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I. Articoli
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La satira e la storia delle emozioni. Una relazione privilegiata?

Dario Pasquini

Abstract

L’articolo passa in rassegna alcune interpretazioni della satira offerte da differenti discipline. Inoltre formula l’ipotesi che i testi satirici (verbali o visuali) offrano testimonianze particolarmente utili per ricostruire le emozioni relative a un certo periodo storico e a un certo contesto. Tale ipotesi è corredata da esempi raccolti nell’ambito di una ricerca dell’autore sulla stampa satirica e da altri tratti dall’attualità. Gli esempi citati includono articoli e vignette di giornali satirici degli anni Quaranta: il milanese «Il Bertoldo» e il berlinese «Ulenspiegel». Vengono analizzati inoltre alcuni commenti espressi sul web dai lettori di quotidiani on-line in relazione alla recente querela presentata da Benedetto XVI contro il giornale satirico tedesco «Titanic».

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Termini di indicizzazione

Parole chiave:

satira, storia, ironia, emozioni, stampa
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Testo integrale

1Con il presente saggio s’intende passare in rassegna alcune interpretazioni della satira offerte da differenti discipline. Si proporrà inoltre un’analisi del valore dei testi satirici (verbali o visuali) come fonti storiche. A questo proposito, sosterremo che i testi satirici offrono testimonianze particolarmente utili per ricostruire le emozioni relative a un certo periodo storico e a un certo contesto. Al contempo si cercherà di rafforzare questa ipotesi corredandola con esempi raccolti durante la nostra attività di ricerca sulla stampa satirica e con altri tratti dall’attualità.

1. La satira tra morale ed emozioni

2Fra gli anni Cinquanta e Sessanta alcuni influenti studi di critica letteraria hanno messo l’accento sul giudizio morale più o meno implicito in qualsiasi composizione satirica. Ronald Paulson, che appartiene a questa generazione di classici, ha scritto ad esempio che

  • 1 PAULSON, Ronald, The Fictions of Satire, Baltimora, The Johns Hopkins Press, 1967, p. 4.

la satira imita, presenta, esplora, analizza il male [...] ma deve al tempo stesso (1) rendere conscio il lettore di un dito puntato, di un dover e un non dovere, che si riferisce, al di là della pagina, alla sua propria vita o (e questo non è sempre la stessa cosa) (2) prendere una posizione morale, giudicare e collocare o distribuire un rimprovero1.

  • 2 Ibidem, p. 9.
  • 3 Ibidem, p. 15.
  • 4 GRIFFIN, Dustin, Satire. A Critical Reintroduction, Lexington, University Press of Kentucky,1994, p (...)

3Paulson sottolinea inoltre l’aspetto “negativo” della satira, cioè il suo soffermarsi più sul “male” che sul “bene” della nostra realtà2 nonché la cura degli autori satirici a sollecitare nel pubblico non tanto sentimenti quanto decisioni ed energia per l’azione3. Tale approccio è stato più recentemente criticato per non aver rivolto una maggiore attenzione alle sfumature. Si è notato ad esempio, in riferimento alla letteratura, che il piacere del lettore di satira non consiste tanto nel capire «qual’è il bene o il male» quanto nel «notare [...] le strane somiglianze fra il vizio [...] e la virtù». Lo scopo dell’autore satirico inoltre non sarebbe tanto «conquistare il pubblico per la sua acutezza morale» quanto «per la brillantezza del suo umorismo» e per la sua «forza retorica»4.

  • 5 SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexten. Theoretische Überlegungen zu einer semiotisch ori (...)
  • 6 Ibidem, p. 11 e 142.
  • 7 Ibidem, p. 10.
  • 8 Ibidem, p. 143.

4Da una prospettiva semiotica Klaus Schwind ha individuato due principali caratteristiche costitutive della satira che risultano abbastanza simili a quelle elencate da Paulson, e cioè l’indicazione di una norma e la presenza di un atteggiamento aggressivo5. Al contrario di Paulson però, egli ritiene che la satira abbia molto a che fare con i sentimenti e cioè abbia una qualità emozionale comune a tutti «i processi di costituzione estetica del significato» e non tanto una componente morale6. Le emozioni hanno infatti un ruolo centrale nel processo che Schwind ritiene «condizione imprescindibile» perché la satira sortisca un effetto e che prevede che il pubblico “accetti” il testo satirico, e cioè sia pronto a, e in grado di, instaurare relazioni fra il testo satirico e la realtà7. Per spiegare come concretamente questa qualità emozionale della satira venga attivata, Schwind fa ricorso al termine psicanalitico di Besetzung (letteralmente “occupazione” ma spesso tradotto in italiano con “investimento”), che descrive la «quantità di energia psichica» collegata da un soggetto a un certo oggetto o parola durante la produzione o ricezione di un testo8. Nonostante chi scrive ritenga che Schwind abbia ragione a sottolineare una certa qualità emozionale della satira, la sensazione è che egli non colga pienamente nel segno, e non solo a causa della terminologia sopra riportata con la quale egli basa queste sue argomentazioni.

5A nostro giudizio la satira ha una speciale qualità emozionale, che per molti versi la distingue nettamente da altre forme di comunicazione, almeno per due motivi. Innanzitutto perché un ingrediente fondamentale della satira è l’ironia, i cui meccanismi, come vedremo fra poco, si prestano particolarmente a provocare una sensazione di stupore e di divertimento. In secondo luogo, perché la satira, data la sua componente aggressiva, si serve spesso di immagini di abbassamento e ribaltamento che posseggono una rilevante carica emotiva legata all’indignazione e al ribrezzo, specialmente quelle dove appare l’esposizione di parti sessuali, di escrementi o di sporcizia.

  • 9 I linguisti Viktor Raskin e Salvatore Attardo hanno formulato una “teoria generale dell’umorismo” b (...)
  • 10 ATTARDO, Salvatore, A primer for the linguistics of humor, cit., pp. 122-123.
  • 11 A questo proposito cfr. PAULSON, Ronald, The Fictions of Satire, cit., nella cui trattazione il com (...)
  • 12 COLEBROOK, Claire, Irony, London, Routledge, 2004, p. 17.
  • 13 Ibidem.
  • 14 Più recentemente è stato presentato nell’ambito dello stesso filone di ricerca uno studio in cui si (...)

