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I. Le tifoserie del calcio, tra identità storica e narrazione
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Le Brigate scaligere. Usi della storia, dinamiche identitarie e immaginario degli ultras dell’Hellas Verona

Fabio Milazzo

Abstract

Il contributo analizza il caso degli ultras del Verona e nello specifico l'uso da questi fatto della storia e la sua rilevanza per l'identità del gruppo. Nello specifico, dopo un’introduzione che contestualizza la nascita del movimento ultras e la storia degli ultras del Verona, viene indagato l’uso che i veronesi hanno fatto della Storia per rafforzare il legame con il contesto di provenienza e la sua tradizione, per veicolare la propria ideologia politica e anticonformista, per costruire una specifica memoria collettiva e affermare un determinato immaginario.

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“Hellas Verona – Frosinone 25-9-16”Visualizza l'immagine
Credits: by alberto mischi on Flickr (CC BY-NC-ND 2.0)
  • 1 Cfr. LA TIFOSERIA SCALIGERA. HELLAS VERONA 1903 NOSTRA UNICA FEDE!, «La scala non si tocca», in Tg (...)

La Scala è Verona, è Verona e soltanto il Verona, da sempre e per sempre.
La Scala rappresenta il popolo gialloblu al seguito dell'Hellas, unito attraverso il calcio, e vivo in quel legame di forza con la propria città, storia e consapevolezza che vale sul campo come sulla strada, a Verona come in ogni parte del mondo.
La Scala appartiene al Verona, appartiene a Noi.
La Scala non si tocca!
La Tifoseria scaligera. Hellas Verona 19031

1. Introduzione

  • 2 Cfr. PAPA, Antonio, PANICO, Guido, Storia sociale del calcio in Italia. Dai club dei pionieri alla (...)
  • 3 PAPA, Antonio, PANICO, Guido, op. cit., p.123.
  • 4 Ibidem, p. 125.
  • 5 Sulle origini del termine in relazione al fenomeno sportivo vedi, oltre a Ibidem, pp. 126-127, anch (...)
  • 6 Cfr. FOOT, John, op. cit., p. 368.
  • 7 Cfr. ROVERSI, Antonio (a cura di), Calcio e violenza in Europa. Inghilterra, Germania, Italia, Olan (...)

1Tra i fenomeni che sul piano sociale hanno investito l’Italia nel corso del Novecento, c’è quello della partecipazione sportiva. Come sottolineato da Antonio Papa e Guido Panico, «ad essa contribuì l’evoluzione del costume»2, l’aumento del tempo libero, le spese per i divertimenti. «In questa Italia modesta, ma non priva di novità, lo spettacolo calcistico divenne una forma di ordinaria socievolezza»3. Tra gli effetti di tale situazione ci fu lo sviluppo del fenomeno del tifo, una forma di attaccamento e di partecipata condivisione ai destini della propria squadra, che conobbe «un’estensione senza precedenti»4 e una designazione specifica5. «Le radici di questa pazzia collettiva – con le parole di John Foot – erano già presenti negli anni Venti, ma questa non contagiò realmente milioni di italiani fino agli anni Trenta e Quantanta. Nel 2001, su una popolazione di 56.995.000 unità, ben 26.177.000 si dichiararono tifosi»6. Nell’arco di tempo che separa le prime manifestazioni del tifo sugli spalti e la fine del secolo, con l’estensione e il coinvolgimento di circa metà della popolazione con il fenomeno, avvenne qualcosa in grado di stravolgere le forme e le pratiche del sostegno sportivo: la nascita del tifo organizzato7.

  • 8 Cfr. LOUIS, Sébastien, Ultras. Gli altri protagonisti del calcio, Milano, Meltemi, 2019, p. 18.
  • 9 Indicative in tal senso le considerazioni espresse ripetutamente dai politici e quasi esclusivament (...)
  • 10 Solo a titolo di riferimento segnaliamo: DAL LAGO, Descrizione di una battaglia. I rituali del calc (...)
  • 11 Tra questi meritano di essere segnalati il volume del giornalista Pierluigi Spagnolo (SPAGNOLO, Pie (...)
  • 12 Oltre ai volumi citati vedi: GINSBORG, Paul, L’Italia del tempo presente. Famiglia, società civile, (...)
  • 13 In tal senso molto importanti risultano i contributi del Centro Nazionale Studi e Ricerche sulla Po (...)
  • 14 A titolo esemplificativo vedi: «Boys Parma, 3 AGOSTO 2019 42 ANNI DA ULTRAS”», in Sport People, UR (...)
  • 15 Celebre il documento scritto dai delegati dei gruppi ultras presenti al raduno di Genova per discut (...)
  • 16 Cfr. SEGRE, Daniele, Ragazzi di Stadio, Filmalpha, Italia, 1980, 60.
  • 17 Sempre a titolo esemplificativo vedi: «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci d (...)
  • 18 Sui legami tra sport, cittadinanza e costruzioni identitarie vedi: PORRO, Nicola, Identità, nazione (...)
  • 19 Come verrà detto più avanti, però, lo scioglimento del gruppo principale della Curva Sud del Benteg (...)

2Fermo restando la problematicità delle cifre indicate dagli studiosi, e la difficoltà di censire tra di essi gli appartenenti al mondo ultras8, la rilevanza sociale del tifo organizzato è indubbia. Eppure, a fronte di ciò, la conoscenza del movimento ultras è stata segnata soprattutto da uno dei suoi aspetti: la violenza. Questo ha pregiudicato una più ampia e articolata rappresentazione del fenomeno, ritenuto spesso, soprattutto dall’opinione pubblica, nulla di più che un’espressione delinquenziale9. Sul piano degli studi scientifici la situazione non è omogenea, la maggior parte delle ricerche sono limitate all’area delle scienze sociali10 e molte di esse fanno riferimento proprio alla questione della violenza. Le indagini storiografiche specificatamente limitate al fenomeno ultras non sono numerose11, mentre diversa è la situazione se consideriamo gli inserti sul tifo ultras all’interno di trattazioni più generali sul calcio o sulla storia d‘Italia12. Solo a partire dagli anni Novanta, complice la risonanza mediatica della violenza negli stadi13, si è registrato un cambio di rotta e un lento, ma progressivo, aumento degli studi conoscitivi. Il problema principale resta quello delle fonti, soprattutto quelle interne al movimento che, per la sua natura di fenomeno fortemente ripiegato su se stesso, hanno avuto una circolazione limitata e perlopiù circoscritta entro i canali dei singoli gruppi. Tutto questo ha determinato finora uno scarso, o comunque limitato, utilizzo delle stesse, di fatto sancendo l’assenza della voce degli ultras da molte ricostruzioni del fenomeno. In relazione alla storia del movimento fondamentali risultano però le dichiarazioni dei protagonisti, esposte nei documenti “ufficiali” dei gruppi14, o come risultati dei raduni in comune15, rilasciate ai mezzi di comunicazione radio-televisivi16, o ancora raccolte in interviste pubblicate sulle riviste del settore17. Tra le fonti per conoscere la storia e l’auto-rappresentazione degli ultras bisogna poi menzionare i libri scritti dagli stessi “tifosi organizzati”, o da frequentatori delle curve – in tutti i casi dal di dentro del movimento – per celebrare la storia dei diversi collettivi. Quasi tutti i maggiori gruppi, e molte realtà anche delle serie inferiori, hanno ormai pubblicato un libro per raccontare la propria storia, gli elementi di una determinata esperienza, i miti, i simboli e i riti che hanno dato forma alla specifica identità ultras del gruppo di riferimento. Anche questa letteratura, che indubbiamente va letta criticamente non essendo esente da toni celebrativi e agiografici, è importante per lo studio del movimento e della sua storia. Da ciò si evince che, al di là dello schiacciamento pubblico del fenomeno intorno alla questione della violenza, la storia di questi giovani che hanno scelto lo stadio come fattore di aggregazione è molto più complessa e articolata e ha interessato fattori subculturali, inediti processi identitari e commistioni interclassiste e intergenerazionali18. Tra questi elementi, e in particolare in ordine alla costruzione dell’identità collettiva della tifoseria e dell’identità del gruppo, è interessante l’uso, più o meno implicito, che le tifoserie hanno fatto della Storia, più o meno trasfigurata, e della tradizione. Il presente contributo analizza ciò attraverso lo studio del caso degli ultras del Verona, in particolare del gruppo che ne ha segnato la storia tra il 1971 e il 1991, data di scioglimento ufficiale del collettivo: le «Brigate Gialloblu»19. Nello specifico viene indagato l’uso che della Storia è stato fatto per rafforzare il legame con il contesto di provenienza e la sua tradizione, per veicolare la propria ideologia politica e anticonformista, per costruire una specifica memoria collettiva e affermare un determinato immaginario. La tesi è che il discorso storico sia funzionale, se non strumentale, alla costruzione di una certa identità di gruppo che non resta immobile, ma si evolve parallelamente alle vicende che interessano la tifoseria in questione. In relazione a ciò la storia è però nulla più che una piattaforma da cui trarre miti, luoghi comuni e stereotipi utili a veicolare una particolare visione del mondo. In questo senso non c’è spazio alcuno, almeno nel caso affrontato, per la lettura critica e le fonti utilizzate afferiscono quasi esclusivamente alla tradizione e al patrimonio delle conoscenze collettive e dei miti cittadini. L’analisi sull’uso della storia è preceduta, e contestualizzata, da un paragrafo sulle origini del movimento ultras veronese.

2. Dalle Brigate al modello inglese: gli ultras dell’Hellas Verona

  • 20 BALESTRI, Carlo, VIGANÒ, Gabriele, «Gli ultrà: origini, storia e sviluppi recenti di un mondo ribel (...)
  • 21 GINSBORG, Paul, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Torino, Einaudi, 2006, p. 325.
  • 22 Ibidem, pp. 325-336.
  • 23 Sottolinea l’importanza del tifo, e del calcio, per la costruzione dell’identità nazionale Fabien A (...)
  • 24 PAPA, Antonio, PANICO, Guido, op. cit., p. 124.
  • 25 Ibidem, p. 11.
  • 26 DIETSCHY, Paul, Storia del calcio, Vedano al Lambro, Edizioni Paginauno, 2014, pp. 392-395.
  • 27 CAMETTI, Silvio, I Guerrieri di Verona. Brigate gialloblu dal ’71 ad oggi, Edizioni Zerotre, Casell (...)
  • 28 BALESTRI, Carlo, VIGANÒ, Gabriele, op. cit., p. 37.
  • 29 FERRERI, Andrea, Ultras i ribelli del calcio. Quatant’anni di antagonismo e passione, Lecce, Bepres (...)
  • 30 Ivi, pp.15-16.
  • 31 La violenza negli stadi non è un fenomeno legato all’avvento degli ultras; ciò che cambia è la litu (...)

