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HomeNumeriN° 20, 4I.2 Il diritto militanteLa forza del diritto

I.2 Il diritto militante
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La forza del diritto

La lotta contro l’amianto a Casale Monferrato
Costanza Zanasi

Abstract

Questo articolo si concentra sulla vicenda relativa alla presenza dell’Eternit a Casale Monferrato. L’Eternit nacque ad inizio Novecento e divenne rapidamente una delle industrie più importanti della zona, attirando moltissimi lavoratori. L’Eternit produceva cemento-amianto, un materiale ad altissima resistenza termica, adatto per innumerevoli scopi, ma allo stesso tempo molto pericoloso. L’inalazione di questo minerale poteva portare a malattie respiratorie e, nel peggiore dei casi, a un tumore che portava a morire dopo sei mesi/un anno di incubazione. Questo fattore generò un altissima mortalità non solo tra gli operai, ma anche nel resto della popolazione civile. Negli anni Settanta iniziarono le prime lotte sindacali che, dopo anni di indagini, porteranno ad un processo nei confronti dei responsabili della strage.

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Credits: by Gianfranco Degrandi on Flickr (CC BY-NC-SA 2.0)

1. Introduzione

  • 1 ISRAËL, Liora, Le armi del diritto, Milano, Giuffrè, 2012, p. 3.

«Quando si tratta di far valere «i diritti», è appunto la giustizia lo strumento adatto sia a convincere l’opinione pubblica che a smuovere le istituzioni in favore della propria causa. Al contrario quando ci si trova di fronte a episodi di tipo repressivo – si tratti di un’indagine penale, di un arresto o di un processo – il diritto dà modo di difendersi, […] di divenire parte di un procedimento giudiziario1.

  • 2 Ibidem, p. 22.

1Queste parole di Liora Israël sottolineano in modo chiaro una delle funzioni basilari del diritto che è appunto un’arma. Il diritto può assumere un ruolo di difesa se non addirittura di attacco2, può infatti servire per difendersi da ostacoli apparentemente insormontabili ed è a questo scopo che è stato impiegato in relazione alla vicenda legata alla presenza dell’Eternit a Casale Monferrato.

2Appellandosi alle funzioni basilari del diritto prende vita anche la battaglia di Casale Monferrato. Qui, agli inizi del Novecento nasce la fabbrica dell’Eternit, che diventa ben presto il polo più grande del comprensorio, attirando moltissime persone con la sua ampia richiesta di manodopera. L’Eternit produceva cemento amianto, un materiale con un altissima resistenza termica. Era quindi adatto per innumerevoli scopi: poteva infatti contribuire alla creazione di tubi, lastre, freni, guanti antincendio, ma anche tegole fioriere e sedie da spiaggia. L’amianto era un minerale che seppur molto redditizio da una parte, dall’altra portava a conseguenze gravissime.

3Chi vi entrava in contatto era a forte rischio di contrarre malattie respiratorie come l’asbestosi fino al mesotelioma pleurico, un tumore che aveva tempi di incubazione molto lunghi (si poteva manifestare anche dopo trent’anni) portando però alla morte dopo sei mesi, un anno dalla diagnosi.

4A metà degli anni Settanta del Novecento iniziarono le prime lotte sindacali che miravano a ottenere migliori condizioni di lavoro. Questo fu possibile grazie all’impegno di due giovani sindacalisti Nicola Pondrano, inizialmente operaio Eternit, e Bruno Pesce che era alla guida della Camera del Lavoro di Casale Monferrato insieme all’impegno e al lavoro di numerosi avvocati, tra cui Sergio Bonetto e Bianca Guidetti Serra. L’impegno comune porterà dopo anni di indagini alla celebrazione di un processo contro i vertici Eternit: in particolare le accuse si rivolgeranno contro lo svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier, principali responsabili della strage di Casale Monferrato.

2. La fabbrica

5All’inizio del ventesimo secolo, nel 1906, a Casale Monferrato (AL) sorse una nuova industria: l’Eternit.

  • 3 ROSSI, Giampiero, Amianto. Processo alle fabbriche della morte, Milano, Melampo Editore, 2012, p. 5 (...)

6Lo stabilimento fu costruito a Casale Monferrato, anche se la società che sovrintendeva alla sua gestione aveva sede a Genova, dove era stata fondata il 6 gennaio 19063.

7L’Eternit era una fabbrica nata allo scopo di tradurre in produzione industriale il brevetto di Ludwig Hatschek, un austriaco che nel 1901 aveva creato una formula di cemento amianto battezzata Eternit dal latino aeternitas. Quel materiale, infatti, creato aggiungendo una piccola percentuale di amianto a un impasto di acqua e cemento era ritenuto indistruttibile. L’amianto, che era molto diffuso nella vicina cava di Balangero, è un minerale altamente resistente e flessibile allo stesso tempo; ha un’ampia resistenza termica e può arrivare anche a 500 gradi, inoltre resiste all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione e all’usura.

  • 4 ROSSI, Giampiero, La lana della salamandra. La vera storia della strage dell’amianto a Casale Monfe (...)

8Questa nuova sostanza rivelò da subito le sue enormi potenzialità in campo industriale: poteva, infatti, essere impiegata per innumerevoli applicazioni quali tubi, lastre e foglie in cemento-amianto, mattonelle per pavimentazioni, frizioni, freni e prodotti vari per attrito, guarnizioni, filtri per bevande, tute, coperte, guanti antincendio, pannelli fonoassorbenti e isolanti, vernici, rivestimenti, stucchi, feltri, tegole, fioriere, sedie da spiaggia e molto altro.4

9L’Eternit iniziò a espandersi molto rapidamente, e proprio a questo si deve la creazione dello stabilimento monferrino, sorto come costola di una società, la Schweizerische Eternitwerke Ag, fondata da un commerciante svizzero Alois Steinmann, allo scopo di tradurre in produzione industriale il brevetto di Hatschek.

  • 5 Tribunale di Torino, sezione I, sentenza del processo Eternit 13 febbraio 2012, pp. 212-222.

10Lo stabilimento di Casale Monferrato si estendeva per circa 96.000 chilometri quadrati, era proprietà dell’ingegner Adolfo Mazza che nel 1906 aveva costituito la società Eternit Pietra Artificiale Società Anonima, poi Eternit Spa mantenendone la direzione fino al 1952. In seguito l’azienda passò sotto la gestione belga della famiglia Emsens-De Cartier che la gestì dal 1952 al 1972. Nel 1972, l’Italia fu colpita da una grave crisi, in seguito alla quale la famiglia Emsens, che non riusciva più ad assolvere la gestione dell’azienda vendette la sua quota alla famiglia svizzera Schmidheiny che amministrò l’Eternit fino alla sua chiusura nel 19835.

11La fabbrica di Casale Monferrato è diventata nota al panorama internazionale non tanto per la sua produzione, quanto per le innumerevoli morti sul lavoro che hanno scandito gli ottant’anni di vita dell’Eternit.

  • 6 ROSSI, Giampiero, La lana della salamandra. La vera storia della strage dell’amianto a Casale Monfe (...)

12Nella cittadina di Casale Monferrato gli stabilimenti erano due: il magazzino in Piazza d’Armi e la fabbrica di via Oggero6.

13Dal 1906, anno d’apertura della fabbrica, fino al 1980 tutti i rifornimenti di materie prime, ossia l’amianto sfuso proveniente dalle miniere di Africa, Russia, Canada, Brasile, arrivavano in treno prevalentemente dal porto di Genova; i prodotti finiti compivano invece il percorso inverso. Le strade di Casale, quindi erano percorse quotidianamente da camion che disperdevano nell’aria nuvole di polvere d’amianto, elemento ormai familiare per i casalesi.

  • 7 Ibidem, p. 51.

