Gli anni ottanta allo specchio un percorso bibliografico
Texte intégral
- 1 Si veda rispettivamente: A. Arbasino, Fantasmi italiani, Roma, Cooperativa Scrittori, 1977. Il pamp (...)
- 2 Si veda in particolare, in riferimento alla critica alle ideologie progressiste intrecciata alla sa (...)
- 3 Consultare A. Arbasino, La caduta dei tiranni, Palermo, Sellerio, 1990, p. 24.
1La selezione di un punto prospettico per inquadrare trasformazioni, continuità e discontinuità degli anni Ottanta, assume un rilevante valore simbolico in relazione ai criteri che informano la periodizzazione storico-letteraria. Non sarà pertanto priva di significato, né immune da implicazioni ideologiche intimamente collegate al tempo dell’interpretazione e alle sue procedure ermeneutiche, la sostituzione di due momenti a lungo ritenuti indicativi di una svolta – Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli e Il nome della rosa di Umberto Eco – con un testo di diversa caratura, Un paese senza (1980) di Alberto Arbasino, una forma spuria (tra corsivo giornalistico e satira di costume) immersa nel divenire dei linguaggi strumentali e settoriali, allineata con infinite nuances parodiche su una prospettiva incline all’engagement, ed erede di una tradizione dell’avanguardia novecentesca, dall’espressivismo al pastiche, sapientemente decostruita. Gli anni Ottanta hanno inizio con un libro che mette in scena sarcasticamente la morte dell’ideologia: lo zibaldone di Arbasino è un caustico diario di note e riflessioni sull’Italia del compromesso storico in forma di congedo da “un decennio poco amato” – gli anni di piombo e l’onda lunga della contestazione – che chiude idealmente la trilogia iniziata con Fantasmi italiani (1977) e proseguita con il pamphlet sul caso Moro, In Questo Stato (1978), ristampato nel 2008 nella ricorrenza del trentennale della morte del leader democristiano1. All’origine dell’invenzione linguistica arbasiniana possono ritrovarsi esperienze e modelli del tempo del «Mondo» di Pannunzio, officina giornalistico-letteraria dalla quale era germogliata la satira di Ennio Flaiano, ma anche coeve influenze provenienti dalle punte più avanzate del new journalism alla Tom Wolfe, i cui scritti vengono non a caso tradotti in Italia per Feltrinelli a partire dal 19692. Sarà lo stesso Arbasino, dieci anni dopo, a scrivere le pagine più attuali sul crollo del Muro di Berlino. La caduta dei tiranni, pubblicato da Sellerio nel 1990, riprende moduli e strumenti della “diaristica di testimonianza” per raccontare la crisi agonica del comunismo («“Loro stanno benissimo, lì. Loro sono contenti così!” Quante volte ce lo siamo sentito ripetere, per decenni, dagli italiani e italiane di saccenteria più proterva, a proposito degli ingabbiati che osservavamo oltre il Muro»)3.
- 4 Il romanzo di Wolfe appare in Italia da Mondadori nel 1987.
- 5 Nel corso degli anni Ottanta si segnalano alcune fortunate traduzioni dei racconti di Carver: Catte (...)
- 6 I primi libri di Silvia Ballestra e di Pino Cacucci vengono immediatamente rilevati da Mondadori, c (...)
- 7 Si indicano di seguito le prime edizioni italiane delle opere di Ian McEwan sopra ricordate: Primo (...)
