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IV. Recensioni
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Umberto Tulli, A Precarious Equilibrium: Human rights and Détente in Jimmy Carters Soviet Policy

Julie Marie Caddeo
Notizia bibliografica:

Umberto TULLI, A Precarious Equilibrium: Human rights and Détente in Jimmy Carters Soviet Policy, Manchester, Manchester University Press, 2020, 224 pp.

Testo integrale

Umberto TULLI, A Precarious Equilibrium. Human rights and Détente in Jimmy Carter’s Soviet Policy, Manchester, Manchester University Press, 2020, 224 pp.Visualizza l'immagine
Credits: (C) Manchester University Press
  • 1 Tra le sue pubblicazioni recenti: TULLI, Umberto, Dai diritti umani alla promozione della democrazi (...)
  • 2 MOYN, Samuel, The Last Utopia: Human Rights in History, Cambridge (MA), Harvard University Press, 2 (...)

1Negli ultimi quindici anni il tema dei diritti umani è stato al centro delle indagini di numerosi storici. Una conclusione importante di questa nuova ondata storiografica è la centralità dei diritti umani per la storia globale degli anni Settanta ed il valore periodizzante del decennio nella storia dei diritti umani. È nei lunghi anni Settanta che i diritti umani diventano, come ha scritto lo storico Samuel Moyn, una “ultima utopia” non politica, che alimenta una mobilitazione globale per trasformare il mondo e superare la contrapposizione della Guerra fredda. A Precarious Equilibrium di Umberto Tulli, ricercatore all’Università di Trento e studioso di storia internazionale1, condivide solo in parte tale prospettiva. Riconosce l’importanza dei diritti umani negli anni Settanta. Li presenta, proprio come fa Moyn, come una lingua franca universale che ispira forme di mobilitazione e attivismo globali. Tuttavia, quello che Tulli fa è ricondurli alla loro dimensione politica, legandoli non tanto alle trasformazioni globali quanto a quelle della politica statunitense, e sottolineando come, anziché superare lo scontro bipolare, questi andarono a trasformarlo2.

  • 3 TULLI, Umberto, Tra diritti umani e distensione. L’amministrazione Carter e il dissenso in Urss, Mi (...)

2Il volume, una versione in parte rivista ed aggiornata di un lavoro apparso in italiano nel 20133, si compone di cinque capitoli. Muove dalle conseguenze della fine della guerra del Vietnam sulla società, sulla politica e sulle istituzioni americane. Nel fermento di proposte per la politica estera americana che emerse all’indomani della guerra, l’autore indica come la promozione dei diritti umani all’estero figurava al centro di alcune di queste proposte che furono, però, scartate dall’amministrazione Nixon. Nella sua politica estera, incentrata sul realismo politico e sulla distensione con l’Unione Sovietica, non c’era posto alcuno per la promozione dei diritti umani o per altre grandi questioni idealiste. Proprio per questo, gli oppositori della distensione bipolare e dell’amministrazione Nixon si appropriarono del linguaggio dei diritti umani per criticare le scelte della Casa Bianca. Da sinistra, alcuni esponenti democratici iniziarono a censurare il sostegno che gli Stati Uniti stavano garantendo a numerosi regimi autoritari “di destra”. Da destra, alcuni politici conservatori usarono il tema delle violazioni sovietiche dei diritti umani per denunciare come la Casa Bianca, attraverso la distensione, ne fosse diventata complice.

  • 4 TULLI, Umberto, A Precarious Equilibrium, cit., p. 4.
  • 5 Ibidem, p. 5.

3Qui Tulli sottolinea come la storia dei diritti umani nella politica estera americana degli anni Settanta sia soprattutto una storia del rapporto tra diritti umani e distensione bipolare; come tra queste due iniziative politiche si sia sviluppato un rapporto “inatteso, ambiguo, contraddittorio” e declinato su più livelli4. In primo luogo, la distensione bipolare fu un prerequisito per la consapevolezza e l’attivismo occidentale in difesa dei dissidenti in Urss. Le tante pagine di quotidiani dedicate al tema, le interrogazioni del Congresso statunitense, l’attenzione delle case editrici per Aleksandr Solženicyn o degli scienziati per Andrei Sacharov, il movimento globale a sostegno della libera emigrazione degli ebrei sovietici sono solo alcuni degli esempi che Tulli richiama per spiegare come il dialogo bipolare ed i contatti culturali e sociali che si svilupparono tra Est ed Ovest siano stati fondamentali per alimentare l’attenzione verso la soppressione delle libertà in Urss. Tuttavia, ci dice Tulli, diritti umani e distensione furono anche in netta opposizione. Lo furono nelle relazioni internazionali, poiché dalla prospettiva sovietica l’attenzione verso i diritti umani non era conciliabile con la distensione. Lo furono, anche, nel dibattito politico americano dove a partire dal 1974 alcuni politici conservatori sostennero come la distensione fosse stata immaginata e negoziata per escludere ogni azione in difesa dei diritti umani. Il terzo legame, che risulta forse l’aspetto più interessante ed originale dell’interpretazione di Tulli, è il tentativo di sintesi operato dall’amministrazione Carter (1977-1981) che cercò di rendere i diritti umani «compatibili con e funzionali alla» distensione5. Si trattava di sviluppare un doppio processo negoziale. Il primo, nelle relazioni internazionali, volto a spingere i sovietici a rispettare i diritti umani grazie ai benefici che la distensione avrebbe creato. Il secondo, all’interno degli Stati Uniti: attraverso la fermezza sulle violazioni sovietiche dei diritti umani, Carter cercò di creare un nuovo consenso sulla distensione.