14L’amianto sfuso, contenuto in sacchi di juta, veniva scaricato manualmente collocato su carretti destinati ai singoli reparti di lavorazione7. Quindi veniva accumulato in silos elevatissimi da cui gli operai dovevano estrarre con dei forconi le matasse d’amianto. Quest’operazione doveva essere eseguita il più rapidamente possibile, la massa fibrosa, infatti, veniva giù di colpo e con una forza tale da far cadere in terra una persona. L’operaio doveva poi addentrarsi nella nuvola di polvere per recuperare il carico da mandare alla lavorazione. Altri addetti erano impiegati alle sfilacciatrici, macchine impiegate per ovattare l’amianto grezzo al fine di renderlo più amalgamabile nella lavorazione del cemento. Poi attraverso alcuni ventilatori, l’amianto veniva soffiato in un altro ambiente della fabbrica, all’interno di grandi tubi. Una volta che anche questo locale era pieno, gli addetti dovevano entrarvi e rimettere con i forconi l’amianto semilavorato all’interno dei carrelli.

  • 8 Ibidem, p. 53.

15Tutta la lavorazione dell’amianto avveniva all’interno di una nebbia fitta di microscopiche fibre di quel materiale, che aumentò nelle quantità di lavorazione con l’automazione dei processi di lavorazione. Agli operai destinati a lavorare a stretto contatto con l’amianto era riconosciuta qualche piccola indennità in busta paga anche se non aveva ancora preso piede la cultura della salute nei luoghi di lavoro. Le condizioni dei lavoratori Eternit non migliorarono nemmeno in epoche più recenti quando anche gli operai stessi iniziarono a preoccuparsi per la polvere che respiravano quotidianamente8.

  • 9 Ibidem, p. 58.

16Nel 1947 l’INAIL riconobbe il primo caso di asbestosi (una tosse secca di cui erano affetti quasi tutti gli operai) contratta da un dipendente. Nonostante l’accertamento da parte dell’INAIL, il massimo che si riuscì ad ottenere fu qualche punto d’invalidità e soltanto dopo una certa soglia della malattia. Con il trascorrere degli anni gli operai si ammalavano e sempre di più coloro che avevano lavorato all’Eternit morivano di una forma di cancro che qualcuno cominciò a definire «il tumore di Casale»9. Anche in assenza di un’indagine epidemiologica era ormai chiaro che vi fosse un nesso molto preciso tra la polvere della fabbrica e quelle malattie polmonari. Non passava settimana senza che comparisse un nuovo manifesto funebre per la morte di un ex operaio Eternit.

17A partire dagli anni Settanta si capì chiaramente che lavorare all’Eternit poteva costare anche la vita. Anche diversi membri della dirigenza, che avevano ostinatamente negato qualsiasi nesso tra amianto e tumori iniziarono a preoccuparsi, specie quando costatarono che il tumore non faceva differenze tra tute blu e colletti bianchi. Il mesotelioma, una forma tumorale che si accanisce contro la pleura, la membrana che riveste i polmoni e poi produce metastasi che aggrediscono gli altri organi e le ossa, uccise un ex dirigente, che aveva vissuto addirittura sopra la fabbrica, e molti altri tra i quadri e i dirigenti dell’Eternit di Casale.

3. La battaglia sindacale

  • 10 ROSSI Giampiero, op. cit., p.60

18Nel novembre del 1974, Nicola Pondrano entrò all’Eternit e appena due mesi dopo diventò portavoce del consiglio di fabbrica. Con l’inizio del suo mandato si aprì una nuova fase che coincise con una svolta importante nella battaglia sindacale in materia di salute dei lavoratori. A tracciare il primo solco di quella nuova fase di attività sindacale fu padre Bernardino Zanella, un prete operaio che proveniva da altre esperienze in aziende con problemi di nocività ambientale e che aveva già avviato un’indagine conoscitiva sulle condizioni di lavoro e sui cicli produttivi della fabbrica10. A fare da sponda esterna al giovane e battagliero Consiglio di Fabbrica del 1979 si associò anche il nuovo segretario della Camera del lavoro di Casale Monferrato, Bruno Pesce.

19Nel 1979 con Pesce alla guida del principale sindacato e Pondrano nel cuore del Consiglio di Fabbrica, la battaglia sindacale crebbe vistosamente con continue assemblee, rivendicazioni e un’indagine ambientale scientificamente attendibile, conquistata dopo un investimento di 87 ore di sciopero. Fu realizzato uno studio, affidato alla Clinica del lavoro di Pavia e si protrasse per una quarantina di giorni. Entrando in certi reparti la vista era terribile: sacchi sventrati accatastati ovunque, filtri ormai del tutto otturati dalle fibre di amianto, uomini ricoperti da quella sottile patina bianca. Nonostante l’evidente inquinamento l’indagine non portò a risultati sostanziali, i cambiamenti si limitarono a piccole modifiche nei cicli produttivi per ridurre la polverosità e al peggioramento dei rapporti sindacali con l’azienda che introdusse anche elementi di ricatto con l’obiettivo di dividere il fronte operaio. Pesce e Pondrano, Cgil e Inca, però, proseguirono la loro battaglia.

4. Le prime cause civili

20Nicola Pondrano11 e Bruno Pesce decisero di informare l’intera popolazione casalese sulla pericolosità dell’amianto. Nel 1981 grazie alle segnalazioni di Nicola Pondrano era stata promossa una causa civile contro Eternit e INAIL, intentata da 80 operai che accertò, nei tre gradi di giudizio, la sussistenza di condizioni di rischio all’interno dello stabilimento12. Nell’ambito della causa civile venne disposta dal giudice una perizia scientifica al fine di accertare la sussistenza del rischio nei vari reparti dell’Eternit. A condurre l’indagine fu il professor Salvini, dell’Istituto di medicina del lavoro dell’Università di Pavia. Per l’occasione la fabbrica era stata «tirata a lucido» come per le visite ufficiali dei dirigenti elvetici, ma questa volta le pulizie non furono sufficienti a impedire che la perizia fornisse risultati veritieri. Il rapporto finale confermò la fondatezza delle denunce dei due sindacalisti. La presenza di fibre d’amianto in tutte le aree repertate mostrava valori macroscopici che indussero il professor Salvini a mettere nero su bianco non solo la sussistenza di fattori di morbigenità ambientale, ma addirittura che il livello di pericolosità era tale da costringerlo a trasmettere gli atti della sua indagine scientifica alla procura della Repubblica affinché procedesse con gli opportuni accertamenti delle responsabilità sulla sicurezza degli ambienti di lavoro all’interno dello stabilimento13.

21Quando il sindacato vide confermare progressivamente i propri timori, si attrezzò per offrire ai lavoratori e ai loro familiari anche un punto di riferimento sanitario.

22Sin dal 1978 il patronato INCA CGIL di Casale Monferrato si era avvalso della collaborazione di una giovane laureata in medicina Daniela Degiovanni, che visitò quasi tutti gli operai della fabbrica, prima come medico al patronato, poi come oncologa ospedaliera. L’incontro con Bruno Pesce e Nicola Pondrano, infatti, non fece che accelerare il processo emotivo che rese il problema dell’amianto e dell’Eternit il tema centrale della sua vita professionale. All’inizio della sua attività Daniela Degiovanni si trovò di fronte a un contesto desolante. In quel periodo l’INAIL era ancora un organismo chiuso e sordo alle richieste dei patronati, le tabelle relative alle malattie professionali riconosciute erano talmente ristrette da non comprendere né il mesotelioma pleurico né il tumore al polmone. Daniela Degiovanni decise di fare qualcosa di concreto quando tre lavoratori affetti da mesotelioma si videro respingere il riconoscimento della malattia professionale. La dottoressa scrisse a diversi quotidiani da «l’Unità» a «il Manifesto» a «la Repubblica» fino a «La Stampa», raccontando quanto aveva visto e come vivevano e morivano quegli operai. Questo provocò l’apertura dell’INAIL che finalmente concesse il riconoscimento di quelle malattie professionali.

