, nonostante lo stretto controllo poliziesco, avevano già lasciato clandestinamente l’Italia53. Il gruppo si sarebbe servito di una piccola barca a vela per raggiungere la Corsica dalla località Porticello Nazario Sauro in provincia di Livorno; riguardo alle motivazioni di quel gesto le autorità ebbero pochi dubbi: «il Santini è un individuo che nutre sentimenti contrari al Regime e al Governo Nazionale, e che non potendo fare in patria palese propaganda delle sue idee, ha preferito emigrare»54. Il viaggio fu abbastanza avventuroso; attraversare il tratto di mare che separa la Toscana dalla Corsica, in pieno inverno, con una piccola imbarcazione si rivelò infatti tutt’altro che semplice.

  • 55 Quaderni, pp. 11-12.

Noi cinque, intirizziti dal freddo, affamati, rannicchiati un sull’altro sul fondo della barchetta, sonnacchiosi e stanchi di remare, ci guardiamo l’un l’altro, sorpresi e meravigliati con non poche preoccupazioni circa la nostra sorte. […] All’alba avvistiamo la Capraia e la Gorgona, puntiamo nel mezzo alternandoci ai remi perché non vi è tempo da perdere: temiamo che ci avvistino dal forte, in pieno, giorno e che un MAS della Milizia portuaria venga per portarci tutti in galera. Tra le dodici e le tredici incrociamo le isole, passiamo ora di angoscia, ma alle diciassette e trenta siamo in acque francesi, di fronte a Macinaggio, ove giungiamo senza essere ricorsi dalla Milizia, affamati, stanchi, assetati55.

  • 56 RAPONE, Leonardo, «Emigrazione italiana e antifascismo in esilio», Archivio storico dell’emigrazion (...)
  • 57 Cfr. SAYAD, Abdelmalek, La double absence. Des illusions de l’émigré aux souffrances de l’immigré, (...)

18Da quel momento Aureliano Santini entrò a far parte di un mondo peculiare, un mondo che avrebbe prodotto la maggior parte dei volontari italiani combattenti nella guerra civile spagnola: quello dell’emigrazione antifascista. Nella vita dei fuorusciti, secondo la sprezzante definizione coniata dallo stesso lessico del regime,56 la precarietà fu un elemento centrale; le difficoltà economiche, gli atteggiamenti non sempre tolleranti delle autorità dei paesi d’accoglienza, la continua pressione della polizia fascista, i traumi legati all’abbandono degli affetti in Italia furono tutti elementi che concorsero a rendere gli anni dell’esilio non facili. Vivere costantemente in bilico tra il paese d’origine e quello d’accoglienza (il sociologo Abdelmalek Sayad ha parlato di “ubiquità impossibile”) fu tutt’altro che semplice57. Per comprendere veramente il fenomeno del volontariato italiano in Spagna ci si deve quindi, necessariamente, confrontare con gli anni dell’esilio antifascista. La storica svizzera Stéfanie Prezioso ha ben sintetizzato, in poche righe, la condizione egli esuli non solo italiani:

  • 58 PREZIOSO, Stefanie, op. cit., p. 323.

Partiti con la ferma volontà di agire politicamente dall’estero, gli esuli si trovavano nella situazione paradossale di doversi sottomettere a codici che avvicinavano la loro azione alla lotta clandestina. Subendo le perquisizioni della polizia nei loro alloggi, la sorveglianza continua dei loro movimenti e il sequestro della corrispondenza, devono affrontare di nuovo i pericoli materiali del loro impegno; nulla distingue fondamentalmente le condizioni della loro azione in esilio dalla lotta clandestina condotta in Italia, tranne, bene inteso il rischio reale della vita […] All’estero dunque l’esule è costretto a un contesto di relazioni sociali, professionali, politiche e giuridiche con una società estranea, anzi ostile al suo impegno militante58.

  • 59 Quaderni, p. 9.
  • 60 Quaderno Nero, p. 12.
  • 61 CERRETI, Giulio, Con Togliatti e Thorez. Quarant’anni di lotte politiche, Milano, Feltrinelli, 1973 (...)
  • 62 Quaderni, p. 10.

19Nel dicembre del 1932, un mese dopo la rocambolesca fuga dall’Italia, Aureliano giunse, via Marsiglia ed in compagnia dei compagni di viaggio, in quella che era la capitale dell’antifascismo italiano in esilio, Parigi: «è una grande e meravigliosa città», avrebbe poi scritto nei suoi quaderni, «che non ha nulla, proprio nulla, a che vedere con il villaggio di provenienza di Silvio»59. I giovani toscani non tardarono ad entrare in contatto con la folta comunità comunista residente nella capitale francese: dopo essere stati lungamente interrogati da Giuseppe Dozza, dirigente del Partito in Francia e futuro costituente, furono finalmente ricevuti dal Centro Esteri del PCd’I60. In questo delicato passaggio della propria vita Aureliano si risolse per affidarsi completamente al Partito. Con la famiglia e gli affetti lontani (Paolina, la donna che più di dieci anni dopo sarebbe diventata sua moglie, era infatti rimasta ad Empoli) e con delle prospettive sull’immediato tutt’altro che rosee («il mio primo contatto con Parigi era stato davvero deludente», avrebbe ricordato un altro esule comunista toscano riguardo al suo arrivo nella capitale francese, «mi sentivo proprio spaesato con i miei occhi pieni di colore dove domina il rosso, il bianco toscano e la terra di Siena […] In quella immensa città che è Parigi mi sentivo davvero un uomo diverso, umiliato, con il cuore pieno di grigio, mesto come un cane bastonato)61, molto probabilmente al giovane empolese dovette sembrare che la comunità, tanto politica quanto umana, rappresentata dal PCd’I fosse l’unico appiglio sicuro. Il Santini trascorse le settimane successive frequentando, nel retro di un bar, un primo corso «teorico pratico di avviamento alle discipline dello studio del marxismo-leninismo»62.

