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Le chiese valdesi e l’Internazionale protestante (xvi-xix secolo)

Les Églises vaudoises et l’Internationale protestante (xvie-xixe siècles)
The Waldensian Churches and the Protestant International (16th-19th centuries)
Simone Baral
p. 85-101

Résumés

Isolées dans trois vallées du Piémont savoyard, les églises vaudoises ont survécu pendant l’époque moderne grâce aux relations établies avec le monde protestant européen. À partir de la riche historiographie sur le thème, cet article vise à reconstruire ce lien sur la longue durée, en concentrant l’attention sur trois questions principales : les caractéristiques et les limites de l’Internationale protestante à l’appui de la « cause vaudoise » ; la nature « instable » de la contrainte religieuse à la base de ce rapport ; les motivations principales de l’intérêt étranger envers les églises vaudoises, détectées dans le mythe de l’origine apostolique des vaudois, dans leur histoire de persécution et martyre, dans la mission qui leur était impartie d’avant-garde du Protestantisme dans l’Italie catholique.

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Texte intégral

Chiesa valdese, Internazionale protestante, Storiografia

[…] Nous consentons à la sainte Doctrine, avec toutes les Eglises Reformées de France, d’Angleterre, du Païs Bas, d’Allemagne, de Suisse, de Boheme, de Pologne, d’Hongrie, et autres, ainsi qu’elle est exprimée en leur Confession d’Ausbourg, selon la déclaration qu’en a donné l’Autheur. […] Nous prions bien humblement toutes les Eglises Evangeliques et Protestantes, de nous tenir nonobstant nôtre pauvreté et petitesse, pour vrais membres du corps mystique de Jesus Christ, soufrans pour son Saint Nom ; et de nous continuer l’assistance de leurs prieres envers Dieu, et tous autres bons offices de leurs charités, comme nous les avons déja abondamment esperimentés [...].

  • 1 Cit. in Jean Léger, Histoire générale des Églises Évangéliques des Vallées du Piémont ou Vaudois, L (...)

Briéve Confession de Foy des Eglises Reformées de Piémont, publiée avec leur Manifeste, à l’occasion des effroyables massacres de l’an 16551

  • 2 Valdo Vinay, Le confessioni di fede dei valdesi riformati, Torino, Claudiana, 1975, p. 31 e Pawel G (...)
  • 3 Enea Balmas, « Introduzione », dans Enea Balmas, Grazia Zardini Lana (éd.), La vera relazione di qu (...)
  • 4 Giorgio Spini, « Lo scenario internazionale delle Pasque Piemontesi e gli studi di Giorgio Vola », (...)

1Queste righe sono tratte dalla dichiarazione delle chiese riformate del Piemonte nota come Confessione di fede valdese del 1655, e ne costituiscono l’atto finale « ecumenico »2. Tale confessione apparve sull’Histoire générale des Églises Évangeliques des Vallées du Piémont ou Vaudoises, redatta dal pastore valdese Jean Léger in occasione delle cosiddette Pasque Piemontesi3, episodio nel corso del quale le truppe sabaude tentarono di estirpare l’“eresia” dal territorio del Regno, non riuscendoci solo grazie all’intervento diplomatico ed economico delle Potenze protestanti europee4.

  • 5 Tra la folta letteratura, occorre almeno ricordare Giorgio Spini, Risorgimento e protestanti, Napol (...)
  • 6 Enea Balmas, « Introduzione », in I valdesi e l’Europa, op. cit., p. x.

2Come si avrà modo di mostrare, le Pasque Piemontesi non furono che uno degli episodi in cui le vicende della storia valdese si incrociarono con quelle del protestantesimo internazionale, un’evidenza che sembra aver giustificato la frequente necessità storiografica di analizzare e raccontare la storia delle chiese riformate piemontesi in una prospettiva transnazionale5. Senza voler sovrastimare l’importanza di fatti riguardanti una realtà che raramente si è trovata a superare le ventimila persone, tale approccio consegue dalla difficoltà di tratteggiare una narrazione che, prendendo in prestito le parole di Enea Balmas, « non si saprebbe in alcun modo comprimere a livello di storia locale e che trascende, altresì, in misura notevole, i limiti di un discorso confessionale »6.

  • 7 Si fa riferimento alle comunità di Calabria, del Luberon, delle Alpi francesi, a quelle formatesi i (...)

3A partire dalle suggestioni offerte dall’estratto della Confessione di fede citata in apertura, con questo articolo si intende dunque proporre – senza alcuna pretesa di esaustività – una sintesi di lungo periodo e una sistematizzazione della storiografia più o meno recente dedicata ai più diversi aspetti del rapporto tra le chiese valdesi e il mondo protestante internazionale, provando a problematizzare tre elementi che emergono dal titolo del contributo : se e a quali condizioni si possa parlare di un’Internazionale a sostegno del mondo valdese ; quanto e come il fattore religioso abbia avuto modo di rivestire una posizione centrale in tale rapporto ; quali le motivazioni soggiacenti all’instaurazione di questo fecondo e duraturo legame. Si è consci che un quarto elemento dovrebbe essere posto al vaglio critico, vale a dire il concetto stesso di chiese valdesi : il presente contributo si concentrerà sulle sole comunità riformate del Piemonte, evitando, per mancanza di competenze e di spazio, di prestare attenzione agli altri « valdismi » di epoca moderna e contemporanea7, consapevoli tuttavia che solo attraverso uno studio comparativo dei rapporti instaurati da tutte queste realtà con l’ecumene protestante del tempo si potrebbe dare conto della loro scomparsa o sopravvivenza, fisica e identitario-religiosa, nei diversi contesti.

Quale « Internazionale » ?

  • 8 Briéve Confession de Foy, op. cit.
  • 9 Christopher Clark, Michael Ledger-Lomas, « The Protestant International », dans Abigail Green, Vinc (...)
  • 10 Robert M. Kingdon, Geneva and the coming of the wars of religion in France : 1555-1563, Genève, Dro (...)
  • 11 Herbert Lüthy, La banque protestante en France : de la révocation de l’Édit de Nantes à la Révoluti (...)
  • 12 Per critiche all’uso indiscriminato di tale concetto, Alain Tallon, L’Europe au xvie siècle. États (...)
  • 13 Ad esempio, Hugh Trevor-Roper, Religion, the Reformation, and Social Change, London, Macmillan, 196 (...)
  • 14 Ole Peter Grell, « Merchants and ministers : the foundations of international Calvinism », in Andre (...)

4Nell’estratto citato in apertura, le chiese valdesi in difficoltà si rivolgono a « toutes les Eglises Evangéliques et Protestantes»8 e, benché siano dettagliatamente enumerate le diverse chiese a livello nazionale e denominazionale, colpiscono i confini assai ampi, in termini geografici e religiosi, dell’ecumene chiamata in causa. Come sottolineato da Clark e Ledger-Lomas, del resto, « for much of the early modern period, “Protestant” was more a heuristic term than a collective noun »9 : solo alla fine del Settecento sarebbero sorti organismi sovranazionali votati al perseguimento di obiettivi e progetti comuni, spesso in opposizione alla cattolicità della Chiesa di Roma. La storiografia, tuttavia, ha fatto largo uso di tale concetto, estendendolo anche ai secoli precedenti e provando ad ampliare i confini della categoria di Internazionale calvinista (o ugonotta) utilizzata da Kingdon, per descrivere la vasta rete messa in campo da Calvino per l’organizzazione di una forza politica e religiosa a livello europeo10, e da Lüthy, per ricostruire i contorni della galassia ugonotta di uomini d’affari e banchieri di epoca moderna11. Più recentemente, accanto a contributi che hanno mosso riserve al concetto di Internazionale12 a partire dall’utilizzo talvolta “spregiudicato” che ne è stato fatto13, altri studi hanno mostrato le potenzialità euristiche dell’integrazione dei modelli offerti da Kingdon e Lüthy, a patto che l’esistenza di una rete di rapporti sia avvalorata dalle fonti, così come la consapevolezza, da parte dei diversi attori, di farne parte e di agire per un interesse comune14.

