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Campo e le traduzioni dal tedesco

Cristina Campo traduttrice di Hofmannsthal

Cristina Campo traductrice de Hofmannsthal
Cristina Campo Translator of Hofmannsthal
Vincenza Scuderi

Résumés

Cette contribution propose une analyse du corpus des traductions de Hugo von Hofmannsthal par Cristina Campo (parues entre 1953 et 1964), en tenant compte du cadre plus général du parcours littéraire et humain de l’auteure. L’examen des textes permet d’étudier la méthode de traduction appliquée (dans un équilibre constant entre une adhésion à l’original et une modalité de domestication) et le processus de recherche stylistique de Cristina Campo ; pour cette raison, les références internes des traductions entre elles et, parfois, à d’autres œuvres de l’auteure sont mises en évidence. Dans la mesure du possible, les textes sont également comparés avec des versions précédentes. Le résultat est un aperçu éloquent de l’atelier de traduction de Cristina Campo, de son travail constant d’écoute des textes pour que « chaque mot ait une saveur maxima » (Simone Weil).

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Texte intégral

1. Hofmannsthal: maestro e amico

  • 1 H. von Hofmannsthal, Il libro degli amici – Appunti e diari – Ad me ipsum, cura e traduzione di G.  (...)
  • 2 C. Campo, Il mio pensiero non vi lascia, Milano, Adelphi, 2011, p. 19. Lettera dalla datazione ince (...)
  • 3 Cfr. Ead., Un ramo già fiorito. Lettere a Remo Fasani, Venezia, Marsilio, 2010, p. 29.
  • 4 Cfr. M. Pieracci Harwell, Note a C. Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso (1953‑1967), Milano, (...)
  • 5 Ivi, p. 156.

1È ben nota la passione di Cristina Campo per Hugo von Hofmannsthal, il ruolo che lo scrittore austriaco, conosciuto già negli anni Quaranta grazie a Leone Traverso, ha svolto nella sua vita e nei suoi scritti. Cristina lo legge, lo traduce, lo interiorizza. Diventa davvero per lei ‘un amico’, nel senso di quel sentimento di contemporaneità con gli spiriti affini che Hofmannsthal concretizza nel suo Buch der Freunde (Libro degli amici), raccolta di aforismi propri e altrui apparsa nel 1922 e in edizione italiana per la prima volta nel 19631. La fedeltà al poeta austriaco fu tale da spingere Cristina a scrivere a Gianfranco Draghi, in una lettera dei primi anni Cinquanta: «Caro Gianfranco, la cosa più importante che m’abbia detto iersera (e forse da quando ci conosciamo) è di aver scelto Hofmannsthal come modello della sua vita»2. Questa devozione nel 19513 la porta a compiere, insieme a Gabriella Bemporad, Leone Traverso, e un amico comune4, «un viaggio in Austria che fu anche un pellegrinaggio hofmannsthaliano»5.

  • 6 C. Campo, Lettera XLVI, 14 ottobre 1963, in Ead., Lettere a un amico lontano, Milano, Scheiwiller, (...)

2Di Hofmannsthal Campo ha tradotto solo sette testi; tanto importante per il suo destino, tanto grande quasi il pudore nei confronti di una delle sue icone maggiori: il volto di Hofmannsthal «col mento appoggiato sulla mano» era uno di quelli che, in una lettera ad Alessandro Spina, immagina avrebbe posto in una sua possibile stanza delle icone: «Sogno a volte un salotto complicato, come quello della zarina Alessandra […], con un angolo simile a quelli dedicati alle icone»6.

  • 7 Pagina culturale creata nel 1953 da Gianfranco Draghi che il giornale lodigiano ospitava ogni due s (...)
  • 8 La lettera è stata ristampata in M. Farnetti, F. Secchieri e R. Taioli (a cura di), Appassionate di (...)
  • 9 H. von Hofmannsthal, Viaggi e saggi, cura e prefazione di L. Traverso, trad. it. di G. Bemporad, V. (...)
  • 10 Il primo volume, Andrea o I ricongiunti, tradotto da Gabriella Bemporad, apparve presso l’editore C (...)
  • 11 All’epoca si pensava che fosse del 1893 anch’essa, e con questa data è indicata in Viaggi e saggi.
  • 12 H. von Hofmannsthal, “In verità più d’uno dovrà laggiù morire”, Ballata della vita apparente, trad. (...)

3Di queste traduzioni tre sono apparse sulla «Posta letteraria del Corriere dell’Adda»7: la prima, pubblicata il 13 giugno 1953, non è di un testo letterario, o per lo meno non in senso proprio, benché in Hofmannsthal la stesura epistolare sempre si sovrapponga con la propria scrittura letteraria; si tratta di una lettera del 1903 all’amico barone Georg zu Franckenstein, più tardi diplomatico con incarichi a Londra8; il 12 giugno 1954 è il turno della poesia In verità più d’uno dovrà laggiù morire (Manche freilich müssen drunten sterben, 1895), apparsa poi con alcune modifiche su «Elsinore» nel 1964, ma disponibile anche in una versione inviata all’amico Remo Fasani il 22 maggio del 1954, quindi precedente la sua prima pubblicazione; segue poi, il 24 luglio del 1954, la prosa Giustizia (Gerechtigkeit, scritta nel 1893 ma pubblicata per la prima volta nel 1929 poco dopo la morte dell’autore). Giustizia riapparirà nel 1958, nel volume Viaggi e saggi9, uno dei tomi di un più vasto progetto editoriale a cura di Leone Traverso, che puntava a pubblicare al di qua delle Alpi tutto Hofmannsthal10. Nello stesso volume appaiono anche la lunga prosa semiautobiografica Stadi (Stadien, 1891, ma pubblicata la prima volta nel 1930)11, e due brevi testi poetologici del 1897, Figurazioni e Poeta e vita (Bildlicher Ausdruck e Dichter und Leben). A questi seguirà Ballata della vita apparente (Ballade des äußeren Lebens, 1895 o forse già 1894), apparsa nel 1964 su «Elsinore» insieme alla versione definitiva di “In verità più d’uno dovrà laggiù morire”12.

  • 13 Del resto, è anche la posizione di Traverso: «Sarebbe disonesto anche solo farsi interprete di ciò (...)
  • 14 Id., Prefazione, in H. von Hofmannsthal, Viaggi e saggi, cit., pp. 7‑12, qui p. 12.
  • 15 M. Pieracci Harwell, Cristina Campo e i suoi amici, Roma, Studium, 2005, p. 60.

4Ecco dunque il nostro corpus di riferimento. Pur se esso è nato per tramite di Leone Traverso, sappiamo di certo che Campo traduceva solo ciò per cui provava trasporto13, e l’insistenza con cui ritorna su alcuni di questi testi ce lo conferma. A ben guardare, fatta eccezione per la lettera all’amico barone, che è successiva alla stesura di Ein Brief (Una lettera, più nota come Lettera di Lord Chandos, del 1902) questi testi possono essere intesi come una piccola antologia che offre un particolare percorso dentro l’opera del poeta. Del resto, la scelta delle prose giovanili per Viaggi e saggi è fatta in vista dell’opera tutta di Hofmannsthal. Scrive infatti Traverso nella prefazione: «Dagli scritti giovanili o “prosa di Loris” si sono qui scelti — nella versione di Vittoria Guerrini — quelli che meglio valgono a illuminare, per confessione diretta, lo sviluppo spirituale del poeta, e quella guida alla lettura dell’intera sua opera che è Giustizia»14. Se dunque, come ricorda Margherita Pieracci Harwell, c’è una trasformazione nella percezione di Hofmannsthal da parte di Cristina, che «si allontana dal giovane miracolosamente dotato, prezioso come George pur con la grazia dell’innocenza, e si volge allo scrittore maturo, quale è emerso purificato — sia per lo stile che per il pensiero — dall’esperienza cui allude in Lord Chandos»15, è pur vero che la lettura campiana, come quella di Traverso, cerca nell’Hofmannsthal giovane i segni di quello maturo, per riscontri oggettivi in raffronto con altre opere, ma anche in accordo con l’autointerpretazione che lo stesso poeta fornisce nel postumo Ad me ipsum, dove sottolinea più volte come la sua opera debba essere considerata una «totalità».

  • 16 F. Fortini, Venture e sventure di un traduttore (conferenza trascritta da P. Colombo, riveduta e an (...)
  • 17 H. Meschonnic, Proposizioni per una poetica della traduzione, trad. it. di M. Conenna e D. D’Oria, (...)