  • 63 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Nota della Direzione Generale per la Pubblica Sicurezza al pref (...)
  • 64 Quaderno Nero, p. 12.
  • 65 Ibidem.
  • 66 Ibidem, p. 16.
  • 67 Ibidem.
  • 68 Ibidem, p. 17.

20Essere riuscito ad abbandonare l’Italia significò per Aureliano anche essere sfuggito al controllo poliziesco fascista; dalle prime settimane del 1933, nel suo fascicolo personale presso la questura di Firenze, le notizie che lo riguardano si fecero via via più rare. Nelle settimane successive il suo espatrio fu iscritto nella rubrica di frontiera con l’indicazione d’arrestarlo; ma, dopo che il console italiano a Bastia comunicò a Roma di non avere alcuna notizia su di lui, le autorità cominciarono a brancolare nel buio63. Nel frattempo, a Parigi, i dirigenti comunisti decisero che quel brillante ragazzo toscano aveva le caratteristiche per poter diventare un quadro del Partito e, ad inizio anno, lo inviarono a studiare a Mosca presso l’Università Internazionale Leninista. La partenza fu improvvisa: «questa notte tu parti per Mosca», avrebbe poi ricordato, «eccoti i passaporti, i denari, il recapito a Berlino, e questo per presentarti al compagno Gallo al Comintern a Mosca»64. Erano i primi giorni di gennaio, Aureliano era scappato dall’Italia da meno di due mesi ed era già costretto ad affrontare un nuovo lungo viaggio pieno d’incognite; ormai, nonostante non avesse ancora compiuto ventun’anni, quel ragazzo si era fatto uomo. Come avrebbe scritto enfaticamente nelle proprie memorie: «Carlo stava per entrare nella gloriosa legione dei rivoluzionari di professione, di cui già tanto aveva sentito parlare, sempre più densa di emozioni, di sacrifici, di gioie e di dolori, che lo porteranno persino quasi a dimenticare i vecchi genitori, il fratello, la fidanzata»65. Quanto dovette sembrargli lontana la sua esistenza precedente, ed il primo contatto con i sovversivi empolesi di poco più di tre anni prima! Le contingenze legate alla militanza antifascista gli stavano cambiando radicalmente la vita; i primi mesi “russi” si rivelarono particolarmente difficili, costellati come furono di «notti insonni con terribili attacchi di nostalgia per i genitori, per la fidanzata, per il proprio paese»66. Il sei gennaio, insieme ad una cinquantina di connazionali, Aureliano iniziò l’anno scolastico presso quella che era di fatto la scuola quadri della Terza Internazionale e si buttò a capo fitto negli studi. A tenere le lezioni ci fu il gotha del comunismo italiano in esilio: da Palmiro Togliatti ad Aldo Montagnana, da Felice Platone a Guido Picelli67. Dopo alcuni mesi particolarmente caotici iniziò una nuova importante stagione nella vita del giovane: il confronto con la società sovietica (nelle estati del 1933 e del 1934 avrebbe passato dei lunghi periodi nei kolkoz e nei sovkoz) e con i compagni di esilio avrebbero definitivamente modellato l’uomo che nel 1936 sarebbe partito per la Spagna, «la vita dello studente era qualcosa di sorprendente, di lieto, di incredibilmente vivo e attivo»68.

  • 69 Cfr. VALERI, Mauro, Negro, ebreo, comunista. Alessandro Sinigaglia, vent’anni in lotta contro il fa (...)
  • 70 Istituto Storico della Resistenza in Toscana (ISRT), Fondo Archivio Centrale dello Stato, Casellari (...)
  • 71 ISRT, ACS-CPC, isola 5, busta 27, Alessandro Sinigaglia. Lettera anomia ad Alessandro Sinigaglia, 0 (...)
  • 72 ISRT, ACS-CPC, isola 5, busta 27, Alessandro Sinigaglia. Lettera al padre, 12 maggio 1936.

21A Mosca il Santini incrociò molti altri giovani italiani nella sua stessa situazione; uno di questi fu Alessandro Sinigaglia, un fiorentino di poco più grande di lui69. Il Sinigaglia, che come Aureliano frequentava i corsi dell’Università Internazionale Leninista e che come lui avrebbe combattuto nella guerra civile spagnola, era arrivato in Russia qualche anno prima, nel 192870. I due, molto probabilmente, condivisero le ansie ed i problemi legati ad una vita in una realtà tanto particolare; l’Italia, e gli affetti laggiù rimasti, pur rimanendo dei punti di riferimento sembravano ora irraggiungibili, «tu non fare bischerate», scrisse un amico al Sinigaglia pochi mesi dopo la sua partenza, «la tua situazione qua è terribile non pensare nemmeno ad un ritorno, uccideresti tuo padre!»71. Una certa malinconia fu il leitmotiv di quel periodo. Ancora otto anni dopo, si era alla vigilia dello scoppio della guerra civile spagnola, il Sinigaglia scriveva al padre: «è da molto tempo che non ti ho scritto e penso a quanto tu debba stare in ansia per me, […] per me il più doloroso, è il non poter aver ricevute tue notizie e il non saper niente della tua salute né delle tue condizioni, questo mi tiene in pensiero e preoccupato»72.

  • 73 GABRIELLI, Patrizia, op. cit., p. 44.
  • 74 Ibidem, p. 85.
  • 75 Quaderno Nero, pp. 16-17.
  • 76 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettera ai genitori, 28 marzo 1934.
  • 77 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettera ai genitori, 30 ottobre 1934.
  • 78 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettara a Paolina, 12 ottobre 1935.
  • 79 PASSERINI, Luisa, L’Europa e l’amore. Immaginario e politica fra le due guerre, Milano, il Saggiato (...)
  • 80 Quaderno Nero, p. 18.

