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III. Recensioni tematiche
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Stefania BARCA, Forces of reproduction. Notes for a counter-hegemonic Anthropocene

Maura Benegiamo
Notizia bibliografica:

Stefania BARCA, Forces of reproduction. Notes for a counter-hegemonic Anthropocene, Cambridge, Cambridge University Press, 2020, 79 pp.

Testo integrale

Stefania BARCA, Forces of reproduction. Notes for a counter-hegemonic Anthropocene, Cambridge, Cambridge University Press, 2020, 79 pp.Visualizza l'immagine
Credits: (C) Cambridge University Press

1Forces of Reproduction. Notes for a Counter-Hegemonic Anthropocene, il nuovo libro di Stefania Barca, edito per i tipi della Cambridge University Press, segna un punto da cui ripartire. Nell’articolare efficacemente concetti-chiave di una vasta area di dibattito femminista, ecologista e post-capitalista, il volume inaugura un progetto di riflessione collettiva e mette a fuoco un vocabolario dentro cui articolarla. L’opera può anche essere letta come un manifesto per pensare politicamente e collettivamente l’idea di Antropocene e le sfide poste dal cambiamento climatico. Del manifesto politico ha sia la forza dell’analisi che la chiarezza della visione. Forces of Reproduction è tuttavia anche e a tutti gli effetti un manuale femminista di ecologia politica, una riflessione metodologica sul ruolo delle narrative nella produzione del sapere ed il risultato dell’applicazione di uno sguardo decoloniale al metodo materialista e al materialismo storico.

  • 1 PLUMWOOD, Val, Feminism and the mastery of nature, London, Routledge, 1993.
  • 2 MERCHANT, Carolyn, Autonomous nature. Problems of prediction and control from ancient times to the (...)
  • 3 MIES, Maria, Patriarchy and accumulation on a world scale. Women in the international division of l (...)
  • 4 SALLEH, Ariel. Ecological debt: embodied debt, in IID. (ed.), Ecosufficiency and global justice. Wo (...)

2Il percorso teorico e di ricerca di Stefania Barca, storica e teorica eco-femminista, si è situato fin dall’inizio al crocevia tra storia ambientale e critica dell’economia politica. Due ambiti disciplinari che Barca ha saputo far dialogare in maniera innovativa e pioneristica, contribuendo a formare ed influenzare quella indisciplinata comunità di pratiche e di pensiero che si auto-definisce come ecologia politica. In questo volume Barca fa interagire anche storiografia femminista nordamericana e storia della scienza, femminismo materialista e teoria ecologica e decoloniale. Val Plumwood1, Carolyn Merchant2, Maria Mies3, Ariel Salleh4, sono alcune tra le principali autrici il cui pensiero ispira e orienta questo progetto editoriale collocandolo a pieno titolo dentro quel dibattito critico, oramai trasversale sia al campo scientifico che umanistico, che ha ripensato le costruzioni dualistiche e gerarchiche dentro cui si è prodotto e riprodotto il sapere accademico moderno, così come la conoscenza scientifica.

  • 5 CHAKRABARTY, Dipesh, «The Climate of History: Four Theses» in Critical Inquiry, 35, 2/2009, pp. 197 (...)
  • 6 HARAWAY, Donna, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, Roma, Nero Editions, 2019, ‎p. 18 (...)

3Il volume si colloca inoltre nel più ampio dibattito sulla questione del cambiamento climatico e presenta una critica alla categoria di Antropocene: l’idea che la specie umana si sia costituita nel suo progredire in quanto agente climatico e geologico. L’urgenza del libro è l’urgenza della crisi climatica, qui interpretata quale specchio della parabola della modernità ed esito di un lungo processo di sviluppo ineguale, tutt’ora segnato dall’espropriazione violenta delle risorse comuni e dal violento sacrificio delle vite umane che si sono spese in loro difesa. Undici anni fa lo storico e pensatore decoloniale Dipesh Chakrabarty pubblicava un controverso saggio dal titolo The Climate of History: Four Theses5 in cui elaborava una serie di ipotesi volte ad articolare quella che definiva una nuova sfida per le discipline storiche e non solo. Poneva il problema di cosa significasse e come ci si dovesse muovere per “pensare storicamente” in un’epoca segnata dalla consapevolezza della crisi climatica, in cui i tempi umani e geologici si incontrano e si scontrano. Stefania Barca, in Forces of Reproduction, prende la strada delle risposte femministe alla crisi climatica, mettendosi a lato del pensiero tentacolare di Donna Haraway, elaborando l’idea che l’individualismo produttivista «nelle sue varie forme scientifiche, politiche e filosofiche è finalmente diventato impensabile da pensare: non è più una risorsa, né sul piano tecnico né su qualsiasi altro piano»6.

