Le poesie di John Donne: percorsi traduttivi ed ermeneutici
Résumés
L’article porte sur les traductions de John Donne par Cristina Campo. L’histoire éditoriale du volume de traductions Poesie amorose. Poesie teologiche (Poèmes d’amour. Poèmes théologiques), publié en 1971 par la maison d’édition Einaudi, est abordée à la lumière de la biographie de la traductrice. Les solutions de traduction et certaines des modifications que les traductions ont subies dans les années qui ont suivi la première publication dans des revues sont également analysées.
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Cristina Campo, John Donne, traduction, traduction poétique, littérature anglaise en ItalieParole chiave:
Cristina Campo, John Donne, traduzione, traduzione poetica, letteratura inglese in ItaliaPlan
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- 1 V. Woolf, Donne after Three Centuries, in Id., The Common Reader, London, Vintage, 2003.
It is this desire for nakedness in an age that was florid, this determination to record not the likenesses which go to compose a rounded and seemly whole, but the inconsistencies that break up semblances, the power to make us feel the different emotions of love and hate and laughter at the same time, that separate Donne from his contemporaries.
Virginia Woolf1
- 2 M. Pieracci Harwell, Nota biografica, in C. Campo, Gli imperdonabili, Milano, Adelphi, 1987, p. 270
1Una biografia di Cristina Campo, come ha scritto Margherita Pieracci Harwell, «dovrebbe essere prima di tutto una storia delle sue letture»2. Le letture, che talvolta diventarono riletture creative nell’atto della traduzione, segnarono la sua vita e si intrecciarono ad essa in modo strettissimo.
- 3 A. Chesterman, The Name and Nature of Translator Studies, «Hermes. Journal of Language and Communic (...)
- 4 A. Pym, Method in Translation History, New York, Routledge, 2014, p. 161.
- 5 C. De Stefano, Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo, Milano, Adelphi, 2002, p. 142. (...)
2Le traduzioni nella vita di Campo svolgono un ruolo essenziale nella dinamica degli eventi e delle relazioni umane. Lo stretto intreccio tra la vita di Campo e la sua attività di traduttrice sarebbe un argomento proficuo per il recente filone di ricerca traduttologica noto come Translator Studies. Già nel 2009 Andrew Chesterman ha indicato sulla famosa mappa di James Holmes la mancanza del traduttore come tema di studio e ha proposto di introdurre nell’ambito degli studi sulla traduzione la riflessione sul traduttore come oggetto di ricerca3. Traduttore che, secondo Anthony Pym, dovrebbe essere percepito come «unità mobile biologica»4, come una persona che sanguina e mangia, ha un corpo e intreccia diverse relazioni con il mondo. La letteratura per Campo fu una vera e propria forma di vita, che, da un lato, fu influenzata dalle circostanze della sua salute fisica, dall’altro influì sulle sue relazioni e sui legami con gli altri. La letteratura fu per lei una realtà viva e biologica, «l’unica realtà tangibile della sua vita, l’unica via per accostare gli altri»5.
- 6 C. Campo, Tre versioni da John Donne, «Paragone», a. XI, no 128, 1960, pp. 71‑73: Congedo, a vietar (...)
- 7 Lettera di Cristina Campo a Margherita Pieracci Harwell del 2 giugno 1959, in C. Campo, Lettere a M (...)
3Campo pubblica le sue prime traduzioni di Donne su «Paragone» nel 19606, ma già alla fine degli anni Cinquanta era immersa nella lettura del poeta. L’anno prima aveva citato il poeta in una lettera a Margherita Pieracci Harwell: «Dice John Donne: “Ma ora il sole è a picco sul nostro capo, noi calpestiamo tutte le ombre e ogni cosa è ridotta a coraggiosa chiarezza”. È così, non è vero?»7. Nella primavera del 1961, dopo la pubblicazione in rivista, scrive a Leone Traverso:
- 8 Lettera di Cristina Campo a Leone Traverso del 11 maggio 1961. C. Campo, Caro Bul. Lettere a Leone (...)
Le poesie di J. Donne uscirono nel n. 128, credo — io non ho più neppure la mia copia. Ma se lo chiedi alla Banti sono certa che lo avrai subito. Nel frattempo ho cominciato — ho cominciato a tentare — di tradurre la poesia funebre To God my God in my Sickness. È una cosa immensa — che forse non mi riuscirà mai. C’è tutta la Dickinson dentro, ed è anche per questo che m’importa8.
- 9 Sul canone «metafisico» delle traduzioni di Cristina Campo, si veda M. Ślarzyńska, The Metaphysical (...)
- 10 C. Campo [Puccio Quaratesi], Scrittori on show, in Ead., Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, M (...)
4È interessante notare come Donne nella percezione della Campo sia entrato subito nella rete degli autori prediletti, che formavano il suo canone traduttivo9. L’attività traduttiva di Campo seguì un percorso ben delineato, strettamente legato alle sue inclinazioni poetiche e religiose, e imperniato su un canone letterario personale, che si opponeva alla cultura mainstream dell’epoca. Tra «the lovely kinsmen on the shelf — i cavallieri invitti dello scaffale»10 accanto a Donne, in varie fasi dell’attività letteraria della traduttrice, si sono trovati autori come William Carlos Williams, Emily Dickinson, George Herbert, Richard Crashaw, Henry Vaughan, San Juan de la Cruz, Simone Weil, Hugo von Hofmannsthal e Djuna Barnes. Si tratta di autori verso cui l’autrice avvertiva un legame fortemente personale, cimentato da contatti diretti (documentati nella corrispondenza con William Carlos Williams o Djuna Barnes), oppure ispirato da affinità ideali, in linea con i valori metafisici che orientavano le ricerche letterarie di Campo.
- 11 «Accanto a lui a partire dal 1960, e fino alla morte, Vittoria visse e creò la sua opera. Il gioco (...)
- 12 E. Zolla, I mistici dell’Occidente, Milano, Garzanti, 1963; Milano, Adelphi, 1997. La parte dedicat (...)
- 13 Lettera di Cristina Campo a Leone Traverso del 29 maggio 1963, in C. Campo, Caro Bul. Lettere a Leo (...)
- 14 M. Pieracci Harwell, Cristina Campo e i due mondi, postfazione a Cristina Campo, Lettere a Mita, ci (...)
5Nella seconda metà degli anni Cinquanta la poetessa si lega intellettualmente e sentimentalmente a Elémire Zolla11, che allora stava preparando un’importante antologia dei mistici occidentali per Garzanti12. Per questa edizione la Campo avrebbe tradotto alcune poesie di Donne, sotto lo pseudonimo di Giusto Cabianca («Dò, con altro nome, un John Donne […]»13, scrisse in una lettera a Leone Traverso). Come ha affermato Margherita Pieracci Harwell, «Zolla le aprì altri orizzonti letterari, la avvicinò per un poco agli ambienti romani, ma soprattutto divise con lei la lettura dei mistici, di cui allora preparava la splendida antologia che uscì nel ’63 da Garzanti (tra essi i metafisici inglesi: così nascerà la traduzione di John Donne)»14.
- 15 J. Donne, Poesie, traduzione e prefazione di F. Giovanelli, Modena, Guanda, 1944; J. Donne, Rime sa (...)
- 16 La monografia interamente dedicata al poeta è uscita successivamente: M. Praz, John Donne, cit., 19 (...)
- 17 T. S. Eliot, I poeti metafisici (1921), in Id., Opere, Milano, Bompiani, vol. I, pp. 570‑581.
- 18 Metaphysical Lyrics and Poems of the Seventeenth Century. Donne to Butler, selected and edited by S (...)
- 19 Cfr. T. Franco, La lingua del padrone. Giovanni Giudici traduttore dall’inglese, Soveria Mannelli, (...)
6Dalle prime traduzioni uscite in rivista e nell’antologia si sviluppò poi il progetto di pubblicare una raccolta più organica di Donne per la casa editrice Einaudi. In Italia Donne iniziò a essere tradotto a partire dagli anni Quaranta, e, prima di Campo, si erano cimentati con i suoi versi Franco Giovannelli, Enzo Giachino, Salvatore Rosati, Mario Praz e Giorgio Melchiori; una scelta dei sermoni fu invece curata da Margherita Guidacci15. Già nel 1925 era uscita la monografia di Mario Praz Secentismo e marinismo in Inghilterra, una parte della quale era dedicata a John Donne16. Com’è noto, la riscoperta di Donne si deve soprattutto a Thomas Stearns Eliot17, il quale nel 1921 dedicò un importante intervento all’antologia Metaphysical Lyrics and Poems di Grierson18. La mediazione di Eliot fu fondamentale anche nell’ambito della ricezione di Donne nell’Italia del dopoguerra, il periodo in cui il poeta tornò in auge19.
1. Dietro le quinte
- 20 La corrispondenza inedita tra Cristina Campo e la casa editrice Einaudi riguardante la pubblicazion (...)
7Nella vita privata di Campo la preparazione dell’edizione finale di Donne coincise con un periodo estremamente difficile. Dopo la morte dei genitori, fu costretta a lasciare la casa al Foro Italico e a trasferirsi, prima in una pensione Sant’Anselmo presso l’abbazia benedettina in cima dell’Aventino, e successivamente in una piccola casa vicino all’abbazia. Di questo periodo travagliato si trova traccia anche nella corrispondenza: non solo nei carteggi privati, ma anche negli scambi epistolari con i redattori dell’Einaudi20.