23Nel 1981 ebbe inizio un’importante causa civile contro l’ETERNIT e l’INAIL e nei tre gradi di giudizio si accertò la sussistenza della morbigeneità ambientale e pertanto erano ancora presenti condizioni di rischio all’interno di tutto lo stabilimento.14 Nel 1983 si aprì l’inchiesta penale in cui l’avvocato penalista Bianca Guidetti Serra rappresentava il sindacato di Casale come parte civile.15 Proprio in questa sede emerse infatti il quadro impressionante di una delle più grandi tragedie della storia italiana. Nel 1993 si apre il processo penale ai dirigenti Eternit16 si arrivò alla sentenza nei confronti dei dirigenti locali dell’Eternit di Casale. Il processo si celebrò e si concluse in primo grado nel 1993, affermando la colpevolezza dei dirigenti, ma, in appello si concluse con la riduzione delle pene a pochi mesi di reclusione, di fatto non scontate.17

5. Il percorso legislativo

  • 18 Ordinanza num. 83 del 2 dicembre 1987.
  • 19 Legge 257 /1992.

24Il 2 Dicembre del 1987 Riccardo Coppo, all’epoca sindaco di Casale Monferrato emise un’ordinanza che vietava l’uso dell’amianto18 nell’ambito del territorio comunale di Casale Monferrato. L’ordinanza emessa da Riccardo Coppo, sanciva per la prima volta in Europa il divieto con decorrenza immediata dell’impiego di lastre di cemento-amianto e di altri manufatti di amianto nelle costruzioni di qualsiasi genere, il divieto dell’utilizzazione per qualsiasi uso, di materiale anche residuo a precedenti processi di produzione,contenenti fibre di amianto e che, in caso di rimozione e smaltimento di materiali contenenti fibre di amianto le ditte esecutrici avrebbero dovuto attenersi alle norme tecnico-sanitarie stabilite. Grazie alla caparbietà dei Casalesi e all’impegno di CGIL, CISL e UIL nazionali, nel 1992 viene approvata la legge che mette al bando l’amianto anche a livello nazionale, vietandone19 l’estrazione, la commercializzazione e la produzione di manufatti. Non solo: stabilisce anche un programma di dismissione, con un termine ultimo fissato al 28 aprile 1994, termine che purtroppo si rivelerà simbolico senza essere effettivamente rispettato.

25Il risultato di una legge a livello nazionale contro l’amianto, è nato dopo un grande lavoro di squadra reso possibile grazie all’impegno di molti fronti tra cui Medicina Democratica20 che ha contribuito, insieme ai suoi esperti, ad affiancare diversi parlamentari nella presentazione di proposte di legge riguardo problemi dell’ambiente e di lavoro e della sanità, collaborando per una proposta di legge sulla messa al bando dell’amianto. Questa proposta di legge è poi confluita nel rispettivo testo unificato da cui è uscita la sopracitata legge 257/92 per la cessazione dell’impiego dell’amianto e questa legge oltre il sostegno di MD vanta quello dell’Associazione Esposti Amianto e di un deputato di Democrazia Proletaria che partecipò alla presentazione come prima firmataria della proposta di legge: Bianca Guidetti Serra21.

26Bianca Guidetti Serra, poi, prenderà nuovamente parte alla vicenda Eternit in veste di avvocato. Il legale torinese infatti sarà proprio la prima ad offrire il proprio aiuto. Con il piglio ereditato dall’esperienza partigiana, Bianca accorre volontaria quando si tratta di difendere sindacalisti e lavoratori dalle accuse da strada (i tipici postumi da manifestazioni e cortei) e seguirà questa vicenda fino al processo contro l’azienda. Arriva anche Sergio Bonetto che insieme all’esperienza forense porta con sé un passato di collaborazione stretta con la Cgil, sempre dal punto di vista dell’assistenza legale. La pattuglia di legali al fianco di Casale cresce. Dallo studio Guidetti Serra arriva il supporto dell’avvocato Anna Fusari,dallo studio Bonetto arriva Bruno Lasagno, da Alessandria l’avvocato Oberdan Forlenza e da Genova Paolo Pissarello.

27Nel 1993, quasi in concomitanza con la legge nazionale contro l’amianto arriva un primo riconoscimento giuridico, bisogna però aspettare fin al 1997 prima che la Corte di cassazione renda definitiva le condanne a sei dirigenti italiani dell’Eternit, ma per un solo caso di morte e con pene molto miti.

6. Le parti civili

  • 22 Tribunale di Torino, sezione I, sentenza del processo Eternit 13 febbraio 2012, p. 542.
  • 23 Ibidem, p. 543.
  • 24 Tribunale di Torino, sezione I, sentenza del processo Eternit 13 febbraio 2012, p. 547.
  • 25 Ibidem, p. 552.

28In un processo molto vasto che ha visto la presenza di duemilanovecentosessantanove vittime, innumerevoli sono anche le parti civili. L’INAIL si è costituita parte civile con l’entrata in vigore del decreto di legge n. 81/2008 articolo 61 comma 1, secondo cui «in caso di esercizio dell’azione penale per i delitti d’omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relativo all’igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale»22. Inoltre si è costituita parte civile per vedersi rimborsare «le erogazioni previdenziali corrisposte a lavoratori vittime di malattie professionali causate da fatti di reato perseguibili di ufficio»23. Le richieste di risarcimento hanno coinvolto anche l’istituto INPS le cui erogazioni hanno riguardato due diverse categorie di lavoratori: coloro che hanno contratto la malattia professionale a causa dell’esposizione all’amianto e coloro che sono stati semplicemente esposti per un periodo superiore a dieci anni24. I due imputati Louis De Cartier De Marchienne e Stephan Schmidheiny sono stati inoltre condannati a risarcire, in quanto parti civili, la Regione Piemonte, Provincia di Torino, Provincia di Alessandria, i Comuni di Casale Monferrato, Mirabello, Monferrato, Morano sul Po, Coniolo, Villanova Monferrato, Pontestura, Balzola e Ozzano Monferrato, l’Asl di Alessandria, la Regione Emilia Romagna e il Comune di Rubiera25.

  • 26 Ibidem, p. 555.

29La Regione Piemonte si è costituita parte civile anche per le ingenti spese dovute alle bonifiche nell’area di Casale Monferrato e Cavagnolo e per gli interventi sanitari attuati in materia di patologie di asbesto correlate. Il Comune di Casale Monferrato ha acquisito lo stabilimento dopo la sua chiusura e oltre alla sua bonifica ha provveduto a bonificare tutti gli edifici pubblici e a censire gli edifici privati. Per la bonifica del solo stabilimento, il Comune di Casale ha affrontato una spesa di 4.700.000 euro, la bonifica dei tetti di Casale ha richiesto una spesa di 12.700.000 euro e la bonifica della sponda destra del Po, contaminata dalle scorie di amianto è costata 700.000 euro26.

  • 27 Ibidem, p. 556.

30L’Asl di Alessandria ha assunto «la qualità di soggetto danneggiato sia in relazione al pregiudizio arrecato al territorio e alla popolazione dai fatti oggetti del processo, sia in relazione al discredito della sfera funzionale, alla frustrazione degli scopi e alla perdita di prestigio dell’ente derivante dalle condotte illecite degli imputati. Discredito della sfera funzionale certamente aggravato da una lesione della salute pubblica destinata, a causa della lunga latenza del mesotelioma, a protrarsi, se non acuirsi nei prossimi decenni»27. L’impressionante numero di lesioni e decessi nella provincia di Alessandria a causa dell’esposizione di lavoratori e cittadini ha comportato un rilevantissimo impiego di risorse umane, materiali ed economiche finalizzate al sostegno sanitario e psicologico dei malati, allo sviluppo di iniziative finalizzate a ridurre il rischio di esposizione nonché al monitoraggio delle neoplasie correlabili all’amianto.

