Cristina Campo traduce Christine Koschel
Résumés
Au nom d’une admiration partagée pour Djuna Barnes, Cristina Campo s’est liée d’amitié avec la poétesse allemande Christine Koschel à Rome en 1968. Campo l’a lue, est entrée en empathie avec le travail poétique déjà important de l’autre et l’a traduite pour Conoscenza religiosa (1969 et 1972). Peu de textes, huit en tout, mais assez pour comprendre qu’entre la poétesse italienne et la poétesse allemande se déclenche une sorte d’effet de miroir idéalisant : la recherche d’une dictée ample, la prédilection pour l’usage des verbes au présent, pour une subjectivité plus discrète par rapport aux choses. La traduction comme réappropriation de soi : d’où l’effort de la Campo d’une restitution fidèle du « rythme pas trop éloigné de l’écriture originale », d’une parole « proche des choses » et toujours tendue à la recherche de la vérité.
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Mots-clés :
poésie et traduction comme expérience intérieure, réappropriation idéale, versions fidèles et autres choix traductologiquesKeywords:
poetry and translation as an inner experience, ideal re-appropriation, faithful versions and other translation choicesParole chiave:
poesia e traduzione come esperienza interiore, riappropriazione ideale, versioni fedeli e altre scelte traduttologichePlan
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1. Introduzione
- 1 La definisce così M. Hamburger, After the Second Flood. Essays on Post-War German Literature, Manch (...)
1Christine Koschel è fra le voci «displaced»1 e più intense della poesia contemporanea tedesca, oltre a essere una traduttrice rinomata di Djuna Barnes, Oscar Wilde, George Bernard Shaw, Sylvia Plath, Eugenio Montale e altri. Nata a Breslavia (Slesia) nel 1936, la Koschel ne è fuggita con la madre nel 1944 in seguito alle tragiche vicende conclusive della Seconda Guerra Mondiale. Si è stabilita a Stoccarda, quindi a Monaco, dove, lavorando come assistente alla regia per opere di teatro, cinema e TV, è rimasta fino al 1964, anno in cui si è trasferita a Roma. A buon diritto, al pari di Ingeborg Bachmann, Georg Klusemann, Hans Werner Henze e tanti altri, è una rappresentante di quella ‘colonia’ di intellettuali e artisti austriaci e tedeschi che hanno scelto di risiedere fuori dal proprio paese d’origine spesso per ragioni politiche, soprattutto perché hanno rimproverato alla loro nazione eccessivi compromessi o, comunque, scarsa decisione nel fare i conti con il passato nazista.
- 2 Cfr. L. Belleggia, Lettore di professione fra Italia e Stati Uniti. Saggio su Paolo Milano, Roma, B (...)
2Una Cristina Campo ancora poco nota, che ha pubblicato la raccolta di versi Passo d’addio, per l’editore milanese Scheiwiller nel 1956, conosce la Koschel proprio a Roma, nel dicembre 1968, grazie al critico letterario e, dal 1958, recensore del settimanale «L’Espresso», Paolo Milano2. La poetessa tedesca aveva allora pubblicato solo due sillogi, ossia Den Windschädel tragen (letteralmente Portare il teschio del vento, München, Ellerman, 1961) e Pfahlfuga. Gedichte und Prosagedichte, con una nota di Ilse Aichinger (Fuga di pali. Poesie e poesie in prosa, München, Piper, 1966), contraddistinte sia dalla ricerca della parola intesa come liberazione di Verità sia da un slancio visionario, che ha le sue radici nel dolore dell’innocenza conculcata e nella tensione a protendersi da quest’ultimo verso la luce della rinascita. Essa è tutt’uno con la conoscenza primigenia che alberga in ognuno di noi: la vita che vuole la vita.
- 3 Così A. Anelli, La bellezza, lo sguardo e la ragione, introduzione a L’Urgenza della Luce. Cristina (...)
3Ambedue le raccolte poetiche menzionate avevano già ricevuto positivi riscontri da critici e altri autori di lingua tedesca, come la stessa Bachmann, Alexander Kluge, Günter Grass, Walter Jens e Johannes Bobrowski. E, cosa ben più importante, in quel periodo, la Koschel «e Inge von Weidenbaum stavano lavorando alla traduzione in tedesco di The Antiphon di Djuna Barnes per la quale avrebbero vinto nel 1983 il premio “Hieronymus-Ring” grazie al volume edito a Francoforte da Suhrkamp. Anche Djuna Barnes era pressoché sconosciuta da noi, ma fra i suoi pochi conoscitori vi erano Cristina Campo e Elémire Zolla: da qui l’incontro con la Koschel e la collaborazione con la rivista “Conoscenza religiosa”»3.
- 4 Sulla nascita della rivista, cfr. C. De Stefano, Belinda e il mostro, cit., p. 151.
4Proprio nel no 2 del 1969 di questa rivista trimestrale, fondata nello stesso anno dallo Zolla e da lui diretta fino alla chiusura nel 19834, appaiono le prime traduzioni italiane di versi della Koschel per opera della Campo (a pp. 197‑198) e dello stesso Zolla (a pp. 194‑197). Il titolo della sezione dedicata alla poetessa tedesca è in italiano e semplicemente Poesie.
- 5 Cit., pp. 49‑50. Si tratta di due componimenti distinti, non di uno solo, come si potrebbe invece t (...)
- 6 Pp. 324‑329. Cfr. anche Indice dei fascicoli, in E. Zolla, Conoscenza religiosa, Scritti 1969‑1983, (...)
- 7 Cfr. rispettivamente pp. 73 (1, Der königliche Entwurf der Welt), 84 (2, Kindergerippe), 88 (3, Der (...)
5La Campo pubblica le versioni di componimenti fra i più persuasivi della prima produzione della Koschel. Si tratta di Später Garten (Tardo giardino) e di Dieser Herbst ist am Ende (Questo autunno è alla fine), già stampati uno di seguito all’altro in Pfahlfuga. Gedichte und Prosagedichte5; ma anche di altri sei testi (numerati al modo arabo da 1 a 6), che la Campo presenterà — con il titolo Sechs Gedichte. Sei poesie, tradotte da C. C. — per il no 4 del 1972 di «Conoscenza religiosa»6, e che la Koschel farà poi confluire, ma più sparsamente, nella raccolta Zeit von der Schaukel zu springen (Tempo di saltare dell’altalena, München, Piper, 1975)7.
2. Un «ritmo non troppo lontano dall’originale intavolatura»
- 8 M. Del Serra, Christine Koschel, cit., p. 69.