  • 15 M. Greengrass, « Thinking with Calvinist Networks », art. cit., p. 10.
  • 16 Si faccia riferimento ai testi citati alla nota 7.
  • 17 Compendio degli editti concernenti i valdesi, 1740, cit. in Augusto Armand-Hugon, Storia dei valdes (...)
  • 18 Teodoro Balma, « Studenti d’altri tempi (notarella storica) », Bollettino della Società di Studi Va (...)
  • 19 A titolo esemplificativo, Augusto Armand-Hugon, « Giacomo Marauda, Colonnello dei Valdesi », Bollet (...)
  • 20 Gian Paolo Romagnani, « La presenza valdese », in Aurelio Bernardi et al. (dir.), Il Settecento rel (...)
  • 21 Paola Bianchi, « Militari, banchieri, studenti : Presenze protestanti nella Torino del Settecento » (...)
  • 22 A titolo d’esempio, Augusto Armand-Hugon, « Vicende italiane ed europee di una famiglia valdese : i (...)
  • 23 Théophile J. Pons (dir.), « Actes des Synodes des Églises vaudoises 1692-1854 », Bollettino della S (...)

5Per stabilire, quindi, dell’opportunità e i dei limiti entro i quali si possa parlare di una rete sovranazionale a sostegno della “causa valdese”, occorre innanzi tutto provare a identificarne i diversi soggetti coinvolti, a partire dalla natura del cosmopolitismo spesso attribuito allo stesso mondo valdese. Sotto questo profilo, appare ragionevole prendere le mosse dalle considerazioni fatte circa la realtà diasporica calvinista e ugonotta : la formazione di un network europeo fu « simply the result of an existential reality »15, ovvero la conseguenza della persecuzione e dell’intolleranza di cui furono oggetto gli stessi riformati. Una persecuzione che fu all’origine della formazione di nuclei di rifugiati valdesi nell’Europa continentale, con cui coloro che si salvarono e tornarono in Piemonte mantennero a lungo legami più o meno costanti16 ; un’intolleranza espressione della politica sabauda17, che circoscrisse fortemente le opportunità professionali dei valdesi, obbligandoli spesso ad attraversare le Alpi per cercare fortuna altrove. Tali limitazioni condizionavano le vite dei valdesi sin dalla più tenera età : nell’impedimento di dotarsi di istituti superiori e universitari nelle valli e nell’impossibilità di frequentare le scuole torinesi, i giovani valdesi erano costretti a recarsi nelle facoltà europee per proseguire i propri studi a carattere umanistico o scientifico18. D’altronde, la scarsa offerta di lavoro intellettuale nelle valli d’origine contribuiva a prolungare talvolta indefinitamente il soggiorno all’estero di questi giovani, che trovavano impiego come istitutori e precettori o entravano a far parte di chiese protestanti europee, in prevalenza francofone19. A partire dalla seconda metà del xviii secolo, accanto alla classe pastorale, la stabilità del regime di tolleranza religiosa del « ghetto alpino » permise al mondo valdese di vedere lo sviluppo di un’embrionale borghesia commerciale che, impossibilitata a estendere i propri affari nelle povere e sterili valli piemontesi, iniziò presto a collaborare con il mondo affaristico straniero e protestante europeo20. Questa tendenza non fece che aumentare nella parentesi di libertà rappresentata dagli anni di dominazione francese, tanto da non poter più essere messa in discussione col rientro dei Savoia a Torino, tale era il peso assunto dal volume d’affari valdese nel bilancio della capitale del Regno21. La grande mobilità non poteva non avere ripercussioni anche sul piano privato, e l’élite valdese finì per legarsi alla borghesia protestante europea anche sul piano familiare22, tanto che il Sinodo del 1709 dovette intervenire per regolamentare i matrimoni degli studenti all’estero23. Accanto ai legami parentali, inoltre, l’establishment valdese poteva contare sui vincoli di semplice amicizia instaurati nel corso degli anni di studio o nei rapporti di collaborazione sviluppati nel corso del disbrigo delle proprie attività.

  • 24 C. Clark, M. Ledger-Lomas, « The Protestant International », art. cit., p. 23.
  • 25 Giorgio Spini, Studi sull’evangelismo italiano tra Otto e Novecento, Torino, Claudiana, 1994, p. 49 (...)
  • 26 Étienne Arnal, « Le Comité Vaudois », Bulletin de la Commission de l’Histoire des Églises Wallonnes(...)
  • 27 Sugiko Nishikawa, « English Relief Activities for Continental Protestants in the Eighteenth Century (...)
  • 28 Arturo Pascal, « Cenni storici sulla fondazione degli istituti ospedalieri valdesi nell’età risorgi (...)

6Il miglioramento economico di parte della classe dirigente valdese e le sviluppo del mondo associazionistico sovrastatale permisero così ai riformati piemontesi di primo Ottocento di inserirsi appieno in questo « informal spiritual empire »24, come dimostrano la nascita nei primi anni della Restaurazione di una Società biblica e di una Società dei trattati religiosi nelle valli25, come pure la partecipazione alle collette per le società missionarie. Il mondo protestante europeo aveva nel frattempo iniziato a gettare le basi per un interesse collegiale nei confronti dei valdesi sin dal secolo precedente, come si evince dalla creazione nel 1735 di un Comité vaudois, espressione dell’interesse dei sinodi delle Chiese riformate francofone dei Paesi Bassi (e noto in Piemonte col nome di « Comitato vallone »)26, come pure dalla formazione, a inizio Ottocento, del Waldensian committee di Londra, che si pose l’obiettivo di prendersi cura dello sviluppo materiale e morale dei riformati piemontesi27, o del comitato nato a Berlino per la gestione dei fondi destinati all’istituzione di un’ospedale valdese a Torre Pellice28, patrocinato dallo stesso re di Prussia, Federico Guglielmo III.

  • 29 Giorgio Spini, « Il Glorioso Rimpatrio dei valdesi. Contesto e significato », dans A. De Lange, Dal (...)
  • 30 Non potrebbe essere più esplicito, in tal senso, il giudizio di Soffietti, I. Soffietti, « La legis (...)
  • 31 Randolph Vigne, « Richard Hill and the Saving of Liberty of Conscience for the Vaudois », dans Rich (...)
  • 32 Si veda, ad esempio, il ruolo giocato dalla Society for the Promotion of the Christian Knowledge pe (...)

7Il sollecito intervento di capi di Stato e di diplomatici delle Potenze protestanti nell’attivazione delle proprie ambasciate alla corte di Torino, al fine di evitare, o quanto meno limitare, i danni nei confronti dei riformati piemontesi, è del resto ben noto dalla storiografia internazionale e ha tra i suoi momenti più eclatanti quello che vide la Lega di Augusta agevolare il rientro in Piemonte degli esuli valdesi nel 1689, il cosiddetto Glorioso Rimpatrio29, e farsi garante dell’inclusione della « questione valdese » tra le clausole dei trattati internazionali tra il Ducato di Savoia e le Potenze protestanti30. Ma regnanti e autorità protestanti non si limitarono al campo diplomatico, facendosi anche – e spesso – promotori di raccolte di fondi per venire incontro alla precaria condizione economica delle chiese valdesi, istituendo apposite pensioni e sussidi31 e incaricando istituzioni e corpi intermedi, come chiese, università, comitati, associazioni e società benefiche, della loro gestione ordinaria32.

