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III. Recensioni tematiche
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Onur İNAL, Yavuz KÖSE (eds.), Seed of Power, explorations in Ottoman environmental history

Luca Zuccolo
Notizia bibliografica:

Onur İNAL, Yavuz KÖSE (eds.), Seed of Power, explorations in Ottoman environmental history, Winwick, The White Horse Press, 2019, 292 pp.

Testo integrale

Onur İNAL, Yavuz KÖSE (ed.), Seed of Power, explorations in Ottoman environmental history, Winwick, The White Horse Press, 2019, 292 pp.Visualizza l'immagine
Credits: (C) The White Horse Press

1Il contesto ambientale in cui gli eventi storici, in tutte le loro declinazioni – sociali, politiche, economiche – si sono sviluppati è oramai uno dei nuovi campi di studio della storiografia contemporanea. Un ottimo esempio di questa tesi è il volume qui presentato che raccoglie diversi spunti analitici e diversi approfondimenti con il fine di dare uno sguardo originale e innovativo all’Impero ottomano e alla sua storia.

2L’Impero, infatti, all’apice del potere degli Osmanli si estendeva dalle periferie di Vienna sino alle montagne del Caucaso, dalle coste mediterranee dei Balcani sino alla Penisola Araba, dall’Anatolia fino al Nord Africa. Un insieme di territori diversi e diversificati sia per quanto riguarda le strutture sociali sia soprattutto per ciò che concerne l’ambiente e gli ecosistemi. Una diversità che al tempo stesso è stata una risorsa e una criticità per i governati ottomani costretti ad modellare le loro azioni in funzione di una natura complessa e articolata.

3Una complessità che viene ottimamente decritta dai saggi del presente volume i quali, come sottolinea Alan Mikhail nella prefazione, hanno il merito:

di mostrare l’importanza dell’Impero ottomano per la storia ambientale. […] e l’utilità e il potenziale della storia ambientale per lo studio dell’Impero ottomano.

4Mettendo in evidenza

  • 1 ALAN, Mikhail, Foreword: Ottoman and Nature, in İNAL, Onur, KÖSE, Yavuz (ed.), Seed of Power, explo (...)

Nuove risposte per vecchie domande. […] proponendo intriganti e nuove spiegazioni sia della nascita dell’Impero sia della sua fine1.

5La relazione tra storia ottomana e storia naturale si sta progressivamente affermando come un utile strumento di indagine per molti eventi della centenaria storia imperiale spesso appiattiti su facili stereotipi o modelli poco adatti e adattabili alle poliedriche realtà imperiali.

6Indagare la varietà naturale dell’Impero e l’influenza che la natura e gli animali hanno avuto sui territori e le popolazioni ottomane, come dimostrato dai saggi raccolti e curati da Onur İnal – ricercatore dell’università di Vienna e fondatore del NEHT (Network per la storia ambientale di Turchia) – e Yavuz Köse – professore di turcologia presso l’università di Vienna nonché presidente della GTOT (società per gli studio turco ottomani) – è divenuto di fondamentale importanza per comprendere più a fondo alcuni degli snodi principali della storia ottomana e turca.

7Come sottolineano i due curatori nella loro introduzione, infatti:

  • 2 İNAL, Onur, KÖSE, Yavuz, The Ottoman Environments Revisited, in İNAL, Onur, KÖSE, Yavuz (ed.), Seed (...)

Ottomans are remarkable not just for their political and military success but also for their desire and ability to understand, adpt, modify and manage different environments. […] the Ottoman Empire was more than a human-made assemblage; it was a living organism comprising humans, animals, plants, landforms, gems and germs. Both humans and non-humans (or “more than-humans”) formed and transformed this living organism for more than six centuries. Thus, analysing its history requires an examination not only of Ottoman human society but also of the complex interactions between humans and their natural environment2.

8Partendo da questi presupposti il volume qui recensito si articola in quattro parti connesse a quattro temi: a) Clima e Paesaggio; b) Risorse ed Energie; c) Tecnologie e Infrastrutture; d) Idee e Attori.

  • 3 WHITE, Sam, The Climate of Rebellion in the Early Modern Ottoman Empire, Cambridge, Cambridge Unive (...)