5Prima di addentrarci nelle traduzioni, ci sembrano necessarie alcune considerazioni. Concentriamoci in primo luogo sul dato cronologico: queste traduzioni sono state realizzate fra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Se Fortini forse esagerava ad affermare che il tempo di deperimento di una traduzione sia di circa vent’anni16, è pur vero che una traduzione appartiene all’epoca in cui viene creata, in quanto la «nozione di traduzione è una nozione storica» e la traduzione «si definisce con il possibile di un’epoca»17: che al di là dei pregiudizi ideologici di Meschonnic da cui stiamo citando, vuol dire soltanto che una traduzione è nel tempo, mentre l’originale si pone al di sopra di esso. Tuttavia, c’è anche un aspetto specificamente autoriale: una traduzione è il prodotto di un lavoro individuale, di scelte ben precise che conferiscono una ben precisa voce al testo di partenza. E ciascun traduttore e traduttrice trova la propria, pur se si traducesse lo stesso testo nello stesso momento. Di questa voce andremo alla ricerca adesso, soffermandoci su alcuni aspetti salienti, testo dopo testo, e al contempo metteremo in rilievo il valore di Wegweiser, di guida, che questi testi hanno avuto per il percorso della nostra autrice, ché fra i testi che Cristina legge, di cui scrive e all’occorrenza sceglie di tradurre, è tutto un farsi canovaccio unico, un intessersi l’un l’altro, esattamente come accade coi libri dentro le sue prose.

6Ma come procede Cristina Campo nel suo lavoro di traduttrice, che metodo usa? In una lettera del 12 giugno 1954 a Remo Fasani, scrive di quello che a prima vista potrebbe sembrare il suo metodo:

  • 18 C. Campo, Un ramo già fiorito, cit., pp. 100‑101.

Ho letto molte volte, lentamente, Da ich ein Knabe war e per pura umiltà ho cominciato ad allineare su un foglio le parole italiane. Di solito lo faccio come se dovessi spiegare a qualcuno l’esatta posizione e il peso di ogni parola: È il modo più rigorosamente onesto — e dà a volte risultati di una purezza sorprendente (la bellezza per soprammercato)18.

7Si tratta però piuttosto di ‘un’ metodo, ‘un’ approccio, o a meglio dire, il primo approccio a un testo, che può diventare, nei casi più fortunati, l’approccio che risulta valido.

  • 19 B. Simeone, In metamorfosi. Scrivere, tradurre, in L’ospite ingrato…, cit., pp. 59‑66, qui p. 63.

8Questa strategia traduttiva la vediamo applicata nella traduzione delle due poesie di Hofmannsthal, davvero con «risultati di purezza sorprendente» (e più avanti spiegheremo perché), la troviamo invece alternata con una strategia più addomesticante nelle traduzioni delle prose, e a dire il vero, fra questioni contrastive di base che vanno ad aggiungersi allo stile di Hofmannsthal (che talvolta indugia in volute sintattiche, fa un uso dell’infinito sostantivato che soverchia la frequenza che il fenomeno, pur frequente, ha in tedesco, adopera il gerundio, che in tedesco è una rarità) non sarebbe possibile altrimenti, se l’obiettivo è portare il testo verso chi legge. Di sicuro Cristina rispetta il testo — siamo ben lontani dai cosiddetti rifacimenti —, ne ascolta il ritmo, nella resa delle poesie lo fa proprio, in quella delle prose sceglie di volta in volta. Perché tradurre in modo addomesticante non significa uniformare al proprio lo stile di un testo tradotto: basterebbe confrontare le traduzioni da Hofmannsthal con quelle da Simone Weil compiute da Cristina negli stessi anni, per osservare la differenza di lingua e di stile. Che non significa uno scomparire della traduttrice, ma il manifestarsi di una voce della traduttrice Cristina Campo per ciascuno degli autori e delle autrici tradotti. Del resto, «una traduzione s’impone più per la sua coerenza che per la sua illusoria fedeltà. Inteso che l’idea insopportabile di “umiltà” traduttiva, se non di annullamento di fronte alla “verità” del testo primario, è stata, a priori, confutata»19. E questa coerenza la sentiamo in tutte le traduzioni hofmannsthaliane di Cristina Campo (o meglio di Vittoria Guerrini, come firmò queste traduzioni, tranne quelle del 1964), in una lingua che, anche se proviene da un’epoca già distante, non ci appare estranea, ma puro dettato italiano, con qualche tocco di aulicità che non è del testo originale ed ha a che fare «con il possibile» dell’epoca in cui sono state realizzate.

2. Al Barone Georg Franckenstein

  • 20 H. von Hofmannsthal, An Georg Freiherrn zu Franckenstein, in Id., Briefe. 1900‑1909. II, Wien / Ber (...)
  • 21 Ma nella traduzione viene indicato solo genericamente «agosto 1903».
  • 22 M. Pieracci Harwell, “La Posta” di Cristina Campo. Gli esordi giornalistici della scrittrice in una (...)
  • 23 H. von Hofmannsthal, Andreas oder Die Vereinigten, in Id., Erzählungen, a cura di Herbert Steiner, (...)

9La lettera al barone Georg zu Franckenstein20, scritta da Hofmannsthal il 1o agosto del 190321, è un testo tripartito: il primo e più cospicuo segmento si apre su alcune considerazioni sull’amicizia, e si amplia in considerazioni sull’esistenza e il modo di affrontarne anche le difficoltà. Il secondo è più concretamente un breve consiglio di letture ‘imperdibili’, su richiesta dell’amico. Infine, la conclusione è dedicata ad una piccola disamina del senso di Das kleine Welttheater, testo allora appena apparso in volume e di cui l’amico, apprendiamo, è stato fra i sottoscrittori. A questa lettera, scrive Margherita Pieracci, Campo «non cesserà di attingere»22. Sarà un modello di stile, e insieme di etica, perché contiene riassunti in poche pagine riferimenti a tanti aspetti hofmannsthaliani fondamentali per lei, a partire dal mondo valoriale dell’amicizia: «Denn die Freundschaft ist so ähnlich der Liebe» (p. 121), «Poiché l’amicizia tanto somiglia all’amore», scrive Hofmannsthal all’amico barone, frase che anni dopo ritornerà, variata, in uno dei frammenti dell’Andreas, in cui il cavaliere Sacramozo affermerà: «Aufmerksamkeit ist so viel wie Liebe» («Attenzione vale quanto amore»)23.

10Lo stile di Hofmannsthal in questa lettera è asciutto ed elegante, ma con alcune volute, dovute talvolta alle forme verbali perifrastiche tedesche. Cristina segue qui principalmente un suo proprio ritmo e qua e là rende il testo più lineare dal punto di vista sintattico, ma di tanto in tanto lo arricchisce sul piano semantico. Per esempio, come sempre in Hofmannsthal c’è un’alta presenza di infiniti sostantivati, e come è prassi traduttiva consolidata, Cristina trasforma gli infiniti in sostantivi per evitare un effetto innaturale dell’italiano, ma ne approfitta per qualche operazione di intarsio: «[…] und dieses Denken, Mich-fragen war wie ein Hineinstarren in die ganz finstere undurchdringliche Nacht» (pp. 120‑121), diventa: «E questi pensieri, queste spirituali domande, erano quasi contemplazione ansiosa di quelle notti oscurissime». Così «Mich-fragen» e «Hineinstarren» vengono precisati ciascuno da un aggettivo, divenendo rispettivamente «spirituali domande» e «contemplazione ansiosa». Si aggiunga, a completare la disamina del passo, la scelta di abbreviare «die ganz finstere undurchdringliche Nacht» in «notte oscurissima», lasciando all’aggettivo ‘oscuro’ (finster) di prendere in carico anche ‘impenetrabile’ (undurchdringlich).

11Fulcro della lettera sono le riflessioni scaturite in Hugo da una domanda postagli dall’amico:

[…] worin denn das besteht, was man den „Ernst des Lebens“ nennt. Nun weißt Du es eben so gut wie ich, daß man darauf keine Antwort geben kann, daß man aber auch nicht trennen soll und darf zwischen dem „Ernst des Lebens“ und dem „Leichten des Lebens“, denn, wie man das täte, ist Ausschweifung da, Frivolität, innere Verderbnis. (p. 121)

In italiano:

[…] in che consista, cioè, quel che comunemente ha nome “la gravità della vita”. Ora tu sai meglio di me che a questa domanda non v’è risposta; ma nemmeno si deve o si può disgiungere la “gravità” della [sic] “levità” della vita; poiché da ciò non potrebbe nascer che vizio, leggerezza, intima corruzione.

