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VI. Recensioni
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Fabio Todero, Luca G. Manenti (a cura di), «Si scopron le tombe». Ricordare, commemorare, evocare i caduti della Grande guerra

Jacopo Bassi
Notizia bibliografica:

Fabio Todero, Luca G. Manenti (a cura di), «Si scopron le tombe». Ricordare, commemorare, evocare i caduti della Grande guerra, Trieste, Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, 2018, 354 pp.

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Fabio TODERO, Luca G. MANENTI (a cura di), «Si scopron le tombe» Ricordare, commemorare, evocare i caduti della Grande guerra, Trieste, Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, 2018, 354 pp.Visualizza l'immagine
Credits: Fabio TODERO, Luca G. MANENTI (a cura di), «Si scopron le tombe» Ricordare, commemorare, evocare i caduti della Grande guerra, Trieste, Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, 2018, 354 pp
  • 1 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe». Ricordare, commemorare, evocare (...)

1Trovandosi di fronte a un lavoro collettaneo complesso e articolato come quello proposto nelle pagine di «Si scopron le tombe»1 riesce difficile non correre con la mente a quanto scriveva Michel De Certeau circa il nesso fra la storia e l’assenza:

  • 2 DE CERTEAU, Michel, La scrittura della storia, Milano, Jaca Book, 2006, p. 100 [ed. orig.: L’ecritu (...)

[…] la figura del passato conserva il suo valore originario, che consiste nel rappresentare ciò che fa difetto. Con un materiale che, per il fatto di essere oggettivo, si trova necessariamente , ma in forma tale da connotare un passato nella misura in cui rinvia innanzitutto a un’assenza, l’operazione storica introduce anche la faglia di un futuro. Come è noto, un gruppo può esprimere quello che gli si trova di fronte – quello che ancora manca – soltanto tramite una ridistribuzione del suo passato. Così la storia è sempre ambivalente: il suo ritagliare un posto per il passato è anche un modo per far posto a un avvenire. Così come essa vacilla fra l’esotismo e la critica in virtù di una messa in scena dell’altro, allo stesso modo oscilla tra il conservatorismo in virtù della funzione che ha di significare una mancanza2.

  • 3 Tra le monografie ricordiamo: MANENTI, Luca G., Da Costantinopoli a Trieste: vita di Gregorio Anani (...)
  • 4 Tra gli altri lavori di Todero ricordiamo: TODERO, Fabio, Pagine della grande guerra: scrittori in (...)

2La potente riflessione di De Certeau può costituire una chiave di lettura per l’operazione intrapresa dai curatori, Luca G. Manenti3 e Fabio Todero4 – non nuovi all’indagine su questi argomenti – e dagli autori in questa raccolta di saggi: la ricerca dei “corpi perduti” dei soldati caduti in guerra. Un tema che trova nelle pagine del libro molte forme di declinazione: dalla traslazione fisica dei corpi dei militi alla ricerca dello spirito dei caduti, dall’evocazione di corpi oramai decomposti alla consegna degli stessi all’eternità attraverso la realizzazione di monumenti a loro dedicati.

  • 5 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 28.

3Il saggio di Fabio Todero – il più corposo in termini di foliazione – si sofferma su molti aspetti: innanzi tutto sottolinea il processo di rimozione che impedì il riconoscimento del fatto che alcuni italiani delle terre irredente avessero combattuto nelle fila dell’esercito asburgico e che venissero per questa ragione onorati al pari dei soldati del regio esercito. Questo comportamento sottolinea il ruolo essenziale che venne giocato dalle politiche di commemorazione dei defunti, impiegate in chiave patriottica per trasformare «il destino di migliaia di corpi abbandonati sulla terra di nessuno, oggetto di orrore, schifo o dileggio»5 in un simulacro dell’estremo sacrificio per la patria. L’armamentario ideologico attinse ai garibaldini, trait d’union ideale, per poi celebrare gli eroi irredenti:

  • 6 Ibidem, p. 76.

la consacrazione dei martiri e il culto dei volontari irredenti caduti venivano saldati alle rivendicazioni nazionali dell’irredentismo confluite nel nazionalismo imperialista italiano. Le vittime delle esecuzioni erano additate quale esempio supremo alle giovani generazioni di italiani […]6.

