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III. Recensioni
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Aldo Agosti, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano

Jacopo Perazzoli
Notizia bibliografica:

Aldo Agosti, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, Roma-Bari, Laterza, 2013, 296 pp.

Testo integrale

Aldo AGOSTI, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, Roma-Bari, Laterza, 2013, 296 pp.Visualizza l'immagine
Credits: Aldo AGOSTI, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, Roma-Bari, Laterza, 2013, 296 pp.
  • 1 AGOSTI, Aldo, Rodolfo Morandi. Il pensiero e l'azione politica, Bari, Laterza, 1971.
  • 2 ID., Bandiere rosse. Un profilo storico dei comunismi europei, Roma, Editori Riuniti, 1999.
  • 3 ID., Storia del Partito comunista italiano 1921-1991, Roma-Bari, Laterza, 1999.
  • 4 ID., Togliatti: un uomo di frontiera, Torino, UTET, 2003.
  • 5 ID. (a cura di), Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, Roma, Editori Riuniti, 2000.
  • 6 ARFÉ, Gaetano, «Psiup: un partito provvisorio», in Mondo Operaio, n. 12, dicembre 1968.
  • 7 AGOSTI, Aldo, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, Roma-Bari, L (...)

1Il partito provvisorio rappresenta l’ultimo sforzo in ordine cronologico di Aldo Agosti, uno dei massimi studiosi della storia del movimento operaio italiano ed internazionale e professore emerito di storia contemporanea dell’Università di Torino. Il libro si inserisce all’interno di una lunga serie di lavori sulle forze socialiste e comuniste, iniziata con una biografia su Rodolfo Morandi1 e proseguita con la stesura di un vasto numero di monografie come, per esempio, Bandiere rosse. Un profilo storico dei comunismi europei2, Storia del Partito comunista italiano 1921-19913 e Togliatti: un uomo di frontiera4 e con la direzione dell’Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo5. L’attenzione complessiva all’evoluzione della sinistra può essere considerata una delle motivazioni che hanno spinto Agosti ad interessarsi al secondo Partito socialista italiano di unità proletaria (il primo era quello sorto ed affermatosi in Italia tra il 1943 e il 1946, quando, a seguito della scissione di Palazzo Barberini rinacque da un lato il Psi di Nenni e dall’altro il Psli di Saragat) sul quale, nota lo stesso autore, sembra essere calata una vera e propria damnatio memoriae. Damnatio dovuta in special modo al fatto che il Psiup venne considerato tanto un «partito provvisorio» dal Psi, per dirla con la famosa espressione di Gaetano Arfé6, quanto un «partito inopportuno», come lo giudicò fin dal principio il Pci7.

  • 8 Cfr. CELADIN, Anna, Mondo Nuovo e le origini del Psiup: la vicenda socialista dal 1963 al 1967 attr (...)
  • 9 CONDÒ, Mauro, Per una storia del Psiup (1964-1972). Un tentativo di organizzazione della sinistra s (...)
  • 10 AGOSTI, Aldo, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, cit., p. VII (...)

2Colmare questo grande vuoto è, da un punto di vista storiografico, l’obiettivo degli sforzi di Agosti, tanto più che, ad eccezione di Mondo Nuovo e le origini del Psiup di Anna Celadin, che si sofferma sulla nascita del partito e sul contributo portato dalla rivista «Mondo Nuovo»8, non si registrano lavori di natura scientifica. Per queste ragioni, l’autore ha deciso di lavorare su due precise categorie di fonti: da una parte, il materiale archivistico, come il fondo del Psiup depositato presso la Fondazione Gramsci, la documentazione prodotta dalle federazioni locali (viene fatto esplicito riferimento al caso torinese), e alcuni faldoni conservati nell’archivio del Pci e nella Fondazione Lelio e Lisli Basso; dall’altra, al fine di meglio tratteggiarne l’evoluzione politica, la pubblicistica dei partiti della sinistra italiana e, in special modo, «Mondo Nuovo», il giornale nato nell’estate del 1959 per dar voce alle istanze della sinistra socialista che, in seguito alla scissione, divenne il foglio ufficiale del nuovo partito. Il libro si basa anche sugli apporti della tesi di dottorato di Mauro Condò, intitolata Per una storia del Psiup (1964-1972). Un tentativo di organizzazione della sinistra socialista9 che, come evidenziato dallo stesso Agosti, gli «ha spianato la strada […], individuando diverse piste»10.

