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I meccanismi della divina persuasione: Appunti sul funzionamento strutturale del discorso esegetico in un testo religioso dell’inizio del xvi secolo

Franco Pierno
p. 119-129

Texte intégral

Introduzione*

  • * Quest’articolo costituisce una rielaborazione del secondo capitolo della mia tesi di dottorato in L (...)

1La storia plurisecolare dell’espressività religiosa, nelle molteplici possibilità diafasiche e diamesiche che tale genere comporta, è anche la storia di una metodologia della persuasione.

2Nel caso specifico dell’esegesi biblica, in un arco temporale compreso tra il vii e i primi decenni del xvi secolo, ossia da quando cominciano a circolare le prime versioni manoscritte della Vulgata fino all’epoca degli esperimenti filologici erasmiani, tale metodologia si è progressivamente sviluppata e arricchita soprattutto attorno a un particolare strumento intellettuale, la glossa biblica.

  • 1 Per uno studio su Dante e il suo rapporto con l’allegoria si possono vedere: Zygmunt Baransky, Dan (...)
  • 2 Scrive Guy Lobrichon: « L’aventure matérielle de la Glose est intimement liée à toute l’histoire d (...)

3L’evoluzione dei meccanismi interni della glossa biblica, intimamente legata alla lettura allegorica della Sacra Scrittura, coincide con l’evoluzione stessa del modus intelligendi della realtà, della verità, modus che, in epoca medievale, troverà la sua massima espressione e definizione nella ricerca filosofica pre- e post- tomista e un’applicazione letteraria d’eccellenza nella Commedia dantesca1, collocando le glosse alla base della storia non solo delle tecniche esegetiche, ma anche di quelle propriamente intellettuali dell’Occidente, definendone strutture e modelli2.

  • 3 La funzione dei quattro sensi della Sacra Scrittura è tradizionalmente illustrata da un celebre di (...)
  • 4 Espressione che coincide con il titolo stesso del saggio di questo studioso: Yves Delègue, Les mac (...)

4Concepite per la ricerca dei quattro sensi (letterale, allegorico, morale e anagogico) nella Sacra Scrittura3, le glosse bibliche si trasformano in uno strumento di persuasione, grazie al quale la lettura allegorica della situazione scritturale induce il lettore/fruitore della glossa a ritrovare un’applicazione morale e/o anagogica nella realtà, secondo procedure sempre più cristalizzate e “meccaniche”, che resero le glosse delle vere e proprie «machines du sens», secondo la felice definizione di uno studioso strasburghese4.

  • 5 Secondo Delègue, la parola è in un «réseau d’une polysémie qui le constitue» (cf. Y. Delègue, op.  (...)
  • 6 Cf. Marie-Dominique Chenu, La teologia nel xii secolo, Milano, Jaka Books, 1992, pp. 179-213 [ed. (...)

5La persuasione dell’allegoria operante sul testo agiva nell’ambito della visione semiologica medievale, secondo la quale la parola, per statuto divino, si collocava in una rete polisemica5, offrendo più significati da cogliere sotto la superficie del significante; uno spazio concettuale dominato dalla «mentalité du symbole», come avrebbe scritto Chenu6, in cui la realtà terrestre esisteva solo in funzione della sua valenza simbolica rinviante a verità ultraterrene.

  • 7 Byblia in vulgar ultimame(n)-/te impressa ornata intorno de moral postille (et) figure: (et) i(n)/ (...)

6Nelle pagine che seguono vorremmo presentare da un punto di vista strutturale una raccolta di glosse bibliche, le Moral postille, stampate nei margini di un’edizione della Bibbia tradotta da Nicolò Malerbi, quella pubblicata a Venezia da Lazaro Soardi e Bernardino Benali nel 15177.

  • 8  Un particolare carattere tipografico (un piccolo cerchio nero), posto prima del passo biblico comm (...)