- 21 C. De Stefano, Belinda e il mostro, cit., pp. 116‑118. Al difficile periodo della perdita dei genit (...)
8I primi contatti con la casa editrice risalgono al 1964. In una lettera del 10 novembre di quell’anno, Campo comunica all’editore la sua disponibilità a tradurre Donne e tocca anche la questione del compenso. A voce le erano state proposte 250.000 lire e Campo richiede che le sia pagata metà della somma alla firma del contratto e il resto alla consegna del manoscritto. Nella sua risposta del 27 novembre, Guido Davico Bonino conferma tali condizioni e suggerisce come scadenza di consegna il marzo dell’anno successivo. Il 2 dicembre 1964, Campo scrive che sarà lieta di consegnare il lavoro nell’aprile del 1965 — anche se, come è ben noto, non sarebbe successo così. Il 25 dicembre 1964 muore inaspettatamente la madre Emilia Putti e, nel giugno 1965, si spegne anche il padre, Guido Guerrini21. A gennaio Campo informa l’editore della morte della madre, aggiungendo di non aver ricevuto ancora il compenso e che non comincia mai un lavoro senza l’anticipo. Sottolinea che in questo caso si tratterebbe di finire, e non di cominciare, visto che metà del lavoro era stato già fatto. Il 21 maggio 1965 Bonino chiede di mandare la traduzione non oltre la fine del mese successivo e ad ottobre riceve questa risposta:
- 22 Lettera di Cristina Campo a Guido Davico Bonino del 29 ottobre 1965, in M. Pertile, Cristina Campo. (...)
Sono tanto spiacente di non aver potuto consegnare in tempo il mio John Donne. Non creda che l’abbia dimenticato né che, giorno per giorno, non vi abbia un poco lavorato. Ma alla morte di mia Madre seguì, dopo brevissimo tempo, anche quella di mio Padre. Ho dovuto provvedere a tutto da sola, lasciare la mia casa e infine mi sono lungamente ammalata. Comincio appena adesso a fare qualche passo. Come può immaginare, ho i nervi a pezzi, nessun desiderio di fare o di progettare. Ma agli impegni presi terrò fede al più presto e nel miglior modo possibile22.
- 23 Espressioni usate da Cristina Campo nelle lettere del 9 maggio 1966, del 6 luglio 1967, del 29 otto (...)
- 24 «I testi definitivi di John Donne verranno consegnati solo nell’estate del 1970. Cristina non ha av (...)
9Parte così una lunga corrispondenza che sarebbe durata ancora per sei anni. La preparazione dell’edizione di Donne venne seguita inizialmente da Guido Davico Bonino, poi passò, per un certo intervallo di anni, a Paolo Fossati, e successivamente tornò di nuovo a Davico Bonino. A più riprese Campo lascia intendere che il libro sia quasi pronto: sarebbe pronto «per l’autunno», «entro la fine del mese», mancava solo «il lavoro di revisione critica e di limatura»23. Dal novembre 1968 il dialogo epistolare con Paolo Fossati si riferisce al numero delle poesie consegnate, che erano «troppo poche»; finché, nel gennaio 1970, Campo riceve un ultimatum: entro il 20 febbraio devono essere pronte l’introduzione e la nota sull’autore. Comincia così l’ultima, intensa, fase del lavoro; la versione finale della traduzione sarà pronta solo l’estate del 197024 e ancora nell’aprile Campo aveva scritto a John Lindsay Opie:
- 25 Lettera di Cristina Campo a John Lindsay Opie, della Domenica in Albis (5 aprile) del 1970, in C. C (...)
E in cima a tutto questo, la maledizione delle maledizioni, il mostro familiare: dover terminare un libro che si detesta fare. Ricorda il piccolo John Donne che stavo traducendo l’anno scorso? Si è ripresentato, come l’influenza, e dal 10 febbraio mi si è insediato in petto, un incubo assoluto, mentre il cuore e la mente lottano per volare altrove25.
10A luglio del ’70 la traduttrice parlerà anche a Margherita Pieracci Harwell, di «un lavoro faticosissimo», fatto «per lo più a controcuore»; quindi informa l’amica:
- 26 Lettera di Cristina Campo a Margherita Pieracci Harwell di luglio 1970, in C. Campo, Lettere a Mita(...)
Ma questa gioia di scrivere non la provavo più dalla morte dei miei — e credo sia anche un po’ il frutto dell’enorme sforzo compiuto a primavera, in condizioni quasi impossibili, per finire il volumetto su John Donne. Ricorda quel che dice Simone sugli sforzi vani del Curato d’Ars per imparare il latino? Vi ho sempre pensato facendo questo lavoro — e non avevo torto26.
- 27 Lettera di Cristina Campo a John Lindsay Opie, della Festa della Presentazione della B. V. M. (21 n (...)
11Pure nella lettera a John Lindsay Opie del 21 novembre, Campo richiama la stessa gioia legata al fatto di aver finito il lavoro e di aver trovato disciplina nel lavorare: «Quel che più conta adesso: lavoro molto seriamente ai miei saggi. Donne, finito quattro mesi fa, ora sta dando i suoi frutti in consuetudine alla disciplina e tecnica quotidiana»27.
- 28 S. Weil, L’Iliade o il poema della forza, in Ead., La Grecia e le intuizioni precristiane, trad. di (...)
- 29 W. C. Williams, Poesie, trad. di V. Sereni e C. Campo, Torino, Einaudi, 1961 e 1967. Interessante è (...)
- 30 Il volume Il flauto e il tappeto è stato pubblicato nel 1971 da Rusconi. Il saggio Sensi soprannatu (...)
- 31 M. G. Biovi, La muta e la lepre, ovvero il Diario di Virginia Woolf, «Paragone», no 128, 1960, pp. (...)
- 32 Ivi, p. 130.
- 33 Il vivo interesse di Campo per il tema del canto gregoriano si può notare per esempio nelle sue let (...)
12A proposito dei saggi menzionati da Campo, si deve notare che nello stesso periodo la traduttrice aveva lavorato parallelamente su alcuni altri progetti. Finiva un lavoro su Simone Weil28; pubblicava la ristampa del volume su William Carlos Williams tradotto con Sereni29; lavorava su propri saggi30. Aveva lavorato alla traduzione del diario di Virginia Woolf, recensito nello stesso fascicolo di «Paragone»31 che ospitava le prime poesie di Donne. L’autrice della recensione giudica la traduzione della Woolf come «accuratissima» e le «fatiche» della traduttrice come «intelligenti»32. Alle attività letterarie della Campo si unisce il costante interesse verso la liturgia e la lotta per la conservazione del rito tradizionale33.
- 34 Lettera di Cristina Campo a Margherita Pieracci Harwell del 7 luglio 1971, in C. Campo, Lettere a M (...)
13A luglio del 1971 il volume di traduzioni da Donne è finalmente pronto e Campo può mandarlo ai propri amici, tra cui Margherita Pieracci Harwell: «Vi farò spedire anche il libretto su Donne, che credo meglio lei trovi al suo ritorno»34.
2. La struttura del volume e le edizioni
14Poesie amorose. Poesie teologiche contiene traduzioni con testo a fronte di 24 poesie di Donne, di cui 14 da Canzoni e Sonetti (Songs and Sonnets), 7 da Sonetti sacri (Holy Sonnets), 2 inni e il poema La croce.
15L’edizione Einaudi del 1971 riporta in copertina la prima stanza de Il sogno:
Per nessun altro, amore, avrei spezzato
questo beato sogno.
Buon tema alla ragione,
troppo forte per la fantasia.
Fosti saggia a destarmi. E tuttavia
tu non spezzi il mio sogno, lo prolunghi.
Tu così vera che pensarti basta
per fare veri i sogni e le favole storia.
Entra fra queste braccia. Se ti parve
meglio per me non sognar tutto il sogno,
ora viviamo il resto.
- 35 Lettera di Paolo Fossati a Cristina Campo del 30 novembre 1970, in M. Pertile, Cristina Campo. Corr (...)
16Dalla corrispondenza con la casa editrice emerge che Campo avrebbe preferito che in copertina figurasse un altro brano. La lettera di Paolo Fossati del 30 novembre 1970 suggerisce tale possibilità: il redattore, infatti, dice che purtroppo il volume è già in tipografia e che il brano scelto per la copertina non poteva più essere modificato35. Solo a partire dalla seconda edizione si poté sostituire il frammento. Così, nell’edizione attuale, sulla copertina, invece della stanza de Il sogno si può leggere la quarta strofa di A Valediction: Forbidding Mourning [Congedo, a vietarle il lamento] in inglese:
Dull sublunary lovers love
(Whose soule is sense) cannot admit
Absence, because it doth remove
Those things which elemented it.
insieme alla versione italiana:
L’amore degli ottusi amanti sublunari
(la cui anima è il senso) non intende
l’assenza, che rimuove
le cose che gli furono elemento.