- 9 Com’è noto, Celan e la Bachmann erano legati da un rapporto d’amore intenso, ma difficile (cfr. anc (...)
6Leggendo la versione originale della prima poesia della Koschel Später Garten, tradotta nel 1969 dalla Campo e, insieme, la sua versione italiana Tardo giardino, potremo subito osservare come sia palese l’intenzione della traduttrice di non allontanarsi troppo dal ritmo pianamente scandito dell’originale, il cui dettato pure «vive di un’invenzione ritmico-espressiva che sfrutta con virtuosismo le capacità astrattive, plastiche e agglutinanti della lingua tedesca […] nutrendosi di simmetrie e parallelismi metrici, di anafore variate e di onomatopee sarcastiche, di sinestesie e di immagini surreali incuneate fra il prosastico e il sublime, con un effetto straniante»8. Come ad esempio riscontreremo subito, anche ad occhio, nel bel componimento no 4, l’unico con un titolo: “Urgenza della luce”, che rimanda a quello omonimo della raccolta di Paul Celan, portata a termine dal poeta nel 1967, ma pubblicata postuma nel luglio 1970, a Francoforte, dall’editore Suhrkamp9. Il testo originale tedesco della Koschel e la versione campiana, del 1972, sono i seguenti:
4
Lichtzwang
Dem die Schädeltrommel
zwischen den Wortruinen schallt:
welche auferstehen mag
um einen Atemschluck zu nehmen
um in der Mundwiege zu schaukeln
um ehern
auf die Wortstatt zu gehn —
der fordert die Feuersbrunst jäh:
Lichtschmerz
zwingt ihn ins Versdunkel —
Schwächeanfall der Sprache
genannt!
4
Urgenza della luce
A chi rimbomba il tamburo del teschio
tra rovinii di parole
— quale di esse può risorgere
per afferrare un sorso di respiro
per dondolarsi nella cuna della bocca
per ferrigna recarsi
nell’arengo della parola? —
colui sfida di colpo l’incendio.
Dolore della luce
che lo costringe al verso oscuro —
crisi di astenia
della lingua, lo dicono.
- 10 A. Anelli, La bellezza, lo sguardo e la ragione, cit., p. 14.
7In una resa italiana, verso per verso, che aderisce alla lettera del testo, eccezion fatta per il caso del termine Wortstatt (letteralmente ‘luogo della parola’), tradotto dalla Campo con arengo della parola, quindi con il trapasso a un registro più culto e letterario, richiamato dalla storica ‘nobiltà’ della voce medioevale arengo. Questa scelta semantica, quasi che le parole cercate dal poeta convengano a parlamento, sembra meno forte, perché il contesto originale è quello che scaturisce da un sentimento di autentico riscatto della parola, di un «annichilimento e ricerca primigenia di “impregiudicato senso”, di forza elementare della lingua che si muove nello spazio di evidenza dello sguardo sulle cose e nella dimensione della verità»10.
- 11 C. Campo, Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano, Adelphi, 1998, p. 165; si ricordi che un (...)
8Permane, per citare le parole che la Campo stessa adopera a proposito delle traduzioni di Mörike, l’intento di cercare nelle proprie versioni un «ritmo non troppo lontano dall’originale intavolatura»11 del componimento koscheliano di partenza, in questo caso ‘Lichtzwang’ (“Urgenza della luce”), Später Garten (Tardo giardino) e Dieser Herbst ist am Ende (Questo autunno è alla fine). A tale scopo formale, riguardo a Später Garten (Tardo giardino), per introdurre nel testo italiano una pausa capace di rallentare la lettura di quello che risulta un novenario anapestico-dattilico — di decelerarla ma solo per farne meglio sedimentare gli echi ritmici, marcati da allitterazioni come Tardo / tenera; farfalle / fiori, da assonanze come tengono / rendono — risponde l’inserzione di una virgola nel secondo verso dietro le farfalle, nei fiori (hinter den Schmetterlingen in die Blumen). Come si può constatare:
Später Garten
Später Garten — die Kinder laufen in zarter Besessenheit
hinter den Schmetterlingen in die Blumen.
Faustgewandt halten sie bald das Geheimnis — geben es
überrascht in die Luft zurück — haben bunte Handflügel.
Tardo giardino
Tardo giardino — I bambini corrono in tenera possession
dietro le farfalle, nei fiori.
In agile pugno già tengono il segreto — lo rendono
sorpreso all’aria — hanno le mani alate multicolori.
- 12 Poi in C. Campo, La tigre assenza, a cura e con una nota di M. Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, 1 (...)
- 13 Sul carattere modernamente europeo, anzi modernista, della poesia della Campo ha insistito A. Scars (...)
- 14 M. Del Serra, Christine Koschel, cit., p. 68.
- 15 Sulla funzione-chiave dei tempi commentativi nell’opera in versi della Campo (ma anche dei deittici (...)
- 16 C. Campo, Gli imperdonabili, cit., p. 80.
- 17 C. Campo, Fiaba e mistero e altre note, Firenze, Vallecchi, 1962 (così suddiviso: Fiaba e mistero, (...)
- 18 Si legga C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 21‑22, e passim per i due termini citati poco sopra
- 19 Ivi, p. 18.
9È interessante sottolineare che in una poesia come La tigre assenza, pubblicata nel 1969 sul no 3 di «Conoscenza religiosa», quindi nel volume postumo con il medesimo titolo12, troviamo parole, perlopiù sostantivi, come «mano», «fiore», «tenera», «stella», presenti anche nei versi tedeschi tradotti. La Campo, in ogni modo, deve essersi sentita particolarmente a proprio agio davanti alla versificazione ampia adottata dalla Koschel. Specie se teniamo presenti testi campiani di Passo d’addio come, ad esempio, La neve era sospesa tra la notte e le strade, oppure Ora tu passi lontano, lungo le croci del labirinto, o, ancora Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere, in cui il verso lungo (doppio settenario, doppio novenario, ecc.) è frequente a dirompere consuetudini ritmiche inveterate della lirica d’ascendenza ermetica13. Al pari della Campo, la Koschel non ama porre l’Io o, meglio, l’Ich, e la propria soggettività in primo piano: persegue uno sguardo netto, che potremmo dire ‘cosale’ nella percezione oggettiva, oppure «il lucido intelligere di Spinoza»14. Inoltre predilige l’uso del tempo presente dei verbi (laufen / corrono; halten / tengono; geben zurück o zurückgeben / rendono; haben / hanno): quello che, predominando fra i tempi commentativi15, più riduce la distanza del lettore da quanto enunciato dall’autore, come per un ‘effetto zoom’. Insomma, ne proclama l’astanza, per la Campo la «presenza assoluta» (come quella «del testo a Leopardi»)16; e, come accade nella fiaba, ne condensa, e contemporaneamente dilata, pure la percezione. Del resto, nella fiaba «Percepire è riconoscere ciò che soltanto ha valore, ciò che soltanto esiste veramente. E che altro veramente esiste in questo mondo se non ciò che non è di questo mondo?»17. Proprio il segreto, dunque, potremmo chiosare; per la Campo quel segreto o mistero del vivere che, come la fiaba, è connaturato all’alterità stessa dell’infanzia: dell’«infanzia del mondo», come la scrittrice precisa nella scia di Corrado Alvaro18. Perché «i bambini hanno organi misteriosi, di presagio e di corrispondenza»19.