  • 7 BARCA, Stefania, Forces of reproduction. Notes for a counter-hegemonic Anthropocene, Cambridge, Cam (...)
  • 8 Ibidem, p. 6.
  • 9 Ibidem, p. 7.

4Coerentemente con tale riflessione, il volume chiama a raccolta e mira a rendere visibili altri modi di narrare la modernità. Si tratta di un progetto che punta a disfarsi del modo in cui la narrazione progressista ha declinato l’idea di Antropocene. Tale narrazione, se da un lato riconosce i limiti sistemici del modello sociale basato sulla crescita economica, dall’altro individua la soluzione nella razionalità e nelle stesse forze che stanno alla base del collasso ecologico, secondo una narrazione universalista falsamente autoriflessiva. Due sono gli assunti, enunciati nell’introduzione e che saranno l’oggetto delle due sezioni principali in cui si articola il volume: l’idea che ripensare le gerarchie dualistiche della modernità equivalga a smantellare “la casa del padrone”, di cui tali gerarchie formano la struttura; e l’idea che questa operazione, se intenzionata ad affrontare il problema della crisi climatica, debba mettere al centro le forze della riproduzione, rendendo visibili tutti quei soggetti il cui lavoro consiste nel «riprodurre l'umanità prendendosi cura dell'ambiente biofisico che rende possibile la vita stessa» 7. Non solo il lavoro domestico di cura, dunque, ma anche le economie solidali e di autosussistenza: «il giardinaggio, l'insegnamento, l'assistenza infermieristica, la previdenza sociale, la raccolta dei rifiuti e il riciclaggio sono tutte forme di lavoro riproduttivo in quanto essenziali per lo sviluppo della natura umana nella sua interdipendenza con il mondo non umano»8. Si tratta di seguire la strada aperta dall’ecofemminismo e dall’ecologia politica femminista e riconoscere che il lavoro riproduttivo ha un potenziale ecologico e rigenerativo che può alimentare un’utopia eco-socialista, un’alternativa sociale giusta, sostenibile e praticabile. In questo senso, si legge nell’introduzione, «le mie forze di riproduzione descrivono un soggetto politico in divenire; si riferiscono alla convergenza (sia in atto che potenziale) delle lotte (trans)femministe, Indigene, contadine, comuniste, per la giustizia ambientale e altre lotte […] basate sulla consapevolezza emergente che tenere in vita il mondo richiede lo smantellamento della casa del padrone»9.

  • 10 BARCA, Stefania, Enclosing water. Nature and political economy in a Mediterranean valley, 1796-1916(...)
  • 11 BARCA, Stefania, LEONARDI, Emanuele, «Working-class ecology and union politics: a conceptual topolo (...)

5Questa visione è radicata nel percorso intellettuale dell’autrice. Nel suo primo libro Enclosing Water. Nature and Political Economy in a Mediterranean Valley10 che ha vinto nel 2011 il premio Turku Book, l’autrice tracciava una storia ambientale della rivoluzione industriale nel contesto dalla valle del Liri, nell'Appennino centrale italiano. La trasformazione della risorsa acqua in forza e mezzo di produzione viene colto a partire da una molteplicità di processi: territoriali, coloniali, culturali e sociali, a loro volta inscritti nei conflitti tra monarchia e borghesia emergente, operai e masse contadine. Esiste già in quella ricerca l’idea che sarà sviluppata nei lavori successivi e che in qualche modo vede nel contesto del volume qui censito una sua sistematizzazione e completa maturazione. Si tratta dell’intuizione che la lotta di classe non è solo lotta contro lo sfruttamento e per i mezzi di produzione ma è anche lotta sociale attorno ai beni comuni e alla possibilità di riproduzione della vita. Gli studi successivi sull’ambientalismo operaio e le lotte contro la nocività nei luoghi di lavoro nell’Italia degli anni Settanta e contemporanea11 mostrano chiaramente tale traiettoria. Emerge e si definisce in questi lavori anche un secondo centro gravitazionale attorno a cui ruota la ricerca e la produzione teorica di Stefania Barca, ovvero l’attenzione alle narrative come metodo per connettere analiticamente i corpi ai luoghi e quest’ultimi ai significati politici e filosofici che qui si articolano. Un’attenzione particolare va a quelle narrative che costruiscono operazioni di giustizia ambientale, praticate spesso in reazione alle “narrazioni tossiche” dominanti. In questo modo Stefania Barca riprende e rielabora sia l’approccio delle micro-storie che quello delle biografie degli attori, attraverso uno sguardo metodologico che punta a non dimenticare che anche i corpi e i territori sono archivi che parlano un linguaggio storico.

