L’attentato di Ceretolo
Abstract
Il lavoro si propone di analizzare il ruolo e le caratteristiche dell’avvocatura militante del legale bolognese Leonida Casali, esponente di spicco sia del Partito Comunista Italiano, sia del Comitato di Solidarietà Democratica nel secondo dopoguerra. Attraverso lo studio di vari casi particolari, quali i processi contro ex partigiani e militanti politici, si è puntato a far emergere l’intrinseca politicità dell’operato dell’avvocato, mostrandone, da una parte l’autorevolezza e l’autonomia operativa, dall’altra lo stretto rapporto che lo legava al PCI e al CSD. Tali aspetti permettono di delineare la figura dell’avvocato Casali come un unicum nel panorama della giustizia italiana dell’immediato dopoguerra.
Termini di indicizzazione
Torna suTesto integrale
Credits: by MarcoSuz Santi on YouTube (CC BY 2.0)
1Così si esprime il Segretario Comunale di Casalecchio di Reno Giorgio Archetti in una lettera rivolta a Luciano Guastaroba in merito all’appoggio che il consiglio comunale vuole dare alla famiglia di Angelo Piazzi e a tutti gli accusati dell’attentato di Ceretolo. Un processo che non si consuma semplicemente nelle aule di un tribunale ma, come emerge dalla lettera, diventa un’arma politica brandita dai vari partiti italiani per mettere in difficoltà lo schieramento ideologicamente avverso.
- 2 Gli accusati sono: Piazzi Angelo, Seidenari Antonio, Bolognini Giuseppe, Finelli Giorgio, Collina G (...)
2Il 19 giugno 1951 la Corte di Assise di Brescia si pronuncia sulla causa penale intentata contro Angelo Piazzi e altri esponenti comunisti della zona di Bologna2 accusati di aver fatto esplodere un ordigno il 20 settembre 1947 di fronte alla canonica di Ceretolo, causando la morte del tredicenne Cesarino Degli Esposti e il ferimento del parroco Don Geurrino Ghelfi e del giovane Roberto Tassinari. L’attentato naturalmente ebbe una grandissima eco mediatica, in particolare sulla carta stampata, oltre che per la tragicità dell’avvenimento anche per la presenza di un accusato che rivestiva importanti ruoli pubblici. La ricostruzione dei fatti del dibattimento del processo di Appello di Brescia ci offre la possibilità di segnalare alcuni importanti momenti della carriera politica di Angelo Piazzi. Già durante la guerra, da partigiano e combattente antifascista, fu chiamato a reggere la segreteria dopo le dimissioni del segretario del Comitato di Liberazione Nazionale, ma sarà dopo il 1945 che gli eventi tragici che porteranno l’Italia sulla soglia della guerra civile permetteranno a Piazzi di essere riconosciuto come una delle personalità più stimate del mondo comunista emiliano.
3Un momento spartiacque nella storia della giovane repubblica italiana è l’attentato a Palmiro Togliatti del 14 luglio 1948, due mesi dopo le elezioni dell’aprile 1948 che aveva infiammato la vita politica italiana. Poche ore dopo il ferimento del Segretario del Pci scoppiano in varie parti d’Italia decine di manifestazioni che, degenerando in molti casi in scontri con le forze dell’ordine, causano decine di morti e feriti e migliaia di arresti. Tra gli arrestati c’è lo stesso Angelo Piazzi benché rilasciato dopo pochi giorni. Dal 1948 diventa segretario della Camera del Lavoro e, dopo la fine del processo, sindaco di Casalecchio di Reno dal 1956 al 1962. Oltre a Angelo Piazzi tra gli accusati con ruoli politici ricordiamo Albertino Masetti e Andrea Bentini dirigenti del Pci locale e una serie di ex combattenti e partigiani durante la Seconda Guerra Mondiale: Ubaldo Gardi, Angelo Piazzi, Giorgio Finelli, Celestino Cassoli e Novello Landi.
