Mario Mirri, La guerra di Mario
Mario Mirri, La guerra di Mario, Roma-Bari, Laterza, 2018, 130 pp.
Testo integrale
Credits: Mario MIRRI, La guerra di Mario, Roma-Bari, Laterza, 2018, 130 pp.
Domanda: Tra gli oggetti che possiede ora e che non aveva nella sua gioventù, qual è quello che preferisce?
- 1 MIRRI, Mario, La guerra di Mario, Roma-Bari, Laterza, 2018, p. 127.
Risposta: La biro1.
1Mario Mirri, nato a Cortona nel 1925 e deceduto nel mese di maggio del 2018, è stato uno dei più importanti storici italiani ad occuparsi dell’Età Moderna. Allievo di Delio Cantimori e Armando Saitta, nel corso della sua lunga carriera accademica si è occupato di storia del Settecento, di storia degli Stati territoriali e di storia dell’agricoltura e dell’istruzione agraria nell’Ottocento. Mirri è stato protagonista di una innovazione metodologica soprattutto rispetto alla storiografia sull’agricoltura e sullo sviluppo del capitalismo. Fondatore della cosiddetta “scuola pisana”, ha valorizzato nei suoi lavori temi e materie poco trattati dagli storici moderni italiani, come la demografia, la storia economica e la cultura materiale, mostrandosi precursore dell’interdisciplinarietà. Fu grazie al suo contributo e al suo impegno accademico, inoltre, che a Pisa nacquero l’Istituto di Storia medievale, moderna e contemporanea e poi un dipartimento di Storia, e infine un corso di laurea in Storia, attivato a livello nazionale a partire dagli anni Ottanta.
- 2 Ibidem, p. VII.
2L’ultimo lavoro di Mirri, La guerra di Mario, uscito postumo, è un libro sui generis. Non si tratta, infatti, di un saggio storico o di una monografia, bensì del racconto della sua vita, dagli anni Trenta passando per la Resistenza, fino al periodo della ricostruzione. L’espediente narrativo con cui racconta la storia della sua vita è ben esplicitato nella prefazione del libro: il figlio statunitense di un suo ex allievo ricevette come compito per Natale una ricerca sulla guerra, doveva «rintracciare qualche vecchietto che avesse ancora ricordi e che potesse essere intervistato»2. Il ragazzo gli pose ventiquattro domande raggruppate in tre macro-aree: la vita prima e dopo il fascismo, l’esperienza partigiana e l’immediato dopoguerra. Il racconto della vita di Mirri diviene, così, il racconto della storia d’Italia in uno dei periodi storiograficamente più controversi, ma è anche un vero e proprio manifesto della concezione della storia del professore cortonese: sono questi i due aspetti più interessanti del libro.
- 3 Ibidem, p. 11.
- 4 Ibidem, p. 16.
3Da conoscitore delle dinamiche della storia sociale e della cultura materiale, Mirri delinea subito uno spaccato degli anni Venti e Trenta evidenziando i principali cambiamenti tecnologici che modificarono lo stile di vita degli italiani, descrivendo alcune specificità, proprie di quel tempo e di quei luoghi. Fondamentale per la vita italiana fu il pieno utilizzo di una nuova fonte di energia, l’energia elettrica, e la crescente disponibilità nelle case di acqua «che ormai poteva arrivare dai rubinetti di cucina e toilette»3. Non sfugge a Mirri che quella disponibilità di acqua e di elettricità non riguardava la totalità degli italiani: a usufruirne, infatti, erano solo i borghesi delle grandi città, categoria alla quale Mirri apparteneva per via di padre che, laureato in Scienze, lavorava come specialista degli impianti della produzione di acido solforico per la Società Montecatini. Nella casa dei nonni materni a Cortona, invece, non c’era né acqua né elettricità. Durante il suo excursus narrativo, Mirri sottolinea l’importanza di altre tre scoperte/invenzioni che modificarono radicalmente la vita e la mentalità degli anni Trenta. In primo luogo la bicicletta, mezzo di trasporto che si diffuse quasi contemporaneamente alle automobili, ma fu da subito il principale mezzo di locomozione del proletariato. In secondo luogo il telefono, usato già per scopi militari durante la Grande Guerra che si iniziò a diffondere negli uffici anche se superò per frequenza d’uso la posta ordinaria solo nel Secondo dopoguerra. Infine la radio, che negli anni Venti e Trenta era presente in tutte le case «dei ceti benestanti e anche nel ceto medio e medio-basso»4. La diffusione della radio fu fondamentale soprattutto a partire dal 1938 (nel libro Mirri parla di 1937 ma sembrerebbe essere una imprecisione) quando iniziarono le emissioni di radio Londra, centrale per la propaganda antifascista fra la popolazione. Il racconto di questa cultura materiale continua con la descrizione dei giochi del periodo, dando a tutta la prima parte del testo elementi interpretativi di storia culturale.