7Le Moral postille, di autore anonimo e di limitato successo, consistono in circa 640 testi brevi, ognuno dei quali destinato a fare esegesi di un corrispettivo passo biblico8. Un corpus, questo, che merita una particolare attenzione perché rappresenta il primo (e, probabilmente, l’ultimo) esempio di raccolta di glosse bibliche a stampa in lingua italiana ancora costruite sul modello ereditato dalla tradizione medievale, prima dell’avvento degli apparati esegetici prodotti dagli intellettuali legati alla Riforma protestante.

8Dopo aver brevemente illustrato il contesto storico-religioso in cui tali testi si collocano, ne presenteremo il funzionamento intimo, frutto dell’eredità della riflessione esegetica vittorina e tomista. Ci interesseremo soprattutto alle strutture testuali e sintattiche di un processo persuasivo verso cui gli ambienti clericali della Venezia dei primi del Cinquecento nutrivano ancora fiducia, prolungando convinzioni medievali nel cuore di tempi ormai “umanisti” e pronti a esegesi (sacre e profane) supportate da primordiali, ma saldi, approcci filologici.

Il contesto storico-religioso

  • 9 L’Osservanza divenne autonoma nel 1446, grazie alla bolla papale Ut sacra. L’autonomia non fece ch (...)
  • 10 Nata nel Nord Europa nel xv secolo, questa nuova tendenza spirituale contava tra i suoi più import (...)

9Le Moral Postille appartengono alla produzione di scritture religiose espressa dalla “riforma cattolica”, corrente spirituale dalle molteplici sfaccettature che trova una realizzazione ecclesiasticamente riconosciuta nell’Osservanza, movimento trasversale nato nel xv secolo in seno agli ordini religiosi per porre rimedio alla loro stessa decadenza9, secondo l’ispirazione, di portata praticamente europea, della devotio moderna10.

  • 11 Per una bibliografia sulla «Riforma cattolica», cf. P. Prodi, Riforma cattolica e controriforma, i (...)

10La geografia della riforma cattolica è fondamentalmente settentrionale, ma in tutta Italia, dalla seconda metà del Quattrocento ai primi decenni del Cinquecento, si moltiplicano le iniziative caritative (assistenza ai poveri, fondazioni di ospedali, ecc.), come anche i tentativi di rimediare all’ignoranza dottrinale dei fedeli e a quella, ancor più pericolosa, del clero medio-basso, spesso impreparato alla missione evangelizzatrice11.

  • 12 Basti ricordare le edizioni della Bibbia di Niccolò Malerbi, del Vocabulista ecclesiastico, i trat (...)

11In effetti, a questo scopo, si verifica un’impressionante produzione di testi in volgare italiano, stimolata certo anche dalla recente invenzione della tipografia. La comunicazione religiosa ricorreva dunque alla lingua volgare e al libro stampato per raggiungere un pubblico di istruzione media e che ignorava il latino12.

12In varie zone della penisola, si sviluppa un «umanesimo religioso» che si proponeva come un’alternativa agli studi umanistici, mirando a una lingua d’uso comune, una situazione efficacemente riassunta dalle parole di Francesco Bruni:

  • 13 Francesco Bruni, Appunti sui movimenti religiosi e il volgare italiano nel Quattro-Cinquecento, in (...)

Ancora una volta, il volgare è il tramite comunicativo di questo mondo: e non un volgare atteggiato letterariamente, ma un’espressione prossima al dialetto che nondimeno raggiunge centri linguisticamente diversi, che captano alcuni testi più significativi perché, ancora una volta, gli orientamenti e gli interessi spirituali sono comuni13.

13L’ambiente veneziano si mostra tra i più sensibili alle nuove tendenze: al fermento di preti che si riuniscono spontaneamente in gruppi votati alla preghiera e all’attività pastorale fa eco una produzione di testi religiosi specialmente destinata agli ecclesiastici, produzione che nella città lagunare, sede storica dell’attività tipografica, trova un terreno ideale.

