Silvia C. Turrin, Il movimento della Consapevolezza Nera in Sudafrica, dalle origini al lascito di Stephen Biko
Silvia C. Turrin, Il movimento della Consapevolezza Nera in Sudafrica, dalle origini al lascito di Stephen Biko, Genova, Erga edizioni, 2011, 227 pp.
Testo integrale
Credits: Silvia C. TURRIN, Il movimento della Consapevolezza Nera in Sudafrica, dalle origini al lascito di Stephen Biko, Genova, Erga edizioni, 2011, 227 pp.
- 1 BIKO, Stephen, I write what I like, Oxford, Heinemann, 1987, cit. in TURRIN, Silvia C., Il moviment (...)
1«L’arma più potente nelle mani di un oppressore è la mente dell’oppresso»1.
2Così scriveva Stephen Biko negli anni 1970 e questo cerca di spiegare Silvia Turrin nel suo saggio sul Black Consciousness Movement.
3Turrin, laureata in scienze politiche, con un master in “Storia, didattica e comunicazione” e una carriera da giornalista ben avviata, si è avvicinata a questo tema quasi per caso, rimanendo affascinata dalla personalità di Nontsikelelo (Ntsiki) Biko, figlio maggiore di Steve e direttore della Stephen Biko Foundation.
4L’incontro con il figlio di Biko, avvenuto nel 2008, e la complessità del movimento per la Consapevolezza Nera, provocano in Turrin un forte desiderio di far conoscere all’Italia una figura, quella di Steve Biko, e un movimento – il BCM (Black Consciuosness Movement) – fondamentali per la storia sudafricana e per la lotta all’Apartheid, ma ancora sconosciuti al pubblico italiano.
5La chiave di lettura data da Turrin, uno dei maggiori punti di forza del suo testo, è senza dubbio l’aspetto psicologico giocato dal movimento di Biko sui suoi affiliati e sulle coscienze dei “neri” africani. La psicologia del movimento, declinata in tutte le sue forme, è il filo rosso che percorre e caratterizza tutto il libro, consentendo una maggiore e migliore comprensione delle azioni e del pensiero di Biko e dei suoi compagni di lotta.
6Il saggio, introdotto da una panoramica delle tappe salienti del fenomeno dell’Apartheid nel XX secolo, si suddivide in sei agili capitoli redatti con perizia e dovizia di particolari, in uno stile semplice ma accattivante che stimola il lettore alla lettura e all’approfondimento.
7Il capitolo primo presenta il quadro storico-politico che fa da premessa e presupposto al BCM. In queste pagine Turrin sottolinea come l’Apartheid non sia un’“invenzione” del secondo dopoguerra sorta ex nihilo, ma sia il risultato di un lungo processo di esclusione dei “neri” avviato già durante la seconda metà del XIX secolo e legittimato legalmente nel secolo successivo. In questo capitolo, fondamentale per capire la genesi della legislazione razzista e segregazionista del Novecento, l’autrice si sofferma sulla struttura e sulla legittimazione politico-legale dell’Apartheid.
8Il secondo capitolo, anch’esso propedeutico allo studio del BCM, tratta delle molteplici influenze ideologiche e culturali del Movimento. Dal lascito del primo ANC (African National Congress) e dall’africanismo di Lembede degli anni Quaranta si passa al panafricanismo e alle esperienze del socialismo africano di Julius Nyerere, fino ad arrivare – attraverso la tappa intermedia di Fanon e della sua psicologia degli oppressi – al Black Power e al Black Pride teorizzati da Malcolm X e Martin Luther King.
9Questo capitolo permette di osservare non solo le influenze endogene ed esogene – filosofiche, psicologiche, culturali e politiche – fatte proprie dal BCM e grazie a cui il BCM ha visto la luce, ma soprattutto permette di individuare, attraverso la dialettica sviluppatasi tra i membri del movimento, come il movimento per la Consapevolezza Nera sia stato in grado di elaborare un progetto e un’ideologia sudafricana del tutto innovativa.
- 2 Con Silent Sixties si intende il decennio degli anni Sessanta quando, a seguito dell’eccidio di Sha (...)
10Il terzo capitolo rielabora quanto detto in precedenza spiegando come il BCM sia nato e si sia sviluppato a partire dalla SASO (South African Students’ Organisation), l’organizzazione degli studenti “neri” che per prima, dopo i Silent Sixties2, ha ridato voce agli oppressi sudafricani elaborando e compiendo i primi passi ideologici e materiali per la Consapevolezza Nera.
11Scopo della SASO e del BCM era la liberazione psicologica dei “neri”, affinché ritrovassero la stima in sé stessi e la dignità che decenni di segregazione e l’eccidio di Sharpeville avevano annientato.
12SASO e BCM, grazie alla Black Consciousness, cercano di fornire ai “neri”, intendendo con “black” tutti coloro che erano oppressi dall'Apartheid – africani, indiani e coloured – uno strumento psicologico, ideologico, culturale e politico finalizzato al raggiungimento dell’ardua meta di trovare, o meglio ritrovare, se stessi al di fuori da ogni condizionamento e prescindendo dagli stereotipi eurocentrici o orientalisti.