2Se Tom Wolfe, in The Bonfire of the Vanities (1987)4, ha raccontato con graffiante umorismo fasti e decadenza dell’era reaganiana, i narratori italiani della nuova generazione sembrano guardare soprattutto ad altre esperienze, più intimamente realistiche, impiantate sul terreno della quotidianità. L’effetto-Carver, destinato a durare ancora nel decennio successivo5, permea le storie brevi di Claudio Piersanti (classe 1954), in particolare la notevole raccolta di racconti L’amore degli adulti (1989), analitica e minuziosa decantazione del disincanto attraverso personaggi afasici, sul limite di un’esistenza priva di intensità, reduci di un passato bruciato troppo rapidamente per lasciare traccia di sé. Ancora sull’onda dell’effetto-Carver è da registrare la fortuna di un film di Robert Altman, America Oggi (Short Cuts), vincitore del Leone d’oro alla cinquantesima mostra del cinema di Venezia. A questo modello strutturale si rivolge il marchigiano Angelo Ferracuti, con un romanzo policentrico, a intreccio di narrazioni, Attenti al cane (1999), dove le geometrie suburbane e le evanescenze fantastiche della provincia adriatica vengono rappresentate con asprezza polemica. Una postmodernità desertificata, anaffettiva, dilaniata dal senso immanente di una colpa remota e inattingibile, ispira invece gli otto bellissimi racconti di Questo è il giardino (1993), del padovano Giulio Mozzi, forse il più promettente dei Tondelli-Boys, con Silvia Balestra (Il compleanno dell’Iguana e La guerra degli Antò, lanciati da Transeuropa rispettivamente nel ‘91 e nel ‘92). Un esordio di particolare interesse è quello di Pino Cacucci (classe 1955): Outland rock (1988) e Puerto Escondido (1990), da cui Gabriele Salvatores ha tratto un film interpretato da Diego Abatantuono, Claudio Bisio e Valeria Golino6. Occorre peraltro sottolineare che in Piersanti, e molto di più in Mozzi, nella durezza psicotica di certe psicologie di adolescenti, è verificabile l’influenza di Ian McEwan, i cui racconti e romanzi – First Love, Last Rites (1976), The Cement Garden (1978), The Comfort of Strangers (1981), The Child in Time (1987) – si impongono nel corso del decennio all’attenzione del pubblico e della critica italiana attraverso una sistematica opera di traduzione7.
- 8 Si veda G. Iacoli, « Le Nuove generazioni narrative », in La letteratura italiana diretta da Ezio R (...)
- 9 Su Tondelli si veda: R. Carnero, Lo spazio emozionale. Guida alla lettura di Pier Vittorio Tondelli(...)
- 10 Si veda la sezione Narrativa redatta da Luigi Matt, in Modernità italiana. Cultura, lingua e letter (...)
3Come è stato giustamente ricordato, sia l’esordio narrativo di Celati, «con il suo monologo clownesco e dialettale di raccontare intitolato Comiche (1971)», sia quello di Daniele Del Giudice, con il romanzo Lo stadio di Wimbledon (1983), «si sono potuti fregiare di un commento di Calvino»8. In entrambi i casi, dunque, è Calvino a battezzare la nuova prosa narrativa, e sarà ancora l’autore delle Lezioni americane a disegnare un percorso di attraversamento del postmoderno senza abdicare ai fondamenti umanistici e alla dimensione formale-conoscitiva della letteratura. Nel corso degli anni Ottanta l’effetto-Celati sembra diramarsi tanto nel «sound del linguaggio parlato» del Tondelli di Altri libertini (1980)9, come nel Poema dei lunatici (1987) di Ermanno Cavazzoni, che richiama la voce narrante falotica, il parlato idiosincratico, il grottesco dormiveglia lunare delle Avventure di Guizzardi (1972). Ad un ricco sostrato espressivo si ricollegano le Cròniche epafániche (1989) di Francesco Guccini. Il largo impiego di «elementi della parlata di Pavana (tra dialetto e italiano regionale) è indispensabile alla rappresentazione del paese in cui l’autore è cresciuto»10, screziata da effetti tipici del racconto orale mescidati in un sorvegliato di ironia e nostalgia.
4L’ingresso nella postmodernità determina un alleggerimento delle strutture linguistiche, una perdita di gravità dei luoghi e degli spazi. Con Narratori delle pianure (1985) Celati sperimenta un netto cambiamento di registro, passando dalla crudezza comico-grottesca di Guizzardi ai racconti anonimi e minimali del grande fiume, nell’alveo di una scrittura fluida, una voce appena sonora segnata dall’«accettazione interiore del paesaggio quotidiano in ciò che meno sembrerebbe stimolare la nostra immaginazione» (Calvino), una sorda leggerezza che conduce a soluzioni di minimalismo stilistico e strutturale appoggiate su esili arcate sintattiche e una base lessicale estremamente prosciugata.
- 11 La citazione è tratta da P. V. Tondelli, Un weekend postmoderno [1990], Milano, Bompiani, 2005, p. (...)