  • 24 A tal proposito, c’è un passo in cui il fiume Traun, femminile, diventa il Traum. L’errore nel nome (...)

12C’è sicuramente un errore del proto nel testo, e non sappiamo se «della» sia da intendere con «dalla», oppure se sia saltato via «vita dalla»24. Nel primo caso, come è possibile, Cristina avrebbe scelto di eliminare la ripetizione di Leben, ‘vita’, dal binomio ‘Ernst des Lebens’ / ‘Leichtes des Lebens’. Da notare la posizione su due opposti connotativi di ‘levità’, il positivo, e ‘leggerezza’, il negativo, che qui traduce Frivolität.

  • 25 V. Guerrini, Il vero Dio muta la violenza in sofferenza. La gravità e la grazia nel Riccardo II, «L (...)
  • 26 H. von Hofmannsthal, Der Rosenkavalier, Berlin, Fischer, 1911, p. 59.
  • 27 C. Campo, Con lievi mani, in Ead., Gli imperdonabili, Milano, Adelphi, 1987, pp. 97‑111, qui p. 100
  • 28 Cfr. M. Pieracci Harwell, Nota biografica, in C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 263‑273, qui p (...)

13Ma quel che ci preme osservare in queste righe è soprattutto il fatto che si rinvenga, grazie alla traduzione, un lessico weiliano, ché ‘der Ernst des Lebens’, divenendo in italiano ‘la gravità della vita’, diventa a sua volta la pesanteur della filosofa francese. Il sostantivo Ernst significa ‘serietà’, e dunque anche ‘gravità’, e in questo contesto è giocoforza ‘gravità’ (rigore filologico ci impone di ricordare che invece la pesanteur di Weil è stata tradotta in tedesco con Schwerkraft, ‘forza di gravità’). Nella scelta di tradurre questa lettera pesa anche un voler rendere evidente il legame fra il pensiero di Hofmannsthal e quello di Simone Weil che Cristina stava scoprendo in quegli anni. Del resto, un anno prima aveva pubblicato sulla «Fiera letteraria» uno scritto sul Riccardo II di Shakespeare25 costruito tutto sul binomio gravità e grazia; e nella «levità della vita» possiamo scorgere la grȃce. Inoltre ci troviamo qui davanti a un ulteriore rimando tanto allo stesso Hofmannsthal, quanto a Cristina Campo e alla sua elaborazione di Simone Weil. Si tratta dei due versi della Marschallin del Rosenkavalier citati in Con lievi mani, a conti fatti una ‘ottava’ brevissima traduzione hofmannsthaliana: «mit leichtem Herz und leichten Händen, / halten und nehmen, halten und lassen…»26, «Con lieve cuore, con lievi mani, / la vita prendere, la vita lasciare»27, in un saggio in cui si legano insieme, fra le molte cose, l’arte di Chopin, la levità di Hofmannsthal e il concetto di ‘mano sinistra’ e malheur secondo Simone Weil28.

3. Giustizia

  • 29 H. von Hofmannsthal, Sämtliche Werke, XXIX. Erzählungen 2. Aus dem Nachlass, a cura di E. Ritter, F (...)
  • 30 L. Traverso, Prefazione a H. von Hofmannsthal, Viaggi e saggi, cit., p. 12.
  • 31 S. Weil, Lottiamo noi per la giustizia?, trad. it. di V. Guerrini (ma non è indicato), «Tempo prese (...)

14Giustizia, definito da Hofmannsthal «un aneddoto personale in forma di fiaba»29, è il racconto dell’incontro fra uno splendido angelo preraffaellita calatosi in terra e l’io narrante che ci riferisce il fatto. Abbiamo già visto come, nella prefazione a Viaggi e saggi, Traverso consideri lo scritto quale «guida alla lettura dell’intera […] opera»30 di Hofmannsthal. Ma sul piano della ricezione personale di Cristina Campo, questo testo è un ulteriore richiamo weiliano: il racconto diventa infatti figurazione di quella giustizia che sarà fondante per Simone Weil. L’intreccio weiliano-hofmannsthaliano è oltremodo lampante anche tenendo conto di un elemento extra-testuale: Giustizia appare pochi mesi prima della pubblicazione su «Tempo presente» (la rivista di Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone) della traduzione di Lottiamo noi per la giustizia?31 di Simone Weil, a testimonianza di un rovello costante, o se meglio si voglia, di un obiettivo verso cui Cristina si rivolgeva, e che andava oltre la scrittura: il numero in questione di «Tempo presente» era dedicato all’Ungheria appena occupata dai sovietici, tante delle energie di Cristina (e anche dei suoi pochi averi), apprendiamo dalle sue lettere, e in particolare dalle Lettere a Mita, saranno dedicate pochi anni dopo alla causa di Danilo Dolci.

  • 32 H. von Hofmannsthal, Loris. Die Prosa des jungen Hugo von Hofmannsthal, cura e postfazione di Max M (...)

15Ma andiamo al testo. L’angelo protagonista, entrato in scena accompagnato da un leggiadro alano, rivolge al narratore per due volte una terribile domanda: «Bist du ein Gerechter?»32, ovvero «Sei un giusto?» (p. 17), e subito dopo: «Bist du gerecht?» (p. 21), «Sei giusto?» (p. 17), questi risponde come può, balbettando: «Ich bin nicht schlimm, ich habe viele Menschen gern. Es gibt so viele hübsche Dinge» (p. 21). In italiano: «Non sono cattivo, voglio bene a molte creature. E il mondo ha tante cose belle» (p. 17), che è ancora una risposta da cultore dell’estetismo. L’angelo pare non percepire la risposta, e d’altro canto il narratore sente di non capire le parole dell’angelo, ma cerca lo stesso di rispondere meglio:

Ich habe so wenig vom Leben ergriffen […], aber manchmal durchweht mich eine starke Liebe und da ist mir nichts fremd. Und sicherlich bin ich dann gerecht: denn mir ist dann, als könnte ich alles begreifen, wie die Erde rauschende Bäume herauftreibt und wie die Sterne im Raum hängen und kreisen, von allem das tiefste Wesen, und alle Regungen der Menschen… (p. 22)

In italiano:

Ho afferrato così poco della vita […], ma a volte mi pervade un grande amore e allora più nulla mi è estraneo. E certo allora sono giusto: perché mi sembra di poter tutto comprendere, come dalla terra erompano gli alberi scroscianti, come le stelle ruotino, sospese nello spazio, e di tutto l’essenza più riposta e tutti i moti degli uomini… (p. 17)

  • 33 Cfr. S. Nienhaus, Das Prosagedicht im Wien der Jahrhundertwende. Altenberg – Hofmannsthal – Polgar, (...)

16E sente che la sua risposta non sarà all’altezza. Un attimo dopo l’angelo parla di nuovo: «Gerechtigkeit ist alles. […] Gerechtigkeit ist das Erste, Gerechtigkeit ist das Letzte. Wer das nicht begreift, wird sterben» (p. 22), ovvero: «Giustizia è tutto. […] Giustizia è il principio, giustizia è la fine, e chi non lo comprende perirà» (p. 18). Qui sono evidenti alcuni collegamenti con Ein Brief, come questa sorta di percezione mistica del mondo, ma anche, ha notato un commentatore, la «Unzulänglichkeit» (p. 22) («insufficienza», p. 17) nel trovare le parole giuste, che corrisponde a quella di Chandos a cui le parole si disfanno sulla lingua come funghi marci, l’incapacità di trovare un collegamento fra il mondo delle cose (l’essere umano) e il mondo dei concetti (l’angelo), da cui nasce un dialogo impossibile, poiché da dove proviene l’angelo il dubbio, il non sapere, espressi dall’io narrante, non sono previsti33.

  • 34 Gabriella Bemporad infatti traduce con «panchina». Cfr. H. von Hofmannsthal, Giustizia, in Id., La  (...)