  • 7 Enrico Toti, arruolatosi come volontario “irregolare” (era privo di una gamba, che aveva perso in u (...)
  • 8 MOSSE, George, Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Roma - Bari, Laterza, 1990, p (...)

4I corpi dei militari divennero poi, nell’immediato dopoguerra – incendiato dalla vicenda fiumana – il miglior paradigma della sacralità della patria. È in questo contesto che Todero narra le vicende della traslazione di Enrico Toti7, così come di quella del milite ignoto, mentre l’ultima parte del saggio è dedicata alla questione dei cimiteri di guerra, i «templi del culto nazionale»8 secondo la celebre definizione coniata da Mosse.

  • 9 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 132
  • 10 Ibidem, p. 134
  • 11 MANN, Thomas, Pensieri di guerra, in ID., Scritti storici e politici, Milano, Mondadori, 1957, pp. (...)

5Luca G. Manenti si concentra invece sulla «riscossa dell’irrazionale»9, ossia il recupero delle tematiche magiche e irrazionali in un contesto, come quello della Prima guerra mondiale, che apparentemente sembrerebbe essere stato dominato dalle forze razionali e dall’esaltazione del valore del progresso. Come rileva l’autore, tuttavia, «la maggioranza delle superstizioni di guerra, in seguito transitate nelle moderne leggende metropolitane, non sono divenute oggetto di approfondimento storiografico»10 ed è per ovviare a questa mancanza che è opportuno avviare un’analisi che possa focalizzare l’attenzione sulle esigenze di conforto che non poterono essere totalmente soddisfatte dall’azione dei sacerdoti. Acquisì così spazio lo spiritismo, figlio dell’esigenza di stabilire un contatto con chi non c’era più, di superare quell’assenza dei propri cari, impiegando un mezzo irrazionale nel pieno dell’epoca del raziocinio. Dopo la comparsa del Positivismo della seconda metà dell’Ottocento, l’inizio del Novecento vide, per varie ragioni, il rifiorire di aspetti irrazionalistici (misticismo, teosofia, spiritismo, occultismo, esoterismo, ecc.). Dietro questo revival risiedevano la crisi delle religioni tradizionali – ma anche delle filosofie razionalistiche ottocentesche – oltre che la comparsa del decadentismo letterario e le crescenti difficoltà di approccio alla modernità tecnologica, a cui si contrapponeva una moltiplicazione di “apparizioni mariane” e di presunti miracoli e profezie nei paesi cattolici e, da ultimo, la stessa esplosione di una guerra rivelatasi molto più lunga e distruttiva di quanto si prevedesse inizialmente. Del resto, come scrisse all’epoca Thomas Mann, la Kultur, a differenza della Zivilisation “borghese” e “illuministica”, «può comprendere l’oracolo, la magia, il cannibalismo, culti orgiastici, inquisizione, autodafè, ballo di S. Vito, processi di streghe, fiorir di venefici e delle più varie atrocità»11. Una sintesi non impossibile fra antiche superstizioni e modernità scientifica, segno di una sensibilità dei tempi già affermatasi qualche anno prima. William Somerset Maugham in un suo famoso romanzo del 1908, faceva affermare al mago e occultista Oliver Haddo:

  • 12 SOMERSET MAUGHAM, William, Il mago, Roma, Newton Compton, 1995, p. 83 [ed. orig: The Magician, Lond (...)

Perché non si dovrebbe lavorare su più ampia scala, coniugando la conoscenza degli antichi adepti con le scoperte scientifiche dei moderni? Non so quale risultato si potrebbe ottenere. Molto strano, o forse meraviglioso. A volte la mia mente è ossessionata dal desiderio di vedere una sostanza inerte prender vita grazie ai miei incantesimi; sono ossessionato dal desiderio di essere come Dio12.