5Nel corso del decennio le tre antologie tondelliane portano alla luce linguaggi, codici, culture e stili narrativi caratterizzati dalla plasticità, dalla capacità di annettere territori inediti e di stringere legami osmotici con arti e linguaggi affini – la testualità musicale, le canzoni, il fumetto, l’immaginario cinematografico irrorato dalla paraletteratura e dai generi di consumo (science-fiction, horror, noir) –, mentre tende a sciogliersi, fino a diluirsi del tutto, il legame e il senso di continuità della tradizione letteraria nazionale o internazionale. Fin dai titoli – Giovani Blues (1986), Belli & perversi (1988), Papergang (1990) – l’eclettismo tondelliano spinge alla superficie ed esalta il sincretismo implicito nella visione estetica del postmoderno, in particolare in Italia dove si lega alla definitiva cancellazione degli apparati ideologici. In margine alla lettura e alla discussione sui racconti antologizzati, lo scrittore di Correggio sottolineava la «quasi totale mancanza di esperienze devianti, di racconti di emarginazione, di droga», ricavandone l’incipiente eclisse della « cultura metropolitana »11. Metropolitana era stata la cultura del rock, le ballate di Lou Reed, Mick Jagger e Andrea Pazienza, il movimento del settantasette e molto altro.
6Forse più effimera, ma significativa sul piano del costume letterario, è la fortuna del romanzo post-minimalista Bright Lights, Big City dello scrittore statunitense Jay McInerney (la traduzione italiana, curata per Bompiani da Marisa Caramella, appare nel 1986), che realizza anche la sceneggiatura del film diretto da James Bridges nell’88. Sul piano del costume, oltre che di uno specifico letterario alternato con momenti di sapiente esposizione mediatica, agisce Aldo Busi al suo esordio con Seminario sulla gioventù (1984), seguito da Vita standard di un venditore provvisorio di collant (1985) e Sodomie in corpo 11 (1988). La cronaca culturale registra alla fine del decennio il caso di Lara Cardella, Volevo i pantaloni (1989), mentre presentano caratteristiche più accentuate di durata e continuità gli esordi di Marco Lodoli, vincitore del Premio Mondello nel 1986 con Diario di un millennio che fugge, che rimanda all’idea di scrittura come repertorio formale continuamente riattualizzabile in assenza di storicità (una modalità compositiva abilmente elaborata da Alessandro Baricco); e di Andrea De Carlo, con cinque romanzi in rapida successione – Treno di Panna (1981), Uccelli da gabbia e da voliera (1982), Macno (1984), Yucatan (1986) e soprattutto Due di due (1989) – che gli garantiscono una riconoscibilità editoriale difficilmente riscontrabile in altri scrittori italiani del periodo.
- 12 La nota trasmissione televisiva condotta da Enzo Tortora, uno dei programmi più seguiti e innovativ (...)
- 13 Si veda G. Bocca, «In quel Far West chiamato Milano scorre un fiume di tele-dollari», la Repubblica(...)
7In equilibrio instabile tra eclettismo e kitsch, sul piano dei comportamenti sociali il decennio registra l’emersione del “prato basso italiano”, di cui parla Carlo Freccero intervistato da Giorgio Bocca. È il prato di Portobello12, «degli spettacoli a premi, partecipati, della gente che parte in pullman dalla provincia per i suoi pellegrinaggi laici, non più ai santuari per chiedere la grazia alla Madonna, ma ai teatri televisivi dove si celebra il dio denaro». I portavoce maieutici del prato basso italiano si chiamano Mike, Pippo, Corrado, mentre le praterie della nuova tv commerciale sono colonizzate da prodotti americani seriali seguiti da milioni di telespettatori. È lo stesso Giorgio Bocca a raccontare retroscena, protagonisti e ambienti, ancora poco noti, del selvaggio west della tv commerciali, il cui impetuoso sviluppo rinnova agenti e pratiche imprenditoriali nella Milano da bere degli anni Ottanta: «Reti di un solo proprietario contro reti di affiliati, come i contadini e i mandriani del West, per disputarsi l’immensa prateria televisiva, le grasse mandrie pubblicitarie da condurre al santo macello, con lotta all’ultimo sangue, ossessiva, grottesca, per l’audience, l’ascolto pagato con cifre enormi, non sai mai se autentiche o gonfiate: programmi per 500 miliardi e 2.000 titoli nei magazzini di Canale 5 e di Rete 4, Dallas contro Dynasty, quanto a dire serial da un miliardo a puntata, per la produzione, comperati prima a 24 mila dollari a puntata e poi, a forza di rilanci, a 100.000 dollari. E dietro a valanga Flamingo road, Falcon crest, Magnum sino alle vette di Uccelli di rovo e di Venti di guerra in quella euforia, un po’ irresponsabile, che vi prende nei casinò o nel salone delle grida alla Borsa, dicono due miliardi a testa per film come l’Ufficiale e gentiluomo e Rambo e sicuramente mezzo miliardo per qualsiasi filmetto pornodialettal-comico.»13
- 14 Per una visione generale dell’opera di Biamonti si rinvia a G. Cavallini, L’uomo delle mimose. Sei (...)