3L’origine del movimento ultras a Verona si inserisce nei più generali processi che coinvolgono la società italiana degli anni Sessanta del Novecento20. Il contesto è quello del «miracolo economico», contrassegnato da uno «straordinario processo» – secondo le parole di Paul Ginsborg – «che toccò ogni aspetto della vita quotidiana: la cultura, la famiglia, i divertimenti, i consumi, perfino il linguaggio e le abitudini sessuali»21. Tale trasformazione, che non fu uniforme in Italia22, comportò tra i suoi effetti una maggiore attenzione per il tempo libero e le attività ricreative, tra queste le manifestazioni sportive e, in particolare, per il calcio23. L’attenzione per il campionato, in realtà, non era mai venuta meno e già negli anni Venti si «tenne […] a battesimo il “tifo”»24, un fenomeno che presto raggiunse un coinvolgimento e un’estensione rilevante tanto da assumere la fisionomia di realtà culturale. Gli stadi si andavano riempendo, tanto da risultare spesso inadeguati, e nei giorni delle partite le vie intorno ai campi di gioco si trasformavano e in alcuni casi si bloccavano per l’afflusso dei tifosi. In questo contesto assunse un ruolo sempre più centrale il bar dello sport, sorto anch’esso tra gli anni Venti e i Trenta, ma che nell’immediato secondo dopoguerra divenne luogo di ritrovo e spazio di assembramento quotidiano per i tifosi, perimetro di discussione, dibattito e presto di organizzazione del tifo domenicale25. È in questi luoghi di ritrovo che deve essere ricercata l’origini dei club di tifosi che, terminato il secondo conflitto mondiale, si andarono diffondendo in tutta Italia, a partire dalle città maggiori26. A Verona, alla fine degli anni Sessanta, è presente il «Club i 4 fedelissimi» che trascina rumorosamente il sostegno dei supporters veronesi, anche avvalendosi di «spranghe di ferro, bastoni e ferri di cavallo per ritmare sulla banda in ferro di protezione della curva gli “olè”»27. Tale modo di tifare, tipico in quegli anni anche di altre tifoserie, era portato avanti soprattutto dalle frange giovanili28 del club che si riconoscevano sempre meno nelle abitudini, a loro dire troppo compassate, degli adulti presenti nel club. «Queste nuove formazioni – come riassume efficacemente Andrea Ferreri – composte perlopiù da ragazzi aggregati dall’età, dalla passione per il calcio, dai valori stradaioli, dalle turbolenze socio-politiche di una situazione nazionale convulsa, e da un’incertezza diffusa, si staccano completamente dal modello omologato di tifoso in senso classico, per occupare una propria zona di stadio: la Curva»29. Rispetto al tifo dei club, questi giovani «restano in piedi per tutta la partita, incitano per più di novanta minuti la propria squadra, […] vanno in trasferta regolarmente, iniziano a darsi un look, uno stile e una struttura organizzativa dando vita a veri e propri rituali di gruppo fino ad allora mai visti prima»30. E tra i riti c’è quello del confronto fisico con le altre tifoserie e, nello specifico, la pratica della violenza come mezzo di affermazione tra i gruppi31.

  • 32 CAMETTI, Silvio, op. cit., pp. 10-13.
  • 33 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, Soli (...)
  • 34 Per il verbale della seduta inaugurale vedi: Ibidem, p. 15. Vedi inoltre: BRUNO, Fabio, «Tifo Reviv (...)
  • 35 «Hellas Verona», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XV, 4, 2000, pp. 16-21, p. 18.
  • 36 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. (...)
  • 37 CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 12.
  • 38 La macabra rappresentazione, che oltre al manichino “impiccato” vide alcuni ultras manifestare con (...)
  • 39 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. (...)
  • 40 CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 274.
  • 41 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. (...)

4Il desiderio di confronto, l’esibizione della forza del collettivo e l’influenza delle aggregazioni politiche che negli stessi anni si muovevano tra le piazze e la clandestinità, spinse un gruppo di giovani di Borgo Venezia a costituire il «Calcio Club Verona Brigate Gialloblu»32. La fondazione avvenne ufficilmente il 30 novembre 1971, «quando un manipolo di pochi amici si ritrova in Borgo Venezia, al Bar Olimpia , sito in piazza Isotta Nogarola»33 e fonda le Brigate34. Tra i nomi scartati c’è quello di «Commandos Fedelissimi Gialloblu», per «non imitare il già esistente Commandos Tigre a Milano»35 e segnare da subito uno spazio d’autonomia rispetto alle tifoserie delle squadre più vicine e blasonate36. In continuità con gli altri gruppi, invece, anche le Brigate nascono da un bisogno di socialità presente tra i giovani, fattore che ha molto in comune con le esperienze politiche dei giovani degli stessi anni. La principale differenza è costituita però proprio dal rifiuto iniziale della politica, almeno in senso stretto: «A un certo punto ci siamo chiesti» – sostiene Massimo Tocco, primo presidente delle Brigate Gialloblu – «a noi, cosa ce ne frega della politica? Il nostro credo è il Verona! Decidemmo così di fondare un gruppo che fosse apolitico, né di destra né di sinistra»37. A differenza dunque di quanto avverrà in seguito, quando la tifoseria veronese si segnalerà come un gruppo dichiaratamente oltranzista e di destra, protagonista di celebri casi di razzismo, come la messinscena con l’impiccagione del manichino di colore il 28 aprile 1996 durante il derby con il Chievo38, agli inizi il gruppo è apolitico39, anzi la scelta del nome Brigate è legata alle simpatie di sinistra di alcuni dei fondatori40 che militano in associazioni studentesche41.

  • 42 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. (...)
  • 43 Ibidem.
  • 44 «Hellas Verona», cit., p. 18.
  • 45 Ibidem.
  • 46 SPAGNOLO, Pierluigi, op. cit., p. 58.
  • 47 CAMETTI, Silvio, I Guerrieri di Verona…cit., p.254, 260, 265, 274. Vedi anche: TESSARI, Nicola, LOM (...)
  • 48 Per una presentazione del gruppo a opera del direttivo dello stesso vedi: Il direttivo del Verona F (...)
  • 49 Per lo striscione della «Gioventù» con la croce celtica vedi: TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, G (...)
  • 50 «Hellas Verona», cit., p. 21.
  • 51 «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona», ci (...)
  • 52 Ibidem.

5Il primo striscione del gruppo, «lungo trentatre metri (1.000 lire al metro)»42, fu il frutto di una colletta fatta in curva, costò 33.0000 lire e venne esposto nella Cuva Sud, «fino a quel momento aperta anche alle tifoserie avversarie»43. Il tifo era rudimentale e non troppo diverso da quello delle altre curve nel medesimo periodo: «tamburi di latta o scocciati, grancasse, piatti, sciarpe di lana e l’apparizione delle prime bandiere cucite a mano»44. E sempre nello stesso periodo si affermarono le rivalità storiche: Vicenza, Juve, Milan, Brescia. In quest’ultima città, nel 1974, le Brigate si fecero notare per gli incidenti con la tifoseria di casa e per il «corteo in città con lo striscione davanti»45, una moda provocatoria che dilagherà tra le tifoserie negli anni Ottanta e Novanta. Insieme con gli incidenti anche il legame con una pratica politica sempre più esibita ed evidente diventerà un’altra delle cifre caratterizzanti la tifoseria veronese46. Già a partire dalla fine degli anni Settanta, ma soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, in curva, compaiono croci celtiche, svastiche e bandiere che chiaramente rimandano all’universo della destra più oltranzista e razzista47. Su ciò influirà l’ingresso in Curva Sud di gruppi maggiormente politicizzati, come «Verona Front»48, «Gioventù Scaligera»49 e «Inferno Gialloblu»50. Sempre più frequenti sono i casi degli ululati rivolti nei confronti di giocatori di colore e ciò contribuisce ulteriormente alla fama di tifoseria fascista e razzista che i veronesi si sono guadagnati soprattutto dopo lo scioglimento delle Brigate nel 1991. Infatti fino ad allora i comportamenti eccessivi, la goliardia spinosa, la contestazione creativa, anche se spesso molto prossima al gesto razzista, faceva parte della fisionomia identitaria delle Brigate che della stravaganza e dell’ironia oltraggiosa avevano fatto un elemento distintivo51. E tutto ciò aveva contribuito a delineare una certa immagine pubblica del gruppo nato nel 1971, quello di un collettivo di rottura, capace di sorprendere con il lancio di mode e comportamenti originali, come l’andare allo stadio con le parrucche e i cilindri, indossare i gilet alla scozzese, o presentarsi nelle trasferte invernali in costume da bagno. Simili comportamenti, ironici e guasconi – «i veronesi tutti matti»52, si dice nel mondo del tifo organizzato –, fanno parte a pieno titolo di una strategia attraverso la quale le Brigate hanno costruito negli anni la propria autorappresentazione comunitaria.

  • 53 BRUNO, Fabio, «Brigate Gialloblu: soli contro tutti», in Supertifo. La rivista del tifoso organizza (...)
  • 54 Ibidem.
  • 55 «Zoom-repressione», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XVII, 4, 2002, p. 95. Vedi ino (...)

6In tutto ciò un ruolo centrale lo ha avuto l’importanza del gruppo stesso, una cifra distintiva in grado di segnare l’identità del collettivo e, insieme, il sentimento di appartenza a un ideale che si è posto al di là dello stesso sostegno all’Hellas Verona. Lo affermano molto chiaramente i membri stessi del direttivo delle Brigate nella prima intervista “ufficiale” rilasciata come gruppo a «Supertifo», il principale network del tifo organizzato: «Da quando abbiamo fondato il gruppo, nel ’71, noi siamo sempre stati innanzitutto tifosi delle Brigate, e poi del Verona, noi possiamo anche stare a casa, che intanto le Brigate la pensano sempre allo stesso modo, perché le nostre idee sono comuni per tutti»53. L’accento è posto sull’identità di gruppo e sulla comunanza di vedute all’interno dello stesso, tanto da poter quasi parlare di una metafisica del collettivo che prescinde dai singoli componenti che lo costituiscono. L’evidente enfasi di simili affermazioni, che fanno leva su sentimenti di appartenenza molto marcati, mostrano il bisogno di veicolare una narrazione in cui il gruppo è il baricentro dell’essere ultras delle Brigate. Un meccanismo, questo, funzionale all’edificazione di una soggettività collettiva che si legittima in base al dispositivo dentro (il gruppo)/fuori e che i membri delle Brigate spiegano come «un bisogno di attaccarsi a qualcosa di suo»54. Tutto ciò è ben compendiato dallo slogan, esposto allo stadio, e diventato in seguito centrale nell’autorappresentazione delle Brigate: «Soli contro tutti»55.

  • 56 LOUIS, Sébastien, op. cit., p. 43. Vedi inoltre: MUNGO, Domenico, «Verona la storia della Sud», in (...)
  • 57 «Hellas Verona», cit., p. 20.
  • 58 Ibidem. Sugli ASU vedi anche: MUNGO, Domenico, op. cit., p. 33.

7Folkloristici, rissosi e innovatori, da subito i brigatisti si sono dimostrati vicini al tifo d’oltremanica, tanto da poter esporre nel 1976 il loro striscione tra gli Headhunters del Chelsea, uno dei gruppi hooligans più conosciuti e violenti della Gran Bretagna56. Ciò spiega anche la diffusione delle Union Jack in curva Sud al Bentegodi, già negli anni Settanta, e la costituzione di gruppi, sezioni e sigle che espressamente facevano riferimento alla cultura d’oltremanica, come i Punk Brigade (sezione nata negli anni Ottanta dopo un viaggio a Londra di alcuni esponenti delle Brigate), i Deadly Sinners, gli Hellas Army57, i Tartan Army, i Rude Boys e gli Hellas Alcool che con tale nome celebravano tanto la passione per il vino – trasportato nelle numerose damigiane che non mancavano mai sui torpedoni che seguivano l’Hellas in trasferta – e la birra. L’effervescenza del movimento ultras veronese tra gli anni Settanta e Ottanta è attestato inoltre dalla coniazione di una molteplicità di sigle che seguono i gialloblu: Vecchia Guardia, Vitelloni e ASU (Associazione Stalle Umane), un «gruppo di tifosi sciatti dediti a scorribande, atteggiamenti animaleschi, uso smodato di vino e birra»58.