  • 13 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 175

6A questa ondata di misticismo, esoterismo e ricerca del divino, coniugati con alcuni aspetti della modernità attingeranno poi, del resto, anche il nazismo e altri movimenti di estrema destra. Manenti ricostruisce quindi, attraverso alcuni esempi di medianismo – pratica in uso in tutte le nazioni coinvolte – come il bisogno di spiritualità fosse divenuta un’esigenza comune. «Rimedio alla portata di chiunque, lo spiritismo concedeva uno sguardo fiducioso oltre la dura realtà, attraendo quanti, sopraffatti dal dispiacere, agognavano a un abboccamento con i trapassati»13, proprio perché tutto ciò veniva realizzato

  • 14 Ibidem, p. 174

[…] nell’intento non di rammemorare i caduti, ma di parlare con loro, non di fissarne il nome e le gesta in statue ed epigrafi, operazioni proprie di un sistema d’elaborazione formale del lutto incentivato dai governi, ma di ascoltarli e vederli, in un incontro mistico, totalmente «altro» rispetto agli schemi epistemologici convalidati dalle caste egemoniche del sapere […]14.

  • 15 BERVE, Helmut, Sparta, Leipzig, Bibliographisce Institut, 1937. Sull’impiego “politico” del modello (...)
  • 16 Ibidem, p. 201.

7Proprio della monumentalistica, invece, si occupa il saggio successivo, un interessante focus sull’operato dell’architetto Carlo Polli proposto da Barbara Mastrosimone. Vengono qui analizzati il monumento ai caduti di Trieste del cimitero di Sant’Anna e l’Ara della Terza armata sul colle di San Giusto. Proprio l’analisi del primo di questi è l’occasione per soffermarsi sull’epigrafe (“Come gli eroi di Sparta tornammo sugli scudi”) che esalta il valore del combattente attraverso un richiamo alla classicità: non direttamente a quella del mondo romano, ma a quello greco, più precisamente spartano. Sparta sarebbe in effetti divenuta un modello, non tanto in ambito italiano, quanto per il nazionalsocialismo tedesco, che poté contare su storici come Helmut Berve15 che ne celebrarono le glorie statuendo un implicito paragone con la Germania hitleriana; anche in quel caso, del resto, tra le virtù guerriere spiccava la capacità di sacrificarsi per la patria. L’Ara, invece, «[…] favoriva […] il fittizio aggancio con la nobiltà della Roma antica, compiacendo il fascismo e facendo scaturire i più alti sentimenti di riconoscenza della comunità cittadina italiana e delle istituzioni triestine […]»16.

  • 17 Ibidem, p. 214.
  • 18 DESSARDO, Andrea, Cultura tedesca e scuole italiane in Alto Adige 1918-1922: la conquista impossibi (...)
  • 19 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 235.

8Adriano Andri esplora invece il mondo della scuola – in particolare a Trieste – e la celebrazione del culto dei caduti attraverso i materiali didattici e le commemorazioni. Ciò che avvenne, come rileva l’autore, fu una graduale trasformazione della retorica e delle sue finalità, che si orientò dalla semplice commemorazione all’estrinsecazione di un più ampio progetto: «Il ricordo dei caduti può consentire di intrecciare […] l’esaltazione di un’Italia potente e imperiale e l’elogio della libertà dei popoli; ma la bilancia sembra spostarsi gradualmente verso […] posizioni più aggressive […]»17. A questo processo di appropriazione della storia patria e di inserimento della storia locale nel più ampio alveo di quella nazionale, bisogna sempre ricordare che facevano da contraltare paralleli processi di “redenzione forzata” in Alto Adige, come è stato messo in luce da Andrea Dessardo18. Ma, tornando al caso triestino, l’esame della documentazione consente ad Andri di vedere in essa «[…] il tentativo strumentale di costruire un mito di eroismo, ma al tempo stesso un omaggio esteso a tutti coloro che avevano partecipato alla guerra»19.

  • 20 Ibidem, p. 257.

9Ancora di scuola e memoria dei caduti si occupa il saggio di Alessia Marzi dedicato al Famedio del Liceo “Dante Alighieri” di Trieste. Qui «il ricordo dei caduti fu utilizzato in chiave educativa ma anche per trasmettere all’esterno delle aule, cioè ad un pubblico più ampio, la memoria della formazione nazionale impartita ai ragazzi prima della guerra in alcune scuole triestine»20: il tempio funerario doveva quindi servire a eternare l’impegno degli irredentisti e dei caduti in un luogo che aveva contribuito alla loro formazione.