- 3 Mafalda Sartori afferma: «Ripetei allora la frase della sera precedente, perché il mio sangue così (...)
- 4 Tribunale di Bologna Volume V, Fascicolo e Documenti, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 94, (...)
- 5 Sentenza della Corte di Assise di Brescia, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 1, p. 4.
- 6 ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 8, pp. 23-26.
- 7 Il maresciallo Carmelo Giorgione, nella sua deposizione durante il dibattimento, ricorda come le in (...)
4L’attentato, che qui viene ricostruito dalla sentenza dei giudici della Corte di Appello di Brescia, permette di evidenziare il livello di tensione e di conflittualità presente nell’Emilia subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Le carte della sentenza mettono in luce come la paura dei rossi fosse un sentimento presente anche tra la semplice popolazione del luogo oltre che nelle stanze del potere romane. Difatti fin da subito le attenzioni e i sospetti sono rivolti verso i comunisti di Ceretolo; la madre dell’ucciso individua nelle «bandiere rosse»3 i responsabili dell’omicidio mentre la sezione di Casalecchio di Reno della Camera Confederale del Lavoro pubblica un manifesto in cui riconosce la responsabilità dell’attentato nella «mano fascista»4, nonostante l’Arma dei Carabinieri «metteva in risalto la carenza di qualsiasi elemento per attribuire il gesto dinamitardo a movente politico poiché nessuna lagnanza poteva muoversi su quel terreno al parroco il quale durante il suo soggiorno a Ceretolo non si era occupato di politica ed era in paese benvoluto da tutti»5. Risulta a questo riguardo di grande interesse la lettura dei rapporti dei CC. di Bologna in cui si descrivono le varie personalità accusate dell’atto delittuoso; queste attivisti o simpatizzanti del PCI vengono chiamati «fanatici propagandisti», «elementi pericolosi per l’attuale ordinamento democratico»; «elementi capaci di azioni delittuose. Eseguono senza discussione e senza scrupoli gli ordini del loro partito»6. Da ciò emerge un clima sicuramente surriscaldato e di reciproca incomprensione e ignoranza. Infatti la vicenda si colora ben presto di fosche tinte di lotta politica in un’Italia ancora segnata dagli odi generati dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla difficile transizione verso una normale vita democratica e repubblicana. Nell’Emilia dell’epoca dominava la paura dei comunisti che durante i comizi si scagliavano contro i preti, i carabinieri e la polizia; le voci si rincorrevano ma erano concordi nel ricercare i colpevoli tra le bandiere rosse7. La paura dei rossi cresce nell’Emilia degli anni Quaranta, da quando l’unità antifascista si è ormai definitivamente sfaldata dopo la vittoria della Seconda Guerra Mondiale. In Italia segue un periodo in cui si susseguono una serie di governi centristi con le sinistre escluse da compiti di governo a causa delle pressioni degli USA che non avrebbero accettato un forte partito comunista al governo in Italia e la spaccatura del PSI dopo la fuoriuscita di Saragat evidenzia come l’attrazione dell’Occidente fosse molto forte anche nella sinistra italiana.
5La violenza la fa da padrona nell’Italia centrale e settentrionale, ed è tendenza della storiografia affermare che era una violenza perpetrata dagli stessi comunisti o simpatizzanti di sinistra che si scontravano con coloro che venivano identificati come fascisti. Il “triangolo della morte”, come giornalisticamente è stata chiamata una zona della provincia di Bologna in cui si registrarono un gran numero di omicidi politici, è l’esempio più famoso di quella sorta di guerra civile che insanguinò l’Italia a partire dall’armistizio dell’8 settembre 1943 fino al 1949, ed è in questo contesto che si svolgeranno le indagini e una parte del processo.
- 8 ISPER; Fondo Casali; Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 5.