  • 59 «Hellas Verona», cit., p.19.
  • 60 «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona»…cit (...)
  • 61 Ibidem.
  • 62 Cfr. CUCCI, Italo, «La minaccia di Verona», in Guerin Sportivo, LXV, 126, 12/1977, p. 3. Vedi anche (...)
  • 63 Su hooligans e violenza vedi: DUNNIG, Eric, MURPHY, Patrick, WILLIAMS, John, Il teppismo calcistico (...)
  • 64 SILEI, Gianni, op. cit., p. 151; ROVERSI, Antonio, op. cit., p. 17.

8Ultras rissosi e violenti, i veronesi hanno costruito la loro fisionomia di gruppo anche attraverso una serie di atteggiamenti sbruffoni e, a loro modo, ironici, come quando si presentarono a Como con pinne, fucili e materassini gonfiabili o andarono in trasferta a Milano e Roma con i caschetti gialli da minatore e i tubi Innocenti59. Le Brigate si sono autorappresentate non soltanto alla luce dell’ideale di coerenza, attaccamento alla città e coesione di gruppo, ma anche come un collettivo in grado di rinnovarsi. Esprime tutto ciò, molto chiaramente, Andrea Fantacci, elemento di spicco del gruppo, in un’intervista apparsa su Supertifo in cui vengono rimarcati i caratteri distintivi dell’esperienza ultras veronese: «Le Brigate hanno vissuto le pagine più dense negli anni ’80, quando siamo stati un gruppo di primo piano. Dando una ventata di novità contro l’appiattimento. Essere delle Brigate è sempre stato un fatto mentale, di stile. […] I valori? Coerenza, intransigenza, goliardia e soprattutto originalità»60. E insieme a ciò spavalderia e violenza, altri due elementi che hanno segnato nel profondo la tifoseria veronese: «Siamo sempre stati spavaldi. Ci piace misurarci e scontraci con le tifoserie avversarie»61. La conflittualità cercata, esibita, raggiunse l’opinione pubblica il 20 marzo 1977 quando, durante un Verona-Juventus, ai piedi della curva Sud, dal settore occupato dalle «Brigate Gialloblu», venne lanciata una bomba a mano che non esplose grazie alla linguetta di sicurezza che restò bloccata. Italo Cucci, sul «Guerin Sportivo», parlò apertamente di «un unico disegno criminoso: l’annientamento della libertà»62. In questa lettura gli ultras venivano ormai apertamente affiancati agli «opposti estremismi», alle «bande rosse o nere» che insanguinavano il Paese e puntavano al suo sovvertimento. Più specificatamente era il sintomo di un’escalation della violenza praticata dagli ultras, e parallelamente di una sua ritualizzazione, che molto doveva all’influenza degli hooligans britannici63, ma che cominciava anche ad assumere contorni propri, legati appunto alla conflittualità politica e alla tensione sociale presente nel Paese. In particolare tale violenza si caratterizzava per alcuni elementi: il furto dello striscione avversario – vero e proprio “bottino di guerra” la cui perdita poteva determinare lo scioglimento di un gruppo; la penetrazione nella curva avversaria; l’aggressione al gruppo avversario e lo scontro con coltelli, spranghe, bastoni64.

9Proprio gli scontri con gli altri gruppi e la violenza dentro e fuori dagli stadi hanno costellato la storia delle Brigate, fino a determinarne lo scioglimento nel 1991:

  • 65 «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona», ci (...)

Fu una decisione difficile – ricorda sempre l’esponente veronese –, ma dopo le conseguenze dei tafferugli di Brescia e del dopo Verona–Milan di Coppa Italia, non avevamo altre vie di uscita. Eravamo sotto pressione, osteggiati dall’ambiente, dalla società, dalla stampa. A quel punto non ci sembrava giusto che a pagare per tutti fossero le Brigate e chi si espone sempre in prima linea. Lo striscione “non 12 ma 5000 colpevoli” rappresentava il nostro stato d’animo e la posizione dell’intera curva65.

  • 66 CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 236.
  • 67 Ibidem, pp. 236-238.
  • 68 Ibidem.
  • 69 Vedi gli articoli di giornali riportati da Cametti alle pp. 155, 163.
  • 70 Ibidem, p. 239.

10Lo striscione cui si fa riferimento è quello esposto a seguito degli arresti che determinarono proprio la decisione di sciogliere il gruppo. La fase di crisi ebbe inizio alcuni anni prima, dopo i gravi incidenti che costellarono il match contro il Brescia, il 21 dicembre 1986. Già nella settimana prima gli ultras bresciani avevano diffuso volantini in cui si invitavano tutti a «spaccare le ossa ai veronesi» e «il clima per questo strano derby si prospettava infuocato»66. Per non perdere l’appuntamento con gli avversari, duemila ultras veronesi giunsero a Brescia fin dal mattino e poterono agire indisturbati67. Fu una giornata di violenza, «la stazione venne messa a soqquadro. Persino le cabine telefoniche vennero sradicate e portate a spasso per alcune decine di metri dal corteo devastatore. Lungo la strada che portava allo stadio (circa 8 km) la furia dei “tifosi” armati anche di martelli e mazze, si abbatté su centinaia di auto e vetrine dei negozi»68. I riflessi della domenica di follia sui giornali69 e nel dibattito pubblico contribuirono a rafforzare l’immagine della tifoseria veronese come spavalda, violenta e oltranzista. Il presidente, Nando Chiampan, minacciò di ritirare la squadra dal campionato di calcio e in prefettura vennero organizzati diversi summit per valutare come affrontare la questione e debellare il pericolo pubblico “Brigate”. L’attenzione per la questione non venne meno nelle settimane seguenti e il 1° febbraio 1987, durante la notte precedente l’incontro Verona-Milan, scattò un’operazione di polizia nei confronti degli ultras veronesi. Decine furono le perquisizioni e gli accompagnamenti coatti in questura. Intanto proseguirono le indagini, i pedinamenti, le intercettazioni telefoniche «e attraverso la collaborazione di due minorenni (che successivamente al processo ritratteranno le loro dichiarazioni), per 12 di essi fu emesso un mandato d’arresto con l’accusa gravissima di associazione per delinquere. Per la prima volta in Italia un gruppo di tifosi venne considerato fuorilegge»70. La domenica successiva agli arresti, durante la partita contro la Roma, gli ultras veronesi, ormai in rotta con la società e il sindaco, lasciarono vuota la parte centrale solitamente occupata in curva e appesero uno striscione: «Non 12 ma 5000 colpevoli». Il gesto voleva rimarcare non solo la solidarietà del gruppo, ma anche la coesione e la forza del collettivo in un momento particolarmente difficile.

  • 71 «Arrivederci Brigate», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, VII, 2, 1992, p. 9.
  • 72 SPAGNOLO, Pierluigi, op. cit., p. 59. Vedi inoltre: «Hellas Verona», cit., p. 20.
  • 73 Il livello di scontro con la questura veronese, e in particolare con la Digos preposta al controllo (...)

11L’attenzione della magistratura verso i veronesi proseguì anche negli anni successivi che furono costellati di incidenti, alcuni di una certa gravità. Durante il campionato 1990-1991, fece scalpore il ritrovamento di numerose bottiglie incendiarie pronte per essere utilizzate contro i tifosi partenopei. E gravi incidenti ci furono durante gli incontri con Brescia, Udinese, Cremonese, Reggiana, Foggia, Barletta, Ancona, Padova, Salernitana. Tutto ciò se da una parte contribuì a rafforzare il mito degli ultras veronesi all’interno di una parte del movimento, dall’altra spinse la magistratura a intraprendere azioni repressive sempre più incisive e determinate. Un centinaio erano i tifosi diffidati dal presentarsi allo stadio e un’altra ventina di ragazzi, sempre nello stesso periodo, subirono un processo per tentato omicidio scaturito dagli incidenti di Cremona dell’anno precedente. Altri scontri avvennero durante una partita in notturna contro il Milan e dopo di essi ci furono ulteriori 12 arresti. La situazione era insostenibile per le Brigate che nel 199171 decisero di sciogliersi, inaugurando così quella che sarebbe diventata anche una moda con la sparizione degli striscioni dei gruppi e il via a un tifo apparentemente meno organizzato e sicuramente meno controllabile dalle forze dell’ordine72. La prima domenica successiva allo scioglimento, la curva Fiesole della Fiorentina si colorò di gialloblu, con una scritta umana «BG» e uno striscione che recitava: «Venti anni di storia non si cancellano. Onore alle Brigate Gialloblù». La solidarietà e la vicinanza dei fiorentini evidenziava che erano ormai lontani i tempi dell’incomunicabilità tra i gruppi, delle chiusure identitarie e dell’attaccamento esclusivo al proprio club. Cresceva inoltre la distanza tra gli ultras e l’opinione pubblica e il livello di conflittualità con le forze dell’ordine, la cui azione repressiva negli anni Novanta era sempre più energica73.

  • 74 Retrospettivamente Andrea Fantacci, leader delle Brigate, descrive lo sciolglimento come un “masche (...)
  • 75 «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona», ci (...)
  • 76 Cfr. THORNTON, Phil, Casuals, Rovereto, Boogaloo Publishing, 2004.
  • 77 MUNGO, Domenico, «Verona la storia della Sud», cit., p. 33.
  • 78 Il nome del gruppo è legato a un esponente particolarmente carismatico delle Brigate prima e della (...)
  • 79 MUNGO, Domenico, «Verona la storia della Sud», cit., p. 34.
  • 80 LUBRANI, Luca, «Curva Sud Verona, un tifo su… vasta scala», in Supertifo. La rivista del tifoso org (...)
  • 81 Per una topografia dei gruppi presenti in Curva Sud dopo lo scioglimento delle Brigate vedi: LUBRAN (...)
  • 82 MUNGO, Domenico, «Verona la storia della Sud», cit., p. 35.
  • 83 Sul ruolo della «banda Loma» nel dopo-Brigate, sulle divergenze con il gruppo delle ex-Brigate che (...)