  • 33 L’istituzione degli ospedali valdesi è al centro della prima parte della mia tesi di dottorato su L (...)
  • 34 Ma la medesima consapevolezza di poter contare su una rete internazionale si può trovare sfogliando (...)
  • 35 Si fa riferimento, ad esempio, al protagonismo dei benefattori anglosassoni per garantire lo svilup (...)

8La manifestazione forse più rappresentativa dell’esistenza e della struttura composita dell’Internazionale protestante a supporto dei valdesi fu costituita dalla creazione del già citato nosocomio valdese, inaugurato nel 1826. All’appello per la raccolta fondi, lanciato a partire dal 1821, risposero, oltre ai comitati già citati, i re di Prussia, d’Olanda e persino lo zar Alessandro I, i Cantoni svizzeri, la ginevrina Compagnia dei pastori e le Chiese protestanti di mezza Europa, comprese le comunità straniere della Penisola italiana33. Questa impresa fu organizzata dal corpo pastorale valdese in collaborazione coi principali esponenti del notabilato laico, a dimostrazione della capacità – e della volontà – dei riformati piemontesi di elaborare una precisa e pianificata strategia indirizzata a un’ecumene protestante percepita come unitariamente interessata al benessere valdese34. Il ruolo consapevole e non passivo dell’élite valdese ebbe inoltre modo di esplicitarsi anche in occasione degli episodici attriti tra i diversi stakeholder dell’Internazionale protestante, in disaccordo sulle modalità con cui concorrere a tale obiettivo, non sul fine di tale azione35, e divenne ancor più manifesto quando al centro delle attenzioni del Protestantesimo europeo furono poste le questioni più strettamente religiose.

Quale « protestante » ?

  • 36 Briéve Confession de Foy, op. cit., p. 115.
  • 37 Giorgio Peyrot, « Influenze franco-ginevrine nella formazione delle discipline ecclesiastiche valde (...)

9Il secondo nodo da affrontare consiste precisamente nell’analisi del vincolo religioso tra le chiesi valdesi e l’ecumene protestante, legame che nel 1655 i riformati piemontesi intendevano riconfermare con la richiesta di « nous tenir […] pour vrais membres du corps mystique de Jesus Christ »36. Come si tenterà di mostrare, infatti, benché il processo di « allineamento » alla Riforma, in particolare alla sua declinazione calvinista, potesse dirsi completato sin dal terzo quarto del xvi secolo37, il posizionamento teologico delle chiese valdesi fu più volte soggetto a « contrattazioni » e attenzioni da parte del mondo protestante europeo.

  • 38 Albert De Lange, « Fonti per le relazioni tra Giovanni Calvino e i valdesi », Bollettino della Soci (...)
  • 39 Les Ordonnances Ecclésiastiques faictes par nos très honorés Pères et frères ministres de la paroll (...)
  • 40 Daniele Tron, « La creazione del corpo pastorale valdese e la Ginevra di Calvino », Bollettino dell (...)
  • 41 Stefano Tealdo, « La peste del 1630 nel Pinerolese », la beidana. cultura e storia nelle valli vald (...)

10La storiografia ha mostrato come la « conversione » dei valdesi medievali fosse seguita direttamente da Calvino, che si premurò di dare il proprio contributo alla loro confessione di fede38 e, per quanto l’organizzazione delle chiese poté seguire solo « d’aussi près que possibles»39 le Ordonnances écclésiastiques, di sorvegliarne la strutturazione fornendole di pastori40, in attesa che i primi valdesi che aspiravano al ministero completassero la loro formazione presso le accademie di Losanna e Ginevra. L’invio di pastori « stranieri » non fu del resto un necessità limitata a questa fase : la peste del 1630 e la difficile esperienze dell’esilio e del Rimpatrio misero a dura prova la resistenza fisica dei valdesi, senza risparmiare nemmeno il corpo pastorale ; le chiese valdesi furono quindi costrette a fare nuovamente appello alla rete ugonotta per sopperire ai decessi dei propri ministri di culto41.

  • 42 Brevi accenni si trovano in É. Arnal, « Un siècle d’activité », art. cit., p. 19-23 ; Augusto Arman (...)
  • 43 A. Armand-Hugon, « L’illuminismo tra i valdesi », art. cit., p. 13-29 ; Giorgio Tourn, « Tra illumi (...)
  • 44 Valdo Vinay, Le confessioni di fede dei valdesi riformati, Torino, Claudiana, 1975 ; Daniele Tron, (...)
  • 45 G. Tourn, « Studi, esami e consacrazioni », art. cit.
  • 46 G.P. Romagnani, « Il mondo valdese e l’illuminismo », art. cit.
  • 47 Archivio della Tavola Valdese, s. 5 Corrispondenza, ss. 2 Lettere inviate, 0, Jean Puy, Confession (...)
  • 48 L. Bresson, « Notice sur le Comité wallon», art. cit., p. 275.

11L’Internazionale protestante fu chiamata a prestare il proprio contributo in materia religiosa – o arrogandosene la competenza – anche in ambiti pertinenti l’« essenza » della Chiesa, vale a dire il suo Credo e l’organizzazione ecclesiastica. Poco nota42 è, ad esempio, la pressione delle chiese riformate vallone sui pastori valdesi di fine Settecento, per il ripristino dell’ortodossia nelle valli, perché intimoriti dalle voci circa la loro adesione al pensiero socinianesimo ginevrino, razionalista e illuminista43. Per comprendere il significato di questo evento, occorre ricordare che dopo la distruzione dei documenti valdesi da parte delle truppe sabaude in occasione delle persecuzioni che portarono al temporaneo esilio, il testo di fede di riferimento era stato quello contenuto nell’Histoire di Léger, di fatto una rielaborazione abbreviata della Confessio Gallicana della La Rochelle, del 157144. Non esisteva, però, alcuna reale forma di controllo sull’ortodossia interna alle chiese, tanto dei fedeli, quanto dei pastori : la formazione dei ministri di culto valdesi avveniva all’estero, in prevalenza grazie a borse di studio appositamente erogate da privati, Chiese ed enti pubblici dell’Internazionale protestante, e anche le consacrazioni avevano spesso luogo nelle accademie straniere, mentre il Sinodo valdese si limitava a verificare l’autenticità dei certificati con cui i giovani tornavano nelle valli chiedendo di prendersi cura di una parrocchia45. Se questo tipo di formazione garantiva ai novelli pastori una preparazione teologica e umanistica decisamente superiore a quella dei curati cattolici, portava con sé anche aspetti di criticità : il ristretto contesto delle valli valdesi diventava la riproduzione in « miniatura » delle ampie e talvolta divergenti posizioni teologiche che animavano il protestantesimo europeo, compresa l’« ortodossia razionale »46. Sul finire degli anni Sessanta del Settecento, dunque, onde evitare che il Comité vaudois potesse essere oggetto di critiche e scherni da parte dei Sinodi valloni, il suo presidente, il pastore di Amsterdam Isaac-Samuel Châtelain, richiese che ogni ministro di culto piemontese sottoscrivesse una confessione di fede « minima »47, una sorta di « atto di conformità », pena l’interruzione dei sussidi annuali che garantivano il funzionamento del sistema scolastico valdese, le pensioni pastorale e il sostegno economico per i fedeli più poveri. Per quanto lo storico valdese Armand-Hugon abbia cercato di minimizzare il fatto, descrivendolo non come « un’imposizione né un ricatto, ma una premurosa sollecitudine », la gravità delle sue implicazioni è stata rilevata dagli stessi storici valloni, che l’hanno interpretato come un tentativo « de placer un homme entre sa conscience et son pain »48.