14Le Moral postille rientrano perfettamente in questo quadro, lasciando intravvedere, tra le righe del commento esegetico, richiami, constatazioni, suggerimenti direttamente rivolti al clero e fornendo così uno strumento completo, che associava un repertorio per l’attività omiletica a una sorta di manuale di corretto comportamento ecclesiastico. Le fonti sono quelle classiche, comuni a quelle della produzione religiosa contemporanea: dai testi della patristica a quelli dei grandi autori spirituali del Trecento (Domenico Cavalca, Passavanti, Giordano da Pisa).

Struttura della glossa biblica medievale e strutture delle Moral postille

  • 14 Fin dagli inizi della tipografia, la Glosa ordinaria, moralis (con le glosse a margine), le Postil (...)

15Quando le Moral postille fanno la loro apparizione, le discussioni e le riflessioni teologico-filosofiche sul ruolo e sulla configurazione della glossa biblica si sono ormai sedate da tempo. I dibattiti che hanno percorso in filigrana la storia intellettuale ed esegetica dei secoli xii e xiii, con ancora alcune punte innovative nel xiv secolo, sono ormai alle spalle, lasciando ai posteri un meccanismo ben rodato, impeccabile nel persuadere. Tra la fine del xv secolo e i primi decenni del xvi, circolavano ancora numerose edizioni latine della Glosa ordinaria (comprese la Glosa interlinearis e le Postilla di Nicola di Lyra), considerata dalla maggior parte del clero come uno strumento indispensabile per l’interpretazione della Sacra Scrittura14.

16Questi «appareillages du sens» (la definizione è di Y. Delègue, op. cit., p. 19), come si è accennato sopra, sono da collocarsi nel contesto di un’elaborata semiologia medievale.

  • 15 In ciò che segue abbiamo tenuto conto della sintesi e degli schemi che Delègue (pp. 17-21) ha real (...)

17Per esaminare questo aspetto occorre ricordare che gli esegeti del Mediœvo distinguevano due livelli di significato15: il primo si produce attraverso le parole (per verba), il secondo attraverso le cose (per res). Al primo livello non esiste alcuna distinzione tra le scritture, profane o sacre che siano: esse sono dotate di un senso letterale che rinvia a una realtà sensibile (RES I); al secondo livello il significato dota la RES I di un senso secondo (RES II), allegorico, tropologico e anagogico, poiché solo Dio è capace di rivelare la Verità intima delle cose da Lui stesso create. Possiamo illustrare questo processo servendoci di uno schema (schema 1):

  • 16 Fornite alla Questione I della Summa (cf. Y. Delègue, op. cit., p. 19).

18Seguendo le indicazioni più approfondite di Tommaso d’Aquino16, possiamo amplificare questo primo schema, fornendone un secondo maggiormente dettagliato (schema 2):

19Risulta evidente che tale processo si fonda essenzialmente sul dotare la lettera di un senso profondo, qui sopra chiamato «senso spirituale». Questa operazione è resa possibile dalla rete polisemica in cui il significante è inserito e in cui esso può racchiudere contemporaneamente più significati, essendo qualcosa e qualcos’altro al tempo stesso. La parola è “attiva” e la glossa non serve che a discernere, dividere, organizzare i diversi sensi già presenti. L’azione persuasiva consiste dunque nel mostrare che esiste un’iniziativa semantica nelle “strutture profonde” (parafrasando un vocabolario chomskyano) della parola stessa e che tale iniziativa necessita dell’operazione glossante per emergere in superficie.

Strutture delle Moral postille

20L’analisi dell’organizzazione testuale delle Postille mette in evidenza l’utilizzo delle funzioni principali illustrate qui sopra (schema 2). Il testo si snoda infatti attorno all’interpretazione allegorica e simbolica della parola o dell’avvenimento biblico: il senso spirituale della lettera ereditato dalla riflessione esegetica medievale appare ben consolidato e serve come base, addirittura da “motore”, per un’interpretazione allegorica tesa alla messa in rilievo dell’esistenza di un senso morale e anche, talvolta, di prospettive anagogiche.