17Di questo testo, come sappiamo, sono due le versioni a nostra disposizione, quella del «Corriere dell’Adda» e quella di Viaggi e saggi. La versione del 1954 è sì già sostanzialmente quella definitiva, ma il testo verrà sottoposto a revisione: viene mondato di alcuni errori di vario genere, di qualche improprietà di linguaggio, vengono fatte delle sostituzioni a motivo del suono o del ritmo italiano — per esempio «dal manto della Madonna» (p. 16), invece di «dal manto della madre di Dio», per «vom Mantel der Mutter Gottes» (p. 21), così come vengono compiute alcune sostituzioni lessicali mosse talvolta a rendere evidentemente il testo più aulico, o se vogliamo, più classicheggiante (che è in fondo cifra stilistica di Leone Traverso, che cura il volume): per le sostituzioni ‘alte’ «omeri» (p. 15) in luogo di ‘spalle’ in un punto emendato per un errore di interpretazione (benché alle occorrenze successive «Schulter» sia «spalle», ma la coloritura ha già avuto luogo), ‘intento’ (p. 17) in luogo di ‘attento’ per aufmerksam (p. 21). Ma già nella versione di partenza rot (p. 21) è ‘purpureo’ (p. 16), e aggettivi preposti contribuiscono a una patina antica. D’altro canto, fra la prima e la seconda versione vengono emendate alcune parole troppo leziose, «cancellino» per «Türchen» (p. 20) viene sostituito con «cancelletto» (p. 15), «Vorderbein» (p. 21) da «zampetta» diventa «zampa» (p. 17). E viene anche ripristinato «uno splendore» (p. 16), com’è in Hofmannsthal, in luogo dell’iperinterpretante «come un arcano splendore», per «ein Glanz» (p. 21). «Menschen» (pp. 21, 22) nella prima versione era tradotto in entrambe le occorrenze con «creature», dando l’impressione che l’io narrante intendesse tutte le creature del mondo e non specificamente l’essere umano, in Viaggi e saggi alla seconda occorrenza c’è «uomini» (p. 17) per evitare l’equivoco. Inspiegabilmente è rimasto un errore anche nella nuova versione, «Bank» tradotto con «banco», mentre ci troviamo in un giardino, e deve trattarsi di una ‘panca’34.

  • 35 Ivi, p. 8.

18Da notare, infine, una ricreazione spaziale dei movimenti dell’angelo che influisce sull’interpretazione. Nelle ultime righe del testo, in una frase che nella traduzione italiana viene messa a capo per marcarne anche visivamente il valore sulla pagina, troviamo: «Con ciò mi volse le spalle e prese con passo elastico la via del ritorno» (p. 18). Ma questo traduce il tedesco: «Damit kehrte er mir den Rücken und ging mit elastischen Schritten den Weg nach abwärts» (p. 22). Non c’è alcuna «via del ritorno», l’avverbio di moto «abwärts», rafforzato qui dalla preposizione «nach», significa ‘verso il basso’ (e infatti Gabriella Bemporad traduce «e a passi elastici prese la via in discesa»)35, proseguendo il percorso che ci viene descritto ad apertura (quando l’angelo, scendendo per la collina, ha imboccato il sentiero): scrivere «la via del ritorno», mentre si tratta di una prosecuzione del cammino, significa che l’angelo è andato con intenzione fin dove siede l’io narrante, e da lì ritorna indietro da dove è venuto. Nell’originale, invece, l’angelo incontra l’io narrante sul suo percorso, altro non sappiamo.

4. Stadi

  • 36 Cit. in Id., Sämtliche Werke, XXIX, cit., p. 271.
  • 37 Cfr. A.‑K. Gisbertz, «Age of innocence», in M. Mayer e J. Werlitz (a cura di), Hofmannsthal Handbuc (...)
  • 38 Cfr. ibidem. Noi preferiamo questa resa del titolo. Vi sono comunque due versioni: Le lettere del r (...)

19Anche Stadi corrisponde a una tappa del percorso letterario ed umano di Cristina Campo. La prima parte del testo è portatrice di quella poetica dell’infanzia come spazio ideale e mitopoietico che in Vittoria Guerrini dalla bambina porta alla scrittrice, così ben delineato in Parco dei cervi e nel suo rapporto con la fiaba. L’infanzia solitaria del personaggio di Hofmannsthal (bambino nella prima parte, adolescente nell’ultima), il suo giocare in modo diverso, il tempo dedicato ai libri, l’acuta sensibilità, sono un mondo da cui nasce l’artista, e doveva essere certo per Cristina un segno di apparentamento, di vicinanza rispecchiata. Anche se, d’altro canto, la misura di queste azioni ed emozioni sembra andare oltre le percezioni e capacità di un bambino, tanto che Arthur Schnitzler il 12 febbraio 1892 nel suo diario annota «che dovrebbe trattare di un bambino di 8 anni, ma rappresenta solo lui stesso [Hofmannthal], come a 8 anni fa cose che altrimenti competono a ragazzi di 16 anni che vogliono diventare artisti o nevrastenici»36. Come è stato notato37, la prima parte rimanderà all’Andreas, mentre la seconda troverà la sua conclusione nei Briefe des Zurückgekehrten (Lettere del ritorno)38: ancora una volta, è un’opera legata a filo rosso all’Hofmannsthal maturo.

  • 39 H. von Hofmannsthal, Stadien, in Id., Loris, cit., pp. 7‑19.

20Le due parti sono di lunghezza disuguale, la prima, più lunga, reca un titolo tripartito, Educazione sentimentale, Age of Innocence, Fasi di uno sviluppo (Sentimentale Erziehung, Age of Innocence, Stationen der Entwicklung), a cui segue Aus dem Nachlass (Dall’opera postuma), mentre il titolo della seconda parte, incompiuta, è Kreuzwege (Crocevia). Tutti i titoli corrispondono a quelli della prima versione pubblicata (1930)39, mentre nelle edizioni successive, fra le altre differenze, il sovratitolo sarà Age of innocence, e quello della prima parte solo Fasi di uno sviluppo (Stadien nell’edizione critica sarà spiegato come Studien, e non considerato dunque un titolo ma un appunto). Rispetto all’originale tedesco, comunque, per facilitarne la leggibilità e renderlo più compiuto, vengono aggiunti i numeri romani I e II, e viene elisa completamente una pagina e mezza di Kreuzwege (non narrativa ma di riflessioni poetologiche e sul senso del destino — da qui il titolo), senza spiegarlo se non lasciando una breve linea tratteggiata con puntini sotto il titolo, mentre alla fine del testo ci saranno di nuovo dei puntini, ma sono del testo originale e non indicano un omissis.

  • 40 La scelta di evitare le note è tipica per il genere della antologia come si era venuto a definire n (...)