22Ha scritto Patrizia Gabrielli: «nelle lettere degli emigrati la nostalgia più che nei riferimenti al passato si esprimeva manifestando l’ansia del ritorno, programmando futuri incontri e momenti conviviali»73. La fede in un futuro diverso mosse tanto Alessandro Sinigaglia quanto Aureliano Santini. Non crediamo sia azzardato affermare che per questa generazione l’appartenenza al campo antifascista si alimentò, e si rafforzò, anche grazie alle difficoltà nel gestire i rapporti con il proprio universo affettivo: il fascismo non solo era un regime inaccettabile ma, a livello personale, era anche la causa principale di una separazione fisica dal proprio mondo. In sintesi, quella che si produsse fu una continua contaminazione tra il pubblico ed il privato: ha ricordato sempre Patrizia Gabrielli, riferendosi all’analisi della corrispondenza, come «i rapidi e frequenti» sconfinamenti tra questi due ambiti rispecchiassero «il carattere totalizzante della scelta politica»74. Anche Aureliano, durante gli anni che passò in Russia, si confrontò più volte con simili problematiche; nelle proprie memorie, ad esempio, si rammarica di essere stato assente in occasione delle morti del padre e della madre che si susseguirono, nel giro di pochi mesi, tra la fine del 1934 e l’inizio del 193575. «È da molto tempo che non ho vostre nuove», aveva scritto loro solo l’anno precedente, «in tutto il mio completo me la passo per la meglio, vorrei che anche da voi fosse così, perché temo che sarà peggio, com’è prevedibile»76. E poi ancora pochi mesi dopo: «sento che nelle vostre condizioni non c’è niente di nuovo in bene, anzi c’è il continuo peggioramento che è proprio dei lavoratori di tutti i paesi dove esiste il “santo” padrone. […] Fatevi più coraggio possibile altrimenti la vita sarà ancora più dura. Particolarmente tu, mamma, se perderai il coraggio non ti resterà altro dato che la tua salute non è certamente da invidiarsi»77. Probabilmente fu altrettanto difficile salvaguardare il rapporto con Paolina; la fitta corrispondenza intercettata dalla polizia italiana rivela due giovani costantemente in cerca della conferma reciproca dei sentimenti che provavano. L’Aureliano che si stava facendo “rivoluzionario di professione” tradiva spesso una insospettabile tenerezza nelle lettere alla propria amata: «Carina», le scrisse nell’ottobre del 1935, «non sai che desiderio matto avrei di poterti abbracciare strettamente e baciarti tanto fino a che non sarei sazio, sazio forse non sarei mai, ma almeno vorrei essere un poco soddisfatto. La nostra vita è quella di tanti altri milioni di giovani ed è abbastanza infame, come tu vedi»78. L’ansia verso il futuro cui faceva riferimento Patrizia Garbrielli, emerge con forza nel caso di questi due giovani. Una corrispondenza che, per dirla con le parole di Luisa Passerini, sembra indicare «la grande importanza attribuita a ogni singola lettera e il valore simbolico che aveva [questa] come oggetto che collegava due persone»79. Queste ultime righe ci sono servite anche a capire come la figura del “rivoluzionario di professione”, spesso considerata alla stregua di un oggetto mitico dell’universo antifascista, presupponesse in realtà un rapporto complicato con l’universo affettivo. Nella primavera del 1935, dopo poco più di due anni, giunse l’epilogo della parentesi russa nella vita di Aureliano: convocato dall’ufficio quadri del Partito fu incaricato di tornare a Parigi, per lavorare nella direzione della FGCI (Federazione Giovanile Comunisti Italiani, N.d.A.)80.

4. Un epilogo forse inevitabile

  • 81 Ibidem.
  • 82 Quaderni, p. 21.
  • 83 Quaderno Nero, p. 19.
  • 84 Ibidem.
  • 85 AFG, Archivi Brigate Internazionali (ABI), fascicolo 545-6-499, folio 290. Relazione di Pavanin e D (...)
  • 86 Quaderni, p. 22.

23Durante l’anno e poco più prima del passaggio in Spagna, Aureliano sarebbe stato tra i primi a partire settembre del 1936, la vita del giovane tornò ad essere caotica e movimentata. A maggio, passando da Berlino e spacciandosi per un commerciante portoghese, Aureliano arrivò per la seconda volta in vita sua nella capitale francese, «la vita clandestina ricomincia sul serio, con tutti i rigori delle circostanze dei tempi»81. Dopo alcune settimane passate con il futuro segretario nazionale della CGIL Agostino Novella, gli fu affidata la prima vera missione della sua vita: sarebbe dovuto tornare in Italia per prendere contatti con alcuni gruppi comunisti clandestini. Fu così che tornò, camuffato da turista austriaco, nel paese che aveva lasciato più di quattro anni prima82. Così avrebbe poi sintetizzato quella breve esperienza sul suo diario: «il viaggio di entrata in Italia andò bene, i due mesi o poco più di lavoro all’interno pure, il ritorno a Parigi senza incidenti»83. Nei mesi successivi avrebbe poi compiuto altre “missioni” in Italia; nei suoi quaderni questi viaggi sembrano meritare poco interesse, al punto che li liquida con poche veloci frasi. In realtà, crediamo che quei soggiorni italiani si rivelarono molto importanti nel processo che stiamo provando a ricostruire in questa pagine: entrare in contatto diretto con i pochi oppositori organizzati all’interno del Paese, tornare a sentire sulla propria pelle cosa significasse vivere sotto un regime dittatoriale, provare la paura di poter essere smascherato in qualsiasi momento, furono sicuramente tutti elementi che concorsero se non a rafforzare quanto meno a consolidare il sentimento antifascista del Santini. Nella tarda estate del 1935, ad esempio, si trovò ad un pranzo organizzato da un gerarca presso Conegliano Veneto e si vide costretto a brindare con gli altri commensali «alla presa di Adis Abeba da parte delle truppe fasciste»84. Episodi del genere non poterono lasciarlo indifferente. In una nota biografica redatta da Edoardo D’Onofrio e da Pietro Pavanin nell’agosto del 1940 si diceva che il primo viaggio in Italia sarebbe fallito per «l’eccessivo nervosismo da cui egli era dominato» mentre il secondo «andò bene», inoltre, aggiunsero i due dirigenti comunisti, che nei mesi precedenti l’estate del 1936 «la vita nell’emigrazione gli fu particolarmente dura, egli patì la fame»85. A prescindere dal giudizio politico dato da Pavanin e da D’Onofrio, crediamo che dalle loro parole emerga la condizione precaria cui erano costretti gli antifascisti in esilio. Nella primavera del 1936 Santini fece il suo ultimo viaggio in Italia, di ritorno a Parigi avrebbe scoperto che in Spagna, in seguito all’insurrezione di una parte dell’esercito, era cominciata una guerra civile86.