4Carter si mosse ambiguamente tra queste due coordinate. Cercò dapprima di sfidare l’Unione Sovietica sul rispetto dei diritti umani, tentando però di preservare la distensione, nella speranza di recuperare consensi tra i conservatori americani. Dopo il 1978, al montare delle critiche sovietiche – di quelle della sinistra americana, così come di quelle che provenivano dagli alleati europei – Carter decise di smorzare i toni, aprendo un nuovo fronte di critica all’interno degli Stati Uniti dove molti iniziarono a sottolineare come il presidente americano avesse abbandonato i dissidenti in Urss. Schiacciato tra queste contraddizioni, e tra due poli politici che, come l’Urss e i conservatori americani, non avevano alcuna intenzione di negoziare secondo i termini della controparte, Carter fallì.

  • 6 Oltre al già citato Samuel Moyn, cfr.: DUMBRELL, John, The Carter Presidency: A Re-evaluation, Manc (...)
  • 7 TULLI, Umberto, A Precarious Equilibrium, cit., p. 193.
  • 8 Sulla distensione di Richard Nixon, Gerald Ford e Henry Kissinger cfr.: HANHIMAKI, Jussi M., The Fl (...)

5La ricostruzione di Tulli è ambiziosa, convincente e originale. Lo è nella misura in cui si scosta dalla vasta letteratura sui diritti umani negli anni Settanta che minimizza il ruolo della Guerra fredda6. Per Tulli, invece, la Guerra fredda è l’essenza di questa storia, così come dell’amministrazione Carter. Scrive infatti l’autore che Carter fu un coldwarrior sin dal suo primo giorno alla Casa Bianca. Lo fu anche nel modo in cui affrontò la distensione bipolare, e qui Tulli sottolinea la profonda differenza con quella delle precedenti amministrazioni repubblicane. Se per Nixon, Ford e Kissinger, la distensione non lasciava posto a questioni ideologiche, la distensione di Carter fu concepita secondo una visione minimalista, come un’assenza di guerra ed una sostanziale normalizzazione delle tensioni tra Est ed Ovest. Si trattava – come scrive l’autore – del rifiuto di «una visione statica del confronto bipolare»7 e di un tentativo di erodere l’ideologia sovietica attraverso la difesa dei diritti umani: ridotto il pericolo di una guerra nucleare, in buona sostanza, la distensione avrebbe permesso agli Stati Uniti di sfidare ideologicamente i sovietici, proprio attraverso i diritti umani8.

  • 9 Tra i tanti volumi di Brzezinski, si rimanda alla sua opera principale: BRZEZINSKI, Zbigniew, The S (...)

6Su questa valutazione pesa forse l’attenzione che l’autore riserva alla produzione accademica, intellettuale e politica di Zbigniew Brzezinski, che di Carter fu il Consigliere per la Sicurezza Nazionale9. E, senza dubbio, è un merito di Tulli quello di aver cercato di restituire Brzezinski alla sua complessità e di collegare la politica estera di Carter con la riflessione del Consigliere di origini polacche. In questo senso, scrive Tulli, già dalla fine degli anni Sessanta, Brzezinski aveva sostenuto la necessità di rivedere la distensione bipolare per sfidare ideologicamente i sovietici e, magari, creare legami diversi e preferenziali con alcuni regimi dell’Europa dell’Est, riducendo così l’influenza dell’Urss su di questi. Il risultato è quello di presentare la politica dei diritti umani non come una forma di soft diplomacy, come spesso accade negli studi sulla politica estera di Carter, ma come una componente essenziale di una politica estera aggressiva, capace di spingere i sovietici sulla difensiva nelle relazioni internazionali e di acuire i problemi di legittimità dello Stato sovietico, e di un tentativo di ricostruire il consenso interno sulla politica estera americana.