6Sarà solamente tra l’aprile e il maggio del 1948, in concomitanza con le elezioni politiche, che cominceranno a uscire i primi nomi di uomini molto vicini agli ambienti comunisti di Ceretolo accusati dell’attentato, tra questi Giuseppe Finelli e Giovanni Seidenari; quest’ultimo viene indicato da Don Ghelfi nel maggio 1948 come l’autore di alcune lettere minatorie recapitate durante il maggio del 1946 al Cardinale di Bologna per farlo desistere dal trasferire a Ceretolo il nuovo parroco, definito in queste missive «reazionario e fascista»8. Da alcune anomalie riscontrate nelle lettere si era riusciti a identificare la macchina da scrivere sovente utilizzata dalla sezione del Partito Comunista di Casalecchio e il segretario Angelo Piazzi, ora coinvolto, cerca di chiarire la posizione del partito e la sua estraneità ai fatti.
- 9 Benché nella sentenza si parli di una vera e propria indagine interna, nel memoriale di Casali si a (...)
- 10 Sentenza della Corte di Assise di Brescia, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 1, p. 70
- 11 Ibidem, pp. 10-11.
- 12 ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 8, p. 4.
7Le indagini delle forze dell’ordine e l’intero processo sono considerati da parte del Partito Comunista un attacco politico e a questo proposito la sentenza ricostruisce il tentativo del Pci locale di avviare un’inchiesta per scovare i veri responsabili dell’attentato. Difatti Albertino Masetti, segretario della Federazione Comunista di Bologna, informa il prefetto Gen.D’Antoni che indagini interne del partito riconoscono nell’ex-repubblichino Aldo Osti, spalleggiato da una donna di nome Bice, come gli autori del delitto9. Seconda la sentenza il tentativo del Pci era di far ricadere la colpa dell’accaduto sui democristiani i quali in questo modo cercavano di colpire i comunisti della zona, ben sapendo che ben presto i primi sospetti sarebbero ricaduti proprio su di loro a causa di quella “paura rossa” di cui abbiamo fatto cenno. Molto bene si prestava la figura di Aldo Osti poiché un suo parente era segretario della Dc ed era descritto in paese come un violento10. Il Maresciallo Gorgone e il Maresciallo Mingarelli, dopo una serie di indagini sul conto di Aldo Osti, mettono in luce la pochezza delle accuse e, attraverso il Sindaco Dozza, viene informato Masetti dei risultati degli accertamenti11. A causa di questi sviluppi Masetti e Bentini vengono denunciati da Aldo Osti con l’accusa di calunnia il 13 aprile 194912.
- 13 ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 3.
- 14 Sentenza della Corte di Assise di Brescia, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 1, pp. 1 (...)
8Nel corso del 1949 i Carabinieri riprendono la pista di Antonio Seidenari e dei suoi compagni che erano entrati in contatto con Don Ghelfi e il 6 febbraio 1949 il Giudice Istruttore del Tribunale Penale di Bologna emette il mandato di cattura nei confronti di Angelo Piazzi, Antonio Seidenari, Giuseppe Bolognini e altri cinque uomini accusati di avere agito in concorso al fine di uccidere Don Guerrino e per detenzione di materiale esplosivo13 Giuseppe Bolognini durante il terzo interrogatorio ammette che, durante una riunione della cellula dieci giorni prima dell’esplosione dell’ordigno, si era parlato di possibili attentati contro chiese e sacerdoti che troppo si interessavano di politica e rubavano voti ai partiti di sinistra14 e Angelo Piazzi viene indicato come l’ideatore dell’attentato per mandare un segnale a Don Ghelfi che dal pulpito lanciava messaggi politici sgraditi. Il Congresso della Gioventù Cattolica del 21 settembre, con ciò si spiega la presenza dei due ragazzi che con Don Ghelfi preparavano dei cartelloni per la manifestazione, era una buona occasione per raggiungere questo scopo.
- 15 Ibidem, p.35.
- 16 Ibidem, p.70.