6Per prima cosa è bene cercare di capire cosa sia specificamente l’ironia e il suo rapporto con le emozioni. Recenti studi suggeriscono che essa si basi su un meccanismo linguistico di opposizione fra due script (o frame) fra loro “incongrui”. Il primo costituito da una situazione definibile come neutra e il secondo deputato a opporsi alla situazione precedente disilludendo le aspettative del fruitore e creando una situazione di tipo nuovo9. Anche quella che d’ora in poi chiameremo “comicità” funziona secondo un meccanismo simile, tuttavia mentre essa mira sempre a suscitare il riso, l’ironia non insegue sempre questo effetto10: pensiamo al Giulio Cesare di Shakespeare e all’insistenza con cui Ottaviano nella sua celebre allocuzione ripete «Ma Bruto è un uomo d’onore» mentre la sua intenzione è di convincere il pubblico proprio del contrario. A sua volta, se l’ironia è una necessaria componente della satira, la comicità non lo è11. Ad esempio nella Modesta Proposta di Johnatan Swift la voce narrante espone con tono pacato e con stile argomentativo l’idea di risolvere il problema della povertà in Irlanda attraverso il cannibalismo. Come è stato notato «noi capiamo se una parola viene usata ironicamente grazie al contesto», «abbiamo convenzioni stabili e [...] cerchiamo delle ragioni, come l’ironia, quando di quelle convenzioni ci si fa beffa»12. Nonostante nel testo di Swift non appaia nulla che ci riveli esplicitamente che ciò che si sostiene non deve essere preso seriamente, «proprio il fatto che la sua posizione sia così discutibile ci forza a leggerla come ciò che non appare sostenere»13. Alla base dello stupore, ed eventualmente del divertimento, suscitato dalla satira di matrice ironica o comica sembra dunque esserci la sopra citata opposizione linguistica (o iconica14) che provoca un risultato inaspettato.

  • 15 Ibidem, pp. 9-10.
  • 16 PAULSON, Ronald, The Fictions of Satire, cit., p. 16.

7Esaminiamo ora il secondo elemento di portata emotiva che si è definito caratteristico del discorso satirico, ovvero quello delle immagini di abbassamento e ribaltamento. Paulson ritiene che «la corruzione di un ideale» o «la degenerazione di una norma» siano un «caratteristico artifici[o] attraverso cui l’autore satirico esprime il suo argomento»15. In particolare, “una grande quantità di impurità», «un certo disgusto, un certo coinvolgimento fisico del lettore è sempre necessario» complemento del discorso satirico16.

  • 17 Cfr. BACHTIN, Michail, L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tra (...)
  • 18 Ibidem, p. 16.
  • 19 Ibidem.
  • 20 GUREVICH, Aaron, Bachtin and his Theory of Carnival, in BREMMER, Jan, ROODENBURG, Herman (a cura di (...)
  • 21 Ibidem, p. 57.

8L’idea base del celebre saggio di Mikhail Bachtin su L’opera di Rabelais e la cultura popolare è quella che il «riso carnevalesco» e «popolare» produca una rigenerazione attraverso un’azione di abbassamento e di rovesciamento17. È interessante che questo tipo di comicità venga da Bacthin contrapposto a ciò che egli definisce il «riso puramente satirico dell’epoca moderna»18. Da una parte si avrebbe quindi una comicità positiva e inclusiva, dall’altra un «riso negativo», in cui «l’autore puramente satirico [...] si pone al di fuori dell’oggetto della sua derisione, vi si contrappone»19. Ora, è stato notato che il riso della «cultura popolare» di Bachtin oltre a essere «poco felice» perché troppo vago», è «storicamente scorretto»20 perché nella storia reale «riso e gioia vanno mano nella mano con l’odio e la paura» e «dunque è molto difficile estrarre un sentimento da un molto più comprensivo e complesso sistema di sentimenti ed emozioni delle persone»21.

  • 22 Ibidem.

9A ben vedere, il severo giudizio di Bacthin nei confronti della satira «moderna» però non nega che questa si serva di strumenti simili a quelli della cultura carnevalesca da lui descritta. Piuttosto, è la posizione dell’autore satirico che è in qualche modo fondamentalmente diversa da quella assunta da chi partecipa del riso carnevalesco medievale. Paulson intende forse qualcosa di simile quando parla di un necessario «distacco» del pubblico e dell’autore dall’oggetto del bersaglio satirico, affinché messo «il naso nello sporco» non «ci si perda nell’orrore»22.

  • 23 QUINTERO, Ruben, Introduction: Understanding Satire, in ID. (a cura di), A Companion to Satire, Mal (...)
  • 24 Cfr. ORING, Elliott, Engaging humor, Urbana, University of Illinois Press, 2003.

10A questo proposito è opportuno accennare al problema dei limiti della satira, che viene spesso posto attraverso la celebre affermazione di Karl Kraus: «Su Hitler non mi viene in mente niente». Recentemente si è sostenuto che «Hitler come mostro del genocidio non può essere smascherato e satirizzato» perché il male oggetto della satira deve essere «correggibile» e non un male assoluto. Così Hitler dovrebbe essere «umanizzato» per essere passibile di un attacco satirico23. Questa riflessione sul male (o il bene) assoluto come immuni alla satira è interessante, ma posta in modo errato: ritenere Hitler un mostro inumano costituisce una demonizzazione che banalizza il nazismo. Essa inoltre non ci deve far dimenticare che il nostro supposto male assoluto può essere alquanto relativo. È stato ad esempio pubblicato uno studio in cui si presentano vignette di neonazisti statunitensi il cui scopo era attaccare ebrei e afroamericani divertendo il proprio pubblico attraverso la rappresentazione di omicidi ed esecuzioni di massa24.