- 15 L’audacia del mitografo consiste essenzialmente, scrive Griffin, nella sua adesione alla materia tr (...)
- 16 Tabucchi, scrive ancora Giuliani, «è ugualmente attratto dal racconto come avventura e formula di e (...)
8Come reazione alla trivializzazione della cultura televisiva la letteratura sembra impegnata a circoscrivere un autonomo e appartato spazio stilistico-formale marcato dal recupero di forti valori timbrici. Emblematico di questa inchiesta sulle ragioni della letteratura – valida tanto sul piano di una ricerca che ha interiorizzato e filtrato la lezione delle avanguardie europee, quanto su quello di un ritorno a moduli e schemi della tradizione del Novecento – è il già ricordato esordio di Daniele Del Giudice, Lo stadio di Wimbledon (1983), ma il recupero di esperienze formali e stilistiche intensamente meditate accomuna autori tra loro diversi per poetica e orizzonti, come Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore (1981); Vincenzo Consolo, Lunaria (1985), Retablo (1987), Le pietre di Pantalica (1988); Fleur Jaeggy, I beati anni del castigo (1989); gli importanti esordi di Michele Mari, Di bestia in bestia (1989), e di Paola Capriolo con La grande Eulalia (1989); Francesco Biamonti14, L’angelo di Avrigue, primo tassello di una tetralogia intarsiata sulla risonanza lirico-magica del paesaggio ligure e della frontiera. Una vena di ricchissima erudizione, capace di scandagliare gli strati archeologici e fantastici del mito, informa i libri di Roberto Calasso, La rovina di Kasch (1983) e soprattutto Le nozze di Cadmo e Armonia (1989). Secondo Jasper Griffin il libro di Calasso rappresenta, almeno in parte, una versione moderna delle Metamorfosi di Ovidio nel solco di una tradizione non specialistica di creative writing che annovera autori come Charles Kingsley, Robert Graves e James Frazer. Secondo il recensore, Calasso svolge «an exposition and explanation of Greek myth from within its own world»; lo scrittore italiano «enters into that world and writes as a creative mythographer, learned but also daring»15. Al campo fenomenologico dell’ipertrofia del letterario, in un’accezione dichiaratamente orfica e neodannunziana, appartiene la fluente produzione narrativa di Giuseppe Conte con i romanzi Primavera incendiata (1980) e Equinozio d’autunno (1987). Una parabola appartata ma chiaramente riconoscibile è quella di Antonio Tabucchi, presente alla metà del decennio con due brevi ed eleganti raccolte di testi brevi: Notturno indiano (1984), «un libretto deliziosamente elusivo e allarmato» che metteva in scena «un viaggio alla presunta ricerca del proprio doppio», come nota su la Repubblica Alfredo Giuliani; e Piccoli equivoci senza importanza (1985), dove si fa più esplicita la cifra dell’allusione e della contaminazione16.
- 17 Consultare A. Baldacci, Andrea Zanzotto. La passione della poesia, Napoli, Liguori, 2010, p. 26.
- 18 Si veda A. Afribo, Poesia, in Modernità italiana, a cura di Andrea Afribo e Emanuele Zinato, op. ci (...)
9Per quel che riguarda l’evoluzione del sistema poetico, il rifiuto della stagione degli sperimentalismi emblematicamente prospettato da un’antologia come La parola innamorata (1978), curata da Enzo Di Mauro e Giancarlo Pontiggia, apre la strada per esperienze linguistiche lussureggianti come L’ultimo aprile bianco (1978) e Le stagioni (1988) di Giuseppe Conte, di cui sono stati precedentemente ricordati i romanzi. Nella prima metà del decennio si compie il disegno della trilogia zanzottiana (il cui inizio è segnato nel 1978 da Il galateo in bosco) con Fosfeni (1983) e Idioma (1986). In particolare in Idioma «la poesia ritorna al proprio nido, nel cerchio di Soligo, nel suo microcosmo originario, in una quotidianità di persone, ricordi e storie minime che risucchiano al proprio interno i destini generali di un tempo segnato da stravolgimenti culturali e ambientali catastrofici»17. Un evento significativo è anche il ritorno di Alda Merini, dopo una lunga lontananza legata alla malattia mentale, con La Terra Santa (1984), il libro di versi che costituisce probabilmente il punto più alto della sua parabola espressiva. Come è stato giustamente osservato i libri di poesia degli anni Ottanta sono più “poetici”, rispecchiano una maggiore preoccupazione per la forma, per la parola accuratamente trascelta, puntano al recupero della tradizione come ad uno spazio riparato dai traumi della storia. «Quasi simbolico della discontinuità con il decennio precedente è Ora serrata retinae di Valerio Magrelli», dove le «ricorrenti immagini della quiete e del silenzio si correlano […] a quelle, altrettanto frequenti, del calcolo, della cura, della misura e della chiarezza, dell’ordine – di un ordine persino geometrico»18.
