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III. Recensioni
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Federico Donelli, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia

Massimo Ronzani
Notizia bibliografica:

Federico DONELLI, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, Roma, LUISS University Press, 2019, 180 pp.

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Federico DONELLI, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, Roma, LUISS University Press, 2019, 180 pp.Visualizza l'immagine
Credits: Federico DONELLI, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, Roma, LUISS University Press, 2019, 180 pp.
  • 1 Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi), fondato nel 2001, al governo (...)
  • 2 GIANNOTTA, Valeria, Erdogan e il suo partito. AKP. Tra conservatorismo e riformismo, Roma, Castelve (...)
  • 3 GUIDI, Marco, Atatürk addio. Come Erdogan ha cambiato la Turchia, Bologna, Il Mulino, 2018; OTTAVIA (...)
  • 4 NOCERA, Lea, La Turchia contemporanea. Dalla repubblica kemalista al governo dell’AKP, Roma, Carocc (...)
  • 5 DONELLI, Federico, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, Roma, LUISS Univ (...)

1La storia della Turchia repubblicana è molto complessa. Il paese fondato da Mustafà Kemal Atatürk sui principi della laicità e dell’occidentalizzazione appare sempre più contraddittorio a seguito delle trasformazioni affrontate negli ultimi venti anni di governo del partito AKP1. L’artefice di questi cambiamenti è il leader del partito Recep Tayyip Erdoğan, senza ombra di dubbio la figura più importante dai tempi del «padre della patria». Federico Donelli, docente di History and Politics of the Middle East all’Università di Genova e di Comparative Foreign Politics alla Şehir University, concentra il suo studio proprio su queste due dimensioni, l’uomo-politico Erdoğan e l’analisi storica socio-istituzionale della Turchia e lo fa in maniera molto originale rispetto allo stato dell’arte. Le pubblicazioni edite in Italia, infatti, si occupano autorevolmente sia del fenomeno politico dell’AKP2 sia del leader e della società turca, con la tendenza ad evidenziare i cambiamenti, gli eventi drammatici e i punti di rottura con il passato3. Questi studi, tuttavia, approfondiscono molto meno le connessioni profonde di lunga durata nella storia repubblicana4, che arrivano fino ai giorni nostri, dell’«erdoğanismo» e del «sovranismo islamico»5. Più in generale, nei saggi contemporanei di politologia non è frequente affrontare lo studio dei sistemi politici da una prospettiva storico-descrittiva in maniera così convincente incentrando l’analisi empirica sui meccanismi di funzionamento delle istituzioni e della società, come riesce a fare questo libro.

2L’autore parte dall’immaginario collettivo che circonda Erdoğan e Atatürk, due figure enigmatiche e controverse, spesso messi in contrapposizione l’uno con l’altro, proprio per il modo in cui i due leader hanno inciso profondamente nelle fondamenta del paese. Nella pubblicistica odierna prevale la tendenza a contrapporre una dicotomia in perenne contrasto: da una parte la Turchia laica, secolare e occidentalizzata, di cui Atatürk è considerato l’architetto, dall’altra la Turchia religiosa, conservatrice e tradizionalista, alla quale Erdoğan ha dato la voce. Donelli si dissocia da questa querelle in parte semplicistica, sostenendo invece che nella storia della Turchia repubblicana, oltre agli innegabili punti di rottura, è possibile rintracciare diversi aspetti fondamentali di continuità con il passato.

  • 6 Ibidem, p. 17.
  • 7 Ibidem, p. 18.
  • 8 Gli altri cinque sono: repubblicanesimo, populismo, statalismo, laicismo e rivoluzionarismo.
  • 9 Ibidem, p. 162.
  • 10 AMBROSIO, Alberto Fabio, L’Islam in Turchia, Roma, Carocci editore, 2015, p. 32.
  • 11 Partito del Benessere, sciolto dopo il «golpe postmoderno» del 1997 che costrinse il governo Erbaka (...)
  • 12 DONELLI, Federico, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, cit., p. 46.
  • 13 Partito della Madrepatria (Anavatan Partisi), che monopolizzò lo scenario politico degli anni Ottan (...)