2. Le emozioni nelle fonti satiriche

  • 25 Per la metodologia della storia delle emozioni cfr. REDDY, William, The Navigation of Feeling. A Fr (...)
  • 26 PAVLOSKIS-PETIT, Zola, Irony and Satire, in QUINTERO, Ruben (a cura di), A Companion to Satire, cit (...)
  • 27 Durante la sua collaborazione al giornale satirico conservatore Il Travaso, Furio Scarpelli aveva m (...)
  • 28 ROSENWEIN, Barbara, Emotional Communities in the Early Middle Ages, cit., p. 27.

11La storia delle emozioni si sforza di individuare parole e forme di rappresentazione visiva che possano essere espressione di emozioni (ad esempio di disgusto, paura, rabbia, affetto) e al contempo possano a loro volta averne veicolate25. Verbi come “scandalizzarsi” o “odiare”, aggettivi come “rispettabile” o “orribile” sostantivi come “fede” o “disprezzo” utilizzati dagli autori satirici o dal loro pubblico in relazione a un certo tema sono in questo senso non solo rivelatori di un certo atteggiamento emotivo nei confronti dell’argomento in questione ma possono aver anche contribuito a modificare quello stesso atteggiamento. L’autore satirico in qualche modo «si confida con noi»26 perché ci informa sempre su una posizione che assume. Tuttavia è difficile dire quanto egli sia sincero e quanto segua strategie politiche e comunicative. Nella stampa satirica italiana dell’immediato dopoguerra ad esempio, i direttori dei giornali spesso commissionavano le vignette ai disegnatori, i quali potevano eseguirle senza esserne i veri ideatori, anche se potevano rifiutarsi di trattare specifici temi particolarmente “politici” con cui si trovavano in disaccordo con la linea del giornale27. Il solo fatto che alcune espressioni connotate emotivamente e non altre siano state scelte è però di per sé significativo per lo storico28.

  • 29 Si veda in proposito il pionieristico studio di Freedberg che si concentra sulle reazioni emotive a (...)
  • 30 Per il rapporto fra le emozioni e le immagini cfr. FREVERT, Ute, SCHMIDT, Anne, «Geschichte, Emotio (...)

12Nel caso delle rappresentazioni visive le cose si complicano perché è più difficile individuare elementi di un’immagine come appartenenti a una o un’altra sfera emotiva. Tuttavia, ciò è in molti casi possibile, come hanno ad esempio dimostrato i lavori di David Freedberg29. C’è da dire inoltre che gli studi sulla storia delle emozioni hanno finora trascurato le immagini, concentrandosi sul potere dei testi verbali di suscitare emozioni30. Chi scrive ritiene che alcune immagini esprimano e allo stesso tempo veicolino emozioni simili a quelle che vengono coinvolte in frasi come “io disprezzo”, “io provo disgusto / orrore / rispetto / affetto”.

  • 31 Ho presentato i contributi dei giornali satirici citati nella mia tesi di dottorato, cfr. PASQUINI, (...)
  • 32 Sul termine “pedagogia emotiva” cfr. l’originale discussione metodologica in GOULD, Deborah B., Mov (...)

13La questione che sorge è, a questo punto, quella delle modalità con le quali poter rintracciare concretamente le manifestazioni di emozioni nelle fonti satiriche. Come si è anticipato, importanti testimonianze possono fornirle i testi satirici stessi. Un esempio interessante ai fini del nostro ragionamento proviene dalle emozioni riscontrabili in Italia nel discorso satirico successivo al 25 luglio 194331. Gli articoli e le vignette pubblicate nelle giornate immediatamente successive alla deposizione di Mussolini su un periodico di successo come «Il Bertoldo» sono improntati a una sorta di pedagogia emotiva32 rivolta verso il pubblico di lettori e tradiscono un significativo risentimento verso gli antifascisti, un sentimento di paura verso le reazioni che la caduta del fascismo aveva scatenato ma anche un certo sollievo per la libertà riacquistata che al contempo viene però vissuta come una minaccia.

14Un articolo pubblicato nell’agosto 1943 esprime questo tono polemico verso l’antifascismo. In forma di dialogo Bertoldo, parlando al suo consueto interlocutore, il Granduca Trombone, dichiara che la sua

  • 33 BERTOLDINO & C., «Bertoldo», in Bertoldo, 27 agosto 1943.

povera parola, nata in tempi difficili allorché era delitto e rischio satireggiare il triste costume contro il quale oggi è sì facile tuonare, troverà tempi ancora più difficili e dolorosi. Ma non per questo tacerà33.

  • 34 Il richiamo a non «abusar[e]» della libertà ritorna nella vignetta «Alle nuove generazioni», in Gue (...)
  • 35 MOSCA, «Informazioni», in Bertoldo, 27 agosto 1943.

15Dopo la caduta del fascismo si erano levate infatti «mille voci» che gridavano «giustizia», ma «non sì limpidamente da non stornare del tutto il sospetto di demagogia». Ad esempio la voce dell’ex presidente del Consiglio del prefascismo Nitti era tornata «a levarsi», «stranamente piena di nobili sentimenti d’italianità che ove fossero stati sentiti e adoperati quando occorreva, avrebbero potuto impedire l’avvento del fascismo». Altre voci si erano levate a «fascisticamente [sic] pretendere posti e cariche». Questo faceva concludere che «se è caduto il fascismo non è morto ancora lo stile fascista, e molto tempo ci vorrà ancora perché muoia. Cambiano i tempi, le camicie e i distintivi ma non cambiano gli uomini». Si erano levati in questi giorni «mille progetti [...] mille consigli, mille imposizioni»: «possiamo davvero esser sicuri che nessun personalismo ci sia dentro, che nessun risentimento li anima, che d’ogni vendetta siano alieni?». La ricetta del «Bertoldo» era dunque quella di «salvare quei beni che nessuna sciagura ci può togliere [...], l’onestà, la buona volontà, il rispetto reciproco, la carità di patria» affinché «c’impediscano di ricominciare ad addentarci e a combatterci in nome di una libertà male intesa e di abbandonarci nuovamente alla violenza dalla quale altro non potrebbe sorgere che una nuova, odiosa dittatura»34. Le voci che si erano levate contro il fascismo non erano dunque limpide, secondo il «Bertoldo». Lo stile del postfascismo risultava contaminato da quello del fascismo. Ma il fascismo non era stato solo stile poiché dalla rovina di esso si potevano «salvare» dei «beni morali» che potevano valere anche per il presente. Nella vignetta accanto all’articolo35 una serie di persone sono rappresentate in coda allo sportello di un ufficio informazioni e chiedono all’addetto: «Scusate, la libertà di pensiero ce l’abbiamo. Ora vorremmo un pensiero». Il collegamento con l’articolo è, certo, non esplicito tuttavia l’idea che sembra sorreggere entrambi è che il fascismo avesse uno stile deleterio presto preso a modello dagli antifascisti, ma anche un pensiero degno di questo nome, che appariva nient’affatto, o almeno non solamente, disprezzabile.