17La seconda edizione si differenzia dalla prima non solo per la poesia riprodotta in copertina, ma anche per minori cambiamenti, soprattutto lessicali, riscontrabili nelle traduzioni. Altre varianti, di cui si parlerà in seguito, si possono registrare anche nelle versioni pubblicate su «Paragone» e in quelle accolte nell’antologia dei mistici occidentali.
18I commenti di Campo racchiusi nella sua introduzione e nelle note ai testi sono essenziali per capire la sua singolare interpretazione di Donne. Nella nota alla poesia che apre la raccolta, A Valediction: Forbidding Mourning, la traduttrice spiega la scelta per la struttura del volume:
- 36 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 103. Oggi il testo, con il (...)
Ho posto questa poesia in apertura alla piccola scelta perché in un solo tratto perfetto, veramente descritto dal compasso intorno a cui gira, racchiude quasi tutti gli archetipi del mondo poetico di Donne e al loro stato più puro, quali li ritroveremo solo nei grandi Inni36.
- 37 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 103.
- 38 Ivi, p. 105.
19Secondo la traduttrice tra gli archetipi ci sarebbero: 1) lo status, «la dignità della coppia “sacerdotale”»; 2) la «concentrazione sull’oggetto coagulante», come il compasso o la lamella d’oro; 3) i moti cosmici (secondo il sistema tolemaico); 4) l’armonia delle sfere; 5) l’immagine della morte intrecciata all’immagine dell’amore; 6) la dizione, caratteristica poi degli Inni sacri, estatica, intesa come conversazione e «da obliterare metro e rima»37. Motivi che tornano insistentemente nelle poesie scelte. Gli amanti «sacerdotali», come li chiama la poetessa, torneranno nelle altre poesie tradotte; non saranno invece approfondite le figure degli amanti delle poesie erotiche, omesse nella scelta. Una particolare attenzione sarà dedicata a oggetti specifici, importanti pure nelle altre poesie tradotte, come il braccialetto ne La reliquia, e il ragno e la fontana che piange ne Il parco di Twickenham. Saranno inoltre riscontrabili motivi cosmologici, come ne L’estasi o in Inno a Dio, il mio Dio, nella mia infermità. Viene dato rilievo al motivo dell’amore intrecciato con la morte, presente in alcune poesie di Donne, come Il funerale, Notturno sopra il giorno di Santa Lucia che è il più breve dell’anno e La reliquia, nel cui commento la traduttrice parla del «fosco bagliore sepolcrale che rischiarerà tutto il tardo Donne»38.
20La nota bibliografica ai testi informa che l’ordine «è leggermente cambiato» rispetto all’edizione di Herbert Grierson del 1912, ristampata nel 1933, su cui si basava l’edizione originale. In realtà, l’ordine delle poesie amorose cambia sostanzialmente, solo alcune si presentano nella stessa sequenza di Grierson. Nel volume della Campo la poesia Il buongiorno occupa la seconda posizione (non come nell’edizione di Grierson in cui è inserita come prima), ma mantiene il collegamento diretto con la successiva Canonizzazione. Rimangono affiancate anche L’anniversario e Il parco di Twickenham, che però Grierson colloca nella parte iniziale della raccolta. Le posizioni delle altre poesie sono rovesciate o mescolate sia rispetto all’ordine generale, sia rispetto alla loro sequenza individuale. L’ordine delle poesie amorose nel volume rispecchia una certa narrazione dell’opera di Donne, che inizia dall’unione quasi divina degli amanti e finisce con la morte di Anne More (Notturno sopra il giorno di Santa Lucia, che nella versione tradizionale di Songs and Sonnets, come da Grierson, è posizionato verso la metà della raccolta). Notturno, in cui si menziona «la mezzanotte dell’anno», nella scelta campiana corrisponde anche alla mezzanotte, alla metà, e quindi al centro del volume: il momento che cambia radicalmente la situazione emotiva del poeta e contribuisce alla sua inclinazione verso Dio. Con la fine dell’amore mondano, secondo la narrazione che impronta il volume, inizia il periodo dedicato solamente a Dio e guidato dall’amore divino.
3. Il corpus poetico
- 39 K. Rundell, Super–Infinite. The Transformations of John Donne, Faber, London, 2022 (Kindle edition) (...)
21Nella scelta delle opere da tradurre si può osservare la predilezione di Campo verso le poesie a tema religioso o spirituale, in senso lato. Non sono prese in considerazione le poesie incentrate sulle qualità puramente materiali, sull’amore fisico, come la celebre The Flea, oppure The Dampe, o molte altre poesie che fanno di Donne un cantore di bellezze amorose mondane. La scelta delle liriche da tradurre riflette la visione del poeta inglese di Campo: le parti del corpus poetico non in linea con il gusto della traduttrice sono cancellate, come se non esistessero. L’immagine di Donne che lei trasmette è quella di un poeta spirituale, che ha subito una trasformazione e una conversione religiosa, e grazie al sincero amore terreno per una donna ha trovato l’amore divino. Una immagine, questa, abbastanza soggettiva, visto che del poeta si è parlato anche in termini molto diversi: «The work Donne is most famous for; the love poetry and the erotic verse. […] Donne is the greatest writer of desire in the English language. He wrote about sex in a way that nobody ever has, before or since»39.
- 40 G. Fink, John Donne tradotto da Cristina Campo, «Paragone», no 256, 1971, p. 114.
- 41 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., pp. 104‑105.
22Questo non vuol dire che l’immagine di Donne nella versione di Campo non sia un’immagine complessa e variegata. «Il suo Donne è poeta e uomo vivo, inquietante nelle sue contraddizioni, imprevedibile nel suo repertorio», scriverà Guido Fink40. La netta contraddizione, che viene sottolineata nel titolo stesso del volume, tra l’amore terreno e l’amore divino, sembra comunque mettere in sordina la prima parte della giustapposizione: l’accezione puramente erotica. Nei luoghi dove il corpo in senso erotico diventa il tema principale della poesia, la traduttrice, nel commento, cede spesso la parola ad altri autori, come nella nota riguardante L’estasie, in cui per parlare del corpo cita Praz, Melchiori e Rowe41.
23Le poesie che parlano dell’amore terreno (sublunary) sono state nettamente divise da quelle che parlano dell’amore divino e del contesto religioso. Per la traduttrice la questione era di straordinaria importanza. Il 29 settembre del 1970 scrive a Fossati:
- 42 Lettera di Cristina Campo a Paolo Fossati del 29 settembre del 1970, in M. Pertile, Cristina Campo. (...)
Un’altra cosa che mi interessa. Vedo annunciato il libro come Poesie amorose e poesie teologiche. Il vero titolo è invece Poesie amorose. Poesie teologiche. La distinzione tra le due parti della vita e dell’opera di Donne è nettissima nel libro e ci tengo a mantenerla nel titolo42.
- 43 K. Rundell, Super–Infinite. The Transformations of John Donne, cit.
24Un Donne diviso, dunque, spezzato in due: cattolico e protestante, amante e sacerdote. Del resto, anche altri interpreti hanno insistito sulle numerose e contrastanti fasi che il poeta avrebbe attraversato nel suo percorso umano e letterario43.
- 44 A. Berman, Toward a Translation Criticism: John Donne, translated and edited by F. Massardier-Kenne (...)
- 45 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 104.
25Commentando le traduzioni di Donne in francese, Antoine Berman ritiene che le scelte limitate alle poesie trasmettano un’immagine parziale dell’autore: «All the collections of Donne’s works that have existed until now are insufficient in two ways. First, they all are only collections of poems. Then, these collections all have their limits»44. Cristina Campo non soltanto traduce solo le poesie, ma all’interno del corpus poetico opera una selezione molto limitata e personale. Tanto che rinuncia a tradurre alcuni frammenti, come nel caso di Aria e Angeli e La canonizzazione, dei quali scrive nelle note: «La parola King, nella parte della poesia che non ho tradotta, indicherebbe come data di composizione gli anni immediatamente seguenti al 1603, quando Giacomo I successe a Elisabetta»45. Un dettaglio editoriale interessante è che la parola «insetti», inclusa nella nota nella prima edizione del volume, sia sostituita con «falene» nell’edizione successiva (sui cambiamenti nel testo della traduzione si tornerà in seguito). L’elevazione del linguaggio è uno dei tratti peculiari delle traduzioni di Campo.
26Leggendo Donne, noi leggiamo anche Campo e la sua particolare versione del poeta inglese. D’altra parte, questa stessa osservazione si potrebbe applicare, secondo Armanda Guiducci, anche all’edizione di Patrizia Valduga del 1985. Tutte e due le edizioni forniscono, infatti, un’immagine incompleta dell’opera donniana:
Nell’ambito delle «versioni poetiche», il riferimento non può che andare a due poetesse il cui intervento appare particolarmente interessante: Cristina Campo con 23 testi (Torino, 1971) e Patrizia Valduga con 30 testi (Milano, 1985). Queste traduzioni sono, tuttavia, limitate alle liriche o allargate, nel primo caso, a qualche «poesia teologica».
- 46 J. Donne, L’amore e il male, profilo di vita e traduzioni di A. Guiducci, Milano, Lafranchi, 1996, (...)
Ma Donne è poeta di canzoni e liriche, di epigrammi, di satire, di elegie, di epitalami, di epistole in versi, di epicedi, di rime sacre, di sonetti e di inni, di sermoni e di trattati in prosa e perfino di versi latini. La sua poetica è come un caleidoscopio. Vedere alcune immagini non basta46.