21Gli unici elementi concreti nell’aria diafana che promana da questo testo sono nomi di scrittori, di pittori, di musicisti. Ma uno di questi nomi nella traduzione italiana non viene fatto. Il titolo Age of Innocence proviene infatti da The age of Innocence, libro illustrato che il protagonista leggeva da bambino, messogli tra le mani perché imparasse l’inglese. L’autrice è Kate Greenaway, scrittrice e illustratrice vittoriana allora molto di moda. Ma l’unica occorrenza di questo nome viene cancellata: il passo «mit den Greenaway-Hüten» diventa «dai larghi cappelli di paglia», invece che, per esempio, ‘dai tipici cappelli alla Greenaway’. L’autrice era un nome evocativo che tutti avrebbero riconosciuto, ma non così per la cultura italiana, e Campo e Traverso preferiscono eliminare il riferimento, probabilmente per la scelta di non avere note al testo (come vedremo anche per Figurazioni)40. Vediamo il passo intero: «Denn die Bilder hatte er schon angesehen und es war ihm nie der Gedanke gekommen, daß das Kinder sein sollten, Kinder wie er, diese blonden, mit den Greenaway-Hüten, mit den stilisierten Stumpfnäschen der Unschuld und der wohlerzogenen Drolligkeit der Bewegungen» (p. 7), tradotto con: « Aveva già guardato le figure e mai gli era passato per la mente che fossero bambini, bambini come lui, quelle bionde creature dai larghi cappelli di paglia, dai nasini stilizzati e innocenti, dai movimenti educatamente ridicoli» (pp. 21‑22). Riappare anche qui «creature» — un lemma che evidentemente doveva piacere a Cristina, visto che più avanti ritorna di nuovo nel senso di «Menschen», come in Giustizia — ad accompagnare l’aggettivo a cui si sottende Kinder («die blonden»), che naturalmente monco in italiano non poteva restare, ed esplicitare ‘bambini’ avrebbe portato a ripeterlo tre volte. «Drolligkeit» è derivato da drollig, ‘grazioso’, ‘divertente’, ma anche ‘strano’. Cristina risolve con un giudizio di valore più preciso: ‘ridicolo’ (con una piccola trasposizione degli elementi: ‘dalla graziosità beneducata dei movimenti’ diventa un più pronunciabile «dai movimenti educatamente ridicoli», scelta fatta anche nel sintagma che precede, che alla lettera è ‘dai nasini stilizzati dell’innocenza’, divenuto «dai nasini stilizzati e innocenti»). Il passo è come un laboratorio in miniatura per l’intero testo: cifra principale di questa versione campiana di Age of Innocence, l’unica in italiano finora, è il ritmo che segue quello tedesco, o che lo mima grazie alla corrispondenza dei sintagmi (davvero ne vengono aggiunti pochissimi di nuovi), e con continue piccole trasposizioni; per esempio, «mi appariva allora un paesaggio metallico, sotto la vampa del cielo, o, su una marina d’oro, azzurri arcipelaghi di smalto» (p. 30) per «ich sah dann eine metallene Landschaft mit rotglühendem Himmel, oder ein goldenes Meer mit emailblauen Inseln» (p. 16): aggettivi trasposti in sostantivi, «mit» sostituito con «sopra» nel primo caso, e poi eliminato per alleggerire il sintagma nel secondo, le «isole» trasformate nel rutilante «arcipelaghi». È un testo lungo e di una certa complessità che Cristina domina. Risolve molto bene, ad esempio, la resa di quei verbi che presentano una forte compattezza semantica data da prefissi che ne specificano in modo dettagliato il senso, una questione contrastiva irrisolvibile fra le due lingue. Qua e là aggiunge una pennellata in più, a volte un elemento più aulico, come nella resa di nachbeben, che indica un tremore che arriva dopo un evento, appunto nach: «und nachbebende Angst schüttelte ihn» (p. 8), diventa «era tutto scosso dal tremito postumo della sua angoscia» (p. 23), dove si risolve con quel «postumo». Così come «Kopf» diventa «capo», ma poteva ben essere ‘testa’, perché il tedesco ha un sostantivo più alto, che è Haupt, utilizzato da Hofmannsthal per esempio in Manche freilich müssen drunten sterben (nel verso che Cristina traduce «lieve il capo e lievi le mani»). O ‘recare’ per bringen, che potrebbe tranquillamente essere ‘portare’, come pure la dizione «giuochi» (p. 22) per «Spiele» (p. 8) o «rena» per «sabbia», che a sua volta traduce «Düne»: «auf der gelben Düne» (p. 8) è così «sulla rena gialla» (p. 22). È invece, eccezionalmente, contaminazione dal passo tedesco, l’uso insolito del verbo ‘ammantare’: «Er log, mit dem dumpfen Bestreben, einen Mantel um sich zu machen» (p. 11) che diventa: «Mentì con la sorda ansia di ammantarsi» (p. 25).

5. Poeta e vita – Figurazioni

  • 41 Cfr. H. von Hofmannsthal, Sämtliche Werke, XXXII. Reden und Aufsätze I, a cura di H.‑G. Dewitz, O.  (...)

22Poeta e vita e Figurazioni sono due gruppi di aforismi sul senso della poesia, scritti nel 1897 su insistenza di Stefan George, e pubblicati su rivista quello stesso anno41 (a dire il vero sono pensati l’uno come la prosecuzione dell’altro, ma nell’ordine inverso a quello di pubblicazione in Viaggi e saggi). Anche questa è una tematica che Hofmannsthal affronterà costantemente nei suoi scritti fino agli ultimi anni. E allo stesso modo è un ambito di riflessioni che segna tante delle prose campiane.

23Poeta e vita si apre con un primo periodo che allunga il ritmo tedesco, per sciogliere alcune complessità semantiche date da un composto (Spiegelbilder) e da alcuni participi sostantivati («im Guten und Bösen», «das Feste»): «Wer immer mit den Spiegelbildern zu tun hat, wird im Guten und Bösen nicht sehr geneigt sein, an das Feste zu glauben». Che diventa: «Colui che ha sempre da fare con immagini riflesse negli specchi non sarà indotto facilmente, sia nella buona che nella cattiva fortuna, a credere a quanto è palpabile» (p. 35). Nel segmento successivo, Vittoria cambia l’immagine, la ‘figurazione’: «Das Wirkliche ist nicht viel mehr als der feurige Rauch, aus dem die Erscheinungen hervortreten sollen; doch sind die Erscheinungen Kinder dieses Rauches», diventa: «Il reale non è in fondo se non il fiammeo vapore sul quale dovranno risaltare le apparizioni; pure, le apparizioni sono figlie di questo vapore» (p. 35). Non ‘emergere’, ‘venir fuori dal (aus) fumo’ — o vapore che sia, nello spettro sinonimico di Rauch c’è anche Dampf, ‘vapore’ — ma ‘risaltare sul vapore’. Da notare che nonostante il fastidio di Vittoria per le ripetizioni — tipicamente petrarchesco e italiano — «Erscheinungen» è reso entrambe le volte con «apparizioni». Il periodo segue la ritmica tedesca, tranne per l’inserto di «pure» separato da virgola, che traduce «doch». Tutta la traduzione della breve prosa ripete questo andamento: ora si segue il ritmo, ora lo si lascia andare a un altro ductus perché si sono moltiplicati gli elementi dei sintagmi o i sintagmi stessi, non sempre per impossibilità alla sintesi. Da notare che più avanti «Dichter» viene inteso metonimicamente e tradotto con «artista» (p. 36).

24È un segno campiano, poi, lasciare il lemma «giustizia» nella espressione: «Hier lernt er, seinem Leben gerecht zu werden», «Egli apprende così a render giustizia alla propria vita» (p. 36): l’espressione ‘etwas gerecht werden’ significa ‘valutare qualcosa nei giusti termini’, e può naturalmente esser tradotta in svariati modi.

  • 42 Traduzione da Platone, Opere complete, 7, trad. it. di M. Gigante e M. Valgimigli, Bari, Laterza, 2 (...)

25Figurazioni corrisponde alle prime righe di Filosofia del metaforico (Philosophie des Metaphorischen), testo del 1894 che si apre come recensione di un libro omonimo di Alfred Biese. Nella versione italiana è stata omessa però la citazione dal Fedone posta ad epigrafe («pensando che il poeta, se vuol esser poeta, ha da comporre favole e non ragionamenti»)42, in greco e senza traduzione. Possiamo supporre che sia stata anche questa una scelta dovuta alla assenza di note nel volume, aggiunta alla volontà di non voler tradire l’originale ponendo la traduzione italiana invece del testo greco. Anche questo vale come procedimento addomesticante, portando verso il lettore il testo in una forma che lo renda il più possibile recepibile. Il titolo tedesco è Bildlicher Ausdruck, volendo tradurne entrambi gli elementi in italiano potrebbe essere ‘espressione figurata’. Il breve testo è costruito, a conti fatti, su alcune parole chiave che stanno tutte nella stessa sfera semantica, quasi sinonimica, di «Metapher»: bildlicher Ausdruck, appunto Metapher, poi Bild (immagine), Gleichnis (qui similitudine, in altri contesti parabola). Come nella prosa con cui fa il paio, anche per questa Cristina con intenzione perde di vista il ritmo, aggiungendo sintagmi per meglio spiegare. Da notare la scelta di tradurre Gleichnis sempre con ‘immagine’, cosicché quando in italiano troviamo ‘immagine’ talvolta l’originale riporta Bild e talvolta Gleichnis.

6. “In verità più d’uno dovrà laggiù morire” e Ballata della vita apparente

  • 43 Per un’analisi più articolata delle traduzioni di “Manche freilich müssen drunten sterben” e Ballad (...)
  • 44 L’intento è testimoniato in una lettera del 10 ottobre 1955 a Traverso, cfr. C. Campo, Caro Bul, ci (...)
  • 45 Si tratta di Voci di fanciulli nel frutteto e Occhi che vidi ultimamente in pianto. Si veda C. Camp (...)
  • 46 Cfr. V. Scuderi, «La bellezza per soprammercato», cit., pp. 40‑41.
  • 47 C. Campo, Un ramo già fiorito, cit., p. 96.