- 20 C. Campo, Lettere a Mita, a cura di M. Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, 1999, p. 107 (giustamente (...)
- 21 Come ha ben sintetizzato M. M. Vecchio, Tre imperdonabili, cit., p. 90.
- 22 C. Campo, Lettere a Mita, cit., p. 122.
- 23 C. Campo, Gli imperdonabili, cit., p. 151.
10Secondo la Campo, «la poesia come preghiera» da offrire20, come tensione spirituale, significa l’incontro di purezza e verità, «ricerca di qualcosa che porti luce agli altri»21; di parole che non abbiano «altri significati da quello vero»22. Poiché si è poeti o poetesse; non si fa il poeta o la poetessa. Ogni arte la si vive; ed è altro dalle leggi, economicistiche e mistificanti, che governano la società del proprio tempo. Tempo, anzi, «tempi dell’orrore» peraltro amato/amati dalla Campo, proprio perché è/sono «l’era della bellezza in fuga»23: quella bellezza, quella dimensione di valori dello spirito, che la poesia ostinatamente persegue in attrito con il — non in fuga dal — mondo reale.
11È quasi naturale, pertanto, che la poesia della Koschel attragga la Campo, specie per la tensione a vedere, a riconoscere l’invisibile attraverso il visibile, e a tendervi ostinatamente attraverso la parola: una parola sempre cercata, sempre purificata, sempre interrogata, sempre forzata a spingersi oltre sul sentiero della verità, intesa come il rovescio della grande impostura del mondo capitalistico e tecnocratico contemporaneo. C’è sempre qualcosa da vedere e da dire in una simile, ampia, prospettiva attiva assunta dal fare poetico.
- 24 Si noti quanto scrive A. Anelli: «Contrariamente alla solidità e al distacco della Campo, di Christ (...)
12Per tali motivi la Campo si attiene a una traduzione piuttosto fedele all’originale tedesco, con qualche libertà che segnaleremo via via nel corso del presente saggio. Le sue scelte traduttive sono coerenti e riconducibili entro gli ambiti della poetica campiana, sempre molto attenta alla Tradizione24, intesa nel senso sincretico e gnostico di Zolla e in quello letterario consueto, che guarda ad autori quali Dante, San Giovanni della Croce, Emily Dickinson, Hugo von Hofmannsthal, Djuna Barnes, William Carlos Williams, Ezra Pound, Eugenio Montale, Goffried Benn, José Ortega y Gasset, Simone Weil, solo per dare qualche riferimento.
- 25 Cfr. S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, Torino, UTET, 1961‑2002 (e suppl. 2004, (...)
13Ad esempio, proprio traducendo Später Garten (Tardo giardino), la Campo opta per rendere l’avverbio temporale/aggettivo später, che vale ‘più tardi’, ‘dopo’, ‘successivo’, ‘tardivo’, con l’aggettivo italiano tardo. Il primo significato di quest’ultimo termine in italiano sarebbe ‘lento’, ma nella lingua letteraria, da Dante e da Petrarca in poi, ha anche il valore di ‘ritardato’, ‘inoltrato’25. Preferendo quindi la forma di connotazione lirica tardo, invece del più diffuso termine, e più moderno, tardivo (il cui primo significato italiano è «Che germoglia, fiorisce, fruttifica o matura in ritardo rispetto alla norma stagionale; che continua a vegetare oltre l’inizio del periodo di riposo»: GDLI, sub voce), la Campo ha voluto sottolineare o restituire l’atmosfera sospesa della sorpresa infantile, ma anche quella della farfalla catturata e liberata; e, dolci e plastiche, se non struggenti — nella frenesia dei bambini che corrono dietro alle farfalle; nella felicità di quegli attimi destinati a finire presto come l’infanzia della vita umana stessa che è destinata alla morte —, l’immagine e la situazione modellate dal sintagma in zarter Besessenheit, ovvero in tenera possessione.
14Qui la parola Besessenheit significa ‘ossessione’, ‘possessione’ precisamente, con valenze semantiche analoghe o speculari al termine italiano ossessione, a cui il tedesco corrisponde anche nella puntualizzazione semantica; e l’accostamento ossimorico creato grazie all’unione con l’aggettivo zarter, ossia ‘delicato’, ‘tenero’ vi risalta, dato che ossessione/possessione è appunto il tormento inflitto a qualcuno dal demonio. Non si dice infatti che i bambini siano angeli? E il corpo del bambino non è precisamente delicato, tenero, come la sua età? Dunque l’opposto dell’invasamento, del pondus della possessione diabolica.
- 26 C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 18, 49.
- 27 Sull’importanza, per la Campo, della lettura di Jung avvenuta grazie alla conoscenza dello psicanal (...)
15D’altronde, la Campo aveva scritto che la fiaba è collisione fra i «contrari», e che il viaggiatore ha al fianco e «in sé da sempre» la meta, così sempre viaggia «verso il centro immobile della […] vita: lo speco vicino alla sorgente, la grotta — là dove infanzia e morte, allacciate, si confidano il loro reciproco segreto»26. Di conseguenza, un testo della Koschel come questo — capace di ‘far durare’ (come una serie di battute di note semibrevi) un momento di gioia infantile e di legarlo alla farfalla (in greco psyché), per Gustav Jung27 notoriamente allegoria e simbolo dell’anima — poteva sembrare scritto quasi per lei, che riteneva che la poesia fosse
- 28 C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 166‑167; cfr. anche C. Campo, Un ramo già fiorito. Lettere a (...)
[…] attenzione, cioè lettura su molteplici piani della realtà intorno a noi, che è verità in figure. E il poeta, che scioglie e ricompone quelle figure, è anch’egli un mediatore: tra l’uomo e il dio, tra l’uomo e l’altro uomo, tra l’uomo e le regole segrete della natura. […] Dante non è, per quanto scandaloso possa suonare, un poeta dell’immaginazione, ma dell’attenzione […]. Se dunque l’attenzione è accettazione fervente, impavida del reale, l’immaginazione è impazienza, fuga nell’arbitrario: eterno labirinto senza filo di Arianna28.