21Concretamente abbiamo individuato una struttura fondamentale che abbiamo denominato “gruppo allegorico di base” (gab), nel quale, seguendo gli schemi presentati sopra, la RES I è dotata di un senso secondo per poter produrre una RES II, da cui la glossa estrae il senso spirituale, mistico o allegorico che fonda ogni successiva interpretazione. La configurazione del gab non consiste nella scrupolosa osservazione di regole stilistiche o retoriche, ma piuttosto a una struttura nella quale sono stati ben assimilati i meccanismi della glossa medievale.

22Prendendo ancora una volta in prestito il linguaggio della grammatica generativa, possiamo affermare che la struttura profonda del gab rimane sempre la stessa; in compenso, la sua struttura di superficie (lessico, verbo, organizzazione sintattica) è passibile di cambiamenti, dando luogo a tipi di gab differenti.

23A questo proposito, invece d’illustrare una struttura profonda, ma “astratta”, abbiamo scelto di presentare i tipi individuati. Ci sembra possibile parlare innanzitutto di due tipi principali di gab che risultano prevalenti, sia per ragioni di tipo statistico, sia per questioni di efficacia esplicativa:

  • 17 Esistono alcune varianti del che: come, oppure l’introduzione del complemento d’oggetto diretto.

241.Tipo: notare che (circa 60 occorrenze). È soprattutto rappresentato dal sotto-tipo Nota che; segue poi un secondo: hai da notar che con tre varianti: habbiamo da notar che; è da notar che; egli è da notare che 17. Il tipo si struttura fondamentalmente nel seguente modo: il che introduce una subordinata completiva, il cui soggetto è sia un luogo, sia un personaggio, sia un oggetto, sia una situazione narrativa; talvolta l’autore fornisce anche il senso spirituale di tale soggetto (fase di produzione della RES II), servendosi di un pronome relativo (che /el qual, ecc.), il cui predicato è spesso rappresentato dal modo passivo del verbo interpretare (è interpretato), oppure tramite dei connettori disgiuntivi comuni (idest/overo); ancora, il soggetto della completiva può essere messo in relazione a una proposizione incisa riguardante il senso letterale, ossia un approfondimento del contesto storico e culturale biblico.

25Il verbo della subordinata, rappresentato da significare (o intendere o essere), segna il passaggio dalla seconda fase del gab fornendo il senso morale ad operandum, oppure il senso ad recte credendum, sia allegorico (o tipologico, della Chiesa militante), sia anagogico, della Chiesa trionfante.

26Se rielaboriamo lo schema 2, possiamo raffigurare graficamente questo primo tipo nel seguente modo:

27Come esempio, possiamo applicare questo schema a una “postilla” il cui gab conduce alla messa in rilievo di un senso morale (postilla a Gn 2, 9):

28Qui di seguito presentiamo un’altra struttura il cui gab conduce alla messa in rilievo di un senso allegorico, direzione «Chiesa militante» (postilla a Lev 21, 19):

292.Tipo Per /Ø (circa 160 occorrenze). La preposizione per normalmente introduce un personaggio biblico (talvolta un toponimo oppure un elemento inanimato appartenente al contesto narrativo del passaggio biblico glossato); in alcuni casi essa viene omessa e sostituita direttamente dal nome del personaggio biblico in questione; come nel tipo 1, il marcatore fraseologico fondamentale è quello costituito da un “verbo-cerniera” (soprattutto intendere, ma esistono anche delle varianti sinonimiche: notare/pigliarsi ecc.) che indirizza verso un senso morale o anagogico. Nella fase della RES I può inserirsi un’espansione a favore del senso spirituale (in genere, questa espansione è introdotta dal verbo interpretare), ma anche una proposizione incisa riguardante il senso letterale.

30Questo secondo tipo può essere schematizzato come segue:

31Segue un’applicazione di questo schema a una postilla con senso letterale e con messsa in rilievo del senso anagogico (postilla a Gn 21,8):

32Abbiamo poi isolato due sotto-tipi di gab:

  • 18 «Spiritualmente in nui son doe obstetrice, cioè donne che levano li fioli nel parto le qual receven (...)