  • 49 Simone Baral, « “Le Roi aime les Vallées, et il a appris que vous les troublez”. La dissidence réve (...)
  • 50 Stefano Villani, « Anglican Liturgy as a Model for the Italian Church ? The Italian Translation of (...)
  • 51 Franco Giampiccoli, J. Charles Beckwith : il Generale dei valdesi (1782-1862), Torino, Claudiana, 2 (...)
  • 52 Archivio della Tavola Valdese, s. 5 Corrispondenza, ss. 1 Lettere ricevute, 6, Lettera di C.J. Beck (...)

12Il problema dell’eterogeneità teologica interna al corpo pastorale valdese fu del resto risolto solo nel 1839, attraverso la riconferma dell’uso della Confessione del 1655 e l’istituzione di un esame di fede, come prerequisito all’accesso al pastorato. Entrambe le misure non furono solo espressione di un’esigenza interna alle chiese valdesi, ma anche – e soprattutto – frutto del dialogo e delle pressioni del Protestantesimo straniero. Tali provvedimenti costituirono per il mondo valdese l’occasione per porre fine allo scontro – a tratti anche violento – che da una quindicina d’anni vedeva contrapposti la chiesa « tradizionale » e i gruppi « risvegliati » nati sotto l’influsso del pastore ginevrino Félix Neff, e acuiti dalle costanti e frequenti visite di altri ministri di culto francesi e anglosassoni aderenti al movimento del Risveglio49. Ma le decisioni prese nel Sinodo del 1839 fornirono anche al corpo pastorale il pretesto per ribadire il proprio orientamento teologico, « arginando » i sempre più pressanti tentativi del mondo anglicano di rompere il legame religioso preferenziale valdese con le chiese calviniste e agevolarne l’avvicinamento alla Chiesa stabilita50 ; si fa riferimento al noto progetto di alcuni esponenti dell’High Church britannica di trasformare la carica temporanea di moderatore, solitamente circoscritta al periodo tra un Sinodo e l’altro, in un mandato « a vita ». Il tentativo di condurre le chiese valdesi nel novero di quelle rette da un sistema episcopale fallì per l’opposizione di larga parte del corpo pastorale, studenti di teologia compresi, nonostante fosse stato loro fatto presente in modo esplicito, dal generale anglo-canadese John Charles Beckwith51, che « ce sera impossible de faire bouger les Anglais dans vos intérêts si vous rejetez leur proposition »52.

Perché le chiese valdesi ?

  • 53 A proposito dell’operato del Lord Protettore, Trim ha sostenuto che « He aided the Vaudois partly b (...)
  • 54 Briéve Confession de Foy, op. cit.

13Risulta a questo punto evidente come il rapporto tra chiese valdesi e Internazionale protestante non fosse a senso unico, ma che l’attenzione dell’ecumene protestante nei confronti dei riformati piemontesi fosse per così dire « interessata ». Sebbene non sia in discussione che la comunanza di fede abbia costituito la causa scatenante della solidarietà infra-confessionale e dell’afflato umanitario (e che, anzi, in alcuni casi abbia costituito l’unica « spinta »)53, appare altresì evidente come i riformati piemontesi fossero detentori di particolari caratteristiche, doni, attrattive che spingevano l’Internazionale protestante a « [leur] continuer l’assistance […], et tous autres bons offices de leurs charités »54. Dall’ampia storiografia sul tema è possibile enucleare tre principali « motivi » catalizzatori di questo ampio e duraturo interesse : il mito circa le origini apostoliche dei valdesi delle Alpi, la loro particolare storia « del martirio e della gloria » e alcune questioni di carattere geografico.

  • 55 Stephen J. Barnett, « When was your Church before Luther ? Claims for the Antiquity of Protestantis (...)
  • 56 Martino Laurenti, « “Les Vrays Vaudois Originaires” : La nascita dell’identità valligiana nelle com (...)
  • 57 Gerolamo Miolo, Historia breve e vera de gl’affari de i valdesi delle valli, a cura di Enea Balmas, (...)
  • 58 Laura Ronchi De Michelis, « Miolo, Gerolamo », dans Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Tre (...)
  • 59 Oltre al ruolo del già citato Beckwith, di grande occorre ricordare l’attività di William Stephen G (...)
  • 60 John Pinnington, « La scoperta dei valdesi da parte degli anglicani. The Waldensian Syndrom of the (...)

14La storia della fortuna del mito circa l’origine apostolica delle comunità valdesi è ben conosciuta dalla letteratura internazionale e solitamente ricondotta nell’alveo della genesi della storiografia protestante, in particolare riformata55. La teoria, che trova le sue prime formulazioni nelle pagine di Flacio Illirico e di Teodoro da Beza nella seconda metà del Cinquecento, costituì per un secolo e mezzo uno dei principali cavalli di battaglia della storiografia controversistica protestante, mirante a rincorrere la Chiesa romana nella battaglia per stabilire chi, tra il mondo cattolico e quello « protestante », potesse vantare i maggiori legami col cristianesimo primitivo. Subito interiorizzato dal mondo valdese56 grazie alla Historia breve e vera de gl’affari de i valdesi delle valli di Gerolamo Miolo57, che di Beza era stato studente a Ginevra58, il mito sull’origine apostolica avrebbe costituito un elemento strategico per i riformati piemontesi ben più a lungo : la sua inconsistenza storica sarebbe stata accettata dalla storiografia valdese, non senza aspri contrasti interni, solo negli anni ‘80 del xix secolo. Per spiegare questa resistenza, anche di fronte alle critiche serrate della più aggiornata storiografia internazionale, non basta fare appello al suo valore mitico-identitario o al « provincialismo » della storiografia valdese : nella prima metà dell’Ottocento, infatti tale mito costituì il principale motivo dell’interesse verso i valdesi da parte del mondo anglicano, in particolare della frangia evangelical della High Church59, che trovava nelle comunità « apostoliche » piemontesi una legittimazione « riformata » alternativa a quello dell’anglo-cattolicesimo del movimento di Oxford60.

  • 61 J. Léger, Histoire générale, op. cit.
  • 62 David J.B. Trim, « “If a prince use tyrannie towards his people” : interventions on behalf of forei (...)
  • 63 Henri Arnaud, Histoire de la Glorieuse Rentrée des Vaudois dans leurs valées, 1710.
  • 64 Alexis Muston, L’Israël des Alpes : première histoire complète des vaudois du Piémont et de leurs c (...)
  • 65 Patrick Cabanel, « Alexis Muston, historien, poète, diariste », dans Alexis Muston, Journal. vol. 1 (...)
  • 66 Peter Meadows, « Libri inglesi sui Valdesi (1750-1900) : Bibliografia annotata », Bollettino della (...)
  • 67 Archivio della Società di Studi Valdesi, Carte famiglia Appia, 19, Lettere di Paul Appia (Francofor (...)
  • 68 Jacques Brez, Histoire des Vaudois, ou des habitans des vallées occidentales du Piémont, qui ont co (...)
  • 69 F. Venturi, « Un pastore valdese illuminista », art. cit. ; Id. e Marco Baltieri, « Dalla teologia (...)
  • 70 Bresson, « Notice sur le Comité wallon », art. cit., p. 276.