9La prima parte esordisce con il saggio di Elias Kolovos e Phokion Kotzageorgis, rispettivamente professore associato di Storia Ottomana al dipartimento di storia e archeologia dell’università di Creta e docente presso l’università Aristotele di Salonicco dove si è laureato. Il saggio descrive gli effetti della “piccola glaciazione” tra 1550 e 1850 sulle regioni greche di Salonicco e Creta proponendo un interessante parallelismo con la situazione sviluppatasi in Anatolia durante il medesimo periodo culminata con la rivolta dei Celali. Come indicano i due autori, infatti, lo scopo del saggio è analizzare gli effetti dei cambiamenti climatici sui territori greci dell’Impero ottomano ponendo in evidenza come non ci siano stati movimenti di ribellione paragonabili a quelli anatolici e, di conseguenza, relativizzare la tesi di Sam White il quale traeva una diretta relazione tra la rivolta Celali e i cambiamenti climatici generalizzandola a tutto l’Impero3. La tesi dei due autori, invece, mette in evidenza, attraverso due casi di studio, la diversità di risposte date dalle popolazioni ottomane ad un medesimo evento climatico quale la piccola glaciazione. L’impatto di quest’ultima si è fatto certamente sentire anche nei Balcani e nelle isole del Mediterraneo, tuttavia, le strategie attuate dalle popolazioni locali, come per esempio l’incremento delle coltivazioni degli ulivi, non possono essere accantonate dagli storici ambientali che devono sempre tener conto dell’azione umana tra i fattori cruciali del cambiamento climatico.

10Connesso alla rivolta Celali e alle cause che l’hanno scatenata è anche il secondo saggio del volume proposto da Mehmet Kuru, laureato presso le università di Galatasaray e Sabanci di Istanbul e dottore di ricerca presso l’Università di Toronto. L’autore analizzando in maniera congiunta due tra le principali cause della ribellione Celali – i cambiamenti climatici e l’aumento della popolazione – si propone di riconsiderare l’aumento esponenziale della popolazione in Anatolia durante il XVI secolo mettendo in evidenza le relazioni tra i mutamenti climatici, le strutture fiscali e la produzione agricola. Secondo Kuru, infatti, durante il XVI secolo i mutamenti climatici in Anatolia hanno contribuito all’aumento delle terre arabili e di conseguenza all’aumento della popolazione. Per descrivere questa peculiare situazione l’autore basa la sua analisi su tre punti: 1) la crescita demografica in Anatolia non è uniforme; 2) le aree con la crescita maggiore sono quelle semi-aride; 3) c’è una stretta relazione tra i mutamenti climatici e il loro impatto sulle strutture demografiche e sulla produzione agricola.

11I mutamenti climatici e il loro impatto sulle produzioni agricole sono lo sfondo anche del terzo saggio di Suraiya Faroqhi, già professoressa alla Ludwig Maximilians University di Monaco e alla Technical University di Ankara e oggi docente alla Ibn Haldun University di Kayasehir/Istanbul. Il saggio descrivendo gli scritti dell’Italiano Domenico Sestini ripercorre un’interessante e poco nota vicenda quella delle vigne di Istanbul e del Bosforo.

12Il tema viene ripreso dal saggio di Onur Inal che apre la seconda parte di questo volume, Fruits of Empire: Figs, Raisins and Transformation of Western Anatolia in the late Nineteenth Century, il cui obiettivo è quello di analizzare il complesso rapporto tra le città portuali, Smirne in primis, e il loro hinterland agricolo durante il diciannovesimo secolo. L’autore, infatti, analizza questo tema mettendo in evidenza come i mutamenti climatici e le azioni umane che hanno permesso un migliore collegamento tra i porti e l’entroterra hanno permesso di sviluppare l’industria alimentare dei fichi e dell’uva passa, la quale ha conseguentemente modificato la società, l’economia e il paesaggio dell’Anatolia occidentale.

13Il rapporto tra uomini, ambiente e animali viene analizzato anche nel quinto capitolo del volume da Semih Çelik – ricercatore alla Koç University – il quale analizza il ruolo dei bufali per le popolazioni che vivono vicino alle foreste nell’Anatolia del Nord Ovest da cui arrivava il legname per la produzione delle navi Ottomane. Centro del saggio è la reazione dei kerestekeşan (taglialegna) all’incremento della domanda di legname da parte del governo Ottomano.

14A questo saggio segue e conclude la seconda parte del volume il contributo di Styliani N. Lepida ricercatore presso il dipartimento di Studi Turchi e del Medio Oriente dell’Università di Cipro a Nicosia. Il saggio analizza il ruolo dell’acqua a Cipro nel 1600 ponendo attenzione sia ai cambiamenti climatici sia al ruolo fondamentale delle strutture costruite dall’uomo per controllare i flussi dell’acqua e la sua conservazione.

15Il tema dell’acqua apre anche la terza parte del volume grazie al saggio proposto da K. Mehmet Kentel, dottore di ricerca alla University of Washington, il quale analizza le opere idrauliche che hanno permesso al quartiere di Pera il suo sviluppo urbano durante il XIX secolo, ponendo attenzione all’impatto sull’ambiente e sulla società che quest’opera invasiva ha avuto. Un ruolo chiave raggiunto anche grazie all’intervento dei numerosi tecnici e ingegneri che hanno lavorato al progetto e che sono gli attori principali di questo saggio.