  • 87 Ibidem.

Le edizioni speciali della grande stampa parigina andavano di ora in ora meglio precisando l’ampiezza della rivolta militare, un vero attentato internazionale contro la Repubblica, ordito dal fascismo italiano e dal nazismo tedesco, in combutta con la Falange ed i monarchici spagnoli, quali avanguardie di tutta la reazione iberica, clero non escluso. Ognuno comprendeva sempre più chiaramente, via via che i giorni passavano, quello che stava in gioco nella terra di Cervantes. Era l’assalto militare, la lotta armata della cricca del fascismo internazionale contro la libertà e l’indipendenza del popolo spagnolo il quale, legalmente, aveva espresso, nel febbraio dello stesso anno, il “Fronte Popular” ed aveva trionfato nelle elezioni politiche, mentre, nel maggio - giugno seguente, anche la Francia si era data un governo di espressione “Front Populaire” francese. La rivolta militare in Spagna appariva chiaramente essere il contrattacco del Fascismo europeo e internazionale contro le due repubbliche popolari dell’Occidente europeo: la Francia e la Spagna. Il popolo spagnolo, disarmato, tradito dall’esercito, salve rare eccezioni, aggredito di sorpresa si avventa, armato del solo eroismo, contro le caserme e le unità in rivolta, le disarma e le annienta nelle principali città del centro, del nord e lungo tutte la costa mediterranea (levante spagnolo)87.

  • 88 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettera a Paolina, 04 agosto 1936.

24In quei giorni scrisse una breve lettera a Paolina dalla quale traspariva la sua fede in una risoluzione rapida della crisi spagnola: «sappi che le cose in Spagna non sono così disperate come tu le vedi. La vittoria è quasi sicura da parte delle armate popolari. I ribelli fascisti sono finanziati e armati da Mussolini e da Hitler. Si capisce che c’è anche chi aiuta e chi arma il governo della repubblica per domare i fascisti»88. In realtà, come sappiamo, le cose andarono in modo diverso.

  • 89 Quaderno Nero, p. 21 e cfr. SKOUTELSKY, Rémi, Novedad en el frente. Las Brigadas Internacionales en (...)
  • 90 CERRETI, Giulio, op. cit., p. 124.
  • 91 GABRIELLI, Patrizia, op. cit., p. 89.

25Sin dai primi giorni si cominciò a delineare un vasto fenomeno di volontariato internazionale in sostegno della causa repubblicana e l’antifascismo italiano si distinse immediatamente per il proprio attivismo: «gli italiani», avrebbe poi scritto Aureliano, «sono tra i più generosi, sentono che una seconda epopea delle camicie rosse garibaldine del nostro primo risorgimento si ripeterà in terra di Spagna»89. L’odio ed il risentimento nei confronti del regime italiano, accumulatisi nel corso degli anni, emersero improvvisamente alla luce del sole; «i militanti emigrati», avrebbe ricordato nelle proprie memorie Giulio Cerreti riferendosi alle numerose risse che vedevano opposti fascisti e antifascisti nella regione parigina, «con l’enorme odio accumulato nel cuore, pestavano veramente duro»90. La guerra civile spagnola, la possibilità di andare a combattere non solo in difesa del governo repubblicano ma, soprattutto, contro il fascismo internazionale offrì un nuovo slancio al movimento antifascista. Se durante gli anni dell’esilio si era potuto addossare le colpe delle proprie miserie al regime mussoliniano, finalmente ora si presentava la possibilità di combattere in prima persona. Agli antifascisti sembrò aprirsi la possibilità di tornare ad essere soggetti attivi del proprio destino. Fu con il volontariato in Spagna che, per molti, la politica assunse definitivamente «una posizione dominante» divenendo «lo strumento per il riscatto collettivo e per l’edificazione di una società nuova radicalmente trasformata nei suoi aspetti strutturali e culturali»91. Un celebre garibaldino di Spagna, Giovanni Pesce, avrebbe scritto nelle proprie memorie:

  • 92 PESCE, Giovanni, Un garibaldino in Spagna, Varese, Edizioni EsseZeta, 2006, p. 15.

I minatori emigrati alloggiavano in baracche di legno – sette ed otto per locale – esposti a mille pericoli, costretti ai lavori più insani e più duri: sfruttati, umiliati, trattati come bestie. Mia madre gestiva una “cantina”, una specie di trattoria, frequentata dai minatori. La sera molti vi si davano convegno, discutevano, parlavano fino a notte inoltrata. Ancora non riuscivo a comprendere perché così stanchi, con una giornata di lavoro sulle spalle, anziché andarsene a riposare, rimanessero li fino a notte fonda. Più tardi quando conobbi anch’io la vita del minatore, compresi questi uomini e seppi che erano comunisti. […] Avevo per loro una grande ammirazione: erano per me degli esseri straordinari. La loro fede, il loro spirito di sacrificio, la loro tenacia mi commuovevano fino al fondo dell’animo. […] La fede di quegli umili minatori mi aiutò a prendere la decisione già a lungo meditata. Decisi di andare volontario in Spagna92.

  • 93 SKOUTELSKY, Rémi, L’espoir guidait leurs pas. Les volontaires français dans les Brigades internatio (...)
  • 94 Quaderni, p. 22.
  • 95 Quaderno Nero, p. 20.