26Eccoci infine alle due poesie pubblicate in dittico su «Elsinore» nel 196443. “In verità più d’uno dovrà laggiù morire” a dire il vero doveva essere il testo conclusivo di Passo d’addio (1956), l’unico volume di poesia pubblicato in vita da Cristina Campo44, ma come sappiamo furono poi scelti i “Due esercizi su Eliot”45. La poesia è costituita da cinque strofe di cinque pentapodie trocaiche, ma non è un componimento regolare. In particolare, dei ventidue versi, sono solo sei ad esser costruiti realmente come pentapodia trocaica, negli altri invece si insinua un dattilo o manca un piede; Campo fa propria questa modalità, ed alterna versi di estensione e ritmo variabili, talvolta endecasillabi e doppi settenari, talvolta versi ad essi ispirati46. I tre gradi della traduzione a cui assistiamo con le tre versioni sono in realtà una questione di dettagli: il sostrato ritmico è a conti fatti quasi identico in ciascuna delle tre, spicca un endecasillabo («accanto alle Sibille, alle regine») nella seconda strofa, sostituito nella versione del «Corriere dell’Adda» da un alessandrino («accanto alle sibille, accanto alle regine»), che ritorna endecasillabo su «Elsinore» («accanto alle Sibille, alle Regine»), mentre la maggior parte delle variazioni sono sull’ultima strofa. Osserviamo di questa gli ultimi due versi: «Und mein Teil ist mehr als dieses Lebens / Schlanke Flamme oder schmale Leier». La versione manoscritta e quella sul «Corriere dell’Adda» suonano così: «e la mia parte è più che di questa vita / la fiamma snella o la sottile cetra». Mentre l’ultima versione: «e il mio retaggio è più che di questa vita / la fiamma snella o la cetra sottile»: si ha così «retaggio» per «Teil» al posto del letterale «parte», e l’aggettivo riferito a «cetra» posposto invece che preposto, venendo a cambiare il ritmo dell’endecasillabo a minore, nel primo caso con accento sull’ottava, nella versione definitiva sulla settima, evitando una cantabilità eccessiva, e in questo restituendo la pausa che si ha in tedesco per la pronunciabilità di «schmale Leier». Sul perché «cetra» e non «lira», ha scritto la stessa Cristina a Fasani: «il testo ha “leier” ma Rilke ha troppo spesso questa parola. Forse “cetra sottile” risolverebbe anche l’assonanza»47.

  • 48 Cfr. V. Scuderi, «La bellezza per soprammercato», cit., p. 45.

27La Ballade des äußeren Lebens consta di sette strofe di terzine di pentapodie giambiche a rima incatenata, e una chiusa. I versi fluiscono irrefrenabili, grazie anche all’anafora di «und», ripetuto venticinque volte, undici delle quali a inizio verso: solo il primo verso dell’ultima terzina e la chiusa sono privi di congiunzione. Campo sceglie di non affidarsi esclusivamente all’endecasillabo, e crea una versificazione mista, pur se meno irregolare di quella di Manche freilich müssen drunten sterben48.

  • 49 Cfr. H. von Hofmannsthal, Liriche e drammi, prefazione e trad. it. di L. Traverso, con una presenta (...)
  • 50 Cfr. Id., Canto di vita e altre poesie, prefazione e trad. it. di E. Croce, Torino, Einaudi, 1971, (...)
  • 51 Cfr. Id, Narrazioni e poesie, a cura di G. Zampa, Milano, Mondadori, 1972, pp. 886‑888.
  • 52 Cfr. V. Scuderi, «La bellezza per soprammercato», cit., p. 46.

28Il titolo contiene un aggettivo dalla doppia possibilità traduttiva, äußer, che può essere ‘apparente’ o ‘esteriore’. La prima soluzione è anche quella di Leone Traverso nel 194249, la seconda è quella di Elena Croce50, come già di Rudolph Borchart nel 1906 in una versione in «italiano antico»51. La scelta di Cristina è perfettamente coerente con la traduzione di äußer negli altri testi, ché l’aggettivo lo troviamo anche nella lettera all’amico Georg e in Stadi, ed è sempre ‘apparente’. La traduzione è più che mai mimetica del ritmo, e segue la strategia di conservare il più possibile tutti i lemmi dell’originale. A un confronto con questo si può osservare come nella traduzione sia stato ‘tralasciato’ davvero pochissimo, e soltanto dove ciò non comporti una modifica del senso, arte, questa, in cui Cristina Campo si dimostra maestra52.

29Osserviamo i primi versi della traduzione: «E crescono i bambini con i profondi occhi»: doppio settenario; «che nulla sanno, crescono e poi muoiono»: endecasillabo sdrucciolo, in entrambi i casi per restituire la ritmica dei corrispettivi versi tedeschi: «Und Kinder wachsen auf mit tiefen Augen / die von nichts wissen, wachsen auf und sterben». Il terzo è un endecasillabo piano: «ed ogni uomo va per la sua via», che ricalca perfettamente l’accentuazione del verso tedesco senza artifici e con una traduzione alla lettera: «und alle Menschen gehen ihre Wege».

30Nella lettera all’amico Fasani che contiene la prima versione di “In verità più d’uno dovrà laggiù morire” che possediamo, Cristina, oltre a fornire una glossa alla poesia (una interpretazione weiliana: «È il poema della gravità e della grazia»), scrive qualcosa del suo lavoro di traduttrice:

  • 53 C. Campo, Un ramo già fiorito, cit., pp. 93‑94.

e ho tentato di tradurlo come un salmo antico, preservandone la rudezza e i meravigliosi squilibri. Infine, l’ho tradotto secondo la necessità ideale, badando solo a non tradire — e se il soprammercato di bellezza non vi si è aggiunto spontaneamente vuol dire che in qualche punto sono venuta meno all’impegno53.

31Campo agisce, dunque, secondo il metodo che abbiamo visto più su, traendo profitto da quello che il testo, nel passaggio alla nuova lingua, crea. Ma sarebbe ingenua, se pensasse che basta il caso: l’indicazione di pensarlo «come un salmo antico» significa scegliere una strategia traduttiva, mettersi alla ricerca di una voce e uno stile. Tuttavia nella riuscita delle traduzioni di “Manche freilich” e della Ballade c’è un ulteriore elemento a giocare un ruolo fondamentale per il «soprammercato». A ben guardare, infatti, queste poesie vivono già di un’altra lingua, e quest’altra lingua è proprio l’italiano. La facilità con cui Campo ritrova endecasillabi e settenari dentro le cadenze del poeta austriaco, la facilità con cui gli dà voce con questo suo metodo della trasposizione, è dovuta, se facciamo nostra le osservazioni di Elena Raponi sulla lingua poetica di Hofmannsthal, alla particolarità di questa lingua, in cui traspare

  • 54 E. Raponi, Hofmannsthal e l’Italia: fonti italiane nell’opera poetica e teatrale di Hugo von Hofman (...)

[…] la cura per l’aggettivo e la predilezione data alle forme participiali, in particolare al participio presente, che il poeta colloca spesso in chiusura di verso ottenendone così un ritmo piano. Proprio l’uso predominante della forma piana, in effetti, fa sì che l’abituale pentapodia giambica propria della lirica tedesca, sul modello inglese del blank verse, si trasformi, nel linguaggio lirico di Hofmannsthal, nell’endecasillabo di tradizione italiana54.

  • 55 Ibidem.
  • 56 Cit. in ibidem.
  • 57 Raponi poggia questa sua osservazione su uno studio di Walter Perl. Cfr. W. Perl, Das lyrische Juge (...)
  • 58 Cfr. E. Raponi, Hofmannsthal e l’Italia, cit., p. 176.
  • 59 Cfr. ibidem.
  • 60 H. von Hofmannsthal, Liriche e drammi, cit., p. 46.