7Infine, giocano sicuramente a favore del lavoro di Tulli la ricchezza dello scavo archivistico e la sofisticatezza metodologica. Nel raccontare la storia dei diritti umani e della distensione, Tulli intreccia prospettive e metodologie diverse. Quella tradizionale della storia delle relazioni internazionali, che è una prospettiva fondamentale per comprendere il dialogo tra Stati Uniti, Unione Sovietica, ma anche con gli Stati europei. Quella egualmente tradizionale della politica interna e della storia istituzionale degli Stati Uniti, poiché il Congresso fu un attore fondamentale nell’indirizzare l’attenzione americana verso i diritti umani e nel censurare la politica di Carter. Quella più originale della storia transnazionale, che fa dialogare la politica americana con i dissidenti sovietici e le reti transnazionali sorte in loro sostegno. Tutto ciò è sorretto da un uso minuzioso, e quasi manicale, di fonti d’archivio inedite, provenienti da archivi governativi o di organizzazioni internazionali (i National Archives americani, le biblioteche presidenziali di Ford e Carter, ma anche gli archivi britannici, quelli della Cee e, persino, quelli del Comitato olimpico internazionale), da quelli del Congresso americano e di singole personalità politiche (i senatori conservatori Henry M. Jackson e Daniel P. Moynihan o il diplomatico Arthur Goldberg), o dalle collezioni personali di alcuni dissidenti sovietici (Andrei Sacharov e Andrej Amal’rik), così come gli archivi delle principali organizzazioni non governative per la tutela dei diritti umani nel mondo (Amnesty International e Helsinki Watch).

8A fronte di questa ricchezza, il volume lascia alcuni interrogativi aperti.

  • 10 SCHOULTZ, Lars, Human Rights and United States Policy toward Latin America, Princeton, Princeton Un (...)

9Il primo riguarda gli scopi del libro e, in particolare, quello di rimettere la Guerra fredda al centro della politica dei diritti umani di Carter. È un obiettivo, questo, che viene realizzato solo in parte. La struttura del libro, l’attenzione verso la distensione bipolare, le stesse fonti d’archivio portano l’autore a lasciare in secondo piano il modo in cui la politica dei diritti umani si è sviluppata fuori dal contesto bipolare ed abbia modificato le politiche di aiuti allo sviluppo degli Stati Uniti, in particolare verso l’America Latina. Una mancanza che risulta tanto più evidente se si considera la vasta letteratura in materia10.

  • 11 SMITH, Gaddis, Morality, Reason and Power. American Diplomacy in the Carter Years, New York, Hill (...)

10Il secondo, invece, tocca le personalità e le figure politiche del volume. La dettagliata ricostruzione del pensiero e delle azioni di Zbigniew Brzezinski non è accompagnata da un simile lavoro per altre figure di primo piano dell’amministrazione Carter, su tutti il Segretario di Stato Cyrus Vance o la responsabile per i diritti umani Patricia Derian. Il dibattito costante tra il “falco” Brzezinski e la colomba “Vance”, che è stato al centro di studi sulla politica estera di Carter, è quasi del tutto assente11. Lo stesso presidente Carter sembra ricevere un’attenzione minore rispetto a Brzezinski, nonostante la sua profonda religiosità e la genuina attenzione verso il tema dei diritti umani. Va anche peggio ai leader sovietici o a quelli europei che, come il presidente francese Giscard d’Estaing o il Cancelliere tedesco Helmut Schmidt, criticarono la politica dei diritti umani di Carter. Un’analisi approfondita delle loro ragioni e dei loro obiettivi avrebbe contribuito ad arricchire il racconto di Tulli.

  • 12 SNYDER, Sarah B., Human Rights Activism and the End of the Cold War. A Transnational History of the (...)

11Infine, una critica riguarda il titolo. Come nell’edizione italiana (Tra diritti umani e distensione. L’amministrazione Carter e il dissenso in Urss), il titolo non rende giustizia all’opera che, più che concentrarsi sulla parabola dell’amministrazione Carter e della sua politica dei diritti umani, sembra voler ricostruire il “posto” dei diritti umani nelle relazioni tra Usa ed Urss nei “lunghi” anni Settanta. Sviluppando ulteriormente questo punto resta il rammarico di una narrazione che termina nei primi anni Ottanta, lasciando fuori il modo in cui i diritti umani furono affrontati dall’Amministrazione Reagan, da Gorbaciov e, più in generale, il loro ruolo nella fine della Guerra fredda12.

12Queste riserve non sminuiscono l’importanza del libro. Anzi, aprono alcuni interrogativi che meritano nuove e più approfondite analisi. Interrogativi che, come quello relativo al ruolo dei diritti umani nella fine della Guerra fredda o quello sulla continuità tra l’amministrazione Carter e l’amministrazione Reagan saranno al centro del dibattito storiografico dei prossimi anni.