- 19 In un’intervista a Flavia Frisanti, Enrico Palandri ha infatti raccontato che «Boccalone è stato sc (...)
10Sul filo di un confronto non interrotto con il decennio precedente, reso parzialmente inaccessibile da vigorosi processi di rimozione, si collocano con diverse modalità narrative e con prospettive ideologiche differenziate i romanzi del Palandri post-Boccalone19; e in maniera umoristica e filtrata lo scenario postapocalittico di Terra (1983), il primo romanzo di Stefano Benni ricco di riferimenti a tematiche ambientali proiettate dall’evoluzione dei movimenti degli anni Settanta (continua però anche il filone graffiante della satira, con Il ritorno del Benni furioso, 1986). Più direttamente il ripensamento della lunga fase della contestazione, la crisi della militanza e la catastrofe degli anni di piombo trovano espressione nelle narrazioni di Nanni Balestrini, e in particolare nel romanzo Gli invisibili (1987).
11Ripercorre nuove frontiere geopolitiche intrise di antiche identità Claudio Magris con Danubio (1986), un romanzo di viaggio e di esplorazione della Mitteleuropea, dalle sorgenti alle foci del grande fiume, fittissimo di incontri curiosi, descrizioni, citazioni e riferimenti a luoghi e personaggi della storia e della letteratura. Conferma la sua centralità istituzionale il Premio Strega, apportatore di una continuità di valori letterari centrati sulle linee della prosa saggistica e sulla predilezione per le restaurate architetture del romanzo storico. Si tratta di un fenomeno ampiamente attestato, come risulta dalla rosa di vincitori che, se allargata ad altri prestigiosi premi come Viareggio e Campiello, nell’arco del decennio registra le affermazioni di Mario Pomilio (Il Natale 1833, Premio Strega 1983), Maria Bellonci (Rinascimento privato, Premio Strega 1986), Dacia Maraini (La lunga vita di Marianna Ucrìa, Premio Campiello 1990). Esiti e formule stilistiche apparentate anche con altre soluzioni, di taglio saggistico e saggistico-narrativo, come nei casi di Enzo Siciliano (La principessa e l’antiquario, Premio Viareggio 1981), Pietro Citati (Tolstoj, Premio Strega 1984), Sebastiano Vassalli, La chimera (Premio Strega 1990). Inutile insistere, invece, sul fenomeno Eco, Il nome della rosa (Premio Strega 1981), indicato da molti come capostipite del postmoderno italiano.
12Una lettura comparativa delle selezioni operate da Strega, Viareggio e Campiello, evidenzierà qualche punto di sovrapposizione e, più in generale, una comune tendenza a scartare le soluzioni espressive estreme, sull’onda di un generale ritorno a collaudate convenzioni di genere. Si veda, a riprova della volontà di ripristinare una leggibilità più piana e distesa, l’albo dei vincitori del Premio Strega dal 1980 al 1990: Vittorio Gorresio, La vita ingenua (1980); Umberto Eco, Il Nome della rosa (1981); Goffredo Parise, Il sillabario n. 2 (1982); Mario Pomilio, Il Natale 1833 (1983); Pietro Citati, Tolstoj (1984); Carlo Sgorlon, L’armata dei fiumi perduti (1985); Maria Bellonci, Rinascimento privato (1986); Stanislao Nievo, Le isole del paradiso (1987); Gesualdo Bufalino, Le menzogne della notte (1988); Giuseppe Pontiggia, La grande sera (1989); Sebastiano Vassalli, La chimera (1990).