- 5 Ibidem, p. 33.
- 6 Ibidem, p. 62.
4Come detto, Mirri era perfettamente consapevole che l’Italia da lui vissuta non era quella del proletariato. I suoi ideali politici e il suo pensiero lo portarono a riflettere sulle condizioni materiali delle classi meno abbienti e, avvicinatosi al movimento liberal-socialista di Giustizia e Libertà, comprese l’importanza di una «politica governativa capace di aggredire i problemi sociali e di ottenere miglioramenti delle condizioni di vita non solo dei lavoratori ma di tutti i ceti più poveri»5. Interessante sotto questo aspetto è la narrazione che Mirri fa della guerra dal punto di vista dei ceti più poveri: con una serie di aneddoti racconta i soprusi subiti dal proletariato. Mirri fu dichiarato “rivedibile” alla visita di leva per insufficienza toracica cosa che «succedeva spesso a noi figli delle classi medie e studenti, a differenza, come si capisce bene, dei figli dei contadini e delle altre classi di lavoratori»6.
- 7 Ibidem, p. 52.
- 8 PAVONE, Claudio, Una Guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati (...)
- 9 MIRRI, Mario, La guerra di Mario, cit., p. 57.
- 10 Ibidem.
- 11 Ibidem, p. 75.
5La parte storicamente e storiograficamente più interessante è senza dubbio quella inerente al periodo della Resistenza. Mirri, oltre a raccontare i motivi personali che spinsero lui e gli altri partigiani a salire sui monti per combattere il nazifascismo («la prospettiva di una liberazione tutta ad opera degli Alleati ci appariva infatti inaccettabile: un regalo al nostro paese, ma anche una dipendenza netta, perché essi avrebbero poi restituito un paese sì libero, ma organizzato secondo i loro criteri»7) dà una propria interpretazione della Resistenza come fenomeno storico contemporaneo mettendosi in contrapposizione, pur senza mai citarlo, con Claudio Pavone, autore negli anni Novanta della tesi della guerra di Resistenza come Guerra civile8. Sostiene Mirri che sin dagli esordi, la Resistenza si caratterizzava per essere resistenza ai tedeschi e che in quanto guerra di Liberazione nazionale non poteva avere, fin dal principio, i tratti di una Guerra Civile. Per sostenere la sua tesi, Mirri usa il classico argomento di autorità: la guerra di Resistenza non poteva essere considerata come una guerra civile in quanto, da Stalin a Roosevelt (che con il “programma delle quattro libertà” aveva concordato di condurre la guerra a oltranza fino alla sconfitta del nazifascismo), tutti consideravano questa guerra una guerra ideologica, che secondo l’auctoritas Benedetto Croce, aveva assunto i tratti di una «guerra di religione». E ancora: è impossibile definire la Resistenza una guerra civile per almeno altri due ordini di motivi. Da un lato la neonata Repubblica sociale italiana, pur avendo al suo interno numerosi italiani, non aveva il controllo delle Legioni più brutali (Ettore Muti e X MAS) che dipendevano più o meno direttamente dai tedeschi; dall’altro lato «dal 1943 al 1945 non si [videro] mai gruppi di cittadini italiani sostenere questi reparti armati neofascisti al servizio dei tedeschi, solidarizzare con essi, seguirli o difenderli»9. Questi reparti, dunque, non erano espressione di «una parte – consistente e ideologicamente orientata e concorde – di cittadini italiani decisi a contrapporsi a chi combatteva per la libertà e la democrazia»10. La critica di Mirri non si limita al concetto di Resistenza come guerra civile, ma anche al problema della cosiddetta “memoria divisa” secondo cui molti italiani riterrebbero i partigiani, e non i tedeschi, responsabili della maggior parte degli atti di rappresaglia nazista. Quello dei gruppi di cittadini che addossavano ai partigiani la responsabilità dei rastrellamenti e delle vendette dei nazifascisti fu, invece, secondo Mirri, un fenomeno che interessò un numero limitato di comunità, «ha coinvolto, in esse, sempre una minoranza di cittadini, e, per lo più, non ha mai messo in discussione la Resistenza e l’antifascismo in generale, ma solo il modo di praticare la Resistenza (nel senso di preferire alla “guerra per bande” le diverse forme della “Resistenza civile”)»11.
- 12 Ibidem, p. 4.
- 13 Ibidem, p. 108.
- 14 Ibidem, p. 111.
- 15 Ibidem, p. 110.
- 16 Ibidem.