- 17 In una relazione sulla modalità del suo arresto racconta dei giorni di abusi e violenze subite dall (...)
- 18 Sentenza della Corte di Assise di Brescia, ISPER, Fondo Casali, Sez.2, Sett.2, b.95, f.1, p.105.
- 19 Ibidem,p. 105.
- 20 Ibidem,p. 97.
9Nei mesi successivi si svolgono gli interrogatori degli accusati che in un primo momento ammettono la loro colpevolezza per poi prontamente revocare le confessioni perché estorte dalla Polizia giudiziaria del luogo con la violenza15. Mentre gli ufficiali di Polizia e il Capitano Bianco respingevano ogni accusa16, Seidenari17, Finelli e Collina decidono di ritrattare le deposizioni rese in precedenza. Emblematico è il caso di Giorgio Finelli: viene interrogato in caserma il primo febbraio in cui fa limitate ammissioni, successivamente decide di ritrattare davanti al Giudice Istruttore poiché «non aveva potuto resistere alla fame, alla sete, al freddo, al sonno, alle botte», dopo l’interrogatorio viene riportato in caserma e dopo 4 ore di nuovo davanti al Giudice Istruttore dove revoca la ritrattazione e si dichiara colpevole, infine il 4 febbraio viene ricoverato in ospedale per segni di traumi sul corpo ed ecchimosi che non sono da mettere in connessione con fatti convulsivi isterici18. La ritrattazione di Seidenari, invece, avviene quando in cella entra in contatto con Bonfiglioli, accusato dell’omicidio Fanin, che «rimprovera aspramente» Seidenari e Bolognini di fare un danno al partito comunista se non dovessero ritrattare le loro deposizioni19. Solamente Giuseppe Bolognini continua a ammettere le proprie responsabilità e sul suo conto si apre una vicenda controversa in merito al ricovero del 20 settembre 1947 per disturbi mentali in un ospedale psichiatrico. L’accusa sostiene che il ricovero di un «giovane psichicamente anormale» era necessario per sminuire le possibili confessioni nel caso decidesse di tradire i compagni. La sentenza conclude che, poiché il Bolognini è stato utilizzato per un’azione non particolarmente importante e alla presenza degli altri correi, sarebbe stato più semplice non coinvolgere il giovane nell’atto delittuoso20.
- 21 Ibidem,p. 130.
10Pian piano l’intero impianto probatorio dell’accusa viene smantellato, le prove sono considerate non sufficienti e le confessioni degli imputati non attendibili. Il processo si conclude con l’assoluzione degli imputati per insufficienza di prove e assolve Masetti dall’imputazione di concorso in calunnia perché il fatto non costituisce reato.21
1. La difesa di Casali
- 22 Lettera redatta a macchina da Bolognini Aldo indirizzata a Leonida Casali. ISPER, Fondo Casali, Sez (...)
- 23 «Avanti la sezione istruttoria presso la corte di Appello di Bologna, breve memoria» ISPER, Fondo C (...)
- 24 «Il verdetto della Corte d’Assise di Brescia ha bollato gli autori dell’infame congiura», in La Lot (...)
11Il processo viene recepito come un attacco politico e per questa ragione si mette immediatamente in moto la macchina organizzativa del Comitato di Solidarietà Democratica che investe l’avvocato Leonida Casali di Bologna del compito di difendere i comunisti accusati dell’attentato. Difatti appena pochi giorni dopo l’attentato lo zio di Giuseppe Bolognini, Aldo, affida la difesa del nipote a Casali22. Che il processo sia ormai diventato un processo politico è chiaro fin dalle prime battute e Casali lo afferma a chiare lettere in una breve memoria del 31 Marzo 1950 scritta pochi giorni dopo l’uscita della requisitoria del Pubblico Ministero. Afferma l’Avvocato del Pci: «Questo processo è purtroppo il risultato di una artificiosa macchinazione avente come obiettivo essenziale lo scopo di colpire i comunisti più in vista della zona di Casalecchio e di Ceretolo e con essi il Partito Comunista, onde potere fomentare quella campagna anticomunista che il partito al potere sta conducendo con sempre più ampi sviluppi dal 1948»23. Un governo centrale che suole sfruttare gli organi di polizia, «fedeli discepoli di Scelba»24 per colpire gli otto di Ceretolo e quindi di riflesso anche il Partito Comunista Italiano.