  • 36 BERTOLDINO & C., «Bertoldo», in Bertoldo, 3 settembre 1943.
  • 37 Cfr. ad esempio la vignetta di MANZONI, «Piena giustificazione», in Bertoldo, 10 settembre 1943. Su (...)
  • 38 Cfr. la vignetta di MOSCA, «La raccolta delle divise fasciste», in Il Bertoldo, 3 settembre 1943.

16Questo non vuol dire che il giornale milanese non mostrasse di voler anche stigmatizzare il fascismo. In un altro dialogo infatti Bertoldo, rivolgendosi al Granduca, dice di rallegrarsi delle «piccole libertà» di cui la caduta del fascismo permetteva di godere. A cominciare dal colore della cravatta, che ora poteva essere rosso senza timore di fraintendimenti, ma anche dal fatto che ora nei vicini, nei parenti e negli amici non si doveva più temere di vedere «una spia» e che non si doveva più «tremare alla vista della polizia», a meno di non aver compiuto un delitto. Caduto il fascismo si poteva leggere Benedetto Croce, tuffarsi «nell’acqua del mare senza dover rivolgere pensieri di gratitudine a un regime» e dire che «anche in Italia la grandine è dannosa»36. La vera dignità, questa la posizione del «Bertoldo» post 25 luglio, però non risiedeva nell’essere antifascisti, ma nel tener fede a un bagaglio culturale coerente che era transitato indenne sotto il fascismo e continuava nel presente. L’indegnità era altrove, ad esempio, come abbiamo visto, in molti antifascisti e nel loro stile. Oppure nei fascisti arricchitisi illecitamente, contro cui «Bertoldo» non lesinò gli attacchi in questo periodo37. E negli ebrei38. Attraverso i contributi che abbiamo analizzato «Il Bertoldo» insomma cercava di incanalare la rabbia che percepiva in una parte dell’opinione pubblica nei confronti del regime verso un sentimento meno aggressivo, raccomandando moderazione e senso di dignità e al contempo additando come disonorevoli, vigliacchi e minacciosi per il futuro i comportamenti di chi festeggiava la fine del fascismo adottando, questa la prospettiva del giornale, uno stile caratteristico del ventennio.

  • 39 Sulla definizione di comunità emotiva cfr. ROSENWEIN, Barbara, Emotional Communities in the Early M (...)
  • 40 Sui valori di riferimento e sull’orientamento politico della stampa satirica del periodo mi permett (...)

17Fin qui si è fatto cenno alle emozioni riscontrabili nel discorso satirico senza specificare se si intenda quelle degli autori satirici o anche quelle del pubblico di lettori che attorno alla stampa satirica gravitava. In effetti, una serie di indicatori come i livelli di tiratura delle testate o i temi e lo stile ricorrenti nelle pagine di questi giornali ci dicono che la maggior parte degli autori e del pubblico della stampa satirica del periodo dovevano appartenere a una stessa «comunità emotiva»39. Questa era costituita da chi aveva vissuto sotto il fascismo condividendo una serie di valori come il rispetto delle regole e il culto della patria nell’ambito di una moderata adesione al regime e temeva ora di ritrovarsi improvvisamente bersaglio di una furia epuratrice40. Tuttavia, per stabilire come, di volta in volta, una certa parte dei lettori abbia reagito sul piano emotivo a specifiche pubblicazioni o iniziative dei giornali satirici bisogna ricorrere a differenti indicatori come le lettere di protesta pubblicate, le polemiche giornalistiche, i diari personali o alcune iniziative pubbliche come le querele, le interrogazioni parlamentari o i provvedimenti disposti dalle autorità nei confronti delle testate.

  • 41 «Rassenstolz», in Ulenspiegel, 4, febbraio 1946.

18La polemica scoppiata all’inizio del 1946 fra i lettori e la redazione dell’ «Ulenspiegel», una testata satirica di orientamento comunista pubblicata in quella che sarebbe diventata Berlino Ovest, può essere utile per approfondire questo nostro discorso. Dopo che il giornale ebbe riprodotto nel suo quarto numero un dipinto di Georg Kinzer (figura 1), commentandolo con la dicitura Orgoglio di razza: «Nella camicia non sono da pranzo di gala, ma almeno sono di vero sangue tedesco! »41, ci furono numerose proteste dei lettori tanto che in un numero successivo il giornale si vide costretto a fornire delle spiegazioni.

Figura 1

Figura 1

Georg Kinzer, Donna allo specchio, 1932, Haggerty Museum, Milwaukee. Una foto del dipinto venne pubblicata nel febbraio 1946 sull’“Ulenspiegel” con la dicitura: Orgoglio di razza. “Nella camicia non sono da pranzo di gala, ma almeno sono di vero sangue tedesco!”.

  • 42 ULENSPIEGEL, «Erklärung», in Ulenspiegel, 6, marzo 1946.