26Pesce era più giovane, e meno “politicizzato”, di Santini ma ugualmente queste sue righe ci sono utili per intuire come quella di partire fosse una scelta intimamente legata agli anni appena vissuti. Quelle partenze, secondo lo storico francese Rémi Skoutelsky, non furono il risultato di un «colpo di testa che sfugge alla razionalità» ma, al contrario, ebbero origine da delle analisi razionali ed individuali sulle singole esperienze di vita; in altre parole, «sarebbe sbagliato cercare descrivere un individuo facendo semplicemente un compendio della sua condizione sociale e delle sue idee politiche e mettendo così da parte tutta una serie di considerazioni di natura più strettamente personale»93. «La rivolta militare in Spagna», avrebbe poi scritto Aureliano, «appariva chiaramente essere il contrattacco del fascismo europeo e internazionale contro le due repubbliche popolari dell’occidente europeo: la Francia e la Spagna»94. Fu in quel clima, in quelle settimane convulse, che il giovane maturò la propria decisione e «chiese, ed ottenne, di partire volontario»95.

  • 96 SKOUTELSKY,Rémi, Novedad en el frente.... cit., pp. 71-98.
  • 97 SCHAUFF, Frank, La victoria frustrada. La Unión Sovietica, la Internacional Comunista y la guerra c (...)
  • 98 SKOUTELSKY, Rémi, Novedad en el frente.... cit., pp. 75-76.
  • 99 SPRIANO, Paolo, Storia del Partito comunista italiano. I fronti popolari, Stalin, la guerra, Torino (...)

27Quel volontariato, nato in modo confuso e caotico, subì una vera e propria accelerazione allorché il Comintern si risolse per un attivo sostegno alla causa repubblicana e per la formazione di un corpo di combattenti internazionali. Nonostante le notizie diffuse dalla stampa nazista e da quella dell’estrema destra francese che avrebbero voluto una legione straniera gestita dai sovietici già da fine luglio, in realtà le Brigate Internazionali apparvero sui campi di battaglia solo durante i primi giorni di novembre96. Il 28 agosto Georgi Dimitrov aveva annotato sul suo diario che si stava cominciando a parlare di una «possibile organizzazione di un contingente internazionale» e fu durante la riunione del Presidium che si tenne tra il 16 ed il 17 settembre che venne formalmente presa la decisione e che si dette il via ai contatti con il governo spagnolo presieduto dal socialista Largo Caballero97. Per quanto questi procedettero a ritmo serrato si sarebbe giunti all’emanazione del decreto che sanciva la nascita delle Brigate Internazionali solamente il successivo 22 ottobre, quindi più di un mese dopo la decisione del Comintern98. I comunisti furono, tra le famiglie dell’antifascismo italiano, gli ultimi a muoversi ed il 27 ottobre firmarono un patto d’intesa con socialisti e repubblicani per la formazione di una colonna specificatamente italiana all’interno delle nascenti Brigate Internazionali99.

  • 100 Archivio Centrale dello Stato (ACS), Direzione Generale Pubblica Sicurezza (Dir Gen PS), Affari Gen (...)
  • 101 Quaderno Nero, p. 21.
  • 102 AFG, Archivi Brigate Internazionali (ABI), fascicolo 545-6-499, folio 290. Relazione di Pavanin e D (...)

28Dopo aver preso la decisione di partire (siamo ancora nel settembre) Aureliano organizzò il viaggio verso la Spagna; a rendere in parte le cose più semplici, rispetto a chi era partito nelle settimane precedenti, concorse l’attivo sostegno che ricevette dal PCd’I. Molti, la maggior parte, giungevano nella penisola iberica in treno, altri lo facevano invece via mare, Aureliano, molto probabilmente su suggerimento di qualche dirigente del Partito, fu tra chi optò per questa seconda soluzione e si spostò a Marsiglia, nel sud della Francia. Una nota del locale consolato italiano riferì a Roma che, tra l’ottobre ed il dicembre del 1936, le due imbarcazioni battenti bandiera repubblicana Ciudad de Barcelona e Villa de Madrid avrebbero fatto da spola tra la Francia e la penisola iberica trasportando, nel complesso, circa 2.300 volontari, in larga parte francesi e italiani100. «Da Marsiglia», avrebbe poi ricordato il Santini, «parte il primo grosso contingente organizzato di antifascisti italiani, la nave Ciudad de Barcelona, in mano al governo legittimo è stracarica con decine di centinaia di volontari di ogni nazionalità»101. Con ogni probabilità Aureliano, visto e considerato il suo importante “curriculum” politico, fu tra i primi ad arrivare ad Albacete, la città destinata dal governo spagnolo ad ospitare la base del contingente internazionale. Se nelle proprie memorie parla di un passaggio in Spagna già nel mese di settembre, in realtà crediamo, anche secondo quanto è riportato da alcuni documenti d’archivio, sia giusto collocare il suo arrivo durante i primi giorni di ottobre; in ogni caso fu tra i primi del contingente comunista a toccare il suolo iberico102. Come si è detto in apertura, in Spagna Aureliano Santini sarebbe stato conosciuto con il nome che lo aveva accompagnato durante gli ultimi anni in clandestinità: Silvio Morelli.

  • 103 Ibidem.
  • 104 Quaderni, p. 29.