13Un analogo movimento di ritorno verso precise codificazioni stilistiche, che premiano l’autonomia dello spazio letterario, si consolida nel corso degli anni Ottanta anche nella selezione operata dal Viareggio, come si ricava dall’elenco dei vincitori: Stefano Terra, Le porte di ferro (1980); Enzo Siciliano, La principessa e l’antiquario (1981); Primo Levi con Se non ora, quando? (1982); Giuliana Morandini, Caffè Specchi (1983); Gina Lagorio, Tosca dei gatti (1984); Manlio Cancogni, Quella strana felicità (1985); Marisa Volpi, Il maestro della betulla (1986); Mario Spinella, Lettera da Kupjansk (1987); Rosetta Loy, Le strade di polvere (1988); Salvatore Mannuzzu, Procedura (1989); Luisa Adorno, Arco di luminara (1990). E sarà utile, infine, per un orientamento generale sulla produzione del decennio, estendere lo sguardo alla selezione dei vincitori del Premio Campiello, in linea con le considerazioni precedentemente svolte: Giovanni Arpino, Il fratello italiano (1980); Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore (1981); Primo Levi, Se non ora, quando? (1982); Carlo Sgorlon, La conchiglia di Anataj (1983); Pasquale Festa Campanile, Per amore, solo per amore (1984); Mario Biondi, Gli occhi di una donna (1985); Alberto Onagro, La partita (1986); Raffaele Nigro, I fuochi del Basento (1987); Rosetta Loy, La strada di povere (1988); Francesca Duranti, Effetti personali (1989); Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna Ucrìa (1990).
- 20 Si veda A. Asor Rosa, «Se un albero parlasse a primavera», la Repubblica, 2 agosto 1988. Asor Rosa (...)
14All’inizio del nuovo decennio, nel venticinquesimo rapporto sulla situazione sociale del paese (1991) del Censis era messo in evidenza un atteggiamento di sfiducia aggressiva – il rapporto parla di «demone della decostruzione» – che si sostituiva al quasi cronicizzato disincanto verso le istituzioni, la politica, lo Stato. Un risentimento collettivo che sarebbe esploso di lì a poco con le vicende di Mani Pulite in una diffusa ventata giustizialista e antipolitica, cronicizzandosi a sua volta nelle pieghe profonde della società italiana. Ma prima di chiudersi, gli anni Ottanta devono registrare alcuni dolorosi congedi, che formano come un’eredità e una base per la letteratura del nuovo millennio. Appaiono accomunate dal tema della memoria, e ancora più dall’angoscia dell’oblio, le ultima riflessione di Leonardo Sciascia e di Primo Levi. Poco prima della morte Sciascia assembla i materiali di un libro, A futura memoria, dove sono raccolti articoli e interventi giornalistici nel segno di una ininterrotta continuità di passioni politiche e civili. In questi scritti d’occasione, legati alla contingenza della battaglia politica e dello scontro polemico, talvolta aspro, sui temi della giustizia e della lotta alla mafia, sono riverberati gli echi di una cronaca che scorre drammaticamente lungo la dorsale di un decennio: il caso Tortora, il processo Sofri, la polemica con Scalfari sui “professionisti dell’antimafia”, la misteriosa morte di Roberto Calvi, l’assassinio del generale Dalla Chiesa, la scomparsa di Renato Candida, l’ufficiale dei carabinieri a cui era ispirata la figura del capitano Bellodi nel Giorno della civetta. Ma è soprattutto nel breve romanzo Il cavaliere e la morte (1988), la sua penultima opera, che lo scrittore siciliano incide, come in una minuziosa filigrana, l’oscura metafora del potere che strozza la storia italiana. Su una scala tragica che investe l’intero corso del Novecento è proiettata invece l’ultima riflessione di Primo Levi, I sommersi e i salvati (1986), analitica meditazione sul campo di concentramento e sulla “zona grigia”. La pienezza di senso e la continuità della tradizione umanistica in un mondo che cambia sono l’ultima eredità di Calvino. Nel maggio del 1986 appare presso Garzanti Sotto il sole giaguaro, dove sono riuniti tre racconti – precedentemente pubblicati fra il 1972 e il 1984 in stesure integrali o parziali – che avrebbero dovuto trovare collocazione in una architettura narrativa, rimasta incompiuta, sui cinque sensi. Le postume Lezioni americane (1988) indicano infine la strada della ricerca letteraria a venire, segnano una direzione, delimitano i sentieri da percorrere. Asor Rosa ha parlato di un classicismo di Calvino, «che consiste in un certo modo di rapportarsi dello scrittore all'essere del mondo»20 e che si identifica con la razionalità ordinatrice dei segni e dell’esperienza propria della letteratura.