3Per Donelli, il principale elemento di continuità nella storia turca è la perenne mancanza nel paese di una cultura politica liberale e democratica in grado di assicurare il rispetto dei diritti come la tutela delle minoranze (politiche, linguistiche, etniche e religiose), delle diversità, della libertà di espressione e di associazione. Per questo motivo, anche nei momenti di maggior democraticità apparente, la Turchia ha mantenuto saldamente molti tratti autoritari. Allo stesso tempo, al centro di questo sistema illiberale permangono nel lungo periodo alcuni dei suoi pilastri fondanti come lo statalismo, il nazionalismo, il conservatorismo e la tutela degli interessi economici di una ristretta élite al comando. Da qui l’idea che la Repubblica oscilli fin dalla sua nascita tra un sistema democratico illiberale e uno autoritario6. Inoltre, molte delle fasi storiche del paese, quasi tutte caratterizzate da colpi di Stato e da un uomo solo al potere, hanno favorito la tendenza verso un regime di stampo centralista e autocratico. In questo senso si deve considerare il caso turco come quello di un «autoritarismo camaleontico» in cui le strutture, i poteri formali e informali, rimangono pressoché inalterati, mentre a cambiare sono le persone che occupano le posizioni di comando portando con loro identità differenti7. Di conseguenza emerge un altro punto centrale di continuità con la storia, ovvero l’importanza permanente dell’elemento del «sovranismo», inteso come nazionalismo, uno dei sei pilastri del kemalismo8. Il nazionalismo è una caratteristica fondante della Repubblica e dell’identità turca moderna. La retorica nazionalista usata dal leader AKP in maniera strumentale per creare consenso è un elemento di forte continuità proprio con il passato kemalista. Invece, l’elemento «islamico» è quello che Erdoğan riporta alla luce nell’identità politica e sociale della Turchia dei nostri giorni. Tale concetto viene ripreso dal profondo passato imperiale ottomano che Mustafa Kemal aveva stroncato dall’alto. Grazie a questi due elementi che plasmano l’erdoğanismo, si può comprendere come la politica e la retorica di Erdoğan riprendono le stesse dinamiche intraprese da Mustafa Kemal, con la differenza che l’attuale leader le “veste” di una «ideologia nuova», mettendo da parte l’occidentalizzazione forzata e dando spazio invece all’identità musulmana del popolo turco9. Ne risulta un modo imprescindibile di guardare alla Turchia come un paese storicamente sia laico che musulmano10. È importante sottolineare che queste dinamiche sono molto simili in tanti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, dove le imposizioni dall’alto di riforme laiche e occidentali promosse da regimi autoritari, spesso autolegittimati da colpi di Stato, non hanno fatto altro che bloccare sul nascere la possibilità di riforme democratiche, suscitando la reazione da parte delle masse, le quali, in contrapposizione, hanno sviluppato una forte identità legata a valori conservatori dal punto di vista sociale. In Turchia questa reazione è riuscita ad emergere dal basso e molto lentamente negli anni Novanta attraverso l’Islam politico promosso dal Partito Refah di Necmettin Erbakan11. Una fase di crescita che ha trovato consenso grazie alla precedente riabilitazione controllata dell’Islam nello spazio pubblico, ovvero la «sintesi turco-islamica»12, promossa negli anni Ottanta dai governi ANAP di Turgut Özal13. Due paragrafi vengono dedicati proprio alle figure di Erbakan e Özal; i due riferimenti politici, nonché padri ideologici dell’attuale presidente turco.

  • 14 Ibidem, p. 63.
  • 15 Ibidem, p. 75.

4L’autore non nega l’evidenza di come Erdoğan sia riuscito ad incidere in maniera così profonda nelle istituzioni e nella società turca per le sue evidenti doti di leadership carismatica, comuni per altro nei modi e nei termini a Mustafa Kemal. Il testo non fa a meno di constatare come l’attuale presidente turco abbia rispettato in buona parte le promesse politiche fatte (almeno quelle più popolari per l’elettorato medio), fin dai tempi dell’esperienza di amministrazione come sindaco della città di Istanbul. Provvedimenti in chiave neoliberale ed europeista di un modello inizialmente locale, fattosi poi nazionale14, che ha coinciso con un periodo di stabilità politica, di dialogo aperto (in un primo momento) con le diversità, con l’Europa e con la crescita generale del benessere del paese. Una vittoria economico-politica che accomuna Erdoğan a Mustafa Kemal e al suo trionfo politico-militare che lo legittimò dopo la prima guerra mondiale. Tuttavia, e qui sta forse l’aspetto più originale dello studio di Donelli, il maggior successo di Erdoğan sta nell’essersi inserito abilmente in un contesto istituzionale, politico e sociale incline a rafforzare il potere di una personalità singola al comando. Non è quindi il sistema politico turco ad essere cambiato negli anni di governo AKP, visti i molti punti di continuità con il passato; sono le identità al comando ad essere mutate. Queste nuove personalità una volta inseritesi si sono fatte sistema senza scalfirne le strutture fondamentali. Per riuscire in questo intento, Erdoğan si è servito inizialmente del consenso sia degli imprenditori anatolici con tendenze liberali-conservatrici e pro-europee (almeno nelle parole), sia di una grossa parte della classe media e della società tradizionalista religiosa15, fin a quel momento esclusa dal “paese ufficiale”. Due categorie sociali alla ricerca della propria rinascita, dopo decenni di centralismo, laicismo e militarismo imposto dall’alto. Un ritorno del tradizionalismo e del ruolo della religione nella sfera pubblica, che hanno mutato il tessuto sociale e identitario turco in profondità, non meno di come fecero le riforme di Mustafa Kemal. Questi valori consacrati diventano imprescindibili per identificare una «Nuova Turchia» nelle sfide poste dalla globalizzazione, tanto quanto fecero i valori kemalisti per la «Nuova Turchia» repubblicana nel periodo postbellico.