12La principale conseguenza di simili dinamiche fu una chiusura del movimento al suo interno sempre più marcata e, fautori proprio i veronesi, la prima vera discontinuità nel modo di tifare e di organizzarsi del movimento ultras. Per sfuggire alla repressione sempre più mirata delle forze dell’ordine, gli ultras veronesi non soltanto sciolsero il gruppo e presero la decisione di ammainare gli striscioni, ma decisero di intraprendere un nuovo corso adottando quello che definirono il «modello inglese»74. Era a tutti gli effetti una rottura di pratiche consolidate e forme organizzative ed estetiche che oramai contraddistinguevano il movimento ultras tutto. Innanzitutto, con il gruppo, spariva la macchina organizzativa che programmava le trasferte come un momento collettivo fondamentale dell’esperienza ultras. Questo significava tornare a una fase del tifo in cui ci si organizzava autonomamente, con mezzi propri e in modo assolutamente spontaneo75. Si traduceva, però, anche in una maggiore difficoltà per le forze dell’ordine nei controlli, infatti mancando i “treni speciali”, i torpedoni di gruppo e i cortei organizzati, diventava molto difficoltoso vigiliare sugli ultras in trasferta. Tutto ciò venne aggravato dalla sparizione dei segni distintivi – sciarpe, cappelli, bandiere – che consentivano di identificare immediatamente gli ultras. Infatti tale inglese, oltre alla sparizione ufficiale dei gruppi, prevedeva una rivoluzione estetica. Sparirono i simboli dei collettivi e si diffusero bandiere a due aste con slogan ironici o di sostegno alla squadra, comunque privi di alcun riferimento al gruppo. La curva venne tappezzata di vessilli stravaganti, Union Jack e si diffuse in modo più marcato la moda «casual» – del resto già presente in curva –, una subcultura, anch’essa importata dalla Gran Bretagna, che segnò il modo di vestire e la conflittualità dentro e fuori gli stadi negli anni seguenti76. Ma chi erano i casuals? A differenza di altri stili, tale subcultura si diffuse negli anni Settanta proprio tra le gradinate degli stadi inglesi. Segni distintivi erano gli scontri violenti praticati con gli altri gruppi di hooligans e l’abbigliamento sportivo griffato indossato dai membri delle crew. All’interno delle curve vennero dapprima identificati con diversi nomi – Scallies, Perry Boys, Trendies o Dressers –, molti dei quali legati alle griffe indossate, ma successivamente si affermò il termine casuals per identificarli nel loro insieme. Movimento di opposizione politica e culturale che afferiva alla working class bianca, la moda casual si diffuse anche a Verona riuscendo a interpretare ideologie, bisogni e contingenze legate al post-Brigate77. Non soltanto le griffe e il modo di vestire ricercato ben identificavano lo stile e il volto estremo e neofascista della curva veronese, sempre più marcato a partire dagli anni Novanta, ma consentivano anche il delinearsi di inediti processi identitari di gruppo, nonostante l’anonimia dell’assenza dei colori della squadra. Codici e simboli provenienti dal mondo della moda, dall’estremismo politico e dalla storia cittadina servirono per costruire nuove identità collettive. Tra i gruppi che si ritagliarono un ruolo centrale nella curva post-Brigate c’è da segnalare la «banda Loma»78, implicata nel caso del “manichino impiccato”, «Rovereto», «Lake Zone», «Niù tennici», «Brigate Angolo»79, «Sezione Curva Sud»80, «1° Febbraio»81. Forti connotazioni neofasciste, uso di stendardi e bandiere a due aste con slogan ironici e tratti dal dialetto veneto, cori mutuati dall’esperienza anglosassone, saldi legami con il Veneto Fronte Skinheads, sono i caratteri distintivi di questa galassia giovane e variegata che cercò di rivitalizzare la Curva Sud dopo l’abbandono traumatico del suo gruppo egemone82. Accanto a questi, soprattutto a partire dalla fine degli anni Novanta, si registrava un ritorno attivo di “vecchi” esponenti delle Brigate, fautori di un modo diverso di tifare e scontenti della forte politicizzazione della Curva Sud guidata dalla «banda Loma»83. Ammainato lo striscione con la scala a tre pioli, emblema delle Brigate, per i membri dello storico gruppo dunque non si chiudeva il rapporto con la tifoseria veronese ma si apriva una nuova pagina, fatta di nuove fondazioni e tentativi di ritorno alle origini. Tutto ciò, incidentalmente, mostrava la capacità di trasformazione del movimento ultras e la solidità del collettivo in grado di rigenerarsi anche attraversando momenti bui e tensioni endogene ed esogene.

3. La storia in curva

  • 84 FOOT, John, op. cit., p. 369.
  • 85 HOBSBAWM, Eric J., RANGER, Terence (a cura di), L’invenzione della tradizione, Torino, Einaudi, 198 (...)
  • 86 ANDERSON, Benedict, Comunità immaginate. Origini e diffusione dei nazionalismi, Roma, Manifestolibr (...)
  • 87 AGULHON, Maurice, Marianne au combat. L’imagerie et la symbolique républicaines de 1789 à 1880, Par (...)
  • 88 Su tutto ciò vedi: CONTI, Fulvio, Italia immaginata. Sentimenti, memorie e politica fra Otto e Nove (...)
  • 89 Su tutto ciò vedi: ASSMANN, Aleida, Shadows of Trauma. Memory and the Politics of Postwar Identity, (...)

13Diversamente da quanto sostenuto da John Foot, nel suo libro sul calcio in Italia, secondo cui nella visione del mondo degli ultras «la storia è stata abolita, rimpiazzata da una serie di miti e cerimonie autoreferenziali»84, proprio la particolare ideologia che sostiene la cultura ultras si è giovata della Storia per affermare la propria mentalità, gli ideali e l’immaginario che contraddistinguono il gruppo e la tifoseria. In tal senso, nel corso degli anni, anche gli ultras veronesi – e in particolare le Brigate – si sono serviti del magmatico deposito dei significanti desunti dal passato per celebrare il proprio vanto e affermare una certa visione del mondo. Come già fatto da altri gruppi, però, la storia cui si è fatto riferimento non è quella dei manuali, né quella del dibattito storiografico o quella validata scientificamente dagli studiosi ma, perlopiù, quella semplificata e banalizzata dei luoghi comuni o tutt’al più quella fissata nella tradizione. La problematicità di questo uso della storia è stata evidenziata ormai da decenni da opere come The Invention of Tradition di Hobsbawm e Ranger85, ma anche Imagined Communities di Benedict Anderson86 che ha mostrato il ruolo dell’immaginario nella costruzione delle identità collettive. Sulla valenza, e la costruzione, dei simboli per la coesione delle comunità ha molto insistito anche Maurice Agulhon nella sua trilogia sulla figura di Marianne come emblema della Francia repubblicana dell’Ottocento e del primo Novecento87. In misura diversa questi studi portano alla luce il ruolo della mediazione testuale e visiva nella costruzione della memoria culturale88. In particolare la memoria collettiva si forma sia attraverso la circolazione orale, sia, e soprattutto, attraverso tutti gli strumenti di mediazione culturale che, nel caso dell’universo ultras, sono i racconti, le immagini, il materiale prodotto dal gruppo, la grammatica simbolica e i miti desunti dalla storia della città. Tutto ciò viene fatto interagire in pratiche rituali e commemorative funzionali alla costruzione di un canone di tradizioni proprie del collettivo89.

  • 90 Come abbiamo visto, anche dopo lo scioglimento del 1991 i membri delle Brigate, pur con le divergen (...)
  • 91 FOCARDI, Filippo, Rielaborare il passato. Usi pubblici della storia e della memoria in Italia opo l (...)
  • 92 «Gli ultras dellʼHellas Verona inneggiano a Hitler. Cori nazisti durante la festa della Curva Sud»,(...)

14La Verona ultras – e soprattutto le Brigate90 –, come altre tifoserie, ha messo in pratica nel corso dei decenni, più o meno consapevolmente, una serie di strategie e di dispositivi strumentali alla costruzione di una memoria collettiva in grado di rafforzare lo spirito di gruppo. E tra questi dispositivi simbolici e retorici è possibile annoverare proprio un uso particolare della Storia, in linea con gli interessi e l’ideologia della curva e dei suoi gruppi dominanti, ma anche con un’epoca segnata da «un ipertrofico uso pubblico della storia»91. In particolare possiamo individuare tre modalità d’uso della Storia: quello identitario-celebrativo, quello politico-ideologico e quello anticonformista e provocatorio. Le forme e le modalità d’utilizzo non sono sempre perimetrabili nelle diverse circostanze e spesso si registrano delle sovrapposizioni, come nei casi delle celebrazioni di Hitler – destarono scalpore i cori durante la festa della curva Sud nel 201792 – in cui l’aspetto politico ideologico e quello provocatorio si sovrappongono e si confondono. Eppure, fermo restando la complessità e la stratigrafia sociale della curva e le differenze tra i gruppi, i tre usi della Storia individuati sembrano caratterizzare l’intera storia del tifo ultras veronese, tanto da contraddistinguersi come pratiche per l’incessante generazione di narrazioni e simboli mitopoietici in grado di tenere in piedi la comunità immaginata della Curva Sud veronese.

  • 93 Per il legame tra la storia della squadra e quella della città vedi la coreografia fatta durante Ve (...)
  • 94 Solo per un esempio dell’importanza della scala come simbolo dell’identità ultras veronese, anche p (...)
  • 95 «Hellas Verona», cit., p. 19.
  • 96 «Loghi Hellas Verona», in Hellas Group, URL: < https://hellasgroup.jimdo.com/loghi-hellas-verona/ (...)
  • 97 Cfr. LA TIFOSERIA SCALIGERA. HELLAS VERONA 1903 NOSTRA UNICA FEDE!, «La scala non si tocca», cit.

15Il primo uso della storia, quello identitario-celebrativo, è palese già da una semplice osservazione dell’estetica della curva Sud che, fin dagli anni Settanta, mostra un uso massiccio di alcuni simboli strettamente legati alla storia e alla tradizione della città. Riprodotti sul materiale esibito dalla curva – bandiere, drappi e, in particolare, sugli striscioni– mostrano un legame viscerale con la città di Verona, la sua identità e la sua storia93. Tra tutti il contrassegno più evidente è anche quello più conosciuto della tradizione veronese: la scala94. Emblema della famiglia della Scala, che governò sulla città di Verona dal 1262 al 1387, essa rappresenta l’identità veronese nella sua essenza e, come tale, riempie le bandiere, le sciarpe, le due aste, gli adesivi e gli striscioni dei gruppi della curva scaligera, a partire da quello storico delle Brigate ammainato nel 1991. Adottata come simbolo sullo striscione del gruppo a partire dal 1977, in sostituzione di quello precedente in stoffa95, e raffigurata con tre, quattro o anche cinque pioli – come in un vecchio adesivo delle Brigate96 –, la scala rappresenta nell’immaginario dell’ultras veronese il legame con la città e, ancora più in profondità, «l'appartenenza di una moltitudine a qualcosa di grande, indipendente da vittorie o sconfitte, spesso contro tutto e tutti»97, come recita un comunicato pubblicato dalla tifoseria scaligera per protestare contro il presidente del Chievo, Luca Campedelli, reo di volersi appropriare del simbolo più celebre di Verona per la sua squadra. Sempre il medesimo comunicato, rilasciato a fine Febbraio del 2011, esprime chiaramente il valore riconosciuto dagli ultras gialloblu alla scala e alla storia di Verona:

  • 98 Ibidem.

I colori gialloblù prima, Cangrande [della Scala] poi, fino ad arrivare a ciò che non ti puoi permettere, a ciò che non puoi neanche sfiorare... La Scala è Verona, è Verona e soltanto il Verona, da sempre e per sempre. La Scala rappresenta il popolo gialloblù al seguito dell'Hellas, unito attraverso il calcio e vivo in quel legame di forza con la propria città, storia e consapevolezza che vale sul campo come sulla strada, a Verona come in ogni parte del mondo. Lascia stare ciò che mai potrà appartenere né a te né a chi ha scelto il tuo chievo per vedersi in comodità i campioni del gioco del calcio, e non di certo per sostenere una città prima che una squadra, un essere prima di un giocare98.