Notes
1 Si veda rispettivamente: A. Arbasino, Fantasmi italiani, Roma, Cooperativa Scrittori, 1977. Il pamphlet sul caso Moro, In questo Stato, Milano, Garzanti, 1978, è stato parzialmente riproposto in A. Arbasino, Paesaggi italiani con zombi, Milano, Adelphi, 1995, pp. 107-150. In seguito è stato nuovamente pubblicato, in versione integrale con alcune variazioni, nel trentennale della morte di Moro (Milano, Garzanti, 2008). Per una ricognizione sui contenuti ideologici e sulle varianti introdotte dall’aggiornamento del testo nell’ultima edizione, sia consentito rimandare a U. Perolino, Arbasino e il caso Moro (1978-2008), in C. Serafini (a cura di), Parola di scrittore. Letteratura e giornalismo nel Novecento, Roma, Bulzoni, 2011, pp. 635-644.
2 Si veda in particolare, in riferimento alla critica alle ideologie progressiste intrecciata alla satira di costume: T. Wolfe, Radical Chic & Mau-Mauing the Flak Catchers (New York, 1970), tradotto in italiano da Floriana Bossi con il titolo Lo chic radicale (Milano, Rusconi, 1973).
3 Consultare A. Arbasino, La caduta dei tiranni, Palermo, Sellerio, 1990, p. 24.
4 Il romanzo di Wolfe appare in Italia da Mondadori nel 1987.
5 Nel corso degli anni Ottanta si segnalano alcune fortunate traduzioni dei racconti di Carver: Cattedrale, traduzione di Francesco Franconeri, Milano, Mondadori, 1984; Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, postfazione di Fernanda Pivano, Milano, CDE, 1987; Chi ha usato questo letto, traduzione di Riccardo Duranti, Milano, Garzanti, 1990.
6 I primi libri di Silvia Ballestra e di Pino Cacucci vengono immediatamente rilevati da Mondadori, che li ripropone ad un pubblico più vasto.
7 Si indicano di seguito le prime edizioni italiane delle opere di Ian McEwan sopra ricordate: Primo amore, ultimi riti, traduzione di Stefania Bertola, Torino, Einaudi, 1979; Il giardino di Cemento, traduzione di Stefania Bertola, Torino, Einaudi, 1980; Cortesie per gli ospiti, traduzione di Stefania Bertola, Torino, Einaudi, 1983; Bambini nel tempo, traduzione di Susanna Basso, Torino, Einaudi, 1988.
8 Si veda G. Iacoli, « Le Nuove generazioni narrative », in La letteratura italiana diretta da Ezio Raimondi (2 vol.), a cura di Gabriella Fenocchio, Milano, Bruno Mondadori, 2004, vol. II, pp. 203-224, p. 216: «La presentazione da parte del celebre romanziere ligure – osserva Iacoli – assume il valore di una patente di dignità per i due libri, ma è anche una sorta di implicito riconoscimento di un’eredità narrativa.»
9 Su Tondelli si veda: R. Carnero, Lo spazio emozionale. Guida alla lettura di Pier Vittorio Tondelli, Novara, Interlinea, 1998. Per un orientamento generale sulla narrativa giovanile e sugli anni Ottanta si rimanda a R. Carnero, Under 40. I giovani nella nuova narrativa italiana, Milano, Bruno Mondadori, 2010; M. Arcangeli, Giovani scrittori, scritture giovani. Ribelli, sognatori, cannibali, bad girls, Roma, Carocci, 2007; F. Panzeri, R. Cardone, F. Galato, Altre storie. Inventario della nuova narrativa fra gli anni ‘80 e ‘90, Milano, Marcos y Marcos, 1996; F. La Porta, La nuova narrativa italiana. Travestimenti e stili di fine secolo, Torino, Bollati Boringhieri, 1995 (nuove ed. riveduta 1999); S. Tani, Il romanzo di ritorno. Dal romanzo medio degli anni Sessanta alla giovane narrativa degli anni Ottanta, Milano, Mursia, 1990.
10 Si veda la sezione Narrativa redatta da Luigi Matt, in Modernità italiana. Cultura, lingua e letteratura dagli anni settanta a oggi, a cura di Andrea Afribo e Emanuele Zinato, Roma, Carocci, 2011, pp. 119-180. La citazione si trova a p. 149.
11 La citazione è tratta da P. V. Tondelli, Un weekend postmoderno [1990], Milano, Bompiani, 2005, p. 364.
12 La nota trasmissione televisiva condotta da Enzo Tortora, uno dei programmi più seguiti e innovativi sul piano del costume.