3Il volume si articola in sei capitoli. Nel primo, Due partiti in uno, si sostiene con lucidità come all’interno del Psi la scissione dell’ala sinistra, verificatasi nei fatti all’inizio del 1964, fosse in realtà preventivabile sin dal 1956, quando Nenni decise di riannodare i fili con il Psdi di Giuseppe Saragat. Alle prime aperture del leader di Via Del Corso nei confronti della riunificazione con i socialisti democratici ribatté sull’«Avanti!» Tullio Vecchietti, il futuro primo segretario del Psiup:

  • 11 Cit. in Ibidem, pp. 18-19.

Noi non abbiamo nulla da condannare o da rivedere della politica del Psi in questi ultimi dieci anni […] ci rifiutiamo di […] vedere grigio tutto il mondo, laddove rimane viva e più necessaria di prima la lotta di classe, la lotta […] alle posizioni capitolarde che così generosamente ci offrono gli amici della ventiquattresima ora11.

4Discrepanze di non poco conto, ulteriormente aggravate, nota Agosti, dalla differente prospettiva che autonomisti e sinistra intendevano assumere nei confronti del Pci dopo la rivoluzione ungherese del 1956 e la susseguente repressione armata sovietica. Se per i nenniani si doveva giocoforza andare incontro ad una revisione di fondo, per gli esponenti della minoranza il rapporto con il Pci non soltanto era irrinunciabile, ma, con la solidarietà di classe e il ruolo guida dell’Urss, costituiva uno dei punti cardine della propria impostazione politica.

  • 12 Ibidem, p. 29.
  • 13 Ibidem.

5A questa importante premessa, l’autore fa seguire una puntuale descrizione delle differenze presenti all’interno della stessa minoranza socialista, andando ad individuare tre componenti: la prima coincideva con i membri di estrazione morandiana; la seconda viene definita «sentimentale»12 e si caratterizzava per un impasto ideologico fatto di «massimalismo e orgoglio di partito, con venature di anti-conformismo pregiudiziale»13; la terza ed ultima coincideva con l’area dell’Alternativa Democratica di Lelio Basso, che proveniva direttamente dall’esperienza del Movimento di unità proletaria (Mup). Fin dai passaggi preliminari del volume appare evidente un elemento: le divergenze già presenti all’interno di quelle che poi sarebbero state le componenti del Psiup erano senz’altro un punto di forza del partito, ma a lungo andare lo avrebbero fortemente indebolito, logorandone la solidità.

  • 14 Ibidem, p. 72.
  • 15 Ibidem, p. 71.

6Dopo averne appurato le origini, l’autore, nel corso del secondo capitolo, Il difficile consolidamento, oltre a fare luce sulla struttura organizzativa e sull’attivismo politico del partito, tanto a livello nazionale quanto in ambito locale, illustra a fondo le relazioni internazionali che il Psiup instaurò fin dalla sua nascita. Questa è una pagina sorprendentemente ricca di spunti: grazie all’intraprendenza del responsabile degli esteri Pino Tagliazucchi, «una singolare figura di intellettuale e sindacalista, membro dell’ufficio internazionale della Cgil»14, il partito di via della Vite riuscì a costituire una fitta serie di relazioni con alcune rilevanti componenti del socialismo europeo, dal Psu francese alla sinistra del Labour Party inglese, fino alla Sds nella Repubblica federale tedesca. Vi è da notare che queste forze politiche erano quanto di più lontano vi fosse da una concezione rigidamente filo-sovietica, a dimostrazione di come il Psiup non si basasse esclusivamente sulla fedeltà a Mosca, ma fosse anche intenzionato a costituire dei collegamenti autonomi con le sinistre dei partiti socialisti dell’Europa occidentale. Ma ciò risulta ancora più sbalorditivo – ed ecco un altro tema fondamentale toccato dall’autore in questa sezione – se si guarda ai cospicui finanziamenti che l’Urss assegnò con regolarità alla sinistra socialista fin dal 1957 e che, nel corso degli otto anni di vita del Psiup, corrisposero a 2 miliardi e mezzo di lire dell’epoca. Il sostegno economico sovietico, che serviva anche per «esercitare una certa pressione […] sul Pci, il quale proprio in quegli anni accenna a muoversi secondo direttrici più autonome da Mosca»15, fu sempre una sorta di rubinetto ad intermittenza, pronto a chiudersi in caso di posizioni non affini alle finalità del Cremlino: anche su questi il partito di via della Vite si mostrava sostanzialmente provvisorio.