  • 99 Ibidem.
  • 100 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. (...)

16Non sono soltanto i colori a rappresentare il fattore identitario che gli ultras ritengono fondamentale, ma più ancora è la scala a fungere da centro di gravità della dimensione simbolica e rituale del «popolo gialloblù». Questo perché essa stabilisce il «legame di forza con la propria città» e la sua storia, con una dinastia e i suoi maggiori esponenti, il simbolo di un’appartenenza indissolubile per cui si è disposti a “combattere”: «Molla la Scala» è l’invito rivolto al presidente del Chievo «mollala prima che cominci a scottarti tra le mani. La Scala non è affar tuo, non ti appartiene. Rimettila al suo posto, prima che sia troppo tardi, prima che qualcuno lo scopra e voglia venire a riprendersela… la Scala appartiene al Verona, appartiene a Noi»99. Al di là del linguaggio e della retorica utilizzata, è evidente che per gli ultras veronesi la scala rappresenta un paradigma identitario collettivo, un simbolo mitopoietico attraverso il quale transita l’invenzione di una tradizione e la creazione di un immaginario collettivo che tiene insieme le memorie condivise in nome della centralità della storia della città – vedere anche il riferimento a Cangrande della Scala – come atto fondativo dell’essere ultras dell’Hellas Verona. Il legame con la dinastia più illustre della città, e quindi con la sua storia, è attestata anche dalla nascita, nel 1983, di un gruppo autonominatosi Gioventù Scaligera e dall’uso massiccio del simbolo del mastino100.

  • 101 Cfr. CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 274.
  • 102 Durante il campionato 1985-1986, per accogliere gli ultras del Napoli, vengono esposti gli striscio (...)
  • 103 Cfr. «Adesivi Gialloblu», in Primo Luglio. Si batterono come poeti guerrieri e conquistarono l’immo (...)

17La storia della città, dunque, almeno nella sua forma mitica e agiografica, rappresenta non soltanto un fattore identitario e celebrativo per gli ultras, ma anche uno dei catalizzatori primari della contrapposizione rispetto a tutto ciò che non è Verona e l’Hellas. E questo fino a raggiungere i vertici della discriminazione e dell’odio razziale101 e geografico (Nord contro Sud)102. Anche in relazione a ciò va contestualizzato il celebre slogan coniato dagli ultras veronesi, e posto su uno striscione portato in giro per l’Italia: «Noi odiamo tutti»103. Non semplice motto ma cifra di una chiusura radicale verso l’alterità, rappresentata dalle altre tifoserie, in nome dell’unicità storica di Verona.

  • 104 ZEROPREGI, «Genealogia minima del movimento ultras e della sua repressione», in Zapruder, URL: < ht (...)
  • 105 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. (...)
  • 106 L’intervista da cui sono tratte le affermazioni è del 1988.
  • 107 BRUNO, Fabio, «Brigate Gialloblu: soli contro tutti…», cit., p. 13.
  • 108 Ibidem.
  • 109 Per le caratteristiche di tale costruzione sottoculturale vedi: MARCHI, Valerio, Ultrà, cit., pp. 1 (...)
  • 110 BRUNO, Fabio, «Brigate Gialloblu: soli contro tutti», cit., p.13.
  • 111 Ibidem, p. 14.

18Strettamente legato a questo uso della storia, tendente a celebrare la specificità di Verona e dei suoi abitanti, è quello politico-ideologico. Ampiamente praticato già negli anni Ottanta, tale uso non è limitabile soltanto alle manifestazioni estremistiche di destra che hanno reso famosa la curva scaligera104. Durante un Verona-Roma, l’8 gennaio 1984, al Bentegodi, ad esempio, compare una bandiera della Lega Veneta, movimento che porta avanti istanze di autonomia da Roma e dal Sud. Il simbolo, per i veronesi, più che rappresentare l’ideale di unità con la “nazione” veneta – basti pensare alle accese rivalità con Vicenza e Venezia –, vuole esaltare l’unicità regionale del veronese e l’ostilità verso il Sud Italia. In tale ottica si colloca anche l’accesa rivalità con Napoli e i tanti striscioni offensivi inneggianti al Vesuvio, al colera, all’apartheid, che nel corso degli anni hanno contribuito a contraddistinguere Verona come tifoseria razzista e anti-meridionale. Paradigmatico in tal senso lo striscione che nel 1983 fece seguito al passaggio di Dirceu al Napoli: «Ora non sei più straniero, Napoli ti ha accolto nel continente nero»105. Nell’autorappresentazione identitaria degli ultras delle Brigate il razzismo è un fattore culturale, corollario di una differenza qualitativa rispetto alle altre tifoserie, dimostrata dalla storia stessa degli ultras veronesi e dalla considerazione riscossa all’interno del movimento: «se noi siamo riusciti a fare cose diverse dagli altri è perché da 17 anni106 ci sono sempre quelle persone che, a livello di dirigenza di gruppi ultrà, sono senz’altro superiori alla media, e questa loro maggiore intelligenza si riflette automaticamente in una maggiore fantasia, originalità e capacità organizzativa»107. L’intento autocelebrativo di tali dichiarazioni, a tratti stucchevole, ribadisce il convincimento di una differenza quasi razziale rispetto agli altri gruppi, ma più in profondità mostra il percorso retorico e simbolico adottato per la costruzione identitaria del collettivo. Ribadire, come fanno i brigatisti, di avere «una classe dirigente migliore rispetto alle altre, e di cui fanno parte individui che hanno, fondamentalmente, una loro cultura»108, non è dunque soltanto megalomania o autocelebrazione, ma un elemento narrativo centrale della costruzione identitaria del gruppo, quest’ultima realizzata attraverso retoriche di legittimazione e parallele delegittimazioni degli avversari. In tutto ciò l’intransigenza e l’estremismo risultano essere l’effetto di un certo modo di essere ultras che, almeno in tale autorappresentazione, ambisce a presentarsi come «un’unica e specifica sottocultura ultrà»109: «Sia chiaro» sostengono gli esponenti delle Brigate «che noi facciamo gli ultras perché siamo ultras nella mente, non perché siamo emarginati dalla società, drogati, o gente in cerca di una rivalsa sociale nei confronti del resto del mondo»110. In questo senso – concludono – «il razzismo […] è un sentimento nobile, e lo può provare solo chi ha dentro qualcosa»111.

  • 112 Cfr. «La tribù del calcio. Gli anni ’70 e ’80 com’erano», in S.P.Q.R., URL: < http://www.asromaultr (...)
  • 113 Oltre a quanto già indicato nelle note precedenti vedi: TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLI (...)
  • 114 Sul ruolo e la figura di Luca Castellini, esponente di Forza Nuova e capo-ultras del Verona vedi: « (...)
  • 115 BERIZZI, Paolo, «Siamo una squadra a forma di svastica, il coro degli ultrà neonazi dellHellas V (...)
  • 116 Cfr. «Foto Ultras», in Solobari.it Forum. Il forum dei tifosi del Bari, URL: < https://solobari.it/ (...)
  • 117 Cfr. «Adesivi Gialloblu», cit.

19Se la presenza di bandiere pro-Veneto e striscioni anti-meridionali mostrano una inclinazione leghista presente nella curva Sud del Bentegodi, l’uso politico della Storia più marcato è però quello fatto per esaltare la svolta a destra della curva veronese, dopo che al momento della fondazione delle Brigate, come abbiamo visto, il gruppo si attestava su tiepide simpatie di sinistra. La piega neofascista è riscontrabile già dalla metà degli anni Settanta – basti pensare alla contrapposizione con i “rossi” del Bologna e al materiale prodotto dalle Brigate112– e da allora al Bentegodi sono stati continui ed espliciti i riferimenti al passato fascista e nazista, con l’esposizione di croci uncinate, svastiche e celtiche113. È però dopo lo scioglimento delle Brigate che la politica in curva ha assunto sempre più un ruolo centrale, fino a diventare vero e proprio fattore identitario basato su una grammatica e una simbologia fascista e nazista114. Il caso più recente è legato alla fine dell’ultimo campionato di calcio quando, per celebrare il ritorno in serie A, gli ultras del Verona hanno festeggiato in piazza cantando: «Siamo una squadra fantastica... a forma di svastica... che bello è... allena Rudolf Hess...»115. Il riferimento al gerarca nazista è però solo l’ultimo di una lunga serie di omaggi al passato nazista e di prese di posizione a favore di esponenti del Terzo Reich. Durante un Verona-Triestina del 2003-2004 nella curva occupata dagli ultras scaligeri venne esposto uno striscione inneggiante a «Priebke libero»116. Un modo netto per prendere posizione in relazione alla lunga diatriba sulla giudicabilità del vecchio criminale nazista responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Anche in questo caso la posizione dei veronesi è di aperto sostegno alla causa nazista e l’uso della storia appare essere funzionale a questa scelta di campo. Uno schieramento dimostrato, negli stessi anni, dalla realizzazione di materiale – come le sciarpe nere con il motto fascista «Me ne frego!», o i numerosi adesivi con aquile naziste e ascie bipenni117 – che evidenziano una volontà ideologica chiara che, anche esteticamente, sembra a tratti oscurare il sostegno ai colori gialloblu.

20La curva Sud del Bentegodi è indubbiamente una delle più nere d’Italia e l’uso della storia – anche come semplici riferimenti – è certamente funzionale a celebrare tale connotazione. Eppure, spesso, questo uso travalica la dimensione strettamente identitaria e politica per farsi strumento di provocazione, dispositivo retorico attraverso cui si irride l’avversario e si marca una differenza. Anche in tale ottica va contestualizzato ad esempio, nel 2011, durante il match con gli avversari “rossi” del Livorno, lo “spettacolo” offerto a base di cori estremisti, saluti romani e croci celtiche sventolate con protervia. Tale valenza dissacratoria, irritante e di sfida ha assunto poi la veste di vera e propria provocazione anticonformista in alcuni celebri episodi, come quando, nel 2014, durante un raduno degli ultras, vennero parcheggiate sedici auto in modo da formare una svastica118. O nel caso del sostegno offerto agli esponenti della «Uno Bianca», la banda resasi protagonista tra il 1987 e il 1994 di oltre un centinaio di crimini che causarono la morte di 24 persone. Lo striscione esposto dagli ultras veronesi recitava: «Ultras violenti: segni particolari “uno bianca”».119 Il fatto che la maggior parte dei componenti della banda avesse simpatie di estrema destra poteva far pensare a uno striscione di sostegno politico, in realtà in questo caso la provocazione riguardava l’apparteneza della maggior parte dei membri della Uno Bianca alla polizia. Delinquenti con la divisa, secondo gli ultras, molto più pericolosi dei tanto screditati «ultras violenti». Un uso della vicenda polemico e provocatorio, ma anche in un certo senso politico, a conferma della difficoltà di separare nettamente le modalità di utilizzo della storia del Paese.

  • 120 Cfr. RCD - Corriere Tv, «Lampedusa: ultrà Verona cantano Io credo risorgerò”», in Corriere della S (...)