1. Sotto-tipo Spiritualmente (15 occorrenze): è caratterizzato dall’avverbio in posizione iniziale e non presenta sempre tutte le fasi presenti nei tipi 1 et 2. Infatti, molto spesso, si limita a fornire il senso spirituale, la RES II, e ad approfondirne la valenza allegorica (cf. per es. la postilla a Es 1,15) 18, il cui senso morale o anagogico compare nel periodo che segue.

  • 19 Per esempio: la postilla a Gn 37, 20/1: « Moralmente nella scriptura se ritrova fera terribile et (...)

2. Sotto-tipo Moralmente (22 occorrenze) 19: anch’esso è caratterizzato dall’avverbio in posizione iniziale, e ha come unico scopo la messa in evidenza di un senso morale ad operandum.

33Esistono poi dei tipi “minori” di gab che, pur servendosi delle strutture che abbiamo illustrato sopra, sono meno frequenti sia rispetto ai tipi principali sia rispetto agli stessi sotto-tipi e, inoltre, la loro organizzazione testuale appare meno articolata. Essi presentano rigorosamente una sola fase delle due possibili. Qui di seguito forniamo una lista dei tipi “minori” più ricorrenti, ovviamente designati in base al loro incipit:

1. Tu hai da sapere che (7 occorrenze)
2.
Questo per (darti a intendere/notificarti) che (2 occorrenze)
3. (
Qui/In questo luoco) habiamo che (2 occorrenze)
4.
Dico che (circa 10 occorrenze)

  • 20  Occorre aggiungere che questi tipi, sotto-tipi e tipi minori non costituiscono l’esaustività dei t (...)

34Il testo della “postilla” si articola dunque attorno a un gab che ne costituisce l’inizio20. In seguito, esso si amplifica sia grazie ad altri gab (i primi due tipi sono abbastanza frequenti all’interno del testo, ma, a questo secondo livello, la produzione della RES II può avvenire grazie a diverse sfumature lessicali, non contemplate sopra), sia con l’approfondimento del senso messo in rilievo nel gab principale, processo possibile grazie all’apporto di un ristretto gruppo di marcatori fraseologici:

351.Marcatori fraseologici che introducono delle proposizioni coordinate o subordinate: Et nota che; Per il che (questo marcatore sembra essere soprattutto utilizzato per approfondire il senso morale); al(l)hora; imperò che; perché; conciosiacosachè (raro); la subordinata comparativa come […] così (cusì); le proposizioni introdotte dal verbo denotare (ad denotarti che è abbastanza frequente); item reiterato che dà luogo una struttura frequentativa; impiego del deittico Questo/a, che fà riferimento all’elemento principale della proposizione precedente; la congiunzione avversativa Ma che non designa un’opposizione, ma costituisce una ripresa enfatica per rilanciare il discorso esegetico e raggiungere un nuovo grado di spiegazione.

  • 21 Ecco alcuni esempi: « Questa nube cioè la gratia obumbra […] » (Mt 9, 6/3); « In nui son dœ obstet (...)

362.Marcatori fraseologici situati nel corpo di una proposizione e il cui ruolo consiste nell’aggiungere un dettaglio o, addirittura, a spiegare una parte dell’allegoria: idest; overo; cioè21.

  • 22 Come, per esempio, nella postilla a Is 9, 1; o nella postilla a Lev 6, 12 (dove ogni parte dell’al (...)

37Spesso l’approfondimento del gab principale è anche assicurato dall’enumerazione, ossia da liste di spiegazioni ordinate numericamente e ciascuna contrassegnata da un numerale ordinale (Primo, secondo, ecc.), o, in casi iconografici, da una divisio esplicativa in cui viene commentato ogni elemento appartenente all’immagine biblica in questione22.