32A cui contribuisce anche la scelta metrica, ché «di derivazione romanza, e italiana in particolare, sono inoltre alcune delle forme metriche, come ad esempio il sonetto, l’ottava e la terzina, utilizzate dal poeta austriaco»55. Sul ritmo di Hofmannsthal, del resto, Pannwitz osservava in una lettera all’amico: «Difficilmente Lei accetterebbe anche un solo verso che fosse sostanzialmente accentuativo invece che quantitativo. Forse è questa la chiave di volta! Lei non ha proprio nulla di “germanico”»56. Ma anche la ricchezza vocalica delle poesie di Hofmannsthal le rende particolarmente adatte per ritrovarsi nella melodia italiana57. Non si tratterebbe, però, solo di una vicinanza all’italiano in generale (ricordiamo che Hofmannsthal lo parlava correntemente per via della nonna milanese), ma di una specifica vicinanza con la lingua di d’Annunzio, anche se dal vate si distanzierà. E proprio della Ballade offre Raponi un raffronto stilistico, metrico e tematico con d’Annunzio, in particolare con alcuni componimenti del Poema paradisiaco, e fra questi con O rus!, che presenta una lunga serie di anafore della congiunzione ‘e’ a inizio verso (come und nella Ballade). Naturalmente traducendo la Ballade non si ottiene un testo di d’Annunzio. Eppure, se accostiamo alcuni dei versi di d’Annunzio individuati da Raponi con i loro corrispondenti in Hofmannsthal, e poi con la versione di Cristina Campo, la sensazione di un’eco di echi, di una familiarità di genesi, c’è. Prendiamo i primi due versi della seconda terzina: «Und süße Früchte werden aus den herben / Und fallen nachts wie tote Vögel nieder», che ne richiamano due da O rus!58: «e rubiconde piombano le mele / giù dal ramo gravato a quando a quando». Resi da Cristina così: «e in dolci frutti mutano gli acerbi / e nella notte cadono come uccelli», rispetto al modello dannunziano, è come se si fosse ritradotta una traduzione, e quindi le forme originarie fossero più distanti, eppure presenti. L’ultima strofa presenterebbe poi ancora spunti da O rus! nonché da Invito alla fedeltà. Ed è da quest’ultima poesia che proverrebbe il «Was frommts» del primo verso dell’ultima terzina, «Was frommts, dergleichen viel gesehen haben?», «Giova l’antica pena / mutar con nuovi affanni?»59, che se in Campo è «Che vale aver veduto tanto? […]», in Traverso ritorna alla forma ispiratrice: «Cose tante, che giova aver vedute?»60.

7. In chiusura

33Ed eccoci così alla fine di questo excursus. Attraverso il piccolo corpus delle traduzioni hofmannsthaliane abbiamo cercato di aprire una finestra sul laboratorio di traduzione di Cristina Campo, e di offrire altresì uno spaccato più generale sull’autrice, ché la sua scelta dei testi da tradurre è sempre legata ad una adesione spirituale con essi. Si sono così messi in rilievo alcuni punti di contatto fra il pensiero di Hugo von Hofmannsthal e Simone Weil, due fra le icone maggiori di Cristina Campo. Per quanto riguarda l’aspetto espressamente traduttivo, l’uso di versioni precedenti, dove disponibili, si è reso preziosissimo per ricostruire con esempi concreti il processo di ricerca stilistica che sostanzia queste versioni campiane. Questo ci ha consentito ancor più di osservare il metodo traduttivo qui applicato, in equilibrio fra aderenza all’originale e modalità addomesticante. Più che mai si può dire che queste traduzioni siano il prodotto di un profondo ascolto del testo di partenza, sulla scorta di quello che la stessa autrice chiamava il suo «orecchio assoluto». Rispecchiare il prodotto di un processo di traduzione nell’originale da cui esso scaturisce significa d’altro canto squarciare la superficie della traduzione, mostrare come sia sempre qualcosa d’altro quel che in traduzione leggiamo, e come al contempo sia l’originale, in un bilanciamento fra identità e differenza che è impossibile sul piano ideale, ma concretamente possibile, pagina dopo pagina, grazie al lavoro di traduttrici e traduttori.

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Notes

1 H. von Hofmannsthal, Il libro degli amici – Appunti e diari – Ad me ipsum, cura e traduzione di G. Bemporad, Firenze, Vallecchi, Collana Cederna, 1963, poi pubblicato a sé stante: Libro degli amici, Milano, Adelphi, 1980.

2 C. Campo, Il mio pensiero non vi lascia, Milano, Adelphi, 2011, p. 19. Lettera dalla datazione incerta.

3 Cfr. Ead., Un ramo già fiorito. Lettere a Remo Fasani, Venezia, Marsilio, 2010, p. 29.

4 Cfr. M. Pieracci Harwell, Note a C. Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso (1953‑1967), Milano, Adelphi, 2007, pp. 155‑156.

5 Ivi, p. 156.

6 C. Campo, Lettera XLVI, 14 ottobre 1963, in Ead., Lettere a un amico lontano, Milano, Scheiwiller, 1998, seconda ed. accresciuta, pp. 85‑87, qui p. 85.

7 Pagina culturale creata nel 1953 da Gianfranco Draghi che il giornale lodigiano ospitava ogni due settimane, e a cui Vittoria Guerrini, come qui ancora si firmava, contribuiva sia come autrice che come curatrice.

8 La lettera è stata ristampata in M. Farnetti, F. Secchieri e R. Taioli (a cura di), Appassionate distanze. Letture di Cristina Campo con una scelta di testi inediti, Mantova, Tre Lune Edizioni, 2006, pp. 49‑51. A causa di alcuni errori di trascrizione si rimanderà però direttamente alla pubblicazione originale sul «Corriere dell’Adda».

9 H. von Hofmannsthal, Viaggi e saggi, cura e prefazione di L. Traverso, trad. it. di G. Bemporad, V. Guerrini, L. Traverso e G. Zampa, Firenze, Vallecchi, Collana Cederna, 1958. Il titolo Viaggi e saggi crea un gioco di assonanze ispirato dal titolo di una prosa, un po’ di viaggio un po’ saggio, di Hofmmansthal: Die Wege und die Begegnungen (I cammini e gli incontri, così Traverso), del 1907, che nel 1931 nella forma Wege und Begegnungen Walther Brecht aveva utilizzato come titolo di un volumetto con prose hofmannsthaliane.

10 Il primo volume, Andrea o I ricongiunti, tradotto da Gabriella Bemporad, apparve presso l’editore Cederna di Milano nel 1946 e poi nel 1948, gli altri nella Collana Cederna della fiorentina Vallecchi. Cristina Campo seguiva e supportava il progetto anche dopo la fine del sodalizio amoroso con Traverso (cfr. C. Campo, Caro Bul, cit., p. 95, e in particolare, su Viaggi e saggi, p. 90). A partire dal 1970, con la ripubblicazione di Andrea o I ricongiunti, il testimone passa alla casa editrice Adelphi, che in parte riedita i testi del progetto di Traverso (ma non tutti) in parte pubblica nuovi testi.

11 All’epoca si pensava che fosse del 1893 anch’essa, e con questa data è indicata in Viaggi e saggi.

12 H. von Hofmannsthal, “In verità più d’uno dovrà laggiù morire”, Ballata della vita apparente, trad. it. di C. Campo, «Elsinore», I, no 6, 1964, pp. 171‑172. Nel 1989 appariranno in Lettere a un amico lontano, e infine in C. Campo, La tigre assenza, Milano, Adelphi, 1991, pp. 107‑108.

13 Del resto, è anche la posizione di Traverso: «Sarebbe disonesto anche solo farsi interprete di ciò che artisticamente non ci persuade» (L. Traverso, Prefazione a S. George, Poesie, prefazione e trad. it. di L. Traverso, Modena, Guanda, 1939, p. 32).

14 Id., Prefazione, in H. von Hofmannsthal, Viaggi e saggi, cit., pp. 7‑12, qui p. 12.

15 M. Pieracci Harwell, Cristina Campo e i suoi amici, Roma, Studium, 2005, p. 60.

16 F. Fortini, Venture e sventure di un traduttore (conferenza trascritta da P. Colombo, riveduta e annotata dal Centro Studi Franco Fortini), in L’ospite ingrato. La traduzione. Annuario del Centro Studi Franco Fortini. 2001/2002, Macerata, Quodlibet, 2002, pp. 295‑308, qui p. 299.

17 H. Meschonnic, Proposizioni per una poetica della traduzione, trad. it. di M. Conenna e D. D’Oria, in S. Nergaard (a cura di), Teorie contemporanee della traduzione, Milano, Bompiani, 1995, pp. 265‑281, qui p. 279.

18 C. Campo, Un ramo già fiorito, cit., pp. 100‑101.

19 B. Simeone, In metamorfosi. Scrivere, tradurre, in L’ospite ingrato…, cit., pp. 59‑66, qui p. 63.

20 H. von Hofmannsthal, An Georg Freiherrn zu Franckenstein, in Id., Briefe. 1900‑1909. II, Wien / Berlin, Bermann / Fischer, 1937, pp. 120‑123. Le citazioni degli originali e delle traduzioni di Cristina Campo saranno accompagnate dal numero di pagina fra parentesi.