19Un articolo firmato «Ulenspiegel» notava che la donna ritratta da Kinzer era «brutta» e che il pittore ne aveva «sottolineato la bruttezza». Il giornale dichiarava poi di aver pensato di sostituire la didascalia che era stata apposta sotto alla foto del dipinto con un «testo che riteniamo migliore» e cioè: «Nella camicia non sono da pranzo di gala, ma un ariano rimane un ariano! » quando però ormai il giornale era andato in stampa42. L’immagine e il testo pubblicato avevano indotto «alcuni lettori a scriverci». Secondo questi «la rappresentazione costituirebbe un dileggio della donna tedesca, della ragazza tedesca e inoltre ferirebbe il buon gusto e per giunta sarebbe un esempio di arte degenerata». La risposta del giornale a questa reazione di alcuni lettori era tuttavia per nulla conciliante:

Noi ci stropicciamo gli occhi, perché ci sembra di sognare. Quindi riflettiamo e realizziamo di ritrovarci in mezzo alla realtà e constatiamo che in Germania ci sono due realtà: quella dei nostri avversari e la nostra.

20Per quanto riguarda l’accusa di aver offeso la donna tedesca il giornale continuava:

Noi siamo tedeschi e abbiamo mogli e figlie tedesche, che amiamo. Sì, volevamo offendere, volevamo offendere in maniera letale addirittura. Volevamo offendere le donne e le ragazze tedesche che immaginano che una donna tedesca abbia maggior valore rispetto a una donna inglese o francese o ebrea. Volevamo offendere le donne tedesche maniache della razza e con loro anche gli uomini tedeschi che danno fiato alle stesse disarmoniche trombe della razza. Noi volevamo offendere chi aderisce all’idea dei tedeschi come uomini-signori e con questo all’hitlerismo e con questo all’assassinio per la sicumera della razza, e con questo alla mancanza di pietà, e con questo a Lidice, a Katyn e a Buchenwald. Noi dichiariamo espressamente e serenamente che non la smetteremo di aggredire la barbarie dell’essere meglio dell’altro, laddove quando e come se ne presentino le possibilità.

21Nell’ambito di questa polemica fra il giornale e alcuni lettori due aspetti appaiono particolarmente significativi. Prima di tutto la questione della razza. Anche se purtroppo non conosciamo il testo delle lettere inviate dai lettori al giornale, dalle espressioni utilizzate dal giornale per descriverne il contenuto («dileggio», «offendere», «ferire») si può dire che la vicenda dimostri come il razzismo fosse un tema sensibile anche per il pubblico di una testata filocomunista come «Ulenspiegel», capace di provocare reazioni indignate, rabbia e umiliazione. D’altra parte, gli stessi redattori del periodico si mostrano stupiti e amareggiati dalla reazione di una parte del loro pubblico. Il bersaglio satirico del giornale è il razzimo nazista. La donna ritratta è lontana dalla perfezione propagandata dal regime: la sua pesantezza e le sue forme sgraziate vengono contrapposte ironicamente al titolo «orgoglio di razza» e al riferimento al «sangue tedesco» provocando l’opposizione incongrua nonché l’abbassamento e il ribaltamento di cui abbiamo parlato. In questo caso non ci sono immagini particolarmente imbarazzanti o repellenti, tuttavia l’immagine stessa della donna trasforma il senso della parola «orgoglio» riportata nella didascalia in qualcosa di simile a “disgusto”.

  • 43 Sul ruolo delle donne nel nazismo cfr. ad esempio la polemica fra G. Bock e C. Koonz sulla rivista (...)

22In secondo luogo, per attaccare il razzismo, esplicitamente giudicato come ancora presente nella società tedesca, il giornale ha scelto come bersaglio una donna. Una particolarità delle rappresentazioni del nazismo nei giornali satirici tedeschi riguarda proprio il genere femminile. Nella Germania dell’immediato dopoguerra la donna, a differenza che in Italia con le rappresentazioni del fascismo, venne spesso esplicitamente associata al nazismo e rappresentata come la base imprescindibile del consenso al regime. Lo stesso «Ulenspiegel» ad esempio portò avanti una sorta di campagna contro una tipologia di donna, da esso denominata «Frau Damals», cioè «Signora A quei tempi», che mostrava nostalgia per i tempi del nazismo. Bisogna notare che, rispetto alle donne italiane, alle tedesche venne riconosciuto il diritto di voto già nel 1919, sotto la repubblica di Weimar. Il loro comportamento elettorale prima dell’andata al potere di Hitler, nonché il loro ruolo durante il nazismo hanno suscitato negli ultimi decenni controversie anche aspre43. Detto questo, è probabile che rappresentazioni come quella della figura 1, dove è una donna ad essere accostata al nazismo, costituiscano delle reazioni, di origine maschile, al dibattito sulla colpa del nazismo affermatosi nell’immediato dopoguerra in Germania occidentale, anche in conseguenza della pubblicazione, da parte degli Alleati, di foto dei campi di concentramento nazisti e della celebrazione del Processo di Norimberga.

23Sempre a proposito delle reazioni del pubblico alla satira, compiendo un salto temporale, possiamo notare come i nuovi media offrano agli studiosi testimonianze personali di una ricchezza fino a un decennio fa insperata.

  • 44 La traduzione letterale di «undichte Stelle» è il «punto permeabile, che perde liquido», ma vuol di (...)
  • 45 KÜHN, Oliver, «Papst gegen “Titanic”», in Frankfurter Allgemeine Zeitung [on-line], URL: < http://w (...)
  • 46 Commento dell’utente W. all’articolo «Papst erzwingt einstweilige Verfügung gegen “Titanic”», in ww (...)
  • 47 Commento dell’utente W. S. B. all’articolo KÜHN, Oliver, «Papst gegen “Titanic”», in Frankfurter Al (...)
  • 48 Commento dell’utente G. R. all’articolo KÜHN, Oliver, «Papst gegen “Titanic”», cit.