15Accanto al mito, le chiese valdesi disponevano di un altro potente strumento simbolico di mobilitazione dell’opinione pubblica : una storia martirologica che per secoli non smise di far commuovere l’ecumene protestante e di essere utilizzata in tal senso, sia dal mondo valdese che dall’Internazionale protestante. Si pensi alla già citata Historie scritta dal pastore valdese Jean Léger61, capace di veicolare « one of the causes célèbres of the seventeenth century »62, o alla risonanza del racconto del Glorioso Rimpatrio attribuita al pastore-condottiero Henri Arnaud63, o, ancora, all’impatto che avrebbe avuto l’« Israël des Alpes » di Alexis Muston64 sull’opinione progressista francese del Secondo Impero65. La consapevolezza della potenza persuasiva della storia valdese può però essere rintracciata anche negli scritti minori : non vi fu opuscolo o pamphlet scritto nella prima metà dell’Ottocento a supporto della « causa valdese » che non prese le mosse da un succinto resoconto delle persecuzioni e atrocità subite dai riformati piemontesi66. Una riprova dell’efficacia della storia valdese per smuovere cuori – e portafogli – dell’Internazionale protestante si trova nei rari episodi in cui non se ne fece uso : di fronte al poco successo del sermone predicato a Parigi per raccogliere fondi per l’istituzione dell’ospedale di Torre Pellice, ad esempio, il pastore valdese Paul Appia avrebbe ammesso a un amico, che per ottenere un risultato migliore « il aurait fallu, en France, un sermon historique »67. Letture non « canoniche » della storia valdese, del resto, avrebbero addirittura potuto essere dannose, o quanto meno era quanto pensava il Comité vaudois a proposito dell’Histoire des vaudois68 scritta dal giovane e irrequieto valdese Jacques Brez69, pastore della comunità zelandese di Middleburg, obbligando l’autore a stracciare i passaggi ritenuti indigesti ; un episodio che non era che l’ennesima riprova di quanto per gli stakeholders olandesi, « la sincerité de la foi et la verité de l’histoire sont subordonnées à des raisons d’opportunité, et à des considérations matérielles et utilitaires »70.

  • 71 Giorgio Tourn (éd.), Viaggiatori britannici alle Valli valdesi (1753-1899), Torino, Claudiana, 1994
  • 72 Si veda a proposito il recente intervento di Marco Fratini su Viaggiatori inglesi nelle Valli valde (...)
  • 73 Oltre che nei récits de voyage scritti dai viaggiatori britannici (G. Tourn, Viaggiatori britannici(...)
  • 74 Daniele Jalla, « Il Bars d’la Taiola : storia di un luogo di memoria », Bollettino della Società di (...)

16Storia letta e raccontata, dunque, ma anche visitata. Nel nuovo clima di pace europeo imposto dalla Restaurazione, il mito e la storia dei valdesi divennero infatti il motore di un inedita forma di attenzione nei loro confronti : la visita delle loro valli71. Tappa obbligata degli itinerari di un nuovo genere di Grand tour a carattere religioso, le valli valdesi divennero meta di un gran numero di visitatori la cui varietà religiosa non dovrebbe, a questo punto, più stupire : moravi e quaccheri, episcopali e presbiteriani, luterani e riformati, i più diversi esponenti della frastagliata Internazionale protestante72 si riversarono sulle montagne piemontesi per scoprire le tracce delle persecuzioni narrate da Léger o della moralità « apostolica » dei valdesi, veri e propri « fossili viventi » della cristianità delle origini. I valdesi non rimasero indifferenti a tanto interesse e a furia di accompagnare i visitatori in questa loro scoperta73, iniziarono anch’essi a riscoprire il proprio territorio e la propria identità, sino alla creazione e istituzionalizzazione, a fine Ottocento, dei « luoghi storici valdesi »74.

17Ma l’importanza geografica di queste chiese giocò come fattore d’attrazione dell’interesse protestante anche sotto un altro aspetto, un aspetto per così dire « geo-religioso ». Pur nell’enorme differenza tra i personaggi coinvolti e nella portata delle loro azioni sulle sorti del protestantesimo internazionale, parrebbe lecito soffermarsi sulle analogie esistenti tra i tentativi di Calvino di dresser l’église in direzione riformata e quello del generale Beckwith di redress the church in senso episcopale. Nonostante gli sforzi furono premiati, il primo col successo, il secondo col fallimento, entrambi erano volti a trasformare le chiese valdesi, ultimo e unico bastione protestante in una penisola dominata dalla Chiesa di Roma, in una testa di ponte lanciata sull’Italia per la conversione del popolo cattolico ; un progetto che trovò la sua espressione forse più efficace – per quanto a tratti vaneggiante – nelle parole confidate da Beckwith al cappellano valdese di Torino :

  • 75 Bibliothèque de Genève, Papier de la Famille Bert, s. 2, Ms. fr. 8282/5 Correspondance 1840-1842, L (...)

Nous autres Anglais voulons cent mille Vaudois le visage tourné vers l’Italie […]. La bête [la Chiesa di Roma] se déchaînera de nouveau et réussira, mais ses jours sont comptés et notre tache est de former des hommes aptes au combat. Encore trois ou quatre générations et la victoire est à nous ; nous sommes engagés dans la mêlée et il est inutile de vouloir reculer, nous ne pouvons pas. En avant donc et formez vos garçons à endurcir comme des bons soldats de Jésus-Christ. Nous sommes appelés à souffrir, à nous sacrifier, à préparer les voies du Seigneur. […] Je vois déjà la perspective de la possibilité de former une phalange d’hommes tels que nous n’avons pas eu jusqu’ici, et en peu d’années s’il plaît à Dieu, nous avons une bande de Chrétiens dont on trouvera difficilement la pareille dans toute l’Italie. Et bien ! Avec les trois-cents de Gideon on marche à une victoire assurée !75

  • 76 La letteratura sull’emancipazione valdese è molto abbondante ; tra i contributi più recenti, France (...)

18Di fronte al medesimo obiettivo, solo ai tempi di Beckwith le contingenze storiche avrebbero permesso alle chiese valdesi di provare ad assolvere a tale compito : solo sei anni più tardi, grazie all’emancipazione concessa loro da Carlo Alberto76, i valdesi ebbero modo di uscire dalle valli in cui erano rimasti confinati per secoli e spostare il proprio baricentro di riferimenti, contatti e interessi in Italia, iniziando così a « emanciparsi » da quella stessa Internazionale protestante che aveva contribuito sino ad allora alla loro sopravvivenza.

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Notes

1 Cit. in Jean Léger, Histoire générale des Églises Évangéliques des Vallées du Piémont ou Vaudois, Leyde, Jean le Carpentier, 1669, p. 115.

2 Valdo Vinay, Le confessioni di fede dei valdesi riformati, Torino, Claudiana, 1975, p. 31 e Pawel Gajewski, « La nozione della Chiesa nello scritto La vera Relazione di quanto è accaduto nelle persecuzioni e i massacri dell’anno 1655 », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 197, dicembre 2005, p. 146-148.

3 Enea Balmas, « Introduzione », dans Enea Balmas, Grazia Zardini Lana (éd.), La vera relazione di quanto è accaduto nelle persecuzioni e i massacri dell’anno 1655 : Le “Pasque piemontesi” del 1655 nelle testimonianze dei protagonisti, Torino, Claudiana, 1987, p. 13‑180.

4 Giorgio Spini, « Lo scenario internazionale delle Pasque Piemontesi e gli studi di Giorgio Vola », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 197, dicembre 2005, p. 149-158.

5 Tra la folta letteratura, occorre almeno ricordare Giorgio Spini, Risorgimento e protestanti, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1956 ; I valdesi e l’Europa, Torino, Claudiana, 1982 ; Albert De Lange (dir.), Dall’Europa alle Valli valdesi. Atti del convegno « Il Glorioso Rimpatrio : 1689-1989», Torino, Claudiana, 1990 e la giornata di studi su Le Pasque Piemontesi e l’internazionale protestante (Torre Pellice, 21 agosto 2005).