  • 23  Come nelle postille ai seguenti passaggi biblici: Gn 24, 15; Gn 26, 1; Gn 28, 5; Gn 35, 1, ecc.; e (...)

38Per quel che riguarda la parte finale, non sembra prevalere una particolare struttura conclusiva nella chiusura del processo discorsivo; occorre però notare che un discreto numero di testi punta a una persuasione basata sulla posizione anagogica e finale della figura di Cristo, punto di arrivo per eccellenza dell’analisi esegetica23.

39La varietà e l’eterogeneità apparente delle Postille cela dunque strutture profonde, organizzate in un coerente processo persuasivo che induce il lettore, attraverso un percorso graduale, a ritrovare nel testo biblico ciò che la tradizione esegetica ereditata dalla patristica e dalla letteratura spirituale aveva elaborato nella sua lunga storia secolare. Spesso l’anonimo autore, rivolgendosi al lettore, si serve della seconda persona singolare come se volesse dare l’impressione di un libero dialogo tra due persone; tuttavia, malgrado questi pseudo-marcatori d’oralità, il ritmo testuale resta serrato e improntato a una razionalità e ripetitività discorsiva che s’inscrive, tra l’altro, nella migliore tradizione dell’ars memorativa: i meccanismi divini della persuasione non solo erano finalizzati alla scoperta guidata dei sensi nella Sacra Scrittura, ma anche alla loro memorizzazione, in modo tale da costituire un utile canovaccio per l’attività omiletica del clero medio-basso.

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Notes

* Quest’articolo costituisce una rielaborazione del secondo capitolo della mia tesi di dottorato in Linguistica (Linguistique et philologie romane), intitolata: «Che in lingua vulgare dice». Héritage médiéval, problèmes linguistiques et enjeux littéraires dans un corpus de textes religieux vénitiens du début du xvie siècle (introduction, édition, commentaire linguistique et glossaire des Postille su tutta la Bibbia, Venise, 1517). Questa tesi è stata diretta dal professor Martin Dietrich Glessgen e discussa il 19 dicembre 2003. Attualmente è in preparazione la pubblicazione, per i tipi di Max Niemeyer di Tubinga. Per ragioni di spazio, non possiamo sempre fornire i testi del corpus preso in esame e di cui abbiamo curato l’edizione.

1 Per uno studio su Dante e il suo rapporto con l’allegoria si possono vedere: Zygmunt Baransky, Dante’s Signs: An Introduction to Medieval Semiotics and Dante, in Dante and the Middle Ages, ed. by J. C. Barnes and C. O. Cuilleanáin, Dublin, 1995, pp. 139-180; Dante e le forme dell’allegoresi, a cura di Michelangelo Picone, Ravenna, Longo, 1987.

2 Scrive Guy Lobrichon: « L’aventure matérielle de la Glose est intimement liée à toute l’histoire des techniques intellectuelles et ceci en un moment crucial du développement de l’Occident » (La Bible au Moyen Âge, Paris, Picard, 2003, p. 163).

3 La funzione dei quattro sensi della Sacra Scrittura è tradizionalmente illustrata da un celebre distico circolante ancora agli inizi del xvi secolo: «Littera gesta docet, quid credit allegoria/Moralis quid agas, quo tendas anagogia». Un testo di riferimento classico per le questioni dell’esegesi medievale resta Henri De Lubac, Exégèse médiévale, 4 vol., Paris, Aubier, 1959-1964.

4 Espressione che coincide con il titolo stesso del saggio di questo studioso: Yves Delègue, Les machines du sens. Fragments d’une sémiologie médiévale, Paris, Ed. des Cendres, 1987.

5 Secondo Delègue, la parola è in un «réseau d’une polysémie qui le constitue» (cf. Y. Delègue, op. cit., p. 27).

6 Cf. Marie-Dominique Chenu, La teologia nel xii secolo, Milano, Jaka Books, 1992, pp. 179-213 [ed. francese: La théologie au douzième siècle, Paris, Vrin, 1976].