29Questa nuova fase si rivelò una delle più drammatiche della ancor giovane vita di Aureliano che arrivò a conoscere, in prima persona, la violenza, la crudeltà e le difficoltà di una guerra. «In Spagna Morelli», avrebbero scritto Pavanin e D’Onofrio, «fu assegnato alla XII Brigata, battaglione Garibaldi. Fu nella Brigata Garibaldi quando il battaglione si trasformò in brigata. Egli è stato aiutante maggiore del Battaglione, comandante della IV Compagnia, aiutante maggiore del II Battaglione della Brigata Garibaldi e capo della prima sezione dello Stato maggiore; comandante del III Battaglione, poi del II, comandante infine del Battaglione di istruzione della Brigata». Il giovane empolese avrebbe preso parte ad una lunga lista di combattimenti: Casa de Campo, Pozuelo, Jarama, Guadalajara, Brunete, Belchite, Mosegoso, Rio Mijares per poi rimanere ferito, nell’agosto del 1937, a Farlete, vicino Saragozza. Dopo questo evento, e dopo aver fatto fucilare un proprio soldato spagnolo senza alcun regolare processo, fu destinato come comandante al campo d’istruzione di Quintanar de la Republica103. In seguito passò anche ad un’altra unità dell’esercito repubblicano: la 52° Divisione di fanteria distaccata in Extremadura, dove rimase fino al ritiro dei volontari stranieri nell’autunno del 1938104.

  • 105 AFG, FPCdI, fascicolo 513-1-1478. Lettera di Morelli alla FGCI, 23 gennaio 1937.
  • 106 AFG, FPCdI, fascicolo 513-1-1478. Lettera di Morelli alla FGCI, 06 febbraio 1937.
  • 107 Quaderni, p. 30.

30In estrema sintesi, quella di Aureliano Santini al conflitto fu una partecipazione sicuramente attiva. Quello che però ci interessa, nell’economia di quest’articolo, non sono tanto gli avvenimenti bellici in senso stretto, quanto più il persistere, o meno, nel Santini dell’idea di aver fatto la scelta giusta partendo per la Spagna. Da alcuni suoi scritti coevi, soprattutto dalle lettere che inviava regolarmente alla fidanzata Paolina, emerge chiaramente il ritratto di un uomo sempre consapevole del fatto che quello spagnolo fosse un epilogo inevitabile del proprio percorso personale. «Carissimi», scrisse nel gennaio del 1937 ai compagni della FGCI, «ho cinque minuti e li utilizzo per inviarvi i miei più sentiti saluti […] Viviamo episodi magnifici tanto per il periodo come per la gioia di vivere combattendo. […] Il nostro si è fatto un magnifico battaglione e merita la stima del comando di Brigata. Forgiano i suoi militi e i suoi giovani ufficiali. Rendiamo veramente Garibaldi al popolo italiano!»105. E poi ancora pochi giorni dopo: «Il nostro è veramente un bel battaglione! Ve lo dico con il cuore pieno di orgoglio! Secondo me il massimo del possibile deve essere fatto per farne conoscere le sue gesta a tutta la gioventù italiana. […] Nel bel mezzo del fuoco che non perdona se colpisce mi sento molto meglio, non credete che esageri, che faccia il gradasso! No, non è questo il problema. Il fatto sta che da quando misi piede in Spagna e incominciai a trovarmi nel mezzo della mischia mi sentii un altro e molti compagni che mi conobbero a Parigi e qui me lo dissero a più riprese. Mi sentivo», arrivò ad ammettere, «come si direbbe “soffocato” dalla stretta vita politica che avevo con voi»106. Santini sembrava più che mai convinto della scelta di combattere la guerra civile spagnola. Nelle proprie memorie avrebbe ricordato quanto avesse sofferto allorché, nell’autunno del 1938, dovette lasciare i propri compagni di lotta perché il governo repubblicano aveva deciso di ritirare dal fronte i volontari stranieri107.

  • 108 JACKSON, Michael, op. cit., pp. 52-55.
  • 109 BAXELL, Richard, British Volunteers in the Spanish Civil War, London, Routledge, 2004, p. 50.
  • 110 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettera a Paolina, 23 marzo 1937.

31Crediamo che l’ostinazione con la quale, fino alla fine, Aureliano Santini sentì di dover partecipare al conflitto spagnolo non fu, per tornare alle parole di Jackson che abbiamo citato in apertura, il frutto della mente di un pazzo quanto invece un riflesso assolutamente razionale della vita che il giovane empolese aveva dovuto, suo malgrado, vivere sino ad allora. Ciascuno dei volontari che parteciparono alla guerra civile spagnola fu mosso da motivazioni strettamente personali, ma, probabilmente, quello che abbiamo ricostruito in queste pagine fu un percorso condiviso, a grandi linee, da una buona parte degli italiani: le violenze squadriste, la loro memoria, l’emarginazione nell’Italia del primo fascismo, la dura vita dell’esule sono elementi comuni che ricorrono nelle biografie di molti volontari di Spagna. Se in molti arrivarono sicuramente in Spagna «per combattere ciascuno la propria personale guerra privata», è altrettanto vero che, come si è visto, negli anni precedenti il piano individuale/privato e quello collettivo/politico arrivarono spesso a sovrapporsi e ad influenzarsi vicendevolmente rendendo, di fatto, difficile riuscire a distinguere con sicurezza tra i due108. «Negli invasori della Spagna», avrebbe ricordato un internazionale statunitense, «vidi quelle stesse persone che avevo combattuto per tutta la vita»109. Per afferrare cosa intendiamo per “contaminazione” tra il piano privato e quello politico, pensiamo sia utile chiudere con alcune poche righe scritte da Aureliano a Paolina il 24 marzo 1937, pochi giorni dopo la vittoria di Guadalajara: «Tu non hai ancora capito dove mi trovo? Ha! Come mi fai ridere se così fosse, potevo io essere assente da una grande lotta come quella che si combatte in Spagna? No, no mai! Sappi che sono immensamente felice di trovarmi qui nel mezzo della lotta. […] Ti dico che viviamo momenti decisivi per la felicità dei popoli, che poi è anche la nostra. Temi che possa cadere? Bene, io sono del parere che è meglio essere vedova di un eroe che moglie di un vile!»110.

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Note

1 BANTI, Alberto Mario, La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle origini dell’Italia unita, Torino, Einaudi, 2000, p. 93.

2 CANOVI, Antonio, «Di antifascisti, emigranti, fuorusciti: a proposito di fascismo e mobilità politica», in ALBARANI, Giuliano, OSTI GUERRAZZI, Amedeo, TAURASI, Giovanni, Sotto il regime. Problemi, metodi e strumenti per lo studio dell’antifascismo, Milano, Unicopli, 2006, p. 113.