  • 12 FISHER, Mark, Realismo capitalista, Roma, Nero, 2018 [ed. orig. Capitalist realism: is there no alt (...)
  • 13 BARCA, Stefania, Forces of reproduction, cit., p. 17.

6La prima sezione del volume, A master’s narrative, si focalizza dunque sulle narrazioni prodotte tanto nei dibattiti politici e nei panel intergovernamentali sul cambiamento climatico che nelle posizioni eco-moderniste, alimentate da prospettive che si definiscono come anti-capitaliste. Viene mostrato come, in entrambe le posizioni, l’idea di Antropocene rimanga ancorata e finisca per rafforzare ciò che viene definito come un “realismo eco-capitalista”, riprendendo l’espressione del filosofo e sociologo Mark Fisher12, ovvero l’idea che il benessere e il progresso sociale siano connaturati e rispondano unicamente allo sviluppo delle forze produttive. In questo senso il realismo capitalista, ed il suo correlato, il dogma della crescita economica, non corrispondono solo alla visione liberale e neoliberista della società, ma hanno influenzato anche le esperienze socialiste del XX secolo. Entrambe, seppur con diversi gradi di regolamentazione statale, «formano un unico blocco storico»13 che risponde ad una concezione univoca della scienza e delle tecnologie così come sono state forgiate nel capitalismo industriale. Entrambe falliscono nel riconoscere che il miglioramento del benessere e la longevità non sono state il risultato delle forze produttive o della classe capitalista, ma dei processi e dei soggetti che hanno opposto resistenza alla degradazione del vivente (o anche, in termini marxiani, alla deriva metabolica) innescata dal capitalismo industriale. Uscire dall’Antropocene richiede dunque un’operazione da effettuare in primis sul piano della critica, in particolare di quella critica dell’economia politica che si rifà al modello del materialismo storico. Ritroviamo qui quella tradizione eterodossa del pensiero marxista che si è sempre negata ad una lettura trascendentale dei concetti marxiani, preferendo usarli e ‎avvicinarli nella loro dimensione storica attraverso l’analisi delle pratiche.

  • 14 Ibidem, p. 50.

7La seconda sezione, più lunga e articolata della prima, si ripropone di smantellare le narrative dell’Antropocene mettendone in evidenza le traiettorie costitutive lungo le tre linee della razza, del genere, della classe e quella più recente della specie. Ognuno di questi ambiti è presentato come un dispositivo che da un lato svaluta le forze della riproduzione escludendole dal campo di ciò che ha valore e diritto di parlare per sé. Dall’altro ne invisibilizza le pratiche, le razionalità e le rivendicazioni. Questa parte ha anche il merito di riuscire a sintetizzare dentro un quadro coerente ed una proposta forte una enorme varietà di dibattiti, temporalmente e geograficamente variegati, articolandone i concetti principali in un modo che ne permette il rafforzamento reciproco. Vi sono indicate linee di ricerca da esplorare e importanti intuizioni da sviluppare. Tra queste, rilevante è la riflessione su come le ecologie non binarie e queer stiano interrogando l’Antropocene, fornendo a loro volta strumenti di dibattito che confliggono ed espandono le teorie del femminismo materialista tanto nell’individuazione dei soggetti, dell’agency e del rapporto alla tecnica. Un secondo punto di tensione riguarda la nozione stessa di lavoro alla base sia delle narrative dominanti sia per come si è definita nel dibattito sulla lotta di classe, nozione spesso riflessa nelle forme della mobilitazione sindacale sulle questioni ambientali. Cosa sottende infatti l’attuale agenda politica che sembra concentrarsi unicamente «sui lavori degli operai nell'industria pesante e nelle infrastrutture come gli unici settori che vale la pena difendere e “rendere più verdi”, minimizzando il contributo cruciale di settori quali l'agricoltura e il lavoro di riproduzione domestico e sociale»14? Tali azioni sembrano trascurare forme di lavoro la cui difesa non si basa su una contraddizione da risolvere, ma va di pari passo con la preservazione ambientale. Possono quindi essere la chiave per ripensare in maniera radicale le relazioni tra produzione, territorio, salute e ambiente.

  • 15 HARAWAY, Donna, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, cit.