31Gli imputati De Cartier e Schmidheiny sono stati inoltre condannati al risarcimento dei danni a favore di CGIL Piemonte, la Camera del Lavoro di Alessandria e ALLCA Nazionale CUB28 (l’Associazione Lavoratrici e Lavoratori chimici affini). Gli imputati sono stati condannati a risarcire la UIL di Alessandria, la UIL Piemonte e la Uil Regione Campania;devono inoltre risarcire le associazioni delle vittime già riconosciute come parte civile nel processo: AFEVA, AIEA e MEDICINA DEMOCRATICA29. Anche il WWF «può considerarsi soggetto danneggiato dal reato in conseguenza della lesione diretta delle proprie finalità istituzionali e della vanificazione delle risorse umane e finanziarie impiegate nella tutela dell’ambiente contro l’inquinamento […] essendo tale associazione portatrice di interessi collettivi territorialmente determinati, lesi dai fatti illeciti contestati agli imputati»30.

32Uno per uno in aula vengono pronunciati 6300 nomi: sono le parti civili, che devono essere risarcite e a ciascuno viene associato il nome del coniuge scomparso. La lettura dell’intero dispositivo richiede poco più di tre ore e comprende anche il lunghissimo elenco dei risarcimenti: 100 mila euro andranno ai sindacati, 4 milioni al comune di Cavagnolo, 15 milioni all’Inail, 5 milioni all’Asl, 20 milioni alla regione Piemonte, 25 milioni al Comune di Casale Monferrato, 100 mila euro all’Associazione vittime dell’amianto, 30 mila euro a ciascuno dei parenti delle vittime decedute, 35 mila euro ad ogni ammalato, per un totale che si avvicina ai 100 milioni di euro.

7. Le battaglie di un avvocato: Sergio Bonetto

33Il processo Eternit ha visto la partecipazione di innumerevoli legali, basti pensare che in questo processo sono state accertate 2.969 vittime. Tra i legali che hanno contribuito alla realizzazione del processo, senza dubbio una figura di spicco è quella di Sergio Bonetto.

34Sergio Bonetto, laureato in legge all’Università di Torino nel 1973, ha preso parte nella sua lunga carriera forense ad alcuni tra i processi che più hanno segnato la storia giuridica italiana. Ripercorrendo le fila del suo percorso lavorativo è lampante come Sergio Bonetto abbia fatto della sua professione di avvocato una missione. La sua carriera è costellata da cause che fanno perno sulla difesa del cittadino, cause dove il diritto si spende per una delle sue funzioni più elevate: la difesa della persona e la tutela dei suoi diritti. Ogni scelta dell’avvocato sembra essere incentrata su un idea di diritto militante, ogni causa sembra avere come scopo l’affermarsi di una giustizia nella sua accezione più nobile e profonda.

  • 31 «Romiti e Mattioli la parola alla parte civile», in La Stampa, 20 maggio 1999.
  • 32 «Dirigente rinviato a giudizio per mobbing», in La Stampa, 27 aprile 2004.

35Ripercorrendo solo alcuni momenti della carriera di Sergio Bonetto si può trovare conferma di quanto appena affermato. Il legale torinese ha preso parte tra le varie cause che l’ hanno coinvolto al processo Romiti31. Nel processo contro i fondi neri della FIAT Sergio Bonetto difese due piccoli azionisti e centinaia di lavoratori dello SLAI Cobas danneggiati perché l’irregolarità dei bilanci avrebbe danneggiato il premio di produzione legato all’andamento dell’azienda. Altri casi che mostrano la sua scelta di avvocato militante riguardano ad esempio la scelta di difendere un operaio perseguitato per Mobbing contro un dirigente IVECO accusato di aver dato all’operaio “incarichi inutili e degradanti. L’operaio dopo aver avviato una pratica di risarcimento per un infortunio sul lavoro fu discriminato e questo lo portò sull’orlo dell’esaurimento nervoso32.

  • 33 «Causa in pretura: licenziate perché sono donne», in La Stampa, 25 febbraio 1992.
  • 34 «Morì per troppo lavoro, paga il committente», in [g. fav.] La Stampa, 1 marzo 1997.

36In veste di legale FIOM, Bonetto seguì il caso di nove operaie dipendenti dell’Alfa Selectra di Leini, licenziate in quanto donne33. Da sempre interessato ai problemi legati alla sicurezza sul lavoro, l’avvocato Bonetto seguì anche un processo, che fece molto scalpore riguardante una giovane vittima. Un ragazzo infatti morì, cadendo dal ponteggio per troppo lavoro. Alessio Parlato, nel 1995 alle due di notte cadde da un ponte mobile che i compagni dabbasso stavano spingendo dopo 20 ore di lavoro. Il committente fu condannato a un anno di reclusione, pene più miti furono riservate ai dirigenti. Sergio Bonetto e Anna Fusari, che seguirono il caso, si dichiararono «amareggiati per una pena troppo mite»34.

  • 35 «Condannato per 2 morti da amianto», in La Stampa, 29 novembre 1997.

37Il legale torinese che seguì il caso Eternit fin dalle prime udienze si occupò di problemi legati all’amianto anche per altri processi come quello riguardante la Sabre, una fabbrica dove si lavorava l’amianto. Un operaio appena gli fu diagnosticata la malattia si rivolse all’avvocato Bonetto, ma non giunse mai al processo perché morì prima che fosse celebrato35.

38Sergio Bonetto prese parte come legale di parte civile anche al processo Thyssenkrupp in veste di uno dei legali dei 48 ex colleghi delle vittime del rogo di Torino che, insieme ai sindacati, non hanno ritirato la costituzione di parte civile anche se sono già stati risarciti dall’azienda. Il fatto accade nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007. Nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino avviene un incidente. Da un vascone fuoriesce una quantità di olio bollente in pressione che in pochi minuti sviluppa un incendio. Non è la prima volta che accade un incidente simile, ma stavolta è un rogo. Gli operai cercano di avvisare la sicurezza ma vengono travolti dal fuoco. Un lavoratore perde la vita dopo pochi minuti, altri sei nei gironi successivi.

39Il procedimento di primo grado si è aperto il 15 gennaio 2009 nel palazzo di Giustizia di Torino. Secondo l’accusa l’amministratore delegato della multinazionale tedesca, Harald Espenhahn, conosceva le carenze nella sicurezza dello stabilimento, ma aveva stabilito di posticipare i lavori di adeguamento. In ottantotto udienze vengono ascoltati centinaia di testimoni da entrambe le parti, con l’obiettivo di stabilire le responsabilità su una delle maggiori tragedie sul lavoro della storia italiana. Il 4 novembre 2009 l’amministratore delegato Harald Espenhahn è stato interrogato per tre ore. Alla fine Guariniello ha chiesto: «Gli operai deceduti hanno fatto tutto quello che dovevano fare?». Espenhahn ha dichiarato: «È una domanda molto difficile alla quale rispondere». L’ad stava per aggiungere qualcosa, ma Guariniello l’ha interrotto: «Basta così». Dopo una serie di ulteriori sedute, e diversi rinvii dovuti ai tempi della giustizia, è iniziata la requisitoria dei pm: Guariniello, pubblico ministero anche nel processo Eternit, ha chiesto 16 anni e mezzo di reclusione per Espenhahn, 13 anni e 6 mesi per quattro dirigenti, 9 anni per il quinto36.

40Sergio Bonetto mantenendosi fedele alle cause che hanno costellato la sua lunga carriera rappresenta anche oltre 300 delle circa 6 mila parti civili del maxi-processo Eternit, inoltre ha richiesto un risarcimento danni per il cosiddetto «danno da esposizione» all’amianto. Questo provvedimento è stato riconosciuto per la prima volta in Italia (è contemplato nell’ordinamento giudiziario di altri Stati, come per esempio la Francia) creando un precedente per l’ordinamento giuridico del nostro paese.