13 Si veda G. Bocca, «In quel Far West chiamato Milano scorre un fiume di tele-dollari», la Repubblica, 17 dicembre 1983. Si tratta di un’inchiesta in quattro puntate, apparse rispettivamente nei giorni 15, 17, 23 e 27 dicembre 1983 su la Repubblica, dal titolo complessivo «La capitale morale d’Italia” allo specchio degli anni Ottanta».
14 Per una visione generale dell’opera di Biamonti si rinvia a G. Cavallini, L’uomo delle mimose. Sei studi su Francesco Biamonti, Genova, Termanini Editore, 2007; G. Bertone, Il confine del paesaggio. Lettura di Francesco Biamonti, Novara, Interlinea, 2006; E. Gioanola, Biamonti. L’indiscrezione dell’inesprimibile, in Id., Psicanalisi e interpretazione letteraria, Milano, Jaka Book, 2005. Si veda inoltre: A. Aveto e F. Merlanti (a cura di), Francesco Biamonti: le parole, il silenzio (atti del Convegno di Studi «Francesco Biamonti: le parole, il silenzio», San Biagio della Cima (Bordighera), 16-18 ottobre 2003), Genova, Il nuovo melangolo, 2003.
15 L’audacia del mitografo consiste essenzialmente, scrive Griffin, nella sua adesione alla materia trattata: «He also gives an interpretation of Greek culture in mythical terms. He describes, with energy and a kind of love, the mythical creation of the world, the monstrous creatures who preceded the Olympian gods: fabulous serpents; a cosmic egg; Protogonos the First-Born, with four eyes, four horns, golden wings, three animal heads, and two sexes. Finally Zeus becomes supreme. Monstrous deities give place to the transfigured humanity of Olympus.» Consultare Jasper Griffin, «Alive in Myth», New York Review of Books, 22 aprile 1993.
16 Tabucchi, scrive ancora Giuliani, «è ugualmente attratto dal racconto come avventura e formula di enigmi […] e come contaminazione e rimando ai grandi modelli, Conrad o Kipling, Pessoa (di cui ha tradotto le opere in italiano) o Fitzgerald o Henry James». Si veda A. Giuliani, «A caccia di enigmi», la Repubblica, 5 giugno 1985.
17 Consultare A. Baldacci, Andrea Zanzotto. La passione della poesia, Napoli, Liguori, 2010, p. 26.
18 Si veda A. Afribo, Poesia, in Modernità italiana, a cura di Andrea Afribo e Emanuele Zinato, op. cit., pp. 181-259, in partic. p. 223 sgg.
19 In un’intervista a Flavia Frisanti, Enrico Palandri ha infatti raccontato che «Boccalone è stato scritto con una lingua molto immediata, parlata. Le Pietre e il sale è un libro che reagisce a quel parlato con uno stile molto letterario, una lingua che cercavo di usare come uno strumento musicale, cioè non più per l’immediatezza ma in cerca dell’autonomia dal gruppo sociale a cui si ispirava Boccalone. Boccalone è stato scritto fiutando con il naso il reale, parlando come tutti, Le Pietre e il sale è un affondo nella mia voce». L’intervista di Palandri è stata pubblicata in NSC, anno I, n. 19, 10 luglio 2005.
20 Si veda A. Asor Rosa, «Se un albero parlasse a primavera», la Repubblica, 2 agosto 1988. Asor Rosa osserva che il classicismo di Calvino «invece di comporsi in una visione serena ed armonica del mondo, avverte drammaticamente il conflitto, l’impatto, con l’esaurimento delle ragioni, non solo stilistiche e formali, ma antropologiche ed esistenziali (appunto) di una funzione della letteratura così intesa».
Haut de pagePour citer cet article
Référence papier
Ugo Perolino, « Gli anni ottanta allo specchio un percorso bibliografico », Cahiers d’études italiennes, 14 | 2012, 289-298.
Référence électronique
Ugo Perolino, « Gli anni ottanta allo specchio un percorso bibliografico », Cahiers d’études italiennes [En ligne], 14 | 2012, mis en ligne le 15 septembre 2013, consulté le 09 décembre 2024. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/cei/591 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/cei.591
Haut de pageDroits d’auteur
Le texte et les autres éléments (illustrations, fichiers annexes importés), sont « Tous droits réservés », sauf mention contraire.
Haut de page