27La scelta delle poesie in chiave biografica e personale si può osservare anche nel caso degli altri traduttori del poeta inglese. Giovanni Giudici, che scelse di aprire il suo primo Quaderno delle traduzioni del 1982 con le versioni da Donne, ha scritto in merito alla struttura del suo volume, intitolato, appunto, Addio, proibito piangere:
- 47 G. Giudici, Addio, proibito piangere e altri versi tradotti (1955–1980), Torino, Einaudi, 1982, p. (...)
Curioso destino, com’è fatto questo libro […]: comincia con un metafisico (il tipo di poeta che, per pura suggestione dell’epiteto, mi sarebbe piaciuto essere allora) e chiude con un romantico (il tipo di poeta che, a questo punto senza più suggestioni, rimpiangerò di non poter diventare)47.
- 48 Ibidem.
- 49 J. S. D. Blakesley, Modern Italian Poets. Translators of the Impossible, Toronto, University of Tor (...)
- 50 Non solo l’edizione inglese di Grierson, ma anche altre precedenti presentazioni del poeta nel cont (...)
28Giudici, peraltro, non fa nessun riferimento alle traduzioni già esistenti di Donne in ambito italiano e ne scrive come se fosse un poeta non ancora approfondito in quel contesto: «Chi era questo John Donne più che l’autore dei versi in esergo a un caro (e oggi dicono modesto) romanzo di Hemingway? O uno che piaceva a Eliot, sí, il sensuous thought, un poeta coronato dal suggestivo marchio di metafisico?»48. Il traduttore percepisce Donne in chiave puramente personale, come un punto di riferimento per la propria attività poetica («il tipo di poeta che […] mi sarebbe piaciuto essere allora»). In più, come nota Jacob Blakesley49, l’ordine cronologico secondo il quale organizza le traduzioni è un ordine che segue le date delle sue traduzioni, non le date di nascita dei poeti tradotti. Nella prospettiva delle traduzioni di Campo, è interessante notare come la scelta di Giudici cominci con la stessa poesia che apre l’antologia di Campo50.
4. L’apparato paratestuale
- 51 Per quanto riguarda l’interpretazione della dedica forse non è da sottovalutare il brano di una let (...)
29L’antologia di Campo reca la dedica: «Per Jaffier». È il primo segnale della lettura soggettiva e personale a cui sarà sottoposta l’opera di Donne. Il lavoro traduttivo sarà distillato attraverso le esperienze intellettuali e letterarie di Campo e la sua sensibilità, anche in connessione con altri progetti letterari, in particolare la traduzione della Venezia salva di Simone Weil51. La connessione tra Jaffier e le poesie di Donne riguarderebbe soprattutto il tema della bellezza. Jaffier salvò la città perché «vede Venezia» nella sua intera bellezza e quindi decide di proteggerla dalla violenza dei congiurati.
- 52 S. Raffo, Cristina Campo, traduttrice di John Donne, in L’opera di Cristina Campo al crocevia cultu (...)
30L’epigrafe della raccolta è una citazione da Yeats, nella quale torna il tema della bellezza: «Più preciso e dotto il pensiero, più alta la bellezza, la passione». Come scrive Silvio Raffo, è una frase «dal sapore programmatico di William Butler Yeats, altro poeta “alchimista” non certo lontano dall’universo di Cristina»52.
- 53 G. Fink, John Donne tradotto da Cristina Campo, «Paragone», no 256, 1971, p. 114.
- 54 C. Campo, Introduzione, in John Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 8.
- 55 Nell’introduzione si può trovare un errore, che si è conservato in tutte le edizioni del volume fin (...)
31Nella sua prefazione, che Fink giudica come «acuta, sottile, sapientemente allusiva»53, Campo fa riferimento alle sue svariate letture, al proprio orizzonte di testi amati. Spiccano due motivi: il cristianesimo e la fede; l’unione dei contrasti nella vita e nell’opera di Donne. Per quanto riguarda il cristianesimo, la poetessa ricorda il personaggio di Miris del poema omonimo di Konstantinos Kavafis e paragona a lui il Donne adolescente «rissoso, prodigo e squisito»54, di cui comunque, come di Miris, si sapeva che era cristiano. Come si può notare, nella sua lettura Campo mescola la realtà con la finzione; due mondi — quello letterario e quello storico — sembrano intrecciarsi e uno fa da sfondo all’altro55.
- 56 Ivi, p. 10.
- 57 Ivi, p. 11.
- 58 Ivi, p. 12. Si può ricordare che anche nel romanzo di Pasternak la poetessa ha trovato tanti contra (...)
- 59 «Nell’inesplicabile verso a something else thereby anche Redpath legge un accenno coperto al Cristo (...)
- 60 Si veda la lettera di Cristina Campo a Gianfranco Draghi del 16 febbraio 1958: «Ma oggi devo dirle: (...)
- 61 A. Berman, Pour une critique des traductions : John Donne, Paris, Gallimard, 1995. Utilizzo la trad (...)
- 62 Così come il suo libro di poesie Passo d’addio ha «poco da condividere con il clima letterario in c (...)
32Per quanto riguarda i contrasti, nell’opera di Donne si può percepire, secondo la traduttrice, «un singolare processo di assimilazione ad opposte forme»56, «Il tutto aggredito, mischiato col piglio casuale e potente del gran teatro dell’epoca»57. Più di una volta viene richiamato Boris Pasternak nel contesto del «sentimento del destino che unisce due esseri contro l’orrore di un mondo». Di Pasternak si ricorda il romanzo Il dottor Živago composto, secondo Campo, «scegliendo, stranamente, le stesse maschere rituali usate da Donne in una poesia, La reliquia»58. Questo notevole paragone letterario torna anche nelle note59. Il dottor Živago è un romanzo importante nella vita di Cristina Campo ed è da ricollegare al suo legame con Zolla, che glielo fece scoprire nel febbraio 195860. È interessante notare che negli anni Novanta l’accostamento tra Donne e Pasternak sarà riproposto, in modo indipendente da Campo, anche dal grande traduttologo Antoine Berman61. Mentre Campo si riferisce al Dottor Živago, Berman evoca le riflessioni di Pasternak sulla traduzione, citando spesso l’edizione inglese delle sue Note sulla traduzione del 1944. Entrambi gli autori, peraltro, adottavano un approccio che potremmo definire ermeneutico: Berman, nell’ambito dell’analisi delle traduzioni; Campo, nel suo modo di leggere e di commentare i testi, trasmettendoli ai lettori nelle traduzioni e nei saggi. La prospettiva ermeneutica di Campo è notevole, perché va controcorrente rispetto allo storicismo, allora egemone nel contesto culturale italiano62. È interessante notare che Verità e metodo di Hans Georg Gadamer, il testo fondativo dell’ermeneutica, fu pubblicato proprio nel 1960, lo stesso anno in cui appaiono le prime traduzioni di Donne su «Paragone».
33Un’altra coincidenza notevole tra Campo e Berman consiste nel fatto che entrambi attribuiscano ai testi su Donne un’importanza decisiva nei loro rispettivi percorsi esistenziali. Campo, in una famosa lettera, a proposito dello scarso numero di testi tradotti, attribuisce la responsabilità ai testi che volevano o non volevano lasciarsi tradurre:
- 63 Lettera di Cristina Campo a Paolo Fossati del 14 ottobre 1968, in C. De Stefano, Belinda e il mostr (...)
Gentilissimo amico, riceverà tra breve una quindicina (o poco più) di poesie di John Donne. Mi sembrano abbastanza belle in italiano, seppure, naturalmente, non bellissime come in inglese. Hanno voluto, loro, essere tradotte. Ho fatto il possibile e l’impossibile (che quando è spontaneo è facile) per tradurne altre dieci o dodici. Non vogliono, assolutamente. E io non posso forzarle. Non ne uscirebbe nulla63.
34Quanto a Berman, nell’introduzione al suo volume su Donne, afferma di essersi reso conto che una parte delle sue ricerche voleva diventare un libro:
- 64 A. Berman, Toward a Translation Criticism: John Donne, cit., p. 2.
When I started going over the text of my seminar and attempting to adapt it for my synthesis, something unexpected happened: the chapter began to grow and grow until it became clear to me that this part of the synthesis (originally titled ‘Translation Analyses’) wanted to become a book, a book that, like the synthesis, was simultaneously a work about criticism of translations, and about the genre of ‘translation criticism,’ and about John Donne64.
- 65 A proposito si vedano le lettere: M. Dalmati, Lettere agli amici fiorentini con i carteggi di Mario (...)
- 66 C. Campo, Introduzione, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 11.
35Tornando all’introduzione di Campo, subito dopo Pasternak, trova il suo posto Emily Dickinson, nume tutelare di Campo fin dall’adolescenza. Come vediamo, quindi, i riferimenti letterari sono molto personalizzati: Kavafis (tradotto dalla sua amica Margherita Dalmati65), T. S. Eliot, Weil, Pasternak, Dickinson, Dante. Infine, da Woolf Campo cita alcuni brani del suo testo dedicato a Donne e conclude: «Virginia Woolf ha notato come la qualità che più avvince in Donne non sia tanto il significato, pur carica com’è di significato la sua poesia, quanto l’esplosione con la quale egli rompe nel discorso»66.