  • 37 «Eternit, i legali di parte civile: Pagate i danni da esposizione», in La Stampa, 18 luglio 2011.

41Bonetto ha richiesto un risarcimento di diecimila euro per ognuno dei suoi assistiti, tutti residenti nelle zone di Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrato (Alessandria) dove si trovavano gli stabilimenti Eternit «Il tempo di esposizione si può quantificare mediamente in 20 anni» dice il legale. La richiesta quindi è di circa 60 milioni per i soli clienti dell’avvocato Bonetto37. L’impegno dell’avvocato torinese non termina però con la chiusura del processo, infatti il legale ha preso parte insieme agli altri avvocati di vittime dell’amianto alla creazione di una ONG.

  • 38 GIAMBARTOLOMEI, Andrea, «Dopo la sentenza Eternit nasce Interforum Un’ong contro i crimini industri (...)

42Questa ONG si chiamerà Interforum e si batterà contro i crimini industriali internazionali È stata presentata a Torino il giorno dopo la condanna degli ex vertici della Eternit, dal presidente dell’organizzazione, Jean-Paul Teissonière, dal segretario Sergio Bonetto e dall’avvocato belga Jan Fermont. Questa ONG è nata dopo l’esperienza Eternit in cui molti avvocati si trovarono a lavorare in paesi diversi sulle responsabilità penali dell’Eternit ciascuno per conto proprio. Poi, con l’inizio dell’inchiesta e durante il processo i legali hanno iniziato a collaborare scambiando idee e documenti, conseguendo risultati nei rispettivi paesi. Il gruppo tra i suoi primi obiettivi si impone quello di esportare il modello torinese. L’avvocato Jean-Paul Teissoniére afferma «in Italia si considera quanto accaduto un crimine collettivo con gravità penale, mentre in Francia e in Belgio no, perché l’ordine pubblico non è stato danneggiato. Da noi la definizione di disastro ambientale non c’è, non si incrimina per un reato alla collettività, ma per il singolo omicidio colposo. Ci sono molti problemi e crimini industriali sul pianeta. Bisogna completare il puzzle delle responsabilità delle multinazionali». Bonetto fa un esempio: «Vogliamo essere molto pratici. Sceglieremo i casi di rilevanza internazionale, come la questione dei rifiuti speciali inviati verso l’Africa o l’India, dove le istituzioni non sembrano interessate ad agire. Cercheremo di ricostruire i diversi tasselli in modo da avere un quadro concreto da presentare alle autorità». «Non siamo in grado di affrontare tutti i problemi del mondo, ma proveremo a ottenere qualcosa. Per tentarci gli avvocati, i giuristi, ex magistrati (tra cui Mario Vaudano, ex consigliere giuridico all’OLAF, ufficio europeo contro le frodi) di Interforum puntano a usare vari metodi, dalla formulazione di leggi e l’ideazione di istituzioni internazionali capaci di perseguire questi reati, fino al sostegno giuridico delle vittime di disastri industriali». Noi abbiamo un vantaggio – afferma Bonetto –, senza una gerarchia siamo più agili e spontanei, contiamo di superare così le differenze di patrimonio38.

8. Un nuovo processo

43Una nuova speranza per pene più giuste arriva nel 2003. In quell’anno infatti si ripresenta la questione Eternit su segnalazione di Enzo Merler, medico di Padova che da tempo stava svolgendo un’indagine epidemiologica su ex lavoratori di origine italiana della sede svizzera Eternit, a Niederumen, che si erano ammalati di mesotelioma, cancro maligno della pleura e del peritoneo causato dalle polveri di amianto39. Merler segnala al procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, che si era già occupato a lungo di disastri ambientali il caso specifico di un operaio, che dopo essere tornato nel capoluogo piemontese, era morto di mesotelioma a distanza di anni.

44In breve tempo, si mobilitano tutti i Comuni dove Eternit aveva operato in Italia, a partire da Casale Monferrato, sede dello stabilimento più vecchio, sino a giungere alla stesura di un maxiesposto accompagnato da una corposa documentazione medica, che testimonia la morte e la malattia di un migliaio di persone.

45Il 22 Dicembre 2004 a Torino l’avvocato Sergio Bonetto si reca al palazzo di giustizia seguito dai colleghi Anna Fusari, Paolo Pissarello, Oberdan Forlenza, il legale dell’Inca Massimo Di Celmo Bruno Pesce e Nicola Pondrano e con l’appoggio incondizionato di Bianca Guidetti Serra.

46Gli avvocati presentano alla cancelleria un esposto - denuncia di 56 pagine dove sono elencati i danni subiti, le cause che li hanno provocati e i nomi di coloro che hanno permesso che tutto avvenisse, i proprietari del colosso mondiale: i fratelli svizzeri Thomas e Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis de Cartier de Marchienne.

47Stephan Schmidheiny all’epoca dell’apertura del dibattimento era rappresentante dell’Onu per lo sviluppo sostenibile, inoltre è stato consigliere di Bill Clinton, docente di globalizzazione per alcune università pontificie, ha due lauree ad honorem negli Stati Uniti, è ideatore della “Swatch”, filantropo pluripremiato con 1,5 miliardi di dollari devoluti in beneficienza. A ventisei anni ha ereditato la guida del gruppo Eternit ramificato in 72 paesi. Schmidheiny è consapevole dei danni provocati dall’amianto, ma non ha mai considerato l’ipotesi di essere stato responsabile della tragedia di Casale Monferrato. Il barone Louis de Cartier de Marchienne deceduto il 21 maggio 2013, all’età di 91 anni, negli anni Sessanta era arrivato ai vertici Eternit. Successivamente, pur mantenendo un’importante quota di partecipazione, cedette il controllo dell’azienda ai fratelli Schmidheiny. Data l’importanza che aveva nel suo paese, non è casuale che in Belgio l’utilizzo dell’amianto sia stato definitivamente proibito solo nel 1998.

48Alla denuncia dei casalesi si associano anche gli ex lavoratori e semplici cittadini delle altre sedi Eternit in Italia: Bagnoli (Napoli), Balangero (Torino), Rubiera (Reggio Emilia), Siracusa e la vicina Cavagnolo. Attraverso una lunga opera di ricostruzione dei fatti è stato possibile ricavare anche i processi decisionali che hanno confermato come tra il 1970 e il 1986, anno della chiusura, le strategie e le politiche che riguardavano anche i siti produttivi italiani fossero stati compiuti a livello centralizzato dalla Eternit con sede a Niederurnen. La dirigenza svizzera interveniva direttamente su tutte le scelte gestionali delle imprese controllate, sempre dalla dirigenza svizzera provenivano tutte le indicazioni tecnico-produttive necessarie al normale funzionamento degli stabilimenti che erano costantemente monitorati sia per quanto riguarda la produzione sia per quanto riguarda l’ambiente.

49Nella ricostruzione accusatoria acquisisce un peso maggiore anche una vecchia prassi adottata dall’azienda di Casale Monferrato, a Cavagnolo e negli altri stabilimenti italiani: offrire ai dipendenti e ai cittadini materiale di scarto. In questo modo, secondo i legali che rappresentano le vittime, i vertici del gruppo hanno contribuito, anche attraverso la macinazione e la distribuzione del materiale difettoso trasformato in ghiaia a una dispersione sul territorio di materiale cancerogeno, il cui utilizzo era aumentato dalla gratuità dell’offerta. L’impresa peraltro non aveva mai fornito, né ai propri dipendenti né ai lavoratori impegnati nel trasporto di materiali, informazioni riguardo la pericolosità dell’amianto, giungendo a consentire il trasporto dei materiali su mezzi scoperti e obbligando i dipendenti al lavaggio delle tute di lavoro a domicilio, incoraggiandoli così a disperdere ulteriormente al di fuori dello stabilimento la polvere d’ amianto.