21La voglia di provocare, di lasciare il segno, di suscitare biasimo e indignazione, è una delle cifre che hanno orientato l’agire comunicativo degli ultras dell’Hellas nel corso degli anni. Ciò se da una parte ha contribuito alla costruzione del mito delle Brigate (e dei suoi successori) in una parte dell’universo ultras, d’altra parte ha attirato sulla curva del Verona le critiche feroci e spesso giustificate dell’opinione pubblica. A ciò i veronesi hanno risposto “alzando il tiro”, cioè provocando con sempre maggiore enfasi, fino a far diventare tale atteggiamento quasi caricaturale e, spesso, di cattivo gusto (anche per i canoni non troppo sottili del mondo ultras). È il caso del comportamento tenuto a Bologna, il 6 Ottobre 2013, durante il minuto di silenzio per le vittime di Lampedusa. Nel silenzio commosso dello stadio gli ultras scaligeri hanno beffardamente intonato il canto funebre «Io credo, risorgerò»120. Nonostante la difesa del tecnico Mandorlini, convinto, che «non […] fosse ironia gratuita, penso si dovesse interpretare alla lettera», ai più è sembrato l’ennesimo gesto provocatorio degli ultras veronesi, un modo per affermare la fisionomia ribelle e anticonvenzionale del collettivo. La stessa che ha contraddistinto gli ultras dell’Hellas dalle Brigate in avanti.

  • 121 Ma, in una certa misura anche i componenti degli altri gruppi, visto che gli usi della storia qui i (...)

22In conclusione i tre usi della storia individuati, oltre alle finalità più immediate già descritte, hanno rappresentato alcune delle modalità attraverso cui il movimento ultras veronese, in quanto vera e propria «comunità immaginata», ha costruito un certo immaginario. Quest’ultimo da un lato ha contribuito alla rappresentazione degli ultras veronesi presso l’opinione pubblica e le altre tifoserie, dall’altro ha svolto un ruolo fondamentale nel processo di costruzione dell’identità, fissando ruoli, ideologie e comportamenti che hanno dato vita a stereotipi e luoghi comuni. Attraverso questi ultimi, nel corso dei decenni, è aumentata la consapevolezza dei brigatisti121 di condividere un sistema di simboli, miti, e tradizioni, e quindi di far parte di un collettivo con un patrimonio e un immaginario comune. Che questo patrimonio corrispondesse perlopiù a un insieme di stereotipi poco importa per la costruzione di una memoria collettiva da cui è transitata la consapevolezza del singolo di far parte di una comunità. In tal senso è significativo che la virata a destra della curva Sud veronese abbia conosciuto un momento di svolta – e di successive tensioni fra gli eredi delle Brigate – dopo il 1991, con lo scioglimento del gruppo storico, l’inasprirsi della repressione da parte della magistratura e la crisi del tifo organizzato veronese. L’ascesa della «banda Loma», e la fascistizzazione più marcata della curva intorno ai simboli della destra oltranzista, possono così essere letti anche come una risposta alla crisi del movimento ultras veronese. Una strategia, più o meno consapevole, per ricostruire l’identità del collettivo, orfano del suo gruppo principale, e rafforzare una precisa auto-rappresentazione del gruppo e della fisionomia dell’ultras scaligero. I gruppi ultras, insomma, sono delle vere e proprie «comunità immaginate», prodotti artificiali di interazioni e riflessi retrospettivi tra la memoria collettiva, l’immaginario e i meccanismi identitari. E in tal senso l’uso stereotipato che della Storia hanno fatto le brigate scaligere si configura, a tutti gli effetti, come una fase della costruzione immateriale della soggettività inventata degli ultras veronesi.

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Note

1 Cfr. LA TIFOSERIA SCALIGERA. HELLAS VERONA 1903 NOSTRA UNICA FEDE!, «La scala non si tocca», in Tg Gialloblu, URL: < https://www.tggialloblu.it/pages/231576/?comm_page=6 > [consultato il 17 ottobre 2019].

2 Cfr. PAPA, Antonio, PANICO, Guido, Storia sociale del calcio in Italia. Dai club dei pionieri alla nazione sportiva (1887-1945), Bologna, Il Mulino, 1993, p. 122. Vedi inoltre: BASSETTI, Remo, Storia e storie dello sport in Italia. Dall'Unità a oggi, Venezia, Marsilio, 1999, pp. 43-46.

3 PAPA, Antonio, PANICO, Guido, op. cit., p.123.

4 Ibidem, p. 125.

5 Sulle origini del termine in relazione al fenomeno sportivo vedi, oltre a Ibidem, pp. 126-127, anche: FOOT, John, Calcio 1898-2010. Storia dello sport che ha fatto l’Italia, Milano, BUR, 2010, p. 368; TRIANI, Giorgio, Mal di stadio. Storia del tifo e della passione per il calcio, Roma, Edizioni Associate, 1990, p. 72; DAL LAGO, Alessandro, MOSCATI, Roberto, Regalateci un sogno. Miti e realtà del tifo calcistico in Italia, Milano, Bompiani, 1992, p. 36; ARCHAMBAULT, Fabien, Le contrôle du ballon : les catholiques, les communistes et le football en Italie : de 1943 au tournant des années 1980, Roma, École française de Rome, 2012, p. 2.

6 Cfr. FOOT, John, op. cit., p. 368.

7 Cfr. ROVERSI, Antonio (a cura di), Calcio e violenza in Europa. Inghilterra, Germania, Italia, Olanda, Belgio e Danimarca, Bologna, Il Mulino, 1990, pp. 92-98.

8 Cfr. LOUIS, Sébastien, Ultras. Gli altri protagonisti del calcio, Milano, Meltemi, 2019, p. 18.

9 Indicative in tal senso le considerazioni espresse ripetutamente dai politici e quasi esclusivamente conseguenti a episodi di violenza. CRESCENTE, Giuseppe, «Il Ministro Alfano si scaglia contro gli ultras: «Sono bestie»”, in Calcioweb.Eu, URL: < http://www.calcioweb.eu/2014/05/ministro-alfano-si-scaglia-contro-gli-ultras-bestie/90156/ > [consultato il 20 gennaio 2020].

10 Solo a titolo di riferimento segnaliamo: DAL LAGO, Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio, Bologna, Il Mulino, 1990; ROVERSI, Antonio, Calcio, tifo e violenza. Il teppismo calcistico in Italia, Bologna, Il Mulino, 1992; BALLONI, Augusto, BISI, Roberta (a cura di), Sportivi, tifosi, violenti, Bologna, Clueb, 1993; ROVERSI, Antonio (a cura di), Calcio e violenza in Europa, cit.; BORGHINI, Fabrizio, La violenza negli stadi, Firenze, Manzuol, 1987; COLOMBO, Dario, DE LUCA, Daniele, Fanatics. Voci, documenti e materiali del movimento ultrà, Roma, Castelvecchi, 1996; SALVINI, Alessandro, Il rito aggressivo. Dall’aggressività simbolica al comportamento violento: il caso dei tifosi ultras, Firenze, Giunti, 1988; DE BIASI, Rocco, MARCHI, Valerio, Stile Maschio Violento, Genova, Costa e Nolan, 1994; MARCHI, Valerio, Ultrà. Le sottoculture giovanili negli stadi d'Europa, Roma, Hellnation Libri, 2015; ID., Teppa. Storie del conflitto giovanile dal Rinascimento ai giorni nostri, Roma, RedStarr Press, 2014; ID., La sindrome di Andy Capp. Cultura di strada e conflitto giovanile, Rimini, Nda, 2004; ID., Il derby del bambino morto. Violenza e ordine pubblico nel calcio, Roma, DeriveApprodi, 2005; BROMBERGER, Christian, Le Match de football. Ethnologie d’une passion partisane à Marseille, Naples et Turin, Paris, Éditions de la Maison des sciences de l’homme, 1995.

11 Tra questi meritano di essere segnalati il volume del giornalista Pierluigi Spagnolo (SPAGNOLO, Pierluigi, I ribelli degli stadi. Una storia del movimento ultras italiano, Bologna, Odoya, 2017), quello dello studioso francese Sébastien Louis: (LOUIS, Sébastien, Ultras. Gli altri protagonisti del calcio, Milano, Meltemi, 2019). Si vedano inoltre: FERRERI, Andrea, Ultras, i ribelli del calcio: quarantanni di antagonismo e passione, Lecce, edizioni Bepress, 2014; DE LUNA, Giovanni, AGOSTI, Aldo, Il tifo in CASALINO, Leonardo (a cura di), Juvecentus. La mostra del centenario, Torino, Paravia, 1997, pp. 79-89. Recente anche un numero monografico della rivista «Zapruder» dedicato proprio all’universo del tifo organizzato: in Zapruder : Tifo. Conflitti, identità trasformazioni, 48, 1/2019. Sulle origini invece del teppismo calcistico, sempre in un’ottica storica, vedi: SILEI, Gianni, «Da teppisti a Ultras: Calcio e tifo violento in Italia nel secondo dopoguerra», in Ricerche Storiche, XLIX, 2/2019, pp. 145-156; ARCHENBAULT, Fabien, «La violence des ultrà au tournant des années 1970 : une violence politique?», in Storicamente.org, 10, 2014, pp. 1-24.

12 Oltre ai volumi citati vedi: GINSBORG, Paul, L’Italia del tempo presente. Famiglia, società civile, Stato 1980-1996, Torino, Einaudi, 2007, pp. 220-222; PAPA, Antonio, PANICO, Guido, Storia sociale del calcio in Italia. Dai campionati del dopoguerra alla Champions League (1945-2000), Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 84-89; DE LUNA, Giovanni, BARBIERI SQUAROTTI, Giorgio, Il tifo: Juve e Toro, in CASTRONOVO, Valerio (a cura di), Storia Illustrata di Torino, vol. 10, Milano, Elio Sellino Editore, 1992, pp. 2901-2920; TRIANI, Giorgio, Mal di stadio. Storia del tifo e della passione per il calcio, Roma, Edizioni associate, 1990.

13 In tal senso molto importanti risultano i contributi del Centro Nazionale Studi e Ricerche sulla Polizia, tra i quali vedi almeno: MARINELLI, Maurizio, Report stadio: violenza negli stadi, 10 anni di studi e ricerche, Brescia, Europolis, 1997; ID., Ultimo stadio, Brescia, Europolis, 1996.

14 A titolo esemplificativo vedi: «Boys Parma, 3 AGOSTO 2019 42 ANNI DA ULTRAS”», in Sport People, URL: < https://www.sportpeople.net/boys-parma-3-agosto-2019-42-anni-da-ultras/ > [consultato il 6 agosto 2019].

15 Celebre il documento scritto dai delegati dei gruppi ultras presenti al raduno di Genova per discutere del futuro del movimento dopo l’omicidio dell’ultrà genoano Vincenzo Spagnolo: Basta lame, basta infami, Genova, 5 Febbraio 1995, URL: < https://bandabandita.wordpress.com/2014/08/05/basta-lame-basta-infami/ > [consultato il 6 agosto 2019]. Per il punto di vista di un singolo gruppo, sempre sulla questione dell’omicidio Spagnolo, vedi: REBEL FANS COSENZA, «Sul comunicato “Basta lame, basta infami”», 11 Febbraio 1995, URL: < https://bandabandita.wordpress.com/2014/08/05/rebel-fans-cosenza-sul-comunicato-basta-lame-basta-infami/ > [consultato il 6 agosto 2019].