12Secondo Leonida Casali il potere giudiziario, fin quando è legato a doppio filo con l’esecutivo e con un governo di parte, non potrà che incolpare, quando le condizioni lo permettono, dei comunisti innocenti per favorire gli interessi del partito al potere. Nel caso specifico l’avvocato Casali mostra come le confessioni fossero state estorte con la violenza e sia stato sfruttato un «demente» come Giuseppe Bolognini per avvalorare le tesi dell’accusa.
13Giuseppe Bolognini sembra quindi essere l’elemento di disturbo di tutto l’impianto difensivo e perciò si cerca di spezzare i possibili collegamenti tra lui e l’ambiente comunista definendolo semplicemente un «non comunista» e quindi non conosciuto dal partito e dall’ambiente.
- 25 Avanti la sezione istruttoria presso la corte di Appello di Bologna, breve memoria. ISPER, Fondo Ca (...)
Noi che conosciamo gli imputati del reato più grave (a esclusione del Bolognini che non è mai stato comunista) e che sappiamo come essi fossero elementi attivi e strettamente aderenti alla linea ideologica del Pci, siamo certi che essi mai avrebbero potuto nemmeno pensare a porre in esecuzione un atto terroristico come quello di cui si tratta25.
14L’essere comunista equivale a essere innocente dal punto di vista penale perché il tutto è stato ordito dal potere centrale nemico della causa comunista; prima che processuale la difesa è organizzata politicamente in quanto bisogna rispondere a un processo che, per i comunisti, è politico.
- 26 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Commissione regionale riconoscimento qualifiche partigiani (...)
- 27 A questo proposito è sufficiente sfogliare quotidiani come «l’Unità» per notare questo intento reto (...)
- 28 Angelo Piazzi, Celestino Cassoli e Novello Landi fecero parte della 63esima Brigata Bolero della qu (...)
15In questo senso risulta importante quello che succede tra l’aprile e il giugno 1950; in questi mesi Ubaldo Gardi, Angelo Piazzi, Giorgio Finelli, Celestino Cassoli e Novello Landi vengono riconosciuti «Partigiani Combattenti» dalla Commissione regionale per il riconoscimento delle qualifiche di partigiani26. Su queste qualifiche, ed in particolar modo sulla carta stampata, si poteva costruire un impianto retorico27 tale che la possibile condanna non riguardava dei semplici cittadini ma dei partigiani che avevano lottato sul campo per la costruzione di un’Italia antifascista28.
- 29 ISPER; Fondo Casali; Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 8.
16La stampa quotidiana legata agli ambienti comunisti seguì con grande partecipazione lo sviluppo del processo, giornalmente scrivevano pezzi aggiornando l’opinione pubblica dell’andamento delle udienze ed infine accogliendo con grande sollievo la notizia dell’assoluzione degli imputati. L’avvocato Casali, in un articolo apparso su «La Lotta» definisce il processo una delle più grandi macchinazioni mai organizzate contro il Pci e come un «prodotto di quella pratica di anticomunismo idiota e criminale con il quale si cerca di dividere il popolo italiano»29.
17L’attività della difesa comincia immediatamente dopo l’arresto degli imputati. L’avvocato Casali, difensore di fiducia, in data 27 gennaio 1949 richiede in via immediata la scarcerazione o in via subordinata la liberà provvisoria di Giuseppe Bolognini. Giovanni Seidenari, Giorgio Finelli e Baleotti Stefano. L’istanza viene rigettata dal Giudice Istruttore il 15 febbraio 1949.