3 GABRIELLI, Patrizia, Col freddo nel cuore. Uomini e donne nell’emigrazione antifascista, Roma, Donzelli, 2004, p. 8.

4 Cfr. MAZOWER, Mark, Dark Continent. Europe’s twentieth century, New York, Vintage Books, 1998, pp. 3-211.

5 PREZIOSO, Stefanie, Itinerario di un “figlio del 1914”. Fernando Schiavetti dalla trincea all’antifascismo, Manduria, Lacaita, 2004, p. 7.

6 JACKSON, Michael, Fallen sparrows. The International Brigades in the Spanish Civil War, Philadelphia, American Philosophical Society, 1994, pp. 36-38.

7 Cfr. TRAVERSO, Enzo, A ferro e fuoco. La guerra civile europea 1914-1945, Bologna, Il Mulino, 2007.

8 Cfr. CONFORTI, Olao, Guadalajara. La prima sconfitta del fascismo, Milano, Mursia, 1967.

9 Archivio Fondazione Gramsci (AFG), Fondo Partito Comunista d’Italia (FPCdI), fascicolo 513-1-1480, copia del discorso alla radio di Silvio Morelli (Aureliano Santini), 28 marzo 1937.

10 Archivio di Stato di Firenze (ASF), Fondo Questura di Firenze (QF), Gabinetto Categoria A/8 (C. A/8): Santini Aureliano. Lettera di Aureliano Santini a Paola Corsinovi, 07 maggio 1937.

11 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Cenno biografico della Prefettura di Firenze, 17 luglio 1932.

12 Quaderni, p. 2.

13 Cfr. CONTINI, Giovanni, Aristocrazia contadina. Sulla complessità della società mezzadrile, fattoria, famiglie, individui, Firenze, Gli Ori, 2008.

14 Quaderni, p. 3.

15 Quaderni, p. 3.

16 Cfr. ALBANESE, Giulia, La marcia su Roma, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 19-57.

17 FRANZINELLI, Mimmo, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista (1919-1921), Milano, Mondadori, 2003, p. 307.

18 Quaderni, p. 4.

19 Ibidem.

20 Quaderno Nero, p. 3.

21 GIANI, Sirio, Memorie e testimonianze di un comunista empolese (1925-1995), Empoli, Ibisikos, 1997, pp. 21-22.

22 Quaderno Nero, p. 3. Cfr DELZELL, Charles F., I nemici di Mussolini, Torino, Einaudi, 1966, pp. 13-16.

23 GIANI, Sirio, op. cit., p. 42.

24 Quaderno Nero, pp. 3-4.

25 DE LUNA, Giovanni, Donne in oggetto. L’antifascismo nella società italiana, 1922-1939, Torino, Bollati Boringhieri, 1995, p. 53.

26 Quaderno Nero, p. 5.

27 SANTOMASSIMO, Gianpasquale, Antifascismo e dintorni, Roma, Manifestolibri, 2004, pp. 39-40.

28 AMENDOLA, Giorgio, Una scelta di vita, Milano, Rizzoli, 1976, p. 73.

29 Quaderni, p. 5.

30 Quaderno Nero, pp. 7-9.

31 Ibidem, p. 7.

32 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Comunicazione del commissario di PS di Empoli, 18 dicembre 1930.

33 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Comunicazione del commissario di PS di Empoli, 11 aprile 1931.

34 Cfr. FRANZINELLI, Mimmo, I tentacoli dell’Ovra. Agenti, collaboratori e vittime della polizia politica fascista, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, pp. 3-60 e LATTANZI, Eleonora e PIPITONE, Cristina, «Il casellario politico centrale: introduzione alla carte», in GIASI, Francesco, LORETO, Fabrizio, RIGHI Maria Luisa (a cura di), Sotto stretta sorveglianza. Di Vittorio nel Casellario politico centrale (1911-1943), Roma, Fondazione Giuseppe Di Vittorio, 2010, pp. 27-34.

35 Ibidem, pp. 30-31. La Divisione polizia politica: «svolgeva un’attività essenzialmente conoscitiva e forniva ai governanti e ai comparti repressivi dello stato notizie di estrema utilità per la stabilità del regime, adempiendo a funzioni di servizio fiduciario della Direzione generale di PS».

36 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Comunicazione del direttore del carcere al questore di Firenze, 05 giugno 1931.

37 Quaderni, p. 7.

38 Quaderno Nero, p. 9.

39 Ibidem.

40 CANALI, Mauro, Le spie del regime, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 135.

41 Ibidem, p. 157.

42 SANTOMASSIMO, Gianpasquale, op. cit., p. 25.

43 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Sentenza del Tribunale speciale per la Difesa dello stato, 30 aprile 1932.

44 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Nota del questore di Firenze al ministero dell’interno, 14 luglio 1931.

45 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Sentenza del Tribunale speciale per la Difesa dello stato, 30 aprile 1932.

46 Quaderno Nero, p. 9.

47 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Comunicazione al questore di Firenze, 20 maggio 1932.

48 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Verbale rilascio di Aureliano Santini, 27 maggio 1932.

49 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Nota del brigadiere Piedi alla questura di Firenze, 28 maggio 1932.

50 Quaderno Nero, p. 9.

51 Ibidem, p. 10.

52 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Fonogramma dal commissariato di PS di Empoli, 6 novembre 1932.

53 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Nota del prefetto di Firenze, 8 novembre 1932.

54 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Fonogramma del commissariato di PS di Empoli, 3 gennaio 1933.

55 Quaderni, pp. 11-12.

56 RAPONE, Leonardo, «Emigrazione italiana e antifascismo in esilio», Archivio storico dell’emigrazione italiana, IV, 1, p. 53.

57 Cfr. SAYAD, Abdelmalek, La double absence. Des illusions de l’émigré aux souffrances de l’immigré, Parigi, Seuil, 1999.