16L’attenzione al tema dell’acqua continua anche nel capitolo seguente, dove Mohamed Gamal-Eldin analizza la storia della Malaria e della lotta contro questa malattia in due città egiziane: Port Said e Ismailia. Il tema della prevenzione della malaria e delle tecniche per evitare la sua diffusione si intrecciano allo studio delle cause di diffusione di questa malattia e in particolar modo agli studi sugli insetti portatori di questo flagello. La relazione tra ambiente, animali e patogeni diventa quindi centrale per elaborare una strategia vincente di prevenzione come dimostrato dall’autore del saggio.

17Il tema della malaria e della sua prevenzione/contenimento emerge anche nel saggio di apertura della quarta e ultima parte del volume incentrato sull’accanito dibattito svoltosi all’interno del parlamento ottomano nel 1910 noto come Rice Debate e conclusosi con la proclamazione della legge sulla coltivazione del riso.

18La coltivazione del riso, fondamentale per diversi territori imperiali, entra agli onori della cronaca e del dibattito parlamentare quando viene connessa alla preservazione della salute delle popolazioni imperiali, ponendo in evidenza come un’errata coltivazione del riso produca un incremento della diffusione della malaria. Il dibattito sul riso analizzato attraverso le minute del parlamento ottomano, tuttavia, mette in evidenza come l’ambiente e la sua gestione sia un tema centrale fin dal XIX secolo per tutti i governi compreso quello ottomano che si trova di fronte alla necessità di conciliare lo sviluppo economico con la salvaguardia della salute dei suoi cittadini.

19Il ruolo dell’ambiente e dei territori come spazio da preservare e da difendere, non solo per gli abitanti che lo abitano ma ad un livello più ampio anche per lo Stato emerge chiaramente dal saggio di Yavuz Köse che, studiando l’influenza di Alexander von Humboldt, sull’Impero ottomano mette in evidenza come tra Ottocento e Novecento la geografia abbia ricoperto un ruolo decisivo nella strutturazione di una nuova idea nazionale tra gli ottomani prima e i turchi poi. La geografia, quindi, diventa uno strumento fondamentale del nazionalismo turco in quanto formatrice e forgiatrice della mentalità nazionale delle nuove generazioni.

20Il volume si conclude con il saggio di Selçuk Dursun storico ambientale del dipartimento di Storia della Middle East University (METU), il quale esamina i diversi modi in cui le popolazioni ottomane beneficiano delle foreste in quanto terre comuni e analizza il processo di sfruttamento e di accaparramento dei beni comuni da parte dello stato.

21L’opera qui presentata tocca diversi temi tra loro connessi e trasversali a molteplici discipline che permettono alla storia ambientale di fornire nuovi spunti per lo studio di una realtà complessa e articolata come quella ottomana.

22Il presente volume corredato da note e apparati bibliografici di prim’ordine si inserisce senza dubbio in un filone di studi da poco aperto ma che sicuramente produrrà buoni e notevoli risultati nei prossimi anni.

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Note

1 ALAN, Mikhail, Foreword: Ottoman and Nature, in İNAL, Onur, KÖSE, Yavuz (ed.), Seed of Power, explorations in Ottoman environmental history, Winwick, The White Horse Press, 2019, p. VIII.

2 İNAL, Onur, KÖSE, Yavuz, The Ottoman Environments Revisited, in İNAL, Onur, KÖSE, Yavuz (ed.), Seed of Power, cit., pp. 1, 3.

3 WHITE, Sam, The Climate of Rebellion in the Early Modern Ottoman Empire, Cambridge, Cambridge University Press, 2011.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Luca Zuccolo, «Onur İNAL, Yavuz KÖSE (eds.), Seed of Power, explorations in Ottoman environmental history»Diacronie [Online], N° 44, 4 | 2020, documento 17, online dal 29 décembre 2020, consultato il 11 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/15433; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/12fgu

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Autore

Luca Zuccolo

Luca Zuccolo, dopo aver conseguito la laurea in Storia Contemporanea e il titolo di dottore magistrale in Storia d’Europa presso l’Università di Bologna (2005 e 2008), ha ottenuto il titolo di Dottore di ricerca in Storia Contemporanea presso il SUM – Istituto Italiano di Scienze Umane – Napoli. I suoi campi di ricerca sono: la modernizzazione dell’Impero ottomano (XIX-XX secolo), il ruolo della stampa ottomana nel contesto imperiale ed europeo e i movimenti sociali che hanno preparato l’avvento della società turca contemporanea.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Zuccolo >

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