6 Enea Balmas, « Introduzione », in I valdesi e l’Europa, op. cit., p. x.

7 Si fa riferimento alle comunità di Calabria, del Luberon, delle Alpi francesi, a quelle formatesi in Svizzera e Germania in seguito alle persecuzioni dei secoli xvi, xvii e xviii, o di quelle che presero vita nelle Americhe nel corso dell’Ottocento, come esito della migrazione economica ; Alfonso Tortora, I Valdesi nel Mezzogiorno d’Italia : una breve storia tra Medioevo e prima età moderna, Roma, Carocci, 2017 ; Gabriel Audisio, Les vaudois du Luberon : Une minorité en Provence, Merindol, Association d’Études Vaudoises et Historiques du Luberon, 1984 ; Yves Krumenacker, « La frontière, chance ou obstacle pour les protestants de France et de Savoie ? », dans Anne-Marie Granet-Abisset (dir.), Tricentenaire du Traité d’Utrecht, Briançon, Ville de Briançon, 2015 ; p. 58-70, Theo Kiefner, « I valdesi in Germania», dans I valdesi e l’Europa, op. cit., p. 285-302 ; Gabriella Ballesio (dir.), I valdesi nel Rio de la Plata (1858-2008). Modelli di emigrazione, Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 204, giugno 2009 e Luca Pilone, « Radici piantate tra due continenti» : L’emigrazione valdese negli Stati Uniti d’America, Torino, Caludiana, 2016.

8 Briéve Confession de Foy, op. cit.

9 Christopher Clark, Michael Ledger-Lomas, « The Protestant International », dans Abigail Green, Vincent Viaene (dir.), Religious Internationals in the Modern World. Globalization and Faith Communities since 1750, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2012, p. 23.

10 Robert M. Kingdon, Geneva and the coming of the wars of religion in France : 1555-1563, Genève, Droz, 1956.

11 Herbert Lüthy, La banque protestante en France : de la révocation de l’Édit de Nantes à la Révolution, Paris, SEVPEN, 1959-1961, 2voll.

12 Per critiche all’uso indiscriminato di tale concetto, Alain Tallon, L’Europe au xvie siècle. États et relations internationales, Paris, Presses Universitaires de France, 2015 e Mark Greengrass, « Thinking with Calvinist Networks : From the “Calvinist International” to the “Venice Affair” (1608–1610) », in Vivienne Larminie (dir.), Huguenot Networks, 1560-1780. The Interactions and Impact of a Protestant Minority in Europe, New York, Routledge – Taylor & Francis Group, 2018, p. 9-28.

13 Ad esempio, Hugh Trevor-Roper, Religion, the Reformation, and Social Change, London, Macmillan, 1967 e Menna Prestwich (dir.), International Calvinism, 1541–1715, Oxford, Clarendon Press, 1985.

14 Ole Peter Grell, « Merchants and ministers : the foundations of international Calvinism », in Andrew Pettegree, Alistair Duke et Gillian Lewis (dir.), Calvinism in Europe, 1540-1620, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, p. 254-272. Il medesimo tema è ripreso e ampliato in Id., « The creation of a transnational, Calvinist network and its significance for Calvinist identity and interaction in early modern Europe », European Review of History – Revue européenne d’histoire, v. 16, f. 5, 2009, p. 619-635 e Id., Brethren in Christ : A Calvinist Network in Reformation Europe, Cambridge, Cambridge University Press, 2011.

15 M. Greengrass, « Thinking with Calvinist Networks », art. cit., p. 10.

16 Si faccia riferimento ai testi citati alla nota 7.

17 Compendio degli editti concernenti i valdesi, 1740, cit. in Augusto Armand-Hugon, Storia dei valdesi. 2 : Dal sinodo di Chanforan all’Emancipazione, Torino, Claudiana, 1974, p. 236‑239. Per uno sguardo storiografico sulla legislazione sabauda, Isidoro Soffietti, « La legislazione sabauda sui valdesi dal 1685 al 1730 », dans A. De Lange, Dall’Europa alle Valli valdesi, op. cit., p. 279-292.

18 Teodoro Balma, « Studenti d’altri tempi (notarella storica) », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 71, aprile 1939, p. 59-68 e Giorgio Tourn, « Studi, esami e consacrazione dei ministri valdesi », Protestantesimo, a. 70, f. 1, 2015, p. 35-56.

19 A titolo esemplificativo, Augusto Armand-Hugon, « Giacomo Marauda, Colonnello dei Valdesi », Bollettino della Società di Studi Valdesi, nn. 100-101, dicembre 1956-maggio 1957, p. 31-53 e 41-61 ; Franco Venturi, « Un pastore valdese illuminista : Jacques Brez », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n° 120, dicembre 1966, p. 63-74 e Cesare G. De Michelis, « Les vaudois et la Russie », Revue des Études Slaves, v. 70, n. 2, 1998, p. 309‑331.

20 Gian Paolo Romagnani, « La presenza valdese », in Aurelio Bernardi et al. (dir.), Il Settecento religioso nel Pinerolese, Pinerolo, Museo Diocesano, 2001, p. 49-69.

21 Paola Bianchi, « Militari, banchieri, studenti : Presenze protestanti nella Torino del Settecento », in Paolo Cozzo, Filippo De Peri, Andrea Merlotti (dir.), Valdesi e protestanti a Torino (xviii-xx secolo), Torino, Silvio Zamorani Editore, 2010, p. 39-63.

22 A titolo d’esempio, Augusto Armand-Hugon, « Vicende italiane ed europee di una famiglia valdese : i Pellegrin », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 113, giugno 1963, p. 65‑93 e Béatrice Appia, « Une famille vaudoise du Piémont du xive au xixe siècle : documents recueillis, présentés et commentés par Béatrice Appia », in Bollettino della Società Valdesi, nn. 126-127, dicembre 1969-giugno 1970, p. 37-61 et 3-39

23 Théophile J. Pons (dir.), « Actes des Synodes des Églises vaudoises 1692-1854 », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 88, 1948, p. 66.

24 C. Clark, M. Ledger-Lomas, « The Protestant International », art. cit., p. 23.

25 Giorgio Spini, Studi sull’evangelismo italiano tra Otto e Novecento, Torino, Claudiana, 1994, p. 49-98 e Domenico Maselli, « Storia della Società Biblica Valdese (1816-1829) », dans Marco Fratini (dir.), Libri, biblioteche e cultura nelle valli valdesi in età moderna, Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 198, 2006, p. 191-211.

26 Étienne Arnal, « Le Comité Vaudois », Bulletin de la Commission de l’Histoire des Églises Wallonnes, s. 4, n. 8, 1936, p. 5-40 ; Id., « Un siècle d’activité. Le Comité Vaudois de 1735 à 1835 », Bulletin de la Commission de l’Histoire des Églises Wallonnes, s. 4, n. 9, 1937, p. 5‑40 ; Marco Battistoni, « Dalle “petites écoles” al “collège” : il sistema scolastico valdese e la rinascita della Scuola latina nel xviii secolo », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 191, dicembre 2002, p. 27-63.

27 Sugiko Nishikawa, « English Relief Activities for Continental Protestants in the Eighteenth Century : Perpetuating Religious Networks in the Age of Reason », dans V. Larminie, Huguenot Networks, cit.

28 Arturo Pascal, « Cenni storici sulla fondazione degli istituti ospedalieri valdesi nell’età risorgimentale (1822-1871) », dans L’assistenza ospitaliera nell’età del Risorgimento, Cirié, Tip. G. Capella, 1962, p. 199-210

29 Giorgio Spini, « Il Glorioso Rimpatrio dei valdesi. Contesto e significato », dans A. De Lange, Dall’Europa alle Valli valdesi, op. cit., p. 13-24 et Id., « Il quadro internazionale », dans Giorgio Spini et al., Il Glorioso rimpatrio dei valdesi. Storia contesto significato, Torino, Claudiana, 1988, p. 9-38 .

30 Non potrebbe essere più esplicito, in tal senso, il giudizio di Soffietti, I. Soffietti, « La legislazione sabauda sui valdesi», art. cit., p. 291.