  • 16 Ibidem, p. 129.

7Maggiormente incentrato sugli aspetti ideologico-culturali è il terzo capitolo, Un partito vitale ma diviso e le sue coordinate culturali. In queste pagine l’autore, confermando ancora una volta la sostanziale provvisorietà del Psiup teorizzata nel già ricordato articolo di Arfé, mette bene in evidenza i pregi e i difetti del partito di via della Vite. Tra i primi rientrava una notevole vivacità culturale, cui la storiografia – è il caso di dirlo – non ha mai prestato la giusta attenzione. Proprio gli intellettuali vicini al Psiup, infatti, cercarono di riparametrare il pensiero marxista alla luce delle mutazioni sociali in atto nell’Italia degli anni Sessanta e lo fecero servendosi di «Mondo Nuovo» che, di conseguenza, non si limitava «alla funzione di bollettino del partito»16, ma si ergeva a tribuna di riflessione teorica. Sulle sue pagine trovarono ampio spazio delle tematiche sino a quel momento non centrali nel dibattito della sinistra, dalla riscoperta di Trotskij e Luxemburg alle rivolte nel mondo universitario statunitense, dall’attenzione verso le correnti pittoriche più vicine al sociale alla critica cinematografica che vedeva di buon occhio il cinema d’autore italiano. Dei secondi facevano parte le discrepanze di carattere politico-ideologico che si manifestarono fin dal principio: da un lato vi era chi, come il vice-segretario Valori, riteneva errata la formazione di un dissenso interno perché avrebbe favorito il frazionismo; dall’altro vi era chi, come Avolio, uno dei direttori di «Mondo Nuovo», considerava sensato lasciare spazio alle minoranze, anche per non smentire il carattere libertario con cui il Psiup si voleva connotare.

  • 17 Ibidem, p. 151.
  • 18 Ibidem, p. 169.
  • 19 Ibidem, p. 171.
  • 20 Ibidem, p. 173.
  • 21 Ibidem, p. 180.

8Sull’onda di alcune importanti differenze apparse al suo interno, il Psiup si avviava ad entrare nel Sessantotto, come è illustrato dal quarto capitolo, Il movimento studentesco e la gelata di Praga, a mio modo di vedere l’acme dell’intero volume di Agosti. In questa parte vengono alla ribalta con forza le contraddizioni del partito di via della Vite: se già di fronte alle contestazioni studentesche del 1968 il Psiup aveva messo in mostra una doppiezza di fondo dovuta tanto alla cooptazione nei suoi organismi dirigenziali di Luigi Bobbio e Mauro Rostagno, «due dei dirigenti più attivi nelle occupazioni»17, quanto ad una serie di crescenti incomprensioni con lo stesso movimento studentesco, è in occasione della «primavera di Praga» e della reazione sovietica dell’agosto 1968 che il partito di via della Vite si trovò «in grave imbarazzo», entrando in una fase «di non ritorno non solo nella sua politica internazionale, ma nella sua storia tout court»18. A differenza del Pci, che criticò senza mezzi termini la repressione messa in campo dall’Urss, il Psiup assunse una posizione sostanzialmente a favore di Mosca, ufficializzata dal comunicato del 22 agosto in cui «non c’è una riga che esprima chiara condanna dell’invasione e solidarietà a Dubček e al gruppo dirigente del Pcc»19. Con efficacia Agosti fa notare che sarebbe un errore ritenere che tali concetti derivassero esclusivamente dai «rubli di Brežnev» versati nel budget psiuppino: tra i socialisti proletari era presente, infatti, «un filo-sovietismo profondamene radicato»20, come dimostrato dalle posizioni a favore della politica russa espresse da diversi dirigenti di primo piano, da Emilio Lussu a Oreste Lizzadri, da Lucio Luzzato a Vincenzo Gatto. Ma non mancarono neanche, confermando la tesi dell’incoerenza teorica, delle voci contrarie all’atteggiamento della maggioranza che, tra le altre cose, aveva troncato quei rapporti con le sinistre delle socialdemocrazie occidentali avviati da Tagliazucchi. Oltre ad una serie di reazioni anti-sovietiche provenienti dalle federazioni locali, esplicativo fu in questo senso l’atteggiamento di Lelio Basso, che non esitò a difendere il nuovo corso cecoslovacco in quanto «tentativo di rinnovamento […] promosso […] dal basso, […] che il partito dopo una lunga battaglia […] aveva finito con l’accettare»21.

