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Comptes rendus

Ted Kaizer (éd.), Religion, Society and Culture at Dura-Europos

Pier Giuseppe Michelotto
p. 229-231
Référence(s) :

Ted Kaizer (éd.), Religion, Society and Culture at Dura-Europos, Cambridge University Press, « Yale Classical Studies » 38, 2016, 310 p., 64.99 livres / isbn 978-1-107-12379-3

Texte intégral

1Gli Atti del Congresso su Dura-Europos, tenutosi a Durham il 19-20 dicembre 2008, vengono pubblicati da T. Kaizer con alcuni aggiustamenti nell’organigramma e variazioni nei temi trattati.

2A partire dall’Editor, quasi tutti gli autori dei saggi – L. Gregoratti, J.A. Baird, M. Sommer, L. Dirven, M.K. Heyn, J.-B. Yon, J. Buchmann, T. Gnoli, C.M. Acqua, J. Austin, L.T. Stuckenbruck, K. Ruffing, S.B. Downey, L.R. Brody – sono profondi conoscitori dell’universo culturale della regione di “frontiera” collocata tra il 34° e il 35° parallelo e tagliata dal corso del Medio Eufrate: la ben nota “fascia grigia” che vide la formazione e la compresenza di multiformi identità e di variegati intrecci di rapporti di carattere politico, etnico, religioso, artistico e linguistico. Qui, in tempi, modi e facies differenti, fiorirono in età ellenistico-parthico-romana realtà tra loro diversissime come Palmira, Dura-Europos e Hatra, nel cui odierno destino di distruzione/saccheggio/abbandono il grande Rostovtzeff, genius loci di Dura, certo constaterebbe una ciclica riproposizione degli eventi consumatisi nei decenni centrali del III secolo d.C.

3In particolare, Dura-Europos, nelle tre fasi (greco-macedone, parthica e romana) che si succedettero nel mezzo millennio della sua esistenza (dal 300 ca. (?) al 256 ca. d.C.), rappresentò un unicum come crogiolo formativo dei più vari fenomeni di “acculturation, hybridity, créolité” (cfr. Sommer), culminanti nella compo­sizione di nuove – e per molti versi originali e mai definitive – sintesi.

4Già agli artefici del disseppellimento della città – in primis ovviamente a Cumont e a Rostovtzeff (cfr. Kaizer) – si pose come prioritaria l’esigenza dell’individuazione delle origini e della morfologia degli elementi costitutivi (“mediterranei”, elle­nistici, siriaci, palmireni, “mesopotamici”, iranici etc.) della cultura durena. Il pro­blema fu riproposto in séguito alle campagne franco-siriane del 1986-2011, tra le cui finalità (oltre a nuovi scavi e al restauro e al consolidamento di strutture già note) figurava anche un ripensamento critico delle precedenti ricostruzioni interpretative con l’utilizzazione di moderni strumenti e di nuovi modelli ermeneutici.

5Molti saggi del pregevole volume curato da Kaizer muovono lungo questo percorso di ripensamento, che si configura ora come denuncia (cfr. Downey) dei macroscopici abbagli esegetici degli studiosi del passato, ora come ripresa di affermate teorie (cfr. Ruffing sul commercio “a medio raggio” – non carovaniero! – di Dura), ora come utile indagine su aspetti meno noti della documentazione (cfr. Baird, Austin), e infine come riformulazione, su singoli monumenti o affreschi, di ipotesi originali (cfr. Downey, Gnoli), talvolta non prive di audacia (cfr. Heyn).

6In misura maggiore o minore, la revisione interpretativa presente nel volume investe aspetti del polimorfismo identitario delle varie componenti della società durena.

7Con uno “sguardo da Oriente”, Gregoratti congettura intorno alla stabilizzazione dell’oligarchia al potere in Dura, attri­buendola a un disegno politico arsacide, mentre Gnoli, in controtendenza rispetto alla attuale communis opinio, ravvisa nel Mitreo di Dura elementi culturali di provenienza iranica. Con (prevedibile) “sguardo da Occidente” L. Dirven rivisita il problema “rostovtzeviano” della cd. “arte parthica”, sostenendo che a Palmira – e non alla Mesopotamia arsacide – vanno riportati modelli e matrici dell’arte durena. Il rapporto con Palmira e, nel contempo, la specificità di Dura è osservata anche da L.T. Stuckenbruck nelle iscrizioni bilingui greco-palmirene delle due città.

8Alla dinamiche legate alla subordinata posizione giuridica della donna e alla presenza femminile nei templi dureni riservano la loro attenzione Yon e Sommer, che esamina anche il caso della comunità ebraica residente a Dura, coinvolta in una dinamica di separatezza/integrazione. Lo stesso Yon e Buchmann indagano – sulla base della documentazione archeologica ed epigrafica – sulla funzionalità (e sulla polifunzionalità) delle “salles à gradins” e delle “sale da banchetto” presenti in molte aree templari della città.

9Chiudendo questa telegrafica scheda di segnalazione, ricordo che il volume curato da Kaizer sottende oggi per noi un invito e un monito: le devastazioni e i saccheggi successivi all’interruzione dell’attività “sul campo” a Dura (primavera 2011) devono e dovranno essere in qualche misura compensati dall’assidua prosecuzione di studi e riflessioni su quanto ci è stato restituito dalla straordinaria “Pompei del deserto”. Ne offre un esempio (e uno strumento) l’indefessa opera di conservazione, restauro, catalogazione e divulgazione promossa dalla “rostovtzeviana” Università di Yale (cfr. Brody).

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Pour citer cet article

Référence papier

Pier Giuseppe Michelotto, « Ted Kaizer (éd.), Religion, Society and Culture at Dura-Europos »Anabases, 27 | 2018, 229-231.

Référence électronique

Pier Giuseppe Michelotto, « Ted Kaizer (éd.), Religion, Society and Culture at Dura-Europos »Anabases [En ligne], 27 | 2018, mis en ligne le 01 avril 2018, consulté le 08 février 2025. URL : http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/anabases/7266 ; DOI : https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/anabases.7266

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