  • 16 Ibidem, p. 162.
  • 17 Ibidem, p. 16.
  • 18 Ibidem, p. 19.

5La doppia narrazione sull’Erdoğan uomo (privato) e sull’Erdoğan politico (pubblico) descrive accuratamente il legame che il leader turco è riuscito ad instaurare con il suo popolo. Grazie a una ristretta rete di contatti tra politici, imprenditori, militari e confraternite religiose, Erdoğan è riuscito a sfidare l’intero establishment di ispirazione kemalista, accusandolo davanti alle masse di essere obsoleto, corrotto, autoritario e antidemocratico. Una volta sopraffatto il sistema, tramite elezioni sempre risultate vincenti da venti anni a questa parte, il nuovo corso politico è riuscito a impadronirsi del potere e a riprodurne le dinamiche esistenti. Alla guida del governo del suo partito, Erdoğan ha approfittato dunque di un sistema illiberale cronico e ben collaudato, attuando una «rivoluzione culturale»16 che ha dato vita a una rafforzata concezione maggioritaria e populista del potere, degenerata progressivamente nei metodi autoritari, autocratici e personalistici. Una immagine del leader centrata sulla figura del «capopopolo», ma pur sempre molto continuativa con la precedente immagine del «padre della patria». Un sistema definito «autoritarismo competitivo»17, proprio di molti altri paesi illiberali nel mondo, ma che non siamo soliti definire come dittature. Nel conciliare la narrazione storico-descrittiva del paese con la ricostruzione della vita pubblica e privata di Erdoğan, emerge un testo originale che mette in evidenzia non solo le divisioni, ma anche i punti di continuità dell’esperienza storica kemalista con quella erdoğanista. Attraverso questo approccio innovativo diventa maggiormente comprensibile la situazione della Turchia, per non considerare l’esperienza odierna come un qualcosa di anomalo o fuori dai binari della storia. In questo modo si evita di commettere l’errore, che invece ci viene spesso proposto, di considerare la recente svolta autoritaria come una deviazione personale o un piano programmato dal leader con mire dittatoriali. Inoltre, come conferma questo studio, le vicende politiche dell’attuale leader turco sono tutt’altro che il prodotto di un piano immutato negli anni. Le decisioni e i provvedimenti presi da Erdoğan sono la conseguenza sia di crisi istituzionali, sociali e internazionali, sia di drammi personali che hanno inciso sulla personalità del leader e sull’uso della retorica populista e autoritaria18.

  • 19 ZÜRCHER, Erik J., Porta d’Oriente. Storia della Turchia dal Settecento a oggi, Roma, Donzelli Edito (...)
  • 20 GASPARETTO, Alberto, La Turchia di Erdogan e le sfide del Medio Oriente. Iran, Iraq, Israele e Siri (...)
  • 21 DONELLI, Federico, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, cit., p. 169.

6La Turchia, considerata la naturale «Porta d’Oriente dell’Europa»19, un tempo cuore pulsante di uno dei più grandi Imperi della storia del Mediterraneo, da ormai un secolo rimane uno Stato denso di tensioni sociali e istituzionali alla ricerca di una propria identità che vada oltre l’assunto ormai superato di “ponte” tra Oriente e Occidente20. Un paese in cui il violento processo identitario avviato da Mustafa Kemal, successivo ad una altrettanto drammatica fase di dissoluzione dell’Impero, ha rimosso la naturale propensione alla pluralità propria della struttura imperiale ottomana, abituata all’incontro con le diversità, qualunque esse fossero. Diversità e libertà represse allo stesso modo dal «sovranismo islamico». Un modello politico destinato ad avere ancora un futuro nel breve termine21, grazie alla sua azione profonda e di continuità con la storia, pur nelle sue evidenti trasformazioni autoritarie, ma che difficilmente sopravviverà una volta passato il suo leader, proprio a causa della sua estrema personificazione.