8L’epilogo del volume, aggiunto con lo scopo di aggiornare le riflessioni situandole nel contesto della attuale crisi pandemica, indica anche alcune soluzioni per rendere operative le indicazioni presentate nel libro. Viene menzionata la campagna per un reddito di cura promossa dai movimenti femministi Global Women's Strike and Women of Colour (GWS) come parte della campagna A Green New Deal for Europe. Qui le rivendicazioni incentrate sul salario per il lavoro domestico si fondono con le prospettive di decrescita e di giustizia climatica, per affermare il valore delle diverse attività di cura e domandare il sostegno finanziario pubblico. Quest’ultimo andrebbe sottratto ad altri settori, quali la difesa militare, l’agricoltura industriale o i combustibili fossili. Il dubbio, tuttavia, è che le proposte di riconversione ecologica in campo non abbiano ancora del tutto superato la narrazione materialista classica e rischiano di rinchiudere una molteplicità di lotte dentro una lettura che il libro invece contesta. Piuttosto, come il volume sostiene, per poter pensare la crisi climatica ed il suo superamento abbiamo bisogno di altre storie che ci aiutino a coltivare nuove e più concrete parentele15, permettendoci di pensare le relazioni fuori dalla forma merce. Tutto il lavoro di Barca è del resto improntato al difficile compito di pensare e risolvere questa contraddizione in cui si è arenata parte della riflessione sui mutamenti sociali. La questione che si pone allora è in che misura ciò significa anche rifiutare l’idea che le forme della giustizia eco-sociale necessitino, per realizzarsi, di un’autorappresentazione strategica della classe come potenza ed il superamento della necessità dell'“improvement” quale fondamento del diritto ad esistere delle forze della riproduzione.

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Note

1 PLUMWOOD, Val, Feminism and the mastery of nature, London, Routledge, 1993.

2 MERCHANT, Carolyn, Autonomous nature. Problems of prediction and control from ancient times to the scientific revolution, London, Routledge, 2016.

3 MIES, Maria, Patriarchy and accumulation on a world scale. Women in the international division of labour, London, Zed Books, 1986.

4 SALLEH, Ariel. Ecological debt: embodied debt, in IID. (ed.), Ecosufficiency and global justice. Women write political ecology, London, Pluto Press, 2009, pp. 1-4.

5 CHAKRABARTY, Dipesh, «The Climate of History: Four Theses» in Critical Inquiry, 35, 2/2009, pp. 197-222. Per un dibattito sul testo e per la replica dell’autore si veda EMMET, Robert (ed.), Whose Anthropocene?: Revisiting Dipesh Chakrabarty's Four Theses, Munich, Rachel Carson Center, 2016.‎

6 HARAWAY, Donna, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, Roma, Nero Editions, 2019, ‎p. 18 [ed. orig. Staying with the Trouble. Making Kin in the Chthulucene, Durham, Duke University Press, ‎‎2016].

7 BARCA, Stefania, Forces of reproduction. Notes for a counter-hegemonic Anthropocene, Cambridge, Cambridge University Press, 2020, p. 1 (le traduzioni delle citazioni del libro sono a cura dell’autrice).

8 Ibidem, p. 6.

9 Ibidem, p. 7.

10 BARCA, Stefania, Enclosing water. Nature and political economy in a Mediterranean valley, 1796-1916, Cambridge, White Horse Press, 2010.

11 BARCA, Stefania, LEONARDI, Emanuele, «Working-class ecology and union politics: a conceptual topology», in Globalizations, 15, 4/2018, pp. 487-503.

12 FISHER, Mark, Realismo capitalista, Roma, Nero, 2018 [ed. orig. Capitalist realism: is there no alternative?, Winchester, Zero Books, 2009].

13 BARCA, Stefania, Forces of reproduction, cit., p. 17.

14 Ibidem, p. 50.

15 HARAWAY, Donna, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, cit.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Maura Benegiamo, «Stefania BARCA, Forces of reproduction. Notes for a counter-hegemonic Anthropocene»Diacronie [Online], N° 44, 4 | 2020, documento 14, online dal 29 décembre 2020, consultato il 11 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/15385; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/12fgs

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Autore

Maura Benegiamo

Maura Benegiamo è assegnista di ricerca presso l’Università di Trieste e ricercatrice associata presso il ‎College d’Études Mondiales di Parigi. Si occupa di ecologia politica e critica dello sviluppo, i suoi ‎interessi di ricerca includono le trasformazioni capitalistiche nel contesto della crisi ecologica, le forme ‎di resistenza e conflitto nei processi di sviluppo e le ecologie decoloniali. È parte del network di ricerca ‎Politics Ontologies Ecology. ‎Tra le sue ultime pubblicazioni: «Extractivism, exclusion and conflicts in Senegal’s agro-industrial transformation, in Review of African Political Economy, 2020, pp. 522-544.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Benegiamo >

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