50La battaglia di Casale è imponente ma ha trovato l’appoggio del procuratore Raffaele Guariniello, magistrato che ha dedicato un’intera vita professionale all’iniziativa giudiziaria a tutela della salute negli ambienti di lavoro.

51Guariniello nel corso delle sue indagini mette insieme un fascicolo che si compone di oltre 22.000 pagine, cioè 150 faldoni che raccolgono tutti i documenti dell’inchiesta Eternit. All’inizio di agosto 2007 dalla procura di Torino partono gli avvisi di chiusura indagine, sintesi di anni di inchiesta per ricostruire delitti e responsabilità. Il primo elemento che colpisce è il numero di morti addebitati agli indagati: 2.969 persone colpite da mesotelioma pleurico. Le 105 pagine dell’avviso di conclusione dell’indagine con le gravi accuse di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di norme antinfortunistiche sono state indirizzate a due sole persone: Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, il barone belga e Stephan Schmidheiny uno dei due eredi dell’impero elvetico dell’amianto. Thomas Schmidheiny al contrario esce dal processo, il suo ruolo all’interno della multinazionale di famiglia non avrebbe comportato lo stesso grado di coinvolgimento dei due indagati.

52La procura ha anche stabilito di applicare al processo una legge appena varata, la legge 123 del 25 Agosto 2007. Questa norma prevede infatti, che quando gli amministratori di una società commettano reati dai quali le società stesse traggono vantaggio, queste ultime possono essere chiamate a rispondere penalmente ed essere sanzionate in base ai danni provocati, con multe, sequestri, ritiro di autorizzazioni e licenze o divieto di svolgere le proprie attività. La vicenda Eternit rappresenta il debutto assoluto di questo tipo di strumento di legge in Italia e non è certo un aspetto marginale del processo che la procura di Torino ha celebrato. Solo per le sanzioni, in caso di morte sono previste somme che arrivano fino a un milione e mezzo di euro. La chiamata in causa delle società, inoltre, potrebbe risultare molto importante dal punto di vista civilistico, colpire direttamente le società, infatti, potrebbe rivelarsi particolarmente efficace per chi si è posto l’obiettivo di chiudere definitivamente la battaglia contro l’amianto. Rendere antieconomiche certe attività attraverso sanzioni e limitazioni aziendali potrebbe rivelarsi il miglior disincentivo al perpetrare di certi tipi di imprenditoria.

53Il 10 dicembre 2009 nonostante entrambi gli imputati non siano mai apparsi davanti ai magistrati italiani, il tribunale della Repubblica italiana con sede a Torino inizia a celebrare il processo contro gli eredi dell’impero dell’amianto. Il giorno d’apertura del dibattimento accorre gente da tutta Italia, dalla Francia, Svizzera, Belgio ma anche dagli Stati Uniti, dal Brasile, dal Messico e dal Perù. In aula sono presenti 26 avvocati per rappresentare i due imputati e di fronte a loro un’altra schiera per rappresentare le parti civili, compresi molti colleghi provenienti da altri paesi, in prima fila i tre magistrati della pubblica accusa, Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli.

9. I capi d’accusa

  • 40 Art. 437 del Codice Penale.

54Schmidheiny e de Cartier sono chiamati a rispondere alla giustizia italiana per due capi di imputazione. Il primo risponde all’articolo 437 del Codice Penale, ossia «per aver omesso di collocare impianti, apparecchi e segnali destinati a prevenire malattie-infortunio e in particolare, patologie da amianto (carcinomi polmonari, mesoteliomi pleurici e peritoneali, asbestosi o patologie absesto correlate di natura non tumorale) presso gli stabilimenti di Cavagnolo, Casale Monferrato, Bagnoli, Rubiera e per aver omesso di adottare idonei impianti di aspirazione localizzata, idonei sistemi di ventilazione dei locali, sistemi di lavorazione dell’amianto a ciclo chiuso, volti a evitare la manipolazione manuale, lo sviluppo e la diffusione dell’amianto; idonei apparecchi personali di protezione, organizzati sistemi di pulizia degli indumenti da lavoro all’interno degli stabilimenti; con l’aggravante che dal fatto derivano più casi di malattia-infortunio in danno di lavoratori addetti presso i suddetti stabilimenti ad operazioni comportanti esposizione incontrollata e continuativa ad amianto, e deceduti o ammalatisi per patologie riconducibili ad amianto»40.

  • 41 Art. 434 del Codice Penale.

55Il secondo capo d’imputazione riguarda l’articolo 434 del Codice penale «per aver commesso fatti diretti a cagionare un disastro e dai quali è derivato un pericolo per la pubblica incolumità, e per aver omesso di adottare i provvedimenti, tecnici, organizzativi, procedurali,igienici necessari per contenere l’esposizione all’amianto»41.

56I vertici Eternit, infatti, avrebbero dovuto farsi carico di «attuare provvedimenti che comprendessero impianti d’aspirazione localizzata, adeguata ventilazione dei locali, utilizzo di sistemi a ciclo chiuso, limitazione dei tempi d’esposizione, procedure atte a evitare la manipolazione manuale, lo sviluppo e la diffusione delle sostanze precedentemente elencate, sistemi di pulizia degli indumenti di lavoro in ambito aziendale.

57Inoltre sono accusati di aver omesso di curare la fornitura e l’effettivo impiego di idonei apparecchi personali di protezione, di sottoporre i lavoratori ad adeguato controllo sanitario mirato sui rischi specifici da amianto, di informarsi e informare i lavoratori medesimi circa i rischi specifici derivanti dall’amianto e circa le misure per ovviare a tali rischi; in aree private e pubbliche al di fuori dei predetti stabilimenti fornito a privati e a enti pubblici, e mantenuto in uso materiali di amianto per la pavimentazione di strade, cortili, aie, o per la coibentazione di sottotetti di abitazione civile, determinando così un’esposizione incontrollata, continuativa e a tutt’oggi perdurante, senza rendere edotti gli esposti circa la pericolosità dei predetti materiali.

58Vi è stata per giunta un’esposizione di fanciulli e adolescenti anche durante attività ludiche, presso le abitazioni private dei lavoratori con omissione di organizzare la pulizia degli indumenti in ambito aziendale; non è stata organizzata la pulizia degli indumenti in ambito aziendale, in modo da evitare l’indebita esposizione ad amianto dei familiari conviventi e delle persone addette alla predetta pulizia.

  • 42 Sentenza Corte d’Appello di Torino Sezione Terza Penale 3 giugno 2013, p. 3.

59Vi è l’aggravante che il disastro è avvenuto in quanto l’amianto è stato immesso in ambienti di lavoro e ambienti di vita su vasta scala e per più decenni, mettendo in pericolo e denunciando l’integrità fisica sia di un numero determinato di lavoratori sia di popolazione causando il decesso di un elevato numero di lavoratori e di cittadini [...]»42.

  • 43 Tribunale di Torino Prima Sezione Penale, 20 giugno 2011.

60In aula il procuratore Guariniello poi riassume di nuovo le responsabilità dei due eredi delle famiglie proprietarie dell’Eternit e cita i provvedimenti che furono imposti alle industrie dell’amianto: «sostituzione del materiale, apparecchi chiusi, apparecchi muniti di aspirazione di raccolta delle polveri, inumidimento del materiale, separazione delle lavorazioni pericolose o insalubri, sistemi adeguati di pulizia dei locali di lavoro, deposito e scarico adeguato di rifiuti o altri materiali insalubri, armadi separati, servizi igienico-assistenziali idonei (primo fra tutti doccia e refettorio adeguati), adeguata informazione e formazione dei lavoratori circa i rischi specifici ed i modi di prevenire i danni derivanti da questi rischi, fornitura, impiego capillare, manutenzione di mezzi personali di protezione appropriati e resistenti, accertamenti sanitari preventivi periodici e non burocratici, ma mirati sul rischio specifico e idonei a scongiurare il passaggio dallo stato di salute allo stato di malattia»43.