7L’impianto teorico utilizzato da Donelli nell’analisi della psicologia del leader, la cosiddetta Leadership trait analysis, ovvero una tecnica mediante analisi dei contenuti, usata dagli scienziati politici per lo studio di personaggi importanti del passato, si concilia egregiamente con una pregevole e aggiornata bibliografia storica, culturale e sociale sulla Repubblica turca in lingua inglese, italiana e turca. A queste fonti l’autore si premura di far sempre riferimento nel testo per i passaggi più storici e precedenti agli ultimi trenta anni. Il saggio è di agevole lettura per tutti gli studiosi che si approcciano alla storia della Turchia contemporanea o interessati ad una biografia di valore su Erdoğan. Il libro è di grande utilità per chiunque voglia comprendere meglio le origini e le continuità storiche che legano gli stravolgimenti in corso negli ultimi anni nel paese. Connessioni molto più profonde di quelle che ci appaiono quotidianamente.

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Note

1 Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi), fondato nel 2001, al governo del paese e con la maggioranza in parlamento dal 2002.

2 GIANNOTTA, Valeria, Erdogan e il suo partito. AKP. Tra conservatorismo e riformismo, Roma, Castelvecchi, 2018.

3 GUIDI, Marco, Atatürk addio. Come Erdogan ha cambiato la Turchia, Bologna, Il Mulino, 2018; OTTAVIANI, Marta Federica, Il Reis: come Erdoğan ha cambiato la Turchia, L’Aquila, Textus Edizioni, 2017.

4 NOCERA, Lea, La Turchia contemporanea. Dalla repubblica kemalista al governo dell’AKP, Roma, Carocci Editore, 2011. Il volume rimane uno dei più validi contributi sulla Turchia con un approccio storico-sociale e in lingua italiana.

5 DONELLI, Federico, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, Roma, LUISS University Press, 2019, p. 15.

6 Ibidem, p. 17.

7 Ibidem, p. 18.

8 Gli altri cinque sono: repubblicanesimo, populismo, statalismo, laicismo e rivoluzionarismo.

9 Ibidem, p. 162.

10 AMBROSIO, Alberto Fabio, L’Islam in Turchia, Roma, Carocci editore, 2015, p. 32.

11 Partito del Benessere, sciolto dopo il «golpe postmoderno» del 1997 che costrinse il governo Erbakan alle dimissioni.

12 DONELLI, Federico, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, cit., p. 46.

13 Partito della Madrepatria (Anavatan Partisi), che monopolizzò lo scenario politico degli anni Ottanta e sopravvisse con governi di coalizione negli anni Novanta.

14 Ibidem, p. 63.

15 Ibidem, p. 75.

16 Ibidem, p. 162.

17 Ibidem, p. 16.

18 Ibidem, p. 19.

19 ZÜRCHER, Erik J., Porta d’Oriente. Storia della Turchia dal Settecento a oggi, Roma, Donzelli Editore, 2016.

20 GASPARETTO, Alberto, La Turchia di Erdogan e le sfide del Medio Oriente. Iran, Iraq, Israele e Siria, Roma, Carocci editore, 2017, p. 53.

21 DONELLI, Federico, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia, cit., p. 169.

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Notizia bibliografica digitale

Massimo Ronzani, «Federico Donelli, Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia»Diacronie [Online], N° 43, 3 | 2020, documento 15, online dal 29 octobre 2020, consultato il 12 novembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/14390; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/12duq

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Autore

Massimo Ronzani

Massimo Ronzani (Padova, 1991) è laureato magistrale in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Padova, con una tesi sulla rivoluzione dei Giovani Turchi attraverso le fonti italiane dell’epoca. Ha studiato per un periodo postlaurea all’Institut Bourguiba des Langues Vivantes dell’Université de Tunis El Manar. Di recente ha partecipato a diversi convegni SiSi e SeSaMO. Attualmente collabora per Rai Storia alla trasmissione televisiva Passato e Presente.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Ronzani >

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