7 Byblia in vulgar ultimame(n)-/te impressa ornata intorno de moral postille (et) figure: (et) i(n)/ tutti i capituli i lor su(m)ma-/rij: (et) declaratio(n)i utilis/sime a coloro che/desiderano ha/ver cognitio/ne delle sa/cre litte/re: cosa nova mai piu per altri facta [caratteri gotici], Venezia, Lazaro Soardi e Bernardino Benali, 10 luglio 1517; cf. Edoardo Barbieri, Le Bibbie italiane del Quattrocento e del Cinquecento, 2 vol., Milano, Editrice Bibliografica, 1992, pp. 234-236.

8  Un particolare carattere tipografico (un piccolo cerchio nero), posto prima del passo biblico commentato, segnala al lettore l’esistenza di una postilla. Nel margine della pagina, un carattere perfettamente identico all’altro segnala la collocazione della postilla che si apre con la ripetizione del passo postillato.

9 L’Osservanza divenne autonoma nel 1446, grazie alla bolla papale Ut sacra. L’autonomia non fece che aumentare il suo successo e lo sviluppo della sua attività, attività che si tradusse con una produzione notevole di testi religiosi. Per un’informazione bibliografica sull’Osservanza, si possono consultare: La Chiesa al tempo del grande Scisma e della crisi conciliare (1378-1449), a cura di E. Delaruelle, E. R. Labande & P. Ourliac, Torino, 1971, p. 1362 ss.; John R. H. Moorman, A History of Franciscan Order, Oxford, Clarendon, 1968, pp. 369-383, 441-478, 517-532, 548-559.

10 Nata nel Nord Europa nel xv secolo, questa nuova tendenza spirituale contava tra i suoi più importanti rappresentanti i «Fratelli della vita comune», comunità fondata da Gérard Groote e Florent Radewin a Deventer in Olanda, come anche il celebre autore dell’Imitatio Christi, Thomas de Kempis (cf. Jean Chelini, Histoire religieuse de l’Occident médiéval, Paris, Armand Colin, 1968, pp. 460-461; Hermann Tüchle, La crise à la veille de la Réforme, in Nouvelle histoire de l’Église, éd. L. J. Rogier, R. Aubert & M. D. Knowles; vol. 3 (Réforme et Contre-Réforme), Paris, Seuil, 1968, pp. 41-42; Guy Lobrichon, La religion des laïcs en Occident. xi-xve siècles, Paris, Hachette, 1994, p. 104-107).

11 Per una bibliografia sulla «Riforma cattolica», cf. P. Prodi, Riforma cattolica e controriforma, in Nuove questioni di storia moderna, Milano, Marzorati, 1964, vol. 1, pp. 406-418; cf. anche La riforma cattolica. Documenti e testimonianze, a cura di M. Marcocchi, 2 vol., Brescia, 1967-1971, che costituisce una raccolta molto utile dei documenti ecclesiastici dell’epoca; Riforma cattolica, antologia di documenti, a cura di M. Bendiscioli - M. Marcocchi, Roma, 1963; cf. anche la sintesi di G. Martina, La chiesa nell’età della Riforma, Brescia, 1990, pp. 146-151.

12 Basti ricordare le edizioni della Bibbia di Niccolò Malerbi, del Vocabulista ecclesiastico, i trattati di spiritualità come quelli di Niccolò di Osimo, il Giardino di orazione, l’Imitatio Christi di cui ci furono 11 edizioni in lingua volgare, lo Spechio di conscientia d’Antonino di Firenze (28 edizioni), le Meditazioni dello Pseudo-Bonaventura; occorre anche segnalare il grande successo del Savonarola che si servì ampiamente della tipografia: prima della fine del xv secolo ci furono 120 edizioni delle opere del domenicano. Un’ottima sintesi è offerta in Ugo Rozzo, Linee per una storia dell’editoria religiosa (1465-1600), Udine, 1993, pp. 13-20.

13 Francesco Bruni, Appunti sui movimenti religiosi e il volgare italiano nel Quattro-Cinquecento, in «Studi linguistici italiani», IX (1983), p. 18.