36Anche nelle note contenute nel volume la traduttrice si riferisce alle sue letture preferite. E così nella nota alla traduzione del VI Sonetto sacro This is my playes last scene, here heavens appoint fa riferimento a altre opere sulla morte e sul giudizio universale (Dante, Calderòn, la cultura del Seicento, Hofmannsthal).
37Nei commenti è possibile osservare l’impatto dell’antologia dei mistici a cui collaborava. Per esempio, in questa chiosa densa di riferimenti alla tradizione mistica:
- 67 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 111‑112.
È l’invocazione dell’anima alla divina violenza, nelle candide, incandescenti figurazioni carnali comuni a tutti i grandi contemplativi, da Agostino a Jacopone a Margherita Alacoque. […] Tradotto «rapiscimi» al terzultimo verso, all’ultimo era imperativo il «violenti»: che del resto non avrebbe turbato una Mechtilde di Magdeburgo, né un Ruysbroeck, né un Pio da Pietralcina67.
38Si vede che la traduttrice gestiva con scioltezza il repertorio della letteratura mistica in varie accezioni, comprese quelle meno comuni o prevedibili.
5. Le soluzioni traduttive
- 68 J. Donne, Canzoni e sonetti, traduzione di P. Valduga, Milano, Edizioni SE, 1985.
39A differenza di altri traduttori di Donne (come, ad esempio, Patrizia Valduga68), Cristina Campo rinuncia alla rima, e evita inoltre di adottare soluzioni traduttive arcaizzanti. Questo tipo di approccio avrebbe trovato concorde Antoine Berman, il quale, commentando le traduzioni francesi delle poesie di Donne, ha osservato:
- 69 A. Berman, Toward a Translation Criticism, cit., p. 105.
It is impossible for the poet as well as for the translator of poetry — even traditional poetry — to simply turn to old versification. For the translator of poetry, this is running the risk (of course everything depends on the individual case and on the domain) of poetic failure, of pastiche, of “vulgar doggerel”69.
40Nelle sue versioni, Campo si concentra soprattutto sul ritmo interno del testo, indipendente dalla struttura esterna formale della poesia e dal lessico.
- 70 Per esempio, le traduzioni di Emily Dickinson. Si veda Tre poesie di Emilia Dickinson (1072 [Titolo (...)
41Come si può vedere in altri suoi lavori70, Campo come traduttrice di poesia ha la propensione a cambiare la struttura delle strofe e moltiplicare il numero dei versi rispetto a quello originale. Ma ciò non implica un approccio che complichi o offuschi la nitida struttura originale, il che andrebbe contro la poetica di Campo, la quale perseguiva la chiarezza e la precisione nell’espressione. Le scelte traduttive della poetessa mostrano invece il coraggio di rompere gli schemi e di trasgredire i presunti limiti formali posti dall’originale, nonché l’atteggiamento soggettivo dell’autore verso il testo.
- 71 Si veda J. M. Walker, Donne’s Words Taught in Numbers, «Studies in Philology», no 84, 1987, pp. 44‑ (...)
42Talvolta, comunque, nel caso di Donne la rinuncia alle strutture versificatorie originali comporta la perdita del valore simbolico collegato strettamente alla semantica della poesia dell’inglese. Così succede per esempio nella poesia Love’s Growth, dove il numero dei versi trasmette il senso di moltiplicazione e di crescita dell’amore: 24 versi di 10 sillabe e 4 versi di 6 sillabe (e quindi di 24 sillabe in tutto) simboleggiano le ore del giorno; le 7 rime per stanza si riferiscono ai giorni della settimana; i 28 versi della poesia corrispondono al numero dei giorni di un mese lunare71. Nella traduzione Crescita d’amore lo schema dei versi cambia: ce ne sono 33. Il che in senso simbolico può trasmettere ben altri significati, concernenti la dimensione divina e cristiana: 33, come si sa, è il numero sacro dell’età di Cristo, e anche il numero su cui si basa la struttura della Commedia dantesca. Sia nella versione originale di Love’s Growth, sia nella traduzione troviamo, quindi, un numero simbolico dei versi, ma il numero originario (28) è sostituito da un altro numero (33), che comporta altri significati. Cambia così anche il riferimento simbolico: dal mese lunare, secondo il calendario astrologico, all’immaginario cristiano e religioso. Di conseguenza lo spettro delle possibilità interpretative risulta modificato.
43Allo stesso tempo il numero di versi della traduzione è legato all’introduzione di enjambements, che scarseggiano invece nelle versioni originali di Donne. Il frequente ricorso ad essi, che si può osservare in modo molto chiaro, ad esempio, nella versione de Il buongiorno, è una costante delle traduzioni campiane di Donne.
- 72 G. Fink, John Donne tradotto da Cristina Campo, cit., p. 115.
- 73 J. Donne, Canzoni e sonetti, traduzione di P. Valduga, cit.
44Come nota Fink, lo stile della traduzione talvolta diventa più paratattico rispetto alla versione originale, cosicché tendono a sparire le congiunzioni e i relativi72. Per esempio, nel frammento del Twicknam Garden l’ipotassi originale «And take my teares, which are loves wine» ne Il parco di Twickenham viene resa con una costruzione paratattica: «e raccogliete le mie lacrime, / vino d’amore». Lo stesso accade in un brano dei Sonetti sacri (X)73, dove cade la congiunzione ipotattica: «From rest and sleepe, which by thy picture bee» diventa «Dal riposo e dal sonno, mere immagini / di te».
45Si può osservare anche una certa tendenza al cambiamento delle parti del discorso, con una prevalenza delle strutture nominali. Per esempio, nella traduzione di Twicknam Garden il brano «that a grave frost did forbid / These trees to laugh, and mocke mee to my face» diventa «un’aspra gelata vietasse / a questi alberi il riso che m’irride». Così i due verbi della locuzione originale sono accorpati in una costruzione nominale-verbale («il riso che m’irride»), che trasmette anche valori fonetici aggiuntivi. Invece nel frammento del VI Sonetto sacro This is my playes last scene, here heavens appoint, l’avverbio «instantly» è reso con l’aggettivo «ratta», che si riferisce direttamente al sostantivo «morte» anziché al verbo «disgiungere»:
And gluttonous death, will instantly unjoint
My body, and soule, and I shall sleepe a space
e morte, ghiotta e ratta, mi disgiunge
corpo e anima. E io dormirò un tratto
46Sulla base dello stesso esempio è possibile notare l’aggiunta di un’allitterazione: («morte») – «ratta» – «tratto» – («dormirò»), che sostituisce l’allitterazione originale «soule» – «sleepe» – «space». Il legame fonetico tra le parole «ratta» – «tratto» basato su un’assonanza e una consonanza interna provoca peraltro l’unione tra due parole quasi ossimoriche: ‘ratto’ (‘veloce’) e ‘tratto’ (‘poco’). Un’altra caratteristica delle traduzioni di Campo, quindi, è quella di introdurre interventi fonetici in vari luoghi delle traduzioni per compensare certe assonanze originali difficilmente riproducibili nelle localizzazioni originali.
- 74 C. Campo, Tre versioni da John Donne, «Paragone», a. XI, no 128, 1960, pp. 71‑73.
47Le poesie anticipate su «Paragone»74 sono Congedo, a vietarle il lamento; Il buongiorno e alcuni frammenti de La canonizzazione. Le traduzioni in volume hanno subito relativamente pochi cambiamenti rispetto alle versioni delle stesse poesie pubblicate precedentemente. Nella versione del Congedo, a vietarle il lamento è stato corretto un errore — nella settima strofa «la tua anima» sostituisce l’erronea «la mia anima» della prima versione — e l’omissione di alcune congiunzioni («labbra pupille e mani» diventano «labbra, pupille, mani») rende la struttura delle traduzioni ancora più paratattica. Sono introdotti anche alcuni cambiamenti lessicali: «volge mali e paure» diventa «porta mali e paure» nel Congedo; ne Il buongiorno, invece, «la ottenni» diventa «la ebbi»; «carte nuove» cambia in «mappe nuove»; «riposano nei nostri occhi» è corretto con «riposano nei nostri volti»; «declining West» prima è reso come «Ovest ombroso», poi «Ovest caduco». Un maggior numero dei cambiamenti è stato introdotto nella seconda versione del brano de La canonizzazione, che è stata alterata in modo considerevole, soprattutto nella prima parte:
- 75 La stessa versione è stata conservata in C. Campo, La tigre assenza, Milano, Adelphi, 1991, p. 196.
- 76 «[S]ulla copia di Margherita Pieracci, al v. 3, una correzione a mano di C. C.: “folli falene siamo (...)
48Occorre osservare che tra le due versioni ce n’è anche un’altra, quella apparsa nella prima edizione del 1971, in cui il terzo verso aveva la forma: «folli insetti, ma siamo»75. In una delle copie del volume della primissima edizione la parola «insetti» è cancellata in penna blu e al margine è scritto «falene»; cancellata è pure la congiunzione «ma». Anche ne La tigre assenza si può leggere che la copia di Margherita Pieracci Harwell è stata corretta nello stesso modo76. Le varianti introdotte pure dopo la stampa della prima edizione, fanno vedere come fosse meticoloso e duraturo il processo di ricerca della soluzione più giusta, che deriva sempre da un accurato lavoro linguistico.