- 29 In «Conoscenza religiosa», no 2, 1969, cit., a p. 197 si legge l’erroneo «salate» per alate.
16Nella medesima direzione, e a rafforzare l’aura poetica del contesto, va l’opzione traduttiva della Campo in merito all’ultima parte del verso finale haben bunte Handflügel ovvero hanno le mani alate multicolori29. La parola Handflügel — che varrebbe letteralmente ‘ali-di/della-mano’, ‘ali-mani’ (nell’originale senza l’articolo determinativo), a sottolineare sia il gesto di accoppiare le mani come lo fanno appunto le ali nel loro battito sia le farfalle variopinte, multicolori (bunte) tenute in mano dai piccoli — diventa le mani alate: le mani che divengono farfalle.
17Entro la stessa tipologia di scelte si può iscrivere generalmente anche la traduzione di Dieser Herbst ist am Ende, ovvero Questo autunno è alla fine:
Dieser Herbst ist am Ende
Dieser Herbst ist am Ende. Flammend tierreich und klar —
ein metaphysisches Feuer — eine gereinigte Unendlichkeit —
wohl schattenbegrenzt. Öffnen wir die Schatten. Öffnen wir
die Toten. Gehen wir ein in den geierhaften Fieberglanz — in die
Sternfieber — in eine Leidenszeit der tiefen Wachheit.
Questo autunno è alla fine
Questo autunno è alla fine. Come un fuoco
ricco d’animali e chiaro —
un fuoco metafisico, un’infinità purificata —
ma limitato da ombre. Apriamo le ombre, apriamo
i morti. Entriamo nello splendore di vorace febbre
nella febbre delle stelle, in un tempo di passione
della profonda vigilanza.
- 30 Secondo la terminologia introdotta da J. Cunnison Catford, A Linguistic Theory of Translation. An E (...)
- 31 Così M. Del Serra, Christine Koschel, cit., p. 64.
18Come si può notare, la Campo suddivide qui ben due versi lunghi del componimento della Koschel — il primo e l’ultimo —, trasponendone gli emistichi in un ottonario e un novenario, allo scopo evidente di sottolineare quell’effetto di «durata», precisamente di «attenzione» a cui deve per lei sottostare la poesia; e mentre traduce in maniera fedele l’ultimo der tiefen Wachheit con della profonda vigilanza, agisce più liberamente con il primo Flammend tierreich und klar reso Come un fuoco / ricco d’animali e chiaro —. Letteralmente, infatti, Flammend è un aggettivo tedesco che significa ‘infuocato’, ‘infiammato’, ‘sfavillante’. Nell’originale, la Koschel istituisce un passaggio, seppur minimo, di grado semantico tra il Flammend del primo verso e il Feuer (l’ein metaphysisches Feuer) del secondo, giocato sulla veicolazione implicita dell’immagine evocata da Flammend, ‘acceso dalle fiamme’. Nell’effetto quasi sineddochico, le valenze del dato reale, oggettivo dell’osservazione, sono amplificate dall’aggettivo metaphysisches (metafisico): dalla concreta, ma precaria sostanza della vita naturale, dai confini / finitezza delle cose e delle corporeità nell’autunno che declina, si trascorre verso l’infinito, anzi verso eine gereinigte Unendlichkeit (un’infinità purificata). Precisamente dal transeunte al trascendente. La Campo preferisce ridurre l’aggettivo Flammend al sintagma avverbiale Come un fuoco: così, introducendo una similitudine, ripete (e la ripetizione è figura cara alla poetessa-traduttrice fiorentina, come all’autrice tradotta) il termine fuoco, a realizzare una sorta di anafora o parallelismo, anche grazie alla suddivisione già menzionata del verso: Come un fuoco / ricco d’animali e chiaro — / un fuoco metafisico, un’infinità purificata. In tal modo, con quello che la traduttologia definisce «class shift»30, pone l’accento sulla energia stessa del fuoco koscheliano: un fuoco di «renovatio inscindibilmente (direi alchemicamente) artistica ed esperienziale»31, quasi da ordalia primigenia o da forgia interiore (alla maniera del Buddha), che consenta di trascendere verso le cose, ossia verso la conoscenza senza ombre (Schatten); che imponga di mirare in alto allo splendore di vorace febbre (den geierhaften Fieberglanz) delle stelle. Un fuoco che, dal mondo dei morti, possa condurre al mondo dei viventi, cioè nella direzione precisamente opposta a quella in cui credono i Teleuti. Purificazione e illuminazione.
- 32 Incluso in C. Campo, Il flauto e il tappeto, Milano, Rusconi, 1971, pp. 91‑111: desumo la notizia d (...)
19Febbre (Fieber), tempo di passione (Leidenzeit), profonda vigilanza (tiefen Wachheit): tre passi o gradi verso quella «perfezione» ispirata alla Weil (letta nei primi anni Cinquanta), di cui la Campo avrebbe scritto nel saggio Gli imperdonabili32.
3. La traduzione: azione di rinnovamento della poesia e pratica di comunicazione con sé stessi
20Ci siamo soffermate più a lungo sulle due prime traduzioni dei versi della Koschel eseguite alla fine degli anni Sessanta dalla Campo, perché esse appaiono paradigmatiche della sua traduttologia, ovvero del suo modo di intendere la traduzione, di cui abbiamo già dato qui sintetici, ma significativi cenni, nel capitolo precedente.
- 33 C. Koschel, «Questo, il più innocente di tutti gli affari…», «Kamen’», cit., pp. 61‑62: 61.
21Da poetessa qual è, la Campo ‘entra in empatia’ con la poetica e la concezione stessa della scrittura cara alla Koschel, nelle quali può riconoscersi perché per molti versi, lo ribadiamo, presenta alcune solide affinità con la sua. Ad esempio, la Koschel ha sempre ritenuto necessario salvaguardare «il mondo interiore», «il rispetto per il non conosciuto e il non riconoscibile»; e ha creduto possibile scrivere poesia autentica, soltanto a condizione di non lasciarsi prendere dalla «volontà vanitosa di produrre qualcosa», tipica di chi è prono alla società di massa e alla industria culturale che svuotano la parola mercificandola; e di riconquistare «la condizione dell’innocenza»33, di contro alla menzogna, alle trappole dei potenti, all’esilio da noi stessi a cui ha costretto una società che aliena l’essere umano, una società violenta e seminatrice di orrore. Come leggiamo nel componimento no 2 del 1972, in cui il ricordo della guerra e delle stragi degli innocenti appare ancora in tutta la sua crudezza:
2
Kindergerippe
wie Libellenkadaver
auf und nieder gewippt —
Weltstachel
der die Schmerzzone vertieft
während
die Logistiker
in den Wispernestern versteckt
von Zieschelpfaden gesäumt
sie aus dem Zahlengehäcksel
wie Hülsen ins Abseitsfeld
werfen.