16 Cfr. SEGRE, Daniele, Ragazzi di Stadio, Filmalpha, Italia, 1980, 60.

17 Sempre a titolo esemplificativo vedi: «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XV, 13, 2000, pp. 24-27; «Semper con tè Atalanta», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, X, 18, 1995, pp. 6-19; «Quelli del Bomber Group», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XI, 20, 1996, pp. 12-17.

18 Sui legami tra sport, cittadinanza e costruzioni identitarie vedi: PORRO, Nicola, Identità, nazione, cittadinanza. Sport, società e sistema politico nell’Italia contemporanea, Roma, Edizioni Seam, 1995.

19 Come verrà detto più avanti, però, lo scioglimento del gruppo principale della Curva Sud del Bentegodi non conclude il rapporto tra i membri di questo collettivo e il tifo veronese. Diversi esponenti del direttivo continueranno ad avere un ruolo attivo nell’organizzazione del tifo, fondando nuove sigle, cercando di ricostituire le “vecchie” Brigate o frequentando come casual (su questo si veda più oltre), in ogni caso con un ruolo centrale: ciò ha garantito una certa continuità ideologica nell’esperienza ultras veronese (organizzazione del tifo, coreografie, etc.) e ciò consente di effettuare analisi come quelle di questo lavoro che, pur concentrandosi soprattutto sul periodo 1971-1991, sconfinano anche oltre.

20 BALESTRI, Carlo, VIGANÒ, Gabriele, «Gli ultrà: origini, storia e sviluppi recenti di un mondo ribelle», in Quaderni di Sociologia, 34, 2004, pp. 37-49, p. 37.

21 GINSBORG, Paul, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Torino, Einaudi, 2006, p. 325.

22 Ibidem, pp. 325-336.

23 Sottolinea l’importanza del tifo, e del calcio, per la costruzione dell’identità nazionale Fabien Archambault in ARCHAMBAULT, Fabien, Le contrôle du ballon, cit., p. 3. Vedi inoltre: GINSBORG, Paul, «Ma quale Italia?», in Storia & Dossier, 95, 1994, pp. 6-25.

24 PAPA, Antonio, PANICO, Guido, op. cit., p. 124.

25 Ibidem, p. 11.

26 DIETSCHY, Paul, Storia del calcio, Vedano al Lambro, Edizioni Paginauno, 2014, pp. 392-395.

27 CAMETTI, Silvio, I Guerrieri di Verona. Brigate gialloblu dal ’71 ad oggi, Edizioni Zerotre, Caselle di Sommacampagna 2015, p. 9.

28 BALESTRI, Carlo, VIGANÒ, Gabriele, op. cit., p. 37.

29 FERRERI, Andrea, Ultras i ribelli del calcio. Quatant’anni di antagonismo e passione, Lecce, Bepress, 2008, p. 15. Vedi anche: SILEI, Gianni, op. cit., p. 149.

30 Ivi, pp.15-16.

31 La violenza negli stadi non è un fenomeno legato all’avvento degli ultras; ciò che cambia è la liturgia della conflittualità che diventa mezzo di affermazione tra i gruppi. Per la violenza pre-ultras vedi: PAPA, Antonio, Panico, Guido, op. cit., p. 128; ROVERSI, Antonio, Calcio e violenza in Italia, in ID. (a cura di), op. cit., pp. 79-106, pp. 85-86; STEFANINI, Maurizio, Ultras. Identità, politica e violenza da Pompei a Raciti e Sandri, Milano, Boroli Editore, 2009, pp. 90-94. Per un utile rappresentazione statistica del fenomeno tra il 1964 e il 1988 vedi: DAL LAGO, Alessandro, Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio, Bologna, Il Mulino, 1990, p. 163. Sulla transizione da una violenza spontanea a un conflitto rituale vedi: SILEI, Gianni, op. cit., pp. 145-156.

32 CAMETTI, Silvio, op. cit., pp. 10-13.

33 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, Soli contro tutti. I giorni delle Brigate Giallo blu. Fotografie, testimonianze ed emozioni, Sona (Vr), Leaderform Spa, 2011, p. 18.

34 Per il verbale della seduta inaugurale vedi: Ibidem, p. 15. Vedi inoltre: BRUNO, Fabio, «Tifo Revival», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, V, 1, 1990, p. 21.

35 «Hellas Verona», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XV, 4, 2000, pp. 16-21, p. 18.

36 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., p. 41.

37 CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 12.

38 La macabra rappresentazione, che oltre al manichino “impiccato” vide alcuni ultras manifestare con il volto coperto dai cappucci simili a quelli utilizzati dai membri del Ku Klux Klan, nacque da una protesta nei confronti dell’acquisto del giocatore di colore Ferrier. Gli ultras che occupavano la zona centrale della curva, quella precedentemente occupata proprio dalle Brigate – che nel frattempo si erano ufficialmente sciolte –, lo appesero alla balaustra e lo fecero dondolare, intanto battevano le mani e mimavano il ritmo di una marcia militare. Sotto al fantoccio apparve uno striscione scritto in dialetto veneto: El negro i ve là regalà. Dasighe el stadio da netar! (Il nero ve lo hanno regalato, dategli lo stadio da pulire). Ne apparve un altro, in inglese: «Negro go away». La messinscena durò una quarantina di minuti. CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 274. Vedi anche: «Gli arresti di Verona» in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XI, 13, 1996, p. 8.

39 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., p. 21; «Hellas Verona», cit., p. 18.

40 CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 274.

41 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., p. 21; «Hellas Verona», cit., p. 21.

42 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., p. 41.

43 Ibidem.

44 «Hellas Verona», cit., p. 18.

45 Ibidem.

46 SPAGNOLO, Pierluigi, op. cit., p. 58.

47 CAMETTI, Silvio, I Guerrieri di Verona…cit., p.254, 260, 265, 274. Vedi anche: TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., pp. 133, 158, 178, 302.

48 Per una presentazione del gruppo a opera del direttivo dello stesso vedi: Il direttivo del Verona Front, «Verona Front», in Supertifo, 2, supplemento a Tuttocalcio, 10, 1985, p. 15.

49 Per lo striscione della «Gioventù» con la croce celtica vedi: TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., p. 21; «Hellas Verona», cit., pp. 130, 161.

50 «Hellas Verona», cit., p. 21.

51 «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona», cit., p. 26.

52 Ibidem.

53 BRUNO, Fabio, «Brigate Gialloblu: soli contro tutti», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, III, 6, 1988, p. 12.

54 Ibidem.

55 «Zoom-repressione», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XVII, 4, 2002, p. 95. Vedi inoltre il titolo del libro già citato di TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit.

56 LOUIS, Sébastien, op. cit., p. 43. Vedi inoltre: MUNGO, Domenico, «Verona la storia della Sud», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XVII, 5, 2002, p. 32; «Hellas Verona», cit., p. 18. Sugli hooligans del Chelsea vedi: WARD, Colin, HENDERSON, Chris, Chelsea headhunters. Who wants it?, Rovereto, Boogaloo Publishing, 2004, KING, Martin, BUGLIONI, Gaetano, Bully C.F.C.: The Life and Crimes of a Chelsea Head-hunter, London, Turnaround Publisher Services Limited, 2008.

57 «Hellas Verona», cit., p. 20.

58 Ibidem. Sugli ASU vedi anche: MUNGO, Domenico, op. cit., p. 33.

59 «Hellas Verona», cit., p.19.

60 «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona»…cit., p.26.

61 Ibidem.

62 Cfr. CUCCI, Italo, «La minaccia di Verona», in Guerin Sportivo, LXV, 126, 12/1977, p. 3. Vedi anche: TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., pp. 46-49.

63 Su hooligans e violenza vedi: DUNNIG, Eric, MURPHY, Patrick, WILLIAMS, John, Il teppismo calcistico in Gran Bretagna 1880-1989, in ROVERSI, Antonio, op. cit., pp. 21-54; DUNNIG, Eric, MURPHY, Patrick, WILLIAMS, John, The Rots of Football Hooliganism, London, Routledge, 1987, pp. 157-183; CLARKE, John, Football hooliganism. Calcio e violenza operaia, Roma, DeriveApprodi, 2019; HOWELL, Denis, Soccer Hooliganism: A Preliminary Report, Bristol, John Wright & Sons LTD, 1968; LAVA, Davide, Hooligans e ultras. Rito e aggressività nel mondo del calcio, Falconara M.ma, LOrecchio di Van Gogh, 2000, pp. 19-78; HARRISON, Paul, «Soccers Tribal Wars», in New Society, 29, 1974, pp. 602-604; MARCHI, Valerio, Ultrà, cit., pp. 19-64; DUNNIG, Eric, MURPHY, Patrick, WADDINGTON, Ivan, ASTRINAKIS, Antonios (eds.), Fighting Fans: Football Hooliganism As a World Phenomenon, Dublin, University College Dublin, 2002.

64 SILEI, Gianni, op. cit., p. 151; ROVERSI, Antonio, op. cit., p. 17.

65 «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona», cit., p. 25.

66 CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 236.

67 Ibidem, pp. 236-238.

68 Ibidem.

69 Vedi gli articoli di giornali riportati da Cametti alle pp. 155, 163.

70 Ibidem, p. 239.

71 «Arrivederci Brigate», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, VII, 2, 1992, p. 9.

72 SPAGNOLO, Pierluigi, op. cit., p. 59. Vedi inoltre: «Hellas Verona», cit., p. 20.

73 Il livello di scontro con la questura veronese, e in particolare con la Digos preposta al controllo degli ultras, crebbe anche negli anni seguenti. In tal senso indicativo è lo striscione dedicato a un mebro della Digos che, secondo i supporters veronesi, avrebbe beneficiato di questo clima di contrapposizione. Vedi: «la tua carriera ha preso il giusto binario», in Soli Contro Tutti, 21 ottobre 2015, URL: < https://www.facebook.com/278522458885809/photos/a.278890355515686/957954387609276/?type=3&theater > [consultato il 20 gennaio 2020].

74 Retrospettivamente Andrea Fantacci, leader delle Brigate, descrive lo sciolglimento come un “mascheramento” del tifo all’inglese, un modo per sfuggire alla repressione della magistratura e alla pressione dell’opinione pubblica: «Non ci siamo mai sciolti, non è nel nostro stile. Coerenza e intransigenza sono due valoro fondamentali della nostra mentalità». Vedi: «Amati Odiati», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XV, 11, 2000, p. 26.

75 «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona», cit., p. 25.

76 Cfr. THORNTON, Phil, Casuals, Rovereto, Boogaloo Publishing, 2004.

77 MUNGO, Domenico, «Verona la storia della Sud», cit., p. 33.

78 Il nome del gruppo è legato a un esponente particolarmente carismatico delle Brigate prima e della galassia ultras scaligera poi, Alberto Lomastro, uno degli autori del libro Soli contro tutti. I giorni delle Brigate Gialloblu. Fotografie, testimonianze ed emozioni, già citato.

79 MUNGO, Domenico, «Verona la storia della Sud», cit., p. 34.

80 LUBRANI, Luca, «Curva Sud Verona, un tifo su… vasta scala», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XVIII, 7, 2002, p. 20.