24Recentemente, ad esempio, la notizia di una querela da parte di Benedetto XVI contro il settimanale tedesco «Titanic» a seguito di una pubblicazione satirica che lo riguardava, ha provocato nel pubblico di alcuni quotidiani in rete una moltitudine di commenti connotati emotivamente. Il fotomontaggio satirico “incriminato” raffigura Benedetto XVI con la tunica chiazzata di giallo e di marrone a causa di un attacco d’incontinenza mentre annuncia trionfante che è stata trovata «la fonte della fuga di notizie»44. Uno studio legale tedesco ha, su incarico del papa, citato in tribunale il giornale per aver violato la libertà personale del pontefice. A «Titanic» il tribunale ha quindi ordinato di rimuovere l’immagine dal proprio sito web e di non mettere in commercio ulteriori copie del numero contenente il fotomontaggio45. Scorrendo i commenti di alcuni lettori sui siti web di due fra i maggiori quotidiani tedeschi i riferimenti emotivi che ricorrono più spesso sono quelli al disprezzo, al disgusto e alla rabbia. L’utente W. sul sito web della progressista «Süddeutsche Zeitung», ad esempio, esprime «pietà» verso il «Titanic», perché «il livello di questa copertina fa venire in mente gli scherzi non compresi [...] di ragazzini in pre-pubertà. Non è né divertente né ironica [...] ma solo umiliante»46. Simile il commento dell’utente W. S. B. sul sito web della conservatrice «Frankfurter Allgemeine Zeitung». Egli sostiene che «la copertina dell’ultimo «Titanic» non ha niente a che fare con una battuta o con l’umorismo ma si tratta solo di una manifestazione di disprezzo verso un essere umano»47. Nell’opinione dell’utente G. R. sullo stesso sito, si nota una reazione più positiva. Egli parla di copertina «certo maligna se non disgustosa, dipende dal gusto» concludendo che tuttavia «la maliziosa franchezza fa parte della definizione di satirico»48

3. La satira e il suo pubblico

  • 49 Cfr. SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexten, cit., p.133.

25Come si è visto, l’autore satirico prendendo una posizione aggressiva stabilisce una relazione fra se stesso, il pubblico e il suo bersaglio. Egli cerca inoltre di definire i limiti di una più o meno inclusiva comunità di riprovazione. Il successo di questo tentativo non è però affatto garantito e proprio gli ultimi esempi citati ci mostrano come una questione fondamentale della satira riguardi il tipo di reazione che essa suscita nel pubblico. Innanzitutto bisogna esaminare due distinti elementi, che sono quello della comprensione e quello del consenso49. Non sempre l’autore di un messaggio riesce a farlo comprendere al proprio destinatario. Rispetto agli altri tipi di comunicazione, tuttavia, nel caso della satira, che come abbiamo notato ha come componente necessaria l’ironia, subentra un surplus di difficoltà logico-linguistica che bisogna tenere presente. La satira può diventare infatti qualcosa di elitario se non si possiedono alcune informazioni fondamentali sul contesto in cui essa agisce. È impossibile infatti capire una battuta che riguarda il carattere di un certo uomo politico se non lo si ha presente.

26Un caso diverso è quello del consenso alla satira, che prescinde dalla corretta comprensione di essa. Come attestano gli esempi citati, il consenso negato può manifestarsi nel caso dei giornali satirici in lettere e commenti di protesta, ma anche nel licenziamento del direttore da parte dell’editore o in censure poste dalle autorità fino alla soppressione della testata. Scegliendo i temi da trattare e lo stile da adottare, l’autore satirico deve dunque instaurare e salvaguardare una complessa sintonia fra questi e il suo pubblico, se vuole guadagnarsene il favore senza rischiare conseguenze anche serie.

  • 50 Cfr ad esempio PAULSON, Ronald, The Fictions of Satire, cit., pp. 20-31.

27Naturalmente non tutti i testi satirici suscitano reazioni indignate di parte del pubblico perché non tutti sono pungenti allo stesso modo. L’autore satirico può infatti condannare con ribrezzo un atteggiamento ritenendolo proprio di un certo individuo o di un certo gruppo ben distinto da quello cui ritiene di appartenere: è questa la caratteristica tradizionalmente ascritta alla satira di Giovenale. Ma può anche indicare un comportamento sbagliato comune a tutti e riderne esortando a migliorare se stessi, un tratto che la critica attribuisce alla satira oraziana50.

  • 51 SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexten, cit., p. 130.
  • 52 Cfr. a questo proposito il classico saggio di ELLIOTT, Robert C., The Power of Satire. Magic, Ritua (...)
  • 53 SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexkten, cit., p. 124.
  • 54 TEST, George A., Satire, cit., p. 10.

28Inoltre, nel testo satirico, ancor più che in molti altri tipi di testo, al pubblico viene assegnata, più o meno intenzionalmente una funzione creativa. Lasciando dei «buchi»51 da riempire la satira può servirsi del detto e del non detto per permettersi allusioni che in altri contesti si sarebbe più difficilmente disposti a proporre. Forse è proprio questa generale ambiguità della satira, il suo oscillare agevolmente fra l’invettiva più aspra e la comicità più volgare ad aver stimolato un esteso dibattito sul suo presunto speciale potere, un dibattito che si è esteso a considerare anche le componenti magiche attribuite dalle persone a figure in qualche modo assimilabili agli autori di satira, come i bardi52. Si può nutrire dello scetticismo nella possibilità che la satira convinca il bersaglio colpito a “migliorarsi”53. Però essa ha certamente la capacità di “insozzarlo”, cioè di delegittimarlo, di detronizzare chi è al potere ma anche di infierire su chi è già nella polvere. Questo da una parte rende la satira uno strumento fondamentale della libertà d’espressione ma spiega anche il fatto che essa abbia servito ogni sorta di padroni54. La satira insomma può colpire sia all’esterno che all’interno della comunità: solo il primo tipo di satira può essere tollerato da un regime totalitario, a meno di non utilizzarlo per colpire nuovi nemici da espellere

Conclusioni

  • 55 In questo seguo ROSENWEIN, Barbara, Emotional Communities in the Early Middle Ages, cit., passim.
  • 56 Cfr. REDDY, William, The Navigation of Feeling, cit., passim.