61Con il passaggio dalla gestione belga a quella elvetica, in realtà si era verificato qualche miglioramento passando da una lavorazione a ciclo secco a una a ciclo umido, con una riduzione della polvere sollevata e quindi una minore minaccia per i polmoni. Questa miglioria però non era dovuta a un nuovo impulso improntato sulla sicurezza, ma era una scelta inevitabile per la sopravvivenza del colosso svizzero. All’epoca infatti si erano già diffuse nell’opinione pubblica alcune informazioni sulla pericolosità dell’amianto. La nuova minaccia per la società svizzera non arrivava più dall’amianto, i cui effetti negativi erano noti da tempo, ma dal fatto che ormai la sua pericolosità fosse nota anche all’opinione pubblica.

62Quindi pur di continuare a produrre e ad avere profitti, gli svizzeri scelsero di difendere la tesi dell’uso controllato dell’amianto e di piegarsi a qualche miglioria.

63Qualcosa di simile accade anche con le pulizie, sommarie e inadeguate. Gli strumenti messi a diposizione dall’azienda per rimuovere i chili di polvere annidati ovunque erano semplicemente delle scope. Vi furono molte proteste, ma chi faceva attività sindacale era redarguito con mansioni punitive come le pulizie dei filtri o del vascone dell’amianto.

10. Verso la sentenza definitiva

64L’intera giornata del 10 dicembre 2009 è totalmente spesa per le procedure d’istruzione del processo rese complicate dai grandi numeri. Il dibattimento proseguirà tutti i lunedì del 2009, 2010, 2011, in cui il tribunale convoca udienza; nasce così un nuovo calvario emotivo per i tanti, che non perdono una sola giornata di processo. Il 14 giugno 2011 è un giorno importante, il primo giorno di requisitoria della pubblica accusa. Questo appuntamento è importantissimo per madri, vedove, figli, amici, reduci della fabbrica. È il momento della resa dei conti, quello che tutta Casale aspettava. Per prima cosa viene aggiornato il quadro delle parti civili, vengono annotati così i continui e nuovi decessi Il pubblico ministero Sara Panelli chiarifica subito la complessità nel delineare cosa l’industria Eternit abbia significato per oltre un secolo. Ciò che però è importante sottolineare è l’esistenza di strategie elaborate a livello internazionale dalle maggiori industrie dell’amianto, prime fra tutte quelle che facevano capo agli imputati. Queste industrie hanno stretto accordi, hanno creato società per aumentare i loro profitti, hanno agito in modo compatto e unitario per rendere credibile un uso dell’amianto in sicurezza, nascondendo l’evidenza della micidiale cancerogenità del materiale.

  • 44 Tribunale di Torino 13 febbraio 2012, p. 189.

65Il 13 febbraio 2012 si arriva alla sentenza definitiva. Il processo è stato celebrato nel corso di sessantasei udienze, ed è stato caratterizzato da notevole complessità «sia con riferimento al numero delle parti processuali, in particolare delle parti civili costituite, inizialmente in numero superiore alle seimila unità, sia con riferimento ai temi trattati, tutti meritevoli di adeguato approfondimento probatorio»44.

66A Piazza Castello arrivano 26 pullman da Casale e dintorni, altri arrivano dall’Emilia Romagna, da Napoli, dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Spagna, dalla Gran Bretagna, ma anche dal Brasile, dalla California, da Washington. Gli avvocati sono un esercito, i giornalisti numerosissimi, i sindaci si dispongono tutti insieme, vicini, eccetto il sindaco di Casale Monferrato in disparte accanto al legale del Comune. Arriva il pool dell’accusa, Raffaele Guariniello, Sara Panelli, Gianfranco Colace insieme al procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli, arrivato per far sentire la sua vicinanza ai colleghi come già aveva fatto per il processo.

  • 45 Tribunale di Torino 13 febbraio 2012, p. 580.

67Alle 9,22 entra il presidente Giuseppe Casalbore, i giudici si ritirano e annunciano la lettura del verdetto per le 13,15 quando rientra il collegio dei giudici e il presidente Giuseppe Casalbore pronuncia il verdetto: «in nome del popolo italiano, il tribunale di Torino,visti gli articoli 533 e 535 del Codice di procedura penale,dichiara De Cartier Louis Marie Ghislain e Schmidheiny Stephan colpevoli dei reati loro contestati relativamente ai fatti successivi al 13 agosto 1999 e colpevoli dei reati loro contestati relativamente ai fatti successivi al 13 agosto 1999 e colpevoli dei reati contestati rispettivamente dal 27 giugno 1966 e dal 18 settembre 1974 in Cavagnolo e Casale Monferrato, e unificati sotto il vincolo della continuazione, li condanna a 16 anni di reclusione ciascuno […]» 45

68Uno per uno vengono pronunciati 6300 nomi: sono le parti civili, che devono essere risarcite e a ciascuno viene associato il nome del coniuge scomparso. La lettura dell’intero dispositivo richiede poco più di tre ore e comprende anche il lunghissimo elenco dei risarcimenti: 100 mila euro andranno ai sindacati, 4 milioni al comune di Cavagnolo, 15 milioni all’INAIL, 5 milioni all’ASL, 20 milioni alla regione Piemonte, 25 milioni al Comune di Casale Monferrato, 100 mila euro all’Associazione vittime dell’amianto, 30 mila euro a ciascuno dei parenti delle vittime, 35 mila euro ad ogni ammalato, per un totale che si avvicina ai 100 milioni di euro.

69Schmidheiny e De Cartier sono finalmente condannati, ma per il novantunenne belga (deceduto il 21 maggio 2013) questa condanna rappresenta solo un fastidio nominale, molto più pesante è l’effetto che il verdetto avrà sulla vita e l’immagine di Stephan Schmidheiny.

  • 46 ROSSI, Giampiero, Amianto. Processo alle fabbriche della morte, Milano, Melampo Editore, 2012, p. 1 (...)

70Sergio Bonetto, l’avvocato che ha accompagnato fin dai primi momenti il gruppetto di Casale, diventato una folla sempre più grande, a sentenza avvenuta dice: «Ora è una verità giudiziaria: quello che è accaduto non è figlio di nessuno, ma è figlio dei consigli di amministrazione di grandi gruppi internazionali»46. È emozionato anche Riccardo Coppo, l’ex sindaco, l’uomo che nel 1987 ebbe il coraggio di firmare l’ordinanza che proibì l’uso dell’amianto.

  • 47 Ibidem.

71«Non ero da solo, però ho agito con la soddisfazione di aver messo l’istituzione al servizio della collettività, non bastava la chiusura dell’Eternit bisognava dare un segnale concreto»47.

  • 48 ROSSI, Giampiero, Amianto. Processo alle fabbriche della morte, Milano, Melampo Editore, 2012, p. 1 (...)

72Pietro Condello, l’ex operaio che ha seguito le 66 udienze sempre indossando la sua vecchia tuta blu rilascia interviste a raffica: «La pena è giusta ma non riesco ad essere contento, perché non c’è denaro né galera che possa ripagare quelli che sono morti. Se non li condannavano, allora mi sarei sentito umiliato. Diciamo che oggi non sono umiliato e non sono contento»48.

73Il 3 giugno 2013 è stata emessa la sentenza di appello, con la quale la Corte d’Appello di Torino ha non soltanto confermato, ma aumentato la pena inflitta a Stephan Schmidheiny a 18 anni di carcere. La medesima Corte d’Appello di Torino ha sancito il non luogo a procedere per Cartier de Marchienne per sopravvenuto decesso dell’imputato.