21 Ma nella traduzione viene indicato solo genericamente «agosto 1903».

22 M. Pieracci Harwell, “La Posta” di Cristina Campo. Gli esordi giornalistici della scrittrice in una singolare Terza Pagina degli anni Cinquanta, 2011, disponibile al link: <www.infinitetracce.it/content/la-posta-di-cristina-campo/67> (27 febbraio 2021).

23 H. von Hofmannsthal, Andreas oder Die Vereinigten, in Id., Erzählungen, a cura di Herbert Steiner, Stockholm, Suhrkamp / Fischer, 1945, pp. 113‑247, qui p. 202; cura e trad. it. di G. Bemporad, Andrea o I ricongiunti, Milano, Cederna, 1948, p. 104. Inutile ricordare che per Cristina Campo l’amicizia può vivere solo nell’ambito valoriale dell’attenzione, che è esercizio di giustizia, come direbbe Simone Weil.

24 A tal proposito, c’è un passo in cui il fiume Traun, femminile, diventa il Traum. L’errore nel nome del fiume potrebbe essere del proto, ma l’articolo al maschile potrebbe essere piuttosto di mano di Cristina.

25 V. Guerrini, Il vero Dio muta la violenza in sofferenza. La gravità e la grazia nel Riccardo II, «La fiera letteraria», no 19, 11 maggio 1952, p. 8.

26 H. von Hofmannsthal, Der Rosenkavalier, Berlin, Fischer, 1911, p. 59.

27 C. Campo, Con lievi mani, in Ead., Gli imperdonabili, Milano, Adelphi, 1987, pp. 97‑111, qui p. 100.

28 Cfr. M. Pieracci Harwell, Nota biografica, in C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 263‑273, qui p. 267; e Ead., Un ramo già fiorito, cit., p. 128.

29 H. von Hofmannsthal, Sämtliche Werke, XXIX. Erzählungen 2. Aus dem Nachlass, a cura di E. Ritter, Frankfurt a. M., Fischer, 1978, p. 403. Dove non altrimenti specificato le traduzioni sono di chi scrive.

30 L. Traverso, Prefazione a H. von Hofmannsthal, Viaggi e saggi, cit., p. 12.

31 S. Weil, Lottiamo noi per la giustizia?, trad. it. di V. Guerrini (ma non è indicato), «Tempo presente», I, no 8, 1956, pp. 605‑610.

32 H. von Hofmannsthal, Loris. Die Prosa des jungen Hugo von Hofmannsthal, cura e postfazione di Max Mell, Berlin, Fischer, 1930, pp. 20‑22, qui p. 21. Si utilizza questa edizione come testo di riferimento perché è l’edizione utilizzata da Cristina Campo, come dimostra il sottotitolo Dall’opera postuma (Aus dem Nachlaß), presente solo in questa edizione tedesca. E come conferma anche l’analisi di Stadi (si veda più sotto).

33 Cfr. S. Nienhaus, Das Prosagedicht im Wien der Jahrhundertwende. Altenberg – Hofmannsthal – Polgar, Berlin / New York, Walter de Gruyter, 1986, pp. 146‑154.

34 Gabriella Bemporad infatti traduce con «panchina». Cfr. H. von Hofmannsthal, Giustizia, in Id., La mela d’oro e altri racconti, cura, postfazione e trad. it. di G. Bemporad, Milano, Adelphi, 2021, ed. digitale, pp. 6‑8, qui p. 7.

35 Ivi, p. 8.

36 Cit. in Id., Sämtliche Werke, XXIX, cit., p. 271.

37 Cfr. A.‑K. Gisbertz, «Age of innocence», in M. Mayer e J. Werlitz (a cura di), Hofmannsthal Handbuch. Leben – Werk – Wirkung, J. B. Metzler, Stuttgart, 2016, pp. 292‑293, qui p. 292.

38 Cfr. ibidem. Noi preferiamo questa resa del titolo. Vi sono comunque due versioni: Le lettere del rimpatriato, a cura di Gabriella Bemporad, contenute in H. von Hofmannsthal, L’ignoto che appare, Milano, Adelphi, 1991, pp. 279307; e Id., Lettere del ritorno, a cura di G. Pulvirenti, trad. it. di V. Scuderi, Catania, Villaggio Maori Edizioni, 2015.

39 H. von Hofmannsthal, Stadien, in Id., Loris, cit., pp. 7‑19.

40 La scelta di evitare le note è tipica per il genere della antologia come si era venuto a definire nella cultura fiorentina degli anni Trenta, ovvero prefazione e testi antologizzati, offerti al pubblico senza ulteriori mediazioni critiche. Cfr. O. Macrì, La traduzione poetica negli anni Trenta (e seguenti), in F. Buffoni (a cura di), La traduzione del testo poetico, Milano, Guerini e Associati, 1989, pp. 243256.

41 Cfr. H. von Hofmannsthal, Sämtliche Werke, XXXII. Reden und Aufsätze I, a cura di H.‑G. Dewitz, O. Varwig et alii, Frankfurt a. M., Fischer, 2009, p. 928. Anche in questo caso faremo riferimento al testo come contenuto in H. von Hofmannsthal, Loris, cit., pp. 258 (Bildlicher Ausdruck), 259 (Dichter und Leben).

42 Traduzione da Platone, Opere complete, 7, trad. it. di M. Gigante e M. Valgimigli, Bari, Laterza, 2003, p. 114.

43 Per un’analisi più articolata delle traduzioni di “Manche freilich müssen drunten sterben” e Ballade des äußeren Lebens, si veda il capitolo «Ogni rigo letto è profitto». Traducendo Hofmannsthal in V. Scuderi, «La bellezza per soprammercato», Catania, C.U.E.C.M., 2002, pp. 37‑50.

44 L’intento è testimoniato in una lettera del 10 ottobre 1955 a Traverso, cfr. C. Campo, Caro Bul, cit., p. 25.

45 Si tratta di Voci di fanciulli nel frutteto e Occhi che vidi ultimamente in pianto. Si veda C. Campo, Passo d’addio, Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1956, pp. 33, 35, oggi, nella versione più recente, in Ead., La tigre assenza, cit., pp. 96‑97 (da notare che il primo componimento in La tigre assenza è riportato con il suo titolo effettivo, New Hampshire e non con l’incipit).

46 Cfr. V. Scuderi, «La bellezza per soprammercato», cit., pp. 40‑41.

47 C. Campo, Un ramo già fiorito, cit., p. 96.

48 Cfr. V. Scuderi, «La bellezza per soprammercato», cit., p. 45.

49 Cfr. H. von Hofmannsthal, Liriche e drammi, prefazione e trad. it. di L. Traverso, con una presentazione di C. Bo, Firenze, Le Lettere, 1988 (1942), p. 46.

50 Cfr. Id., Canto di vita e altre poesie, prefazione e trad. it. di E. Croce, Torino, Einaudi, 1971, p. 39.

51 Cfr. Id, Narrazioni e poesie, a cura di G. Zampa, Milano, Mondadori, 1972, pp. 886‑888.

52 Cfr. V. Scuderi, «La bellezza per soprammercato», cit., p. 46.

53 C. Campo, Un ramo già fiorito, cit., pp. 93‑94.

54 E. Raponi, Hofmannsthal e l’Italia: fonti italiane nell’opera poetica e teatrale di Hugo von Hofmannsthal, Milano, V&P, 2002, p. 172.

55 Ibidem.

56 Cit. in ibidem.

57 Raponi poggia questa sua osservazione su uno studio di Walter Perl. Cfr. W. Perl, Das lyrische Jugendwerk Hugo von Hofmannsthals, Berlin, Verlag Dr. Emil Ebering, 1936.

58 Cfr. E. Raponi, Hofmannsthal e l’Italia, cit., p. 176.

59 Cfr. ibidem.

60 H. von Hofmannsthal, Liriche e drammi, cit., p. 46.

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Pour citer cet article

Référence électronique

Vincenza Scuderi, « Cristina Campo traduttrice di Hofmannsthal »Cahiers d’études italiennes [En ligne], 36 | 2023, mis en ligne le 28 février 2023, consulté le 09 janvier 2025. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/cei/12196 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/cei.12196

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Auteur

Vincenza Scuderi

Università di Catania
vscuderi@unict.it

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