2
Scheletri di bambini
come libellule stecchite
giocati all’altalena —
pungiglione del mondo
che approfondisce l’area di dolore
mentre
gli strateghi
celati, dentro nidi di bisbigli
bordati da sentieri di sussurri
li buttano
da una paglia sminuzzata di cifre
scorie nella sodaglia.
22Merita osservare che anche in questo caso la Campo ‘nobilita’ in senso letterario il testo della Koschel: wie Hülsen ins Abseitsfeld è reso infatti con scorie nella sodaglia cioè con un traslato e un lemma manzoniano, laddove il paragone è di più basso registro nell’originale tedesco: letteralmente, ‘come i baccelli / i gusci vuoti, nel campo’. Per giunta, a emanare una ulteriore aura letteraria, è lo slittamento verso la costruzione analogica: in italiano non è infatti tradotta la congiunzione wie / come.
23La Campo auspicava un rinnovamento della poesia italiana, e per questo motivo condivide anche lo spirito di un testo quale Der Dichter als Stifter […] (Il poeta quale fondatore):
3
Der Dichter als Stifter: Stirnstoßer
von Hirnhaus zu Hirnhaus ziehend —
ein Fechtbruder auf Wanderbettel —
den das Stimmvieh sich nicht leisten kann.
3
Il poeta quale fondatore:
cozza con la fronte
I cervelli scorrendo di lobo in lobo —
uomo di spada che vaga mendicando —
che la mandria da voti non può permettersi.
24Un traduzione in cui la Campo ha l’idea, indovinata, di rendere il sostantivo composto Stirnstoßer (del v. 1) — letteralmente ‘lo spingi / urta-fronte’, definizione che costituisce una sorta di binomio con il precedente sostantivo Stifter / fondatore e davvero difficile da trasporre in italiano — con il sintagma verbale cozza con la fronte, a cui fa costituire il v. 2 del componimento tradotto. Fa così slittare il v. 2 dell’originale tedesco, von Hirnhaus zu Hirnhaus ziehend, letteralmente ‘estraendo / tirando, passando / trascorrendo da un cervello all’altro’, al v. 3 della versione italiana e lo traduce con i cervelli scorrendo di lobo in lobo: un’immagine che risalta nella sua plasticità e compensa la sintesi visionaria della lezione koscheliana, di ascendenze espressioniste.
- 34 A. Anelli, La bellezza, lo sguardo e la ragione, cit., p. 20.
- 35 Ibid.
25La Koschel aspira a perseguire «un’autentica, concreta e critica progettualità artistica che tende a rinnovare alle radici il fare poesia»34. Un simile movimento è anche quello che la scrittrice fiorentina vorrebbe imprimere nella propria poesia e in quella italiana in generale. Non a caso la Campo traduce principalmente testi koscheliani «in cui è presente una duplicità di piani, orrore per i misfatti della storia e impassibilità, estraniazione dall’uomo-massa e la delineazione della figura del poeta-fondatore, la sorte problematica del linguaggio e la tensione della poesia»35. Come ad esempio accade nel componimento no 1 del 1972:
1
Der königliche Entwurf der Welt
taucht
aus dem Schoß der Selbstmörder:
dem einen großen Hungerauge
derer
die im Feuerkleid einen Platz
ausrennen.
1
L’abbozzo regale del mondo
emerge
dal grembo dei suicidi:
dal grande occhio affamato
di coloro
che in veste di fuoco descrivono
correndo una piazza.
- 36 C. Campo, Sotto falso nome, cit., p. 98.
- 37 Cfr. G. Steiner, Dopo Babele: il linguaggio e la traduzione, trad. di R. Bianchi, Firenze, Sansoni, (...)
26In un simile, contiguo, cammino della poetessa Koschel a fare della parola rinnovata, anche la più ruvida, un mezzo per ricongiungerci intimamente a noi stessi, si possono indicare le ulteriori ragioni per le quali la Campo restò colpita dalle poesie della allora giovane tedesca e ne volle dare una saggio di traduzione. La Koschel era pronta al ricordo delle vittime della Storia, del secondo conflitto mondiale: Kindergerippe (Scheletri di bambini); dura nei confronti di chi non aveva pagato le proprie colpe: die Logistiker (gli strateghi); ostile all’industria culturale e agli scrittori che si piegavano allo «show» attirati dal denaro36. Per tali motivi la Campo sentì, ‘esperì’ a fondo la poesia dell’amica tedesca e volle che tale esperienza entrasse a far parte della propria scelta, distillata, opera37.
- 38 Cfr. ivi, pp. 104‑105.
- 39 R. Jakobson, Aspetti linguistici della traduzione, in Id., Saggi di Linguistica generale, traduzion (...)
- 40 Cfr., in merito a tali classificazioni, B. Raffel, The Art of Translating Poetry, University Park-L (...)
27La traduzione della Campo si profila allora come pratica di comunicazione in primis con sé stessa, con la propria ricerca poetica: con le nascoste, intime, profondità, da cui scaturisce per Schiller la poesia, capace di risvegliarne i sentimenti sopiti38. La sua pratica traduttiva si adegua pertanto assai bene, nei fatti, a quel principio di equivalenza nella differenza delle lingue, individuato o formulato nel 1959 da Roman Jakobson39. Tale pratica non è mai espansiva, bensì, giova ribadirlo, generalmente accurata e rispettosa della lettera del testo, che mira a riprodurre; con ricreazioni o sconfinamenti nella cosiddetta traduzione interpretativa40 rari o comunque limitati, come ad esempio nei versi di chiusura del componimento no 1 del 1972, già citato: derer / die im Feuerkleid einen Platz / ausrennen, reso dalla Campo con di coloro / che in veste di fuoco descrivono / correndo una piazza per dare conto della immagine multipla di ‘correre’ ed ‘eseguire’ evocata dal verbo intransitivo ausrennen.
28Lo stesso si può rilevare anche nel seguente testo no 6, pubblicato dalla Campo ancora nel 1972:
- 41 Correggiamo così ringsumdorrt che si legge in «Conoscenza religiosa», no 4, 1972, p. 326. Da notare (...)
6
Die Wehgeschicke
die Wein- und Achgeschicke
ausgewrungen.