14 Fin dagli inizi della tipografia, la Glosa ordinaria, moralis (con le glosse a margine), le Postillesde Nicola di Lira (glosse che accentuano l’analisi strettamente lessicale e che compaiono nel xv secolo) sono state pubblicate più volte (cf. Y. Delègue, op. cit., p. 14; H. De Lubac, op. cit., vol. IV, p. 344 ss.).

15 In ciò che segue abbiamo tenuto conto della sintesi e degli schemi che Delègue (pp. 17-21) ha realizzato basandosi sui testi “teorici” di Ugo di san Vittore (estratti dalla Didattica) e di Tommaso d’Aquino (dalla Summa). Questo materiale costituisce una base metodologica utilissima per comprendere il sistema semiologico della lettura biblica medievale.

16 Fornite alla Questione I della Summa (cf. Y. Delègue, op. cit., p. 19).

17 Esistono alcune varianti del che: come, oppure l’introduzione del complemento d’oggetto diretto.

18 «Spiritualmente in nui son doe obstetrice, cioè donne che levano li fioli nel parto le qual receveno qualunque cosa nasce in nui, cioè la irascibile et concuscibile, una delle qual se allegra del masculo cioè del ben da nui operato».

19 Per esempio: la postilla a Gn 37, 20/1: « Moralmente nella scriptura se ritrova fera terribile et pernitiosa et questo è il demonio. [2] Le fere naturalmente sono crudele et inimice […]. »

20  Occorre aggiungere che questi tipi, sotto-tipi e tipi minori non costituiscono l’esaustività dei testi del corpus. La struttura profonda resta sicuramente alla base del processo esegetico nei libri dell’Antico Testamento, mentre nelle postille del Nuovo Testamento, dove, del resto, all’inizio è annunciata come fonte la “glosa” di Ugo di San Vittore (postilla a Mt 1, 1/1), l’organizzazione testuale è meno rigida. Anche se lo scopo resta la ricerca del senso profondo, l’allegoria nascosta dietro ogni personaggio o immagine della Sacra Scrittura, nel caso neotestamentario, la struttura della postilla è data principalmente da proposizioni giustapposte o da semplici enumerazioni.

21 Ecco alcuni esempi: « Questa nube cioè la gratia obumbra […] » (Mt 9, 6/3); « In nui son dœ obstetrice cioè donne che levano li fantolini » (Ex 1, 15/1); «’anima ha quattro affectione idest el dolore, gaudio […] » (Ez 11, 22/4); « li quali amazano il re idest l’anima amazano » (II Reg 4, 2/2); « se il diavolo overo heretico dice […]» (Eccli 12, 10/2); « la salute overo sanità della mente » (Eccli 30, 16/4).

22 Come, per esempio, nella postilla a Is 9, 1; o nella postilla a Lev 6, 12 (dove ogni parte dell’altare descritto corrisponde a una virtù cardinale).

23  Come nelle postille ai seguenti passaggi biblici: Gn 24, 15; Gn 26, 1; Gn 28, 5; Gn 35, 1, ecc.; e con il Cristo come protagonista della conclusione anagogica: Gn 44, 3; Gn 45, 3, ecc.

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Pour citer cet article

Référence papier

Franco Pierno, « I meccanismi della divina persuasione: Appunti sul funzionamento strutturale del discorso esegetico in un testo religioso dell’inizio del xvi secolo »Cahiers d’études italiennes, 2 | 2005, 119-129.

Référence électronique

Franco Pierno, « I meccanismi della divina persuasione: Appunti sul funzionamento strutturale del discorso esegetico in un testo religioso dell’inizio del xvi secolo »Cahiers d’études italiennes [En ligne], 2 | 2005, mis en ligne le 15 octobre 2006, consulté le 06 décembre 2024. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/cei/255 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/cei.255

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Auteur

Franco Pierno

Université Marc Bloch - Strasbourg 2

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