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Note

1 Tra le sue pubblicazioni recenti: TULLI, Umberto, Dai diritti umani alla promozione della democrazia. L’amministrazione Reagan e la nascita del National endowment for democracy, in MERLATI, Mariele, VIGNATI, Daniela (a cura di), Una storia, tante storie. Studi di storia internazionale, Milano, FrancoAngeli, 2019, pp. 192-214; TULLI, Umberto, Un Parlamento per l’Europa. Il Parlamento europeo e la battaglia per la sua elezione, Firenze-Milano, Le Monnier-Mondadori, 2017; ID., «Bringing Human Rights In: The Campaign against the 1980 Moscow Olympic Games and the Origins of the Nexus between Human Rights and the Olympic Games», in The International Journal of the History of Sport, 33, 16, 2017, pp. 2026-2045.

2 MOYN, Samuel, The Last Utopia: Human Rights in History, Cambridge (MA), Harvard University Press, 2010; NEIER, Aryeh, The International Human Rights Movement: A History, Princeton, Princeton University Press, 2012; MOYN, Samuel, ECKEL, Jan (eds.), The Breakthrough: Human Rights in the 1970s, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2014; ECKEL, Jan, The Ambivalence of Good. Human Rights in International Politics since the 1940s, Oxford-New York, Oxford University Press, 2019.

3 TULLI, Umberto, Tra diritti umani e distensione. L’amministrazione Carter e il dissenso in Urss, Milano, FrancoAngeli, 2013.

4 TULLI, Umberto, A Precarious Equilibrium, cit., p. 4.

5 Ibidem, p. 5.

6 Oltre al già citato Samuel Moyn, cfr.: DUMBRELL, John, The Carter Presidency: A Re-evaluation, Manchester, Manchester University Press, 1993; SCHMITZ, David, WALKER, Vanessa, «Jimmy Carter and the Foreign Policy of Human Rights: The Development of a Post‐Cold War Foreign Policy», in Diplomatic History, 28, 1/2004, pp. 113-143; KEYS, Barbara, Reclaiming American Virtue: The Human Rights Revolution of the 1970s, Cambridge (MA), Harvard University Press, 2015.

7 TULLI, Umberto, A Precarious Equilibrium, cit., p. 193.

8 Sulla distensione di Richard Nixon, Gerald Ford e Henry Kissinger cfr.: HANHIMAKI, Jussi M., The Flawed Architect: Henry Kissinger and American Foreign Policy, Oxford - New York, Oxford University Press, 2004; DEL PERO, Mario, The Eccentric Realist: Henry Kissinger and the Shaping of American Foreign Policy, Ithaca, Cornell University Press, 2009; SARGENT, Daniel, Superpower Transformed. The Remaking of American Foreign Relations in the 1970s, Oxford and New York, Oxford University Press, 2015.

9 Tra i tanti volumi di Brzezinski, si rimanda alla sua opera principale: BRZEZINSKI, Zbigniew, The Soviet Bloc, Unity and Conflict, Cambridge (MA), Harvard University Press, 1967.

10 SCHOULTZ, Lars, Human Rights and United States Policy toward Latin America, Princeton, Princeton University Press, 1981; CLEARLY, Edward L., The Struggle for Human Rights in Latin America, Westport, Praeger, 1979; SNEH, Itai N., The Future Almost Arrived: How Jimmy Carter Failed to Change U.S. Foreign Policy, New York and Brussels, PeterLang, 2008; SCHMIDLI, William M., The Fate of Freedom Elsewhere: Human Rights and U.S. Cold War Policy Toward Argentina, Ithaca, Cornell University Press, 2013; GUDERZO, Massimiliano, Ordine Mondiale e Buon Vicinato: gli Stati Uniti e lAmerica Latina negli anni di Carter, 1977-1981, Firenze, Polistampa, 2013.

11 SMITH, Gaddis, Morality, Reason and Power. American Diplomacy in the Carter Years, New York, Hill & Wang, 1987; GLAD, Betty, An Outsider at the White House: Jimmy Carter, His Advisors, and the Making of American Foreign Policy, Ithaca (NY), Cornell University Press, 2009.

12 SNYDER, Sarah B., Human Rights Activism and the End of the Cold War. A Transnational History of the Helsinki Network, Cambridge, Cambridge University Press, 2011.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Julie Marie Caddeo, «Umberto Tulli, A Precarious Equilibrium: Human rights and Détente in Jimmy Carters Soviet Policy»Diacronie [Online], N° 44, 4 | 2020, documento 18, online dal 29 décembre 2020, consultato il 09 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/15448; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/12fgv

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Autore

Julie Marie Caddeo

Julie Marie Caddeo si è laureata in storia a Stoccolma ed è attualmente dottoranda alla Université de Nantes, dove sta lavorando sulle relazioni tra Stati Uniti, Italia e Francia negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Caddeo >

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