- 30 Corte di Assise di Brescia Verbale di costituzione definitiva della Corte d’Assise e successivo dib (...)
18Dai resoconti del dibattimento che comincia il 14 maggio 1951 si legge la divisione da parte degli avvocati della difesa degli imputati nel processo di appello di Brescia.30 L’avvocato Casali difende Angelo Piazzi, Celestino Cassoli, Albertino Masetti e Andrea Bentini, l’avvocato Quaglia difende Novello Landi e Ubaldo Gardi; l’avvocato Alberini difende Giuseppe Bolognini, Giuseppe Collina e Alfredo Busi. E’ possibile ravvisare una preferenza accordata all’avvocato Casali per gli imputati con ruoli politici importanti nel bolognese; ricordiamo che Angelo Piazzi è il presidente della Camera del Lavoro di Casalecchio di Reno, Masetti e Bentini dirigenti del Pci locale e Celestino Cassoli ex combattente e partigiano durante la Seconda guerra mondiale.
19Alcune lettere spedite a Casali da Giuseppe Ferrandi e dall’avvocato Quaglia forniscono informazioni importanti sul funzionamento del Comitato e sull’organizzazione del gruppo degli avvocati.
- 31 Lettera di Giuseppe Ferrandi a Leonida Casali del 20 aprile 1951 in cui informa che, a causa di imp (...)
20Chi sia a decidere gli avvocati per le varie cause è evidente in una corrispondenza tra l’On. Giuseppe Ferrandi e Casali in cui il primo afferma: «Ho scritto al Generale Zani e scrivo a te perché provvediate a tempo a assicurare un difensore in mia vece»31. Il Generale Francesco Zani è il presidente del Comitato di Solidarietà Democratica}. Leonida Casali ha quindi un ruolo attivo nello smistamento degli avvocati e la corrispondenza con l’avvocato socialista Ferrandi dimostra, come già affermato nell’introduzione, che il Comitato ha al proprio interno avvocati appartenenti al mondo della sinistra e non solo al Partito Comunista.
- 32 Corte di Assise di Brescia Verbale di costituzione definitiva della Corte d’Assise e successivo dib (...)
21Principalmente la linea difensiva scelta da Casali si basava sulla denuncia delle violenze del Capitano Bianco per smontare le confessioni rese in caserma. Difatti Antonio Seidenari, Giorgio Finelli, Giuseppe Bolognini, Giuseppe Collina e Novello Landi raccontano i primi istanti dopo l’arresto e tutti esordiscono con la descrizione delle intimidazioni, delle violenze e delle torture subite dai carabinieri. Raccontano che gli interrogatori avvenivano generalmente di notte, erano rinchiusi in piccole stanze, digiuni per svariati giorni e spesso costretti a rimanere diverse ore in piedi.32 Le violenze subite spiegano le confessioni rese dagli imputati ormai sfiniti fisicamente.
- 33 Lettera dell’Avvocato Quaglia a Leonida Casali. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 9.
22Casali affronta la questione di Giuseppe Bolognini, che come abbiamo visto è il soggetto più lontano dal Pci e anche il soggetto più instabile, in una lettera indirizzata all’avvocato Alberini nella quale consiglia quella che secondo lui è la linea difensiva migliore da perseguire. In una lettera del 7 marzo 1951 Casali afferma che non è il caso di insistere sull’infermità totale del Bolognini perché quando è lucido mentalmente respinge le accuse e si discolpa affermando che le sue dichiarazioni gli sono state estorte. Ma non tutti gli avvocati sono d’accordo con questa strategia difensiva e difatti, una volta informato della faccenda, l’avvocato Quaglia spedisce una lettera a Casali in cui spiega il suo punto di vista sulla gestione del caso Bolognini e indirettamente ci fornisce delle informazioni sull’organizzazione di questo gruppo di avvocati del Pci; afferma Quaglia: «Per me, se fin da principio avessi avuto la causa, sarebbe sembrata cosa giusta abbandonare il Bolognini a un suo difensore, e sostenerne la totale infermità [...] Ci vedremo a Brescia e sentirò da lei quali sono le direttive da seguire»33. Da queste poche parole è possibile fare due ipotesi: o Casali, personalmente e autonomamente, decideva la linea difensiva da seguire oppure era un tramite tra il Comitato di Solidarietà Democratica, da cui partivano le direttive, e il gruppo degli avvocati militanti.