Der Schrei aus dem Sonnengeflecht
pflanzt sich nicht fort.
Der Innenraum stülpt sich nach außen —
die Einzelstimme ist rings umdorrt41:
die Dürre duldet kein Lautbefeuchten
keinen Wehzorn in der Todeswehe.
Der Schmerz wird zerstäubt liegen
in den Aschenrinnsalen
und lancseim sich zurückhäufeln
in die Grauwacke.
6
Avventura del lamento
avventura del pianto e della doglia
torta sino all’ultima goccia.
Dal plesso solare il grido
non viene più trasmesso.
L’intera cavità si riversa all’esterno —
all’intorno l’a solo è prosciugato:
la siccità non tollera che la umetti alcun suono
né rabbia d’affanno nelle doglie di morte.
Giacerà in polvere il dolore
in un rigagnolo di ceneri
e tardamente si ammonticchierà
all’indietro, sino al silurico.
29Come si può osservare, il v. 8, nella seconda strofa, die Dürre duldet kein Lautbefeuchten — che vale letteralmente ‘la siccità non tollera alcuna umidificazione / alcun inumidimento del suono’ — è reso con due proposizioni, la principale e la subordinata oggettiva esplicita, la siccità non tollera che la umetti alcun suono. Notevole è anche la soluzione dell’ultimo verso, nel quale in die Grauwacke — che significa letteralmente ‘nella grovacca’, una roccia grigia di tipo sedimentario — è tradotto dalla Campo con sino al silurico: a indicare una regressione, l’oblìo, giacché il Silurico o Siluriano è un periodo geologico (uno dei tempi del Paleozoico), in cui è appunto possibile trovare anche zone di grovacca.
- 42 Quindi, Milano, Adelphi, 1987.
30Traducendo per «Letteratura» (n. 39‑40, maggio-agosto 1959), il canto di Violetta e il monologo di Jaffier dalla Venise sauvée, cioè la tragedia incompiuta Venezia salva della Weil42, la Campo precisava nella Prefazione al testo:
- 43 C. Campo, La tigre assenza, cit., p. 255.
Una traduzione di questi versi si poteva affidare soltanto all’orecchio interno, scartando in modo categorico tutte le soluzioni ingegnose, così come le risorse eleganti della prosodia italiana. Il mio desiderio era quello di conservare a ogni verso la possibilità di una perfetta pronuncia, di un «massimo sapore» anche su bocca italiana43.
- 44 Come si legge anche in C. Campo, Attenzione e poesia, «L’Approdo letterario», a. VII, no 13, gennai (...)
- 45 Ivi, p. 167. Riguardo alla citazione tratta dalla Weil, il «sapore massimo di ogni parola», eco di (...)
31L’«orecchio interno» implica l’«attenzione»: perché la poesia è, lo ribadiamo, «lettura» (ossia il leggere, decifrare, interpretare), su piani composti da una pluralità di elementi, «della realtà», che è tutt’intorno a noi e «che è verità in figure»; ed è l’«orecchio interno» dell’«uomo giusto» che sa farsi «mediatore» fra uomini, cose, «il dio»44. Di chi non prevarica il testo di partenza, ma, nell’attesa, cerca di farlo risuonare con «una perfetta pronuncia» e nel «“massimo sapore” anche su bocca italiana», perché «l’attenzione è il solo cammino verso l’inesprimibile, la sola strada al mistero»45, che la poesia sa custodire.
- 46 A. Anelli, La bellezza, lo sguardo e la ragione, cit., p. 21.
32Poetesse «dell’essenziale e della solidità e tangibilità della forma», la Koschel e la Campo si incontrano sull’agone «della concreta indicibilità della presenza dell’invisibile nel visibile»46.
4. Traduzione come appropriazione ideale
- 47 Il saggio che dà il titolo alla omonima raccolta postuma degli scritti: C. Campo, Gli imperdonabili(...)
33Riguardo alle altre poesie della Koschel, tradotte per «Conoscenza religiosa» nel 1972, vale dunque quanto osservato finora. L’autrice tedesca e la Campo condividono anche la fede nel valore della poesia autentica, che è sempre irriducibile ai ‘fatti’ con cui si fanno gli affari: alla merce, a qualsiasi permuta di tipo commerciale o utilitaristico, all’appropriazione indebita. La convinzione della poesia come esperienza di ordine spirituale, che mira all’assoluto, è ribadita dalla Campo, ad esempio negli Imperdonabili47, e dalla Koschel nei versi seguenti:
- 48 Si può forse ipotizzare, nella scelta del verbo da parte di Koschel, e nella traduzione che ne prop (...)
5
Auf eine Brotscheibe gebettet
ist der tote Dichter.
Im Analysengefälle
verzucken48 die Verse:
auf welche Erlebnisschärfe
stellen wir unser Seelenauge ein —
oder sind wir aufs Fluchtkreuz
gestreckt?
Ihr Kinderbett steht
in der Königlichen Bibliothek
der Einzimmerbewohnerin
Schlafschanze.
Aber das Werk wird eingeschoben
in den Archivhügel:
Wortbestattung —
wo es doch Atem hat!
Wen hungert nach Metaphern
so voller Faktenappetit?
5
È esposto
su una fetta di pane
il poeta morto.
Nei dislivelli dell’analisi
spasimano i versi:
su quale fuoco di esperienza
puntiamo noi l’occhio spirituale —
o siamo forse tesi
sopra la croce della fuga?
Sta il suo lettino
nella biblioteca reale —
all’inquilina di una sola stanza
trincea del sonno.
Ma l’opera s’inforna
nel colombario, l’archivio:
sepolcro della parola
che respira ancora!
Chi, goloso di fatti,
ha fame di metafore?
34Come nel caso del componimento no 3, la Campo fa diventare la prima strofe — di due soli versi, in tedesco — una sorta di terzetto sui generis assonanzato (esposto: morto); e, traducendo gebettet (‘adagiato’, ‘deposto’) con l’implicito esposto, carica di ulteriore sarcasmo le parole della Koschel (Auf eine Brotscheibe gebettet / ist der tote Dichter, ossia È esposto / su una fetta di pane / il poeta morto): a sottolineare come, dopo la morte, si dia avvio a un processo di trangugiamento distruttivo, di obitoriale e pseudoculturale appropriazione-svuotamento dell’esperienza poetica anche la più autentica e dirompente, viva. Nella stessa direzione di sarcasmo ‘alimentare’ / obitoriale va la resa italiana della forma verbale passiva tedesca (con l’aggettivo / participio) wird eingeschoben (‘è inserita’), che diventa s’inforna, in un gioco di doppisensi tra l’‘infornare’, detto del pane o altro, e la tomba ‘a forno’, ma anche il ‘forno’ crematorio di orrenda memoria. E, in direzione satirica va anche la suddivisione in due nomi comuni di cosa del composto sostantivale Archivhügel (letteralmente ‘tumulo di / dell’archivio’): nel colombario, l’archivio. A ulteriore dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che la poetessa Campo intende l’esercizio della traduzione poetica, non come mestiere, bensì come appropriazione di una esperienza ideale e necessaria al proprio mondo interiore.