  • 21 Ibidem, p. 295.
  • 22 Oltre agli imprescindibili lavori di Gibelli (tra gli altri: GIBELLI, Antonio, La Grande Guerra e l (...)
  • 23 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 308.

10L’esame di queste tematiche si sposta quindi nell’altro luogo-simbolo dell’irredentismo italiano (il Trentino), nel lavoro di Quinto Antonelli. L’autore sottolinea nel suo saggio differenze e comunanze nell’intervento in favore dell’italianizzazione delle “terre liberate” fra Trentino e Venezia Giulia, salvo evidenziare – riprendendo una tematica già trattata da Todero – nell’uno come nell’altro contesto, quanto il ricordo dei caduti fosse egemonico e preponderante rispetto ai «fratelli disgraziati» caduti in terre lontane con indosso la divisa del nemico. L’avvento del fascismo anche in questo caso produsse un’evidente e «improvvisa accelerazione nazionalistica»21 ai progetti memorialistici. L’autore non manca di dedicare qualche pagina alla “controstoria” emersa negli ultimi anni22 dall’analisi delle scritture autobiografiche, che mostra come lo sforzo di creazione e consolidamento dell’identità nazionale si sia dovuto scontrare con una realtà ben diversa: «Nei diari popolari si può leggere il drammatico “disfarsi” delle identità, molto più che il “farsi” di nuove identità»23.

11Erica Mastrociani chiude questo volume con un saggio che indaga i meccanismi alla base del ricordo e del processo di costruzione della memoria, tanto individuale quanto collettiva, della Prima guerra mondiale, spostando poi l’analisi sui percorsi di commemorazione sino a toccare il processo di evocazione dei morti. Un saggio utile, come ricordano i due curatori nella prefazione, a tirare le fila della miscellanea.

  • 24 PÉCOUT, Gilles, Dall’impossibilità alla necessità dei Lieux de mémoire italiani, in ALBANESE, Giuli (...)

12I corpi (e la loro memoria) divengono dunque in questo lavoro un luogo – per certi versi un’utopia, data l’impossibilità di vederli, di toccarli, di stabilire con essi un contatto fisico – di memoria. «Questi “luoghi” sono la risposta a una domanda sociale più ampia o la pedagogia si è messa al servizio della nostalgia, e la nostalgia al servizio della passione per il patrimonio nazionale?»24, si domandava a proposito dei luoghi fisici Gilles Pécout. Nelle pagine di «Si scopron le tombe», due ulteriori domande si profileranno al lettore: possiamo considerare i corpi come luoghi (o non luoghi) di memoria? E, in subordine: possiamo ritenerli parte del patrimonio storico italiano?

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Note

1 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe». Ricordare, commemorare, evocare i caduti della Grande guerra, Trieste, Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell'Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, 2018.

2 DE CERTEAU, Michel, La scrittura della storia, Milano, Jaca Book, 2006, p. 100 [ed. orig.: L’ecriture de l’histoire, Paris, Gallimard, 1975].

3 Tra le monografie ricordiamo: MANENTI, Luca G., Da Costantinopoli a Trieste: vita di Gregorio Ananian, medico e benefattore armeno, Milano, Biblion, 2015; ID., Massoneria e irredentismo: geografia dell’associazionismo patriottico in Italia tra Otto e Novecento, Trieste, Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell'Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, 2015; ID., “Dove gli ammalati hanno tutti i benefici”: storia del sanatorio triestino dal 1897 a oggi, Milano, Biblion, 2017; MANENTI, Luca G., IANNUZZI, Giulia, Un laboratorio di fantastici libri: Riccardo Valla intellettuale, editore, traduttore, Chieti, Solfanelli, 2019. Vanno inoltre segnalate due curatele: MANENTI, Luca G., PACI, Deborah (a cura di), Irredentismi. Politica, cultura e propaganda nell’Europa dei nazionalismi, Milano, Unicopli, 2017; MANENTI, Luca G., SCHUSTER, Martina (a cura di), Trieste mosaico di genti (secoli XVIII-XX), Trieste, Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia, 2018.