29Durante il nostro discorso abbiamo incontrato emozioni come lo stupore, il divertimento, la rabbia e il disgusto. Sebbene quasi tutti gli esseri umani abbiano una potenzialità emotiva, le emozioni sono perlopiù determinate culturalmente, dipendono cioè in larga misura dal contesto, dal periodo storico e anche dal tipo di «comunità emotiva» nell’ambito della quale esse vengono espresse55. Il contributo principale che la storia delle emozioni ha fornito negli ultimi anni alla comunità scientifica consiste probabilmente nell’aver chiarito come i testi, verbali o visuali, contenenti emozioni abbiano un carattere «performativo». Il solo fatto cioè di nominare o rappresentare un’emozione provoca un cambiamento nella realtà56. Questo vale anche per i giornali satirici che abbiamo analizzato, che esprimono emozioni e al contempo le veicolano. Anzi, attraverso le interpretazioni della satira proposte da diverse discipline e con l’appoggio degli esempi citati abbiamo sostenuto addirittura che le fonti satiriche costituiscano una sorta di valore aggiunto per lo storico che intenda studiare le emozioni.

30La componente ironica, o comica, della satira, in un certo senso, pone tuttavia una sfida alle teorie della storia delle emozioni appena illustrate, perché un testo satirico può contenere un riferimento a un’emozione e al contempo sottintenderne un altro, opposto a quello espresso in modo più esplicito. Così, nell’esempio della figura 1, l’autore satirico accenna ironicamente all’«orgoglio» della donna rappresentata mentre l’emozione cui in realtà intende alludere è più simile al disgusto che la bruttezza della donna si vuole provochi. In questo caso l’effetto “performativo” del termine «orgoglio» è perlomeno controverso. Approcciando le fonti satiriche lo storico ha insomma a disposizione un “patrimonio emotivo” prezioso. Allo stesso tempo, però, in certi casi deve saper identificare emozioni che appaiono nel testo in una forma per così dire mimetizzata e che vengono implicitamente evocate grazie ai meccanismi linguistici dell’ironia e della comicità.

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Note

1 PAULSON, Ronald, The Fictions of Satire, Baltimora, The Johns Hopkins Press, 1967, p. 4.

2 Ibidem, p. 9.

3 Ibidem, p. 15.

4 GRIFFIN, Dustin, Satire. A Critical Reintroduction, Lexington, University Press of Kentucky,1994, pp. 38 e 71.

5 SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexten. Theoretische Überlegungen zu einer semiotisch orientierten Textanalyse, Tübingen, Gunter Narr, 1988, p. 69.

6 Ibidem, p. 11 e 142.

7 Ibidem, p. 10.

8 Ibidem, p. 143.

9 I linguisti Viktor Raskin e Salvatore Attardo hanno formulato una “teoria generale dell’umorismo” basandosi su una componente “minima” dell’umorismo verbale, i giochi di parole. Cfr. ATTARDO, Salvatore, A primer for the linguistics of humor, in RASKIN, Viktor (a cura di), The Primer of Humor Research, Berlin, Mouton de Gruyter, 2008.

10 ATTARDO, Salvatore, A primer for the linguistics of humor, cit., pp. 122-123.

11 A questo proposito cfr. PAULSON, Ronald, The Fictions of Satire, cit., nella cui trattazione il comico non costituisce una componente fondamentale della satira e SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexten, cit., p. 147.

12 COLEBROOK, Claire, Irony, London, Routledge, 2004, p. 17.

13 Ibidem.

14 Più recentemente è stato presentato nell’ambito dello stesso filone di ricerca uno studio in cui si propone in maniera convincente l’estensione del concetto di opposizione incongrua all’analisi dell’umorismo visivo, in particolare delle vignette umoristiche. Le vignette presenterebbero l’incongruenza non necessariamente in due fasi separate ma anche simultaneamente o attraverso la dialettica fra immagine e didascalia, HEMPELMANN, Christian F., SAMSON Andrea C., Cartoons: Drawn jokes?, in RASKIN, Viktor (a cura di), The Primer of Humor Research, cit.

Ibidem, pp. 615 e 618.

15 Ibidem, pp. 9-10.

16 PAULSON, Ronald, The Fictions of Satire, cit., p. 16.

17 Cfr. BACHTIN, Michail, L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Torino, Einaudi, 2001, pp. 14-15.

18 Ibidem, p. 16.

19 Ibidem.

20 GUREVICH, Aaron, Bachtin and his Theory of Carnival, in BREMMER, Jan, ROODENBURG, Herman (a cura di), A Cultural History of Humour. From Antiquity to the Present Day, Cambridge, Polity Press, 1997, pp. 55 e 58.

21 Ibidem, p. 57.

22 Ibidem.

23 QUINTERO, Ruben, Introduction: Understanding Satire, in ID. (a cura di), A Companion to Satire, Malden, Blackwell, 2007, p. 2.

24 Cfr. ORING, Elliott, Engaging humor, Urbana, University of Illinois Press, 2003.

25 Per la metodologia della storia delle emozioni cfr. REDDY, William, The Navigation of Feeling. A Framework for the History of Emotion, Cambridge, Cambridge University Press, 2010; ROSENWEIN, Barbara, Emotional Communities in the Early Middle Ages, Ithaca, Cornell University Press, 2006.

26 PAVLOSKIS-PETIT, Zola, Irony and Satire, in QUINTERO, Ruben (a cura di), A Companion to Satire, cit., p. 510.

27 Durante la sua collaborazione al giornale satirico conservatore Il Travaso, Furio Scarpelli aveva messo in chiaro che non avrebbe disegnato vignette contro i partiti di sinistra. Comunicazione orale di Furio Scarpelli all’autore.

28 ROSENWEIN, Barbara, Emotional Communities in the Early Middle Ages, cit., p. 27.

29 Si veda in proposito il pionieristico studio di Freedberg che si concentra sulle reazioni emotive alle immagini, FREEDBERG, David, Il potere delle immagini. Il mondo delle figure: reazioni e emozioni del pubblico, Torino, Einaudi, 1993.