31 Randolph Vigne, « Richard Hill and the Saving of Liberty of Conscience for the Vaudois », dans Richard Bonney, David J.B. Trim (dir.), The Development fo Pluralism in Modern Britain and France, Bern, Peter Lang, 2007, p. 153-168.

32 Si veda, ad esempio, il ruolo giocato dalla Society for the Promotion of the Christian Knowledge per quanto concerne i sussidi britannici, Sugiko Nishikawa, « The SPCK in Defence of Protestant Minorities in Early Eighteenth-Century Europe », The Journal of Ecclesiastical History, v. 56, n. 4, ottobre 2005, p. 730-748

33 L’istituzione degli ospedali valdesi è al centro della prima parte della mia tesi di dottorato su Le opere sociali della Chiesa valdese, discussa a Torino il 20 novembre 2017.

34 Ma la medesima consapevolezza di poter contare su una rete internazionale si può trovare sfogliando gli atti dei sinodi del secolo precedente, nei quali, a fianco delle questioni riguardanti ciascun differente Stato, Chiesa o comitato protestante, era spesso invocata la loro azione congiunta al fine di garantirsi l’aiuto diplomatico ed economico, T.J. Pons, Actes des Synodes, op. cit. Non è fuori luogo notare che questa edizione degli atti sinodali, pubblicata nel 1948, portava come dedica le seguenti parole : « Aux Églises Wallonnes des Pays Bas, aux bienfaiteurs anglais, à la Suisse hospitalière et toujours charitable, hier comme aujourd’hui. Les vaudois de 1948, recconnaissants», ibid., p. V.

35 Si fa riferimento, ad esempio, al protagonismo dei benefattori anglosassoni per garantire lo sviluppo della società valdese di primo Ottocento, che portò ad ampi contrasti tra il Waldensian Commettee, il Comité vaudois e l’ambasciatore prussiano a Torino, Simone Baral, « Valdesi e protestanti in Piemonte tra Restaurazione ed Emancipazione », dans Marc Ortolani, Christian Sorrel, Karine Deharbe (dir.), États de Savoie, Églises et institutions religieuses des Réformes au Risorgimento, Nice, Serre Editeur, 2017, p. 203‑216.

36 Briéve Confession de Foy, op. cit., p. 115.

37 Giorgio Peyrot, « Influenze franco-ginevrine nella formazione delle discipline ecclesiastiche valdesi alle metà del xvi secolo », in Delio Cantimori et al. (dir.), Ginevra e l’Italia : Raccolta di studi promossa dalla Facoltà di Teologia di Roma, Firenze, G.C. Sansoni, 1959, p. 215-285.

38 Albert De Lange, « Fonti per le relazioni tra Giovanni Calvino e i valdesi », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n. 207, dicembre 2010, p. 3-75.

39 Les Ordonnances Ecclésiastiques faictes par nos très honorés Pères et frères ministres de la parolle de Dieu aux vallées de Luserne, S. Martin, Péroise, Clusun et Marquizat : la devant faictes au synode d’Angrogne 15 septempbre 1663, depuis augmentées et dernièrement conérmées par nos susdits ministres congéges au Villar, vallée de Luserne, ce 18 d’avril 1564. Alors receuillies par Mr Hubert Raymond secretaire et maintenant transcriptes en ce présent livre par moy Pierre Gilles, secretaire l’an 1610 par le commendement du synode, cit. in Jean Jalla, « Synodes vaudois de la Rèformation à l’exil (1536-1686) », Bulletin de la Société d’Histoire Vaudoise, n° 20, aprile 1903, p. 98. Susanna Peyronel-Rambaldi, « I riformatori di lingua francese e “les églises dressées” delle Valli valdesi. Gli anni del silenzio », dans Piercarolo Pazé (dir.), Riformati, cattolici e organizzazioni ecclesiastiche nelle Valli nella seconda metà del Cinquecento. Dai conflitti alla convivenza, Perosa Argentina, LAR, 2015, p. 15-23.

40 Daniele Tron, « La creazione del corpo pastorale valdese e la Ginevra di Calvino », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n° 207, dicembre 2010, p. 77-131.

41 Stefano Tealdo, « La peste del 1630 nel Pinerolese », la beidana. cultura e storia nelle valli valdesi, n° 67, febbraio 2010, p. 2-19 e Daniele Tron, « Il reinsediamento in val Germanasca dopo la Rentrée », dans A. De Lange, Dall’Europa alle Valli valdesi, op. cit., p. 315‑337.

42 Brevi accenni si trovano in É. Arnal, « Un siècle d’activité », art. cit., p. 19-23 ; Augusto Armand-Hugon, « L’illuminismo tra i valdesi », in Studi di letteratura, storia e filosofia in onore di Bruno Revel, Firenze, L.S. Olschki, 1965, p. 15 e Id., Storia dei valdesi, op. cit., p. 234. L’unico a soffermarsi più diffusamente sulla questione, con tono polemico, è un membro dello stesso Comité vaudois, Louis Bresson, « Notice sur le Comité wallon pour les affaires vaudoises », Bulletin de la Commission de l’Histoire des Églises Wallonnes, s. 1, t. V, 1892, p. 270-280.

43 A. Armand-Hugon, « L’illuminismo tra i valdesi », art. cit., p. 13-29 ; Giorgio Tourn, « Tra illuminismo e romanticismo », Protestantesimo, a. 54, f. 1, 1999, p. 3-22 e Gian Paolo Romagnani, « Il mondo valdese e l’illuminismo. Dall’ortodossia razionale alla teofilantropia », dans Giulia Cantarutti, Stefano Ferrari (dir.), Illuminismo e Protestantesimo, Milano, FrancoAngeli, 2010, p. 27-41.

44 Valdo Vinay, Le confessioni di fede dei valdesi riformati, Torino, Claudiana, 1975 ; Daniele Tron, « Indagini sulla Confessione di fede valdese del 1655. Una messa a punto su cronologia e luoghi di stampa delle varie versioni (una tra le quali sconosciuta sin qui) ; con ipotesi sull’ambiente di elaborazione del testo, ed un’edizione critica bilingue del medesimo», Bollettino della Società di Studi Valdesi, n° 183, dicembre 1998, p. 3-44 e Emidio Campi, « Brieve Confession de foy des Eglises Reformees de Piemont (1655), samt italienischer zeitgenössischer Übersetzung », in Andreas Mühling et al. (dir.), Reformierte Bekenntnisschriften, vol. 3/2 (1605-1675), Neukirchen-Vluyn, Neukirchener, 2016, p. 373‑405.

45 G. Tourn, « Studi, esami e consacrazioni », art. cit.

46 G.P. Romagnani, « Il mondo valdese e l’illuminismo », art. cit.

47 Archivio della Tavola Valdese, s. 5 Corrispondenza, ss. 2 Lettere inviate, 0, Jean Puy, Confession de foy approuvé en 1767, 23 gennaio 2767.

48 L. Bresson, « Notice sur le Comité wallon», art. cit., p. 275.

49 Simone Baral, « “Le Roi aime les Vallées, et il a appris que vous les troublez”. La dissidence réveillée aux vallées vaudoises entre églises, autorités civiles et État (1825-1839) », dans Yves Krumenacker, Noémie Recous (dir.), Définir l’hétérodoxie dans le Protestantisme, entre églises et états (xvie-xviiie siècles), Paris, Garnier, in via di pubblicazione (2019).

50 Stefano Villani, « Anglican Liturgy as a Model for the Italian Church ? The Italian Translation of the Book of Common Prayer by George Frederick Nott in 1831 and its Re-edition in 1850 », dans Rémy Bethmont, Aude de Mezerac-Zanetti (dir.), The Book of Common Prayer : Studies in Religious Transfer, Revue Française de Civilisation Britannique, v. 22, f. 1, 2017.