49La versione che subisce il maggior numero di ritocchi è il sonetto XIV delle Poesie teologiche (Sonetti sacri), già incluso nell’antologia de I mistici.
50Nella seconda edizione il verbo «tendi» nella quarta riga è sostituito con «piega»: si torna quindi alla forma precedente del verso, attestata dall’antologia dei mistici. Confrontando le prime due versioni si può osservare il processo della ricerca lessicale: gli aggettivi «debole e infedele» («weake and untrue» della versione originale) sono sostituiti con sinonimi più sofisticati e più sintetici ritmicamente: «molle o infida»; il verbo «portami» acquisisce la forma più coraggiosa di «rapiscimi»; si accentua anche il processo di frammentazione dei versi e aumenta il numero di enjambements.
51Variazioni lessicali si registrano ne Il buongiorno. Su «Paragone» si può leggere: «Se mai vidi bellezza / e la volli e l’ottenni / non fu che sogno della tua bellezza»; nella versione del volume l’espressione «l’ottenni» è rimpiazzata con «la ebbi» L’effetto della correzione è una soluzione più ambigua e più carnale, il che rappresenta, in certo modo, un’eccezione rispetto alla tendenza di Campo a smussare gli aspetti più carnali della poesia amorosa di Donne. Una tendenza che, invece, emerge chiaramente ne Il buongiorno, dove l’espressione «fratelli nell’amore» («love so alike») rimane in entrambe le versioni.
6. Giudizi critici
- 77 G. Scarca, Nell’oro e nell’azzurro, cit., p. 63.
- 78 M. Guidacci, John Donne: Poesie amorose. Poesie teologiche, «Nuova Antologia», no 2046, giugno 1971 (...)
- 79 Ivi, p. 268.
52La traduzione di John Donne — da Giovanna Scarca considerata «la vetta, il capolavoro dell’immenso lavoro di traduzione poetica sul quale Cristina Campo esercitò il suo “orecchio assoluto” per la musicalità della parola»77 — ricevette, già al momento della sua uscita, un notevole apprezzamento critico. Nella recensione uscita sulla «Nuova Antologia» nel giugno 1971, Margherita Guidacci78 ha indicato tre motivi per cui si dovrebbe essere grati a Campo. Prima di tutto la qualità della sua scelta, «fondata su quelle poesie che meglio segnano le tappe, i punti luminosi o arcani, dell’itinerarium del poeta»; in secondo luogo, la qualità delle traduzioni, che trasmettono il senso «di una circolazione perfetta della linfa poetica dall’una all’altra lingua». Infine, secondo la poetessa, si dovrebbe essere grati a Campo per l’apparato critico del volume, cioè l’introduzione e le note. Guidacci elogia inoltre la musicalità delle traduzioni: «La Campo ha fatto come certi strumenti sovrani che con la forza della loro passione, non meno che del loro virtuosismo, ricreano per l’uditorio una difficilissima partitura»79.
- 80 M. Praz, Poesie amorose poesie teologiche di John Donne, «Il Tempo», 11 luglio 1971, p. 3. Il testo (...)
- 81 Lettera di Cristina Campo a Guido Davico Bonino del 1 maggio 1974, in M. Pertile, Cristina Campo. C (...)
53Nella breve recensione, apparsa su «Il Tempo» nel luglio dello stesso anno80, Mario Praz loda molto il commento di Campo, definendolo «il più ispirato ritratto di Donne che ci abbiano dato gl’interpreti moderni». Sebbene critichi l’incompletezza dell’immagine di Donne che emerge dal libro («si potrà eccepire a Cristina Campo di non aver tenuto abbastanza conto di componimenti come la Satira III e di certa disponibilità giovanile del Donne e della sua accettazione della carriera ecclesiastica dapprima come pis aller per le sue ambizioni sbagliate di cortigiano»), nell’insieme trova attendibile il modo in cui il poeta viene presentato. Sia le versioni, sia il commento sono definiti «ottimi». Come risulta dalla corrispondenza con la casa editrice Einaudi, Campo avrebbe voluto aggiungere alla seconda edizione una fascetta con un frammento di questa recensione81.
- 82 G. Ceronetti, Poesia e riti, in Id., La carta è stanca. Una scelta, Milano, Adelphi, 2000, p. 35.
- 83 Sulle qualità musicali e certe inclinazioni naturali dei traduttori verso i valori fonici si veda D (...)
- 84 G. Ceronetti, Poesia e riti, in Id., La carta è stanca. Una scelta, cit., p. 34.
54Uno dei più entusiasti lettori del volume fu Guido Ceronetti: «L’idoneità di John Donne ai riti e alla musica è perfetta, perché lo è la sua umanità, e l’umanità intrecciata di riti e di musica della sua traduttrice, mi sembra straordinariamente idonea a fornire, nel verso e nel commento italiano, un’idea perfetta»82. Ceronetti sottolinea le competenze musicali della traduttrice83 e la sua sapienza liturgica: una «sapienza oggi tra le più strane»84. Reputa un vantaggio il fatto che Donne non fosse presentato in modo secco, cioè in chiave strettamente storico-filologica. Valorizza molto l’apporto personale di Campo, che era in grado di restituite in italiano le qualità della poesia di Donne, grazie alle sue idiosincratiche capacità. Il giudizio di Ceronetti, che possiamo ancora oggi sottoscrivere, illustra bene le ragioni del fascino duraturo delle traduzioni di Campo, che continuano a essere ristampate e a suscitare l’interesse di una schiera sempre meno esigua di lettori.
55Il volume delle traduzioni di Donne può essere analizzato da diversi punti di vista, e come per ogni traduzione possono essere indicate mancanze o scelte discutibili. Ma comunque sono proprio le scelte soggettive che rendono le traduzioni uniche e artisticamente compiute. Se prendiamo in considerazione e apprezziamo soprattutto la specifica soggettività nel delineare l’immagine di Donne, l’edizione curata dalla Campo può evitare le accuse di parzialità nella presentazione del poeta inglese. Leggere il Donne di Campo significa leggere una parte della poetessa e del suo progetto artistico e esistenziale, cosicché le predilezioni della traduttrice si rispecchiano nella scelta delle opere. Le traduzioni di Donne nascono da una profonda sintonia esistenziale: sono elaborate durante uno dei momenti più difficili dell’esistenza di Campo e vedono la luce solo dopo molti sforzi e ripetute dilazioni. Queste traduzioni acquisiscono un valore speciale, quando si prende in considerazione l’apporto soggettivo della traduttrice e della sua originale lettura interpretativa. Sono caratterizzate da una forte impronta musicale e trasmettono il dettato poetico di Donne attraverso il filtro dell’irripetibile sensibilità letteraria della traduttrice.
Notes
1 V. Woolf, Donne after Three Centuries, in Id., The Common Reader, London, Vintage, 2003.
2 M. Pieracci Harwell, Nota biografica, in C. Campo, Gli imperdonabili, Milano, Adelphi, 1987, p. 270.
3 A. Chesterman, The Name and Nature of Translator Studies, «Hermes. Journal of Language and Communication Studies», no 42, 2009.
4 A. Pym, Method in Translation History, New York, Routledge, 2014, p. 161.
5 C. De Stefano, Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo, Milano, Adelphi, 2002, p. 142. Per un profilo di Cristina Campo, si veda anche la monografia di M. Farnetti, Cristina Campo, Ferrara, Tufani, 1996.
6 C. Campo, Tre versioni da John Donne, «Paragone», a. XI, no 128, 1960, pp. 71‑73: Congedo, a vietarle il lamento; Il buongiorno; i frammenti de La canonizzazione. Importante sembra l’ordine delle tre opere che sarebbe rimasto lo stesso anche nel volume delle traduzioni che si apre proprio con le stesse tre poesie.
7 Lettera di Cristina Campo a Margherita Pieracci Harwell del 2 giugno 1959, in C. Campo, Lettere a Mita, Milano, Adelphi, 1999, p. 131.
8 Lettera di Cristina Campo a Leone Traverso del 11 maggio 1961. C. Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso (1953‑1967), a cura di M. Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, 2007, pp. 112‑113.
9 Sul canone «metafisico» delle traduzioni di Cristina Campo, si veda M. Ślarzyńska, The Metaphysical Canon in Poetry: On Cristina Campo’s Translation Activity, «Tekstualia», no 1(5), 2019/2020, pp. 151‑158. Emily Dickinson (insieme al suo «esperimento etrusco») viene accostata a John Donne pure nell’introduzione al volume: C. Campo, Introduzione, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, a cura di C. Campo, Torino, Einaudi, 1971, p. 13. Si veda anche G. Scarca, Nell’oro e nell’azzurro. Poesia e liturgia in Cristina Campo, Milano, Àncora, 2010, p. 65.
10 C. Campo [Puccio Quaratesi], Scrittori on show, in Ead., Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano, Adelphi, 1998, p. 98.
11 «Accanto a lui a partire dal 1960, e fino alla morte, Vittoria visse e creò la sua opera. Il gioco della reciproca illuminazione non è qui il luogo di ripercorrere. Il lettore ne troverà la testimonianza nei saggi di quegli anni […]» (M. Pieracci Harwell, Nota biografica, in C. Campo, Gli imperdonabili, cit., p. 270).