Conclusione

74Nel 1995 il Comune di Casale Monferrato ha acquisito lo stabilimento che occupava 96.000 metri quadri, la bonifica dello stabilimento Eternit è finora l’unico intervento di bonifica di un vasto insediamento portato a termine in Italia, lo stabilimento casalese, era il più vasto d’Europa. Oltre alla bonifica dello stabilimento si è rivelato necessario procedere alla bonifica di tutto il territorio cittadino. Fino alla fine degli anni Ottanta, il materiale prodotto dall’Eternit era considerato ottimo materiale isolante per i sottotetti, era utilizzato per la ricopertura dei cortili e più in generale come materiale di riempimento e potendo essere reperito a costo zero dai cittadini era impiegato in quantità elevatissime, per questo il comune ha attivato numerose aree di bonifica anche in molte zone della città. Un altro intervento che ha comportato grandi sforzi da parte dell’amministrazione casalese ha riguardato l’intervento sulla sponda destra del fiume Po. Questo intervento si era reso necessario perché i detriti dispersi da un canale di scarico dell’Eternit avevano creato una vera e propria spiaggia ricoperta da vegetazione spontanea, contaminata da amianto in polvere o in fibre misto alla sabbia, un luogo che era stato frequentato a lungo dalla popolazione casalese. Depurare totalmente l’area della fabbrica e le molte aree del paese si è rilevato molto complesso, ancora oggi continuano ad essere denunciati nuovi siti urbani in cui sono state rilevate tracce d’amianto e ancora oggi le persone continuano ad ammalarsi di mesotelioma pleurico.

75Daniela Degiovanni, la giovane dottoressa che aveva dato per prima un grande contributo all’apertura del processo insieme ai due sindacalisti Nicola Pondrano e Bruno Pesce, oggi è oncologa e primario dell’hospice di Zaccheo di Casale Monferrato, struttura nata per accogliere i malati terminali di Casale. In questa struttura solo nel 2012 sono stati accolti 35 nuovi malati, e questo è un numero in difetto perché non tutti i malati di mesotelioma hanno scelto di andare a morire in quella struttura. La ricerca è ai suoi primi passi, per questo a differenza di altri tumori la diagnosi precoce, non allunga le speranze di vita, ma solo la consapevolezza della malattia. Gli epidemiologi sostengono che il picco della malattia ci sarà nel 2020, poi ci saranno quindici, vent’anni di stabilità e poi la curva della malattia comincerà a decrescere.

76L’amianto è fuori legge sul suolo nazionale dal 1992, e nel comune di Casale dal 1987. Questo non basta ancora però ad assicurare che l’amianto finisca la sua strage. È ancora legale in moltissimi paesi, come Cina, India,Indonesia, Usa, Canada. Nel mondo, ancora oggi, oltre cento milioni di persone lavorano a stretto contatto con l’amianto. La strage di questo minerale killer sembra inarrestabile, la battaglia di Casale però, seppur impari ha portato ad enormi risultati grazie agli sforzi e all’impegno di pochi uomini. Questo induce a sperare che anche nei paesi dove l’amianto è tutt’ora legale si possa arrivare al suo completo disuso.

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Note

1 ISRAËL, Liora, Le armi del diritto, Milano, Giuffrè, 2012, p. 3.

2 Ibidem, p. 22.

3 ROSSI, Giampiero, Amianto. Processo alle fabbriche della morte, Milano, Melampo Editore, 2012, p. 53.

4 ROSSI, Giampiero, La lana della salamandra. La vera storia della strage dell’amianto a Casale Monferrato Roma, Ediesse, 2008, p. 48.

5 Tribunale di Torino, sezione I, sentenza del processo Eternit 13 febbraio 2012, pp. 212-222.

6 ROSSI, Giampiero, La lana della salamandra. La vera storia della strage dell’amianto a Casale Monferrato Roma, Ediesse, 2008, p. 51.

7 Ibidem, p. 51.

8 Ibidem, p. 53.

9 Ibidem, p. 58.

10 ROSSI Giampiero, op. cit., p.60

11 Nicola Pondrano oggi è presidente del Fondo Nazionale vittime amianto

12 URL: <http://www.afeva.it/files/brasilia_pesce_2010.pdf> [Consultato il 29 luglio 2014]

13 ROSSI Giampiero, op. cit. p.70

14 URL: <http://www.afeva.it/files/storiaeternit.pdf> [consultato il 2 ottobre 2014].

15 GUIDETTI SERRA, Bianca, Bianca la rossa, Torino, Einaudi, 2009, p. 221.

16 URL: <http://www.afeva.it/files/storiaeternit.pdf> [consultato il 2 ottobre 2014].

17 ROSSI Giampiero, op. cit., p.97;
URL: <http://www.afeva.it/files/storiaeternit.pdf> [consultato il 29 luglio 2014].

18 Ordinanza num. 83 del 2 dicembre 1987.

19 Legge 257 /1992.

20 Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute, URL: <http://www.medicinademocratica.org/> [consultato il 30 luglio 2014].

21 ZUCCHETTI, Massimo, «Bianca Guidetti Serra e la messa al bando dell’amianto», in il Manifesto, 30 giugno 2014 [consultato il 30 luglio 2014].

22 Tribunale di Torino, sezione I, sentenza del processo Eternit 13 febbraio 2012, p. 542.

23 Ibidem, p. 543.

24 Tribunale di Torino, sezione I, sentenza del processo Eternit 13 febbraio 2012, p. 547.

25 Ibidem, p. 552.

26 Ibidem, p. 555.

27 Ibidem, p. 556.

28 Ibidem, p. 559.

29 URL: <http://www.medicinademocratica.org/wp/?p=1024> [consultato il 6 Settembre 2014].

30 Tribunale di Torino, sezione I, sentenza del processo Eternit 13 febbraio 2012, p. 566.

31 «Romiti e Mattioli la parola alla parte civile», in La Stampa, 20 maggio 1999.

32 «Dirigente rinviato a giudizio per mobbing», in La Stampa, 27 aprile 2004.

33 «Causa in pretura: licenziate perché sono donne», in La Stampa, 25 febbraio 1992.

34 «Morì per troppo lavoro, paga il committente», in [g. fav.] La Stampa, 1 marzo 1997.

35 «Condannato per 2 morti da amianto», in La Stampa, 29 novembre 1997.

36 URL: <http://www.rassegna.it/articoli/2011/04/15/73456/thyssenkrupp-la-strage-e-il-processo> [consultato il 9 settembre 2014].

37 «Eternit, i legali di parte civile: Pagate i danni da esposizione», in La Stampa, 18 luglio 2011.

38 GIAMBARTOLOMEI, Andrea, «Dopo la sentenza Eternit nasce Interforum Un’ong contro i crimini industriali nel mondo», in Il fatto quotidiano, 15 febbraio 2012.

39 URL: <http://www.avoicomunicare.it/blogpost/ambiente/torino-il-processo-eternit> [consultato il 31 luglio 2014].

40 Art. 437 del Codice Penale.

41 Art. 434 del Codice Penale.

42 Sentenza Corte d’Appello di Torino Sezione Terza Penale 3 giugno 2013, p. 3.

43 Tribunale di Torino Prima Sezione Penale, 20 giugno 2011.

44 Tribunale di Torino 13 febbraio 2012, p. 189.

45 Tribunale di Torino 13 febbraio 2012, p. 580.

46 ROSSI, Giampiero, Amianto. Processo alle fabbriche della morte, Milano, Melampo Editore, 2012, p. 150.

47 Ibidem.

48 ROSSI, Giampiero, Amianto. Processo alle fabbriche della morte, Milano, Melampo Editore, 2012, p. 150

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Costanza Zanasi, «La forza del diritto»Diacronie [Online], N° 20, 4 | 2014, documento 8, online dal 01 décembre 2014, consultato il 10 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/1720; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.1720

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Autore

Costanza Zanasi

Ha conseguito la Laurea triennale in Lettere Moderne presso l’Università di Bologna; è iscritta al secondo anno del corso di Laurea magistrale in Scienze Storiche presso l’università di Bologna. URL: http://www.studistorici.com/progett/autori/#Zanasi

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