  • 22 Ibidem, p. 213.

9Sorta su questioni internazionali, la tematica centrale del quinto capitolo, «La storia ha la febbre», la cristallizzazione delle differenti anime del Psiup venne confermata anche dal II congresso del dicembre 1968. Nonostante l’ondata di critiche cui andò incontro qualche mese prima, la maggioranza filo-russa riuscì ad allargare il suo potere nel partito, come risultò evidente dalle figure che vennero inserite nel nuovo ufficio politico: fatta eccezione per Foa, l’inclusione di Vecchietti, Valori, Gatto e Ceravolo rappresentava l’emblema del trionfo del vecchio gruppo dirigente. Tuttavia, proprio in un momento in cui sembravano fossilizzarsi le divisioni, in un partito che parlava «quasi […] due linguaggi diversi»22, la maggioranza, sotto l’impulso di Valori, decise di assorbire molte iniziative della sinistra con l’intenzione di ricompattare l’intera organizzazione. Andò però incontro ad un buco nell’acqua: benché vi fosse un generale assenso sulle tematiche proprie del movimento di sinistra, come, ad esempio, l’autogestione dei lavoratori, il controllo operaio e l’ampliamento della democrazia in fabbrica, il mutamento di rotta non fu sufficiente a far crescere le iscrizioni al partito che invece, proprio nel 1969, sfociarono in una prima e significativa diminuzione. Ancora più rilevante fu il fatto che, come correttamente sottolineato da Agosti, la parte più attiva dei militanti psiuppini, a fronte di un partito egemonizzato da posizioni filo-sovietiche, cominciò a confluire in quei movimenti anche estremisti che davano linfa alle contestazioni operaie e studentesche, privando in tal modo il Psiup di alcuni potenziali contribuiti politici di livello.

  • 23 AGOSTI, Aldo, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, cit., p. 244
  • 24 Ibidem, p. 270.

10A questi fattori d’instabilità endogeni, se ne aggiunsero altri due di natura esogena che aggravarono la già complessa situazione in seno al partito: la crisi dell’unificazione socialdemocratica e la conseguente rinascita del Psi e la capacità di riassorbire le istanze contestatarie da parte del Pci. Come emerge dal sesto ed ultimo capitolo, Il declino, lo scioglimento e l’eredità, le rotte intraprese dai due partiti principali della sinistra furono prese sempre più in considerazione dagli iscritti del Psiup che vedevano il loro partito in progressivo disfacimento. La rottura effettiva, iniziata con il III congresso nazionale del marzo 1971 a causa della decisione della maggioranza di presentare anticipatamente «un documento scialbo»23, confermata da alcune dimissioni eccellenti dal partito, tra le quali spiccava quella di Lelio Basso, venne ufficializzata dopo i pessimi risultati delle elezioni amministrative del 1971 e, soprattutto, delle politiche del 1972, dove il Psiup, con appena l’1,9%, non ottenne alcun seggio alla Camera. Il IV congresso nazionale del giugno 1972 non poté che confermare la dissoluzione ormai in atto, mettendo in mostra tre differenti opzioni per i militanti psiuppini: confluire nel Pci, come ipotizzato fin dal maggio dalla maggioranza di via della Vite; rientrare nel Psi, come sostenuto da un piccolo nucleo tra cui spiccava la figura dell’ex direttore di «Mondo Nuovo» Avolio; proseguire la battaglia nel Psiup, idea che trovava concordi Foa e alcuni esponenti della sinistra radicale. Al di là delle rispettive scelte, Agosti, nelle pagine finali del suo libro, fa notare come tutte e tre andarono incontro ad un destino comunque beffardo: se per coloro che decisero di aderire alle due forze principali della sinistra italiana si trattò di un ingresso «dalla porta di servizio»24, per i militanti che rimasero nel Psiup la sorte non fu migliore perché si dispersero nelle battaglie di retrovia del movimento operaio senza alcuna possibilità di incidere sulla realtà.