6L’altro aspetto distintivo dell’opera di Mirri è la riflessione sul modo in cui si guarda alla storia: funzione della storia è capire «come e perché, in tutti i loro aspetti, le forme di vita degli uomini mutino continuamente», e ciò è un elemento fondamentale, poiché «si può vedere che questi cambiamenti dipendono dagli uomini e dalle scelte che essi fanno»12. La visione che uno storico può avere del mondo a lui contemporaneo, per Mirri, si determina a partire dall’esperienza diretta delle cose e dalle loro specifiche forme. In base alla nostra esperienza abbiamo differenti visioni del “mondo” e i vari aspetti di questo “mondo” andrebbero analizzati ciascuno con altrettanto vari orientamenti. Questi orientamenti, però, sono accomunati dal fatto che il mondo appare conoscibile «prima di tutto nella forma di quello che viene chiamato il mondo “materiale” o anche la natura»13. L’approccio a ogni sapere, umanistico o scientifico, deve tener conto della lezione galileiana delle “sensate esperienze e certe dimostrazioni”. Solo così «è possibile arrivare ad un tipo di conoscenza [delle vicende] che risulti scientificamente valido, solo e in quanto si è riusciti a mettere insieme un certo numero possibile di fonti, come fondamento empirico di analisi critica e di interpretazioni»14. Stabilito il metodo, rimane da comprendere quale debba essere l’oggetto della ricerca: per Mirri è il mondo sviluppatosi all’interno e al di sopra del mondo materiale, cioè il mondo degli uomini. Lanciandosi in una dissertazione storica di lungo periodo, Mirri racconta come siano stati i nostri antenati a costruire varie e diverse forme di società, inventando nuove civiltà «in un movimento continuo di accrescimenti, sviluppi e contrapposizioni, insomma di processi»15. Questi processi hanno portato alla società in cui attualmente viviamo. Lo studio di questi processi, cioè della cronologia dei fatti del passato, necessita (così come lo studio del mondo naturale) di un approccio scientifico e per Mirri è proprio questa la Storia, uno sguardo scientifico sul passato, il «tentativo di recupero e ricostruzione del passato scegliendo di prestare preferibilmente attenzione al “mondo degli uomini”»16 assumendo come punto di partenza quel tipo di dati dell’esperienza che sono ricavabili dal maggior numero di fonti.
- 17 GALANTE GARRONE, Alessandro, «Aspetti politici della guerra partigiana in Italia» in L’Acropoli, 16 (...)
- 18 GALLI DELLA LOGGIA, Ernesto, La morte della patria, Roma-Bari, Laterza, 1996.
7Questo libro, che non ha la pretesa di essere un saggio scientifico ma è un’opera divulgativa, ha principalmente tre pregi. In primo luogo l’interessante “polemica” a distanza con Pavone che permette al lettore di conoscere una interpretazione storica della Resistenza differente da quelle più note di Galante Garrone (Resistenza come guerra di popolo)17, di Galli della Loggia (Resistenza come guerra subalterna agli alleati)18 e appunto di Pavone (Resistenza come guerra civile). Il secondo aspetto di rilievo risiede nella descrizione del “mondo materiale” degli anni Venti e Trenta, che permette ai lettori poco esperti di Storia contemporanea di immergersi nel clima dell’Italia fascista e pre-fascista attraverso la descrizione di giochi, luoghi e ambienti. Infine un apprezzamento particolare va alla forma narrativa scelta dall’autore la quale, distante dal saggio scientifico, favorisce la comprensione della storia anche ai non addetti ai lavori, raccontandola in maniera accessibile a tutti, dando un prezioso esempio a tutti gli storici che si pongono il problema di come renderla appassionante e che puntano a farla uscire dalla nicchia del mondo accademico.
Note
1 MIRRI, Mario, La guerra di Mario, Roma-Bari, Laterza, 2018, p. 127.
2 Ibidem, p. VII.
3 Ibidem, p. 11.
4 Ibidem, p. 16.
5 Ibidem, p. 33.
6 Ibidem, p. 62.
7 Ibidem, p. 52.
8 PAVONE, Claudio, Una Guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 1991.
9 MIRRI, Mario, La guerra di Mario, cit., p. 57.
10 Ibidem.
11 Ibidem, p. 75.
12 Ibidem, p. 4.
13 Ibidem, p. 108.
14 Ibidem, p. 111.
15 Ibidem, p. 110.
16 Ibidem.
17 GALANTE GARRONE, Alessandro, «Aspetti politici della guerra partigiana in Italia» in L’Acropoli, 16, 1946, pp. 120-128.
18 GALLI DELLA LOGGIA, Ernesto, La morte della patria, Roma-Bari, Laterza, 1996.
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Notizia bibliografica digitale
Matteo Monaco, «Mario Mirri, La guerra di Mario», Diacronie [Online], N° 38, 2 | 2019, documento 9, online dal 19 juillet 2019, consultato il 09 décembre 2024. URL: http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/diacronie/11591; DOI: https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/diacronie.11591
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