81 Per una topografia dei gruppi presenti in Curva Sud dopo lo scioglimento delle Brigate vedi: LUBRANI, Luca, «Hellas non sarai mai solo», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XVII, 15, 2002, pp. 34-37. Vedi anche: «Verona uno show» in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XVI, 25, 2001, pp. 14-17.

82 MUNGO, Domenico, «Verona la storia della Sud», cit., p. 35.

83 Sul ruolo della «banda Loma» nel dopo-Brigate, sulle divergenze con il gruppo delle ex-Brigate che faceva capo a Andrea Fantacci, sulle tensioni tra i fautori a un volto “originario” della Curva, con «una concezione più italiana di tifare» e i sostenitori di «un gruppo di stampo “mob” , quindi in stile casuals, stendardi a due aste, spontaneismo puro» vedi: «Amati Odiati», cit., pp. 26-27; «Quei pazzi amici del Verona, intervista ad Andrea Fantacci delle Brigate Gialloblu del Verona», cit., p. 27; «Hellas», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XVI, 15, 2001, pp. 16-21.

84 FOOT, John, op. cit., p. 369.

85 HOBSBAWM, Eric J., RANGER, Terence (a cura di), L’invenzione della tradizione, Torino, Einaudi, 1987.

86 ANDERSON, Benedict, Comunità immaginate. Origini e diffusione dei nazionalismi, Roma, Manifestolibri, 1996.

87 AGULHON, Maurice, Marianne au combat. L’imagerie et la symbolique républicaines de 1789 à 1880, Paris, Flammarion, 1979; ID., Marianne au pouvoir. L’imagerie et la symbolique républicaines de 1880 à 1914, Paris, Flammarion, 1989; ID., Les metamorphoses de Marianne. L’imagerie et la symbolique républicaines de 1914 à nos jours, Paris, Flammarion, 2001.

88 Su tutto ciò vedi: CONTI, Fulvio, Italia immaginata. Sentimenti, memorie e politica fra Otto e Novecento, Pisa, Pacini, 2017, pp. 5-14.

89 Su tutto ciò vedi: ASSMANN, Aleida, Shadows of Trauma. Memory and the Politics of Postwar Identity, New York, Fordham University Press, 2015.

90 Come abbiamo visto, anche dopo lo scioglimento del 1991 i membri delle Brigate, pur con le divergenze cui si è fatto cenno, hanno continuato ad avere un ruolo attivo nella Curva Sud del Bentegodi.

91 FOCARDI, Filippo, Rielaborare il passato. Usi pubblici della storia e della memoria in Italia opo la prima repubblica, in RESTA, Giorgio, ZENO-ZENCOVICH, Vincenzo, Riparare, Risarcire, Ricordare. Un dialogo tra storici e giuristi, Napoli, Edizioni Scientifiche italiane, 2012, pp. 241-272, p. 241.

92 «Gli ultras dellʼHellas Verona inneggiano a Hitler. Cori nazisti durante la festa della Curva Sud», in TgCom24, 11 luglio 2017, URL: < https://www.tgcom24.mediaset.it/2017/video/gli-ultras-dell-hellas-verona-inneggiano-a-hitler_3026974.shtml > [consultato il 22 ottobre 2019]. Vedi anche: BITETTO, Giovanni, «Come Verona è diventata l’incubatrice dell’odio», in The Vision, 18 luglio 2018, URL: < https://thevision.com/attualita/verona-odio/ > [consultato il 22 ottobre 2019].

93 Per il legame tra la storia della squadra e quella della città vedi la coreografia fatta durante Verona-Cagliari del campionato 2002-2003: «Replay Verona – Cagliari», in Supertifo. La rivista del tifoso organizzato, XVIII, 10, 2003, pp. 58-59

94 Solo per un esempio dell’importanza della scala come simbolo dell’identità ultras veronese, anche post-Brigate, vedi la coreografia organizzata durante Verona-Atalanta del campionato 2001-2002: LUBRANI, Luca, «Curva Sud Verona, un tifo su… vasta scala», cit., pp. 20-21.

95 «Hellas Verona», cit., p. 19.

96 «Loghi Hellas Verona», in Hellas Group, URL: < https://hellasgroup.jimdo.com/loghi-hellas-verona/ > [consultato il 17 ottobre 2019].

97 Cfr. LA TIFOSERIA SCALIGERA. HELLAS VERONA 1903 NOSTRA UNICA FEDE!, «La scala non si tocca», cit.

98 Ibidem.

99 Ibidem.

100 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., pp.164, 170.

101 Cfr. CAMETTI, Silvio, op. cit., p. 274.

102 Durante il campionato 1985-1986, per accogliere gli ultras del Napoli, vengono esposti gli striscioni «Lavatevi» e «Benvenuti in Italia» che provocheranno diverse polemiche nei confronti degli ultras della Curva Sud. Vedi: TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., p. 158.

103 Cfr. «Adesivi Gialloblu», in Primo Luglio. Si batterono come poeti guerrieri e conquistarono l’immortalità, URL: < http://www.primoluglio2004.it/Pagine/Adesivi/Adesivi_gialloblu.htm > [consultato il 18 ottobre 2019]. Vedi anche: MUNGO, Domenico, ABBATANTUONO, Vincenzo, VIGANÒ, Gabriele, Noi odiamo tutti. Il movimento ultras italiano attraverso gli striscioni politicamente scorretti, Napoli, La Città del Sole, 2010; TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., pp. 218-219.

104 ZEROPREGI, «Genealogia minima del movimento ultras e della sua repressione», in Zapruder, URL: < http://storieinmovimento.org/2019/05/23/ultras-balestrini-zeropregi/ > [consultato il 22 ottobre 2019].

105 TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., p. 116. Vedi inoltre: NOVELLINO, Ciro, «Flashback… su Napoli-Verona: da Dirceu alla nascita di “Giulietta è na zoccola” e i cori contro i giovani Caruso e Cannavaro», in Calcio Napoli 24, URL: < https://www.calcionapoli24.it/rubriche/flashbacksu-napoli-verona-da-dirceu-alla-nascita-di-giulietta-na-zoccola-e-n418837.html > [consultato il 20 ottobre 2019].

106 L’intervista da cui sono tratte le affermazioni è del 1988.

107 BRUNO, Fabio, «Brigate Gialloblu: soli contro tutti…», cit., p. 13.

108 Ibidem.

109 Per le caratteristiche di tale costruzione sottoculturale vedi: MARCHI, Valerio, Ultrà, cit., pp. 139-141.

110 BRUNO, Fabio, «Brigate Gialloblu: soli contro tutti», cit., p.13.

111 Ibidem, p. 14.

112 Cfr. «La tribù del calcio. Gli anni ’70 e ’80 com’erano», in S.P.Q.R., URL: < http://www.asromaultras.org/anni80_2.html > [consultato il 23 ottobre 2019]. Nella pagina è presente un adesivo delle Brigate, sezione Villafranca, degli anni Ottanta con ascia bipenne, gladio, croce celtica e un esplicito: «Il nostro onore si chiama fedeltà».

113 Oltre a quanto già indicato nelle note precedenti vedi: TESSARI, Nicola, LOMASTRO, Alberto, GRIGOLINI, Francesco, CASTELLI, Nicola, ZANIBONI, Daniele, op. cit., pp. 158, 178, 248.

114 Sul ruolo e la figura di Luca Castellini, esponente di Forza Nuova e capo-ultras del Verona vedi: «Chi è Luca Castellini, ultras del Verona che osanna Hitler: Ha fatto più danni la democrazia» in Globalist, 4 novembre 2019, URL: < https://www.globalist.it/sport/2019/11/04/chi-e-luca-castellini-ultras-del-verona-che-osanna-hitler-ha-fatto-piu-danni-la-democrazia-2048553.html > [consultato il 28 gennaio 2020].

115 BERIZZI, Paolo, «Siamo una squadra a forma di svastica, il coro degli ultrà neonazi dellHellas Verona per il ritorno in serie A», in La Repubblica, 4 giugno 2019, URL: < https://www.repubblica.it/cronaca/2019/06/04/news/_siamo_una_squadra_a_forma_di_svastica_il_coro_degli_utra_neonazi_dell_hellas_verona_per_il_ritorna_in_serie_a-227917803/ > [consultato il 20 ottobre 2019].

116 Cfr. «Foto Ultras», in Solobari.it Forum. Il forum dei tifosi del Bari, URL: < https://solobari.it/forum/viewtopic.php?f=13&t=76405&hilit=toto+cotugno&start=24120 > [consultato il 20 ottobre 2019].

117 Cfr. «Adesivi Gialloblu», cit.

118 Cfr. GASPORT, «Verona, ultrà: svastica disegnata con le automobili nel parcheggio», in Gazzetta dello Sport, 3 giugno 2014, URL: < https://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/Verona/03-06-2014/verona-ultra-svastica-disegnata-le-automobili-parcheggio-80831499055.shtml?refresh_ce-cp > [consultato il 26 ottobre 2019].

119 Cfr. «Striscioni esposti dalla curva sud», in 1° Luglio, URL: < https://digilander.libero.it/primoluglio2004/Pagine/Striscioni/Striscioni%2003.htm > [consultato il 26 ottobre 2019].

120 Cfr. RCD - Corriere Tv, «Lampedusa: ultrà Verona cantano Io credo risorgerò”», in Corriere della Sera TV, 7 Ottobre 2013, URL: < https://video.corriere.it/lampedusa-ultra-verona-cantano-io-credo-risorgero/6d6158be-2f15-11e3-bfe9-e2443a6320c1 > [consultato il 28 ottobre 2019].

121 Ma, in una certa misura anche i componenti degli altri gruppi, visto che gli usi della storia qui individuati sono stati condivisi – anche se con le differenze già indicate – dal tifo ultras veronese in quanto tale.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica digitale

Fabio Milazzo, «Le Brigate scaligere. Usi della storia, dinamiche identitarie e immaginario degli ultras dell’Hellas Verona»Diacronie [Online], N° 42, 2 | 2020, documento 3, online dal 29 juin 2020, consultato il 10 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/13663; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/11uhy

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Autore

Fabio Milazzo

Fabio Milazzo (Phd), svolge attività di ricerca presso l’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo e collabora con la cattedra di Storia Contemporanea dell’Università di Messina. Si occupa prevalentemente di storia della devianza e della criminologia, di storia sociale e culturale della psichiatria e delle sue istituzioni, di storia del tifo estremo e di teoria storiografica. È responsabile e coordinatore scientifico del progetto di ricerca «La devianza in Italia dall’Unità al fascismo. Rappresentazioni e figure», promosso dall’Istorecn. Oltre ad articoli e saggi pubblicati su diverse riviste scientifiche ha recentemente curato, assieme a Graziano Mamone, il volume Storia e psichiatria. Problemi, ricerche, fonti (Milano, Biblion, 2019) e l’introduzione alla nuova edizione italiana di Metahistory. Retorica e storia di Hayden White (Milano, Meltemi, 2019). Ha scritto: Una casa di custodia per i maniaci pericolosi. Storia del manicomio di Racconigi dalle origini al fascismo, 1871-1930 (Cuneo, Primalpe-Istorecn 2019), Una guerra di nervi. Soldati e medici nel manicomio di Racconigi 1909-1919 (Pisa, Pacini ed., 2020) e, con Graziano Mamone, Deserti della mente. Psichiatria e combattenti nella guerra di Libia 1911-1912 (Firenze, Le Monnier 2019).
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Milazzo >

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