11Sono diversi, in conclusione, i pregi del libro di Agosti: oltre ad aver riscoperto un’importante cultura politica come quella del socialismo di sinistra e ad aver portato alla ribalta personaggi come Tagliazucchi e Vecchietti, solo per citarne due, che meriterebbero degli studi appositi, l’autore è sostanzialmente riuscito nella non semplice impresa di contribuire allo sviluppo della storiografia sul Psiup. Ma, forse, la qualità maggiore de Il partito provvisorio è un’altra ancora: aver saputo contenere al suo interno non una, bensì due storie intersecate fra loro. Da un lato, quella di un gruppo dirigente vicino alle posizioni espresse dall’Urss e, dall’altro, quella di una base spesso molto più libertaria rispetto ai suoi leader ufficiali. Questi percorsi, che nel volume restano giustamente paralleli, confermano la tesi di fondo e cioè che l’amalgama tra le varie componenti non si realizzò mai, impedendo a questa area comunque rilevante di trasformarsi in un partito a tutti gli effetti.

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Note

1 AGOSTI, Aldo, Rodolfo Morandi. Il pensiero e l'azione politica, Bari, Laterza, 1971.

2 ID., Bandiere rosse. Un profilo storico dei comunismi europei, Roma, Editori Riuniti, 1999.

3 ID., Storia del Partito comunista italiano 1921-1991, Roma-Bari, Laterza, 1999.

4 ID., Togliatti: un uomo di frontiera, Torino, UTET, 2003.

5 ID. (a cura di), Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, Roma, Editori Riuniti, 2000.

6 ARFÉ, Gaetano, «Psiup: un partito provvisorio», in Mondo Operaio, n. 12, dicembre 1968.

7 AGOSTI, Aldo, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, Roma-Bari, Laterza, 2013, p. V.

8 Cfr. CELADIN, Anna, Mondo Nuovo e le origini del Psiup: la vicenda socialista dal 1963 al 1967 attraverso cinque anni di editoriali, Roma, Ediesse, 2006.

9 CONDÒ, Mauro, Per una storia del Psiup (1964-1972). Un tentativo di organizzazione della sinistra socialista, tesi di dottorato in Storia dell’Italia contemporanea, Università di Roma Tre, a. a. 2000-2001.

10 AGOSTI, Aldo, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, cit., p. VIII.

11 Cit. in Ibidem, pp. 18-19.

12 Ibidem, p. 29.

13 Ibidem.

14 Ibidem, p. 72.

15 Ibidem, p. 71.

16 Ibidem, p. 129.

17 Ibidem, p. 151.

18 Ibidem, p. 169.

19 Ibidem, p. 171.

20 Ibidem, p. 173.

21 Ibidem, p. 180.

22 Ibidem, p. 213.

23 AGOSTI, Aldo, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, cit., p. 244.

24 Ibidem, p. 270.

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Jacopo Perazzoli, «Aldo Agosti, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano»Diacronie [Online], N° 20, 4 | 2014, documento 16, online dal 01 décembre 2014, consultato il 01 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/1812; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.1812

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Autore

Jacopo Perazzoli

Laureato in storia presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi sul rinnovamento della Socialdemocrazia tedesca nel corso degli anni cinquanta. Dal novembre 2011 è dottorando di ricerca in scienze storiche presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale e dal febbraio 2013 al luglio 2013 è stato visiting student presso la Kingston University di Londra. Il suo progetto di ricerca è dedicato allo studio comparato dell’evoluzione del partito laburista inglese, della SPD e del PSI a cavallo tra gli anni cinquanta. Ha curato il volume Antonio Greppi. Novant’anni di socialismo. Scritti scelti (Milano, Edizioni l’Ornitorinco, 2012) e contribuito alla stesura del saggio La sinistra arancione. Da Milano all’Italia? (Milano, Edizioni l’Ornitorinco, 2012).

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