23Dalle carte d’archivio che è stato possibile consultare, ed in particolare dalle corrispondenze tra gli avvocati e tra gli imputati e i loro difensori, emerge come Casali, essendo una personalità importantissima nell’ambiente emiliano e oltre a essere considerato quasi come un padre dagli uomini sotto processo, assuma indubbiamente un ruolo di guida all’interno del collegio di difesa e si può ipotizzare che la gestione della difesa sia un compito dell’avvocato bolognese. Il Comitato di Solidarietà Democratica ha quindi un ruolo di organizzazione del gruppo degli avvocati, di fornitura di un’assistenza legale gratuita degli imputati e di supporto delle famiglie. È evidente che il ruolo più importante che il Comitato riveste è quello di essere in prima linea nel denunciare la natura politica dei processi voluti ed organizzati dal mondo borghese reazionario e fascista per frenare l’avanzata delle sinistre e miranti a demonizzare il nemico e a creare disaffezione e paura nell’opinione pubblica. Questa difesa politica risulta essere efficace se anche gli avvocati sono capaci di imbastire una “difesa militante” facendo ricorso a quell’armamentario retorico che è ben presente a esempio nella memoria di Casali prima citata. La difesa di questi uomini aderenti ai partiti delle sinistre o comunque di simpatizzanti è un’operazione importante per i socialisti e comunisti che avevano il sentore in quei mesi dopo il 1945 di essere pian piano messi ai margini della vita politica del paese, sempre più schiacciati dall’emergere anche in Italia di partiti e governi filo-occidentali e filo-americani.
Note
2 Gli accusati sono: Piazzi Angelo, Seidenari Antonio, Bolognini Giuseppe, Finelli Giorgio, Collina Giuseppe, Landi Novello, Cassoli Celestino, Gardi Ubaldo, Busi Alfredo, Bolognini Aldo, Masetti Albertino, Bentini Andrea, Falzoni Antonio. I primi nove accusati della preparazione e attuazione dell’attentato e i restanti di reati connessi e collaterali all’atto delittuoso.“Sentenza della Corte di Assise di Brescia”, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 1.
3 Mafalda Sartori afferma: «Ripetei allora la frase della sera precedente, perché il mio sangue così mi suggeriva e pensavo che all’infuori di quelli nessuno poteva essere stato» in Corte di Assise di Brescia Verbale di costituzione definitiva della Corte d’Assise e successivo dibattimento, Sesta Udienza; ISPER, Fondo Casali, Sez.2, Sett.2, b.95, f.5, p.4. Da queste poche parole della madre del bambino ucciso si evince il grado di paura che porta, in seguito a un attentato di tal genere, a far ricadere i primi sospetti sui comunisti della zona.
4 Tribunale di Bologna Volume V, Fascicolo e Documenti, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 5, p. 6.
5 Sentenza della Corte di Assise di Brescia, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 1, p. 4.
6 ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 8, pp. 23-26.
7 Il maresciallo Carmelo Giorgione, nella sua deposizione durante il dibattimento, ricorda come le indagini fossero frenate dalla paura che regnava nella zona e tra la popolazione locale. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 5, Decima Udienza p. 26.