12 E. Zolla, I mistici dell’Occidente, Milano, Garzanti, 1963; Milano, Adelphi, 1997. La parte dedicata a John Donne: vol. 2, pp. 223‑232 dell’edizione Adelphi. Le traduzioni pubblicate con lo pseudonimo di Giusto Cabianca di: XIV dei Sonetti sacri, Inno a Cristo all’ultimo viaggio dell’autore per la Germania, La croce.
13 Lettera di Cristina Campo a Leone Traverso del 29 maggio 1963, in C. Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso, cit., p. 122.
14 M. Pieracci Harwell, Cristina Campo e i due mondi, postfazione a Cristina Campo, Lettere a Mita, cit., p. 396.
15 J. Donne, Poesie, traduzione e prefazione di F. Giovanelli, Modena, Guanda, 1944; J. Donne, Rime sacre, a cura di E. Giachino, Torino, Einaudi, 1953; J. Donne, Poesie scelte, a cura di S. Rosati, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1958; alcune traduzioni sono state pubblicate in M. Praz, John Donne, Torino, SAIE, 1958; G. Melchiori, Poeti metafisici inglesi del Seicento (1964) e John Donne (1968); J. Donne, Sermoni, a cura di M. Guidacci, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1946 (nuova ed., 1990).
16 La monografia interamente dedicata al poeta è uscita successivamente: M. Praz, John Donne, cit., 1958.
17 T. S. Eliot, I poeti metafisici (1921), in Id., Opere, Milano, Bompiani, vol. I, pp. 570‑581.
18 Metaphysical Lyrics and Poems of the Seventeenth Century. Donne to Butler, selected and edited by Sir H. J. C. Grierson, Oxford, The Clarendon Press, 1921.
19 Cfr. T. Franco, La lingua del padrone. Giovanni Giudici traduttore dall’inglese, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2020, p. 15.
20 La corrispondenza inedita tra Cristina Campo e la casa editrice Einaudi riguardante la pubblicazione delle traduzioni di John Donne è stata inclusa e commentata nella tesi di dottorato di M. Pertile, Cristina Campo. Corrispondenze inedite. Edizione e commento, Università Ca’ Foscari Venezia, 2006/2007, pp. 345‑384. Grazie a questa preziosa fonte è possibile conoscere il percorso editoriale del volume di Donne.
21 C. De Stefano, Belinda e il mostro, cit., pp. 116‑118. Al difficile periodo della perdita dei genitori dedica attenzione N. Di Nino, Gli anni della perdita: Missa romana e La tigre assenza di Cristina Campo, «Glossator», vol. 11, 2021, pp. 123‑136.
22 Lettera di Cristina Campo a Guido Davico Bonino del 29 ottobre 1965, in M. Pertile, Cristina Campo. Corrispondenze inedite. Edizione e commento, cit., p. 119.
23 Espressioni usate da Cristina Campo nelle lettere del 9 maggio 1966, del 6 luglio 1967, del 29 ottobre 1965, consultabili in M. Pertile, Cristina Campo. Corrispondenze inedite. Edizione e commento, cit., pp. 350‑365.
24 «I testi definitivi di John Donne verranno consegnati solo nell’estate del 1970. Cristina non ha avuto neanche la forza di trascriverli in bella copia. Il corpo a corpo con il grande spiritualista inglese è durato cinque anni» (C. De Stefano, Belinda e il mostro, cit., p. 120). Cfr. ivi, pp. 114, 119‑120.
25 Lettera di Cristina Campo a John Lindsay Opie, della Domenica in Albis (5 aprile) del 1970, in C. Campo, La disciplina della gioia. Con le lettere a John Lindsay Opie, a cura di M. Pertile e G. Scarca, Verucchio, Pazzini Editore, 2021, p. 223 («And on top of it all, the curse of curses, the familiar monster: having to finish a book one hates doing. Remember the little John Donne I was translating last year? Back it came, like the flu, and since February 10th it has been sitting on my chest, a sheer incubus, while my mind and heart struggled to fly elsewhere», ivi, p. 222). Il frammento è citato, in un’altra versione italiana, in C. De Stefano, Belinda e il mostro, cit., p. 121.
26 Lettera di Cristina Campo a Margherita Pieracci Harwell di luglio 1970, in C. Campo, Lettere a Mita, cit., p. 244.
27 Lettera di Cristina Campo a John Lindsay Opie, della Festa della Presentazione della B. V. M. (21 novembre) del 1970, in La disciplina della gioia, cit., p. 225 («What matters most now: I am working very hard at my essays. Donne finished 4 months ago and giving fruit now in habits of discipline and daily technique», ivi, p. 224).
28 S. Weil, L’Iliade o il poema della forza, in Ead., La Grecia e le intuizioni precristiane, trad. di C. Campo in collaborazione con M. Pieracci Harwell, Torino, Borla, 1967; II ed. Milano, Rusconi, 1974. Poco prima è uscita la traduzione di Venezia salva, trad. di C. Campo, Brescia, Morcelliana, 1963.
29 W. C. Williams, Poesie, trad. di V. Sereni e C. Campo, Torino, Einaudi, 1961 e 1967. Interessante è che per un certo periodo la corrispondenza con Einaudi (con Paolo Fossati) riguarda nello stesso tempo sia le sollecitazioni per il Donne ancora non consegnato, sia la ristampa del volume di William Carlos Williams; si vedano le lettere da giugno 1966 a luglio 1967 in M. Pertile, Cristina Campo. Corrispondenze inedite. Edizione e commento, cit., pp. 353‑365.
30 Il volume Il flauto e il tappeto è stato pubblicato nel 1971 da Rusconi. Il saggio Sensi soprannaturali è stato pubblicato nel 1971 su «Conoscenza religiosa».
31 M. G. Biovi, La muta e la lepre, ovvero il Diario di Virginia Woolf, «Paragone», no 128, 1960, pp. 120‑131.
32 Ivi, p. 130.
33 Il vivo interesse di Campo per il tema del canto gregoriano si può notare per esempio nelle sue lettere a Paolo Fossati del 21 luglio e del 20 settembre 1967. Cfr. M. Pertile, Cristina Campo. Corrispondenze inedite. Edizione e commento, cit., p. 366.
34 Lettera di Cristina Campo a Margherita Pieracci Harwell del 7 luglio 1971, in C. Campo, Lettere a Mita, cit., p. 252.
35 Lettera di Paolo Fossati a Cristina Campo del 30 novembre 1970, in M. Pertile, Cristina Campo. Corrispondenze inedite. Edizione e commento, cit., p. 381.
36 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 103. Oggi il testo, con il titolo Su John Donne, si legge in C. Campo, Gli imperdonabili, Milano, Adelphi, 1998, pp. 181‑192. Sui commenti di Cristina Campo alle opere letterarie su cui lavorava, si veda V. Bandalo, Cristina Campo’s commentarial reflection on her literary translations, «Glossator», vol. 11, 2021, pp. 85‑98.
37 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 103.
38 Ivi, p. 105.
39 K. Rundell, Super–Infinite. The Transformations of John Donne, Faber, London, 2022 (Kindle edition), pos. 161.
40 G. Fink, John Donne tradotto da Cristina Campo, «Paragone», no 256, 1971, p. 114.
41 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., pp. 104‑105.
42 Lettera di Cristina Campo a Paolo Fossati del 29 settembre del 1970, in M. Pertile, Cristina Campo. Corrispondenze inedite. Edizione e commento, cit., p. 380.
43 K. Rundell, Super–Infinite. The Transformations of John Donne, cit.
44 A. Berman, Toward a Translation Criticism: John Donne, translated and edited by F. Massardier-Kenney, The Kent State University Press, Kent, Ohio, 2009, p. 157. Corsivo mio.
45 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 104.
46 J. Donne, L’amore e il male, profilo di vita e traduzioni di A. Guiducci, Milano, Lafranchi, 1996, p. 112‑113.
47 G. Giudici, Addio, proibito piangere e altri versi tradotti (1955–1980), Torino, Einaudi, 1982, p. vii.
48 Ibidem.
49 J. S. D. Blakesley, Modern Italian Poets. Translators of the Impossible, Toronto, University of Toronto Press, 2014, p. 151.
50 Non solo l’edizione inglese di Grierson, ma anche altre precedenti presentazioni del poeta nel contesto italiano si aprivano con Il buongiorno. Cfr. J. Donne, Poesie scelte, a cura di S. Rosati, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1956, p. 127; J. Donne, Poesie scelte, a cura di P. Buzzoni, Firenze, Sansoni, 1963, p. 3.
51 Per quanto riguarda l’interpretazione della dedica forse non è da sottovalutare il brano di una lettera a Margherita Pieracci Harwell del 1958 in cui Cristina Campo scirve: «Sarebbe bello poter sognare ancora di aver bambini — e di chiamare il primogenito Jaffier…» (Cristina Campo, Lettere a Mita, cit., p. 36). In questa prospettiva la dedica avrebbe acquisito un’accezione ancora più personale e doppiamente illusoria: destinata ad un personaggio di finzione, sia nel campo della letteratura, sia per quanto riguarda la vita reale (il figlio mai avuto).