51 Franco Giampiccoli, J. Charles Beckwith : il Generale dei valdesi (1782-1862), Torino, Claudiana, 2012.

52 Archivio della Tavola Valdese, s. 5 Corrispondenza, ss. 1 Lettere ricevute, 6, Lettera di C.J. Beckwith a J.P. Bonjour, Paris, 20 settembre 1838.

53 A proposito dell’operato del Lord Protettore, Trim ha sostenuto che « He aided the Vaudois partly because they were co-religionists and his “own Interest [was] one and the same with the Universal Interest of the Evangelical Churches”, but partly because he was genuinely outraged by the actions of the Duke of Savoy’s government, which had violated “the honest Maximes of Humane Policy”. […] In sum, Cromwell’s actions in 1655 can accurately be described as a humanitarian intervention », D.J.B. Trim, « “If a prince use tyrannie », art. cit., p. 64. Analoga lettura era stata proposta da precedenti studi, cf. G. Spini, « Lo scenario internazionale », art. cit ; Id. e Rudolph Vigne, « “Avenge, O Lord, Thy Slaughtered Saints”. Cromwell’s Intervention on Behalf of the Vaudois », Proceedings of the Huguenot Society of London, v. XXIV, n° 1, 1983, p. 10-25.

54 Briéve Confession de Foy, op. cit.

55 Stephen J. Barnett, « When was your Church before Luther ? Claims for the Antiquity of Protestantism Examined », Church History, v. 68, n° 1, mars 1999, p. 14-41 ; Yves Krumenacker, Wenjing Wang, « Cathares, vaudois, hussites, ancêtres de la réforme ? », in Yves Krumenacker (dir.), Les anniversaires de la Réforme, Chrétiens et Sociétés. xvie-xxie siècles, n° 23, 2016, p. 133-162, [En ligne : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/chretiens
societes/4108]
e Jameson Tucker, The Construction of Reformed Identity in Jean Crespin’s Livre des Martyrs, New York, Routledge, 2017, p. 66-119.

56 Martino Laurenti, « “Les Vrays Vaudois Originaires” : La nascita dell’identità valligiana nelle comunità valdesi del Piemonte seicentesco », dans Susanna Peyronel Rambaldi (dir.), Identità valdesi tra passato e presente, Bollettino della Società di Studi Valdesi, n° 219, dicembre 2016, p. 105-132.

57 Gerolamo Miolo, Historia breve e vera de gl’affari de i valdesi delle valli, a cura di Enea Balmas, Torino, Claudiana, 1971.

58 Laura Ronchi De Michelis, « Miolo, Gerolamo », dans Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Treccani, vol. 74, 2010.

59 Oltre al ruolo del già citato Beckwith, di grande occorre ricordare l’attività di William Stephen Gilly e di Thomas Sims, Hugh Norwood, William Stephen Gilly : An extraordinary busy life, a cura di Nicholas Groves, Norwich, Lasse Press, 2014 e Stefano Villani, « Dal Galles alle Valli : Thomas Sims (1785-1864) e la riscoperta britannica dei valdesi », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n° 215, dicembre 2014, p. 103-171.

60 John Pinnington, « La scoperta dei valdesi da parte degli anglicani. The Waldensian Syndrom of the Evangelical Succession », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n° 126, dicembre 1969, p. 63-73.

61 J. Léger, Histoire générale, op. cit.

62 David J.B. Trim, « “If a prince use tyrannie towards his people” : interventions on behalf of foreign populations in early modern Europe », dans Brendan Simms, David J.B. Trim (dir.), Humanitarian Intervention. A history, Cambridge, Cambridge University Press, 2011, p. 56.

63 Henri Arnaud, Histoire de la Glorieuse Rentrée des Vaudois dans leurs valées, 1710.

64 Alexis Muston, L’Israël des Alpes : première histoire complète des vaudois du Piémont et de leurs colonies, Paris, Marc Ducloux, 1851, 4 vol. 

65 Patrick Cabanel, « Alexis Muston, historien, poète, diariste », dans Alexis Muston, Journal. vol. 1, 1825-1850, Fontaine, Presses Universitaires de Grenoble, 2018, p. 9-57.

66 Peter Meadows, « Libri inglesi sui Valdesi (1750-1900) : Bibliografia annotata », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n° 166, giugno 1990, p. 73-85.

67 Archivio della Società di Studi Valdesi, Carte famiglia Appia, 19, Lettere di Paul Appia (Francoforte) a Michel Pellegrin (Harleem), 1815-1826, Lettera di P. Appia a M. Pellegrin, Paris, 6 febbraio 1826.

68 Jacques Brez, Histoire des Vaudois, ou des habitans des vallées occidentales du Piémont, qui ont conservé le christianisme dans toute sa pureté, et à travers plus de trente persécutions, depuis le commencement de son existence jusqu’à nos jours, sans avoir participé à aucune réforme, Paris, Leclerc, 1796, 2 voll.

69 F. Venturi, « Un pastore valdese illuminista », art. cit. ; Id. e Marco Baltieri, « Dalla teologia naturale al tempo storico : la breve vita di Jacques Brez », La beidana. cultura e storia nelle valli valdesi, n° 12, marzo 1990, p. 5-13.

70 Bresson, « Notice sur le Comité wallon », art. cit., p. 276.

71 Giorgio Tourn (éd.), Viaggiatori britannici alle Valli valdesi (1753-1899), Torino, Claudiana, 1994.

72 Si veda a proposito il recente intervento di Marco Fratini su Viaggiatori inglesi nelle Valli valdesi alla scoperta di “luoghi storici”, nel contesto del convegno internazionale Auf den Spuren der Hugenotten und Waldenser, Ötisheim-Schönenberg, 5-6 ottobre 2018.

73 Oltre che nei récits de voyage scritti dai viaggiatori britannici (G. Tourn, Viaggiatori britannici, op. cit.), tracce di questa pratica si trovano anche nei diari del giovane Alexis Muston : « Une amie de ma mère […] vient nous voir avec une des ses nièces ou cousines de Genève, qui a lu l’histoire des vaudois de Boyer, La Rentrée d’Arnaud et désire visiter les sites mentionnés par eux comme ayant servi de théatre aux scènes historiques qu’ils décrivent. Je suis naturellement désigné pour lui servir de guide », A. Muston, Journal, op.cit., p. 79.

74 Daniele Jalla, « Il Bars d’la Taiola : storia di un luogo di memoria », Bollettino della Società di Studi Valdesi, n° 203, dicembre 2008, p. 99-131.

75 Bibliothèque de Genève, Papier de la Famille Bert, s. 2, Ms. fr. 8282/5 Correspondance 1840-1842, Lettera di C.J. Beckwith a A. Bert, La Tour, 9 marzo 1842.

76 La letteratura sull’emancipazione valdese è molto abbondante ; tra i contributi più recenti, Francesco Spano, « La “rivoluzione discreta”. A centosessant’anni dalle “Lettere Patenti” », Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n° 1, aprile 2009, p. 219-232 e Silvia Cavicchioli, « L’emancipazione degli ebrei e dei valdesi nel Piemonte del Risorgimento », in La laicità nel Risorgimento italiano, Quaderni laici, n° 4/5, 2011, p. 147-164.

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Pour citer cet article

Référence papier

Simone Baral, « Le chiese valdesi e l’Internazionale protestante (xvi-xix secolo) »Chrétiens et sociétés, 25 | -1, 85-101.

Référence électronique

Simone Baral, « Le chiese valdesi e l’Internazionale protestante (xvi-xix secolo) »Chrétiens et sociétés [En ligne], 25 | 2018, mis en ligne le 07 mai 2019, consulté le 08 février 2025. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/chretienssocietes/4470 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/chretienssocietes.4470

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Auteur

Simone Baral

Università degli Studi di Torino

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