8 ISPER; Fondo Casali; Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 5.
9 Benché nella sentenza si parli di una vera e propria indagine interna, nel memoriale di Casali si afferma che, dopo l’arrivo di alcune lettere anonime presso la sede del Pci in cui si indicava Aldo Osti responsabile dell’attentato, sia Masetti che Bentini non potevano sapere se costui fosse o meno colpevole ma avevano ottemperato ai loro obblighi informando il Prefetto delle lettere. Ben diversa risulta l’analisi del Capitano Bianco che afferma: «Alla strategia delle risultanze si può senz’altro affermare che con la presentazione dello appunto [...] gli esponenti comunisti locali altro scopo non si siano prefissi di raggiungere all’infuori di quello tendente a fuorviare le indagini addossando deliberatamente a altri quelle responsabilità che col volgere del tempo è invece emersa chiara nei riguardi di loro seguaci». ISPER; Fondo Casali; Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 8, pp. 13-14.
10 Sentenza della Corte di Assise di Brescia, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 1, p. 70.
11 Ibidem, pp. 10-11.
12 ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 8, p. 4.
13 ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 3.
14 Sentenza della Corte di Assise di Brescia, ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 1, pp. 15-16.
15 Ibidem, p.35.
16 Ibidem, p.70.
17 In una relazione sulla modalità del suo arresto racconta dei giorni di abusi e violenze subite dalla polizia e dal Cap. Bianco. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 7.
18 Sentenza della Corte di Assise di Brescia, ISPER, Fondo Casali, Sez.2, Sett.2, b.95, f.1, p.105.
19 Ibidem,p. 105.
20 Ibidem,p. 97.
21 Ibidem,p. 130.
22 Lettera redatta a macchina da Bolognini Aldo indirizzata a Leonida Casali. ISPER, Fondo Casali, Sez.2, Sett.2, b.95, f.7.
23 «Avanti la sezione istruttoria presso la corte di Appello di Bologna, breve memoria» ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 4, pp. 1-2.
24 «Il verdetto della Corte d’Assise di Brescia ha bollato gli autori dell’infame congiura», in La Lotta, 22 giugno 1951.
25 Avanti la sezione istruttoria presso la corte di Appello di Bologna, breve memoria. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 4, p. 5.
26 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Commissione regionale riconoscimento qualifiche partigiani Emilia e Romagna. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 6.
27 A questo proposito è sufficiente sfogliare quotidiani come «l’Unità» per notare questo intento retorico negli articoli che si interessavano dei processi contro uomini del PCI.
28 Angelo Piazzi, Celestino Cassoli e Novello Landi fecero parte della 63esima Brigata Bolero della quale Brigata Casali era Maggiore.
29 ISPER; Fondo Casali; Sez. 2, Sett. 2, b. 94, f. 8.
30 Corte di Assise di Brescia Verbale di costituzione definitiva della Corte d’Assise e successivo dibattimento. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 5, p. 3.
31 Lettera di Giuseppe Ferrandi a Leonida Casali del 20 aprile 1951 in cui informa che, a causa di impegni di campagna elettorale, non potrà rivestire il ruolo di avvocato difensore nel processo di Ceretolo. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 9.
32 Corte di Assise di Brescia Verbale di costituzione definitiva della Corte d’Assise e successivo dibattimento. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 5, pp. 6-50.
33 Lettera dell’Avvocato Quaglia a Leonida Casali. ISPER, Fondo Casali, Sez. 2, Sett. 2, b. 95, f. 9.
Torna suPer citare questo articolo
Notizia bibliografica digitale
Nicola Caroli, «L’attentato di Ceretolo», Diacronie [Online], N° 20, 4 | 2014, documento 3, online dal 01 décembre 2014, consultato il 01 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/1689; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.1689
Torna suDiritti d'autore
Solamente il testo è utilizzabile con licenza CC BY-NC-ND 4.0. Salvo diversa indicazione, per tutti agli altri elementi (illustrazioni, allegati importati) la copia non è autorizzata ("Tutti i diritti riservati").
Torna su