Notes
1 La definisce così M. Hamburger, After the Second Flood. Essays on Post-War German Literature, Manchester, Carcanet, 1986, p. 262; cfr. anche M. Del Serra, Christine Koschel: la purezza armata della parola, «Kamen’. Rivista di poesia e filosofia», vol. VII, no 12, giugno 1998, pp. 63‑69: 63.
2 Cfr. L. Belleggia, Lettore di professione fra Italia e Stati Uniti. Saggio su Paolo Milano, Roma, Bulzoni, 2000; e Paolo Milano. Leggere per professione, a cura di L. Badolato, Contributi di C. Cascone e F. Rende, Roma, Oblique Studio, 2012. Per le vicende biografiche della Campo, cfr. C. De Stefano, Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo, Milano, Adelphi, 2002.
3 Così A. Anelli, La bellezza, lo sguardo e la ragione, introduzione a L’Urgenza della Luce. Cristina Campo traduce Christine Koschel, a cura dello stesso, Firenze, Le Lettere, 2004, p. 8. Si rimanda ancora alla introduzione e all’Appendice II. Bio-bibliografie essenziali, per tutte le informazioni riassuntive desunte e riferite in questo primo paragrafo del presente scritto. Cfr. anche V. Scuderi, «La bellezza per soprammercato». Le traduzioni dal tedesco di Cristina Campo, Catania, CUECM, 2002, pp. 55‑56.
4 Sulla nascita della rivista, cfr. C. De Stefano, Belinda e il mostro, cit., p. 151.
5 Cit., pp. 49‑50. Si tratta di due componimenti distinti, non di uno solo, come si potrebbe invece talvolta evincere dalla bibliografia campiana. Ha del resto confermato di non aver avuto ripensamenti in tal senso, rispetto a quanto si osserva in Pfahlfuga, la Koschel, che fa parte della redazione della rivista «Kamen’». Proprio per questo, lo stesso A. Anelli ha potuto giovarsi sia della testimonianza diretta della Koschel sia della sua supervisione nell’allestimento del volume L’Urgenza della Luce, cit.
6 Pp. 324‑329. Cfr. anche Indice dei fascicoli, in E. Zolla, Conoscenza religiosa, Scritti 1969‑1983, introduzione e cura di G. Marchianò, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2006, pp. 796, 800. Ringrazio vivamente il dr. Andrea Cossu della Bibliotheca del Kunsthistorisches Institut di Firenze, per avermi cortesemente fornito le fotocopie dei numeri della rivista con le traduzioni campiane.
7 Cfr. rispettivamente pp. 73 (1, Der königliche Entwurf der Welt), 84 (2, Kindergerippe), 88 (3, Der Dichter als Stifter: Stirnstoßer; con varianti nel verso finale: «dem das Stimmvieh ein Obdach verwehrt», ossia letteralmente ‘a cui «la mandria da voti» nega un rifugio’), 89 (4, ‘Lichtzwang’), 91 (5, Auf eine Brotscheibe gebettet; con variazione dell’ordine delle strofe: la quarta diventa la terza), 92 (6, Die Wehgeschicke; con dedica «Für Ingeborg Bachmann»).
8 M. Del Serra, Christine Koschel, cit., p. 69.
9 Com’è noto, Celan e la Bachmann erano legati da un rapporto d’amore intenso, ma difficile (cfr. anche il saggio ‘romanzato’ o romanzo-‘saggio’ di H. Böttiger, Wir sagen uns Dunkles. Die Liebesgeschichte zwischen Ingeborg Bachmann und Paul Celan, München, Deutsche Verlags-Anstalt, 2017, ora Id., Ci diciamo l’oscuro. La storia d’amore tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan, traduzione dal tedesco di A. Luise, Vicenza, Neri Pozza, 2019); e la Koschel e la von Weidenbaum erano amiche intime della Bachmann, della cui opera sono a tutt’oggi esecutori testamentari.
10 A. Anelli, La bellezza, lo sguardo e la ragione, cit., p. 14.
11 C. Campo, Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano, Adelphi, 1998, p. 165; si ricordi che una seconda edizione ampliata dell’opera è uscita per la stessa Adelphi, nel 2002.
12 Poi in C. Campo, La tigre assenza, a cura e con una nota di M. Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, 1991, p. 44.
13 Sul carattere modernamente europeo, anzi modernista, della poesia della Campo ha insistito A. Scarsella, Cristina Campo scrittrice europea, in M. Farnetti e G. Fozzer (a cura di), Per Cristina Campo. Atti delle Giornate di studio su Cristina Campo al Lyceum di Firenze (7‑8 gennaio 1997), a cura di Firenze, Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1998, p. 41.
14 M. Del Serra, Christine Koschel, cit., p. 68.
15 Sulla funzione-chiave dei tempi commentativi nell’opera in versi della Campo (ma anche dei deittici), cfr. N. Di Nino, Il “Libro di poesia’ di Cristina Campo, in M. Farnetti, F. Secchieri e R. Taioli (a cura di), Appassionate distanze. Letture di Cristina Campo con una scelta di testi inediti, Mantova, Tre Lune Edizioni, 2006, pp. 211‑226.
16 C. Campo, Gli imperdonabili, cit., p. 80.
17 C. Campo, Fiaba e mistero e altre note, Firenze, Vallecchi, 1962 (così suddiviso: Fiaba e mistero, pp. 5‑18; con le «note» Parco dei cervi, pp. 19‑42 e In medio coeli, pp. 43 e sgg.), ora incluso in Gli imperdonabili, Milano, Adelphi, 1987 (da cui si cita), p. 10.
18 Si legga C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 21‑22, e passim per i due termini citati poco sopra.
19 Ivi, p. 18.
20 C. Campo, Lettere a Mita, a cura di M. Pieracci Harwell, Milano, Adelphi, 1999, p. 107 (giustamente definito «uno dei più bei carteggi femminili del Novecento italiano»: M. M. Vecchio, Tre imperdonabili. Emily Dickinson, Antonia Pozzi, Cristina Campo, Firenze, Le Cáriti Editore, 2022, p. 90).