52 S. Raffo, Cristina Campo, traduttrice di John Donne, in L’opera di Cristina Campo al crocevia culturale del Novecento europeo, Atti del Convegno internazionale di Studi Campiani, a cura di Arturo Donati e Tommaso Romano, Palermo, Provincia Regionale di Palermo, 2007, p. 40.
53 G. Fink, John Donne tradotto da Cristina Campo, «Paragone», no 256, 1971, p. 114.
54 C. Campo, Introduzione, in John Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 8.
55 Nell’introduzione si può trovare un errore, che si è conservato in tutte le edizioni del volume fino ad oggi: Anne More è presentata come «figlia di quel Sir Thomas», mentre in realtà suo padre era Sir George More (1553‑1632). Ivi, p. 9.
56 Ivi, p. 10.
57 Ivi, p. 11.
58 Ivi, p. 12. Si può ricordare che anche nel romanzo di Pasternak la poetessa ha trovato tanti contrasti: «È un libro pieno di imperfezioni, di squilibri, di brutte pagine, di tocchi di cattivo gusto: come una casa in campagna, vecchia e amata, in mezzo a un mondo perduto e irriconoscibile: storta, cadente, puntellata da pali, sporcata dai colombi e dai polli, coperta da antichi meravigliosi rampicanti. Ma un libro grande; pieno di voci, di misteri, di rimpianti e di ammonimenti» (Lettera di Cristina Campo a Gianfranco Draghi del 16 febbraio 1958, in C. Campo, Il mio pensiero non vi lascia. Lettere a Gianfranco Draghi e ad altri amici del periodo fiorentino, Milano, Adelphi, 2011, p. 70).
59 «Nell’inesplicabile verso a something else thereby anche Redpath legge un accenno coperto al Cristo, e non si vede perché questo debba apparire troppo audace per Donne se non lo fu per Boris Pasternak che diede le stesse maschere rituali ai protagonisti del suo romanzo. I rapidi baci innocenti al venire e all’andare sono anch’essi, curiosamente, uno dei motivi del Dr. Živago» (C. Campo, nota alla poesia La reliquia, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 106).
60 Si veda la lettera di Cristina Campo a Gianfranco Draghi del 16 febbraio 1958: «Ma oggi devo dirle: legga il Dr. Živago. Zolla me l’ha portato tre giorni fa» (C. Campo, Il mio pensiero non vi lascia. Lettere a Gianfranco Draghi e ad altri amici del periodo fiorentino, Milano, Adelphi, 2011, p. 70. Del libro la Campo scrive nelle lettere a Draghi anche diverse volte nei mesi successivi, si veda cit., pp. 73, 102).
61 A. Berman, Pour une critique des traductions : John Donne, Paris, Gallimard, 1995. Utilizzo la traduzione inglese, A. Berman, Toward a Translation Criticism: John Donne, translated and edited by F. Massardier-Kenney, The Kent State University Press, Kent, Ohio, 2009.
62 Così come il suo libro di poesie Passo d’addio ha «poco da condividere con il clima letterario in cui comparve, che vedeva prevalere la volontà di rottura con la tradizione lirica, fra declinante neorealismo, colloquialità da “linea lombarda” e prime avvisaglie della neoavanguardia» (N. Di Nino, Il ‘libro di poesia’ di Cristina Campo, in M. Farnetti, F. Secchieri e R. Taioli (a cura di), Appassionate distanze. Letture di Cristina Campo con una scelta di testi inediti, Mantova, Tre Lune Edizioni, 2006, p. 212).
63 Lettera di Cristina Campo a Paolo Fossati del 14 ottobre 1968, in C. De Stefano, Belinda e il mostro, cit., p. 120.
64 A. Berman, Toward a Translation Criticism: John Donne, cit., p. 2.
65 A proposito si vedano le lettere: M. Dalmati, Lettere agli amici fiorentini con i carteggi di Mario Luzi, Leone Traverso e Oreste Macrí, a cura di S. Moran, Firenze, Firenze University Press, 2017.
66 C. Campo, Introduzione, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 11.
67 C. Campo, Note, in J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche, cit., p. 111‑112.
68 J. Donne, Canzoni e sonetti, traduzione di P. Valduga, Milano, Edizioni SE, 1985.
69 A. Berman, Toward a Translation Criticism, cit., p. 105.
70 Per esempio, le traduzioni di Emily Dickinson. Si veda Tre poesie di Emilia Dickinson (1072 [Titolo divino], 249 [Notti, notti selvagge!], 903 [Mi celo nel mio fiore]) apparse il 7 marzo 1943, do sconosciute fino al 2010, si veda D. Scarpa, Le perfezioni di Cristina, «Il Sole 24 Ore», 5 dicembre 2010, pp. 10‑11. Altre tre traduzioni (962, 764, 724) su «Meridiano di Roma» del 12 settembre 1943, si veda A. M. Tamburini, Riverberi di Estate Indiana. Sulla presenza di Emily Dickinson nell’opera di Cristina Campo, «Città di Vita», no 2/3, 2011, pp. 197‑216. Il 2 maggio 1953 quattro poesie sono apparse sulla «Posta letteraria» del «Corriere dell’Adda» (1389 [Tocca leggero la dolce], 956 [Che farò io quando turba l’estate], 368 [Che tedio attendere], 1445 [Morte è il pieghevole corteggiatore]), incluse postumo ne La tigre assenza, accompagnate dalle due traduzioni: del 944 [Imparai finalmente che cosa la casa poteva essere] e 246 [Per sempre al suo fianco camminare], mandate dalla Campo a Margherita Pieracci Harwell.
71 Si veda J. M. Walker, Donne’s Words Taught in Numbers, «Studies in Philology», no 84, 1987, pp. 44‑60; K. Rundell, Super–Infinite. The Transformations of John Donne, cit.
72 G. Fink, John Donne tradotto da Cristina Campo, cit., p. 115.
73 J. Donne, Canzoni e sonetti, traduzione di P. Valduga, cit.
74 C. Campo, Tre versioni da John Donne, «Paragone», a. XI, no 128, 1960, pp. 71‑73.
75 La stessa versione è stata conservata in C. Campo, La tigre assenza, Milano, Adelphi, 1991, p. 196.
76 «[S]ulla copia di Margherita Pieracci, al v. 3, una correzione a mano di C. C.: “folli falene siamo”», Note, in C. Campo, La tigre assenza, cit., p. 263.
77 G. Scarca, Nell’oro e nell’azzurro, cit., p. 63.
78 M. Guidacci, John Donne: Poesie amorose. Poesie teologiche, «Nuova Antologia», no 2046, giugno 1971, pp. 267‑269.
79 Ivi, p. 268.
80 M. Praz, Poesie amorose poesie teologiche di John Donne, «Il Tempo», 11 luglio 1971, p. 3. Il testo ristampato anche in «Giannone. Semestrale di cultura e letteratura», a. XII, no 23‑24, gennaio-dicembre 2014, p. 247.
81 Lettera di Cristina Campo a Guido Davico Bonino del 1 maggio 1974, in M. Pertile, Cristina Campo. Corrispondenze inedite. Edizione e commento, cit., p. 384.
82 G. Ceronetti, Poesia e riti, in Id., La carta è stanca. Una scelta, Milano, Adelphi, 2000, p. 35.
83 Sulle qualità musicali e certe inclinazioni naturali dei traduttori verso i valori fonici si veda D. Robinson, Becoming a Translator. An Introduction to the Theory and Practice of Translation, 4th ed., New York, Routledge, 2019 (2003). Tra i traduttori che hanno queste competenze uditive (auditory) Robinson distingue auditory-external e auditory-internal translators, «they are often highly intelligent musically» (ivi, p. 64). «Auditory-internal translators also care enormously about rhythms, and constantly hear both the source text and the emerging target text internally» (ivi, p. 65). Nel caso di Cristina Campo può darsi che si potesse parlare di questo tipo di competenze auditive. Il che spiegherebbe anche la sua propensione ai discorsi orali, le sue straordinarie capacità di condurre conversazioni, sottolineata dai suoi amici. Come nota giustamente Gaetano Paolillo, Cristina Campo «possedeva un raro dono di conversazione». Riporta a questo proposito le parole di Pietro Citati: «Come amava la bella conversazione! E come era deliziosa la sua conversazione. Spiritosa e tagliente, amabile e crudele, piena di tatto e di violenza» (vedi G. Paolillo, Ricordo dell’amica Vittoria Guerrini, in C. Campo, La disciplina della gioia, cit., p. 13). Interessante da questo punto di vista è anche la dedica che Cristina Campo ha fatto a Paolillo: «Nella dedica sul libretto di poesie di John Donne, che mi donò, scrisse, “a Cayetan una delle voci nel dialogo ad una voce — Festa di San Giuseppe 1971”» (ivi, p. 14).
84 G. Ceronetti, Poesia e riti, in Id., La carta è stanca. Una scelta, cit., p. 34.
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Pour citer cet article
Référence électronique
Małgorzata Ślarzyńska, « Le poesie di John Donne: percorsi traduttivi ed ermeneutici », Cahiers d’études italiennes [En ligne], 36 | 2023, mis en ligne le 28 février 2023, consulté le 18 janvier 2025. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/cei/12413 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/cei.12413
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