4 Tra gli altri lavori di Todero ricordiamo: TODERO, Fabio, Pagine della grande guerra: scrittori in grigioverde, Milano, Mursia, 1999; ID., La metamorfosi della memoria: la Grande Guerra tra modernità e tradizione, Udine, Del Bianco, 2002; ID., Morire per la patria: i volontari del litorale austriaco nella Grande Guerra, Udine, Gaspari, 2005; ID., Una violenta bufera: Trieste 1914, Trieste, Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell'Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, 2013.

5 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 28.

6 Ibidem, p. 76.

7 Enrico Toti, arruolatosi come volontario “irregolare” (era privo di una gamba, che aveva perso in un incidente di lavoro), trovò la morte in trincea nel 1916 resistendo stoicamente ad un assalto austriaco; proprio queste particolari condizioni ne fecero l’emblema dell’eroismo italiano.

8 MOSSE, George, Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Roma - Bari, Laterza, 1990, p. 90.

9 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 132

10 Ibidem, p. 134

11 MANN, Thomas, Pensieri di guerra, in ID., Scritti storici e politici, Milano, Mondadori, 1957, pp. 33-52, p. 35.

12 SOMERSET MAUGHAM, William, Il mago, Roma, Newton Compton, 1995, p. 83 [ed. orig: The Magician, London, Heinemann, 1908].

13 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 175

14 Ibidem, p. 174

15 BERVE, Helmut, Sparta, Leipzig, Bibliographisce Institut, 1937. Sull’impiego “politico” del modello spartano in Berve si veda anche: DITTERT, Andrea, Sparta - Forschung zur Zeit des Nationalsozialismus. Eine Untersuchung über die Relevanz der Arbeiten des Helmut Berve, München, GRIN Verlag, 2004.

16 Ibidem, p. 201.

17 Ibidem, p. 214.

18 DESSARDO, Andrea, Cultura tedesca e scuole italiane in Alto Adige 1918-1922: la conquista impossibile, in FERRARO, Giuseppe (a cura di), Dalle trincee alle retrovie. I molti fronti della Grande Guerra, Arcavacata di Rende, ICSAIC, 2017, pp. 53-74.

19 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 235.

20 Ibidem, p. 257.

21 Ibidem, p. 295.

22 Oltre agli imprescindibili lavori di Gibelli (tra gli altri: GIBELLI, Antonio, La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Torino, Bollati Boringhieri, 2007), vale la pena di citare, proprio sulla scrittura popolare trentina e la guerra: MAZZINI, Federico, “Cose de laltro mondo”. Una cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina 1914-1918, Pisa, ETS, 2013.

23 TODERO, Fabio, MANENTI, Luca G. (a cura di), «Si scopron le tombe», cit., p. 308.

24 PÉCOUT, Gilles, Dall’impossibilità alla necessità dei Lieux de mémoire italiani, in ALBANESE, Giulia et al. (a cura di), L’intellettuale militante: scritti per Mario Isnenghi, Portogruaro, Nuova dimensione, 2008, pp. 389-407, p. 389.

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Notizia bibliografica digitale

Jacopo Bassi, «Fabio Todero, Luca G. Manenti (a cura di), «Si scopron le tombe». Ricordare, commemorare, evocare i caduti della Grande guerra»Diacronie [Online], N° 39, 3 | 2019, documento 15, online dal 29 octobre 2019, consultato il 14 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/11746; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.11746

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Autore

Jacopo Bassi

Jacopo Bassi ha conseguito la Laurea Triennale in «Storia del mondo contemporaneo» presso l’Università di Bologna sostenendo una tesi in Storia e istituzioni della Chiesa ortodossa dal titolo Tra Costantinopoli e Atene: Il passaggio delle diocesi dell’Epiro all’amministrazione della Chiesa di Grecia e la ‘Praxis’ del 1928; presso lo stesso ateneo, nel 2008, ha discusso la tesi specialistica in Storia della Chiesa dal titolo Epiro crocifisso o liberato? La Chiesa ortodossa in Epiro e in Albania meridionale nel XX secolo (1912-1967). Attualmente collabora con le case editrici Il Mulino e Zanichelli.
URL: < http://www.studistorici.com/progett/autori/#Bassi >

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