21 Come ha ben sintetizzato M. M. Vecchio, Tre imperdonabili, cit., p. 90.
22 C. Campo, Lettere a Mita, cit., p. 122.
23 C. Campo, Gli imperdonabili, cit., p. 151.
24 Si noti quanto scrive A. Anelli: «Contrariamente alla solidità e al distacco della Campo, di Christine Koschel, di Rodolfo Quadrelli e di pochi altri autori, la poesia italiana di quegli anni è compressa nelle strettoie di “ideologia e linguaggio”, fra estetizzazione della vita e politicizzazione dell’arte, con esiti di svuotamento del significato delle tradizioni […]. Tale procedere porterà ad esaurimento della linea simbolista-decadente; con grande ritardo rispetto alle tradizioni dell’Europa, la poesia italiana, salvo poche eccezioni, tenderà a ripetere moduli e temi ormai notori. Il processo di tale estenuazione ha assunto ai giorni nostri effetti mostruosi e grotteschi di tarda epigonalità; ma tale autorispecchiarsi, che non fa poesia, non forma pubblico, cominciava ad annunciarsi allora: in quegli anni si assisteva alla fine dell’avanguardia storica nella fine della Neoavanguardia del composito ed eterogeneo Gruppo 63. Inoltre, erano già presenti tradizioni neocrepuscolari […] e tensioni neosublimi […], e tutto quell’ibridarsi e perdurare di esiti di cui il Novecento è ricco» (La bellezza, lo sguardo e la ragione, cit., pp. 14‑15).
25 Cfr. S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, Torino, UTET, 1961‑2002 (e suppl. 2004, 2009), o GDLI (come da ora in avanti sarà citato) on line, sub voce.
26 C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 18, 49.
27 Sull’importanza, per la Campo, della lettura di Jung avvenuta grazie alla conoscenza dello psicanalista Ernst Bernhard, allievo dello stesso Jung, cfr. anche C. Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso (1953‑1967), Milano, Adelphi, 2007, passim. Cfr. pure C. Campo, Lettere a Mita, cit., pp. 326, 336; ed Id., Cristina Campo e i suoi amici, Roma, Studium, 2005, pp. 84, 170.
28 C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 166‑167; cfr. anche C. Campo, Un ramo già fiorito. Lettere a Remo Fasani, a cura di M. Pertile, Venezia, Marsilio, 2010, pp. 152‑153.
29 In «Conoscenza religiosa», no 2, 1969, cit., a p. 197 si legge l’erroneo «salate» per alate.
30 Secondo la terminologia introdotta da J. Cunnison Catford, A Linguistic Theory of Translation. An Essay in Applied Linguistics, London, Oxford University Press, 1965, pp. 73‑82.
31 Così M. Del Serra, Christine Koschel, cit., p. 64.
32 Incluso in C. Campo, Il flauto e il tappeto, Milano, Rusconi, 1971, pp. 91‑111: desumo la notizia dalla Nota biografica di M. Pieracci Harwell, in C. Campo, Gli imperdonabili, cit., pp. 263‑273: 272. Per il riferimento alla lettura campiana della Weil, cfr. ivi, p. 267. Per il saggio, che dà il titolo al volume adelphiano, in cui si parla appunto della «perfezione», cfr. ivi, pp. 73‑88. Da leggere, ancora ivi, a pp. 275‑282, il saggio di G. Ceronetti, Cristina Campo o della perfezione.
33 C. Koschel, «Questo, il più innocente di tutti gli affari…», «Kamen’», cit., pp. 61‑62: 61.
34 A. Anelli, La bellezza, lo sguardo e la ragione, cit., p. 20.
35 Ibid.
36 C. Campo, Sotto falso nome, cit., p. 98.
37 Cfr. G. Steiner, Dopo Babele: il linguaggio e la traduzione, trad. di R. Bianchi, Firenze, Sansoni, 1984 (ed. or. 1975).
38 Cfr. ivi, pp. 104‑105.
39 R. Jakobson, Aspetti linguistici della traduzione, in Id., Saggi di Linguistica generale, traduzione di L. Heilmann e L. Grassi, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 56‑64.
40 Cfr., in merito a tali classificazioni, B. Raffel, The Art of Translating Poetry, University Park-London, The Pennsylvania State University Press, 1988, pp. 110 e sgg.
41 Correggiamo così ringsumdorrt che si legge in «Conoscenza religiosa», no 4, 1972, p. 326. Da notare che la parola lancseim, al penultimo verso, è forma arcaica che vale langsam, ossia ‘lentamente’. Come mi segnala Paola Quadrelli, che ringrazio per avermi chiarito alcuni dubbi, sembra che lancseim «sia legato al sostantivo Seim — ‘succo denso’, ‘miele’ — e quindi abbia in sé il significato di ‘scorrere lentamente, gocciolare’ (langsam fließend, tröpfelnd), il che si legherebbe con la metafora degli Aschenrinnsale, dei “rivoli di cenere”».
42 Quindi, Milano, Adelphi, 1987.
43 C. Campo, La tigre assenza, cit., p. 255.
44 Come si legge anche in C. Campo, Attenzione e poesia, «L’Approdo letterario», a. VII, no 13, gennaio-febbraio 1961, pp. 58 e sgg., quindi in Fiaba e mistero, cit., in Gli imperdonabili, cit., pp. 165‑170: 165‑166. Cfr., supra, nota 26 e passo relativo.
45 Ivi, p. 167. Riguardo alla citazione tratta dalla Weil, il «sapore massimo di ogni parola», eco di Pound, cfr. anche W. C. Williams, C. Campo e V. Scheiwiller, Il fiore è il nostro segno. Carteggio e poesie, Milano, Scheiwiller, 2001, p. 146.
46 A. Anelli, La bellezza, lo sguardo e la ragione, cit., p. 21.
47 Il saggio che dà il titolo alla omonima raccolta postuma degli scritti: C. Campo, Gli imperdonabili, cit., p. 83.
48 Si può forse ipotizzare, nella scelta del verbo da parte di Koschel, e nella traduzione che ne propone Campo, un gioco di sottili rimandi allusivi fra verzucken, cioè ‘spegnersi’, ‘interrompersi’ e verzücken ovvero ‘estasiare’, ‘spasimare’ (desiderare e soffrire) come causa dello spegnersi del poeta.
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Référence électronique
Daniela Marcheschi, « Cristina Campo traduce Christine Koschel », Cahiers d’études italiennes [En ligne], 36 | 2023, mis en ligne le 28 février 2023, consulté le 22 janvier 2025. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/cei/11943 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/cei.11943
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