58 PREZIOSO, Stefanie, op. cit., p. 323.

59 Quaderni, p. 9.

60 Quaderno Nero, p. 12.

61 CERRETI, Giulio, Con Togliatti e Thorez. Quarant’anni di lotte politiche, Milano, Feltrinelli, 1973, pp. 72-73.

62 Quaderni, p. 10.

63 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Nota della Direzione Generale per la Pubblica Sicurezza al prefetto di Firenze, 13 febbraio 1933.

64 Quaderno Nero, p. 12.

65 Ibidem.

66 Ibidem, p. 16.

67 Ibidem.

68 Ibidem, p. 17.

69 Cfr. VALERI, Mauro, Negro, ebreo, comunista. Alessandro Sinigaglia, vent’anni in lotta contro il fascismo, Roma, Odradek, 2010.

70 Istituto Storico della Resistenza in Toscana (ISRT), Fondo Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale (ACS-CPC), isola 5, busta 27, Alessandro Sinigaglia. Telespresso ambasciatore italiano in URSS, 09 agosto 1929.

71 ISRT, ACS-CPC, isola 5, busta 27, Alessandro Sinigaglia. Lettera anomia ad Alessandro Sinigaglia, 04 novembre 1928.

72 ISRT, ACS-CPC, isola 5, busta 27, Alessandro Sinigaglia. Lettera al padre, 12 maggio 1936.

73 GABRIELLI, Patrizia, op. cit., p. 44.

74 Ibidem, p. 85.

75 Quaderno Nero, pp. 16-17.

76 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettera ai genitori, 28 marzo 1934.

77 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettera ai genitori, 30 ottobre 1934.

78 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettara a Paolina, 12 ottobre 1935.

79 PASSERINI, Luisa, L’Europa e l’amore. Immaginario e politica fra le due guerre, Milano, il Saggiatore, 1999, p. 319.

80 Quaderno Nero, p. 18.

81 Ibidem.

82 Quaderni, p. 21.

83 Quaderno Nero, p. 19.

84 Ibidem.

85 AFG, Archivi Brigate Internazionali (ABI), fascicolo 545-6-499, folio 290. Relazione di Pavanin e D’Onofrio sull’attività in Spagna, 23 agosto 1940.

86 Quaderni, p. 22.

87 Ibidem.

88 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettera a Paolina, 04 agosto 1936.

89 Quaderno Nero, p. 21 e cfr. SKOUTELSKY, Rémi, Novedad en el frente. Las Brigadas Internacionales en la guerra civil, Madrid, Temas de Hoy, 2006.

90 CERRETI, Giulio, op. cit., p. 124.

91 GABRIELLI, Patrizia, op. cit., p. 89.

92 PESCE, Giovanni, Un garibaldino in Spagna, Varese, Edizioni EsseZeta, 2006, p. 15.

93 SKOUTELSKY, Rémi, L’espoir guidait leurs pas. Les volontaires français dans les Brigades internationales, Parigi, Grasset, 1998, pp. 170-171.

94 Quaderni, p. 22.

95 Quaderno Nero, p. 20.

96 SKOUTELSKY,Rémi, Novedad en el frente.... cit., pp. 71-98.

97 SCHAUFF, Frank, La victoria frustrada. La Unión Sovietica, la Internacional Comunista y la guerra civil española, Barcellona, Debate, 2008, p. 178.

98 SKOUTELSKY, Rémi, Novedad en el frente.... cit., pp. 75-76.

99 SPRIANO, Paolo, Storia del Partito comunista italiano. I fronti popolari, Stalin, la guerra, Torino, Einaudi, 1970, p. 133.

100 Archivio Centrale dello Stato (ACS), Direzione Generale Pubblica Sicurezza (Dir Gen PS), Affari Generali e Riservati (AGR), 1937, busta 62, 1936-1937 primo fascicolo. Nota del consolato generale d’Italia a Marsiglia, 21 gennaio 1937.

101 Quaderno Nero, p. 21.

102 AFG, Archivi Brigate Internazionali (ABI), fascicolo 545-6-499, folio 290. Relazione di Pavanin e D’Onofrio sull’attività in Spagna, 23 agosto 1940.

103 Ibidem.

104 Quaderni, p. 29.

105 AFG, FPCdI, fascicolo 513-1-1478. Lettera di Morelli alla FGCI, 23 gennaio 1937.

106 AFG, FPCdI, fascicolo 513-1-1478. Lettera di Morelli alla FGCI, 06 febbraio 1937.

107 Quaderni, p. 30.

108 JACKSON, Michael, op. cit., pp. 52-55.

109 BAXELL, Richard, British Volunteers in the Spanish Civil War, London, Routledge, 2004, p. 50.

110 ASF, QF, C. A/8: Santini Aureliano. Lettera a Paolina, 23 marzo 1937.

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Notizia bibliografica digitale

Enrico Acciai, «La lunga marcia nella guerra civile europea»Diacronie [Online], N° 7, 3 | 2011, documento 20, online dal 29 juillet 2011, consultato il 12 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/3397; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.3397

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Autore

Enrico Acciai

Enrico Acciai si è addottorato in storia dell’Europa contemporanea presso l’Università degli Studi della Tuscia, nel corso del 2010 ha svolto attività di ricerca grazie ad una borsa della Fondazione Luigi Salvatorelli. Già titolare di un assegno di ricerca presso il dipartimento per lo Studio delle Lingue e delle Civiltà Classiche e Moderne (CICLAMO) dell’Università degli Studi della Tuscia è attualmente ricercatore presso il departamento de Historia Moderna y Contemporanea della Universidad de Cantabria. Nel 2011 è inoltre risultato vincitore del premio annuale bandito dall’Associazione Casa Di Vittorio. Si è occupato di storia dell’anarchismo spagnolo e dell’antifascismo italiano; attualmente sta portando avanti un progetto di ricerca sui volontari italiani che presero parte alla guerra civile.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Acciai >

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