30 Per il rapporto fra le emozioni e le immagini cfr. FREVERT, Ute, SCHMIDT, Anne, «Geschichte, Emotionen und die Macht der Bilder», in Geschichte und Gesellschaft, 37, 2011, dove si parafrasa il titolo del saggio di Freedberg, curiosamente senza citarlo.

31 Ho presentato i contributi dei giornali satirici citati nella mia tesi di dottorato, cfr. PASQUINI, Dario, Ansia di purezza. Il fascismo e il nazismo nella stampa satirica italiana e tedesca del dopoguerra (1944-1963), Roma, Viella, in corso di pubblicazione.

32 Sul termine “pedagogia emotiva” cfr. l’originale discussione metodologica in GOULD, Deborah B., Moving Politics. Emotion and ACT UP’s Fight Against AIDS, Chicago, The University of Chicago Press, 2009.

33 BERTOLDINO & C., «Bertoldo», in Bertoldo, 27 agosto 1943.

34 Il richiamo a non «abusar[e]» della libertà ritorna nella vignetta «Alle nuove generazioni», in Guerin Meschino, 8 agosto 1943.

35 MOSCA, «Informazioni», in Bertoldo, 27 agosto 1943.

36 BERTOLDINO & C., «Bertoldo», in Bertoldo, 3 settembre 1943.

37 Cfr. ad esempio la vignetta di MANZONI, «Piena giustificazione», in Bertoldo, 10 settembre 1943. Sul tema vedi anche il raccontino «Accertamenti», in Guerin Meschino, 29 agosto 1943.

38 Cfr. la vignetta di MOSCA, «La raccolta delle divise fasciste», in Il Bertoldo, 3 settembre 1943.

39 Sulla definizione di comunità emotiva cfr. ROSENWEIN, Barbara, Emotional Communities in the Early Middle Ages, cit.

40 Sui valori di riferimento e sull’orientamento politico della stampa satirica del periodo mi permetto di rimandare al mio saggio PASQUINI, Dario, «Tra il serio e il faceto. La stampa satirica italiana del dopoguerra (1944-1963)», in Italia Contemporanea, 262/2011, pp. 75-96.

41 «Rassenstolz», in Ulenspiegel, 4, febbraio 1946.

42 ULENSPIEGEL, «Erklärung», in Ulenspiegel, 6, marzo 1946.

43 Sul ruolo delle donne nel nazismo cfr. ad esempio la polemica fra G. Bock e C. Koonz sulla rivista Geschichte und Gesellschaft, KOONZ, Claudia, «Erwiderung auf Gisela Bocks Rezension von “Mothers in the Fatherland”», in Geschichte und Gesellschaft, 18/1992; BOCK, Gisela, «Ein Historikerinnenstreit?» in Geschichte und Gesellschaft, 18/1992.

44 La traduzione letterale di «undichte Stelle» è il «punto permeabile, che perde liquido», ma vuol dire anche la «gola profonda».

45 KÜHN, Oliver, «Papst gegen “Titanic”», in Frankfurter Allgemeine Zeitung [on-line], URL: < http://www.sueddeutsche.de/medien/katholische-kirche-gegen-satire-magazin-papst-wehrt-sich-gegen-titanic-titelblatt-1.1407822 > [consultato il 10 luglio 2012]. In seguito il pontefice ha ritirato la querela.

46 Commento dell’utente W. all’articolo «Papst erzwingt einstweilige Verfügung gegen “Titanic”», in www.sueddeutsche.de, URL: < http://www.sueddeutsche.de/medien/katholische-kirche-gegen-satire-magazin-papst-wehrt-sich-gegen-titanic-titelblatt-1.1407822 > [consultato il 10 luglio 2012].

47 Commento dell’utente W. S. B. all’articolo KÜHN, Oliver, «Papst gegen “Titanic”», in Frankfurter Allgemeine Zeitung [online], URL: < http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/einstweilige-verfuegung-papst-gegen-titanic-11815983.html > [consultato il 10 luglio 2012].

48 Commento dell’utente G. R. all’articolo KÜHN, Oliver, «Papst gegen “Titanic”», cit.

49 Cfr. SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexten, cit., p.133.

50 Cfr ad esempio PAULSON, Ronald, The Fictions of Satire, cit., pp. 20-31.

51 SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexten, cit., p. 130.

52 Cfr. a questo proposito il classico saggio di ELLIOTT, Robert C., The Power of Satire. Magic, Ritual, Art, Princeton, Princeton University Press, 1960 e, più recentemente, TEST, George A., Satire: Spirit and Art, Tampa, The University of Florida Press, 1991.

53 SCHWIND, Klaus, Satire in funktionalen Kontexkten, cit., p. 124.

54 TEST, George A., Satire, cit., p. 10.

55 In questo seguo ROSENWEIN, Barbara, Emotional Communities in the Early Middle Ages, cit., passim.

56 Cfr. REDDY, William, The Navigation of Feeling, cit., passim.

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Indice delle illustrazioni

Titolo Figura 1
Legenda Georg Kinzer, Donna allo specchio, 1932, Haggerty Museum, Milwaukee. Una foto del dipinto venne pubblicata nel febbraio 1946 sull’“Ulenspiegel” con la dicitura: Orgoglio di razza. “Nella camicia non sono da pranzo di gala, ma almeno sono di vero sangue tedesco!”.
URL http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/docannexe/image/2608/img-1.png
File image/png, 89k
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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Dario Pasquini, «La satira e la storia delle emozioni. Una relazione privilegiata?»Diacronie [Online], N° 11, 3 | 2012, documento 1, online dal 29 octobre 2012, consultato il 10 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/2608; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.2608

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Autore

Dario Pasquini

Dario Pasquini ha conseguito nel 2010 un dottorato di ricerca in Storia Contemporanea presso l’Università di Torino e la Freie Universität di Berlino (in “cotutela di tesi”). Fra il 2007 e il 2008 è stato Marie-Curie-Fellow presso l’Università di Bielefeld.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Pasquini >

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