13In altri termini la Black Consciousness diviene nelle intenzioni del BCM un mezzo per “costruire” un’identità nera in grado di compensare il peso dell’identità bianca, basata su un’ideale nazionale e razziale. Sebbene il BCM non voglia creare un’identità nazionale “classica”, molti spunti delle teorie nazionaliste e di costruzione della tradizione riemergono in questa esperienza di liberazione delle coscienze “nere”. Nondimeno, l’aspetto psicologico rimarrà sempre la chiave di volta dell’esperienza socio-politica del BCM: i membri ritenevano la liberalizzazione psicologica dei “neri” il necessario prerequisito per ottenere la libertà politica e i diritti civili.
14Chiude il capitolo una breve biografia di Steve Biko che consente di meglio interpretare il suo ruolo e l’importanza del suo apporto al movimento per la presa di coscienza dei “neri”.
15Se il terzo capitolo si conclude con il testo del Policy manifesto del luglio 1971, il documento che avvia la fase di attività politica del BCM, il quarto capitolo descrive dettagliatamente le diverse evoluzioni intraprese, sia a livello politico che economico, dal BCM durante gli anni Settanta sottolineando due dati fondamentali: l’interesse per la scuola e per l’educazione delle nuove generazioni inteso come mezzo necessario per creare una nuova coscienza positiva tra i “neri” scevra di tutte le bugie e gli stereotipi “bianchi” perpetrati dalla Bantustan education; i tentativi di creare progetti virtuosi (creazione di ospedali o costituzione di fondi di sostegno) volti a sostenere e aiutare le comunità oppresse.
16Snodi centrali del capitolo sono i paragrafi relativi alla dimensione politica assunta dal movimento durante i primi anni Settanta, un periodo decisivo per via dell’opposizione alle politiche governative di ri-tribalizzazione e di territorializzazione nei Bantustan. Progetti culminati nella Black People’s Convention (BPC) e nel Black Communalism.
17Altrettanto importante è il paragrafo conclusivo di questo capitolo in cui Turrin descrive quali influenze abbiano generato il BCM e la sua filosofia sulla cultura africana e come questa si sia modificata nel tentativo di portare avanti le idee trasmesse e diffuse ai giovani dal BCM.
18Il quinto capitolo offre al lettore una nuova prospettiva per lo studio del BCM: la repressione governativa. È interessante notare a questo riguardo come il governo Africaaner non abbia represso immediatamente la SASO e il BCM ritenendo che fossero un chiaro e buon esempio della riuscita della sua politica di divide et impera e della Bantustan policy. Questa stagione di “libertà” fu però di breve durata e già all’inizio degli anni Settanta Turrin mette in evidenza come le misure repressive prese dal governo di Pretoria strinsero sempre più il cappio attorno al movimento.
19La svolta che provocò la fine del BCM fu la rivolta di Soweto e la successiva morte in carcere di Steven Biko: due avvenimenti che lasciarono il BCM non solo senza guida, ma, soprattutto, destabilizzato al suo interno per via della sua ancor fragile struttura organizzativa.
20Il saggio analizza infine i lasciti e gli epigoni del BCM, tra cui spicca l’AZAPO. La rilevanza del BCM, tuttavia, non si limita alla presenza di successori che portano avanti le sue idee o alla confluenza di molti suoi membri nel partito di Mandela (ANC): il lascito più importante del BCM è la nuova consapevolezza consegnata alle coscienze dei “neri” che, dopo il 1977 e la morte di Biko, possono affermare di aver trovato in loro stessi la forza di opporsi al regime segregazionista. E lo possono sostenere grazie ai numerosi sforzi di Biko e del BCM.
21Il libro di Turrin è corredato da un buon apparato bibliografico e di fonti, e anche da note che integrano e completano ottimamente il testo, così come le quattro appendici, che consentono un immediato approfondimento dei temi trattati nei rispettivi capitoli.
22Va dato merito a Silvia Turrin per aver deciso di affrontare la vicenda politica del BCM e quella umana di Stephen Biko con un saggio agile e ben fatto, adatto sia al grande pubblico che agli specialisti.
23Un’opera che, oltre a proporsi come una novità per il pubblico italiano, si inserisce all’interno di diversi panorami storiografici: la world history, i subaltern studies e l’oramai ampio e classico filone storico-teorico legato alle identità nazionali e ai fenomeni di costruzione-invenzione delle stesse.
Note
1 BIKO, Stephen, I write what I like, Oxford, Heinemann, 1987, cit. in TURRIN, Silvia C., Il movimento della Consapevolezza Nera in Sudafrica, dalle origini al lascito di Stephen Biko, Genova, Erga edizioni, 2011, p. 82.
2 Con Silent Sixties si intende il decennio degli anni Sessanta quando, a seguito dell’eccidio di Sharpeville e il processo di Rivonia – che avevano visto la morte di numerose persone e l’incarcerazione dei principali leader di ANC e PAC (Pan-Africanist Congress) tra cui Nelson Mandela – i movimenti di protesta e opposizione dei “neri” si erano ritirati dalla scena pubblica e l’autostima delle popolazioni oppresse aveva toccato il minimo storico rendendole sostanzialmente incapaci di reagire alle vessazioni dei “bianchi”.
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Notizia bibliografica digitale
Luca Zuccolo, «Silvia C. Turrin, Il movimento della Consapevolezza Nera in Sudafrica, dalle origini al lascito di Stephen Biko», Diacronie [Online], N° 12, 4 | 2012, documento 13, online dal 29 décembre 2012, consultato il 01 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/2429; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.2429
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